Capitolo 13 - Le Radio di Sophie

N.d.C.-la Retroazione Positiva
1
Capitolo 13°
LA RETROAZIONE POSITIVA
Prerequisiti:
Per la Matematica:
Conoscenza delle grandezze periodiche, degli elementi di trigonometria e dei numeri complessi.
Per l'Elettronica:
Conoscenza dei circuiti risonanti, del concetto di retroazione, degli elementi circuitali attivi e passivi.
Obiettivi:
Essere in grado di distinguere tra Oscillatori e Generatori. Conoscenza dei vari generatori di segnale. Invito alla Realizzazione Progettuale.
GENERALITA'
Sappiamo già che il ben noto schema a blocchi di Fig.01 rappresenta un sistema di amplificazione sottoposto a
retroazione,
Fig.01
sappiamo anche che la formula generale che governa la retroazione è data dall’espressione:
A
Ar =
(01)
1 − (± β ⋅ A )
e che in base alla relazione di fase che esiste tra v r e v i il termine βA può assumere il segno positivo o negativo.
Quando la fase tra i due segnali di ingresso v i e di ritorno v r è di 180° (ossia quando c’è opposizione tra essi), βA
assume il segno negativo e, di conseguenza, si verifica un segno positivo tra i due termini del denominatore: in questo
caso siamo in presenza della Controreazione, a noi già nota.
Quando invece v r e v i sono in fase, β A assume il valore positivo e quindi compare un segno negativo tra i due
termini del denominatore: in questo caso siamo in presenza della Reazione positiva o Rigenerazione o semplicemente
Reazione:
A
(01a)
Ar =
1 − βA
Se, tra gli infiniti valori validi, il termine βA va ad assumere il valore reale "1" allora il denominatore si annulla e,
come risultato, A r tende all'infinito.
Ricordando che l’amplificazione A r è stata definita come il rapporto tra il segnale d'uscita v u ed il segnale d'ingresso
v i , possiamo scrivere, per quanto detto sopra:
vu
→∞
(02)
vi
Il risultato della (02) ci indica che, o deve essere nullo il segnale d'ingresso v i con un segnale d'uscita v u diverso da
zero, o deve essere infinito il segnale d'uscita v u e non nullo il segnale d'ingresso v i . Queste due condizioni
matematiche sono rappresentate nelle (02a):
vu
∞
1): Ar =
;
2): Ar = ;
(02a)
0
vi
Il secondo caso espresso nella (02a), non è di fisica realizzabilità, poiché è impossibile pensare di ottenere un
segnale di grandezza infinita.
Il primo caso invece è realizzabile e ci mostra che si può avere un segnale d'uscita v u dal sistema reazionato, senza che
ci sia alcun segnale v i all'ingresso (Fig.01a).
Ar =
Fig.01a
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2
Non tenendo conto delle alimentazioni, dei consumi dei circuiti e dei bilanci energetici, possiamo azzardare a dire di
avere ottenuto un segnale dal nulla. Ciò significa semplicemente che, sotto particolari condizioni, siamo in grado di
"generare" un segnale, ossia abbiamo trovato la condizione matematica per realizzare un "generatore". Dalla (01) e da
quanto detto finora, deriva l’importante espressione per cui ciò si verifica:
+β ⋅ A = 1
(03)
La (03) va sotto il nome di "condizione di Barkhausen".
Possiamo, allora, esprimere in modo molto generale che, ogni volta che si ha la necessità di realizzare un generatore
di segnale basta “semplicemente” soddisfare la condizione di Barkhausen. Attuare, poi, effettivamente questa
condizione, può essere facile o difficile, a seconda dei circuiti che vogliamo realizzare o che siamo costretti ad
adoperare, ma questo è un altro problema.
Nella pratica progettuale, si pone sempre β A > 1 in modo da essere certi che, dopo l'inizio del funzionamento e per
inevitabili condizioni di saturazione insieme ad una polarizzazione di tipo automatico (Cap.6°), si torni, da valori più
grandi, sicuramente verso il valore β ⋅ A = 1 che sosterrà il sistema a funzionare correttamente come generatore.
GENERATORI
Passando all’attuazione pratica dei concetti teorici più sopra accennati, possiamo dividere i generatori in due grandi
categorie a seconda del tipo di segnale che essi producono.
Queste due categorie si distinguono in:
1) Oscillatori, se generano direttamente segnali sinusoidali.
2) Generatori di forme d'onda, se generano tutti gli altri tipi di segnale.
Diamo uno sguardo a queste due famiglie di generatori:
1) Oscillatori
Un generatore sarà chiamato "Oscillatore" se la condizione di Barkhausen ( β ⋅ A = 1 ) si verifica solo ad un preciso
valore di frequenza f = f 0 , che risulterà poi essere la frequenza del segnale v u generato in uscita. Perciò non vi
saranno frequenze generate diverse da f = f 0 e quindi non vi saranno armoniche distorcenti che modificano la forma
sinusoidale. Da ciò discende che, per definizione, un Oscillatore è un generatore che produce direttamente ed
intrinsecamente un’onda oscillante ossia sinusoidale.
Gli oscillatori elettronici producono segnali sinusoidali su un vasto campo di frequenze, i cui limiti possono andare
da valori bassissimi dell'ordine dei mHz a valori altissimi, dell'ordine delle molte decine di GHz.
Si può fare allora una prima grande divisione in generatori di Basse Frequenze (B.F.) e generatori di Alte Frequenze
(A.F.) o meglio, di Radio Frequenze (R.F.).
