6. Duomo 7. Ospedale degli Innocenti 8. Sacrestia Vecchia e S

6. Duomo
7. Ospedale degli
Innocenti
8. Sacrestia Vecchia
e S. Lorenzo
9. Santa Croce
Cappella Pazzi
10. Rotonda di S.
Maria degli Angeli
11. S. Spirito
12. Palazzo Pitti
17. Progetto di
palazzo Medici
La cupola
di S.
Maria del
Fiore.
S. Maria del Fiore
Arnolfo costruì il nuovo duomo sulla demolita chiesa di
Santa Reparata. L’architetto fonde in modo originale una
basilica longitudinale e una cupola estradossata su base
tricora. Il suo edificio sorge con rapidità a partire dal 1294
ed è il segno del passaggio dalla figurazione tardo antica e
medievale a una nuova forma gotica ben evidente nella
grande cupola estradossata del progetto arnolfiano. La
grande aula longitudinale a tre navate , con pilastri
ottagoni di origine ‘mendicante’, si conclude nel vano
centrale ed è già il preludio a una concezione dello spazio
prospettico che nella cupola senza centine arditamente
elevata da Filippo Brunelleschi – troverà massimo
coronamento. Il coro trilobato viene eretto nel 1379 fino
all’imposta della cupola e la sua costruzione è un
problema trai tanti che la genesi e la formazione del
duomo sollevano.
La chiesa è allineata sulla base del Battistero e ne replica
la pianta ottagona nella crociera centrale: un dato salta
all’occhio nell’osservare così come oggi si presenta il
duomo ed è la netta dicotomia tra il sontuoso rivestimento
esterno in marmi policromi e la sobria, perfino scabra
immagine interna.
Il tempio arnolfiano possiamo vederlo compiuto in tutta la
sua imponenza e fastosità di marmi e apparati decorativi
nel Cappellone degli Spagnoli in S. Maria Novella.
L’immagine del Duomo fiorentino all’interno è l’esempio
di quella sobria classicità che sarà caratterestica dei primi
edifici rinascimentali
Scrive il Manetti
«Uomo di meraviglioso
ingegno e intelletto» capace
di rendere possibile ciò che
pareva a tutti «impossibile el
farlo»
La cupola secondo Alberti è una
struttura «sì grande facta senza
alcuno ajuto di travamenti o di
copia di legname» in modo che
«come a questi tempi era
incredibile potersi, così forse,
appresso agli antichi fu non
saputo né conosciuto». Giorgio
Vasari diceva « veggendosi ella
(la cupola) estollere in tanta
altezza, che i monti attorno a
Fiorenza paiono simili a lei ».
Il duomo al tempo di Arnolfo
L’importanza data da B. a una cupola già prevista è evidente confrontando
la soluzione finale con l’immagine dell’affresco del Cappellone degli
Spagnoli. Va sottolineato il diverso valore della cupola come entità
dimensionale rispetto alla chiesa e alla città, la diversa qualificazione dei
costoloni, la bicromia ricorrente nelle sue opere e che qui si concretizza nel
contrasto tra il bianco dei costoloni e il rosso delle vele
La costruzione della cupola fu
resa possibile in un momento in
cui, tutte le tecniche, le
possibilità speculative, nonché
politiche e sociali rendono
possibile la realizzazione di una
simile struttura. La cupola fu
resa possibile dal suo autore,
ma solo il clima culturale che si
maturò a Firenze in quegli anni
ne poteva permettere la
realizzazione.
La partecipazione di B. all’opera di S. Maria del Fiore risale al 1404 quando è chiamato a far parte di una commissione per consigliare circa il modo di di
costruire le cappelle absidali del duomo. Nel 1418 viene bandito un concorso per l’esecuzione di modelli per la cupola: vi partecipano oltre il B., il Ghiberti
e numerosi ingegneri, ma nessuno viene proclamato vincitore. Nel 1419 B. è pagato per avere fornito, insieme a Donatello e Nanni di Banco un “modello
di mattoni murato a chalcina senza alchuna muratura”. Nel 1420 il B., Ghiberti e Battista d’Antoniocapomastro vengono nominati provveditori sopra la
costruzione della cupola.
I termini entro cui deve realizzarsi il progetto sono stabiliti dagli interventi precedenti. Dopo la costruzione di Arnolfo con il quale erano iniziati i lavori nel
1294, la costruzione aveva avuto alterne vicende, e modifiche essenziali al progetto erano state decise alcune modifiche. Venne stabilito un rapporto tra il
diametro della cupola e la sua altezza totale nel 1367 al quale ci si doveva attenere: queste misure avevano stabilito fra il diametro e l’altezza totale della
cupola un rapporto di 2:1, in coerenza con tutto il sistema modulare del duomo.
Tra il 1410 e il 13 era stato costruito il tamburo ottagonale rialzando di 3 mt. circa le misure stabilite. In questo momento delicatissimo di giunzione tra
costruzione preesistente e ulteriore slancio verticale della struttura potè forse essere determinante l’intervento del B.
Dai tempi del Pantheonnon esistevano esempi di tali dimensioni. Erano mancate esperienze pratiche e la fiducia in tali strutture era stata gravemente
scossa quando la cupola di Hagia Sofia era crollata nel 1346.
La cupola di S. Maria del Fiore.
Realizzare una armatura lignea e centine adatte alle dimensioni della cupola comportava problemi tecnologici, tecnici ed economici
enormi. B. inventa una tecnica fondata sulla conoscenza del «modo di murare» dei romani e delle esperienze medievali. La possibilità
di costruire la cupola è affidata essenzialmente all’adozione della struttura a spinapesce consistente nel realizzare la muratura ad
anelli, in ognuno dei quali vengono previsti e predisposti agganci in verticale per gli anelli successivi.
