diritto sindacale

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LEZIONE
“DIRITTO SINDACALE”
PROF. CORTIGIANO
Università Telematica Pegaso
Diritto Sindacale
Indice
1
Introduzione ------------------------------------------------------------------------------------------------ 4
2
Nozione ed origine del diritto sindacale --------------------------------------------------------------- 5
2.1 La nozione di diritto sindacale ------------------------------------------------------------------------- 5
2.2 L'origine del sindacato ---------------------------------------------------------------------------------- 5
2.3 L'azione sindacale nel periodo pre-corporativo ------------------------------------------------------ 6
2.4 Il sindacato dell'ordinamento corporativo ------------------------------------------------------------ 7
2.5 Il sindacato nella Costituzione repubblicana --------------------------------------------------------- 8
2.6 Il sindacalismo dei dipendenti pubblici --------------------------------------------------------------- 9
3
L'organizzazione del lavoro privato ----------------------------------------------------------------- 10
3.1 La libertà sindacale ------------------------------------------------------------------------------------ 10
3.2 La mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione--------------------------------------------- 10
3.3 Interesse collettivo dei lavoratori e interesse del datore di lavoro ------------------------------ 11
3.4 L'organizzazione sindacale --------------------------------------------------------------------------- 12
3.5 L'organizzazione sindacale di tipo associativo----------------------------------------------------- 12
3.6 L'organizzazione sindacale di tipo istituzionale: le rappresentanze sindacali aziendali ----- 13
3.7 L'attività sindacale nei luoghi di lavoro ------------------------------------------------------------- 15
3.8 Le garanzie dell'azione sindacale -------------------------------------------------------------------- 16
3.9 La partecipazione del sindacato alla funzione pubblica ------------------------------------------ 16
4
3.10
La concertazione ------------------------------------------------------------------------------------ 17
3.11
Rappresentanza e rappresentatività del sindacato ---------------------------------------------- 18
L'organizzazione sindacale del pubblico impiego------------------------------------------------- 19
4.1 La libertà sindacale nel pubblico impiego ---------------------------------------------------------- 19
4.2 L'organizzazione sindacale di tipo associativo e di tipo istituzionale -------------------------- 19
4.3 L'organizzazione sindacale delle pubbliche amministrazioni------------------------------------ 20
4.4 La rappresentatività dei sindacati dei pubblici dipendenti --------------------------------------- 20
5
La contrattazione collettiva del lavoro privato ---------------------------------------------------- 21
5.1 Il contratto collettivo post-corporativo detto di diritto comune --------------------------------- 21
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5.2 Le caratteristiche del contratto collettivo ----------------------------------------------------------- 21
5.3 Parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo ------------------------------------ 22
5.4 I diversi livelli della contrattazione collettiva ------------------------------------------------------ 23
5.5 L'interpretazione del contratto collettivo ----------------------------------------------------------- 23
5.6 Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello -------------------------------------------------- 24
5.7 Criteri di individuazione dei contratti di miglior favore ------------------------------------------ 25
6
La contrattazione collettiva del pubblico impiego ------------------------------------------------ 26
6.1 La contrattazione collettiva per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni --------------- 26
6.2 Efficacia e inderogabilità della contrattazione collettiva del pubblico impiego -------------- 26
6.3 I livelli di contrattazione collettiva del pubblico impiego ---------------------------------------- 27
6.4 La procedura per la stipulazione dei contratti collettivi del pubblico impiego ---------------- 27
6.5 La formazione del consenso per la contrattazione collettiva del pubblico impiego ---------- 28
6.6 La specialità della contrattazione collettiva dei pubblici dipendenti --------------------------- 28
6.7 Le procedure per l'interpretazione dei contratti collettivi e per la soluzione delle questioni
relative alla loro validità ed efficacia ---------------------------------------------------------------------- 29
6.8 Le rappresentanze sindacali unitarie ---------------------------------------------------------------- 29
7
Lo sciopero ------------------------------------------------------------------------------------------------ 31
7.1 Libertà e diritto di sciopero --------------------------------------------------------------------------- 31
7.2 La proclamazione dello sciopero -------------------------------------------------------------------- 31
7.3 La struttura del diritto di sciopero ------------------------------------------------------------------- 32
7.4 Titolarità del diritto di sciopero ---------------------------------------------------------------------- 32
7.5 Sciopero a fini contrattuali, sciopero politico, sciopero di solidarietà -------------------------- 33
7.6 I limiti di esercizio del diritto di sciopero ---------------------------------------------------------- 34
7.7 Forme di lotta sindacale diverse dallo sciopero---------------------------------------------------- 35
7.8 Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali --------------------------------------------------------- 35
7.9 La serrata ------------------------------------------------------------------------------------------------ 37
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1 Introduzione
Il rapporto tra infermiere legale/forense ed il sindacalismo, in particolar modo quello
autonomo, è particolare ed estremamente interessante. Le maggiori possibilità offerte
dall'aumentata comprensione dei testi legislativi da una parte e la capacità di sapersi relazionare con
l'autorità, sia essa amministrativa, disciplinare o giudiziale dall'altra, rendono questa figura
estremamente utile al sindacato stesso quando si trovi ad affrontare tematiche legate al mondo degli
infermieri. Esclusivo quando quando si tratti di sindacalismo autonomo o di categoria.
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2 Nozione ed origine del diritto sindacale
2.1 La nozione di diritto sindacale
Per diritto sindacale, branca particolare del diritto del lavoro, si intende l'insieme di Leggi,
regolamenti e direttive che regolano l'attività e l'organizzazione dei sindacati e cioè di quelle
associazioni volontarie dei lavoratori e dei datori di lavoro che si caratterizzano, rispetto a tutte le
altre associazioni (anche costituite dagli stessi soggetti), in quanto la loro attività consiste nella
stipulazione del contratto collettivo e, per il sindacato dei lavoratori, anche nella proclamazione
dello sciopero, nell'assistenza legale/amministrativa/disciplinare degli iscritti e di altre forme di
lotta sindacale.
L'attività sindacale ha quindi superato i tradizionali confini della gestione dei rapporti
individuali di lavoro.
Il diritto sindacale è stato definito un " diritto senza nome" in quanto manca una disciplina
legislativa, non avendo il legislatore ordinario data ancora attuazione ai principi espressi dagli artt.
39 e 40 della Costituzione sulla rappresentanza e funzioni del sindacalismo.
Il fenomeno sindacale nacque e si sviluppò tra gli operai dell'industria e dell'agricoltura.
Più recente è il sindacalismo degli impiegati.
Ancor più recente è il sindacalismo dei dipendenti dello stato delle pubbliche
amministrazioni.
2.2 L'origine del sindacato
Alla fine del XIX secolo le profonde trasformazioni economiche e sociali determinate dalla
rivoluzione industriale sollevarono l'esigenza di una disciplina specifica del contratto e del rapporto
di lavoro, per i quali fino ad allora si era demandato al rapporto diretto tra datore di lavoro e
dipendente.
La legislazione ottocentesca nemmeno prevedeva una disciplina propria del contratto di
lavoro.
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Anche la prima legislazione speciale della materia tendeva più a realizzare l'interesse
pubblico che a tutelare l'interesse dei lavoratori, limitandosi a porre limiti in tema di occupazione
delle donne e fanciulli e di orario di lavoro.
I lavoratori ben presto si resero conto che la debolezza economica e sociale che
caratterizzava la posizione di uno di loro nei confronti del proprio datore di lavoro poteva essere
superata esclusivamente con una azione collettiva.
Nacque così il sindacato che è una volontaria e libera associazione dei lavoratori alla quale è
affidata alla tutela degli interessi collettivi di questi.
L'associazionismo operaio fu osteggiato a lungo dallo Stato sia per la sua connessione con
movimenti politici ritenuti eversivi dell'ordine pubblico, sia per l'idea che l'azione coalizzata dei
lavoratori potesse impedire l'equilibrio del mercato.
2.3 L'azione sindacale nel periodo pre-corporativo
Il sindacalismo italiano, al pari di altri Paesi europei, impose il suo riconoscimento alla
controparte mediante lo sciopero, che è il tipico mezzo di lotta sindacale.
Lo sciopero era considerato un delitto e i lavoratori che vi aderivano erano perseguiti
penalmente. Quando il movimento sindacale si diffuse maggiormente, lo sciopero venne, se non
autorizzato, almeno tollerato e ne fu esclusa la rilevanza penale.
Tuttavia, l'astensione dal lavoro continuava ad essere considerata un inadempimento
dell'obbligazione di lavorare e repressa con vari forme di intimidazione e di rappresaglie.