La tecnologia adoperata per realizzare questi Oscillatori dipende molto dal valore delle frequenze generate e dal
loro campo di escursione. In linea di massima, possiamo dire che gli Oscillatori R.F. sono realizzati normalmente con
circuiti risonanti RLC a costanti concentrate o distribuite, mentre gli Oscillatori B.F. sono quasi sempre formati da reti
di reazione RC, poiché in questo campo di frequenze si tende ad escludere l'uso delle Induttanze “L”. Esse
risulterebbero ingombranti, di basso Q e di difficile costruzione ottimale.
2) Generatori di Forme d'Onda.
Sono generatori che si basano su circuiti a scatto come i Multivibratori, o su circuiti a rilassamento come gli
Oscillatori Bloccati. Producono onde periodiche di forma quadra o impulsiva, oppure di altro tipo (triangolare,
parabolica, trapezoidale, a dente di sega, ecc...). Qui non parleremo di questi generatori.
----*---Ci soffermeremo ora un po’ sugli Oscillatori R.F., in seguito parleremo degli Oscillatori B.F.
OSCILLATORI R.F.
In merito alla loro realizzazione e al metodo di produzione dell’onda sinusoidale, generalmente gli oscillatori a
radiofrequenza (R.F.) vengono suddivisi in due categorie:
1) Oscillatori a Circuito Accordato.
2) Oscillatori a Tre Punti.
Parliamone un po’:
Oscillatori a Circuito Accordato.
Sono Oscillatori che si basano sulla retroazione induttiva del segnale dall'uscita verso l'ingresso, applicata ad un
comune amplificatore accordato a banda stretta, (vedere il Cap. 10° “Amplificatori a Banda Stretta”) e vanno sotto il
nome di Oscillatori di Meissner.
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Per quanto ora detto, si può dire semplicemente che un Oscillatore Meissner è un comune amplificatore
monostadio a banda stretta con un unico circuito risonante accordato su f o , dotato di forte reazione positiva. Questa
è ottenuta mediante un accoppiamento a mutua induzione M del giusto segno tra uscita e ingresso.
La Fig.02 rappresenta un Oscillatore di Meissner con un triodo come elemento attivo. L'uscita del segnale è ai capi
dell'induttanza L , l'ingresso è ai capi dell'induttanza L' , mentre la mutua induzione M contribuisce alla retroazione
del segnale. Il calcolo teorico è molto semplice.
Fig.02
Matematicamente, le espressioni fondamentali necessarie al calcolo di un oscillatore Meissner sono le due seguenti:
1
f0 =
(1*)
(04)
2π LC
1 L
M=
⋅
(05)
gm R p
Dove Rp è la resistenza dinamica del circuito risonante con in parallelo la resistenza interna del tubo. Riusciamo
facilmente a determinare, con la (04) la frequenza f o di funzionamento e con la (05) quanto deve essere
l’accoppiamento mutuo minimo M tra le due induttanze per ottenere l’innesco.
Sviluppiamo completamente un caso reale.
Vogliamo costruire un oscillatore “Meissner” che generi un segnale sinusoidale alla
frequenza f0=1MHz. Si ha a disposizione una induttanza L=80µH (misurata al ponte), con
un presunto coefficiente di bontà Q=100. La valvola impiegata è una EC86 che ha una
conduttanza mutua gm=5mA/V e una resistenza interna Ri=11500Ω, quando viene alimentata
da una tensione anodica di 120V, con una corrente anodica di 2mA.
Fig.02a
Utilizziamo lo schema di Fig.02a, sulla falsa riga dello schema di Fig.02, con l’unica
variante della resistenza di griglia collegata a massa e della capacità Ca di 22nF, che
chiude il circuito risonante, isolando la parte induttiva dalla massa su cui è montata
la carcassa del condensatore variabile C.
La reattanza di Ca ad 1MHz è:
XC =
1
1
=
= 7,2Ω
6
2πfC 6,28 ⋅ 10 ⋅ 22 ⋅ 10 − 9
sufficientemente piccola per essere considerata come un corto circuito per il segnale.
Determiniamo i valori dei componenti del circuito.
Il valore della capacità C in parallelo a L è:
C=
1
1
10 −9
=
=
≅ 317 pF
2
2
12
−6
3,155
ω L 6,28 ⋅ 1 ⋅ 10 ⋅ 80 ⋅ 10
realizzata mediante un condensatore variabile di 500pF da accordare.
La resistenza dinamica Rd della bobina è:
R d = ωL ⋅ Q = 6.28 ⋅ 1 ⋅ 10 6 ⋅ 80 ⋅ 10 −6 ⋅ 100 = 50 ⋅ 103 Ω
Calcoliamo la Rp:
Rp =
Ri ⋅Rd
11,5 ⋅10 3 ⋅ 50 ⋅10 3
=
= 9.35 ⋅10 3 Ω
Ri + Rd
11,5 + 50) ⋅10 3
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Calcoliamo il valore minimo del coefficiente di mutua induzione M:
M=
L
80 ⋅10 −6
=
= 1,71µH
g m ⋅ R p 5 ⋅10 −3 ⋅ 9,35 ⋅10 3
necessario al mantenimento dell’oscillazione.
Dal valore di M possiamo risalire al valore di L1 per poter determinare in qualche modo
quante spire dobbiamo avvolgere strettamente a fianco della L o, ancora meglio, sopra
alla L (accoppiamento stretto). Nelle condizioni di un accoppiamento molto stretto
possiamo sufficientemente ritenere che sia k=1, perciò:
M = k L ⋅ L1 = L ⋅ L1
da cui si ricava il valore minimo di L1 per cui si ottengono ancora le condizioni
d’innesco dell’oscillazione:
L1 =
M 2 (1,71⋅10 −6 ) 2
=
= 0,036µH
L
80 ⋅10 −6
che è un valore molto basso (bastano pochissime spire), perché il tubo EC86 ha un’alta
conduttanza mutua. Noi useremo un più ampio valore di L’ (L’=18µΗ) per avere la certezza
assoluta del funzionamento. Manca solo il calcolo del gruppo di polarizzazione R’C’.
