Il Daily Tribune Pierre Dux

annuncio pubblicitario
Caso 13-A
Il Daily Tribune1
Il Daily Tribune è l’unico quotidiano diffuso in sei contee del Tennessee orientale, e, benché
abbia una redazione di ridotte dimensioni e una zona di distribuzione composta primariamente
da piccole cittadine e aree rurali, aveva vinto numerosi premi, della Tennessee Press
Association e di altre organizzazioni, per la copertura della cronaca e per il fotogiornalismo.
Rick Arnold è diventato redattore della cronaca quasi quindici anni fa, ha trascorso la sua
intera carriera con il Tribune e prova un grande senso d’orgoglio per i riconoscimenti ricevuti
grazie alla sua integrità di giornalista e per la bilanciata copertura di temi e avvenimenti. In
gran parte proprio grazie all’impegno di Rick e all’appoggio da questi fornito alla redazione
giornalistica, il giornale era stato capace di attrarre giovani scrittori e fotografi intelligenti e di
talento. Nei suoi primi anni, la redazione era un posto dinamico ed eccitante in cui lavorare— i
reporter prosperavano sul passo veloce al quale si muovevano le cose e sulla possibilità di
battere occasionalmente il maggior quotidiano di Knoxville.
Al Daily Tribune, però, i tempi sono cambiati. Negli ultimi cinque anni circa, la divisione
pubblicità ha continuato a crescere, sia in termini di personale sia di bilancio, mentre la
redazione giornalistica ha cominciato a ridursi. «La pubblicità paga i conti», ricordava a tutti
alla riunione mensile dei manager l’editore John Fisher, «Oggi gli inserzionisti possono
utilizzare la posta diretta, la televisione via cavo e anche Internet, se non gradiscono quello
che facciamo per loro».
Rick si era regolarmente scontrato con la divisione pubblicitaria riguardo agli articoli critici
verso i maggiori inserzionisti, ma i conflitti erano drammaticamente aumentati negli ultimi
anni. Adesso, Fisher stava incoraggiando una maggiore “collaborazione orizzontale”, come la
chiamava lui, chiedendo ai direttori della redazione e della pubblicità di consultarsi l’un l’altro
riguardo articoli o storie che coinvolgevano i maggiori inserzionisti del giornale. Tale mossa era
stata incoraggiata in parte dal crescente numero di lamentele dei pubblicitari su pezzi che
ritenevano ingiusti. «Noi stampiamo notizie» disse Fisher «e capisco che qualche volta
dobbiamo pubblicare delle cose che a qualcuno non piaceranno, ma dobbiamo trovare un modo
di essere più amichevoli nei confronti degli inserzionisti. Se lavoreremo insieme, potremo
sviluppare delle strategie che, da un lato, presentino una buona copertura delle notizie e,
dall’altro, servano ad attrarre più inserzionisti»
Rick lasciò la riunione infuriato e ritornando alla redazione non mancò di far conoscere a
tutti, incluso il direttore pubblicitario Fred Thomas, la sua disapprovazione per il nuovo
approccio “amichevole verso gli inserzionisti”. Lisa Lawrence, il suo direttore responsabile,
acconsentì pacatamente, ma puntualizzò che gli inserzionisti erano anche lettori, e il giornale
doveva ascoltare tutte le sue componenti. «Se non gestiremo questa cosa attentamente, ci
ritroveremo Fisher e Thomas qua dentro a dirci cosa possiamo e cosa non possiamo scrivere».
Lawrence aveva lavorato con Rick sin da quando lui era arrivato al giornale e, benché i due
avessero avuto la propria quota di conflitti, la loro relazione si snodava essenzialmente sui
binari del mutuo rispetto e della fiducia. «Dobbiamo essere solo più attenti», sottolineò lei,
«Leggere un po’ più accuratamente le storie che riguardano i grandi inserzionisti ed essere
sicuri di poter difendere qualsiasi cosa stampiamo, e tutto andrà bene. So che questa
confusione tra la pubblicità e la redazione ti pesa molto, ma Thomas è un uomo ragionevole.
Dobbiamo solo tenerlo informato».
Nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno, Rick ricevette una storia da uno dei suoi
corrispondenti, che ci aveva lavorato per un paio di giorni. La East Tennessee Healthcorp
(ETH), che gestiva una catena di cliniche in tutta la regione, stava chiudendo tre delle sue
cliniche rurali a causa delle crescenti difficoltà finanziarie. Il reporter, Elisabeth Fraley, che
viveva in una delle comunità interessate, aveva appreso della chiusura da un vicino di casa,
contabile alla ETH, prima che l’annuncio fosse diffuso proprio quel pomeriggio. Fraley aveva
scritto una buona storia, incentrata sugli aspetti umani della vicenda: la chiusura avrebbe
privato la popolazione di due contee della possibilità di accesso alle cure mediche, mentre le
1
Questo caso è stato ispirato da G. Pascal Zachary, “Many Journalists See a Growing Reluctance to Criticize Advertisers,”
The Wall Street Journal (6 febbraio 1992), A1, A9; e da G. Bruce Knecht, “Retail Chains Emerge as Advance Arbiters of
Magazine Content,” The Wall Street Journal (22 ottobre 1997), A1, A13.
Richard L. Daft, Organizzazione aziendale, seconda edizione, Apogeo, 2004.
cliniche delle città più grandi erano mantenute aperte, malgrado gli abitanti non ne avessero
un vero bisogno. La giornalista aveva accuratamente intervistato sia gli ex–pazienti della
clinica sia gli impiegati della ETH, incluso il primario di una delle cliniche e due dirigenti di alto
livello degli uffici centrali, e aveva attentamente documentato le proprie fonti. Dopo l’incontro
di quella mattina, Rick sapeva che avrebbe dovuto sottoporre la storia a Lisa Lawrence, poiché
la East Tennessee Healthcorp era uno dei più grandi inserzionisti del Tribune, ma Lawrence
aveva terminato il proprio turno, e lui semplicemente non riusciva a trascinarsi alla divisione
pubblicità per consultarsi con loro — quelle sciocchezze politiche dovevano essere gestite da
Lawrence. Se avesse, però, mantenuto la storia per l’approvazione di Lawrence, non avrebbe
fatto uscire l’edizione domenicale. L’unica sua altra opzione era scrivere una breve storia che
riportasse semplicemente la chiusura, lasciando fuori gli aspetti “umani”. Rick era sicuro che i
più grandi quotidiani di Knoxville e delle altre città vicine avrebbero avuto la notizia nei loro
giornali della Domenica, ma nessuno di loro avrebbe avuto il tempo di sviluppare un resoconto
così esauriente e interessante come quello che aveva presentato Fraley. Con pochi colpi di
penna, dati per apportare dei cambiamenti editoriali minori, Rick mandò la storia in stampa.
Quando arrivò al lavoro il giorno successivo, Rick fu immediatamente chiamato nell’ufficio
dell’editore. Sapeva che la presenza di Fisher di domenica era una brutta notizia. Dopo varie
urla e strepiti, Rick apprese che decine di migliaia di copie del giornale domenicale erano state
distrutte, e che ne era stata stampata una nuova edizione. Il direttore pubblicitario aveva
chiamato Fisher a casa di prima mattina per informarlo della storia sulla ETH, che sarebbe
apparsa lo stesso giorno in cui quell’azienda aveva riservato un’intera pagina per pubblicizzare
i propri servizi alle piccole città e alle comunità rurali del Tennessee orientale.
«La storia è accurata, e ho supposto che voleste avvantaggiarvi della possibilità di battere i
grandi giornali», cominciò a dire Rick, ma Fisher tagliò corto questo ragionamento con la sua
linea di pensiero favorita: «Quando presupponi», urlò, «fai fare la figura dello stupido sia a me
sia a te. Avresti dovuto riportare solamente i fatti basilari, senza implicare che l’azienda non si
cura della popolazione di questa regione. La prossima volta che accadrà qualcosa del genere,
tu e i tuoi reporter vi ritroverete all’ufficio di collocamento!».
Rick aveva già sentito un discorso simile, ma, in qualche modo, questa volta quasi ci
credeva. «Cos’è successo dai giorni in cui lo scopo primario di un giornale era presentare le
notizie?» borbottò Rick «Adesso, sembra che dobbiamo ballare al ritmo suonato dalla divisione
pubblicità».
Richard L. Daft, Organizzazione aziendale, seconda edizione, Apogeo, 2004.
Caso 13-B
Pierre Dux2
Pierre Dux sedeva calmo nel suo ufficio, mentre considerava la notizia. Era stata annunciata
una terza nomina per la dirigenza regionale e, un’altra volta, la promozione che aspettava era
stata data a qualcun’altro. Questa volta le spiegazioni sembravano insufficienti e, chiaramente,
questo segnalava la fine della sua carriera alla INCO. Solo un anno prima, il presidente
dell’azienda era arrivato nello stabilimento di Dux con una copertura stampa nazionale, per
pubblicizzare il successo dell’innovazione che lo stesso Dux aveva progettato e implementato
nella direzione delle operazioni manifatturiere. L’anno che era intercorso aveva portato migliori
risultati operativi e un'ulteriore pubblicità positiva per l’azienda, ma anche una sequela di
delusioni personali per Pierre Dux.
