ROMA Storia di Roma La storia di Roma riguarda le vicende della città di Roma, dalla sua fondazione sino ad oggi. Le prime tracce di insediamenti nell'area risalgono alla cultura dell'uomo di Neanderthal. Nella zona di Roma sono stati effettuati diversi ritrovamenti, il più antico dei quali si riferisce al sito della Valchetta, con resti risalenti a 65.000 anni fa. Nella zona di Casal de' Pazzi, uno scavo ha restituito ossa di animali risalenti a circa 20.000 anni fa; mentre in via di Torre Spaccata, lo scavo per la costruzione di un istituto tecnico ha portato alla luce resti di un insediamento umano risalente a circa 60.000 anni fa. Le tracce successive risalgono all'età del ferro e sono riferibili all'arrivo di genti di stirpe indoeuropea (Latini), stando alle teorie correnti, nel quadro di un generale fenomeno di migrazione che sembra essersi svolto verso la penisola italiana in due ondate successive (prima il gruppo latino-falisco e quindi il gruppo umbro-sabello). I Falisci occupavano la valle del Tevere, tra i monti Cimini e i Sabatini, mentre i Latini si erano stanziati nel Latium vetus ("Lazio antico"), che andava dalla riva destra del corso finale del Tevere ai Colli Albani. Il loro territorio confinava con quello di diverse altre popolazioni, la più importante delle quali era sicuramente quella degli Etruschi, a nord del Tevere. I Volsci, di origine osca, occupavano la parte meridionale del Lazio e i monti Lepini; gli Aurunci, la costa tirrenica a cavallo dell'attuale confine tra Lazio e Campania; a nord, sull'Appennino, si trovavano i Sabini; a est gli Equi. Nella valle del Trero, gli Ernici controllavano la via commerciale per la Campania e, tra Ardea ed Anzio, erano stanziati i Rutuli. La posizione geografica della futura Roma ebbe sicuramente un ruolo fondamentale, posta all'incrocio tra la via fluviale e la via di terra che, tramite il guado dell'Isola Tiberina, mette in collegamento l'Etruria con la Campania, quindi il mondo etrusco con quello della Magna Grecia. Nell'urbanistica attuale si è conservato il ricordo di questo passaggio: da via Lungaretta, che anticamente corrispondeva al tratto finale della Via Aurelia, si scende dal Gianicolo fino al moderno ponte Palatino (ma che si trova accanto ai resti dell'antichissimo Ponte Sublicio), per trovarsi nella zona dell'antico mercato del Foro Boario; da qui, lungo la valle del Circo Massimo, si arriva facilmente al punto dove si biforcano la Via Latina e la Via Appia. I primi insediamenti nella zona della futura città di Roma sorsero sul colle Palatino intorno al X secolo a.C. (ma le prime tracce archeologiche risalgono almeno al XIV secolo a.C.), mentre successivamente vennero occupati anche i colli Esquilino e Quirinale. Resti archeologici hanno dimostrato come lungo il Tevere fino a Ostia esistessero, tra la fine dell'Età del Bronzo e l'inizio dell'Età del Ferro, tutta una serie di fitti villaggi, che aveva occupato quasi ogni collina lungo il fiume: all'epoca di Strabone (I secolo a.C.) erano tutti scomparsi. La città di Roma si venne a formare attraverso un fenomeno di unione dei villaggi durato vari secoli, che vide, in analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, la progressiva riunione in un vero e proprio centro urbano degli insediamenti dispersi sui vari colli. Ed è quello che verosimilmente può essere accaduto sul Palatino, che inizialmente era composto da vari nuclei abitativi indipendenti: il Romolo della leggenda può essere stato il realizzatore della prima unificazione di questi nuclei in un'entità unica. La data tradizionale alla metà dell'VIII secolo a.C., corrisponde al momento in cui i dati archeologici disponibili indicano la creazione di una grande necropoli comune sull'Esquilino, che sostituisce i precedenti luoghi di sepoltura nelle zone libere tra i villaggi, ormai considerate parte integrante dello spazio urbano, come ad esempio l'area del colle Velia, l'altura intermedia tra il Germalo ed il Palatino vero e proprio. Scavi al Foro Boario hanno scoperto della ceramica greca dell'VIII secolo a.C. che dimostra i rapporti commerciali con le prime colonie elleniche di Ischia e Capua. Inoltre, sempre risalenti alla metà dell'VIII secolo, abbiamo le tracce archeologiche di una obliterazione di capanne sul Palatino, con la conseguente creazione di un unico sito abitativo che può essere riconosciuto come la prima dimora dei re di Roma, almeno fino al 750-725, data in cui si viene a creare un duplicato della regia palatina nella zona del futuro locus Vestae. In relazione alla capanna regia del Palatino si hanno anche la fossa di fondazione e alcune rasature di muri risalenti allo stesso periodo, che possono essere interpretati come i muri della prima Roma, la Roma quadrata delle fonti annalistiche. La data ufficiale fu fissata da Marco Terenzio Varrone, secondo il quale la città era stata fondata da Romolo e Remo il 21 aprile del 753 a.C. Altre fonti riportano tuttavia date diverse: Quinto Ennio, poeta latino del III-II secolo a.C., nei suoi Annales colloca la fondazione nell'875, lo storico greco Timeo di Tauromenio (IV-III sec. a.C.) nel'814 (contemporaneamente, quindi, alla fondazione di Cartagine), Fabio Pittore (III a.C.) all'anno 748 e Lucio Cincio Alimento nel 729. I primi Re di Roma appaiono soprattutto come figure mitiche. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e nella crescita socio-politica dell'urbe. Contemporaneamente, venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne nel VII secolo a.C., al tempo attribuito ad Anco Marzio, quando venne creato il primo ponte sul Tevere, il Sublicio e venne protetta la testa di ponte ovest con un insediamento sul Gianicolo. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione, avrebbe fatto costruire il porto di Ostia alla foce del fiume, e lo avrebbe collegato con una strada che eliminò tutti i centri abitati sulla riva sinistra: lo scavo di Decima ha dato fondamento a questa tradizione, poiché è stato notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti bruscamente alla fine del VII secolo. Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata dell'insediamento e la sua urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale degli Etruschi, divenuti consapevoli della posizione chiave della città: nel VI secolo a.C. i re appartennero a una dinastia etrusca, che segnò la definitiva urbanizzazione della città. Le mura serviane (nel tracciato che coincide quasi perfettamente con il rifacimento del IV secolo a.C.) cinsero una superficie di 426 ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (Palatina, Collina, Esquilina e Suburbana), che era la più ampia della penisola italica di allora. Il periodo di grande prosperità per la città sotto l'influenza etrusca degli ultimi tre re è testimoniato anche dalle prime importanti opere pubbliche: il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio (il più grande tempio etrusco a noi noto), il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, e la costruzione della Cloaca Maxima, che permise la bonifica dell'area del Foro Romano e la sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico, religioso e amministrativo della città. Un altro canale drenò Vallis Murcia e permise, sempre ad opera dei Tarquini, di costruire il primo edificio per spettacoli al Circo Massimo. L'influenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia nelle forme architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto della Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) ripresa dagli dèi etruschi Uni, Menrva e Tinia. Roma non perse mai però la sua forte componente etnica e culturale latina, per questo, anche alla fine dell'età regia, non si può mai parlare di città etrusca a tutti gli effetti. L'espansione territoriale nella zona circostante all'inizio dell'età repubblicana ci è tramandata dal testo del primo trattato con Cartagine, riportato da Polibio, dove si parla di un territorio dipendente da Roma che si estendeva fino al Circeo e a Terracina. I decenni successivi al 509 a.C. furono caratterizzati da una notevole attività edilizia: tra i santuari sorsero il tempio di Saturno, il tempio dei Castori nel Foro e quello di Cerere alle pendici dell'Aventino. Queste fondazioni dimostrano un innegabile influsso ellenico, testimoniato anche dalle importazioni di ceramica greca, continue fino alla metà del V secolo. A partire dal governo dei decemviri e dalla promulgazione delle leggi delle XII tavole si registrò invece a un periodo di crisi, causata dalla fase più acuta delle lotte tra patrizi e plebei e dalla calata del Volsci, che significò la perdita dei territori nel Lazio meridionale. Un analogo declino venne subìto in tutta la penisola, anche nelle città greche e etrusche. L'unica opera architettonica di qualche rilievo fu la fondazione del Tempio di Apollo in Campo Marzio e la Villa Pubblica, creata per le nuove figure dei censori. All'inizio del IV secolo si registrò una ripresa dopo il periodo di oscure lotte con le popolazioni confinanti, culminata con la conquista della città etrusca rivale, Veio, dopo ben dieci anni di assedio e ad una guerra durata quasi un secolo. Poco dopo seguì però l'attacco e la conquista da parte dei Galli (390 a.C.). Dopo la devastante invasione (che spinse verso la decisione non attuata di trasferirsi nella Veio da poco conquistata) si registrò una ripresa. Fu ricostruita la grande cinta muraria serviana, di cui rimane oggi un tratto ben conservato e visibile nelle vicinanze della Stazione Termini, ricalcando il tracciato precedente e sostituendo le mura in cappellaccio e i terrapieni con pareti più alte e meglio strutturate, in blocchi di tufo di Grotta Oscura (377 a.C.