Cenni sulle origini greche della scienza La cultura occidentale viene

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Roberto Weitnauer
20 maggio 2006
(10475 battute, 4 pagine scritte, 1 immagine)
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Cenni sulle origini greche della scienza
La cultura occidentale viene in gran parte dall’antico mondo greco, specialmente la
particolare componente razionale che ha consentito lo sviluppo della scienza. Gli
Ioni furono una popolazione mista che s’insediò sulle coste egee dell’Asia Minore e
che dovette cavarsela in condizioni locali alquanto disagevoli. Fu proprio la
reazione intelligente di questi uomini e il loro ricorso alla manipolazione della
materia nell’artigianato e ai viaggi commerciali che spinse la loro mente ad aprirsi,
superando i miti e avventurandosi nelle prime vere speculazioni scientifiche. Il
sapere ionico s’irradiò presto nell’intero Mediterraneo, producendo in qualche
secolo risultati formidabili il cui retaggio avrebbe impresso la storia del nostro
pensiero.
Nessuna persona che possegga un genuino spirito critico può affermare a tutto
tondo che una civiltà sia oggi migliore o peggiore di un’altra. Per altri versi, non si
può smentire chi sostenga che la cultura occidentale s’imponga nell’ambito di molti
settori produttivi e organizzativi. Le più rinomate università sono di stampo
occidentale e così i maggiori centri di ricerca, di pianificazione e di assistenza. Il
nostro modello di tradizioni e comportamenti non è privo di debolezze o difetti e non
dispone di garanzie interne contro il proprio declino, ma il sapere occidentale è
attualmente insuperato.
Esso è il risultato d’influenze secolari cui hanno concorso filoni tutt’altro che
occidentali, come quello arabo o quello mesopotamico, ad esempio. È sempre così: le
civiltà si alternano, qualcosa passa da una all’altra, si modifica o si perde. Sussiste
però nella nostra cultura un’impronta duratura, impressa a suo tempo dalla nascente
civiltà greca. La democrazia e la filosofia sono “invenzioni” che trovano origine in
quella parte del mondo antico. La prima concerne il modo di vedere il prossimo, la
seconda il modo di vedere l’universo; modi cui persino la religione cristiana ha
attinto ai suoi esordi, modi che finiscono per delineare la nostra stessa individualità di
cittadini dell’Occidente.
Tutte le civiltà, presenti o passate, condividono delle esigenze fondamentali: quelle
espresse dalla fisiologia del cervello umano. È affascinante considerare quante forme
di società e tavole di valori siano derivate da un medesimo assetto mentale. In mezzo
a tale variabilità il pensiero occidentale si distingue per un tratto: l’approccio
razionale. Non è scritto nei geni che dobbiamo nutrirci di sola ragione. Sussistono
componenti emotive, spirituali o creative che sono altrettanto importanti nella nostra
psicologia. Tuttavia, la selezione operata dalla storia sembra aver premiato in modo
quasi elitario il ricorso sistematico e collettivo al ragionamento, origine della scienza
che ci fa comprendere la natura e della tecnologia con cui la possiamo modificare.
Come si accennava, tutto è cominciato in quella parte di Mediterraneo che molti
studiosi definiscono “culla della civiltà”. Come e perché? Una risposta esaustiva
richiederebbe di sviscerare gli sfuggenti aspetti insiti nei destini dei popoli.
Nondimeno, alcuni fattori primari appaiono assodati. Dobbiamo risalire a circa
tremila anni fa. A quel tempo la Grecia classica non esisteva ancora, né
politicamente, né culturalmente. Al suo posto c’era un gran movimento di genti. Gli
abitanti delle terre interne e delle montagne migravano a est e attraversavano il mare,
insediandosi in una regione dell’antichità poi chiamata Ionia e che comprendeva le
coste dell’Asia Minore (Turchia) e le vicine isole.