L’esperienza progettuale ci insegna che, per ottenere un buon segnale in uscita, la
costante di tempo del gruppo R’C’ deve essere intorno a 5 ÷ 10 volte il periodo del
segnale generato. Infatti se è più piccolo il tubo tende a funzionare con scarso
rendimento in classe A o AB invece che in classe C; se è maggiore tende a portare il
circuito a funzionare come oscillatore bloccato. Perciò, scegliendo un coefficiente 5, se
assumiamo per R’ il valore comunemente accettato di 47KΩ otteniamo per C’:
C' =
5
5
=
≅ 100pF
R ⋅ f 0 47 ⋅ 103 ⋅ 106
'
Abbiamo così determinato velocemente e con semplicità tutti i componenti del circuito.
Un prototipo costruito con i dati dello schema di Fig.02a ha funzionato immediatamente e
ha fornito i seguenti risultati:
Corrente assorbita: 1,8mA
Con il variabile tutto chiuso (500pF) la frequenza generata è stata di circa 800KHz con
un segnale di 57,7V.
Con il variabile aperto circa a metà la frequenza generata è stata di circa 1000KHz con
un segnale di 63,47V (Diagr.01).
Con il variabile tutto aperto (50pF) la frequenza generata è stata di circa 2800KHz con
un segnale di 77,0V.
Si può notare come la tensione di segnale aumenti passando dalle frequenze basse verso le
più alte. Ciò è normale poiché sappiamo che all’aumentare del rapporto L/C aumenta il Q
del circuito risonante e quindi la sua efficienza.
Diagr.01
Anche la purezza della sinusoide è risultata molto buona (Diagr.01).
----*---Qui di seguito sono mostrate alcune foto del prototipo, realizzato con materiali di
recupero.
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Può essere utile conoscere i dati costruttivi della bobina:
Fig.02b
Essi sono (Fig.02b):
d = 16mm (cannetta di plastica per impianti elettrici).
l = 7cm (lunghezza del tubo di plastica).
L = 100 spire diam.0,25mm (circuito primario o anodico).
L’=
20 spire diam.0,25mm (circuito secondario sovrapposto al primario).
Oscillatori a tre punti.
L'oscillatore Meissner non è l'unico circuito in grado di produrre oscillazioni. Vi è uno studio particolare su un
circuito reazionato che porta alla realizzazione di altri tipi di oscillatori chiamati "Oscillatori a tre punti". Gli
oscillatori che fanno capo a questa categoria sono i seguenti:
1) Oscillatore di Hartley
2) Oscillatore di Colpitts
Essi sono gli unici che risolvono il cosiddetto "problema dei tre punti".
Fig.03
Il circuito base di studio è quello disegnato in Fig.03 dove possiamo osservare le tre impedenze complesse, Z gk , Z ak ,
Z ga , che collegano a due a due i tre punti essenziali di un elemento attivo (in un tubo elettronico sono: anodo, griglia,
catodo).
Solo se i segni delle parti reattive delle tre impedenze sono quelli esatti può essere realizzata la condizione β ⋅ A = 1
che permette la produzione di oscillazioni.
(2*)
In particolare si può dimostrare che le parti immaginarie delle impedenze d'ingresso griglia-catodo Z gk e
d'uscita anodo-catodo Zak devono avere sempre lo stesso segno, mentre quella di reazione griglia-anodo Z ga deve avere
il segno opposto alle altre due. Il caso in cui le parti immaginarie di Z gk e Z ak sono positive (cioè sono due
induttanze), mentre Z ga è negativa (cioè è una capacità), porta alla soluzione di Hartley;
mentre l'altro caso, con le parti immaginarie negative di Z gk , Z ak (cioè due capacità), e quella di Z ga positiva (cioè
un’induttanza), porta alla soluzione di Colpitts.
La risoluzione del problema dei tre punti porta, quindi, a due soluzioni distinte:
1) Oscillatore di Hartley, dove le parti reattive Xak e Xgk sono positive e Xga è negativa. La Fig.04 mostra il
circuito teorico di base.
2) Oscillatore di Colpitts, dove le parti reattive Xak e Xgk sono negative e Xga è positiva. La Fig.05 mostra il
circuito teorico di base.
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Gli schemi di Figg.04 e 05 sono solo di principio e non tengono conto del problema che sorge quando dobbiamo
alimentare e polarizzare l'elemento attivo.
Fig.04 (Hartley)
Fig.05 (Colpitts)
Vediamo ora qualche schema pratico dove questo problema è risolto.
1) Schemi di Oscillatori Hartley.
In Fig.06 e in Fig.07 vengono mostrate due diverse soluzioni circuitali che tengono conto sia dei collegamenti pratici di
funzionamento, sia dei collegamenti di principio.
Fig.06
Fig.07
I tre punti sono l’anodo, la griglia, il catodo.
Le (14) sono relazioni fondamentali per la progettazione di un oscillatore di Hartley:
(Lb + M ) ⋅ g ⋅ Rp = 1 ;
1
(3*)
; Lo = Lc + Lb + 2M ;
ωo =
(Lc + M ) m
Lo ⋅ Co
(14)
Nel circuito di Fig.06, J1 non permette al segnale di essere cortocircuitato verso massa tramite l'alimentazione, mentre
C1 , al contrario, permette il passaggio del segnale ma isola l'alimentazione. Il gruppo RC di polarizzazione attraverso
il ritorno di massa costruisce il collegamento al terzo punto (griglia). Nel circuito di Fig.07, invece, uno dei tre punti
(anodo) è raggiunto attraverso la massa e l'alimentazione (qui si presume che l’impedenza interna dell’alimentazione
sia teoricamente zero per il segnale in modo da sembrare un corto circuito).