- metà del IV secolo a.C. circa). La città, saccheggiata dagli invasori, venne velocemente ricostruita, ed fu a questa rapidità nella ricostruzione che gli storici romani (come Tito Livio) attribuirono l'aspetto disordinato della pianta cittadina. In verità però gli archeologi oggi tendono a spiegare la disordinata urbanistica di quel periodo con la rapida e continua crescita progressiva del nucleo urbano (come avveniva per esempio anche ad Atene), che non seguì alcun piano preordinato, con gli edifici e le vie che si adattavano all'orografia del territorio. In conseguenza si trattò piuttosto un evento di lunga durata, perché se si fosse giunti ad una vera e propria ricostruzione si sarebbe certamente seguito un impianto più regolare: negli edifici arcaici e del IV secolo non sono stati individuati importanti rifacimenti o cambiamenti di pianta e orientamento. All'età repubblicana risale la fondazione di diversi edifici pubblici e templi, soprattutto nell'area del Foro Romano, dei quali sono rimaste conservate le versioni architettoniche successive, del Campidoglio e del Palatino. Sempre in quegli anni si tracciarono le prime strade consolari, i rispettivi ponti sul Tevere e i primi acquedotti (come quello voluto dal censore Appio Claudio Cieco nel 312 a.C.). Solo a partire dal III secolo a.C. si andarono sviluppando le prime trasformazioni monumentali inserite in piani urbanistici coerenti, ad esempio il complesso di templi repubblicani dell'area sacra di Largo Argentina, costruiti separatamente e unificati dall'inserimento in un grande portico. Nacquero contemporaneamente i modelli architettonici della basilica civile e dell'arco onorario. Per la prima volta venne applicata la tecnica edilizia del cementizio, che consentì all'architettura romana di avere un suo originale sviluppo, e iniziò l'importazione del marmo come ornamento degli edifici. Forte era l'influenza della Magna Grecia, con artisti ellenici a Roma dall'inizio del V secolo e l'accentuarsi del livello culturale medio dei romani. Il primo tempio interamente in marmo, fortemente influenzato dalle forme greche, fu il tempio rotondo del Foro Boario. Nacquero in città fabbriche di ceramica di alto livello, che vengono esportate un po' ovunque nel Mediterraneo occidentale. Si diffuse la tecnica per realizzare statue in bronzo: dalle statue di Alcibiade e Pitagora ricordate nella seconda metà del IV secolo nel Comizio, opera di artisti della Magna Grecia, alla quadriga in bronzo nel tempio di Giove Capitolino del 296 a.C., che sostituì una quadriga in terracotta dell'etrusco Vulca, dalle due statue colossali di Ercole e Giove nell'Area Capitolina, al celebre Bruto Capitolino. Gli scrittori greci parlano ormai spesso di Roma, anzi uno di loro arriva a definirla "città greca". La "fase classica" della Repubblica romana coincise con la conquista dell'Italia, della Sicilia e della Sardegna, basata su un ampio ceto di piccoli e medi proprietari terrieri che costituivano il nerbo dell'esercito. Fino alla seconda guerra punica Roma era sostanzialmente una città-stato a capo di una confederazione, a partire dal II secolo a.C. prese campo una crisi che si concluse con la creazione dell'impero. Tra le cause ci furono la crisi economica dovuta alla guerra, che rovinò la classe dei piccoli e medi proprietari terrieri. Il latifondo iniziò a dominare la scena agreste, sostituendo a poco a poco la piccola proprietà. La popolazione proletaria si riversò così in città, andando a ingrossare le file del clientelismo politico delle principali, poche, famiglie senatorie, detentrici anche del potere economico. L'andamento si rivelò inattaccabile e i tentavivi di rovescio dei Gracchi o di Saturnino fallirono miseramente. Assottigliatesi le leve militari tra i proprietari terrieri, si dovette creare un esercito di mercenari, che, slegato dalle sorti della Repubblica, finì poi per consegnare il potere nelle mani dei suoi capi. Negli ultimi due secoli della Repubblica i personaggi che conquistavano grande prestigio personale e si contendevano il potere iniziarono a sviluppare progetti urbanistici di respiro sempre più ampio, per assicurarsi l'appoggio delle masse popolari, a partire dai grandi portici della zona del Circo Flaminio, al Tabularium di Silla, che tuttora fa da sfondo al Foro Romano verso il Campidoglio, insieme al restauro del tempio capitolino. Pompeo lasciò la sua testimonianza nella città con la costruzione di un grande teatro in muratura. L'aspetto monumentale iniziò a svilupparsi anche in altre zone della città, come il Foro Olitorio e il Foro Aventino. Nel frattempo si svilupparono i grandi quartieri popolari, grazie all'immigrazione anche dalle città italiche, con le insulae, case d'affitto a più piani. Una descrizione di Roma alla viglia dell'impero si legge in Strabone: accanto a zone ancora libere sorge una serie ininterrotta di edifici pubblici, templi, teatri, portici, terme e un anfiteatro. A ciò va aggiunta la spinta privata all'edilizia, cone le domus (le case dei più ricchi), assimilabili ormai alle più lussuoso dimore ellenistiche, con il cortile colonnato (peristilio) e decorazioni sempre più sfarzose (pavimenti marmorei, pitture parietali, mosaici, soffitti dorati, ecc.). Resti di abitazioni monumentali del genere sono stati scoperti soprattutto sul Palatino e sull'Esquilino. Giulio Cesare, secondo quanto ci tramanda Cicerone, aveva in progetto un rinnovo totale dell'aspetto di Roma, con un grandioso piano regolatore che prevedeva interventi in più zone, soprattutto in Campo Marzio e a Trastevere. Era addirittura prevista una deviazione del Tevere, per spianare le anse del Campo Marzio e unirlo con una parte dell'Ager Vaticanus. La sua morte, avvenuta non lontano dal luogo dove oggi si trova il teatro Argentina, non permise la realizzazione di questi progetti, ma fece in tempo a distruggere il Comizio, ricostruire la Curia, sede del Senato, creare una nuova piazza a suo nome, il Foro di Cesare, una basilica e i nuovi rostri, definendo l'aspetto e il nuovo orientamento del Foro repubblicano. Inoltre il Foro di Cesare fece da esempio per i successivi sviluppi dei Fori imperiali. Il maggiore sviluppo urbanistico e monumentale si ebbe nell'età imperiale. Con Augusto la città, che aveva ormai una popolazione di circa un milione di abitanti, venne divisa in 14 regioni. Venne istituito il corpo dei vigiles, con compiti di vigili del fuoco e polizia urbana, e vennero delimitate le rive e l'alveo del Tevere, con la creazione di nuovi acquedotti. Si completarono alcuni degli interventi di Cesare e si avviarono nuovi grandi progetti urbanistici, che sebbene non avessero la grandiosità e la radicalità di quelli cesariani, si raccordarono direttamente ad essi, a partire dalla costruzione di un nuovo Foro di Augusto e dalla regolarizzazione della piazza del Foro Romano con la costruzione del tempio del Divo Giulio e della basilica Giulia e il rifacimento della basilica Emilia. L'antica sede della vita politica cittadina diventava così una piazza monumentale acquistando il suo aspetto definitivo. Con l'aiuto di Agrippa, suo amico e consigliere, Augusto si occupò anche della sistemazione del Campo Marzio, che si andò arricchendo di edifici pubblici e monumenti. Nella zona più periferica venne costruito il suo mausoleo al quale erano inoltre simbolicamente collegati un grande orologio solare, che usava un obelisco come gnomone, e l'Ara Pacis. Le Terme di Agrippa furono le prime terme pubbliche della città. Nell'area del Circo Flaminio venne costruito il teatro dedicato al nipote Marcello, in prossimità del ricostruito Portico di Ottavia, dedicato in nome della sorella Ottavia, madre di Marcello, e del tempio di Apollo Sosiano. A queste opere va aggiunto un teatro, le biblioteche aperte al pubblico e il restauro o la costruzione di ben 82 santuari: Augusto affermò di aver trovato una città di mattoni e di lasciarla di marmo. La monumentalizzazione della città proseguì sotto i successori di Augusto. Nel 64, sotto il regno di Nerone uno spaventoso incendio quasi rase al suolo l'intera città, distruggendo interamente tre delle zone augustee e danneggiandone gravemente sette, lasciandone integre solo quattro. Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire le condizioni che favorivano il diffondersi degli incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato però solo in parte, come riporta Tacito, tramite la realizzazione di strade più larghe, affiancate da portici, senza pareti in comune tra gli edifici, di altezza limitata e con un uso quasi bandito di materiali infiammabili, sostituiti da pietra e mattoni. Approfittando della distruzione Nerone costruì la sua Domus Aurea, che occupò gli spazi compresi tra Celio, Esquilino (Oppio) e Palatino con un'enorme villa, segno tangibile delle mire autocratiche dell'imperatore. Altri edifici pubblici neroniani furono il mercato del Celio (Macellum Magnum) e le Terme di Nerone del Campo Marzio, la cui pianta regolare e simmetrica fece da modello per tutti gli edifici termali futuri, inaugurando la tipologia di terme "imperiali". Dopo la morte di Nerone, gli imperatori flavi, restituirono ad uso pubblico parte degli spazi occupati dalla sua residenza, costruendo le terme di Tito sul colle Oppio (forse adattate dalle terme private di Nerone), restituendo il tempio del Divo Claudio, già trasformato in ninfeo, e innalzando il Colosseo, sul sito del lago artificiale dei giardini. Venne tenuto per uso privato solo il breve settore della Domus Titi. Sotto i flavi ebbero luogo altri incendi, come l'incendio del Campidoglio del 69 e quello del Campo Marzio e Campidoglio dell'80. La città venne ricostruita erigendo, tra l'altro, il tempio della Pace (decorato dalle statue che Nerone aveva raccolto in Grecia e in Asia Minore) e i palazzi imperiali sul Palatino ("Domus Flavia" e "Domus Augustana"). Nel 73 Vespasiano e Tito si presero una magistratura repubblicana ormai quasi dimenticata, quella di censore, con l'obiettivo di ampliare pomerium (il confine sacro della città) e iniziare una generale ristrutturazione urbanistica. Domiziano proseguì l'opera dei suoi predecessori, ricostruendo integralmente, dopo l'incendio dell'80 il Campidoglio e il Campo Marzio. Tra i nuovi edifici fece costruire il Foro Transitorio (poi inaugurato da Nerva, dal quale prese anche il nome), l'arco di Tito il Tempio di Vespasiano e Tito, lo Stadio di Domiziano, oggi ricalcato da piazza Navona, l'Odeon e il Divorum. L'edificio più grandioso fu il nuovo palazzo sul Palatino, dimora ufficiale degli imperatori fino alla fine dell'Impero. Sotto Traiano si registrò la massima espansione dell'Impero romano e entro il II secolo Roma raggiunse la massima espansione demografica. L'imperatore completò la serie dei Fori Imperiali con la grande piazza del Foro di Traiano (il foro imperiale più grande, che dovette richiedere la distruzione di numerosi edifici tra Quirinale e Campidoglio, come il venerando Atrium Libertatis), nel quale venne collocata la celebre Colonna coclide e il contiguo complesso dei Mercati di Traiano. Vennero inoltre costruite le terme sul colle Oppio, le prime nelle quali si riscontra definitamente il tipo che venne poi ripreso dalle terme di Caracalla e di Diocleziano. Ad Adriano e Antonino Pio si deve il picco dell'attività edilizia. Dal 123 si registra l'uso di indicare sul mattoni la data consolare, segno di un'attività delle fornaci particolarmente intensa. Ad Adriano e ai suoi immediati successori si devono il Pantheon nel suo attuale aspetto e la costruzione di un Mausoleo, oggi trasformato in Castel Sant'Angelo, il tempio di Adriano, inserito più tardi nel palazzo della Borsa, il tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano, la Colonna antonina, dedicata a Antonino Pio e Faustina. La Villa Adriana fu una vera e propria reggia suburbana. Ma ancora più importante fu la costruzione di interi quartieri con insulae a più piani, come nella VII regione ad est della Via Lata: l'idea dell'aspetto di queste zone si può avere dagli scavi di Ostia antica, presso l'antico porto di Roma. Dopo l'incendio del 191, sotto Commodo, iniziò una nuova fase di lavori, curati dalla dinastia dei Severi: fu ricostruito il Tempio della Pace, gli Horrea Piperiana, il Portico di Ottavia; si aggiunse un'ala al palazzo imperiale sul Palatino, con una nuova facciata monumentale verso la Via Appia, il Septizodium; furono innalzati l'arco di Settimio Severo e le terme di Caracalla, l'edificio più imponente e tra i meglio conservati della Roma imperiale. Sempre all'epoca di Caracalla venne costruito quello che forse era il tempio più grandioso della città, il Serapeo sul Quirinale. La pianta marmorea incisa sotto Settimio Severo su un muro del Foro della Pace e in parte pervenutaci ci dà una rappresentazione planimetrica della Roma di quegli anni. Nel corso del III secolo, quando per la grande crisi politica e militare gli imperatori non furono quasi mai presenti nella capitale dell'impero, l'attività edilizia rallentò fino ad arrestarsi quasi del tutto. Sintomo del declino fu la fine dell'uso di bollare i mattoni con la data consolare, dalla morte di Caracalla con una parentesi di breve ripresa durante il regno di Diocleziano. Tra gli edifici costruiti nel II secolo ci furono il Tempio di Eliogabalo, sul Palatino, e il Tempio del Sole nel Campo Marzio, voluto da Aureliano. L'opera più importante fu tuttavia la costruzione delle mura Aureliane, chiara testimonianza dei tempi, volute dall'imperatore Aureliano a partire dal 272: dopo secoli infatti si temeva nuovamente per la sicurezza della città, segno di una consapevole debolezza militare. Le mura furono successivamente rialzate e rafforzate più volte fino a raggiungere l'attuale e monumentale aspetto. Con la Tetrarchia si ebbe una ripresa dell'attività edilizia, con la costruzione delle terme di Diocleziano (le più grandi di sempre), della basilica e della grande villa di Massenzio sulla via Appia. L'incendio di Carino del 283, che aveva distrutto parte del centro cittadino, rese necessaria una ricostruzione, alacremente intrapresa, con i restauri al Foro di Cesare, alla Curia, al Tempio di Saturno, al teatro e ai portici di Pompeo. Forse risalgono a quegli anni i cataloghi Regionari, che contengono liste di edifici divisi per regione, dalla funzione non chiara, ma utilissimi per conoscere lo stato della città verso la fine del periodo antico. Massenzio fu l'ultimo imperatore a scegliere la città come sua residenza e capitale, e fu lui ad iniziare una delle ultime stagioni edilizie imperiali: oltre alla già citata basilica, ricostruì il Tempio di Venere e Roma, innalzò una nuova villa imperiale, un circo e un sepolcro per la sua dinastia sulla Via Appia. Costantino sconfisse Massenzio, impresa celebrata con la costruzione dell'arco di Costantino (315 o 325), completò la costruzione della basilica nei Fori e iniziò altri lavori come le Terme di Costantino, sul Quirinale. Alla sua epoca Roma, che continuava ad avere circa un milione di abitanti racchiusi in un perimetro di circa 20 chilometri, poteva contare su: 11 terme e 856 bagni privati, 37 porte, 29 grandi strade, centinaia di strade secondarie, 190 granai, 2 grandi mercati (macella), 254 mulini, 11 grandi piazze o fori, 1 152 fontane, 28 biblioteche, 2 circhi, 2 anfiteatri, 3 teatri, 2 naumachie, 10 basiliche e 36 archi di marmo[7]. Presto però l'attenzione di Costantino si rivolse alla creazione di edifici cristiani e, soprattutto, decise di dedicarsi alla creazione di una nuova capitale monumentale, Costantinopoli. A Roma si continuarono a innalzare monumenti e archi onorari per tutto il V secolo, come l'arco di Graziano e Valente, quello di Teodosio, di Arcadio, di Onorio e di Teodorico (405), dei quali oggi non resta però traccia. Tra il 402 e il 405 vennero rifatte le porte nelle mura aureliane con l'aggiunta di torri rotonde ancora oggi esistenti. Da questo momento in poi le autorità urbane si limitarono a una semplice conservazione e restauro degli edifici della Roma antica, i quali, svuotati ormai di gran parte delle loro funzioni, andarono incontro a un inesorabile declino, con molti di essi distrutti volontariamente per usarne i materiali per nuovi edifici. I primi edifici di culto cristiani della città furono soprattutto luoghi di riunione e centri comunitari organizzati in case private (domus ecclesiae e tituli), che prendevano il nome dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato con il santo titolare. Altri luoghi di culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso terreni privati, senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani. A partire da Costantino si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e le basiliche cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai mausolei della famiglia imperiale e con prevalente funzione cimiteriale (San Sebastiano sulla via Appia, San Lorenzo sulla via Tiburtina, Basilica dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, Sant'Agnese sulla via Nomentana e la stessa basilica di San Pietro in Vaticano). Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di proprietà imperiale, pur riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente basiliche e sale termali). Fino alla fine del V secolo si continuarono inoltre a restaurare nella città gli edifici pubblici e i templi pagani, ad opera della potente aristocrazia senatoriale, rimasta in gran parte legata alle tradizioni pagane. Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di San Paolo fuori le mura (iniziata nel 384 per intervento diretto degli imperatori cristiani Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio) e di Santa Maria Maggiore (iniziata intorno al 420). Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi tituli e le nuove costruzioni venivano finanziate da papi e presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case più antiche, e con la scelta di luoghi più vicini al centro cittadino. Il papa esercitava forse sin dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla metà del V secolo l'erezione di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero così le chiese dei Santi Giovanni e Paolo, di San Vitale, di San Marco, di San Lorenzo in Damaso, di Sant'Anastasia, di Santa Sabina, di San Pietro in Vincoli, di San Clemente, di Santo Stefano Rotondo. La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava accentuando in seguito all'inizio dello spopolamento della città, fece sì che numerose altre chiese cittadine fossero dotate di battisteri, che si aggiungevano al costantiniano Battistero Lateranense. Alarico dei Visigoti marciò verso Roma e la saccheggiò clamorosamente nel 410. Il sacco di Alarico non fu il più drammatico della storia della città: vi furono episodi cruenti, ma il re visigoto era cristiano (a differenza della sua popolazione) e rese omaggio alle tombe degli Apostoli, rispettando la sacralità del caput mundi. Al sacco seguì una certa flessione demografica, ma ancora attorno alla metà del V secolo sembra che Roma continuasse ad essere la città più popolosa delle due parti dell'Impero, con una popolazione non inferiore ai 650.000 abitanti[8]. Nonostante ciò la violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il De civitate Dei di Sant'Agostino, che si chiedeva come Dio avesse potuto permettere una profanazione così inaudita. Di nuovo Genserico dei Vandali guidò via mare il suo popolo dal Nord-Africa verso Roma nel 455. Sebbene essi fossero cristiani (anche se convertiti all'arianesimo), saccheggiarono Roma in forma molto più spietata di quanto avesse fatto Alarico quarantacinque anni prima. Tale saccheggio fu formalmente giustificato da Genserico con il desiderio di riprendere la città dall'usurpatore Petronio Massimo, assassino di Valentiniano III. La caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 non cambiò molto le cose per Roma. Gli Eruli di Odoacre e quindi gli Ostrogoti di Teodorico continuarono, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l'Italia da Ravenna. L'amministrazione della città era affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e sempre maggiore importanza acquistava il Papa, che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il regno di Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato. Tra la guerra greco-gotica, iniziata a Roma con la presa del generale Belisario nel 536, e l'alleanza di papa Stefano II con il re dei Franchi Pipino il Breve stipulata alla metà dell'VIII secolo, la città fu sotto il dominio dell'Impero bizantino, mentre l'amministrazione e il mantenimento della città furono assunti dal papa, che progressivamente si conquistò una sempre maggiore autonomia. Grande figura di questo periodo fu papa Gregorio Magno, che tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII riorganizzò l'amministrazione pontificia, le attività ecclesiastiche nella città e i possedimenti terrieri che consentivano alla Chiesa di farsi carico dell'assistenza ai cittadini. Il dominio bizantino [modifica] Nel 536 la città fu presa dal generale bizantino Belisario, che nell'ambito del tentativo di riconquista della maggior parte dei territori dell'antico Impero Romano d'Occidente da parte dell'imperatore d'Oriente Giustiniano I aveva sconfitto il re ostrogoto Vitige. Nel 546 gli Ostrogoti di Totila ricatturarono e saccheggiarono la città. Durante l'assedio gli Ostrogoti tagliarono gli acquedotti ancora funzionanti, che non furono più ripristinati. Roma venne nuovamente ripresa da Belisario, per essere di nuovo assediata e conquistata da Totila nel 549. Narsete, che aveva nel frattempo sostituito Belisario, strappò definitivamente Roma dalle mani degli Ostrogoti nel 552. I ripetuti assedi avevano devastato la città e grandemente ridotto la popolazione che agli inizi del secolo contava ancora ca. 100.000 abitanti e che adesso si era ridotta a non più di 30.000 persone. Gran parte degli antichi edifici pubblici era in rovina, mentre l'abitato si era spostato principalmente nella zona del Campo Marzio e di Trastevere, presso il fiume. Giustiniano I (527-565) garantì sussidi a Roma per mantenere le costruzioni pubbliche, gli acquedotti e i ponti, ma questi, nello scenario di un'Italia impoverita dalle recenti guerre, non erano sempre sufficienti. Giustiniano I protesse inoltre gli studiosi di varie discipline e ripristinò teoricamente il Senato, che rimase tuttavia sotto la supervisione di un prefetto e altri ufficiali, dipendenti dalle autorità bizantine a Ravenna e venne più tardi sostituito da un consiglio consultivo costituivo dalle famiglie più importanti. L'antica aristocrazia romana aveva in gran parte spostato le sue residenze presso le corti di Costantinopoli o di Ravenna ed era subentrata una nuova aristocrazia formata da funzionari bizantini o della corte papale. Vennero anche costruite nuove chiese, in genere caratterizzate da elementi orientali (Santi Quirico e Giulitta, Santi Apostoli, San Giovanni a Porta Latina) Sotto il regno del successore di Giustiniano I, l'imperatore Giustino II (565-578), il dominio bizantino in Italia si ridusse progressivamente in seguito alle conquiste dei Longobardi, rimanendo infine confinato alle città di Ravenna e di Roma, collegate da uno stretto corridoio che permetteva le comunicazioni tra le due città attraverso Perugia. Nel 578 e nel 580, il Senato romano, nei suoi ultimi atti registrati, dovette chiedere il supporto dell'imperatore Tiberio II Costantino (578-582), contro i minacciosi vicini, il duca Faroaldo di Spoleto e il duca Zotto di Benevento. Maurizio (582 - 602) diede un nuovo corso al conflitto alleandosi con il re dei Franchi Childeberto II (579-595). Le armate franche invasero i territori dei Longobardi nel 584, 585, 588 e 590. Per circa due secoli Roma rimase tuttavia sotto il formale dominio bizantino, esercitato da carrucolari o duchi che risiedevano negli antichi palazzi imperiali del Palatino, mentre il comandante militare dovette avere la propria sede nella parte alta dei Mercati di Traiano, che conservò anche in seguito il carattere di fortificazione. Il papa si assumeva in misura sempre maggiore il compito di provvedere all'amministrazione della città. La Chiesa andava inoltre man mano assorbendo i maggiori possedimenti che erano stati dell'aristocrazia senatoria e in parte erano passati all'amministrazione bizantina. La creazione di una rete organizzativa cittadina e di nuove istituzioni religiose destinate alla cura ed alla difesa degli abitanti, fu in particolare opera di papa Gregorio I (590 - 604). Il papa Gregorio I istituì una dicastero legale, costituito da laici (defensores sotto la guida di un primicerius), affiancato ai sette dicasteri costituiti da funzionari ecclesiastici e retti da diaconi. Un nunzio rappresentava permanentemente la Chiesa romana presso la corte dell'imperatore bizantino. La Chiesa si era assunta i compiti civili dell'approvvigionamento della città, attraverso i prodotti delle vaste tenute in suo possesso, amministrati centralmente, e la manutenzione degli edifici pubblici. L'assistenza ai cittadini era assicurata da una rete di diaconie, centri che si occupavano della distribuzione dei viveri e del ricovero di pellegrini, poveri e ammalati: pur gestite dalla Chiesa, servite da comunità monastiche e dotate di oratori, erano rette da funzionari laici (pater diaconiae) e svolgevano compiti civili (Santa Maria in Cosmedin, San Giorgio al Velabro, San Teodoro, Basilica di Santa Maria in Via Lata). Si moltiplicarono i monasteri, che si installavano in antiche domus donate dai proprietari, e lo stesso papa Gregorio I ne fondò uno sulle proprietà della sua famiglia al Celio. Le comunità monastiche furono di grande importanza nella Chiesa, come consiglieri diplomatici, teologi e missionari, ma anche per il funzionamento dei centri assistenziali e la custodia dei sepolcri dei martiri. Roma aveva sofferto di una disastrosa inondazione del Tevere nel 589, seguita da una pestilenza nel 590. A quest'ultima si riferisce la leggenda dell'avvistamento dell'angelo che rinfoderava la spada fiammeggiante, all'origine dell'attuale nome di Castel Sant'Angelo, mentre l'appena eletto papa Gregorio I passava in processione per implorare la fine dell'epidemia. Dopo la pace stipulata con i Franchi nel 592, il re longobardo Agilulfo (591 - 616) riprese le ostilità contro le città ancora bizantine di Napoli e Roma. Con l'imperatore preoccupato da guerre sul confine orientale ed i vari e successivi esarchi incapaci di proteggere Roma dalle invasioni, papa Gregorio I prese un'iniziativa personale e negoziò un trattato di pace con i Longobardi, firmato nell'autunno del 598 e soltanto in seguito riconosciuto dall'imperatore