Queste località dell’Egeo sono oggi mete turistiche. All’epoca i loro suoli aridi
avevano però ben poche risorse da offrire ai nuovi arrivati che potevano contare solo
su olive e vino, non certo sull’opportunità di far fruttare i bei tramonti locali. Essendo
zona di passaggio, la Ionia era il crocevia degli influssi delle civiltà mesopotamiche,
dell’Egitto, dell’Africa e dell’Europa. Con l’arrivo dei coloni vi si formò un insolito
intreccio di lingue, di tradizioni e di religioni. La necessità di munirsi di spirito di
adattamento e d’iniziativa, unita a condizioni di vita uniformemente ardue, è una
delle ragioni per cui le diversità culturali non furono in Ionia motivo di scontro, bensì
di confronto nel tentativo di migliorare l’esistenza in loco. Ricchi e poveri sono
sempre esistiti, ma allora si può dire che fossero tutti ugualmente poveri; non
sussisteva insomma tra i coloni un’etnia che fosse realmente dominante; e questa è la
condizione migliore per far fruttare le diversità culturali.
Nella regione c’era il retaggio del Mito greco. L’universo era nato da un grande
disordine originario; il Caos si era poi accoppiato con la Notte e ne erano nati altri dèi
e gli stessi uomini. Era dunque il Caos il germe del mondo. Tutto ciò riflette l’idea di
una natura perennemente soggetta all’umore di divinità irascibili, una credenza che si
sarebbe perpetrata per secoli nel mondo greco. Tuttavia, i capricci del Mito e gli dèi
ibridi, un po’ babilonesi, un po’ greci, un po’ egizi, mal si conciliavano con i bisogni
concreti della dura vita coloniale.
Così, invece di credere che gli eventi dipendessero da volontà bizzarre, gli Ioni
congetturarono che la natura celasse dei segreti che forse si potevano scoprire e
sfruttare con metodo. In effetti, attorno al VI secolo a.C. prese consistenza la nozione
di “cosmo”, in antitesi a quello di “caos”. Questo si deve in modo particolare ai
Pitagorici, ma l’idea di un universo ordinato, retto da poche leggi fondamentali alla
portata dell’intelletto umano si diffuse in fretta tra tutti gli studiosi della prima
antichità greca. L’enorme salto concettuale dagli umori divini imperscrutabili alle
leggi cosmiche intellegibili segnò l’esordio della filosofia naturale, madre della fisica
e della scienza in generale (in greco ‘physis’ significava proprio ‘natura’).
Fautori di questo pensiero furono soprattutto gli artigiani, coloro che, non potendo
contare sul suolo, si erano rivolti alla creatività delle mani. A loro interessavano le
relazioni fisiche, dato che le sfruttavano per i loro manufatti. D’altronde, la
realizzazione di questi ultimi implicava la speculazione e quindi la ricerca di nuove
relazioni fisiche. Il cerchio si chiudeva; era il “loop” virtuoso tecnica-conoscenzatecnica, lo stesso di oggi.
Poiché le isole non offrivano un sufficiente mercato e poiché verso l’interno del
continente c’erano catene montuose e vicini ostili, agli Ioni non restava che rivolgersi
al mare per vendere i loro prodotti. Fu così che navigarono in lungo e in largo,
scambiando con gente lontana non solo merci, ma anche idee. Il commercio e la
navigazione conferirono una mentalità dinamica ai coloni. Laddove altre civiltà
cercavano la fissità sociale e delle competenze, gli Ioni erano protesi al rinnovamento
continuo. Un atteggiamento che sarebbe ricaduto positivamente su tutto il mondo
greco e che ben conosciamo.
Ad esempio, mentre l’astronomia serviva ai babilonesi per fare predizioni
sacerdotali in un quadro di conoscenze statico, gli Ioni la usavano per navigare e
quindi commerciare e conoscere. In particolare, il riferimento all’Orsa Minore
nell’orientamento in mare sembra essere opera di Talete. Guarda caso, questi era un
mercante di sale e un instancabile viaggiatore. Ma Talete era soprattutto un fine
pensatore; nella nostra tradizione è considerato il primo filosofo naturale. Egli era di
Mileto, una splendida città ionica, poi distrutta, che avrebbe dato i natali anche ad
Anassimandro ed Anassimene, nomi altisonanti che ci ricordano gli anni liceali.
Coloni, artigiani, mercanti, marinai, così erano gli Ioni, gente concreta che avrebbe
poi prodotto dimostrazioni matematiche, ipotesi sugli atomi, sugli astri,
sull’evoluzione, sulle malattie. Questo antico popolo dell’entroterra che si affacciò
sul Mediterraneo unì mirabilmente teoria e pratica e avviò una storia millenaria e
gloriosa; la nostra storia. Ma, come sappiamo, non fu tutto rose e fiori.
