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Madrid-GMG
BENEDETTO XVI
q
uando il papa va in Spagna
La Gior nata mondiale della gioventù
e il modello spagnolo
I
l viaggio di un papa in Spagna
non sembra una gran notizia. In
fondo, data la tradizione cattolica del paese e la forza della
Chiesa spagnola, è un po’ come
se andasse nella sua seconda casa. I numeri sono lì a confermarlo. Se Giovanni Paolo II, il papa giramondo, visitò
la Spagna ben cinque volte, il più tranquillo Benedetto XVI ha fatto anche
meglio: in sei anni di pontificato, già tre
visite. Peccato che questa interpretazione sia sbagliata. Perché la Spagna è
cambiata, e molto. E quando un papa
va da quelle parti non ha propriamente
la sensazione di tornare a casa.
La Spagna è diversa
Le immagini della polizia schierata
in assetto antisommossa, degli scontri e
delle manganellate a Puerta del Sol, il
salotto buono di Madrid, hanno fatto
sensazione. Mai una Giornata mondiale della gioventù (GMG), in 26 edizioni, aveva avuto un contorno così turbolento. E la prima volta si è avuta
proprio in Spagna, la cattolicissima
Spagna. Ma non bisogna dimenticare
che già nel 2006, quando Benedetto
XVI andò a Valencia per il Congresso
mondiale delle famiglie cattoliche, sui
balconi della città apparvero cartelli
con una scritta che non era esattamente di benvenuto. Dicevano «Yo no te
espero», io non ti aspetto, e facevano il
verso al motto ufficiale della visita, che
era «Noi ti aspettiamo». Inoltre il primo
ministro socialista Zapatero, con una
decisione senza precedenti, non prese
parte alla messa del papa, al che il portavoce vaticano Navarro Valls com-
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IL REGNO -
AT T UA L I T À
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mentò duramente: «Neppure Fidel Castro a Cuba disertò la messa».
Il fatto è che della Spagna si continua
ad avere un’immagine che non esiste più.
Le vocazioni sacerdotali sono in picchiata, i battezzati diminuiscono di anno
in anno e solo il 14% dei cattolici frequenta la messa domenicale. Nel 2010
sono stati ordinati solo 162 sacerdoti e
l’età media dei religiosi è di settant’anni.
La crisi delle vocazioni sta svuotando seminari e conventi. In quasi la metà delle
diocesi spagnole l’anno scorso non c’è
stata nemmeno una vocazione, e in 15
anni le congregazioni religiose hanno
avuto un calo di vocazioni pari al 30%. A
36 anni dalla fine del franchismo, che
aveva fatto del cattolicesimo la religione di
stato, gli spagnoli sono sempre meno religiosi. Se nel 2002 ancora l’80% della popolazione si dichiarava cattolica, oggi la
percentuale è scesa di quasi dieci punti.
Nel 2005 il governo socialista ha approvato una legge che autorizza il matrimonio fra persone dello stesso sesso, e in
cinque anni sono già stati celebrati più di
20.000 matrimoni gay. Con una maggioranza più larga del previsto, è passata
inoltre la legge che depenalizza l’aborto e
lo consente entro le prime 14 settimane di
gestazione. Intanto continuano a diminuire le richieste di iscrizione all’ora di religione nelle scuole, con il caso eclatante
della Catalogna, dove si è iscritto solo un
alunno su tre, e il governo Zapatero ha
messo a punto un disegno di legge per
l’abolizione del crocifisso dalle scuole
pubbliche.
La Spagna di oggi ha poco o nulla a
che fare con quella del 1978 (cf. Regno-
att. 14, 2011,452), quando fu sottoscritto
il Concordato con la Santa Sede, e
quando il papa viene da queste parti è più
contestato che nella laicissima Francia o
nell’Inghilterra anglicana.
Critiche minoritarie,
ma presenti
Tuttavia, per inquadrare correttamente gli scontri di Madrid, occorre tener
conto della crisi economica, che è stata il
vero detonatore delle proteste durante la
GMG. Questa volta, infatti, a richiamare
in piazza i manifestanti (comunque pochi,
non più di 2.000) non sono state polemiche su valori morali o provvedimenti legislativi, ma proteste per i costi della visita.