bizantino Maurizio. La posizione del papato si rafforzò ancora sotto il regno dell'usurpatore Foca (602 - 610), che ne riconobbe il primato sopra il patriarca di Costantinopoli e decretò papa Bonifacio III (607) "capo di tutte le Chiese". Il Pantheon nel 609 fu donato al papa Bonifacio IV e trasformato in una chiesa (Santa Maria Rotonda), primo tempio pagano trasformato in chiesa nella città, ed unico ancora per altri due secoli. Durante il VII secolo, Roma subì fortemente l'influenza bizantina e vide un massiccio afflusso di ufficiali e religiosi bizantini da altre parti dell'Impero (anche in seguito all'ondata di profughi che si erano rifugiati a Roma in seguito all'espansione araba: all'interno della stessa Chiesa romana le più alte cariche erano rivestite da personaggi di origine orientale, in gran parte di lingua greca, e la stessa elezione del papa era sottoposta all'approvazione imperiale. Vennero dedicate numerose chiese a santi orientali e i mosaici, i dipinti e gli elementi architettonici dell'arredo delle chiese seguivano i modelli artistici di Costantinopoli; si diffuse il culto delle reliquie dei corpi dei martiri, precedentemente diffuso in Oriente, ma disapprovato a Roma. Il papato venne inoltre coinvolto nelle numerose dispute teologiche che agitavano l'impero e nel 653 papa Martino I venne deportato a Costantinopoli e, dopo un processo, esiliato in Crimea, dove morì. Tra il VI e il VII secolo l'espansione del Cristianesimo in occidente aveva portato a un costante flusso di pellegrini nella capitale e si moltiplicarono gli ospizi e le diaconie dedicati alla loro accoglienza, spesso costruiti lungo le strade di accesso ai santuari. Le donazioni e il soggiorno costituirono una importante fonte di entrate per l'economia cittadina. Nuovi santuari in parte interrati furono costruiti intorno alle tombe più venerate (San Lorenzo e Sant'Agnese Basilica dei Santi Nereo e Achilleo presso le catacombe di Domitilla). Nella Basilica di San Pietro venne costruita intorno alla tomba una cripta semi-anulare che assicurava l'ordinato scorrere dei pellegrini. Nel 663, Roma vide nuovamente sul proprio suolo un imperatore dopo due secoli, con la visita di Costante II. In tale occasione l'imperatore si occupò di spogliare gli antichi edifici da tutto il metallo facilmente asportabile, per gli armamenti da usare contro i musulmani: ne fecero ad esempio le spese le tegole di bronzo dorato della copertura del Pantheon. L'approvvigionamento di cibo della città dipendeva in larga parte dalle tenute di proprietà papale in varie regioni dell'Impero bizantino. Nel 727, papa Gregorio II si rifiutò di accettare il decreto dell'imperatore Leone III che stabiliva l'iconoclastia. Leone cercò, senza successo, di imporre l'iconoclastia a Roma con la forza militare, confiscò le tenute papali in Sicilia e trasferì le aree precedentemente ecclesiastiche all'interno dell'impero al patriarca di Costantinopoli: Roma era quindi completamente abbandonata a se stessa. La conseguenza del contrasto teologico fu l'arrivo di altre ondate di profughi dall'impero bizantino. Il re longobardo Liutprando tentò di approfittare del contrasto teologico e propose alla Chiesa un'alleanza, che non venne tuttavia accettata. Fu tuttavia donato al papa Gregorio II il territorio di Sutri nel 728, che costituì il primo nucleo dello Stato pontificio. Il papato era appoggiato da un nuovo ceto di proprietari terrieri, legati alle istituzioni ecclesiastiche e di varia origine (antiche famiglie romane, Longobardi e Bizantini), ormai romanizzati, che permisero la creazione di una milizia locale (exercitus), costituita inizialmente dalle scholae nazionali, che radunavano i residenti di varie nazionalità, le corporazioni di mestiere e le associazioni rionali. La milizia insieme al clero e al populus (i capi delle grandi famiglie) contribuiva alle elezioni papali. Papa Zaccaria (741-752) organizzò il territorio intorno alla città, fondando le prime domus cultae, vere e proprie aziende agricole facenti capo alla Chiesa, che assicuravano l'approvvigionamento della città. L'indebolimento dell' impero bizantino e la minaccia dei Longobardi, spinsero il papa all'alleanza con i Franchi: il tentativo di renovatio imperii ("rinnovamento dell'impero") produsse una rinascita cittadina e successivamente un lungo periodo di contrasti tra Papato e impero, che attraversò diverse fasi. Papa Adriano I si impegnò in un'intensa opera di consolidamento e rinnovamento cittadino, e, dopo un periodo di decadenza e lotte, che vide la prevalenza delle famiglie dei duchi di Spoleto e dei Crescenzi, le riforme di papa Gregorio VII e la nascita di un ceto cittadino, fortemente legato alle istituzioni ecclesiastiche spesso orgogliosamente consapevole del grande passato e del ruolo storico della città.. Nel 753, in seguito alle minacce dei Longobardi, che andavano eliminando la presenza bizantina in tutta l'Italia, papa Stefano II si alleò con Pipino il Breve, re dei Franchi, proclamato "patrizio dei Romani" ("patricius Romanorum", titolo in teoria spettante al viceré bizantino) e difensore dei diritti di san Pietro. Carlo Magno, sceso in Italia nel 774, sconfisse definitivamente l'ultimo re longobardo, Desiderio e nel Natale dell'anno 800 venne incoronato a Roma da papa Leone III imperatore del Sacro Romano Impero. Le donazioni fatte dall'imperatore al papa si estesero ai territori dell'antico esarcato di Ravenna bizantino. Lo Stato pontificio nacque sulla base dei possessi terrieri della Chiesa romana, considerati patrimonio di san Pietro. Furono istituite amministrazioni e milizie locali, che, come l'amministrazione centrale, erano costituite da funzionari ecclesiastici e laici appartenenti alle medesime famiglie. L'elezione del papa era prerogativa dell'alto clero e degli ufficiali della milizia, mentre il "popolo" sosteneva i diversi candidati, legati alle grandi famiglie e alle fazioni che supportavano diverse posizioni. L'inequivocabile potenza che il papato e Roma avevano assunto portò a una riappropriazione di alcune tradizioni dell'antica Roma (per esempio il termine consul-"console" venne utilizzato accanto ai titoli bizantini di dux-duca e di comes-conte, mentre senatus-senato indicava talvolta l'insieme delle grandi famiglie. La città visse un periodo di rinascita: sotto papa Adriano I, le domus cultae e le diaconie si moltiplicarono, si restaurarono alcuni degli antichi acquedotti di Roma e le mura e venne costruito un argine sul Tevere per proteggere dalle inondazioni il portico che conduceva alla Basilica di San Pietro da ponte Sant'Angelo. Le chiese, e in particolare i grandi santuari (i cui tetti furono risistemati con grandi travi di legno offerte dallo stesso Carlo Magno), furono sistematicamente restaurati. Dalle catacombe ormai in rovina, le reliquie dei martiri si cominciarono a trasportare nelle chiese cittadine. Sotto papa Leone III venne restaurato e ingrandito il palazzo del Laterano, che rivaleggiava per splendore con i palazzi imperiali di Costantinopoli. Il rinnovamento, voluto da papi provenienti dalle grandi famiglie romane, mirava a far rivivere le grandi tradizioni del passato romano e cristiano: se le prime chiese costruite conservavano ancora elementi di origine orientale (Santa Maria in Dominica), successivamente si affermò un modello che si rifaceva alle grandi costruzioni costantiniane, e comprendeva l'utilizzo di grandi decorazioni a mosaico (Santa Prassede, Santa Cecilia in Trastevere, Santi Quattro Coronati). La rapida disgregazione dell'impero carolingio lasciò nuovamente Roma senza difesa. Nella città si confrontavano le aspirazioni universali della Chiesa e il potere laico locale delle grandi famiglie, che si intrecciava con il preteso potere di conferire la dignità imperiale, considerato di diritto appartenente alla città per il suo glorioso passato. La debolezza della suprema carica della Chiesa, continuamente messa in gioco con combattute elezioni, davano modo alle diverse fazioni locali di combattersi fra loro e al sacro romano imperatore o ai potentati che si andavano formando in Italia centrale (Spoleto, Toscana), di intervenire esercitando la loro influenza. A queste condizioni si aggiunse nel IX secolo la minaccia degli Arabi: le scorrerie musulmane resero insicuri i territori fuori dalla cerchia delle mura e spinsero alla traslazione dei corpi dei santi martiri, fino ad allora conservati nei cimiteri extraurbani dove erano stati sepolti e dove erano sorti dei santuari, nelle chiese cittadine. L'operazione si svolse soprattutto durante il pontificato di Pasquale II (817-824). La stessa Basilica di San Pietro venne saccheggiata nell'846 e papa Leone IV fortificò di conseguenza il Vaticano con la costruzione delle cosiddette mura leonine (civitas leonina, 852). Nel X secolo il possesso della città era considerato la base del potere universale, rivendicato sia dagli imperatori del Sacro Romano Impero, sia dal Papa, sia dalle grandi famiglie o dal popolo romano nel suo complesso, che tendevano a rivendicare il diritto tradizionale dell'elezione imperiale. Una grande