INDICE LA BARCHËTTA ....................................................................................... 2 SANTA LUCIA........................................................................................... 4 O LA BELA GIGOGIN ............................................................................ 6 CIRIBIRIBIN ............................................................................................. 8 ‘O SOLE MIO! ........................................................................................ 10 MARIA, MARÌ! ........................................................................................ 12 LA SPAGNOLA (valzer) ...................................................................... 14 ME IDEAL ................................................................................................ 16 HO DETTO AL SOLE… ......................................................................... 18 ‘O SURDATO ‘NNAMURATO.............................................................. 20 CANTI NUOVI ........................................................................................ 22 REGINELLA (valzer) ............................................................................ 24 COME PIOVEVA ..................................................................................... 26 COME LE ROSE (valzer) .................................................................... 28 CARA PICCINA ...................................................................................... 30 ADDIO SIGNORA (valzer moderato) ........................................... 32 LE ROSE ROSSE (valzer) .................................................................. 34 TIC-TÌ TIC TÀ ........................................................................................ 36 LA BARCHËTTA Versi e musica di Angelo Brofferio 1. Guarda che bianca lun-a, / guarda che cel seren; dun-a, mia cara, dun-a, / ven, Carolin-a, ven. Una tranquila ariëtta / sent a consola ‘l cheur: ven, ven; ven, ven; ven, ven!... ven, ven su la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) (bis) 2. Ij geni da le sponde / al mar a fan la stra, la tèra, ij vent e j’onde / për noi a smijo creà; Nossgnor am lo përmëtta, / mè cel a l’é tò cheur: (bis) ven, ven; ven, ven; ven, ven!... a vòga la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) 3. A veulo amor ch’a sia / na splua sëmnà dal vent; crèd pa: l’é na busìa, / vogoma alegrament. Guarda col’isolëtta!... / Andomje, ò mè bel cheur? ven, ven; ven, ven; ven, ven!... A vira la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) (bis) 4. L’ultima stèila a svela / che l’alba a veul sponté, ma col mai cambié vela / comensa a fé bajé; na pcita nivolëtta / a ven a turbé ‘l cheur: (bis) ven, ven; ven, ven; ven, ven!... a bàutia la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) 5. L’Orient smija pi nen candi, / ël cel pi nen asur; ij turbin pijo l’andi, / lontan a l’é già scur; as leva la marëtta, / un sent a rojé ‘l cheur; ven, ven; ven, ven; ven, ven!... a dagna la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) (bis) 6. Tempesta sota e dzora, / tron, lòsna, lòsna e tron. Ël rem a va an malora / bondì vela e timon: a casca la fusëtta, / a bat pì nen ël cheur... (bis) ven, ven; ven, ven; ven, ven!... Bon viage a la barchëtta / dl’amor e dël boneur. (bis) N. B.: cantiamo le strofe 1 – 4 – 6 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. Guarda che bianca luna, / guarda che cielo sereno; / presto, mia cara, presto: / vieni, Carolina, vieni! / Una tranquilla arietta / senti, consola il cuore: / vieni, vieni sulla barchetta / dell’amore e della fortuna. // 2. I geni dalle sponde / al mare fanno la strada, / la terra, i venti e le onde / per noi sembrano creati; / Il Signore me lo permetta, / il mio cielo è il tuo cuore: / voga la barchetta / dell’amore e della fortuna. // 3. Vogliono che amore sia / una scintilla seminata dal vento; / non credere: è una bugia, remiamo allegramente. / Guarda quell’isoletta!... / Andiamoci, o mio bel cuore? Gira la barchetta dell’amore e della fortuna. // 4. L’ultima stella svela / che l’alba vuol spuntare, / ma quel mai cambiar vela / comincia a far sbadigliare; / una piccola nuvoletta / viene a turbare il cuore: / dondola la barchetta / dell’amore e della fortuna. // 5. L’Oriente non sembra più limpido, / il cielo non più azzurro; / i turbini prendono l’avvio, / lontano è già scuro; / si alza la tempesta, / si sente rimestare il cuore; / fa acqua la barchetta / dell’amore e della fortuna. // 6. Tempesta sotto e sopra, / tuono, lampo, lampo e tuono. / Il remo va alla malora, / addio vela e timone; / cade il fulmine, / non batte più il cuore… / Buon viaggio alla barchetta / dell’amore e della fortuna! 2 giugno 1833 2 LA BARCHËTTA Questa canzone è del genere barcarola: una breve successione di quadri marinareschi: la calma del viaggio che finisce in tempesta sopra il lungo corso del fiume, e simula pure con sottile velo d’allegoria la fragilità dell’amore e della vita felice. Fu scritta il 2 giugno 1833 da Angelo Brofferio. Il Brofferio nasce a Castelnuovo Calcea il 6 dicembre 1802, muore a Locarno il 25 maggio 1866. Partecipò ai moti del 1821; fu arrestato e imprigionato nel 1831 per una congiura in cui era implicato. Deputato del parlamento subalpino della sinistra democratica. Avvocato, giornalista, uomo politico eloquente e generoso ma soprattutto poeta in lingua piemontese. Con le sue canzoni, in parte musicate da lui stesso, si è guadagnato molta popolarità e merita una posizione di primo piano nella poesia piemontese. Dice il Carducci: “la storia letteraria e la civile avran certo da occuparsi e dovran dargli luogo tra i più strenui e animosi combattitori per la causa del bene”. Una raccolta delle sue canzoni sono state pubblicate da: Alfredo Nicola Colan-a Musical dij Brandé scartari n. 40 A l’ansëgna dij Brandé, Turin, 1958. A. Viglongo, Torino, 1966 in occasione del centenario della morte. Viglongo, Torino, 2002 nuova edizione per il bicentenario della nascita. 