Le decisioni determinanti furono la rinuncia a centine stabili e la doppia calotta
La conseguenza più importante di questa scelta tecnica è che la cupola si realizza come forma crescente autoportante. Questo fatto
diventa uno dei termini espressivi qualificanti la entità figurativa.
Brunelleschi capì insomma che “pur dovendo realizzare una cupola apparentemente a padiglione (gotica) la si potesse costruire come
cupola di rotazione (romana)”
Il procedimento a spinapesce è utilizzato sistematicamente da B. in altre sue opere
Altro elemento fondamentale che consente al B. di realizzare l’impresa della cupola è la sua genialità di inventore di numerose
macchine edili per la costruzione.
L’invenzione tecnico formale del B. presuppone un superamento dei processi costruttivi tradizionali; l’architetto è il solo responsabile
del progetto e le maestranze del cantiere devono soltanto eseguire. B. nel cantiere di S. Maria del Fiore non è più l’architetto
compartecipe o delegato della comunità tutta ma piuttosto l’interprete che risolve nella visione personale il momento collettivo.
La cupola di Brunelleschi è soprattutto il frutto di un pensiero
razionale, un ‘retto giudizio’ intelligente e ingegnoso ma anche
divergente da abitudini consolidate , alimentato da meditate
intuizioni, appoggiato alla comprensione di selezionati esempi
precedenti, verificato con prove ed esperienze preliminari,
comunicato con parole disegni, dimostrazioni, modelli in scala,
seguito personalmente nell’esecuzione, pensandola nel suo
insieme ed analizzando tutti i dati del problema.
Malgrado i tanti studi, la problematica costruttiva della cupola
non è chiarita in tutti i suoi aspetti. Tuttavia rivoluzionando la
prassi gotica tradizionale, l’idea di base sembra essere stata
quella di aver pensato, malgrado l’obbligato impianto
ottagonale e l’apparenza gotica a costoloni radiali, di costruire
una struttura autoportante –e dunque senza armature– in
ogni stadio della sua costruzione; cioè ad analli chiusi
sovrapposti come fosse una cupola circolare , invece che ad
arcate radiali.
L’impiego di costoloni fino all’anello vuoto della lanterna e di due calotte indipendenti ma collegate , con vuoto interposto (una di grande
spessore e prevalentemente portante, l’altra sottile e di protezione) così come una serie di artifici ed espedienti –quello della muratura a
spinapesce, delle nervature secondarie e degli anelli di mattoni- dovevano assicurare l’efficienza statica e facilitare il problema
dell’attuazione. Ridotte le armature alla funzione di sostegno dei ponteggi e forse di guida geometrica del sesto “a quinto acuto” negli
angoli, l’impiego durante l’esecuzione di una corda rotante , o altro dispositivo tecnico, da una serie di centri posti sull’asse della cupola e
variabili via via che si procedeva in altezza deve aver regolato la collocazione delle murature secondo le tecniche specifiche delle cupole
circolari cioè ‘di rotazione’
La cupola dalla piazza dell’Annunziata
La cupola di S. Maria del Fiore
Il profilo ogivale
della cupola
equilibra in altezza
lo spazio
longitudinale della
navata.
Ancor oggi
entrando e
percorrendo la
navata colpisce la
differenza tra la
veduta iniziale e la
finale.; per chi sta
sotto le navate la
cupola appare
come uno sfondo
lontano, per chi
sta sotto la cupola
invece il corpo
delle navate è
respinto in
lontananza.
La cupola di S. Maria del Fiore
Anche la lanterna corrisponde nella sua particolare
situazione (altezza, visuali dal basso, dalle torri, dalle
colline) alla costante volontà di B. di negare la consistenza
materiale della massa architettonica per ridurla a struttura
regolatrice dello spazio
Attrezzi progettati da Brunelleschi per i lavori della cupola di S.
Maria del Fiore
Palazzo Medici Riccardi
Il palazzo venne inizialmente progettato dal B. ma
venne realizzato da Michelozzo che accetta la nuova
visione prospettica dell’edificio soltanto come controllo
della volumetria, perché l’impostazione della
composizione è fondata sulla assunzione della veduta
d’angolo come fondamentale. In tal senso è ancora
riferibile ad una concezione medievale, che B. supera
con palazzo Pitti e Giuliano da Sangallo nel palazzo
Strozzi.
Palazzo medici razionalizza la tipologia e l’iconografia
del palazzo medievale senza rivoluzionarla, come
probabilmente faceva il modello di B. rifiutato da
Cosimo de Medici, dal quale tuttavia è probabile di
Michelozzo abbia tratto più di un elemento
In origine prima dell’ampliamento realizzato nel ‘600 col
distruggere gli annessi (stalle, magazzini, cucine ecc.) la
faccita su via Larga aveva uno sviluppo corripondente a
tre portali. Nel cortile Michelozzo integra la tipologia del
cortile medievale e del chiostro monastico.
Palazzo Pitti
La dimensione colossale
è controllata nel disegno
della facciata attraverso
la chiarezza
dell’impostazione
modulare nella quale è
stata anche vista una
interpretazione della
sovrapposizione di piani
a grandi serie di archi
delle fabbriche romane.
Il calcolo perfetto del
trattamento del piano in
funzione della visione
prospettica frontale e
della distanza tra punto
di vista dal basso e
parete di facciata si
impone immediatamente
all’osservatore. Rispetto
agli altri principali palazzi
fiorentini del XV secolo
pensati per una veduta di
spigolo, e quindi con
qualificazioni
volumetriche, la facciata
di palazzo Pitti ,
attraverso l’imposizione
della veduta frontale,
ottenuta con la piazza, si
afferma come piano
omogeneo che riassume
profondità.