L'azione sindacale, se pure realizzava momenti di lotta, tendeva a concentrarsi sulla
stipulazione del contratto collettivo con il quale venivano soltanto determinate le retribuzioni
minime che il datore di lavoro si obbligava ad erogare ai suoi dipendenti (contratto di tariffa).
Il contratto collettivo non solo era uno strumento nuovo, ma soprattutto era uno strumento
forgiato dalla stessa realtà sociale, in quanto non era previsto ne regolato dalla Legge.
Restò impossibile però estendere l'efficacia del contratto collettivo al di là dei singoli
lavoratori iscritti al sindacato stipulante; il contratto collettivo era valido e produceva effetti
giuridici o salariali soltanto nei riguardi dei lavoratori che aderivano ai sindacati firmatari, secondo
la regola generale per cui il contratto ha effetto soltanto per i soggetti che ne sono parte.
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Al contratto collettivo, in assenza di una Legge che ne prevedesse effetti adeguati alla sua
funzione, non poteva essere attribuita che un'efficacia obbligatoria.
La tutele realizzate con questo tipo di contrattazione non possono però essere considerate
efficaci, in quanto non applicabili a tutti rapporti di lavoro e quindi passibili di deroghe.
Tanti problemi trovarono soluzione nella giurisprudenza dei collegi probivirali che,
nell'esercizio delle loro funzioni di equità, senza però assegnare rilevanza alla contrattazione
collettiva, assurgevano a punto di riferimento per la decisione dei singoli casi concreti.
2.4 Il sindacato dell'ordinamento corporativo
All'avvento del fascismo, il movimento sindacale costituì un momento di resistenza al nuovo
regime.
Il fascismo utilizzò quindi un proprio sindacato come strumento per realizzare la sua politica
di ordine pubblico e lo inserì nell'organizzazione stessa dello Stato.
L'organizzazione sindacale corporativa aveva come presupposto il concetto di categoria
professionale; questa era configurata come l'insieme di tutti i soggetti (datori e prestatori di lavoro)
che operano nello stesso settore della produzione.
Le categorie professionali erano individuate e definite per Legge.
Tutti i soggetti che appartenevano alla stessa categoria professionale erano considerati
titolari dello stesso interesse collettivo professionale.
Per ogni categoria professionale era ammesso il riconoscimento giuridico di una sola
associazione sindacale per i datori di lavoro, e di una sola associazione sindacale per i lavoratori.
Il contratto collettivo stipulato dei sindacati corporativi era efficace nei confronti di tutti gli
appartenenti alla categoria professionale, proprio perché i sindacati agivano come rappresentanti
legali di chiunque facesse parte di quest'ultima.
Il contratto collettivo corporativo, in quanto destinato a perseguire interessi pubblici, era
annoverato tra le fonti di diritto ed era inderogabile se non a favore dei lavoratori (art.2077 cc).
Lo Stato però si riservava il potere di revocare i dirigenti sindacali ed esercitava poteri di
vigilanza sull'attività delle associazioni sindacali corporative, impedendo di fatto il libero
svolgimento dell'attività sindacale e la funzionalità e specificità del sindacato corporativo.
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Il sindacato dei datori di lavoro e quello contrapposto dei lavoratori costituivano la
"corporazione", organo chiamato a realizzare l'organizzazione unitaria delle forze di produzione e a
designare, insieme con il Consiglio Nazionale del Partito Fascista, i membri della Camera dei fasci
e delle corporazioni, che sostituì la camera dei deputati.
Il sistema corporativo prevedeva una magistratura del lavoro in sede collettiva; la
magistratura decideva le controversie giuridiche e cioè le controversie in materia di interpretazione
e di applicazione della Legge e dei contratti collettivi corporativi.
Rimasero penalmente perseguibili sia lo sciopero dei lavoratori che la serrata dei datori di
lavoro.
2.5 Il sindacato nella Costituzione repubblicana
Caduto il regime fascista vennero soppresse le corporazioni e i sindacati corporativi.
Vennero costituiti nuovi sindacati, libera espressione degli interessi dei lavoratori.
Si tornò anche ad esercitare lo sciopero; i sindacati si trovarono ad operare in una situazione
analoga a quella che aveva caratterizzato il periodo precorporativo.
La Costituzione Repubblicana, entrata in vigore il 1 ° gennaio 1948, contiene due
disposizioni specificatamente relative alla materia sindacale:
a) l'art. 39: stabilisce il principio fondamentale per cui l'organizzazione sindacale è libera.
Tale principio segna il ripudio della interferenza dello Stato nelle organizzazioni sindacali e traccia
le linee di un nuovo sistema che avrebbe dovuto prevedere la registrazione di una pluralità di
sindacati per ogni categoria professionale e la possibilità per essi di stipulare contratti collettivi
efficaci per tutti gli appartenenti alla categoria.
b) l'art. 40: stabilisce l'altro regime fondamentale del diritto sindacale repubblicano per cui il
diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle Leggi che lo regolano.
Solo l'art. 40 ha trovato, anche se non pienamente, attuazione ad opera del legislatore
ordinario.
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2.6 Il sindacalismo dei dipendenti pubblici
Nell'immediato dopoguerra i dipendenti degli enti pubblici cominciarono ad organizzarsi
sindacalmente anche se l'attività sindacale a favore dei pubblici dipendenti venne a lungo realizzata
soltanto attraverso l'esercizio di forme di pressione destinate ad influire sul potere politico al quale
esclusivamente competeva di dettare la disciplina di quei rapporti.
I limiti vennero ben presto superati per l'azione sindacale dei dipendenti degli enti pubblici
non economici.
Per i dipendenti dello Stato, la legge n. 93 del 1983 introdusse la contrattazione collettiva del
lavoro pubblico, individuando materie che continuavano ad essere riservate alla Legge e regolate da
una speciale contrattazione collettiva. I sindacati furono abilitati a stipulare contratti collettivi.
Il contratto collettivo che regola il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni è della stessa natura ed ha la stessa funzione del contratto collettivo stipulato per i
lavoratori privati. Si realizza un assetto di opposti interessi determinato anche dal gioco delle forze
e dalla capacità di lotta delle organizzazioni sindacali.
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3 L'organizzazione del lavoro privato
3.1
La libertà sindacale
Il principio che costituisce la struttura portante dell'intero diritto sindacale italiano è quello
della libertà dell'organizzazione sindacale.
È espresso nel primo comma dell'art. 39 della Costituzione che l'organizzazione sindacale è
portatrice esclusivamente di interessi privati, sia pure collettivi, e non di interessi pubblici.
La libertà dell'organizzazione sindacale significa la libertà dei singoli lavoratori e datori di
lavoro di costituire organizzazioni sindacali all'interno di una medesima categoria professionale, o
meglio di uno stesso settore della produzione e la libertà di definire e di modificare l'ambito di
applicazione del contratto collettivo.
La libertà di organizzazione sindacale deve essere intesa sia come libertà dei singoli di
scegliere l'organizzazione sindacale alla quale aderire sia come libertà di non aderire ad alcuna
associazione.
Sono esclusi da queste libertà i militari e gli appartenenti alle Forze dell'Ordine, i quali: "non
possono esercitare il diritto di sciopero, costituire associazioni professionali a carattere sindacale o
aderire ad altre associazioni sindacali".
I sindacati di Polizia svolgono essenzialmente quindi attività di propaganda/pressione
legislativa e di assistenza legale/amministrativa/disciplinare ai propri iscritti.
La Legge tutela la libertà sindacale garantendo a tutti lavoratori, il "diritto di costituire
associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale"; riconoscendo il diritto dei
lavoratori di costituire rappresentanze sindacali aziendali in ogni attività produttiva e vietando gli
atti discriminatori per ragioni sindacali.
3.2
La mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione
La mancata attuazione del sistema previsto dal secondo, terzo e quarto comma dell'art. 39
Cost. è dipesa da ragioni politiche e dal fatto che quel sistema riproponeva modelli e concezioni che
avevano caratterizzato l'ordinamento corporativo.
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Il sistema delineato dall'art. 39 Cost. prevedeva che solo i sindacati registrati, rappresentati
unitariamente in proporzione ai loro iscritti, avrebbero potuto stipulare contratti collettivi con piena
efficacia.
Ove si fosse verificato un dissenso tra sindacati registrati rispetto al contratto collettivo da
stipulare, due erano le possibili soluzioni:
a) o si adottava il metodo della maggioranza--> in questo caso si ritenne che sarebbe stata
attentata la libertà del sindacato registrato dissenziente, ancorché minoritario;
b) o si adottava il metodo dell'unanimità--> in questo caso si sarebbe reso impossibile la
stipulazione del contratto collettivo.