3 SANTA LUCIA Versi e musica di Teodoro Cottrau 1. Sul mare luccica l’astro d’argento. Placida è l’onda prospero il vento… Venite all’agile barchetta mia!... Santa Lucia! Santa Lucia! Venite all’agile barchetta mia!... ecc. 2. Con questo zeffiro così soave, oh! com’è bello star sulla nave! Su, passeggeri, venite via!... Santa Lucia! Santa Lucia! Su, passeggeri, venite via!... ecc. 3. In fra le tende bandir la cena, in una sera così serena. Chi non dimanda, chi non desìa; Santa Lucia! Santa Lucia! Chi non dimanda, chi non desìa; 4. Mare sì placido, vento sì caro, scordar fa i triboli al marinaro. E va gridando con allegria: Santa Lucia! Santa Lucia! E va gridando con allegria: 5. O dolce Napoli, o suol beato, ove sorridere volle il Creato! Tu sei l’impero dell’armonia!... Santa Lucia! Santa Lucia! Tu sei l’impero dell’armonia!... 6. Or che tardate? bella è la sera… spira un’auretta fresca e leggera. Venite all’agile barchetta mia… Santa Lucia! Santa Lucia! Venite all’agile barchetta mia… ecc. ecc. ecc. ecc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 5 4 SANTA LUCIA Fu composta nel 1848 da Teodoro Cottrau. Anche se nacque in dialetto napoletano fu subito tradotta in italiano. Questa canzone come Fenesta vascia e Fenesta che lucive sono considerate le prime canzoni in lingua e divennero brani celeberrimi. Si è detto che fu scritta dal Cottrau, ma alcuni studiosi la classificano trascritta, come altre arie popolari, dal Cottrau. La canzone è già scritta in italiano letterario, ma ancora abbastanza vicino al linguaggio del parlato. (Si sente anche un’eco dell’aria Com’è bello quale incanto dalla Lucrezia Borgia di Donizzetti.) In Santa Lucia Napoli è magnificamente decritta come: “suolo beato, ove sorridere volle il Creato”. Il quartiere di Santa Lucia viene definito “impero dell'armonia”. Da allora, le accattivanti melodie della canzone Napoletana e la sua tipica struttura melodica costituirono una parte fondamentale del repertorio di un cantante, indipendentemente dal suo genere. 5 O LA BELA GIGOGIN Musica di Teodoro Giorza 1. La bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso le caramele O la bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso ij biscotin! 2. A quindici anni facevo all'amore daghela avanti un passo, delizia del mio core! (solo donne) (tutti) 3. A sedici anni ho preso marito daghela avanti un passo, delizia del mio core! (solo donne) (tutti) 4. A diciassette mi sono spartita daghela avanti un passo, delizia del mio core! (solo donne) (tutti) 5. La bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso le caramele O la bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso ij biscotin! 6. La ven, la ven, la ven alla finestra l'è tutta, l'è tutta, l'è tutta 'nsipriada; la dis, la dis, la dis che l'è malada per non, per non, per non mangiar polenta; bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza, lassala, lassala, lassala maridà! 7. La bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso le caramele O la bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso ij biscotin! 8. La bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso le caramele O la bela Gigogin! Sì ch’a-j piaso ij biscotin! 6 O LA BELA GIGOGIN Gigogin è il diminutivo piemontese di Teresa. La leggenda racconta di una ragazza bellissima, una patriota, fuggita dal collegio e salita sulle barricate a Milano, alla Porta Tosa, già nel 1848 e poi ancora presente a Roma con la Repubblica e nelle guerre contro l’Austria. Si racconta anche del suo amore con Luciano Manara. Secondo alcuni storici si volle con questa polka, musicata dal maestro Giorza nel 1858, ricordare tutte le eroine che parteciparono al Risorgimento Italiano. 7 CIRIBIRIBIN Versi di Carlo Tiochet Musica di Alberto Pestalozza I Lei: Su, finiscila coi baci / bel moruccio birichin! E non vedi tu la luna / che dal ciel fa capolin? Lui: E se pur la luna spia, / noi lasciamola guardar; anzi, il pallido suo raggio / ci consiglia a seguitar! Lei: Ma poi… chissà...? / Cosa dirà...? Lui: Eh via... dirà: Insieme: Cosa dirà? Dirà? Dirà: Lui: Ciribiribin, ciribiribin, ciribiribin... Insieme: Ciribiribin, che bel faccin, / che sguardo dolce ed assassin Ciribiribin, che bel nasin, / che bei dentin, che bel bocchin! Ciribiribin, che bel nasin, / che bei dentin, che bel bocchin! Ciribiribin, ciribiribin, / ciribiribin che bel bocchin! II Lei: Se la mamma poi sapesse, / ch’io sto qui nel giardin... non lo sai che le sgridate / non avrebbero più fin? Lui: Se la mamma tua sgrida, / noi lasciamola sgridar, che pensando ai tempi suoi / ci vorrà ben perdonar! Lei: Ma poi... chissà...? / cosa dirà? Lui: Eh! via... dirà: Insieme: Cosa dirà? Dirà? Dirà: Lui: Ciribiribin, ciribiribin, ciribiribin... Insieme: Ciribiribin, che bel faccin, ecc. III Lei: La padrona poi l’è grama, / se ’l sapesse..., patatrac! Son sicura, all’indomani, / mi farebbe alzare il frac! Lui: Ma se lei ti manda via, / senza opporti, lascia far! Tu verrai a casa mia, / e là ci, potremo amar! Lei: Ma poi... chissà...? / Cosa dirà...? Lui: Eh! via... dirà: Insieme: Cosa dirà? Dirà? Dirà: Lui: Ciribiribin, ciribiribin, ciribiribin... Insieme: Ciribiribin, che bel faccin, ecc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 8 CIRIBIRIBIN Fu scritta nel 1898 da Alberto Pestalozza, autore della musica e Carlo Tiochet, autore delle parole. Da notare sullo spartito la parola “Canzone” perché all’epoca gli autori desideravano che le loro composizioni fossero classificate canzoni, ormai di moda, e non romanze. Fu lanciata all’Eden di Milano dalla diva dell’operetta Mitzi Kirchner, una cantante austriaca soprannominata “la creatrice di Ciribiribin”. La versione originale della canzone fu scritta in piemontese. 