2) Schemi di Oscillatori Colpitts
Le (15) sono la relazioni fondamentali che caratterizzano il circuito oscillante di Colpitts:
Cb ⋅ Cc
Cc
1
(4*)
Co =
;
;
⋅ g m ⋅ Rp = 1 ;
(15)
ωo =
C
b
+
C
b
C
b
Lo ⋅ Co
In Fig.08 e Fig.08a sono disegnate due delle svariate realizzazioni di un circuito Colpitts, dove sono risolti gli stessi
problemi funzionali del caso precedente.
In Fig.08, mediante una impedenza J1 sull'emettitore si risolve il problema della corrente d'alimentazione e nello stesso
tempo si elimina una strada verso massa al segnale, il quale, invece deve disporsi interamente al nodo tra i due
condensatori di reazione C gk e C ak . Uno dei tre punti (anodo) è raggiunto dalla massa attraverso il collegamento con
l'alimentazione.
Fig.08
Fig.08°
In Fig.08a l’impedenza J1 isola il segnale dal corto circuito dell’alimentazione.
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Facciamo un semplice esempio.
Vogliamo generare un segnale intorno a 1,5MHz mediante un oscillatore di tipo Colpitts.
Abbiamo disponibili due condensatori di 300pF e un’induttanza L0 di 80µΗ. Vogliamo
determinare il valore della frequenza di risonanza fo.
I due condensatori Ca e Cb di 300pF realizzano in serie la C0 che costituisce con la L0 un
circuito antirisonante. Utilizziamo lo schema di Fig.08a e calcoliamo i componenti
essenziali del circuito.
Otteniamo:
Co =
Cb ⋅ Cc
300 ⋅ 300 300
=
=
= 150pF
Cb + Cb 300 + 300
2
Dalla relazione di Thompson:
f0 =
1
2π L 0 C 0
Ricaviamo immediatamente :
f0 =
1
6,28 ⋅ 80 ⋅ 10 −6 ⋅ 150 ⋅ 10 −12
= 1453KHz.
Questo è il valore della frequenza generata.
Abbiamo costruito un prototipo (Fig.08b) seguendo lo schema di Fig.08a e utilizzando la
bobina di Fig.02b del circuito di Meissner.
L’avvolgimento di griglia è stato adoperato come secondario su cui prelevare il segnale
d’uscita. L’impedenza J1 è di 3,5mH. Le polarizzazioni non sono state cambiate.
Il circuito ha funzionato immediatamente.
La lettura sullo schermo dell’oscilloscopio ci ha fornito i seguenti dati (diagr.02):
1) Tensione generata vu disponibile: 26,81V.
2) Frequenza del segnale generato: 1452KHz, praticamente uguale al valore calcolato!
Fig.08b
Il circuito Colpitts
Il circuito in funzione.
Diagr.02
----*----
OSCILLATORI B.F.
Quando vi è la necessità di generare frequenze basse, gli oscillatori LC diventano di difficile realizzazione a causa
dell'elevato valore di L e del basso coefficiente di Bontà Q che si ottiene. Per queste basse frequenze sono più adatti gli
oscillatori "RC". Essi possono essere di vario tipo: a sfasamento, a doppio T, a T shuntato, a ponte di Wien ed altri
ancora.
Il più comune ed il più usato tra questi per le sue buone qualità e per la sua versatilità è l'oscillatore a ponte di Wien.
Oscillatore a ponte di Wien
L'oscillatore a ponte di Wien è costituito da un amplificatore a due stadi per avere uno sfasamento di segnale uguale a
zero, ed è fornito di reazione sia positiva che negativa (si ricordi che uno stadio amplificatore sfasa di 180° il segnale
amplificato e due stadi sono necessari per riportare all’ingresso un segnale di 360° cioè in fase).
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La Fig.09 mostra una realizzazione effettiva di un oscillatore a ponte di Wien. Le reti di retrocessione di segnale nel
circuito sono disegnate in grassetto per evidenziare il ramo di reazione negativa (formato da R1,R2) e il ramo di
reazione positiva (formato dai gruppi CR serie/CR parallelo). Questi due rami, disegnati in altro modo mettono in luce
il circuito di un ponte di Wien come in Fig.10. La reazione negativa Vr ( −) , sul catodo di T1, è indipendente dalla
frequenza perché il circuito che la produce (R1 e R2) è puramente reale; la reazione positiva Vr ( + ) sulla griglia di T1 è,
invece, dipendente dalla frequenza per la presenza delle impedenze complesse formate dalla serie e dal parallelo di R e
di C .
Fig. 09
Fig.10
Il condensatore C 0 serve per disaccoppiare il circuito attivo di reazione dalle tensioni continue di polarizzazione e deve
avere una reattanza trascurabile nel campo delle frequenze generate.
La risoluzione matematica del circuito porta a queste tre formule di progettazione:
1
fo =
(5*)
;
(06)
2πRC
2 ⋅ R 2 = R1 ;
(07)
A ≥ 3;
(08)
da cui si deduce (08) che l'amplificazione minima del sistema, necessaria per produrre un segnale alla frequenza
determinata dalla (06), deve essere maggiore di tre (condizione, praticamente, sempre verificata).