La mancata attuazione dell'art. 39 Cost. ha consentito, all'azione e alle organizzazioni
sindacali, di esplicarsi secondo modelli molto diversi da quelli in realtà previsti. I sindacati,
nell'ordinamento odierno, non sono associazioni riconosciute, non hanno quindi personalità
giuridica e neanche una validazione particolare da parte dello Stato (le associazioni riconosciute
sottostanno ad un particolare iter di registrazione, che passa anche dal Presidente della Repubblica e
che le sottopone anche al controllo del Prefetto durante lo svolgimento della loro attività). Averle
fatte rimanere associazioni non riconosciute, come la maggioranza delle libere associazioni, è stata
una scelta precisa per impedire qualsiasi tipo di controllo da parte dello Stato.
3.3
Interesse collettivo dei lavoratori e interesse del datore di lavoro
L'interesse collettivo che assume rilevanza nell'azione dell'organizzazione sindacale è
l'interesse riferibile al gruppo di lavoratori ma anche quello riferibile al gruppo dei datori di lavoro.
Nell'ordinamento corporativo, durante il periodo fascista, il sindacato dei prestatori di lavoro
e quello dei datori di lavoro erano stati collocati sullo stesso piano poiché ad entrambi era affidato il
monopolio del potere contrattuale collettivo e perché i sindacati corporativi erano portatori più
dell'interesse pubblico alla produzione nazionale che di quello proprio delle rispettive categorie
rappresentate.
Attualmente l'organizzazione sindacale dei datori di lavoro e quella dei lavoratori sono poste
sullo stesso piano soltanto per determinate e limitate esigenze.
Un'equivalenza esiste per quanto concerne la garanzia di libertà, libertà che la Costituzione
riconosce per tutti i sindacati, senza alcuna distinzione.
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Per i datori di lavoro assume determinante e costante interesse quello che sinteticamente può
essere descritto come interesse al profitto e che corrisponde all'esercizio di quella libertà economica
privata riconosciuta dall'art. 41 Cost. Questo interesse può essere qualificato come interesse comune
solo e soltanto per gli appartenenti al gruppo.
Per i lavoratori, invece, l'interesse che assume rilevanza sul piano giuridico e la cui tutela è
affidata all'organizzazione sindacale, riguarda sia le condizioni stesse in cui la persona è chiamata a
svolgere attività di lavoro subordinato, sia il trattamento economico idoneo a realizzare quelle
esigenze di libertà di dignità umana, garantite, con un significato sicuramente più ampio di quello
letterale, dall'art. 36 cost e dall'art. 3, 2 comma, Cost.
3.4
L'organizzazione sindacale
L'organizzazione sindacale tradizionale è di tipo associativo.
Il sindacato nasce come associazione volontaria di lavoratori o di datori di lavoro che ad
essa aderiscono per ottenere la migliore realizzazione possibile dei rispettivi interessi collettivi e
professionali.
Il sindacato di tipo associativo è considerato una associazione non riconosciuta dotata di
soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale ma non di personalità giuridica.
Il sindacato, nel porre in essere la sua azione, esercita poteri che gli sono stati conferiti dai
singoli iscritti all'atto stesso di divenirne soci.
L'iscrizione dei singoli al sindacato comporterebbe il conferimento del mandato sindacale,
ovvero dell'esercizio della rappresentatività dei lavoratori nella stipula del contratto collettivo.
Nella realtà dei fatti, e quindi ancora esulando dalle disposizioni costituzionali, i sindacati,
nella stipula del contatto collettivo e delle norme sindacali rappresentano tutti i lavoratori, sia che
abbiano delegato sindacati di opposizione, sia che, per libera scelta, non abbiano delegato nessun
sindacato.
3.5
L'organizzazione sindacale di tipo associativo
Questo tipo di organizzazione sindacale si caratterizza per la volontaria iscrizione dei soci,
siano essi lavoratori o datori di lavoro.
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L'azione sindacale non solo deve consentire l'esercizio dei diritti di libertà nel suo interno,
ma deve anche garantire il rispetto dei principi democratici.
Quello che conta è che, in ogni caso, sia rispettato il metodo democratico e cioè venga
almeno garantito l'eventuale rinnovo della struttura, anche di vertice.
La struttura dell'azione sindacale di tipo associativo è rimasta legata a modelli che
caratterizzavano i sindacati durante l'ordinamento pre-corporativo: l'elemento strutturale tipico
dell'organizzazione sindacale è ancora costituito dal sindacato nazionale per categoria merceologica
o per settore della produzione.
La diversità, rispetto a quanto accadeva nell'ordinamento corporativo, è che le categorie
professionali non sono predeterminate dalla Legge o dall'autorità amministrativa. Esse vengono
liberamente determinate dagli stessi sindacati.
All'interno della categoria, opera una pluralità di organizzazioni sindacali che rappresentano
i lavoratori a livello nazionale.
Ciascun sindacato nazionale costituisce una federazione di unità e di base che rappresentano
i lavoratori ai livelli territoriali ed aziendale.
In mancanza di una disciplina legislativa, l'organizzazione dei rapporti tra le diverse unità di
base è strutturata, almeno di regola, secondo un modello verticale e uno orizzontale:
- quello verticale prevede che le unità sindacali di base, rappresentative degli interessi di
categoria a livello aziendale, provinciale, regionale, confluiscano a livello nazionale nella
federazione.
- quello orizzontale prevede la costituzione di strutture territoriali rappresentative degli
interessi di lavoratori appartenenti a diverse categorie che sono espressione della più ampia
solidarietà, a livello locale, tra tutti i lavoratori.
3.6
L'organizzazione sindacale di tipo istituzionale: le rappresentanze sindacali aziendali
Una struttura istituzionale dell'organizzazione sindacale a livello aziendale è stata prevista
dalla legge 20 maggio 1970, n. 300 che consente ai lavoratori di costituire rappresentanze sindacali
in ogni unità produttiva sempre che abbia almeno 15 dipendenti.
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È stata soddisfatta, per Legge, l'aspirazione del sindacato ad essere presente in azienda,
mentre l'iniziativa di lavoratori volta a costituire rappresentanze sindacali è garantita in modo
rigoroso e con una procedura giuridica di particolare efficacia.
La Legge non dice nulla sulla struttura delle rappresentanze sindacali aziendali, e quindi
spetta agli stessi lavoratori che prendono l'iniziativa per la loro costituzione stabilire se debbano
avere o no struttura associativa.
La Legge, pur prevedendo espressamente i dirigenti, nulla dice nemmeno sui criteri in base
quali essi debbano essere designati o eletti e da chi, lasciando all'organizzazione sindacale stessa la
responsabilità e la libertà di deciderlo autonomamente.
Quando le rappresentanze sindacali furono inizialmente previste, la Legge richiedeva che la
costituzione avvenisse su iniziativa di una pluralità di lavoratori e che avvenisse nell'ambito di
associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ovvero
di associazioni sindacali che fossero firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di
lavoro applicati nell'unità produttiva.
La ratio selettiva era la base dell'art. 19 della legge n. 300 del 1970 che ha portato alla
proposizione di due referendum popolari che hanno introdotto la possibilità, anche per i sindacati
non firmatari di contratto nazionale, di partecipare alla contrattazione decentrata, quella specifica di
ogni ambito aziendale e di svolgere attività di rappresentanza nell'azienda stessa di costituzione
dell'associazione sindacale.
E' per questo che in ogni azienda possono essere costituite più rappresentanze sindacali
aziendali.
La rappresentanza unitaria è composta per due terzi da membri eletti da operai, impiegati e
quadri non in prova e per un terzo dai rappresentanti sindacali appartenenti ai sindacati firmatari
del contratto collettivo nazionale applicato nell'unità produttiva.
Più di recente la Legge ha previsto un ulteriore struttura istituzionale alla quale è affidato il
perseguimento degli interessi collettivi dei lavoratori: il rappresentante per la sicurezza che è eletto
o designato dai lavoratori di ciascuna azienda o unità produttiva. Le sue funzioni sono quelle di
concorrere all'attuazione di misure di sicurezza e di prevenzione, controllandone e promuovendone
l'applicazione.
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3.7
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L'attività sindacale nei luoghi di lavoro
L'attività sindacale all'interno dell'impresa è svolta dalle rappresentanze sindacali aziendali o
da quelle unitarie.
La legge prevede che spetti alle rappresentanze sindacali aziendali valutare casi e modi nei
quali sia consentito al datore di lavoro di far prevalere le esigenze organizzative e produttive,
ovvero le esigenze di salvaguardia del patrimonio aziendale e della sicurezza del lavoro.
Le rappresentanze sindacali aziendali sono legittimate ad indire assemblee nei luoghi di
lavoro.
Le assemblee possono essere convocate sia fuori che durante l'orario di lavoro.