9 ‘O SOLE MIO! Versi di Giovanni Capurro Musica di Eduardo Di Capua e Alfredo Mazzucchi 1. Che bella cosa è na jurnata ‘e sole, N’aria serena doppo na tempesta! Pe’ ll’aria fresca pare già na festa... Che bella cosa na jurnata ‘e sole!... Ma n’atu sole cchiù bello, oi ne’ ‘o sole mio sta ‘nfronte a te! ‘O sole, ‘o sole mio, sta ‘nfronte a te... sta ‘nfronte a te! 2. Lùceno ‘e llastre d’’a fenesta toja; ’na lavannara canta e se ne vanta e pe’ tramente torce, spanne e canta, lùceno ‘e llastre d’’a fenesta toja... Ma n’atu sole ecc. 3. Quanno fa notte e ‘o sole se ne scenne, me vène quase ‘na malincunia; sotto ’a fenesta toja restarrìa, quanno fa notte e ‘o sole se ne scenne. Ma n’atu sole ecc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 3 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. Qual dolce cosa un giorno pien di sole, / un bel sereno dopo la tempesta; / nell’aria fresca par come una festa... / qual dolce cosa un giorno pien di sole! // Ma un sol più bello / sorride a me, / il sol che splende / negli occhi a te! // 2. Brillano i vetri della tua finestra, / la lavandaia canta e se ne vanta; / e mentre torce e spande i panni e canta, / brillano i vetri della tua finestra. // Ma un sol più bello / sorride a me, / il sol che splende / negli occhi a te! // 3. Quando vien sera, al dolce addio del sole, / mi vince quasi una malinconia, / giù alla finestra tua restar vorria, / quando vien sera, al dolce addio del sole! // Ma un sol più bello / sorride a me, / il sol che splende / negli occhi a te! 10 ‘O SOLE MIO È una famosissima canzone in lingua napoletana, quasi un inno nazionale; fu pubblicata nel 1898. La musica è di Eduardo Di Capua – Alfredo Mazzucchi, e i versi sono di Giovanni Capurro. Il Di Capua la scrisse mentre era in tournée ad Odessa con il padre violinista, in una giornata dell’aprile del 1898, sul testo di Capurro che aveva portato con sé. La musica del brano sembra sia stata ispirata da una splendida alba sul Mar Nero. Il brano venne poi presentato ad un concorso musicale a Napoli, promosso dall'editore Bideri, senza grande successo. Al concorso arrivò seconda. Ma in seguito si diffuse sempre di più, anche fuori dall'Italia, fino a diventare un vero e proprio patrimonio della musica mondiale. È probabilmente la canzone più famosa di tutti i tempi, ma non fruttò molto ai suoi due autori che morirono in povertà negli anni '20. In compenso, la casa di edizioni musicali Bideri continua a percepire le royalties del pezzo, che nonostante sia passato più di un secolo non è ancora divenuto di pubblico dominio grazie a un escamotage legale. La più grande interpretazione di questa canzone rimane probabilmente quella di Enrico Caruso. Ma moltissimi altri artisti hanno interpretato questo leggendario brano, di cui esistono centinaia di versioni. Una molto famosa fu quella di Elvis Presley, col titolo di It's now or never. Pare che nel 1920 durante l'inaugurazione ad Anversa delle Olimpiadi da parte di re Alberto del Belgio, in corrispondenza della sfilata delle rappresentative nazionali la banda che eseguiva gli inni ufficiali avesse perso lo spartito della "Marcia Reale". Per cavarsi d'impaccio il maestro passò voce ai suonatori e attaccò “O sole mio”, immediatamente seguito a gran voce dagli spettatori dello stadio. Eduardo Di Capua (Napoli, 12 maggio 1865 – Milano, 3 ottobre 1917). È stato un celebre compositore italiano di musica napoletana. Nato nella città partenopea nel 1865, Di Capua studiò al conservatorio, ma fu ben presto costretto ad abbandonare gli studi per seguire in tournée per l'Europa il padre Giacobbe, affermato violinista. Nei viaggi con il padre il giovane Eduardo iniziò a comporre musica. Di Capua ebbe per tutta la vita il vizio del gioco, che lo portò ad avere un'infelice situazione economica. Il suo straordinario successo non portò ricchezza allo sfortunato compositore, che continuò a giocare al lotto sperando in un terno vincente. Morì poverissimo il 3 ottobre del 1917, a Milano. Giovanni Capurro (Napoli, 5 febbraio 1859 – 18 gennaio 1920). Giornalista, redattore delle pagine culturali del quotidiano "Roma" di Napoli. Anche lui come il Di Capua morì in povertà. 11 MARIA, MARÌ! Versi di Vincenzo Russo Musica di Eduardo Di Capua 1. Aràpete fenesta! / Famme affaccià a Maria, ca stòngo ‘mmiez ’a via... / speruto p’ ’a vedé... Nun trovo ‘n’ora ‘e pace: / ‘a notte ‘a faccio juorno, sempe pe’ stà ccà attuorno, / speranno ‘e ce parlà! Oj Marì, oj Marì, / quanta suonno ca perdo pe’ te! Famme addurmì, / abbracciato nu poco cu te!... Oj Marì, oj Marì! / Quanta suonno ca perdo pe’ te! Famme addurmì, / oj Marì, oj Marì! 2. ‘Mmiez ’a stu ciardeniello, / ce ride ‘a malvarosa... Nu lietto ‘e fronne ‘e rosa / aggio fatto pe’ te... Viene che ‘a notte è doce, / ‘o cielo ch’è nu manto... Tu duorme e io te canto / ‘a nonna a fianco a te... Oj Marì, oj Marì, ecc. 3. Pare che già s’aràpe / na sénga ‘e fenestella... Maria cu ‘a manella, / nu segno a me mme fa! Sòna chitarra mia! / Maria s’è scetata!... Na scicca serenata, / facìmmole sentì: Oj Marì, oj Marì, ecc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 3 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. Apriti finestra! / Lascia affacciare Maria, / perché io sono in mezzo alla strada… / desideroso di vederla… // Non trovo un’ora di pace: / la notte la trasformo in giorno, / sempre per stare qui intorno / sperando di parlarle! // Oh Maria, oh Maria! / quanto sonno che perdo per te! / Fammi addormentare… / un poco abbracciato con te! / Oh Maria, oh Maria ! / quanto sonno che perdo per te! / Fammi addormentare… / oh Maria, oh Maria ! // 2. In questo piccolo giardino, / ride la malvarosa… / Un letto di foglie di rosa / Ho fatto per te… // Vieni che la notte è dolce, / il cielo è un manto… / tu dormi ed io al tuo fianco / ti canto la ninna nanna… // Oh Maria, oh Maria! ecc. // 3. Sembra che già si apre / una fessura nella finestrina… / Maria con la manina, / mi fa un cenno! // Suona chitarra mia! / Maria si è svegliata!