Gli organizzatori della GMG hanno
spiegato che non un solo euro è stato sottratto alle casse dello stato, perché i soldi
sono arrivati dalle quote di iscrizione pagate dai giovani e dagli sponsor, e in un
certo senso la GMG può essere considerata un investimento, per il ritorno che ha
sul piano del turismo. Ma i gruppi scesi in
piazza contro la visita (dall’associazione
Europa laica ai Liberi pensatori di Madrid, dagli atei ai cattolici delle reti cristiane e delle comunità di base) hanno
contestato soprattutto l’opportunità dell’evento in un quadro di difficoltà economica e sociale, con cinque milioni di disoccupati (la metà dei quali giovani) e
pesanti misure antideficit per far quadrare i conti.
In questo contesto, anche un provvedimento apparentemente banale, come
quello di lasciar viaggiare gratis i ragazzi
della GMG sui mezzi pubblici, dopo che
i madrileni hanno dovuto invece mandar
giù un aumento del 25% del costo del bi-
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glietto, si è trasformato in un fattore esplosivo.
Interessante è poi notare la posizione
dei cattolici non in linea con la dottrina
ufficiale della Chiesa, come i ragazzi dell’associazione Catholics for choice (Cattolici per la scelta), che a Puerta del Sol
hanno distribuito volantini e adesivi contro il no della Chiesa all’uso dei profilattici.
Dai cattolici del dissenso è stata contestata soprattutto la portata simbolica
delle giornate e della presenza del papa.
La visita di un pontefice, hanno detto per
esempio i responsabili di Reti cristiane e
Chiesa di base di Madrid, dovrebbe avvenire all’insegna della semplicità e della
povertà, non dello sfarzo e del potere, e la
Chiesa perde credibilità quando pretende
di proporre la figura di Gesù ai giovani a
partire dalla spettacolarità di un megaevento e dalla figura di un papa che si
comporta come un capo di stato e si intrattiene con i potenti. Quanto agli sponsor, sostengono questi contestatori, è inaccettabile che la Chiesa si lasci aiutare dalle
multinazionali e dalle grandi banche.
Gesù non disse forse che non si può servire
al tempo stesso Dio e il denaro? Inoltre,
quando il papa va in visita a una comunità
cattolica, dovrebbe ascoltare la sua voce
ed entrare in contatto con i suoi problemi,
anziché far cadere la dottrina dall’alto.
«Vediamo insomma in questa visita del
papa – hanno scritto questi gruppi in un
documento – una legittimazione spettacolare dell’unione idolatrica tra le pratiche
capitaliste più inumane e un settore della
Chiesa che, per conservare la propria ambizione di potere e il proprio fasto, non si
ferma neppure dinanzi a gesti in flagrante
contraddizione con lo spirito che anima il
Vangelo e, più concretamente, con l’avvertimento di non portare né bisaccia né
sandali per il viaggio».
Alcuni preti di Madrid che operano
nelle parrocchie delle zone più povere
hanno scritto che i soldi spesi per la
GMG, anche se garantiti dagli sponsor,
avrebbero dovuto essere utilizzati per le
politiche sociali e di assistenza e non per
un mega-evento. Secondo loro, inoltre, è
inaccettabile che la GMG sia stata organizzata grazie ai finanziamenti di quelle
banche e di quelle potenze economiche
che sono proprio all’origine della crisi vissuta dal paese: «Le compagnie che sostengono la Giornata mondiale della gioventù e la visita del papa – ha scritto il
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Forum dei sacerdoti – lasciano molto a
desiderare. Si tratta delle stesse persone
che, assieme al capitale internazionale,
hanno causato la crisi. Non siamo contro
la visita del papa, ma contro il modo in
cui è stata messa in piedi».
Qualche riflesso di queste polemiche
è arrivato anche in Italia, dove ha destato sconcerto la notizia secondo cui la
carta di credito ufficiale offerta ai giovani
partecipanti italiani alla GMG è stata
emessa dal gruppo UBI Banca, con tanto
di pubblicità anche su Avvenire, nonostante il fatto che tale gruppo faccia parte
delle «banche armate», ovvero di quegli
istituti bancari che forniscono servizi di
intermediazione finanziaria alle industrie
belliche venditrici di armi all’estero.