A queste hanno diritto di partecipare tutti i lavoratori dell'unità produttiva.
Le assemblee, salvo casi specifici, non hanno poteri deliberativi per quanto concerne
l'azione sindacale vera e propria, ma si limitano ad esprimere una generica valutazione di politica
sindacale.
Alle assemblee aziendali non può essere riconosciuto potere contrattuale ne competenza per
una negoziazione.
La Legge abilita tutte le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale
unitaria ad indire referendum su materie inerenti l'attività sindacale, con diritto di partecipazione di
tutti i lavoratori dell'azienda.
Per consentire alle rappresentanze sindacali aziendali lo svolgimento della loro attività, la
Legge riconosce loro il diritto di affiggere pubblicazioni, testi e comunicati inerenti materie di
interesse sindacale e del lavoro all'interno dell'azienda, tale diritto è riconosciuto anche a tutte le
altre organizzazioni sindacali.
Le rappresentanze sindacali aziendali, così come quelle unitarie, hanno diritto a disporre
permanentemente di un idoneo locale e di usufruire di un luogo dove effettuare le riunioni sindacali.
Per svolgere l'attività sindacale, i dirigenti hanno diritto di fruire di permessi retribuiti e non
retribuiti.
I primi sono concessi per lo svolgimento del mandato sindacale e la loro fruizione deve
essere comunicata al datore di lavoro con ventiquattr'ore di anticipo.
I secondi possono essere richiesti per la partecipazione a trattative sindacali o congressi o a
convegni di natura sindacale, con preavviso di tre giorni.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Diritto Sindacale
Tali diritti però sono concessi esclusivamente alle confederazioni rappresentative, ovvero a
coloro che sono firmatarie del contratto nazionale; il monte ore dovuto per permessi sindacali è dato
in “gestione” alla confederazione stessa, che può gestirlo come meglio crede.
La Legge prevede garanzie e tutele, sia pure minori, per l'esercizio dei diritti sindacali in
azienda da parte di tutti lavoratori.
Tutti i lavoratori hanno diritto a svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni
sindacali all'interno dei luoghi di lavoro e di chiedere il versamento, mediante trattenuta sulla
retribuzione, del contributo sindacale all'associazione da loro indicata.
Il sistema di tutela dell'azione sindacale aziendale si completa con il divieto di qualsiasi
discriminazione per ragioni sindacali e con la nullità di qualsiasi atto o fatto idoneo ad arrecare
pregiudizio al lavoratore in ragione della sua affiliazione o attività sindacale.
3.8
Le garanzie dell'azione sindacale
La tradizionale garanzia dell'azione sindacale consiste nella possibilità del ricorso allo
sciopero, che ha consentito al sindacato di affermare la sua posizione nei confronti dei datori di
lavoro e di realizzare la tutela dei suoi interessi e dell'interesse collettivo di cui è portatore.
La Legge di sostegno all'attività sindacale ha previsto anche un particolare procedimento
giudiziario volto a garantire l'effettivo godimento dei diritti sindacali e garantire la libertà
dell'azione sindacale e del diritto di sciopero.
La Legge non dà una definizione precisa del comportamento antisindacale del datore di
lavoro, comprendendo quindi in questa definizione qualsiasi comportamento idoneo ad impedire o
limitare la libertà e l'attività sindacale o il diritto di sciopero.
Non è però così automatico che ogni comportamento del datore di lavoro che limiti o
impedisca questi diritti possa essere qualificato come antisindacale.
Per essere tale il comportamento del datore di lavoro deve disattendere un diritto previsto
dalla Legge o dal contratto collettivo.
3.9
La partecipazione del sindacato alla funzione pubblica
Il sindacato attuale è chiamato anche a partecipare a funzioni pubbliche.
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Diritto Sindacale
Lo strumento più importante di questo intervento è la concertazione.
Il sindacato in questo caso è chiamato a partecipare alla gestione di alcune attività
amministrative e di quelle riguardanti la gestione degli enti pubblici ai quali è affidata la
realizzazione della tutela previdenziale.
Le organizzazioni sindacali sono anche chiamate a partecipare al procedimento previsto
dalla Legge per l'emanazione di importanti atti amministrativi in tema di interventi della cassa
integrazione guadagni o della gestione straordinaria.
Il sindacato è chiamato a partecipare anche alla funzione giudiziaria: nel rito del lavoro, la
Legge prevede che il sindacato possa rendere osservazioni o informazioni orali o scritte, su istanza
di parte o su richiesta del giudice.
3.10
La concertazione
La forma di partecipazione del sindacato alle funzioni pubbliche si realizza con le procedure
dette di concertazione.
Queste coinvolgono le rappresentanze sindacali dei datori e prestatori di lavoro
nell'individuazione e nella realizzazione della politica economica del paese.
Il riconoscimento della libertà sindacale non consente alla Legge di influire sul contenuto
della contrattazione collettiva, se non temporaneamente e per soddisfare improrogabili esigenze di
tutela dell'interesse generale.
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori concorrono con l'autorità di governo, e con la
contrapposta organizzazione dei datori di lavoro, alla formazione delle scelte da cui dipende la
realizzazione dell'interesse pubblico dell'economia.
La concertazione è quindi il consenso delle parti sociali sui provvedimenti di politica
economica.
I procedimenti di concertazione hanno la funzione di governare le relazioni industriali
disciplinando anche rapporti tra contratti collettivi di livello diverso e i diritti sindacali nei luoghi di
lavoro.
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3.11
Diritto Sindacale
Rappresentanza e rappresentatività del sindacato
Il termine rappresentanza sindacale designa l'attitudine del sindacato a svolgere l'attività di
tutela degli interessi professionali.
Il sindacato, quando stipula un contratto collettivo, esercita un potere che gli è
originariamente proprio e quindi è un potere diverso da quello che gli avrebbero potuto conferire i
singoli lavoratori iscritti.
A livello aziendale, uno dei canali di legittimazione è stato costituito dal requisito della
"maggiore rappresentatività". Lo stesso fenomeno si riscontra a livello nazionale.
La rappresentanza sindacale ha esaurito la sua funzione storica non solo sul piano tecnico.
Il nostro sistema sindacale sembra ruotare e far perno sulla nozione di rappresentatività, la
quale costituisce spesso il titolo per l'attribuzione per l'esercizio dei poteri sindacali e dei poteri di
autonomia collettiva.
In tal modo però si escludono totalmente dalla discussione sindacale e dalla realizzazione di
tutte le prerogative sindacali, contratto in primis, sia le sigle minoritarie sia i dipendenti non iscritti
a nessuna sigla.
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Diritto Sindacale
4 L'organizzazione sindacale del pubblico impiego
4.1
La libertà sindacale nel pubblico impiego
La privatizzazione del pubblico impiego ha determinato il definitivo abbandono della
concezione per cui una azione sindacale nei pubblici impieghi contrasterebbe con la legge in
materia di organizzazione dei pubblici uffici e con la garanzia dell'imparzialità della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost).
Di recente la Legge ha stabilito che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si
svolga su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni industriali. (Legge quadro
n.93/1983, D.Lgs. n.396/1997 e D.Lgs. n.165/2001)
Ha previsto che, anche nelle pubbliche amministrazioni, la libertà e l'attività sindacali siano
tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge n. 300 del 1970 con la conseguenza che i
pubblici dipendenti e le loro organizzazioni sindacali hanno gli stessi diritti e le stesse prerogative
dei dipendenti da datori di lavoro privato e dei loro sindacati.
4.2
L'organizzazione sindacale di tipo associativo e di tipo istituzionale
Anche l'organizzazione sindacale dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allo stesso
modo di quella dei dipendenti da datori di lavoro privati, è articolata su base associativa e su base
istituzionale.
L'organizzazione sindacale di tipo associativo è costituita dalle associazioni sindacali alle
quali i pubblici dipendenti hanno il diritto e la libertà di iscriversi.
Per quanto riguarda invece quella di tipo istituzionale, stabilendo che in ciascuna
amministrazione le organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei
contratti collettivi possano costituire rappresentanze sindacali aziendali.
I componenti di tali rappresentanze sono eletti con procedure e criteri che sono individuati
dalla contrattazione collettiva; deve essere comunque garantita sia la partecipazione di tutti
lavoratori sia la facoltà di presentare liste anche alle organizzazioni sindacali che non siano
ammesse alla trattativa per la sottoscrizione dei contratti collettivi.
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Diritto Sindacale
Gli accordi e contratti collettivi disciplinano le modalità con le quali le rappresentanze
unitarie esercitano i diritti di informazione e di partecipazione.