… / Una serenata elegante, / facciamole sentire: // Oh Maria, oh Maria! ecc. 12 MARIA MARÌ Nota per lo più come Oj Marì, pubblicata dalla casa editrice Bideri nel 1899, è senza ombra di dubbio uno dei più grandi e amati classici della canzone napoletana. Fu il primo grande successo del poeta Vincenzo Russo, mentre la musica venne composta dal maestro Eduardo Di Capua che come abbiamo visto fu anche l’autore di ’O sole mio. Il Russo, poeta autodidatta dalla vita brevissima, resta un genio della poesia napoletana. Vincenzo Russo (Napoli 1876 – 11 giugno 1904). Era il primogenito di un umile ciabattino e di una modesta operaia e con loro visse, poverissimo, assieme ai cinque fratelli. Gravemente ammalato di una malattia polmonare passava nottate intere sveglio, scrivendo versi e canzoni Grazie all’aspetto malaticcio e alle sue tristi vicissitudini personali, intorno a lui cominciò ad aleggiare la fama di ‘assistito’, cioè gli si attribuivano capacità medianiche nell’indovinare i numeri del Lotto; nel 1897 fu proprio per questo avvicinato dal musicista Eduardo Di Capua, accanito e sfortunato giocatore che scrisse la musica di molti versi del Russo dando vita ad alcune delle più famose melodie della canzone napoletana. Il primo grande successo fu ‘Maria Marì’ del 1889. Si spense appena ventottenne, l’11 giugno del 1904. 13 LA SPAGNOLA (valzer) Versi e musica di Vincenzo Di Chiara 1. Di Spagna sono la bella, regina son dell’amor! Tutti mi dicono stella, stella di vivo splendor… (solo donne) (bis) Stretti, stretti (tutti) Nell’estasi d’amor! La spagnola sa amar così, bocca a bocca la notte e il dì. (bis) 2. Amo con tutto l’ardore a chi è sincero con me… De gli anni miei il vigore Gli fo ben presto veder! (solo donne) (bis) Stretti, stretti (tutti) Nell’estasi d’amor! La spagnola sa amar così, bocca a bocca la notte e il dì. (bis) 3. Sguardi che mandan saette, movenze di voluttà! Le labbra son tumidette, fo il paradiso toccar. (solo donne) (bis) Stretti, stretti (tutti) Nell’estasi d’amor! La spagnola sa amar così, bocca a bocca la notte e il dì. (bis) N. B.: cantiamo le strofe 1 - 3 14 LA SPAGNOLA È un valzer composto da Vincenzo Di Chiara (versi e musica). Brano molto celebre che contende, secondo alcuni studiosi, la primogenitura di canzone in lingua italiana a Ciribiribin; fu presentata al Festival di Piedigrotta del 1906 e fu adottata subito dalle sciantose dei Café chantant. La regina del Café chantant Anita di Landa (che Petrolini soprannominò la Lucile Sorel del caffè-concerto) si lanciava in questo canto: Di Spagna sono la bella, maestra son dell’amor!... Anita di Landa si chiamava Anita Buscaglione; era originaria di Graglia, nel biellese, così come il famoso cantautore Fred Buscaglione, e cantava con accento piemontese che, secondo i critici dell’epoca, la rendevano ancora più esotica. La spagnola è la classica canzone da sciantosa, con la sua brava allusione alle doti amatorie della diva di turno. Era molto di moda essere straniere per le stars dei Cafè-chantant: ci furono anche africanelle, (finte) francesi, tedesche… La moda dell’esotismo fece nascere canzoni ambientate in pampas popolate da ungheresi, piantagioni di caffé coi brasiliani che parlano in spagnolo, e tutta una serie di miscellanee antropologico geografiche. 15 ME IDEAL Versi di Giacinto Ferrero Musica di Ermenegildo Carosio 1. Me ideal na casòta tranquila, un bel nì con pogieul e giardin; vive sol, tut l’ann sol, mach con chila, ël pi bel, ël pi brav dij ratin! Bèive l’aria che chila a respira, poponela parèj ëd na masnà; sospiré se me amor a sospira pioré ansema sa l’é sagrinà. Va canson bela, dìsijlo ti che i penso a chila la neuit e ‘l dì. Disje chi seugno l’ora e ‘l moment ëd podèjla cheurve ‘d basin ardent! 2. Me ideal? un ratoj, na morfela da pié un fàuda e mangesse ‘d basin; un-a còsa da gnente, ma bela, con j’euj nèir e lë sguard assassin! Fòrse n’autr, indiscret, a seugnrìa le richësse, la glòria, ij onor; mi ’m contento dë ‘n pòch ‘d poesìa d’un basin, ëd na carëssa, ‘d na fior! Va canson bela, dìsijlo ti che i penso a chila la neuit e ‘l dì. Disje chi seugno l’ora e ‘l moment ëd podèjla cheurve ‘d basin ardent! N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. Il mio ideale una casetta tranquilla, / un bel nido con balcone e giardino; / vivere solo, tutto l’anno solo, solo con lei, / il più bello, il più bravo dei topolini! // Bere l’aria che lei respira, / coccolarla come una bimba; / sospirare se il mio amore sospira / piangere insieme se è addolorata. // Va canzone bella, diglielo tu / che penso a lei la notte e il giorno. / Dille che sogno l’oro e il momento / di poterla coprire di baci ardenti! // 2. Il mio ideale? un topolino, una mocciosa / da prendere in grembo e mangiarsi di baci; / una cosa da niente, ma bella, / con gli occhi neri e lo sguardo assassino! // Forse un altro, indiscreto, sognerebbe, / le ricchezze, la gloria e gli onori; / io mi accontento di un po’ di poesia / di un bacio, di una carezza, di un fiore! // Va canzone bella, diglielo tu / che penso a lei la notte e il giorno. / Dille che sogno l’oro e il momento / di poterla coprire di baci ardenti! 16 ME IDEAL Questo brano, in piemontese, è del 1906. La musica è di Ermenegildo Carosio e i versi sono di Giacinto Ferrero. Canzone, dal taglio già moderno, che ebbe un grande successo al punto da essere ricordata ancora ai giorni nostri. Una composizione dall’ampia melodia scarna e lineare, appena sussurrata, di elevato livello artistico che descrive un delicato quadro d’amore. 