famiglia romana conquistò progressivamente l'effettivo potere sulla città, controllando sia le cariche laiche e amministrative cittadine, sia l'elezione dei papi. Il fondatore della dinastia fu Teofilatto, appoggiato dal duca di Spoleto Alberico, che ne aveva sposato la figlia, Marozia. Quest'ultima successe al padre e al marito, ma venne a sua volta spodestata dal figlio, Alberico, sotto il cui governo (932-954) la città poté godere di una relativa tranquillità. Il figlio di Alberico II, che portava significativamente il nome Ottaviano, divenne papa con il nome di Giovanni XII, ma dovette chiamare in aiuto gli imperatori della dinastia Ottoniana: Ottone I venne incoronato imperatore a Roma nel 962. Il figlio e successore Ottone II fu l'unico imperatore ad essere seppellito a Roma nel 983. Il figlio Ottone III venne anch'egli incoronato a Roma nel 996 da papa Gregorio V, suo cugino. La famiglia dei Crescenzi aveva ottenuto il titolo di "patrizio dei Romani" nel 965 e governò la città controllando le cariche sia laiche che ecclesiastiche e occupando la fortezza di Castel Sant'Angelo, allora nota come Castellum Crescentii. Furono spesso in contrasto con gli Ottoni: Ottone III nel 998 espugnò Castel Sant'Angelo e fece decapitare Giovanni Crescenzio, che gli si opponeva. Una ribellione popolare nel 1001 costrinse quindi alla fuga dalla città il giovane imperatore, insieme al papa Silvestro II da lui stesso fatto eleggere, e pose fine al suo tentativo di ripristinare l'antico Impero romano e un governo universale da parte del papa e dell'imperatore dalla città di Roma. Dall'anno successivo il figlio omonimo di Giovanni Crescenzio fu nominato "patrizio dei Romani" e governò la città fino alla sua morte nel 1012. In seguito il potere passò ai conti di Tuscolo, la cui famiglia aveva già rivestito il papato nel secolo precedente, i quali elessero una serie di altri papi appartenenti alla famiglia. L'ultimo di essi, papa Benedetto IX, per due volte venne scacciato e ritornò nuovamente al potere, finché il concilio di Sutri del 1046, voluto dall'imperatore Enrico III, non destituì tutti i contendenti. I papi seguenti furono in seguito scelti in accordo con l'imperatore e con la determinante influenza di Ildebrando da Soana, in seguito papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085), che intraprese un'opera di moralizzazione interna della Chiesa e ne ribadì il ruolo nella lotta per le investiture contro i Sacri Romani Imperatori (che portarono alle scomuniche di Enrico IV e all'episodio di Canossa). Questi contrasti determinarono nel 1084 il sacco della città da parte delle truppe di Roberto il Guiscardo, giunte a Roma per liberare il papa, assediato in Castel Sant'Angelo dall'imperatore. Dopo la morte di Gregorio VII, ripresero le lotte e i contrasti tra la fazione papale (in particolare la famiglia Pierleoni) e quella imperiale (i Frangipane), con ripetuti e non risolutivi interventi imperiali (Enrico V fu a Roma nel 1111 e nel 1117. Dopo una breve tregua in seguito al concordato di Worms nel 1122, le lotte ripresero, portando alle contemporanee elezioni di papi e antipapi delle diverse fazioni. I domini delle grandi famiglie occupavano zone diverse della città, dove risiedevano in dimore fortificate e dominate da torri, che costituivano con la loro altezza un segno di ricchezza e potenza. Tra queste i Conti di Tuscolo (Quirinale, dove furono quindi rimpiazzati dai Colonna) e i Crescenzi (rioni Ponte e Parione, dove in seguito ebbero sede gli Orsini), i Frangipane (Palatino e Colosseo) e i Pierleoni (rione Ripa, isola Tiberina e Trastevere), e in seguito i Conti di Segni (Viminale), i Savelli (Aventino e rione Ripa), i Caetani (Quirinale e isola Tiberina), gli Annibaldi (Colosseo ed Esquilino) e i Capocci (Viminale). A Roma, come in altre città della penisola, si avvertiva il desiderio di una maggiore autonomia e le grandi famiglie del passato erano progressivamente rimpiazzate da nuove, mentre acquisivano ricchezza e importanza i nuovi ceti che si occupavano di artigianato e commercio. La popolazione, sulla base probabilmente di una suddivisione cittadina risalente all'impero bizantino, doveva già essere organizzata in rioni, ciascuno con la propria milizia e rappresentati dai propri stendardi nelle cerimonie. Le spinte autonomistiche cittadine portarono alla renovatio Senati, ossia al rinnovamento dell'antica istituzione del Senato, ricreato dal popolo romano nel 1143, in opposizione al potere del papa, delle gerarchie ecclesiastiche e delle grandi famiglie. La nuova assemblea si componeva di 56 membri (forse 4 per ogni rione cittadino). Il nuovo organismo, cercò di ritagliarsi un ruolo nella contesa tra papato e impero, ma era privo di un effettivo potere. Arnaldo da Brescia venne a Roma nel 1145 per sostenere il libero comune. La predicazione di Arnaldo per una comunità politicamente autonoma ed antipapale lo fece colpire dalla scomunica (1148), ma godendo del favore popolare, non fu mai perseguitato. Fallita l'esperienza del libero comune, Arnaldo ed i suoi numerosi seguaci, detti arnaldisti, mirarono alla rinascita imperiale di Roma e si volsero a Federico Barbarossa per convincerlo a scendere su Roma ed instaurarvi un potere laico opposto a quello del papa. Nel 1152 il papa riconobbe il Comune, ma non poté godere a lungo della pace perché morì di lì a poco. Dopo la morte di papa Anastasio IV, divenne papa Adriano IV, unico inglese che sia mai salito al soglio pontificio. Nel 1155 Adriano IV colpì d'interdetto Roma, in seguito al mancato omaggio dei senatori ed al luttuoso evento di un cardinale assassinato, e promise di revocare la decisione solo se Arnaldo fosse stato espulso ed ucciso. Il fuggiasco venne catturato e consegnato a Federico Barbarossa, giunto a Roma per l'incoronazione. Arnaldo venne condannato dal tribunale ecclesiastico, il suo corpo arso sul rogo e le ceneri sparse nel Tevere, per impedire che i cittadini le recuperassero come reliquie. Il reale capo d'accusa non fu la predicazione contro l'abuso delle ricchezze da parte del clero, contro il quale aveva combattuto ferocemente anche il suo nemico Bernardo di Chiaravalle, bensì il rifiuto assoluto del potere temporale del Papa e della Chiesa; San Bernardo e gli altri avversari di Arnaldo consideravano tale rifiuto come «eresia». Nel 1167 i Romani furono sconfitti nella battaglia di Monteporzio da Federico Barbarossa e nel 1188 i Senatori si pacificarono con il papa Clemente III, che riconobbe una forma di autonomia comunale alla città. Nel frattempo la composizione sociale era mutata: alcune famiglie agiate erano entrate a far parte della nobiltà, mentre questa aveva progressivamente occupato parte dei seggi. Il difficile funzionamento dell'istituzione fece si che da assemblea si trasformasse in carica singola, che fu rivestita per primo, tra il 1191 e il 1193, da Benedetto Carushomo, e progressivamente divenne di nomina papale. I contrasti con la sede papale aumentarono a seguito della lotta tra il papa e Federico II, portando al saccheggio del palazzo del Laterano nel 1234. Nel 1252 fu chiamato a rivestire la carica di Senatore il forestiero Brancaleone degli Andalò. Questi attuò una politica favorevole ai ceti popolari ed ostile alla nobiltà (ad es. fece abbattere la sommità di ben 140 torri) e redasse statuti che fissavano i diritti cittadini. Brancaleone, cacciato nel 1255 e richiamato nel 1258, morì tuttavia poco dopo. Nel 1263 per volontà di papa Urbano IV, di origine francese, divenne Senatore Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia e pretendente al trono di Napoli. Impegnato nella lotta contro gli Svevi, non fu particolarmente gradito alla nobiltà romana. Il XIII secolo vide inoltre la rivalità delle famiglie Orsini e Colonna, attraverso cui si riproponeva la rivalità tra papato (appoggiato dagli Orsini) e impero (appoggiato dai Colonna). Papa Niccolò III, eletto nel 1277 e appartenente agli Orsini, spostò la sede papale dal palazzo del Laterano al palazzo del Vaticano, più facilmente difendibile, e si fece nominare lui stesso Senatore della città. Dopo la sua morte tuttavia la carica fu ripresa da Carlo d'Angiò nel 1285, provocando una rivolta che si concluse con la nomina di papa Onorio IV, della famiglia dei Savelli. L'ultimo difensore della centralità e universalità della Chiesa fu papa Bonifacio VIII, della famiglia dei Caetani, rivale dei Colonna, che subì l'umiliazione dello schiaffo di Anagni da Sciarra Colonna. Il successore di Bonifacio VIII, Clemente V non mise mai piede a Roma, iniziando la serie di pontefici che ebbero la propria residenza presso la città francese di Avignone. Fu un periodo di forte decadenza per Roma, la cui economia si basava in larga parte sulla presenza della corte papale e sui pellegrinaggi. La rivalità tra gli Orsini e i Colonna non smise di manifestarsi, in particolare in occasione dell'arrivo in città nel 1312 dell'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, detto anche Arrigo, il quale dovette aprirsi con le armi la strada verso la Basilica di San Pietro. Papa Giovanni XXII nominò quindi