La (07) deriva dal fatto che matematicamente per avere la generazione delle oscillazioni il coefficiente β deve essere
uguale a 1/3. Poiché deve anche verificarsi la condizione di oscillazione βA = 1 , si ottiene la (08). Ma per avere la
sicurezza dell’innesco delle oscillazioni è bene che all’inizio del funzionamento il coefficiente β sia leggermente
maggiore di 1/3. Una volta innescate le oscillazioni, esse devono mantenersi di ampiezza costante, perciò β deve
diminuire e tornare ad essere uguale a 1/3.
In pratica, la R2 è costituita da una resistenza a coefficiente di temperatura positivo (è sufficiente una piccola lampadina)
in modo da rendere, a freddo, + v r > − v r (ossia β( + ) > β( − ) ) ossia da squilibrare il ponte per far innescare facilmente
l'oscillazione. Poi, all’aumentare dell’ampiezza delle oscillazioni aumenta la corrente che scorre nel ramo R1,R2. Questa
corrente scalda il filamento R2 della lampadina producendo l’aumento della resistenza interna della lampada con la
temperatura che fa aumentare la differenza di potenziale sul catodo. Ciò fa in modo che β ( − ) cresca per stabilizzare
automaticamente il sistema, sia per quanto riguarda la tensione d'uscita Vu sia per quanto riguarda la frequenza.
Quindi, per avere un innesco certo, è bene che la relazione (07) sia modificata nella:
R
R2 ≤ 1
2
in modo da avere, inizialmente, una maggiore amplificazione disponibile. Di solito la R1 è costituita da un trimmer per
regolare il funzionamento in modo ottimale
----*----
Per le sue ottime qualità questo tipo di oscillatore è molto adoperato nella strumentazione. Nella realizzazione
pratica, per costruire un generatore plurigamma, le R dei due gruppi RC vengono commutate a scatti per creare le varie
gamme di funzionamento, mentre le C sono di solito realizzate con capacità variabili per modificare la frequenza
nell'interno della gamma selezionata. Nulla toglie però che si possa fare anche il contrario: cioè, che siano variabili le
componenti R mentre le C vengano commutate a scatti per formare le varie gamme.
Esercizio di progettazione.
Intendiamo utilizzare e modificare l’amplificatore di fig.16a del Capitolo 7° in modo che
possa diventare un oscillatore a ponte di Wien oscillante alla frequenza di 800Hz, con
l’utilizzo di una sola valvola (ECC82).
N.d.C.-la Retroazione Positiva
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Fig.10b
Lo schema del circuito modificato ed adattato è in Fig.10b.
Il valore di C, per la (06), risulta:
C=
1
1
=
= 292,7 ⋅ 10 −12 → 300pF
2πf 0 R 6,28 ⋅ 800 ⋅ 680 ⋅ 103
Poniamo il valore del condensatore C0 a 2,2µF, sufficientemente elevato per non creare
un’eccessiva impedenza sul circuito di retroazione. Alla frequenza di lavoro la sua
reattanza è: Xc=90Ω.
L’elemento R2 a coefficiente di temperatura positivo (PTC) è formato da una lampadina per
addobbo natalizio (12V-40mA) che, percorsa da una corrente di circa 2mA, offre una
resistenza di circa 50Ω. Per mantenere la giusta polarizzazione essa è messa in serie ad
una resistenza di 270Ω. La resistenza R1 è realizzata con una resistenza di 470Ω in serie
ad un trimmer di 1KΩ per poter regolare la controreazione.
Il prototipo realizzato ha funzionato immediatamente e, al collaudo, ha fornito i
seguenti dati (Diagr.03):
1) Frequenza generata: f0=754,7Hz.(sufficientemente vicina a quella imposta).
2) Segnale generato:
Va=2,797V (con la taratura del trimmer per la migliore
linearità).
Il circuito in funzione
Diagr.03
Dal Diagr.03 si può notare anche una buona forma d’onda sinusoidale del segnale.
Oscillatore a sfasamento
L’oscillatore a sfasamento (Fig.12) è un buon generatore per le sue caratteristiche di stabilità ma è poco usato nella
strumentazione per la difficoltà di modifica della frequenza generata (vi è la necessità di dover adoperare o resistenze
variabili triple o condensatori variabili tripli). E’ invece adatto per generatori di frequenze fisse (per esempio, per i
generatori di nota), perché è semplice da costruire e adopera un solo tubo. La parte fondamentale dell’oscillatore è una
rete di sfasamento a tre celle filtranti, le quali ad una ben precisa frequenza sfasano il segnale di 60° ognuno, per un
totale di 180° tra ingresso e uscita. Questi, aggiunti ai 180°di sfasamento provocato dall’elemento attivo, forniscono i
gradi esattamente necessari a creare la giusta fase per ottenere una razione positiva.
Fig.12
Se consideriamo il tubo come un generatore di tensione ideale in uscita e come circuito ad alta impedenza d’ingresso in
entrata, le condizioni di funzionamento portano alle seguenti espressioni progettuali:
N.d.C.-la Retroazione Positiva
10
f0 =
(6*)
1
(18)
2π 6 RC
A ≥ 29
(18a)
Dalla (18a) si deduce che il sistema deve amplificare almeno 29 per poter generare un segnale d’uscita. Ciò significa
che è necessario adoperare triodi con alto µ (così il triodo ECC82 che ha un µ=17, montato in questo circuito, non potrà
mai generare un segnale mentre il triodo ECC83, che ha un µ=100, o il triodo EC86 che ha un µ=65 sono
sufficientemente validi).
-----*----Esercizio di progettazione.
Vogliamo realizzare un generatore di nota a 1000Hz utilizzando un tubo EC86, con una
tensione di alimentazione di 250V.
Il punto di lavoro è stato scelto in:
Vg=-2V;
Ia=5,3mA.