17 HO DETTO AL SOLE… (strofette sentimentali) Versi di M. A. Mancini Musica di Giuseppe Capaldo 1. Al sol che bacia i tuoi riccioli belli ho detto: senti, ti chiedo un tesoro; allor che indori i suoi biondi capelli, tu dammi solo un pochin di quell’oro!... Ed il sol che ti baciava / - con frenesia, m’ha guardato con dispetto / - per gelosia!... (bis) 2. Ho detto al vento con dolce sorriso: tu che le baci le labbra odorose, dammi l’effluvio che rubi al suo viso per profumarne poi tutte le rose!... Ed il vento mi risponde: / - ma che follia!... e si porta ‘l tuo profumo / - fuggendo via!... (bis) 3. La bianca luna sorgea dietro ‘l monte, ed io le ho detto: mia pallida luna, con te potessi baciarle la fronte e dirle, - t’amo.., - che grande fortuna! E la luna m’ha risposto / - ne ‘l suo pallore: il suo amore fa morire / - di crepacuore!... (bis) 4. Al tuo balcone, gentile un mughetto fiorisce al dolce tepor de’ tuoi baci: perché sei triste - stamane gli ho detto se le sue labbra son fresche e tenaci? Il mughetto che sfioriva / - dolce e sereno: i suoi baci - m’ha risposto - / danno il veleno!... (bis) 5. M’ha visto mamma con gli occhi di pianto, m’ha detto: senti, perché vuoi soffrire? tu ti consumi perché l’ami tanto, e lei sorride a vederti morire!... Hai ragione - ho detto a mamma - / ma io l’adoro, e il mio sogno è la sua chioma / - ricciuta e d’oro.... E se pure i baci suoi / - danno il veleno, son contento di morire / - sul suo bel seno!... N. B.: cantiamo le strofe 1 – 3 – 5 18 HO DETTO AL SOLE Musica di Giuseppe Capaldo e versi di M. A. Mancini. Canzone del 1914 molto conosciuta e ricordata ancora oggi. Giuseppe Capaldo (Napoli, 21 marzo 1874 – Napoli, 20 agosto 1919). Poeta, autore di parecchie delle più belle e famose canzoni napoletane. Altre sue canzoni sono: Comme facette mammeta 1906 musicata da Salvatore Gambardella. Balcone 'nchiuso 1910 musicata da Vittorio Fassone. 'A tazza 'e cafè 1918 musicata da Vittorio Fassone. 19 ‘O SURDATO ‘NNAMURATO Versi di Aniello Califano Musica di Enrico Cannio 1. Staje luntana da stu core, a te volo cu ‘o penziero: niente voglio e niente spero ca tenerte sempe a fianco a me! Si’ sicura ‘e chist’ammore comm’i’ so’ sicuro ‘e te... Oje vita, oje vita mia, oje core ‘e chistu core, si’ stata ‘o primmo ammore: ‘o primmo e ll’ultimo sarraje pe’ me! (bis) 2. Quanta notte nun te veco, nun te sento int’a sti braccia, nun te vaso chesta faccia, nun t’astregno forte ‘mbraccia a me?! Ma, scetànnome ‘a sti suonne, me faje chiagnere pe’ te... Oje vita.... 3. Scrive sempe e sta’ cuntenta: io nun penzo che a te sola... Nu penziero mme cunzola: ca tu pienze sulamente a me... ‘A cchiù bella ‘e tutt’ ’e belle, nun è maje cchiù bella ‘e te! Oje vita.... N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 – 3 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. 2. 3. Sei lontana da questo cuore / da te volo con il pensiero: / niente voglio e niente spero / oltre che tenerti sempre a fianco a me! / Sei sicura di questo amore / come io sono sicuro di te… // Oh vita, oh vita mia, / Oh cuore di questo cuore, / sei stata il primo amore: / e il primo e l’ultimo sarai per me! // Quante notti non ti vedo, / non ti sento tra queste braccia, / non ti bacio questa faccia, / non ti stringo forte tra le mie braccia? / Ma, svegliandomi da questi sogni, mi fai piangere per te… // Oh vita, oh vita mia… // Scrivi sempre che sei contenta: / io non penso che a te solamente / Un pensiero mi consola, / che tu pensi solamente a me… / La più bella di tutte le belle / non è mai più bella di te! // Oh vita, oh vita mia… 20 ‘O SURDATO NNAMMURATO La canzone 'O surdato nnammurato è del 1915. Autori del testo e della musica sono, rispettivamente, Aniello Califano e Enrico Cannio, che la pubblicarono per le edizioni musicali Emilio Gennarelli. Una delle più belle (e universali) canzoni napoletane di tutti i tempi. La grande Anna Magnani, che ne fu interprete memorabile nel film per la televisione "La sciantosa", di Alfredo Giannetti (1971), in cui recitava accanto a Massimo Ranieri. La canzone, come è noto, parla di un soldato, lontano dalla sua amata perché è al fronte a combattere durante la prima guerra mondiale. Enrico Cannio (Napoli, 1874 – Napoli, 1949). È stato un musicista italiano. Il Maestro Cannio si diplomò in pianoforte per poi divenire direttore d'orchestra. Visse sempre a Napoli tre scuole di canto e le orchestre dei principali teatri della città: Eden, Umberto e Trianon. Scrisse per le maggiori case editrici partenopee: Bideri, La Canzonetta, La Poliphon, Gennarelli, Santa Lucia. Collaborò con artisti quali Libero Bovio, Ernesto Murolo, Aniello Califano. Musicò il testo di Aniello Califano di O surdato 'nnammurato pubblicata nel 1915 da Edizioni Musicali Emilio Gennarelli, Napoli. Musicò anche alcuni testi di Libero Bovio, tra questi i più noti sono A serenata 'e Pulecenella, Tarantella luciana e Carufanella. Alcune sue famose canzoni sono: Oj ma', dammillo (1901), Carmela mia! (1903), 'E difiette d'e ffemmene (1907), A fussetella (1908), 'O scialacquone (1908), A luntananza d'o suldato (1909), Tarantella luciana (1913), Carufanella (1914), Vola e va... (1914), 'O surdato nnammurato (1915), Povere figliole (1915), A serenata 'e Pulecenella (1916), Canta, Mara (1916), Surdato italiano (1916), Margaretè (1917), 'O surdato 'e malavita (1917), Zetella (1917), Cara sposina (1918), Passa appriesso (1918), 'O portavoce (1921), L'appuntamento (1923), Maistà (1925), 'O squilibrato (1931), Rusella 'e maggio (1939). Aniello Califano (Sorrento, 19 gennaio 1870 – Napoli, 20 febbraio 1919) È stato un poeta e paroliere italiano. Fu autore di molte canzoni napoletane, musicate da diversi musicisti napoletani. Le sue canzoni, ancora oggi, sono cantate da svariati cantanti napoletani e stranieri e fanno parte del loro repertorio. Califano nacque a Sorrento da Alfonso Califano, importante proprietario terriero di San Lorenzo e S. Egidio Monte Albino (SA) e dalla nobile sorrentina Rosa Ruspoli. Fu figlio unico. Visse a San Lorenzo fino all'età di 18 anni per farvi ritorno solo nel settembre del 1916. Vi morì nel febbraio del 1919. Marcello Fondato usò la sua musica nel film Ninì Tirabusciò: la donna che inventò la mossa del 1970. 