Quattro anni prima, l’impianto manifatturiero della INCO era stato uno dei meno produttivi
dei tredici stabilimenti che operavano in Europa. L’assenteismo e l’altro turnover degli
impiegati erano sintomi del basso morale nel gruppo di lavoro. Questi fattori si erano riflessi in
mediocri livelli di produzione e nella peggiore qualità registrata alla INCO. Pierre Dux aveva
ricoperto la sua attuale posizione per un anno e l’unica soddisfazione gli era derivata dal fatto
che tali risultati sarebbero potuti essere anche peggiori se non avesse istituito delle riforme
minori nelle comunicazioni organizzative. Queste avevano permesso ai lavoratori e ai
supervisori di dar sfogo alle proprie preoccupazioni e frustrazioni. Sebbene non fosse cambiato
niente di sostanziale durante quel primo anno, i risultati operativi si erano stabilizzati, ponendo
fine a un periodo di rapido declino. Questa “luna di miele”, però, era terminata. L’aspettativa di
cambiamenti significatici stava crescendo, in particolare tra i lavoratori che avevano dato voce
alla loro insoddisfazione e avevano suggerito proposte concrete per il cambiamento.
Il processo di cambiamento, che era cominciato tre anni prima, si era incentrato sulla
riprogettazione delle operazioni di produzione da una linea di assemblaggio a stazione singola
a vari gruppi di assemblaggio semi–autonomi. Benché ci si fosse riferiti al cambiamento come
al “progetto Volvo” della INCO o come “le fatiche della INCO verso la direzione in stile
giapponese”, esso non era stato veramente niente di tutto ciò. Piuttosto, era stato il frutto
dell’ingegno di un gruppo di manager, guidati da Dux, i quali credevano che sia la produttività
sia le condizioni lavorative nello stabilimento potessero essere migliorate con un unico
intervento. Certamente, i membri del gruppo avevano visitato altri cosiddetti “impianti di
produzione innovativi”, ma i nuovi gruppi di lavoro e le nuove job classification erano stati
progettati tenendo bene in mente i prodotti e la tecnologia particolari della INCO.
Dopo interminabili discussioni tra il gruppo dirigenziale, largamente dedicate a raggiungere
un accordo sulla direzione generale che avrebbe preso il nuovo progetto, il progetto effettivo
cominciò a emergere. Altre discussioni ugualmente interminabili (cui spesso ci si riferiva come
negoziazioni) con i membri della forza lavoro, i supervisori e i rappresentati dei sindacati locali
furono parte del processo di progettazione. La prima ristrutturazione in gruppi di lavoro più
piccoli fu tentata in un progetto sperimentale che aveva ricevuto una titubante approvazione
dall’alta dirigenza alla sede centrale della INCO e una risposta alla “aspettiamo e vediamo” dal
sindacato. La più forte resistenza iniziale venne dagli ingegneri dello stabilimento. Non erano
convinti né dalla nuova struttura né dal coinvolgimento della forza lavoro nella progettazione
degli apparati operativi e dei metodi di produzione. In precedenza, era stato il gruppo degli
ingegneri a eseguire queste funzioni, ed essi sentivano che i problemi al momento presenti
erano il risultato della mancanza di competenza tra gli addetti o della scarsa volontà
dirigenziale di far funzionare il sistema.
All’esperimento erano stati assegnati dei volontari, supportati da alcuni dei lavoratori meglio
formati nello stabilimento. Questi ultimi erano necessari per assicurare un avvio del nuovo
equipaggiamento, che era stato modificato rispetto alla tecnologia esistente nella linea di
assemblaggio.
L’esperimento iniziale incontrò un limitato successo. Sebbene, infatti, il gruppo fosse stato
capace di raggiungere in poche settimane i livelli di produttività della linea esistente, i critici
del nuovo piano attribuivano il basso livello di successo alla natura non rappresentativa del
2
Questo caso è stato preparato da Michael Brimm, professore associato della INSEAD, come base per le didattica e
non per illustrare metodologie efficaci o inefficaci di gestione aziendale. Copyright © 1983 INSEAD Foundation,
Fontainebleau, France. Rivisto 1987.