4.3
L'organizzazione sindacale delle pubbliche amministrazioni
La Legge attribuisce la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni alla Agenzia
per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (A.R.A.N.) .
L'A.R.A.N. ha personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa e
contabile.
Essa esercita, a livello nazionale, ogni attività relativa alle relazioni industriali, alla
negoziazione dei contratti collettivi e all'assistenza delle pubbliche amministrazioni.
Inoltre, nell'esercitare poteri di rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, deve
tener conto degli indirizzi da queste formulati, prima di ogni rinnovo contrattuale, attraverso le loro
istanze associative rappresentative. A tal fine le pubbliche amministrazioni danno vita a comitati di
settore.
4.4
La rappresentatività dei sindacati dei pubblici dipendenti
La Legge attribuisce soltanto ai sindacati rappresentativi il potere di costituire
rappresentanze sindacali aziendali.
Ammette quindi alle trattative per la stipulazione dei contratti collettivi soltanto i sindacati
che siano rappresentativi.
Diversi sono stati i modi previsti dalla Legge per accertare la rappresentatività dei sindacati
dei dipendenti pubblici.
L' art. 42 del d.lgs, n.165 del 2001 aveva attribuito alle stesse confederazioni sindacali il
compito di individuare criteri per l'accertamento della maggiore rappresentatività.
Attualmente, la legge prevede che la rappresentatività dei sindacati dei dipendenti pubblici
debba essere accertata dalla somma dei voti ottenuti alle elezioni per le RSU, le rappresentanze
sindacali unitarie, e del numero di iscritti ad una data certa (generalmente il 31 dicembre dell'anno
nella quale si svolgano le elezioni per le RSU), tale somma deve essere maggiore o uguale al 5%
dell'intero personale facente parte del comparto alla stessa data.
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Diritto Sindacale
5 La contrattazione collettiva del lavoro privato
5.1
Il contratto collettivo post-corporativo detto di diritto comune
Soppresso l'ordinamento corporativo fu necessario mantenere in vigore i contratti collettivi
corporativi, i quali erano e restavano fonti di diritto.
Nell'immediato dopoguerra, vista l'assenza di indicazioni precise nel codice civile, le
associazioni sindacali costituite in regime di libertà e grazie all'articolo n.43 del d.lgs. n. 369 del
1944, arrivarono alla modifica dei contratti corporativi, che divennero "contratti collettivi di diritto
comune", in quanto regolati soltanto dalla disciplina dettata dalla Legge per i contratti in genere.
Questa situazione esaltava il recuperato carattere della libertà sindacale.
5.2
Le caratteristiche del contratto collettivo
Con la teoria dell'interesse comune fu possibile individuare nei contratti collettivi, diventati
fonte di diritto comune, una particolare fattispecie di questo diritto, impedendo, per Legge, ai
lavoratori ed ai datori di lavoro di stipulare contratti privati peggiorativi di quello collettivo, anche
in assenza della rappresentanza sindacale, ovvero di lavoratori o datori di lavoro che non aderissero
a nessuna organizzazione sindacale.
La Costituzione prevede inoltre una efficacia del contratto verso tutti gli appartenenti alla
categoria alla quale si riferisce, disposizione però che non esiste nella legislazione ordinaria ma che
viene considerata comunque valida ed efficace.
Nella legislazione ordinaria, Legge 14 luglio 1959 n.741, si è invece provveduto ad
individuare i minimi economici e normativi garantiti a tutti i lavoratori, lasciando così liberi i
giudici non solo di condannare il datore di lavoro che non rispettati i trattamenti minimi normativi,
ma anche al pagamento delle differenze di trattamento economico, senza per questo rivolgersi
costantemente alla Corte Costituzionale.
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Nel corso degli anni successivi i minimi salariali sono stati ovviamente e periodicamente
rinnovati e quindi prevedono retribuzioni più elevate.
Ovviamente la Legge abilita la contrattazione collettiva a derogare, ma solo in senso
migliorativo, alla Legge stessa.
Alla tradizionale funzione del contratto collettivo, che è sempre stata quella di migliorare le
condizioni di lavoro, si è aggiunta quella di concorrere all'organizzazione del lavoro e di gestire le
vicende e le crisi aziendali e i conseguenti problemi dell'occupazione.
La Legge ha previsto che possano essere definiti i limiti nei quali mantenere l'occupazione
nell'impresa in crisi che sia trasferita a un nuovo imprenditore o possa essere regolato il
riassorbimento, totale o parziale, dei lavoratori eccedenti quando l'impresa è in crisi.
Altre deroghe legislative al contratto collettivo sono espressamente vietate e dove presenti
ne determinano l'annullabilità.
5.3
Parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo
Al suo primo apparire, il contratto collettivo si limitava a regolare soltanto un elemento del
rapporto di lavoro e cioè la retribuzione. In seguito il contratto collettivo ha finito per dettare la
disciplina non solo di ogni singolo elemento del rapporto, ma anche di ogni sua vicenda
(costituzione, sospensione, estinzione).
Nella sua evoluzione, il contratto collettivo ha finito anche per regolare i rapporti tra i
contrapposti sindacali.
Questa parte del contratto collettivo regola i rinvii ad altri livelli contrattuali, le procedure di
conciliazione e arbitrato, le commissioni tecniche, la riscossione dei contributi sindacali e delle
quote di servizi, i diritti di informazione, le procedure di consultazione.
Oggi nel contratto collettivo possono essere distinte le parti:
a) "normativa", corrispondente all'esercizio della autonomia collettiva; si compone di tutte le
clausole che dettano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro. Non produce effetti giuridici nei
confronti dei sindacati stipulanti in quanto essa regola direttamente i rapporti individuali di lavoro.
b) "obbligatoria", contiene le clausole che producono effetti giuridici esclusivamente nei
confronti dei sindacati stipulanti per i quali prevedono l'obbligo di tenere comportamenti che sono
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stati pattiziamente definiti come necessari all'amministrazione del contratto collettivo ed al corretto
svolgimento delle relazioni tra le parti che l'hanno stipulato.
La parte normativa normalmente si suddivide poi in parte economica e in parte normativa
propriamente detta: per parte economica si intende la parte del contratto collettivo nella quale viene
stabilito quale debba essere l'ammontare della retribuzione; per parte normativa si intende la parte
che disciplina gli altri aspetti del rapporto di lavoro.
Questa distinzione è tradizionalmente usata per definire le scelte della strategia sindacale.
5.4
I diversi livelli della contrattazione collettiva
La contrattazione collettiva del settore privato si svolge a vari livelli dell'organizzazione
sindacale.
A livello di confederazioni vengono stipulati i grandi contratti nazionali, che riguardano le
grandi masse di lavoratori indipendentemente dal settore della produzione al quale sono addetti.
Questi contratti prendono il nome di accordi interconfederali, la loro funzione è quella di
regolare esclusivamente singoli istituti (ad es. l'indennità di contingenza, i licenziamenti collettivi).
A livello delle federazioni vengono stipulati i contratti collettivi nazionali di categoria.
Questi contratti sono contratti collettivi per antonomasia, il rinnovo dei quali interessa
spesso anche l'opinione pubblica e richiede la mediazione dell'autonomia governativa.
In passato è accaduto che il contratto collettivo nazionale delegasse la completa
determinazione della disciplina di qualche istituto alla contrattazione di livello inferiore, territoriale
o aziendale.
In questi casi parla di contrattazione articolata o di contrattazione a rinvio.
Alla contrattazione collettiva integrativa è demandata l'individuazione di trattamenti
economici connessi alla produttività dell'impresa.
5.5
L'interpretazione del contratto collettivo
Particolari e delicati problemi pone l'individuazione dei criteri di interpretazione del
contratto collettivo, tanto nel settore privato che in quello pubblico.
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Diritto Sindacale
Essendo atto di autonomia privata, anche se collettiva, e quindi con l'impossibilità di
considerare il contratto collettivo come fonte del diritto, si esclude la possibilità di una
interpretazione condotta secondo i criteri propri dell'interpretazione della Legge.
D'altro canto avendo una funzione anche normativa, dettando una serie di regole necessarie
a determinare i rapporti e le funzioni proprie del lavoro, è complicato interpretarlo secondo i criteri
della contrattazione privata propriamente detta e che si rivolge solo ed esclusivamente ai firmatari e
chi essi rappresentino.
Questo tipo di interpretazione, ad esempio, escluderebbe dai beneficiari o attuatori del
contratto coloro che non abbiano aderito a nessuna sigla sindacale.
La soluzione del problema è quella di interpretare il contratto collettivo secondo le regole
dettate dalla Legge per l'interpretazione del contratto stesso, privilegiando quelle regole che
conducono alla cosiddetta interpretazione oggettiva, il contratto collettivo quindi deve essere
interpretato come atto formale vincolante senza essere fonte del diritto.