21 CANTI NUOVI Versi e musica di Armando Gill (Michele Testa) 1. Chi con le donne vuole aver fortuna Non deve mai mostrarsi innamorato, Dica alla bionda che ama più la bruna, Dica alla bruna che dall’altra è amato Se vuole con le donne aver fortuna. Giuochi d’azzardo, / Senza ritardo, / Con fatti e non parole E poi vedrà / Come otterrà / Tutto quello che vuole. (bis) 2. Il cuore della donna è una fortezza Che prender non si può senza assaltare, Lotta con forza e cede per dolcezza Se vinta ne puoi far quel che ti pare Il cuore della donna è una fortezza. Prima non cede / Dopo concede, / Perchè alla donna piace Fare la guerra / Per la sua terra, / Per poi gustar la pace. (bis) 3. Quando l’amica mia volle andar via, Ebbi una stretta al cor ma non fiatai, Prese la roba sua, lasciò la mia, Come se non m’avesse amato mai, Così l’amica mia se ne andò via. Ma: il mese appresso / Ebbi un espresso / Dalla mia bella ingrata Ch’era pentita / Della sua vita / E s’era avvelenata. (bis) 4. Passo sul ponte a sera e guardo il fiume, E vedo tutto il cielo rispecchiare, Vedo la luna in mezzo che fa lume Vedo le mille stelle scintillare; Come mi attira il letto di quel fiume! Vorrei morire / Per non soffrire, / Ma il core si ribella, Dice: e perchè?/ Tante ce n’è / La troverai più bella!... (bis) Finalino Chi con le donne vuole aver fortuna Non deve mai mostrarsi innamorato... N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 e il finalino 22 CANTI NUOVI Una canzone molto allegra e conosciuta del 1916 di Gill, che ha scritto versi e musica. Armando Gill, pseudonimo di Michele Testa, - (Napoli, 23 luglio 1877 – Napoli, 1 gennaio 1945). Versi di Armando, musica di Gill, cantati da Armando Gill, questo il simpatico incipit che ripeteva prima di esibirsi col suo repertorio. Fu canzoniere, poeta popolare, originale e signorile, acculturato. Unanimemente riconosciuto come il primo esempio di cantautore italiano, esordisce nel teatro di varietà quindi - assunto il nome d’arte ispirandosi a un celebre spadaccino reso popolare dai fascicoli della Sonzogno (il suo nome all’anagrafe è Michele Testa Piccolomini) - scrive nel 1896 la sua prima canzone, Fenesta ‘nchiusa, anche se il primo vero successo è del 1910, con Bel soldatin. Dopo vari brani in cui alterna dialetto partenopeo e canzoni in italiano, collaborando con musicisti diversi, decide di scrivere da solo anche le musiche dei suoi brani e - fra i tanti - lancia nel 1918 “Come pioveva”, destinata a entrare nel novero dei classici della canzone italiana. Si dedica per vari anni anche al teatro di rivista - fondando una propria compagnia - quindi si ritira a vita privata nel 1943, cedendo al gruppo Bideri il suo catalogo editoriale. Muore per infarto la notte di capodanno del '45, tra i botti e gli schiamazzi festosi. 23 REGINELLA (valzer) Versi di Libero Bovio Musica di Gaetano Lama 1. Te si’ fatta ‘na vesta scullata, nu cappiello cu ‘e nastre e cu ‘e rrose, stive miezo a tre o quatte sciantose, e parlave francese; è accussì? fuie l’atriere ca t’aggio ‘ncuntrata? fuie l’atriere, a Tuledo, ‘gnorsì. T’aggio vuluto bene a tte! / Tu m’è vuluto bene a me! Mo nun nce amammo cchiù, / ma a ‘e vvote tu, distrattamente, / pienze a me!... 2. Regine’, quanno stive cu mmico, nun magnave ca pane e cerase, nuie campavamo ‘e vase, e che vvase! Tu cantave e chiagnive pe’ me... e ‘o cardillo cantava cu ttico: «reginella ‘o vo’ bene a ‘stù re» T’aggio vuluto bene a tte! / Tu m’è vuluto bene a me! Mo nun nce amammo cchiù, / ma a ‘e vvote tu, distrattamente, / parle ‘e me!... 3. Oi cardillo, a chi aspiette stasera? Nun ‘o vide, aggio aperta ‘a cajòla, reginella è vulata? e tu vola! Vola e canta... nun chiagnere ccà: t’è ‘a truvà ‘na patrona sincera, ch’è cchiu’ degna ‘e sentirte ‘e cantà... T’aggio vuluto bene a tte! / Tu m’è vuluto bene a me! Mo nun nce amammo cchiù, / ma a ‘e vvote tu, distrattamente, / chiamme a me!... N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 TRADUZIONE IN ITALIANO 1. 2. 3. Hai comprato un vestito scollato, / un cappello con i nastri e con le rose... / Stavi in mezzo ad alcune "sciantose", / e parlavi francese... è così? / Fu ieri l'altro che ti ho incontrata? / Fu ieri l'altro, a Toledo, sissignore... // Io ti ho voluto bene... / Tu mi hai voluto bene! / Ora non ci amiamo più, / ma a volte tu / distrattamente mi pensi! // Reginetta, quando stavi con me / non mangiavi che pane e ciliegie / noi vivevamo di baci! E che baci, / tu cantavi e piangevi per me... / E il cardellino cantava con te: / "Reginetta vuole bene a questo re". // Io ti ho voluto bene... / Tu mi hai voluto bene! / Ora non ci amiamo più, / ma a volte tu / distrattamente parli di me! // Cardellino, chi aspetti questa sera? / Non lo vedi? ho aperto la gabbia, / Reginetta è volata, e tu vola! / Vola e canta, non piangere qui: / ti devi trovare una padrona sincera / che è più degna di sentirti cantare. // Io ti ho voluto bene... / Tu mi hai voluto bene! / Ora non ci amiamo più, / ma a volte tu / distrattamente mi chiami! 24 REGINELLA Altra canzone napoletana del 1917 molto conosciuta di Gaetano Lama e Libero Bovio Gaetano Lama (Napoli, 1886 – Napoli, 1950). Musicista, autore di parecchie delle più belle e famose canzoni napoletane. Libero Bovio (Napoli, 8 giugno 1883 – Napoli, 26 maggio 1942). Poeta, scrittore, drammaturgo, giornalista italiano, autore di testi di molte celebri canzoni in dialetto napoletano. Insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo ed E. A. Mario è stato un artefice della cosiddetta epoca d'oro della canzone napoletana. Figlio di Giovanni, filosofo di idee repubblicane e Bianca Nicosia, maestra di pianoforte, si appassionò sin da giovane alla musica ed al teatro dialettale. Iniziò a frequentare senza troppa convinzione i corsi universitari di Medicina che dovette abbandonare alla morte del padre, per cercare un impiego. Il suo talento di scrittore di testi di canzoni napoletane si espresse ai massimi livelli quando divenne direttore di case editrici musicali, come La Canzonetta e Santa Lucia. Grazie alle sue proficue collaborazioni con i musicisti più in voga del momento, intorno al 1915 confezionò canzoni come Tu ca nun chiagne, Reginella, Cara piccina. Fu anche autore di opere teatrali, tra cui Gente nosta, 'O prufessore, 'O Macchiettista e anche di canzoni dai toni più drammatici di quelle che gli avevano dato la fama, come Lacreme napulitane, Carcere, 'E figlie e Zappatore. Nel 1934 fondò una nuova casa editrice musicale, La Bottega dei 4, assieme a Nicola Valente, Ernesto Tagliaferri e Gaetano Lama. Nel 1941 si ammalò e il 26 maggio 1942 morì nella sua casa di Via Duomo, nel centro storico di quella Napoli che tanto amò dando lustro al suo dialetto ed alla sua tradizione musicale. 