Richard L. Daft, Organizzazione aziendale, seconda edizione, Apogeo, 2004.
gruppo sperimentale o alla novità dell’equipaggiamento con cui avevano lavorato. In ogni caso,
anche questo limitato successo attrasse l’attenzione di molte persone alla sede centrale della
INCO e in altri stabilimenti. Tutti erano interessati a visitare il nuovo “esperimento”, tanto che
le visite divennero ben presto una rilevante distrazione, e Dux dovette dichiarare un blocco
temporaneo per consentire al progetto di procedere, malgrado i borbottii del quartier generale
circa il suo comportamento “reticente” e “non cooperativo”.
Grazie al successo dell’esperimento, Dux e il suo staff si prepararono a convertire l’intera
operazione di produzione al nuovo sistema. L’entusiasmo dei lavoratori nell’impianto crebbe al
procedere della formazione per la riconversione; in effetti, un gruppo di lavoratori della
produzione chiese di poter aiutare nell’installazione del nuovo equipaggiamento, come mezzo
per imparare di più sul suo funzionamento.
Dux e il suo staff furono sorpresi dalle difficoltà incontrate in questa fase. La sede centrale
sembrava tirarla per le lunghe nell’approvare i necessari finanziamenti per la riconversione, e,
anche dopo che tali finanziamenti furono approvati, vi era un flusso di sfide a parti minori
dell’impianto. «Non potresti lasciare a casa i lavoratori durante la riconversione?» «Perché
utilizzare i lavoratori in straordinario per realizzare la conversione, quando potresti assumere
lavoratori temporanei che ti costerebbero meno?». Queste critiche riflettevano una mancanza
di comprensione dei basilari principi operativi del nuovo sistema, e Dux le rigettò.
La conversione dell’intera linea di assemblaggio in gruppi di lavoro fu finalmente raggiunta,
con il gruppo dirigenziale locale che fece poche concessioni dai loro piani stabiliti. Il
cambiamento iniziale e i primi giorni di operatività furono pieni di problemi; il processo di
progettazione, infatti, non aveva previsto molti dei problemi che si presentarono con le
operazioni vere e proprie. Comunque, Dux era compiaciuto nel vedere i dirigenti, lo staff e i
lavoratori raccogliersi insieme nelle aree problematiche, calibrando il progetto quando
nascevano dei problemi. Non appena sembrava, finalmente, che la fase di avvio fosse stata
superata, però, un cambiamento nelle specifiche di produzione da parte del quartier generale
impose altre modifiche al progetto del processo di assemblaggio, e il nuovo cambiamento fu
gestito rapidamente e con entusiasmo dalla forza lavoro. Mentre quel periodo era stato
estremamente faticoso, ed era sembrato senza fine a quelli che sentivano la responsabilità del
cambiamento, il nuovo progetto impiegò solo sei mesi per raggiungere i normali livelli operativi
(era stato previsto che sarebbe stato necessario un anno per raggiungere tali livelli — senza la
necessità extra di modificare le specifiche di produzione).
Nel giro di un anno, Dux era sicuro di avere un grande successo tra le mani. La produttività,
infatti, e la qualità del prodotto dello stabilimento erano considerevolmente migliorate, e
secondo questi indicatori in questo periodo relativamente breve il suo impianto era passato dal
peggiore a uno dei tre maggiormente produttivi nel sistema della INCO. L’assenteismo si era
solo leggermente ridotto, ma il turnover era diminuito sostanzialmente. Il morale non era
formalmente misurato, ma era considerato enormemente migliorato da tutti i membri del
gruppo dirigenziale. Adesso, dopo tre anni di piene operazioni, lo stabilimento era considerato
il più produttivo nell’intero sistema della INCO.
Dux fu un po’ sorpreso quando nessun altro impianto della INCO iniziò un simile sforzo nè lo
chiamò in aiuto. Gli incrementi dei primi anni si erano livellati, con il picco raggiunto nella
prima parte del terzo anno; ora lo stabilimento sembrava aver trovato un nuovo equilibrio. La
calma di operazioni più scorrevoli era stata un sollievo, benaccetto dai molti che avevano
lavorato così duramente per lanciare il nuovo progetto. Per Dux, essa aveva forniva il tempo
per riflettere su ciò che egli aveva portato a compimento, e per pensare alla sua futura
carriera.
Era in questo contesto che aveva vagliato la notizia che una volta ancora era stato
scavalcato nella promozione al successivo livello nelle gerarchia della INCO.
Richard L. Daft, Organizzazione aziendale, seconda edizione, Apogeo, 2004.
Scarica