Il codice civile in particolare prevede che le ogni clausola contrattuale debba essere
interpretata in rapporto alle altre mantenendo il senso complessivo dell'atto (art.1363 cc) e che ogni
clausola debba essere interpretata nel senso più favorevole alla parte più debole (art.1369 cc).
5.6
Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello
Problemi si pongono per la contrattazione collettiva del settore privato, in relazione
all'eventuale contrasto tra disciplina dettata da contratti collettivi di diverso livello.
Fino a qualche tempo fa, la giurisprudenza era orientata nel senso di assegnare prevalenza
alla disciplina collettiva più favorevole al lavoratore, a prescindere dal livello che l'avesse espressa.
La disposizione dell'art. 2077 cc regola però esclusivamente il conflitto tra contratto
collettivo e contratto individuale ed esclusivamente per tale conflitto detta il criterio della
prevalenza del contratto di miglior favore.
La legge 300 del 1970 confermava questa scelta per tutti i contratti collettivi.
La problematica sembra oggi ridimensionata dal principio in base al quale la competenza
della contrattazione aziendale è limitata a materie ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli
regolati dal contratto collettivo nazionale.
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La contrattazione aziendale o territoriale è prevista secondo le modalità e dagli ambiti di
applicazione che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria.
5.7
Criteri di individuazione dei contratti di miglior favore
La complessità e l'ampiezza delle materie regolate dei contratti collettivi e la stessa
articolazione della relativa disciplina rendono difficile stabilire se e fino a quale punto possa parlarsi
di trattamento di migliore o peggiore favore.
Il problema è di facile soluzione nel caso in cui, ad esempio, il contratto individuale preveda
un numero di giorni di ferie inferiore a quello stabilito dal contratto collettivo.
Il problema è invece di più complessa soluzione qualora si dovesse constatare che, in quello
stesso contratto individuale che priva il lavoratore di un giorno di ferie, sia però anche previsto, ad
esempio, un orario di lavoro settimanale più breve di quello sindacale o una retribuzione più elevata
di quella stabilita dal contratto collettivo.
Nel primo caso sussiste un trattamento individuale di peggior favore. In questo caso
troverebbero applicazione i principi degli art. 1339 e 1419, 2 comma del codice civile, i quali
impongono la sostituzione della clausola contrastante con norme imperative, salva la conservazione
delle altre parti del contenuto negoziale individuale e collettivo, eventualmente più favorevoli.
In questo caso le discipline delle ferie e dell'orario di lavoro andrebbero valutate e
confrontate nel loro complesso.
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6 La contrattazione collettiva del pubblico impiego
6.1
La contrattazione collettiva per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni
La Legge quadro (Legge n. 93 del 1983), prevedeva una speciale contrattazione collettiva
per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, la cui efficacia era condizionata al recepimento di
un atto avente forza di Legge ed i contenuti della quale erano limitati a materie tassativamente
individuate rispetto a quelle necessariamente riservate alla Legge.
La privatizzazione del pubblico impiego ha consentito di superare anche quella esperienza,
prevedendo una contrattazione collettiva del pubblico impiego che si svolge su tutte le materie
relative al rapporto di lavoro e alle relazioni industriali.
I contratti collettivi del pubblico impiego disciplinano anche i rapporti sindacali e gli istituti
della partecipazione nonché le materie agli atti interni organizzazione aventi riflesso sul rapporto di
lavoro.
La contrattazione collettiva del pubblico impiego può essere assimilata a quella del diritto
comune perché il contratto collettivo dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è previsto e
regolato dalla Legge che detta una disciplina speciale, non al diritto comune e non è esclusivamente
regolato dalle disposizioni della Legge che disciplinano il contratto in genere.
6.2
Efficacia e inderogabilità della contrattazione collettiva del pubblico impiego
La speciale disciplina di Legge che ha la contrattazione del pubblico impiego risolve il
problema dell'efficacia generale e dell'inderogabilità.
La Legge attribuisce all'A.R.A.N. la rappresentanza legale delle amministrazioni pubbliche,
rende efficace nei loro confronti la contrattazione collettiva a prescindere dalla loro adesione,
impone alle pubbliche amministrazioni di adempiere agli obblighi derivanti dai contratti collettivi
nazionali o integrativi e di assicurarne l'osservanza delle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
Inoltre, la Legge obbliga quelle stesse amministrazioni a garantire ai propri dipendenti parità
di trattamento contrattuale.
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Diritto Sindacale
L'applicazione del contratto collettivo deriva non da una generalizzata previsione di
obbligatorietà di questo, bensì dal dovere di imparzialità gravante sulle pubbliche amministrazioni.
6.3
I livelli di contrattazione collettiva del pubblico impiego
La Legge prevede che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si svolga
normalmente a livello nazionale e che sia articolata per comparti.
Nell'ambito dei comparti sono previste aree contrattuali, come quella dei dirigenti, dei
dipendenti iscritti ad albi professionali e dei dirigenti del ruolo sanitario.
Sono anche previsti accordi intercompartimentali, destinati a regolare istituti comuni a più
comparti o a tutte le pubbliche amministrazioni.
È prevista una contrattazione collettiva integrativa, subordinata a quella nazionale, che
stabilisce anche i rapporti tra i diversi livelli di contrattazione.
La Legge dispone che le pubbliche amministrazioni non possano sottoscrivere contratti
integrativi in contrasto con i vincoli risultanti dei contratti nazionali o che comportino oneri non
previsti negli strumenti di programmazione.
6.4
La procedura per la stipulazione dei contratti collettivi del pubblico impiego
Nella stipulazione dei contratti collettivi, le pubbliche amministrazioni, rappresentate per
Legge dall'A.R.A.N., mediante i comitati di settore, forniscono indirizzi sugli obiettivi da
raggiungere nella trattativa sindacale.
Iniziate le trattative e raggiunta l'ipotesi di accordo, l'A.R.A.N. acquisisce il parere
favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e indiretti.
L'A.R.A.N. è rappresentante legale e non volontario delle pubblica amministrazione.
Se il parere è favorevole, l'A.R.A.N. trasmette la quantificazione dei costi derivanti
dall'ipotesi di accordo alla Corte dei Conti che certifica la loro attendibilità.
Se la certificazione della Corte dei Conti è positiva, il presidente dell'A.R.A.N. sottoscrive il
contratto collettivo.
I contratti collettivi nazionali, una volta sottoscritti, sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica.
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Se la certificazione della Corte dei Conti non è positiva, l'A.R.A.N., sentito il comitato di
settore, assume le iniziative necessarie per adeguare i costi contrattuali ai fini della certificazione.
Tali iniziative devono sempre essere comunicate al governo e alla Corte dei Conti.
Se l'A.R.A.N. non ritiene possibile adeguare i costi contrattuali, convoca le organizzazioni
sindacali ai fini della riapertura delle trattative.
La Legge dispone che, nei contratti collettivi, debba essere prevista con apposita clausola, la
possibilità di prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di sospenderne l'esecuzione,
parziale o totale, in caso di accertata esorbitanza dei limiti di spesa.
La previsione dei limiti di spesa costituisce una forma di tutela della finanza pubblica.
6.5
La formazione del consenso per la contrattazione collettiva del pubblico impiego
L'A.R.A.N. ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni.
Il legislatore ha stabilito che l'A.R.A.N. sottoscriva i contratti collettivi quando all'ipotesi di
accordo aderiscono organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 51% dei dipendenti con
media tra dato associativo (numero di iscritti) e dato elettorale (voti ricevuti) del comparto o
nell'area contrattuale, o almeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito.
Questa scelta consente di superare gli inconvenienti di un'eccessiva frammentazione del
sindacalismo dei pubblici dipendenti e garantisce la stipulazione e rinnovo dei contratti collettivi,
anche in presenza di estese posizioni di dissenso.
L'adozione di quel modello non viola il principio della libertà sindacale perché quel
principio deve essere contemperato con il necessario perseguimento dell'interesse pubblico
all'andamento delle pubbliche amministrazioni (art. 97 Cost).
6.6
La specialità della contrattazione collettiva dei pubblici dipendenti
La contrattazione collettiva del pubblico impiego differisce dalla contrattazione collettiva
dell'impiego privato perché non compone un conflitto fra capitale e lavoro, ma tende all'equilibrato
contemperamento fra l'interesse pubblico e quello privato dei dipendenti.
Resta confermata l'impossibilità di configurare il contratto collettivo dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni come atto di autonomia privata.