I simboli della tradizione
per resistere
Di fronte a queste posizioni critiche,
colpisce ancora di più la decisione della
Chiesa spagnola che, sotto la guida del
card. Antonio María Rouco Varela, in
occasione della GMG ha voluto riproporre con orgoglio i simboli della tradizione. Lo si è visto soprattutto durante la
Via crucis, caratterizzata dalla presenza di
sculture, immagini e rappresentazioni tipiche della religiosità popolare pre-conciliare.
Le confraternite, i penitenti, la statua
della Madonna issata sul baldacchino barocco, le candele. Sembrava di essere
nella Settimana santa di Siviglia. Una
scelta non certo casuale da parte della
Chiesa spagnola, e sicuramente non motivata soltanto da nostalgia. Durante la
Via crucis (con i testi scritti dalle Hermanas de la Cruz, suore impegnate nell’aiuto
dei poveri) si è pregato per tutte le situazioni di sofferenza, compresi la mancanza
di lavoro, l’alcol, la droga, le violenze sessuali, ma ciò che ha parlato, e che resterà
nella memoria, è stato soprattutto quell’apparato simbolico. Un messaggio preciso, rivolto non tanto alla Spagna di Zapatero e dei laicisti, ma ai cattolici. Un
messaggio voluto da Rouco Varela, e
quindi dal papa, per ribadire e avvalorare
una certa idea di Chiesa.
Poiché Zapatero si è presentato a sorpresa ad accogliere il papa all’aeroporto
e poi, alla Moncloa, la sede del primo ministro, si è dimostrato particolarmente
cordiale con Benedetto XVI, i giornali
spagnoli hanno detto che il premier è andato a Canossa e addirittura qualcuno ha
ipotizzato una sua possibile conversione.
In realtà Zapatero, dopo sette anni di governo, è ormai un ex leader. Scaricato dai
suoi stessi elettori, ha già annunciato che
nelle elezioni anticipate del prossimo novembre non si ripresenterà. Il suo è stato
quindi un passo d’addio: se si vuole, anche un modo per rendere l’onore delle
armi a un interlocutore, il papa, con il
quale ha battagliato a lungo e senza esclusione di colpi.
Nei giorni della GMG, quindi, si è
giocato un confronto più complesso di
come è apparso. Gli spagnoli scontenti,
che si facciano chiamare o meno indiñados, hanno preso a pretesto la visita del
papa ma sono esasperati, in realtà, dal taglio degli stipendi, dalla mancata riforma
delle pensioni, dal ridimensionamento
delle politiche sociali, e con le loro manifestazioni hanno parlato più ai futuri governanti della Spagna che non a Benedetto XVI e alla Chiesa. E quest’ultima,
con l’esibizione dei simboli tradizionali,
con la riproposta del sacramento della
confessione (e quindi dell’idea di peccato,
così estranea alla modernità), con la lunga
adorazione eucaristica del papa davanti a
due milioni di giovani in totale silenzio, e
con i continui richiami del papa alla necessità di testimoniare la fede stando ben
dentro la Chiesa, ha parlato ai cattolici irrequieti, a quel dissenso cattolico – più o
meno organizzato e fatto anche di teologi
– che non è allineato con le posizioni vaticane, specie in materia di morale familiare e sessuale, e mostra crescente insofferenza verso la Chiesa gerarchica
sostenuta da movimenti, non a caso nati
in Spagna, come l’Opus Dei e il Cammino neocatecumenale.
Questa seconda sfida, anche se a Madrid non si è manifestata in campo
aperto, è in realtà quella che coinvolge più
direttamente Benedetto XVI e il Vaticano. Perché la Spagna, anche se ormai
non più «cattolicissima» per definizione,
resta comunque un baluardo per la
Chiesa di Roma. Ed è proprio lì, come
del resto in Italia, che il papa vuole combattere in modo più deciso la sua battaglia, per ribadire, come ha detto esplicitamente durante la GMG, che la radicalità evangelica non solo può, ma deve
esprimersi stando dentro la Chiesa, nella
tradizione e in comunione con i vescovi e
il magistero.
Aldo Maria Valli
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