Va=175V;
Con questi valori di polarizzazione ricaviamo dai diagrammi del tubo:
Ri=6,5KΩ;
gm=9,8mA/V;
µ=63,7
La resistenza di placca è:
Rc =
Vcc − Va 250 − 175 3
=
10 = 14,151 ⋅ 103 → 15KΩ
Ia
5,3
Con una Rc=15KΩ, l’amplificazione statica è:
A=µ
Rc
15
= 63,7
= 44,4
Ri + Rc
21,5
sufficientemente superiore a 29, perciò possiamo procedere oltre.
La resistenza di catodo è:
Rk =
Vg
Ia
=
2 3
10 = 377 → 390Ω
5,3
Proponiamo 220KΩ come resistenza di griglia. Questo valore diventa così anche il valore
resistivo R della terza cellula di sfasamento, perciò anche le altre due dovranno avere
la stessa resistenza. Determiniamo quindi il valore delle tre capacità C. Dalla (18)
ricaviamo:
C=
1
2πf 6 R
=
1
= 295 ⋅ 10 −12 → 300pF
6,28 ⋅ 103 ⋅ 2,45 ⋅ 220 ⋅ 103
Fig.12a
In Fig.12a è riportato lo schema definitivo dell’oscillatore.
Il circuito in funzione.
Diagr.04
Al collaudo abbiamo avuto i seguenti risultati:
Valori di polarizzazione:
Vao= 181V; Vgo= -2,15V; Iao= 5,5mA; abbastanza vicini a quelli impostati. Dal Diagr.04
leggiamo:
Tensione di segnale:28,12V
Frequenza generata:844,8Hz, molto diversa da quella calcolata.
N.d.C.-la Retroazione Positiva
11
La forma d’onda del segnale è visibilmente distorta.
In conclusione questo circuito, così com’è, non è da proporre.
----*---Per i più esigenti.
Approfondimenti
(1*)
Definiamo quali sono le condizioni di funzionamento di un Oscillatore di Meissner. Sappiamo che il punto fondamentale per ottenere un
generatore è il verificarsi di: β A = 1 . Troviamo, allora, le espressioni di β e di A . La tensione di reazione Vr è riportata all'ingresso mediante
Mutua Induzione
quindi:
M , ed è, per le comuni leggi dell’elettrotecnica (si tenga presente la Fig.02):
vu
vr = − jωM ⋅ I
dove: I =
;
jωL
vu
M
vr = − jωM ⋅
= − ⋅ vu ,
jωL
L
perciò ne deriva che:
M
;
L
β=−
Dall'elettronica generale sappiamo che l’amplificazione di uno stadio con un carico
Zt
è data da:
1
Ao = −g m ⋅ Zt = −g m ⋅
1
1 ⎞
⎛
+ j⎜ ωC −
⎟
Rp ⎝
ωL ⎠
dove Rp è la resistenza dinamica del circuito risonante. Per verificare la posizione β A = 1 , dobbiamo allora scrivere:
M
1
= 1 + j0
β⋅A =
⋅ gm ⋅
1
1 ⎞
L
⎛
+ j⎜ ωC −
⎟
Rp ⎝
ωL ⎠
(05a)
Perché questa eguaglianza si possa verificare, deve innanzi tutto essere uguale a zero la parte immaginaria del denominatore, cioè deve essere:
ωC −
1
=0.
ωL
(05b)
Dalla (05b) si ricava l'unico valore di frequenza f 0 che realizza le condizioni della reazione:
fo =
Infine dalla (05a), e per la (05b), si ricava il valore di
1
(04)
2π LC
M necessario per mantenere l’oscillazione:
1 L
M=
⋅
gm R p
(05)
La f 0 della (04) è quindi la frequenza del segnale sinusoidale generato. Il valore di mutua induzione minimo necessario per innescare le oscillazioni è
dato da
M . Questo valore è dipendente dalla qualità Q del circuito risonante, tramite la resistenza dinamica parallela R P , e dal tubo usato, tramite
il parametro
g m . In pratica, per rispettare con certezza le condizioni d'oscillazione, si assume un valore di M
leggermente più alto in modo da
avere un innesco rapido e sicuro.
-----*----(2*)
Dimostreremo che, collegando a triangolo (Fig.03) i tre punti terminali di un elemento attivo (in un tubo essi sono la griglia, il catodo e
l'anodo) a due a due con tre impedenze di valore e segno appropriati, si può ottenere la condizione di Barkhausen che permette le oscillazioni.
Fig.03a
E’ evidente che il circuito equivalente della Fig.03a non è altro che la Fig.03 disegnata in altro modo. Ma ciò ci consente di veder meglio il problema
Sappiamo dall'Elettronica di base che l'Amplificazione è data da:
A = −g m ⋅ Zt
Si ha poi, per il coefficiente di reazione:
dove:
Zt =
(
Zak ⋅ Zga + Zgk
)
Zak + Zga + Zgk
(09)
N.d.C.-la Retroazione Positiva
12
Zgk
vr
=
vu Zgk + Zga
β=
β.