25 COME PIOVEVA Versi e musica di Armando Gill (Michele Testa) I C’eravamo tanto amati / per un anno e forse più, c’eravamo poi lasciati... / non ricordo come fu... Ma una sera c’incontrammo, / per fatal combinazion, perché insieme riparammo, / per la pioggia, in un porton! Elegante nel suo velo, / con un bianco cappellin, dolci gli occhi suoi di cielo, / sempre mesto il suo visin... Ed io pensavo ad un sogno lontano / a una stanzetta d’un ultimo piano, quando d’inverno al mio cor si stringeva... / ...Come pioveva ...come pioveva! II Come stai? Le chiesi a un tratto. / "Bene, grazie, disse, e tu?". "Non c’è male" e poi distratto: / "Guarda che acqua viene giù!". "Che m’importa se mi bagno? / Tanto a casa debbo andar" "Ho l’ombrello, t’accompagno" / "Grazie, non ti disturbar..." Passa a tempo una vettura / io la chiamo, lei fa: "no" dico: "Oh! Via, senza paura. / Su montiamo", e lei montò. Così pian piano io le presi la mano / mentre il pensiero vagava lontano... Quando d’inverno al mio cor si stringeva... / ...Come pioveva ...come pioveva! III Ma il ricordo del passato / fu per lei il più gran dolore, perché al mondo aveva dato / la bellezza ed il candor... Così quando al suo portone / un sorriso mi abbozzò nei begli occhi di passione / una lagrima spuntò... Io non l’ho più riveduta, / se è felice chi lo sa! Ma se ricca, o se perduta, / ella ognor rimpiangerà: Quando una sera in un sogno lontano, / nella vettura io le presi la mano quando salvare ella ancor si poteva!... / ...Come pioveva ...così piangeva! N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 26 COME PIOVEVA Il più grande successo di Gill (1918) di cui abbiamo già parlato (vedi Canti Nuovi). Per il suo lancio l’autore ebbe una grande idea pubblicitaria: la città di Napoli fu tappezzata con centinaia di manifesti che riproducevano soltanto l’immagine di un parapioggia, senza parole di commento, tutto questo per creare un notevole clima di attesa. È una delle composizioni più celebri di tutti i tempi che in sole tre strofe riesce a narrare una storia completa. Un incontro casuale arricchito da veri e propri dialoghi alla maniera dei poeti crepuscolari. Una melodia dolente, nostalgica e melanconica che descrive un’atmosfera di sconfitta emergente dai fatti e rafforzata dalla pioggia insistente. 27 COME LE ROSE (valzer) Versi di Adolfo Genise Musica di Gaetano Lama 1. Son tornate a fiorire le rose a le dolci carezze del sol, le farfalle s’inseguon festose ne l’azzurro con trepido vol!... Ma le rose non sono più quelle che fiorirono un giorno per te: queste rose son forse più belle, ma non hanno profumo per me!... Ah! la tua voce gentile più non allieta il mio core come le rose d’aprile le gioie d’amore son morte per me!... 2. Queste rose baciate dal sole, nel silenzio dei vesperi d’or, non sentiron le dolci parole che il tuo core diceva al mio cor! Quelle rose non hanno più vita, come i sogni di mia gioventù… è un ricordo ogni foglia appassita quelle rose non parlano più! Ah! la tua voce gentile più non allieta il mio core... come le rose d’aprile le gioie d’amore son morte per me!... No.... del mio tempo passato l’aprile beato - non torna mai più!... N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 28 COME LE ROSE Valzer lento del 1918 di Gaetano Lama (musica) e Adolfo Genise (versi). Canzone che ricorda nella musica e nel testo le romanze dell’800. Gaetano Lama, (Napoli, 1886 – Napoli, 1950). Musicista, autore di parecchie delle più belle e famose canzoni napoletane. Adolfo Genise, (Sarno 1861 - Napoli 1934). Poeta della natura, amò la campagna con i suoi profumi e con la sua quiete riposante, il mare con la sua calma silente o con il sospiro delle onde, il cielo con i suoi colori cangianti come i suoi sogni d'amore. Profondamente innamorato della vita, con le sue gioie e le sue amarezze, ammaliato dalla bellezza delle donne, ne descrisse i mutevoli sentimenti, il fascino e la perfidia, la durezza di cuore e l'ingenuità, l'indifferenza e la leggerezza, la grazia e la sensualità. 29 CARA PICCINA Versi di Libero Bovio Musica di Gaetano Lama 1. Son trenta giorni che vi voglio bene, son trenta notti che non dormo più. Non ve ne addolorate, ma conviene che non mi abitui ancora a darvi il "Tu". No, cara piccina no, così non và. Diamo un addio all’amore se nell’amore è l’infelicità. 2. Negli occhi avete la malinconia, nel core avete la felicità. Ogni lacrima vostra è una bugia che ha tutta l’aria della verità. No, cara piccina no, così non và. Diamo un addio all’amore se nell’amore è l’infelicità. 3. Forse è l’addio! Se non verrò stasera, piccina mia non aspettarmi più. Addio mio sogno, addio mia primavera, nel dirti addio ti voglio dare il "Tu". No, cara piccina no, così non và. Diamo un addio all’amore se nell’amore è l’infelicità. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 3 30 CARA PICCINA Gli autori di questa canzone del 1918 sono Gaetano Lama (musica) e Libero Bovio (versi) che sono anche stati gli autori di Reginella. Si apparenta bene come tema e atmosfera a Come pioveva, anche se in questa il rapporto tra strofa e ritornello è meglio bilanciato ed è già quello di una canzone più moderna. 31 ADDIO SIGNORA (valzer moderato) Versi di Ennio Neri Musica di Gino Simi 1. No la commedia è inutile, ti leggo in fondo al cuore: quello che vuoi nascondermi sta scritto in fondo a te; su, non mentire, dimmelo che spento è il nostro amore! Tanto che vale illudersi? Tutto finisce, ahimé!… Addio mia bella signora, lasciamoci così senza rancor: al destino che vien / rassegnarsi convien, sospirare, piangere, perché? 