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6.7
Le procedure per l'interpretazione dei contratti collettivi e per la soluzione delle questioni
relative alla loro validità ed efficacia
In relazione alla speciale funzione della contrattazione collettiva nel pubblico impiego la
Legge attribuisce, qualora insorgano controversie sull'interpretazione di quest'ultima, alle parti
stipulanti potere di definire consensualmente il significato della clausola controversa.
È questo un caso di interpretazione autentica esclusa per il contratto collettivo dei privati.
La Legge prevede altresì una particolare procedura per il caso in cui sorga una controversia
individuale per la quale si renda necessario decidere una questione concernente l'efficacia o di
interpretazione del contratto nazionale sottoscritto dall'A.R.A.N.
Quando sia stata proposta una di queste questioni pregiudiziali, il giudice ordinario dispone,
con ordinanza non impugnabile, la comunicazione all'A.R.A.N.
L'A.R.A.N. deve convocare le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo
della cui interpretazione, efficacia e validità si discute, per verificare la possibilità di un accordo
sull'interpretazione autentica ovvero la modifica della clausola controversa.
Se l'accordo si raggiunge, il testo dell'accordo è trasmesso alla cancelleria del giudice.
Se non interviene l'accordo, il giudice decide, con sentenza, soltanto sulla questione
pregiudiziale e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruttoria o per la prosecuzione
della causa.
La sentenza che decide la questione pregiudiziale è impugnabile con ricorso per cassazione,
la notifica del quale determina la sospensione del processo.
Il ricorso per cassazione può essere proposto anche dall'A.R.A.N. e dalle organizzazioni
sindacali firmatarie.
6.8
Le rappresentanze sindacali unitarie
Le RSU, rappresentanze sindacali unitarie, sono un organismo di rappresentanza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro.
Vengono elette a suffragio universale, con voto segreto, su liste concorrenti.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Diritto Sindacale
I risultati delle votazioni, insieme con i dati associativi (numero di iscritti), concorrono a
definire la rappresentatività delle organizzazioni sindacali.
Su questi dati si fondano sia il diritto a partecipare alle trattative nazionali sia le quantità di
libertà sindacali (distacchi, permessi, indizione delle assemblee, uso di locali, affissione di
materiale, ecc.) destinate ad ogni sindacato.
Come obiettivo si pongono la partecipazione unitaria dei lavoratori alla gestione del
contratto collettivo e alla contrattazione aziendale integrativa.
Nei comparti delle pubbliche amministrazioni, le RSU sono un organismo unico, perché allo
stesso tempo rappresentano tutti i lavoratori, esercitano i poteri sindacali di contrattazione,
consultazione e partecipazione, e sono presenti in tutti i luoghi di lavoro; sono elettivi, votati su liste
concorrenti di organizzazione, legittimati dal voto diretto di tutti i lavoratori, iscritti (associati) e
non;
sono organismi pluralisti dato che vi possono concorrere tutte le associazioni sindacali,
formalmente costituite e statutariamente democratiche.
Le RSU quindi concorrono a determinare la rappresentatività, cioè il "peso" sul tavolo
negoziale di un'organizzazione sindacale ed in termini di agibilità sindacali (le risorse proprie del
sindacato: distacchi e permessi).
Il criterio è costituito da una unità di misura o soglia minima di rappresentanza, sono
ammessi alla contrattazione nazionale i sindacati che rappresentino almeno il 5% dei dipendenti del
comparto, risultante dalla somma degli iscritti o legittimazione associativa e dei voti ottenuti nelle
elezioni delle RSU o legittimazione elettiva.
Le RSU godono degli stessi diritti (permessi, uso dei locali, possibilità di affissione e
propaganda) propri dei sindacati.
Le RSU sono soprattutto i soggetti preposti alla contrattazione integrativa. Stipulano il
contratto collettivo aziendale; godono dei diritti di informazione e di consultazione previsti dalle
leggi e, soprattutto, dai CCNL; seguono e verificano l'implementazione del contratto aziendale.
E' un potere ampio, "delegato" dal CCNL; riguarda un ampio spettro delle condizioni di
impiego sui luoghi di lavoro: dal salario variabile all'utilizzo dei fondi, dai percorsi di carriera ai
piani formativi, ecc.
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Diritto Sindacale
7 Lo sciopero
7.1
Libertà e diritto di sciopero
Lo sciopero è l'astensione collettiva dal lavoro e costituisce il tradizionale mezzo di lotta
sindacale.
L'art. 40 Cost riconosce il diritto di sciopero nell'ambito delle leggi che lo regolano.
La nostra Costituzione non si limita a prevedere una libertà di sciopero, ma prevede un
diritto di sciopero, e cioè il diritto del lavoratore a scioperare nei confronti del datore di lavoro, nel
senso che l'astensione dal lavoro conseguente allo sciopero non può più essere considerato
nemmeno un inadempimento dell'obbligo di lavorare.
Resta fermo il principio che nel caso di uno sciopero sia sospeso anche il diritto alla
retribuzione.
La Costituzione sancisce inoltre il diritto di non scioperare.
7.2
La proclamazione dello sciopero
La legittimità dello sciopero è condizionata dall'esistenza di un atto collettivo di
deliberazione, detto appunto proclamazione dello sciopero.
Anche se lo sciopero potrebbe essere attuato da un solo lavoratore, esso deve essere deciso
da una pluralità di lavoratori e sulla base di una valutazione collettiva.
Non importa se quella collettività trovi espressione in una struttura sindacale associativa o
istituzionale.
La proclamazione dello sciopero garantisce proprio questo: il ricorso allo sciopero avviene
per la soddisfazione di un'esigenza o di interesse collettivo comune.
Tutti lavoratori sono comunque titolari del diritto di sciopero ma possono legittimamente
esercitarlo solo nel caso che uno dei sindacati lo proclami.
Quello che conta è che la valutazione delle esigenze di sciopero sia collettiva e che poi i
singoli lavoratori siano liberi di scioperare o no.
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Diritto Sindacale
La Legge vieta, e sanziona penalmente, le discriminazioni determinate dalla partecipazione
o meno ad uno sciopero.
La Legge impone un preavviso per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, non per la
tutela degli interessi del datore di lavoro ma dei diritti costituzionalmente protetti degli utenti di
quei servizi.
7.3
La struttura del diritto di sciopero
Lo sciopero è l'astensione dal lavoro e deve essere costruito come diritto soggettivo
potestativo.
Diritto soggettivo, ovvero personale del lavoratore, come definito nello stesso art. 40 Cost;
diritto potestativo perché l'effetto del suo esercizio è quello di sospendere il rapporto di
lavoro mentre il datore di lavoro nulla può o deve fare perché quel diritto non si realizzi.
Il diritto di sciopero viene anche definito come “comportamento non attuativo di una
prestazione di lavoro”.
Con tale formula viene descritto soltanto il modo con cui il diritto di sciopero è esercitato e
cioè mediante l'astensione dell'adempimento dell'obbligazione di lavorare.
7.4
Titolarità del diritto di sciopero
L'art. 40 Cost prevede l'emanazione della Legge ordinaria per disciplinare le modalità di
esercizio del diritto di sciopero.
La norma costituzionale però non esplicita circa l'individuazione dei soggetti ai quali quel
diritto compete.
Non v'è dubbio che il diritto di scioperare spetti a tutti lavoratori subordinati.
Dubbi sono sorti in ordine alla possibilità di riconoscere la titolarità del diritto di sciopero
anche ai piccoli imprenditori che non abbiano lavoratori alle proprie dipendenze, ma soprattutto ai
lavoratori autonomi. Si è per molto tempo pensato che, non avendo controparte, fosse precluso loro
il diritto di sciopero.
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Per i piccoli imprenditori i dubbi sono stati risolti da una sentenza della Corte Costituzionale
che li ha riconosciuti titolari del diritto di sciopero (17 luglio 1975, n.222).
Per i lavoratori autonomi, anche parasubordinati, i dubbi invece persistono, anche se nel
nostro sistema il lavoro è tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35 cost).
La titolarità del diritto di sciopero deve essere negata a chi sia investito di una funzione
sovrana, come i magistrati (artt. 101 , 2 comma, e 104 ,1 comma, Cost), o a chi appartiene ad un
corpo armato dello Stato e di altro ente pubblico. È il caso dei militari, degli appartenenti alla
Polizia di Stato e dei marittimi.
7.5
Sciopero a fini contrattuali, sciopero politico, sciopero di solidarietà
In assenza di Legge che ne regoli l'esercizio, la dottrina e la giurisprudenza hanno
individuato i limiti essenziali allo sciopero.
Nell'opinione tradizionale, lo sciopero era consentito per la tutela dell'interesse collettivo
professionale proprio di chi sciopera e come mezzo di lotta per influire sul datore di lavoro al fine di
ottenere più favorevoli trattamenti economici o normativi.