β A = 1 cioè:
(10)
La (09) e la (10) ci forniscono A e
Dobbiamo imporre, ora, che sia
− gm ⋅
(
Zak ⋅ Zga + Zgk
)⋅
Zak + Zga + Zgk
Zgk
(Zgk + Zga ) = 1
quindi, con alcuni passaggi:
− g m ⋅ Zak ⋅ Zgk = Zak + Zga + Zgk
Sviluppiamo la (10a) nelle sue parti reali e immaginarie:
(
)
(10a)
(
) (
− g m ⋅ (R ak + jX ak ) ⋅ R gk + jX gk = (R ak + jX ak ) + R ga + jX ga + R gk + jX gk
ed eguagliamo a zero:
(
) (
)
) (
)
g m ⋅ R ak R gk − X ak X gk + jX ak R gk + jX gk R ak + R ak + R ag + R gk + j X ak + X ag + X gk = 0
Separiamo le parti reali dalle parti immaginarie:
(
)
g m ⋅ (X ak ⋅ R gk + X gk ⋅ R ak ) + X ak + X ag + X gk = 0
g m ⋅ R ak ⋅ R gk − X ak ⋅ X gk + R ak + R ag + R gk = 0
(11)
(12)
Da queste espressioni risulta che per soddisfare la prima equazione (11) deve verificarsi (le resistenze sono tutte positive!) la condizione:
X ak ⋅ X gk > 0
(13)
cioè, per avere il prodotto positivo, le due reattanze Xce e Xbe devono essere dello stesso segno. Se la (13) non fosse soddisfatta, non potrebbe
verificarsi la (11), poiché tutti i segni dell’equazione sarebbero positivi.
Dalla seconda equazione (12) si deduce invece, che, data la condizione (13) scaturita dalla (11), per avere un risultato pari a zero, la Xag deve
necessariamente essere di segno opposto a Xak e Xgk.
-----*----(3*)
Diamo, ora, qualche cenno matematico sui criteri da seguire per ottenere effettivamente l'oscillazione in un oscillatore Hartley, tenendo sempre
presenti le figure 06 e 07 e la relazione fondamentale β A = 1 .
Ricordando dall'Elettrotecnica generale che l'induttanza totale di due induttanze parziali, in serie e non isolate magneticamente tra loro, è data dalla
somma delle due induttanze più due volte la mutua induzione tra esse, si ha la seguente espressione:
Lo = Lc + Lb + 2M .
La formula della frequenza di risonanza generata è la già nota:
1
ωo =
Si possono ricavare dal circuito le seguenti espressioni:
vu = jωoLo ⋅ IL ; vce = jωo Lc + M
(
Calcolando
) ⋅ IL ;
Lo ⋅ Co
;
vbe = jωo(Lb + M ) ⋅ IL
β e A con le:
β=−
v gk
v ak
=−
Lb + M
Lc + M
,
A = −g m ⋅ Rp ;
si ottiene, per le condizioni d'oscillazione, l'espressione:
(Lb + M ) ⋅ g ⋅ Rp = 1 ;
(Lc + M ) m
(14)
La (14) è la relazione fondamentale che caratterizza il circuito oscillante di Hartley.
-----*----(4*)
Tracciamo anche qui la strada per un calcolo progettuale dell'oscillatore Colpitts, tenendo sempre in considerazione la Fig.08 e che β A
=1.
Le formule e gli sviluppi:
v ak =
Ia
jωoCc
;
Co =
v gk =
Ia
jωoCb
Cb ⋅ Cc
Cb + Cb
;
1
1
1
1
2
+
+
; ωo ⋅ Lo =
ωoCc ωoCb
Cc Cb
v
C
1
gk
= c ; A = −g m ⋅ Rp
; β=
v ak C b
Lo ⋅ Co
ωoLo =
;
ωo =
;
portano all’espressione finale:
Cc
⋅ g m ⋅ Rp = 1 ;
Cb
(15)
N.d.C.-la Retroazione Positiva
per ottenere soddisfatta la
13
βA = 1 .
La (15) è la relazione fondamentale che caratterizza il circuito oscillante di Colpitts.
-----*----(5*)
Dall'Elettrotecnica Generale sappiamo che, per l'equilibrio del ponte di Fig.10a, deve verificarsi:
Z1 : Z 2 = Zs : Z p
che porta alla:
Zs ⋅ Z 2 = Zp ⋅ Z1
(16)
che è la formula fondamentale per la risoluzione del nostro tipo di ponte.
Fig.10a
Sviluppiamo la (16):
R
−j
1 ⎞
⎛
ω
⋅ C ⋅ R1 ;
⎜R − j
⎟ ⋅ R2 =
1
ω⋅C ⎠
⎝
R−j
ω⋅C
con alcuni passaggi, arriviamo alla (17):
R1 ⋅ R
−j
R2
ω ⋅ C ; ⎛⎜ R − j 1 ⎞⎟ ⋅ ⎛⎜ R ⋅ R 2 − j R 2 ⎞⎟ = − j R ⋅ R1 ;
R ⋅ R2 − j
=
ω⋅ C ⎠ ⎝
ω⋅ C ⎠
ω⋅ C
ω⋅ C R − j 1
⎝
ω⋅ C
R2 ⎞
R ⋅ R2
R ⋅ R1
⎛ 2
;
= −j
⎜ R ⋅ R 2 − 2 2 ⎟ − j2 ⋅
ω⋅C
ω⋅C
ω ⋅C ⎠
⎝
(17)
Separando le parti reali dalle parti immaginarie, otteniamo:
R2 ⋅ R2 −
dalla quale discende l’espressione fondamentale:
e ancora:
R2
=0
ω ⋅ C2
2
;
ω2 ⋅ C 2 ⋅ R 2 = 1 , da cui deriva la (06);
2 ⋅ R ⋅ R 2 R ⋅ R1
=
ω⋅ C
ω⋅ C
;
da cui deriva la (07): 2 ⋅ R 2 = R1 .
In base alla (07), possiamo calcolare il coefficiente di controreazione:
R2
1
R2
=
=
R1 + R 2 2 R 2 + R 2 3
verificarsi la condizione di oscillazione β A = 1 , si ottiene la (08).