2. Tu sei passata, incognita, un dì sul mio cammino io, senza nulla chiederti, t’accolsi in braccio a me; confusi in un sol palpito, il mio col tuo destino: ora mi dici : - Vattene! Vedi?... non t’amo più!… Addio, mia bella signora, ecc. 3. Perchè mi guardi, pallida, con quella smorfia strana? Temi che possa ucciderti E vendicarmi qui?… No, penso, tra le lacrime, a mamma mia lontana; non voglio farla piangere e poi per chi?... Per te!... Addio mia bella signora, va pure segui pure il tuo destin; saprò dire al mio cuor: / - E’ finito l’amor, la chimera fragile passò! N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 32 ADDIO SIGNORA Canzone del 1919 dei romani Gino Simi e Ennio Neri. Come molte canzoni dell’epoca questo brano contiene una ministoria, un minidramma, che, a volte, creava un immortale ritratto di donna fatale la cui notevole bellezza incantava e la cui incostanza faceva strage di cuori. Divenne celeberrima per l’interpretazione magistrale Anna Fougez, la più grande diva della canzone dell’epoca. 33 LE ROSE ROSSE (valzer) Versi e musica di Ermete Alessandro Mario 1. Tutte le rose di tutti i roseti vorrebbe il cuore soltanto per sé: tutte le rose dei giorni più lieti, or che ogni cuore più triste non è, e si fan tènere le bocche, e baciano: baciano e fremono tra i prati in fior… Cuore, / so che vuoi goder, so che vuoi per te rose d’ogni colore... Ma / le rose rosse, no… non le voglio veder! Non le voglio veder! 2. So d’un giardino che fu devastato, poi che la guerra feroce vi entrò: tutto il terreno di sangue arrossato, sangue che tutte le rose macchiò! E rosseggiarono, corolle e petali, infranti al tepido bacio del sol... Cuore, etc. 3. Torni il bel maggio, e il ricordo cancelli D’un tempo tristo che alfine passò… Tutti i colori più vaghi e più belli vegga fiorir chi sofferse ed amò… Ma non ritornino Le rossi immagini Che ci ricordano tanti dolor! Cuore, etc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 34 LE ROSE ROSSE Parole e musica di E. A. Mario. È una canzone del 1919 contro la guerra: “…ma non tornino le rose rosse che ci ricordano tanti dolor…”. Ermete Giovanni Gaeta, (Napoli, 5 maggio 1884 – Napoli, 24 giugno 1961) Più noto con il nome d’arte di E. A. Mario. Esistono diverse versioni sull’origine di questo pseudonimo, ma abbiamo motivi di ritenere che la più probabile sia quella che il Gaeta stesso dà in una lettera all’amico e collega giornalista Alessandro Sacheri (direttore del giornale "Il lavoro" a cui collaborava); il nostro scrive: “Ho cambiato nome, non mi chiamo più Ermete perché anche divenendo un canzoniere mi propongo di essere un cavaliere della democrazia (in onore ricordo allo scrittore-patriota Alberto Mario, uno dei Mille). Serberò quindi le iniziali dei nostri nomi Ermete e Alessandro cioè E. A. Mario.” È stato autore di brani di grande successo, composti in parte in lingua italiana, altri in dialetto napoletano; di essi, quasi sempre, scriveva sia i testi che la musica. Ha scritto circa 2000 canzoni. È sicuramente da annoverare, insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo e Libero Bovio, tra i massimi esponenti della canzone napoletana della prima metà del Novecento ed uno dei protagonisti indiscussi della canzone italiana dal primo dopoguerra agli anni cinquanta, sia per la grandissima produzione - dovuta alla sua felice ed inesauribile vena poetica - che alla qualità delle sue opere. L'arte di scrivere versi e la collaborazione col giornale “Il Lavoro” non gli consentivano un reddito adeguato e pertanto s'impiegò alle Poste, il cui stipendio lo metteva al sicuro per il quotidiano. Tramite il suo "ufficio" conobbe il Maestro Segrè: ne nacque una collaborazione che sfociò nella sua prima canzone Cara Mammà. Tutte le sue poesie erano frutto di una sorprendente vena melodica e siccome non aveva mai frequentato un conservatorio, riusciva con l'aiuto del suo mandolino a creare tante canzoni che sono ancora oggi fra le più belle e più colte, di cui, a volte ne era anche l'appassionato esecutore canoro. Mentre lavorava come impiegato postale, pubblicò numerose raccolte di versi e novelle. Raggiunse la fama grazie a canzoni come Io, 'na chitarra e 'a luna, Ladra, Vipera, Santa Lucia Luntana, Le rose rosse, Balocchi e profumi, Tammunata nera, Dduie paravise, Funtana all'ombra, Canzona appassiunata, Presentimento, Maggio si' tu e tante altre ancora. Legò il suo nome alla canzone patriottica La leggenda del Piave della quale fu anche primo interprete, immortalando quei tragici momenti della guerra 1915-1918. 35 TIC-TÌ TIC TÀ Versi di Francesco Feola Musica di Gaetano Lama 1. Bella, mi neghi un bacio tu? / Ma perché? Ma perché, un bacetto neghi a me? / Furba, tu dici sempre no, ma so gia che ti va / e gia pensi: me lo da! Pure i colombi fan così, / van di qua, van di là, poi si baciano... e che fa? / Dolce è baciar con voluttà, mia Ninì, mia Ninì, / bocca a bocca... a star cosi!... Gira e rigira, biondina l’amore, la vita godere ci fa, Quando ti veggo, piccina!... il mio cor sempre fa: tic-ti, tic-ta! (bis) 2. Quando è stasera aspetterò / che papà, che papà a dormire se ne va… / Su, come un gatto lì per lì salterò, salterò / e del topo in cerca andrò. Zitto le scale salirò. / Verrò su, verrò su, ma la porta m’apri tu? / Ah! se si sveglia il tuo papà? Già lo so, già lo so, / che d’un colpo abbasso andrò. Gira e rigira etc. 3. Dice il proverbio, o mia Ninì / gioventù, gioventù se ne va e non torna più! / Passa la vita tua così tra l’età di mammà / e la pipa di papà!... Rosa e garofani... e pansé / che bouqet, che bouqet ci vorrebbero per te... / Ma se un marito sogni tu, gia si sa, gia si sa… / il marito eccolo qua!... Gira e rigira etc. N. B.: cantiamo le strofe 1 – 2 36 TIC-TI TIC-TA Canzone del 1920 di Gaetano Lama, musica, che fu anche l’autore di Reginella e Cara Piccina, e Ferdinando Feola, versi. Canzone molto allegra che dipana i suo testo di schermaglia d’amore per concludere con il famoso verso che divenne anche il titolo della canzone. 37