È questo uno sciopero detto a fini contrattuali o economico-professionali, tendente a
risolvere controversie economiche.
Prevalente è anche l'opinione per cui lo sciopero è consentito anche per la soluzione di
controversie giuridiche, attinenti cioè all'interpretazione o alla stessa applicazione della disciplina
legale o di quella sindacale vigente.
Lo sciopero continua ad essere motivato esclusivamente con il perseguimento dell'interesse
collettivo.
La Corte Costituzionale ha poi ritenuto legittimo lo sciopero politico, a condizione che sia
stato proclamato per "rivendicazioni riguardanti il complesso degli interessi dei lavoratori che
trovano disciplina delle norme poste sotto il titolo III della parte prima della Costituzione".
E' considerato sciopero politico quindi lo sciopero senza fini contrattuali o di rivendicazione
sindacale ma teso a proporre o contestare una decisione del governo o dell'amministrazione
pubblica che vada ad incidere direttamente od indirettamente sul lavoro.
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Lo sciopero di solidarietà è invece esercitato non già nell'interesse diretto dei lavoratori
scioperanti, ma per sostenere le rivendicazioni di altri gruppi di lavoratori ovvero per protestare
contro la violazione degli interessi o dei diritti di un lavoratore.
Per la Corte Costituzionale, lo sciopero di solidarietà è legittimo ogni volta che il giudice
ordinario accerti l'affinità delle esigenze che motivano l'agitazione sia tale da far ritenere che, senza
l'associazione di tutti in uno sforzo comune, esse rischino di rimanere insoddisfatte.
7.6
I limiti di esercizio del diritto di sciopero
L'esercizio del diritto di sciopero consiste nella possibilità di astensione dal lavoro.
Tale astensione costituisce sciopero legittimo anche quando non sia totale e sia di durata
inferiore all'orario di lavoro giornaliero (sciopero a singhiozzo).
La giurisprudenza considera legittima anche l'astensione che riguardi soltanto singole
mansioni ovvero riguardi lo svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario.
È stato considerato sciopero legittimo anche un modo di eseguire il lavoro che determini un
calo del rendimento e della produzione abituale.
La giurisprudenza è orientata nel ritenere che l'astensione dal lavoro sia legittima anche
quando non riguardi tutti i lavoratori dell'impresa o dello stabilimento ma soltanto quelli addetti ad
alcuni reparti (sciopero a scacchiera).
Nei casi di sciopero attuato con queste modalità non può però essere escluso che possano
derivare ai lavoratori conseguenze ulteriori rispetto alla perdita della retribuzione corrispondente
alla durata effettiva dello sciopero e che possano derivare conseguenze anche per tutti lavoratori,
compresi quelli che non hanno scioperato.
È quanto può verificarsi nel caso degli scioperi cosiddetti a singhiozzo o a scacchiera attuati
nelle imprese con lavorazioni a ciclo continuo, o, per quello a scacchiera, nei reparti a monte del
ciclo di produzione. Questi scioperi possono infatti determinare l'inutilità della prestazione
lavorativa di tutti i lavoratori.
Lo sciopero si realizza pur sempre nell'ambito del rapporto di lavoro e, se determina
l'esonero temporaneo dall'obbligazione di lavorare, non per questo esonera i lavoratori dagli
obblighi di buona fede e correttezza (artt.1175 e 1375 cc).
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La giurisprudenza ammette l'esistenza di limiti esterni allo sciopero nel senso che questo non
può essere legittimamente esercitato quando leda altri diritti essenziali.
In questo contesto, si ritiene che le modalità di esercizio dello sciopero, se possono arrecare
danno alla produzione, non devono provocare però danno agli impianti.
Per evitare tale danneggiamento sono spesso stipulati accordi aziendali per cui, in caso di
sciopero, un gruppo di lavoratori (comandati o precettati), scelti a volte dallo stesso sindacato, non
si astiene dal lavoro. Quando accordi del genere non siano raggiunti è legittima la fermata degli
impianti per la loro messa in sicurezza.
Il diritto di sciopero non può essere esercitato in modo tale da pregiudicare la produttività
dell'azienda.
7.7
Forme di lotta sindacale diverse dallo sciopero
Sono estranee alla nozione stessa dello sciopero i mezzi di lotta sindacale, ai quali a volte si
fa ricorso, che non consistono in una astensione dal lavoro.
L'occupazione dei locali dell'impresa, ad esempio, è un comportamento sanzionato
penalmente.
Ugualmente illegittimo è il cosiddetto blocco delle merci e cioè il comportamento con cui,
durante una agitazione sindacale, i lavoratori impediscono che le merci esistenti in azienda siano
portate all'esterno, al fine di impedire al datore di lavoro di continuare ad alimentare il mercato o
che le merci provenienti dall'esterno arrivino in azienda per proseguire il ciclo produttivo.
Il picchettaggio è invece il comportamento dei lavoratori scioperanti volto di impedire
l'accesso al lavoro di quanti non vogliono scioperare. A seconda delle modalità di esecuzione questo
comportamento può anche costituire reato.
7.8
Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali
La legge dispone che in questo tipo di servizi, l'esercizio dello sciopero debba avvenire con
modalità tali da non pregiudicare la realizzazione dei diritti altrui costituzionalmente previsti.
I servizi pubblici essenziali sono quelli, gestiti da imprenditori privati o soggetti pubblici,
dei quali destinatario diretto è il pubblico e che realizzano interessi essenziali dei cittadini.
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Diritto Sindacale
La Legge dispone un procedimento apposito dell'esercizio del diritto di sciopero e pone al
sindacato l'obbligo di comunicare per iscritto, con un preavviso di almeno dieci giorni, la durata, le
modalità di attuazione e le motivazioni della astensione collettiva dal lavoro.
Destinatari di tale comunicazione sono gli appositi uffici costituiti presso l'autorità
competente ad emanare l'ordinanza di precettazione delle stesse amministrazioni o imprese
erogatrici del servizio. Queste ultime, ricevuta la comunicazione, devono a loro volta dare
comunicazione agli utenti almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero e stabilire i modi ed
i tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero e delle misure per l'attivazione degli stessi.
La Legge impone che, in questo tipo di servizi, anche in caso di sciopero, siano comunque
garantite le prestazioni indispensabili e cioè le prestazioni idonee a realizzare i diritti degli utenti.
A seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 83 del 2000, la contrattazione collettiva
deve inoltre prevedere gli intervalli minimi tra l'effettuazione dello sciopero e la proclamazione del
successivo, al fine di evitare che per effetto di scioperi proclamati in successione da soggetti
sindacali diversi e che incidono nello stesso servizio o sullo stesso bacino di utenza sia
oggettivamente compromessa la continuità dei servizi pubblici.
Le parti sociali devono concordare apposite procedure di raffreddamento e conciliazione da
esperire obbligatoriamente prima della proclamazione dello sciopero. Qualora le parti non
intendano adottare queste procedure, la Legge riconosce loro la possibilità di richiede un tentativo
preventivo e di conciliazione alla pubblica autorità.
A tutela degli interessi degli utenti è istituita la commissione di garanzia. Quest'ultima è
composta da nove membri scelti su designazione dei presidenti della Camera dei Deputati e del
Senato della Repubblica, ed è una autorità amministrativa indipendente che ha il compito di
valutare il contesto degli accordi e dei codici di autoregolamentazione.
In ogni caso, quando esista un fondato pericolo di pregiudizio grave ed imminente ai diritti
della persona costituzionalmente garantiti, l'autorità governativa, su segnalazione della
commissione di garanzia, può invitare le parti a desistere dal proposito di sciopero.
Contro questa ordinanza è possibile promuovere ricorso al TAR entro sette giorni dalla sua
comunicazione in modo da ottenere la sospensione del provvedimento impugnato.
Sono previste sanzioni civili e amministrative per i lavoratori che non collaborino
all'erogazione delle prestazioni indispensabili concordate sindacalmente o definite dell'ordinanza e
per le organizzazioni sindacali dei lavoratori e per i sindacalisti che proclamino uno sciopero senza
rispettare l'obbligo del preavviso.
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Diritto Sindacale
La serrata
La serrata è stato il tipico e tradizionale mezzo di lotta sindacale dei datori di lavoro.
Essa consiste nella sospensione dell'attività dell'impresa, realizzata da uno o più
imprenditori, di regola contro gli stessi collettivi dei lavoratori.
La Costituzione repubblicana riconosce il diritto di sciopero ma ignora la serrata e la Legge
ordinaria esclude ogni possibile equiparazione di quest'ultima al primo.
Nel nostro ordinamento non può essere configurato un diritto di serrata, mentre esiste un
diritto di sciopero.
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