Senatore della città e suo vicario, il re di Napoli Roberto d'Angiò, che governò la città per mezzo di funzionari. Nel 1328 giunse a Roma l'imperatore Ludovico il Bavaro, che venne incoronato da Sciarra Colonna nonostante l'opposizione del papa, causando l'interdetto papale contro la città. Nei successivi disordini l'imperatore fu costretto ad asserragliarsi entro le mura del Vaticano. Dopo la sua partenza Roberto d'Angiò riprese la carica di Senatore, che successivamente passò di nuovo allo stesso pontefice, Benedetto XIII. Approfittando dell'assenza del papa, nel 1347 il Campidoglio, sede del Senato, venne occupato da Cola di Rienzo, un popolano che si proponeva di riportare Roma all'altezza del suo nome, ma il cui governo durò solo pochi mesi. Un suo secondo tentativo nel 1354 si concluse con la sua uccisione durante un tumulto. Il legato pontificio Bertrand de Deux provò allora a prendere possesso della città in nome della Chiesa e ad annullare i decreti del Tribuno, ma la restaurazione non andò in porto e nel 1358 la città si organizzò in un libero "comune di popolo"[9], che escludeva i magnati dalla gestione del potere e limitava l'ingresso dei ceti medi mercantili alle cariche pubbliche in una proporzione di minoranza di un "cavallerotto" ogni due popolari. Nel 1363 furono redatti i nuovi statuti, di carattere eminentemente popolare, la cui promulgazione venne fatta il 20 maggio, ovvero nella ricorrenza del discorso che Cola di Rienzo aveva tenuto ai romani sulla piazza del Campidoglio all'inizio del suo governo, giorno che veniva ricordato con festeggiamenti pubblici. Quando nel 1377 il papa Gregorio XI tornò a Roma dopo la cattività francese, trovò una città in preda all'anarchia a causa delle lotte tra la fazione nobiliare e quella popolare, e nella quale ormai il suo potere era più formale che reale. Seguirono quarant'anni di instabilità, caratterizzati a livello locale dal conflitto di potere tra Comune e papato, e a livello internazionale dal grande scisma d'Occidente tra papi romani e antipapi avignonesi, alla fine del quale fu eletto papa, di comune accordo tra le parti, Martino V della famiglia Colonna, unico papa romano del Quattrocento. Egli riuscì a ridurre all'ordine la città, ponendo le fondamenta della sua rinascita. Nel 1402 si ha notizia del primo viaggio compiuto da artisti stranieri a Roma per cercare e studiare le forme e le tecniche dell'arte romana antica, a opera dei fiorentini Filippo Brunelleschi e Donatello, che tornarono più volte per trovare ispirazione per quello che fu il Rinascimento nell'arte. Con la fine dello scisma d'Occidente Roma si apprestava a tornare la capitale unica della cristainità. Papa Martino V, dopo aver ricevuto la certezza di una città sicura abbastanza da riceverlo, si reinsediò a Roma nel 1420 e subito indisse una serie di opere pubbliche (restauri a strade, chiese a palazzi) per riportare la città all'antico fasto dopo la grave incuria del secolo precedente. Nel 1423 venne indetto un giubileo per celebrare la rinascita cittadina. Dopo la soppressione di una nuova repubblica sorta nel 1434, e di un'insurrezione capitanata da Stefano Porcari (1453), il papato riuscì infine a piegare a sé il governo di Roma. In questo periodo Roma divenne il centro mondiale del Cristianesimo e sviluppò un ruolo politico che la rese una delle città più importanti del vecchio continente. Nell'arte, sebbene Firenze divenisse allora centro dell'umanesimo e del Rinascimento, i papi si impegnarono a restituire a Roma la sua grandezza e la sua bellezza di un tempo. Vennero costruiti nuovi palazzi e si spostò il baricentro della città dal Campidoglio al Vaticano. Nacque la Biblioteca Apostolica Vaticana. Al tempo di Giulio II operò soprattutto Michelangelo Buonarroti, che dipinse la Cappella Sistina e progettò la nuova basilica di San Pietro in Vaticano, a cui già avevano lavorato alcuni dei principali architetti del Rinascimento, quali Bramante, Raffaello Sanzio e Antonio da Sangallo il Giovane. Gli immensi denari che occorrevano per costruire la nuova basilica portarono però ad incentivare l'uso e la vendita delle indulgenze, cosa che scatenò malumori e dissensi in Germania, fino ad arrivare ad una rottura aperta contro Roma e il Papato. Martin Lutero fu la guida spirituale di questo movimento di ribellione che sfociò nella Riforma. L'imperatore Carlo V cercò di sedare la rivolta, ma accortosi che il Papa, invece di appoggiarlo, tramava contro di lui, inviò a Roma i Lanzichenecchi, che deturparono gravemente l'Urbe, nel tristemente famoso sacco di Roma del 1527. Il papa Clemente VII riuscì a sfuggire alla mattanza rifugiandosi in Castel Sant'Angelo, che era l'antica tomba dell'imperatore Adriano utilizzata spesso dai papi come fortezza in cui cercare rifugio nei momenti di pericolo. Dopo di allora Roma non fu più la stessa, e ricominciò a risorgere solo molto lentamente, con la progettazione di nuovi monumenti. Nel XVI secolo intanto, papa Paolo IV destinò un'area nelle vicinanze del Portico di Ottavia a sede del famoso Ghetto. Gli Ebrei della città furono lì confinati per più di tre secoli. Nel Seicento Roma divenne la capitale mondiale del barocco, la cui architettura influenzò molto la sua area centrale. In questo periodo, si devono a Gian Lorenzo Bernini la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona e il colonnato della basilica di San Pietro; a Francesco Borromini la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza e quella di Sant'Agnese ancora a Piazza Navona, dove risiedeva la potente famiglia Pamphilj. Soprattutto la famiglia Barberini poi si dedicò a costruire nuove opere, ma così facendo ne distrusse altre già esistenti, asportando ad esempio il bronzo dalle scritte latine del Pantheon per farne un baldacchino in San Pietro. A Roma nacque così il detto Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini. I secoli tra il Cinquecento e il Settecento furono inoltre caratterizzati dalla Controriforma, voluta dalla Chiesa per rispondere alla Riforma luterana, e che trovò espressione nella costruzione della Chiesa del Gesù. Furono secoli di relativa tranquillità, durante i quali il Papato cercò di allargare la propria presenza tramite iniziative educative e assistenziali, fondando scuole, ospedali, e provvidenze per i poveri. Accorsero a Roma artisti stranieri come Van Dyck e Velazquez, e fu istituita l'Accademia dei Lincei. Nel Settecento continuarono ad affluire a Roma numerosi intellettuali dall'estero, attratti dalla sua fama e dalle sue vestigia. Tra questi vi fu Johann Wolfgang von Goethe, che nel 1786 soggiornò in via del Corso. Alla fine del XVIII e nel XIX secolo, i moti rivoluzionari che caratterizzarono l'epoca non esclusero Roma. Il governo dei Papi venne interrotto dalla breve vita della Repubblica Romana (1798) che fu costruita sul modello della Rivoluzione francese. Dopo l'occupazione napoleonica, durante la quale Roma divenne la seconda città dell'impero francese, ed il ritorno definitivo del Papa alla caduta di Napoleone I, un'altra Repubblica Romana sorse nel 1849, nel quadro delle rivoluzioni del 1848. Due delle più influenti figure dell'unificazione italiana, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi combatterono per la repubblica, la quale ebbe vita breve. Mazzini, insieme a Carlo Armellini e ad Aurelio Saffi, fu nominato triumviro della repubblica romana. In particolare il Papa si scontrò con il processo di unificazione dell'Italia che stava portando a riunire tutta la penisola sotto il controllo dei Savoia. Il ritorno del Papa Pio IX a Roma, con l'aiuto delle truppe francesi, escluse Roma dal processo di unificazione che coinvolse la seconda guerra di indipendenza italiana e la spedizione dei Mille, dopo la quale tutta la penisola italiana, eccetto Roma e Venezia, veniva riunita sotto il regno dei Savoia. Nel 1870 cominciò la guerra franco-prussiana, e l'imperatore francese Napoleone III non fu più in grado di proteggere lo Stato Pontificio. L'armata italiana, dopo un cannoneggiamento durato tre ore, entrò a Roma il 20 settembre attraverso una breccia aperta nelle mura nelle vicinanze di Porta Pia. Roma ed il Lazio furono così annessi al Regno d'Italia. Inizialmente il governo italiano aveva offerto a Pio IX di conservare per sé la Città Leonina, ma il Papa rifiutò l'offerta perché sottoscrivere avrebbe significato accettare il controllo dell'Italia sul suo dominio. Pio IX si dichiarò prigioniero nel Vaticano, anche se non gli era in realtà impedito di entrare e uscire. Ufficialmente, la capitale del regno venne spostata da Firenze a Roma solo nel 1871. Nel 1870, la città che i Savoia scelsero per capitale d'Italia era ben lontana dal possedere le qualità di una capitale europea. Storia, arte, ruderi e tradizioni popolari a volontà - ma nessuna traccia di borghesia liberale, una nobiltà bigotta e ignorante, un clero fossilizzato che viveva delle rendite dei beni ecclesiastici, un popolo abbandonato e misero (quello stesso al quale il Belli aveva eretto il monumento dei suoi Sonetti) - meno di 250mila abitanti analfabeti al 70%, malaria e briganti che spadroneggiavano subito fuori Porta San Paolo, niente industrie nel senso moderno del termine. In trent'anni, fino al 1900, la popolazione raddoppiò, insieme con la città costruita, che fu enormemente ristrutturata e in più parti anche danneggiata: il Colle Capitolino fu sventrato per far posto all'Altare della Patria, l'assetto di numerosi quartieri venne stravolto, furono progettati gli edifici ministeriali. Non si può negare che il nuovo regno d'Italia investisse su Roma, pur non senza speculare, e in questo le classi proprietarie cittadine non furono seconde a nessuno. Ma il nuovo ruolo di capitale, con il primato politico e istituzionale che ne conseguì, diede nuova spinta alla città, permettendo a Roma di entrare nella civiltà moderna e tornare a crescere socialmente, demograficamente ed economicamente. Roma fu protagonista dell'ascesa del fascismo e della sua presa del potere quando, il 28 ottobre 1922, su di essa marciarono le milizie fasciste partite da Napoli: era la marcia su Roma, in seguito alla quale Mussolini fu convocato dal Re Vittorio Emanuele III per diventare il nuovo capo del Governo. Dopo i primi anni alquanto travagliati, che videro il ritiro sull'Aventino dei parlamentari dissenzienti col fascismo, Mussolini riuscì a consolidare il potere instaurando la dittatura. 