Alcuni dei primi filosofi naturali praticavano esperimenti. È questo il caso ad
esempio di Empedocle, di Anassagora, di Democrito o, più tardi, di Archimede (che
fu un grande matematico, oltre che un eccellente fisico). La scienza si nutre di
esperimenti e, in particolare, di sperimentazioni ripetibili, utili per scoprire le
regolarità della natura. Purtroppo, la storia del pensiero avrebbe segnato lunghi secoli
bui nei quali gli aspetti esperibili poco o nulla avrebbero contato, mentre invece
sarebbero prevalsi alcuni aspetti dogmatici desunti dai dotti medievali dalla filosofia
di Platone e, soprattutto, di Aristotele; due filosofi di calibro massimo, ma che ormai
non si sporcavano più le mani con la materia, giudicata in qualche modo corruttibile e
ingannevole.
Si dovette aspettare l’opera di Galileo per riscoprire il valore speculativo
dell’osservazione e della manipolazione. Cartesio e Newton diedero un ulteriore
impulso al ritorno di una genuina razionalità fisica, inaugurando l’avvento della
scienza moderna; e non è un caso che Newton, ad esempio, fosse un grande
ammiratore degli antichi filosofi naturali della Ionia. Con la scienza moderna l’uomo
ha perso la sua posizione centrale nell’universo, ma è diventato enormemente più
obiettivo e consapevole.
Oggi abbiamo conoscenze astronomiche che sono un retaggio degli approcci di
Aristarco che fu il primo a formulare la teoria eliocentrica (escludendo un precedente
abbozzo da parte di un pitagorico, Filolao di Tebe). Facciamo calcoli previsionali che
si basano sulla geometria sistemizzata da Euclide di Alessandria. Tracciamo mappe
sulla base del lavoro pionieristico di Eratostene che valutò la circonferenza terrestre
con uno scarto di pochi punti percentuali. Ci muoviamo tra gli ordini di grandezza
senza confonderci grazie ad Archimede. Possiamo trattare l’infinito in matematica
senza incappare nelle sue incongruenze, in virtù dei metodi di Eudosso. Abbiamo
indagato nelle vastità sideree, stimando le dimensioni del cosmo in circa 15-20
miliardi di anni-luce, ma conosciamo anche alcuni segreti della struttura intima della
materia. Abbiamo scoperto l’atomo inscindibile di Democrito che non è l’atomo vero
e proprio, ma il cosiddetto “quanto”, la porzione ultima e irriducibile di energia che
forma il nostro universo. Molto di quello che sappiamo lo dobbiamo al pensiero
greco e molto di questo pensiero viene dalla mentalità degli Ioni, semplici mercanti,
naviganti e artigiani.
Al cospetto dei ritmi conoscitivi accelerati cui siamo oggi sottoposti riusciremo a
mantenere i piedi per terra oppure ci faremo cogliere da nuove ondate d’irrazionalità?
Oggi la tecnologia imperversa; ma la tecnologia non è scienza, sebbene, come
abbiamo visto, sia ad essa legata a doppio filo. La tecnologia è applicazione e tende
quasi ad assumere una propria autonomia, condizionando anche i costumi sociali e il
modo di pensare. Utilizziamo apparecchi e dispositivi all’avanguardia di ogni genere,
ma non abbiamo idea della loro storia, né di come funzionino. Il mondo artificiale
che ci circonda è sempre più veloce, complesso e oscuro, mentre nuovi miti avanzano
dall’orizzonte verso il nostro confuso chiacchiericcio che forse produciamo come
reazione alle moderne paure del futuro.
Roberto Weitnauer
(segue immagine)
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La zona del Mediterraneo orientale con le città d’origine di alcuni dei maggiori pensatori greci
dell’antichità. La Ionia è sita grosso modo in corrispondenza della notevole concentrazione di
pallini rossi riportati sulle coste occidentali dell’odierna Turchia.
Immagine tratta da: http://www.fvalk.com/images/Earth_hrpt/Winter/2002-10-26-0849-n17ME.jpg
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