β( − ) =
Poiché deve
Osserviamo, ora, attentamente la Fig.11:
Notiamo che nel piccolo tratto
oscillazioni. In
f0
(a − b )
Fig.11
la reazione risultante è positiva ( Vr ( + )
la reazione totale è massima, ma tutti i valori di frequenza
f
> Vr ( −) ), per cui in quella zona si avranno sicuramente le
dentro il tratto
prodotto, producendo così scarti ed instabilità.
Se riduciamo il tratto (a − b) la stabilità della frequenza emessa aumenta, anzi se la curva
effetti la condizione di funzionamento in un solo punto, con la produzione di una sola
f0
(a − b )
possono essere validi per il segnale
β( + ) toccasse in un solo punto la β ( − ) avremmo in
totalmente stabile. In questo caso, però, basta una leggera
N.d.C.-la Retroazione Positiva
variazione di parametri per porre
14
< β( −)
β( + )
ed avere l’interruzione del segnale generato. Perciò un piccolo tratto
(a − b )
è necessario per un
funzionamento sicuro. In pratica, la R2 è costituita da una resistenza a coefficiente di temperatura positivo (è sufficiente una piccola lampadina) in
modo da rendere, a freddo, β ( + ) > β ( − ) per far innescare facilmente l'oscillazione. Poi, a caldo, l’aumento della resistenza interna della lampada
con la temperatura fa in modo che
β( − )
cresca per stabilizzare automaticamente il sistema, sia per quanto riguarda la tensione d'uscita
Vu
sia per
quanto riguarda la frequenza generata f 0 .
Se
R
e
C
non sono uguali tra loro, si può dimostrare che la frequenza generata f 0 segue la relazione:
fo =
1
2 π ⋅ Ra ⋅ Rb ⋅ Ca ⋅ Cb
Inoltre, per avere un innesco certo, è bene che l’espressione (07) sia modificata nella:
R2 ≤
R1
2
in modo da avere, inizialmente, una maggiore amplificazione disponibile.
----*----
(6*)
Giustifichiamo le (18) e (18a) che qui riportiamo.
f0 =
1
(18)
2π 6 RC
A ≥ 29
(18a)
Poniamo, come condizioni iniziali, che le tre celle siano uguali in modo da avere lo stesso sfasamento di 60° per ognuna. Perciò scriviamo:
R1 = R 2 = R 3 = R ;
C1 = C 2 = C3 = C .
Dobbiamo determinare quali sono il valore di β e il valore di A che rendono soddisfatta la condizione di Barkhausen βA=1.
Fig.12a
Fig.12b
La rete di Fig.12a, trasformata nella Fig.12b con le reattanze per semplificare la scrittura, può essere risolta, per esempio, mediante i principi di
Kirchhoff alle maglie. Lo sviluppo è abbastanza lungo, comunque procediamo e scriviamo le quazioni alle maglie:
v u = (R + X C )I1 − RI 2
0 = (2R + X C )I 2 − RI1 − RI 3
(19)
0 = (2R + X C )I 3 − RI 2
e teniamo presente che: v r
= RI 3 . Dividendo tutto per R e ponendo per ulteriore semplicità di scrittura: p =
XC
R
, otteniamo il seguente sistema di
tre equazioni con tre incognite, che dobbiamo risolvere:
⎧ vu
⎪ R = (1 + p)I1 − I 2
⎪
⎨0 = (2 + p)I 2 − I1 − I 3
⎪0 = (2 + p)I − I
3
2
⎪
⎩
Dalla terza delle equazioni ricaviamo la I 2 in funzione di I 3 :
I 2 = ( 2 + p) I 3
e la sostituiamo nella seconda equazione per determinare l’espressione di I1 in funzione di I 3 :
[
]
I1 = I 3 (2 + p) 2 − 1
Da ciò la prima equazione, con le dovute sostituzioni, sarà solo funzione di I 3 :
[
]
vu
= (1 + p) (2 + p) 2 − 1 ⋅ I 3 − (2 + p) ⋅ I 3
R
che è la corrente che ci interessa perché ci fornisce la tensione di reazione v r = RI 3 . Moltiplicandondo la (20) per R possiamo scrivere:
[
]
v u = (1 + p) (2 + p) 2 − 1 ⋅ v r − (2 + p) ⋅ v r
da cui si ricava
[
]
vu 1
= = (1 + p) (2 + p) 2 − 1 − (2 + p) = p 3 + 5p 2 + 6p + 1
vr β
(20)
N.d.C.-la Retroazione Positiva
Ricordando che: p
=
XC
1
=
R
jω0 CR
15
e raccogliendo separatamente le parti reali e quelle immaginarie, scriviamo:
⎞
⎞
1 ⎛⎜
5
1 ⎛⎜
1
⎟
= ⎜1 + 2 2 2 ⎟⎟ +
−
6
2
2
2
β ⎝ ω0 C R ⎠ jω0 CR ⎜⎝
ω0 C R ⎟⎠
(21)
Ma per la condizione di Barkhausen, essendo l’amplificazione A reale e negativa, β deve essere reale e negativo, perciò deve
⎛
⎜
⎝
verificarsi: ⎜ 6 −
1
ω02 C 2 R 2
⎞
⎟ = 0 , ossia deve essere:
⎟
⎠
6ω02 C 2 R 2 = 1
(22)
da cui la (18):
f0 =
1
2π 6 RC
(18)
Ponendo la (22) nella parte reale della (21), essendo la parte immaginaria uguale a zero, si ottiene:
1
1
= 1 − 30 = −29 ossia: β = −
β
29
Se ne deduce che, per la condizione di Barkhausen βA=1, deve essere: A = −29
Per una maggior sicurezza di funzionamento è bene che sia:
A ≥ 29
(18a)
----*---Gennaio 2015
N.d.C.