1944:Iscrizione di propaganda di guerra su una casa di Roma distrutta dai bombardamenti Alleati Tra le decisioni di rilievo prese da Mussolini ci fu la soluzione dell'annosa questione cattolica che si protraeva sin dal 1870. Nel 1929 Stato e Chiesa stipularono i Patti Lateranensi, con cui l'Italia cedeva al Papa il territorio del Vaticano: tornava così ad esistere lo stato pontificio. Per inaugurare la riconciliazione tra Stato e Chiesa, il Duce del Fascismo fece costruire la Via della Conciliazione, che tuttavia causò la parziale demolizione di un quartiere medievale. Altri interventi di rilievo sull'assetto urbanistico furono il tracciamento della Via dell'Impero (oggi via dei Fori Imperiali); poi la costruzione delle linee metropolitane; e il complesso sportivo del foro Mussolini (oggi Foro Italico). Sia nell'estetica come nella retorica, il fascismo si proponeva di rinnovare i fasti dell'antica Roma. Tali opere infatti avevano la funzione di dare gloria al fascismo e a Mussolini il quale, dopo il successo ottenuto nella guerra coloniale contro l'Etiopia, nel 1936 venne acclamato come colui che aveva riportato l'Impero sui colli fatali di Roma. Sin dal suo insediamento al potere, Mussolini aveva fatto di Palazzo Venezia, situato nel cuore di Roma e quindi idealmente nel cuore dell'Italia, la propria sede, dalla quale era solito pronunciare i suoi discorsi affacciandosi sul balcone adiacente Piazza Venezia. Fu da questo balcone che il 10 giugno 1940 annunciò l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. I primi anni del conflitto furono per Roma di relativa tranquillità; in questo periodo venne attuata la bonifica delle paludi pontine che infestavano il basso Lazio, e si poté così procedere alla costruzione di un nuovo quartiere romano, terminato nel 1942 e chiamato EUR (acronimo che significa Esposizione Universale Roma 1942). L'architettura dell'Eur, di tipo razionalistico e con denominazioni delle vie dal sapore futuristico, doveva non solo dare lustro al fascismo e alla capitale dell'Impero, ma anche avvicinare Roma al mare. Lo sbocco di Roma sul mare infatti avrebbe dovuto inaugurare dell'epoca della Terza Roma: una nuova Urbe, dopo quella degli antichi romani e quella dei papi. Ma questi progetti furono accantonati per il sopraggiungere delle sconfitte in guerra, e della caduta del fascismo. Roma venne generalmente risparmiata dai bombardamenti degli Alleati per la presenza della Chiesa cattolica sul suo suolo; ma il 19 luglio 1943 venne duramente colpito il quartiere San Lorenzo. Destò impressione l'immagine del papa Pio XII, sceso in strada per dare soccorso, con la tonaca bianca insanguinata. Dopo l'8 settembre 1943 Roma subì l'occupazione delle truppe tedesche, ma venne comunque liberata dagli Alleati il 4 giugno 1944[10], molti mesi prima rispetto alle città del nord Italia. La Roma di oggi riflette le stratificazioni delle epoche della sua lunga storia, ma è anche una grande e moderna metropoli. Il vasto centro storico contiene molti resti dell'antica Roma, poche aree hanno resti medievali, ci sono molti tesori artistici dal Rinascimento, molte chiese e palazzi barocchi, come molti esempi di Art Nouveau, Neoclassico, Modernismo, Razionalismo e altri stili artistici del XIX e XX secolo; la città si può considerare una sorta di enciclopedia vivente degli ultimi 3000 anni di arte occidentale. Il centro storico si identifica con i limiti delle antiche mura imperiali. Alcune aree vennero riorganizzate dopo l'unificazione (1880-1910, Roma Umbertina), e alcune aggiunte e adattamenti furono effettuati durante il periodo fascista, con la creazione di Via dei Fori Imperiali e Via della Conciliazione di fronte al Vaticano (per la costruzione della quale larga parte del Borgo adiacente fu distrutto); e la fondazione di nuovi quartieri (tra i quali Eur, costruito in vista dell'Esposizione Universale del 1942), San Basilio, Garbatella, Cinecittà, Trullo, Quarticciolo, e, sulla costa, la ristrutturazione di Ostia) e l'inclusione di villaggi confinanti (Labaro, Osteria del Curato, Quarto Miglio, Capannelle, Pisana, Torrevecchia, Ottavia, Casalotti). Ciò ha determinato un'estensione verso sud-est, lungo le vie Tiburtina, Prenestina, Casilina, Appia Nuova. La città ha superato il corso dell'Aniene da una parte e dall'altra si è spinta verso il mare, a nord-ovest ha inglobato Monte Mario. Queste espansioni erano necessarie ad affrontare la grande crescita della popolazione dovuta alla centralizzazione dello stato italiano. Durante la seconda guerra mondiale, Roma ha sofferto dei pesanti bombardamenti (notevolmente a San Lorenzo) e di battaglie (Porta San Paolo, La Storta, "via della Magliana") e venne considerata una "città aperta". Comunque, a Roma fu risparmiata la completa distruzione accaduta a Berlino o Varsavia. Roma cadde nelle mani degli Alleati il 4 giugno 1944 (stesso giorno dell'Eccidio de La Storta). Dopo la guerra, Roma continuò ad espandersi a causa della crescente amministrazione e industria italiana, con la creazione di nuovi quartieri e sobborghi e l'assetto urbanistico dato per merito dell'Istituto Autonomo Case Popolari (progettisti l'ing. Massimo Piacentini per lo IACP e l'arch. Gustavo Giovagnini) alla Garbatella: ultima coerente sistemazione urbanistica della città di Roma. La corrente popolazione è ufficialmente attorno ai 2,8 milioni, ma nei giorni lavorativi si stima che superi i 3,5 milioni. È una crescita notevole rispetto al passato, in quanto gli abitanti erano 138.000 nel 1825, 244.000 nel 1871, 692.000 nel 1921 e 1.600.000 nel 1961. Tutto attorno alla città si è creata una rete di quartieri periferici in continua espansione, che hanno creato una serie di problemi sociali ed economici. Roma ospitò le Olimpiadi del 1960, usando molti siti antichi come Villa Borghese e le Terme di Caracalla come sedi. Per i giochi olimpici vennero create nuove strutture, come il grande Stadio Olimpico (che in seguito fu ancora rinnovato e allargato per ospitare le qualificazioni e la finale della Coppa del Mondo di calcio del 1990 della FIFA), il Villaggio Olimpico (creato per ospitare gli atleti e trasformato dopo i giochi in un quartiere residenziale). Molti monumenti di Roma vennero ristrutturati dallo stato italiano e dal Vaticano per il Giubileo del 2000. Essendo la capitale dell'Italia, Roma ospita tutte le principali istituzioni della nazione, come la Presidenza della Repubblica, il Governo e i Ministeri, il Parlamento, le principali Corti Giudiziarie, e le delegazioni diplomatiche di tutte le nazioni per gli stati d'Italia e Città del Vaticano (curiosamente, Roma ospita, nella parte italiana del suo territorio, l'ambasciata italiana di Città del Vaticano, unico caso di un'ambasciata entro il confine del suo stesso paese). Molte istituzioni internazionali hanno sede a Roma. Istituzioni culturali, di scienza o umanitarie come ad esempio la FAO. Oggi Roma è una delle più importanti destinazioni turistiche del mondo, a causa del suo immenso patrimonio archeologico e dei tesori artistici, come per le sue tradizioni uniche, e la bellezza delle sue viste e delle ville. Tra le sue risorse più interessanti, ci sono musei in abbondanza (Musei Capitolini, Musei del Vaticano, Galleria Borghese, e molti altri), chiese, costruzioni storiche, monumenti e rovine del Foro Romano e delle Catacombe. Tra le centinaia di chiese, Roma ospita le cinque principali basiliche della Chiesa Cattolica: San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, San Lorenzo fuori le mura e San Giovanni in Laterano, sede della diocesi di Roma e centro spirituale dell'intera Chiesa Cattolica. Il vescovo di Roma è il Papa, coadiuvato da un vicario (normalmente un cardinale) per la sua attività pastorale. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.