3. Il pianeta Terra
Isola di Sakhalin (Unione Sovietica),
1 settembre 1983. Un volo di linea della
Korean Air Lines, con a bordo 289 persone
tra passeggeri e membri dell’equipaggio,
entra, per errore, nello spazio aereo
sovietico e viene abbattuto da un caccia.
Ronald Regan, Presidente degli Stati Uniti
d’America all’epoca del fatto, annuncia al
mondo che, per evitare tragedie come
quella del volo coreano, il GPS – il sistema
di localizzazione degli oggetti sulla
superficie terrestre sviluppato dagli Stati
Uniti per scopi militari – diverrà disponibile
per usi civili non appena sarà completato.
Oggi, a distanza di circa venticinque anni, il
GPS è diventato uno strumento ampiamente
diffuso e utilizzato in ogni parte del mondo.
(K Photos / Alamy)
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Dall’astronomia alla geografia astronomica
Come gli altri corpi dell'Universo e del
Sistema solare, anche la Terra racchiude in
sé il mistero di una genesi e di una
evoluzione che possono sembrare lontane
dai nostri interessi pratici e immediati, ma
riescono comunque ad affascinarci. Per di
più sappiamo che proprio in questi
complessi fenomeni evolutivi si è inserita
l'origine della vita e che la stessa comparsa
dell'uomo si inquadra in questo complicato
mosaico. Persino la nostra esistenza
quotidiana è strettamente connessa alla
configurazione assunta col tempo dal
pianeta
che
ci
ospita
e
al
suo
comportamento nei riguardi di altri corpi
celesti: basti pensare all'alternarsi del dì e
della notte o al succedersi delle stagioni, che
sono regolati dalla posizione e dai movimenti
della Terra rispetto al Sole.
Non c'è da meravigliarsi, quindi, che la
conoscenza della Terra, della sua forma e
delle sue dimensioni, della sua posizione
nell'ambito del Sistema solare e
dell'Universo, abbia attirato l'attenzione e la
curiosità dell'uomo fin dai tempi più antichi.
La Terra vista dallo spazio. (NASA)
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La forma della Terra
I popoli delle più antiche civiltà, come i
Greci
dei
tempi
di
Omero,
nell'impossibilità di abbracciare con uno
sguardo l'intera forma della Terra,
ebbero l'idea che essa fosse piana e
poco estesa, simile ad un grande disco
circondato dall'oceano e limitato
superiormente
dalla
cupola
del
firmamento.
Questa
ingenua
concezione
fu
superata nel V secolo a.C, quando
Pitagora, basandosi su presupposti
teorici, giunse al riconoscimento della
sfericità della Terra. L'idea della forma
piatta fu ripresa e propugnata però
nell'alto Medioevo, in coincidenza con il
decadere di tutte le scienze, e venne
definitivamente abbandonata dagli
Umanisti del XV secolo, che si
rifacevano alle concezioni già avanzate
da Aristotele (384-322 a.C.) e da
Tolomeo (100-178 d.C).
Il fatto che i raggi di una stella
incidano con angoli diversi sui vari
luoghi della Terra prova che la sua
superficie è curva e convessa.
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La forma della Terra
A causa delle sue dimensioni enormemente più
grandi delle nostre e del fatto che noi ci troviamo
sulla sua superficie, ci è possibile vedere soltanto
una piccola parte della Terra, anche quando ci
troviamo in un'ampia pianura o in mare aperto e
non vi sono ostacoli ad impedirci la vista. L'area
che riusciamo ad abbracciare con lo sguardo è
sempre limitata da una linea grossolanamente
circolare, che chiamiamo orizzonte sensibile,
lungo la quale sembra che la volta celeste si
congiunga col suolo o col mare. Ma, nonostante
questa limitazione, alcune attente osservazioni ci
consentono di identificare la forma del nostro
pianeta.
Procedendo per approssimazioni successive,
possiamo individuare:
la curvatura della superficie terrestre;
la sfericità d'insieme del nostro pianeta;
più propriamente, la forma ellissoidale della
Terra;
la necessità di definire, per una precisione
sempre maggiore, un solido speciale, detto
geoide.
L’orizzonte sensibile limita la porzione
di superficie terrestre che riusciamo a
guardare intorno a noi.
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Due fatti, già osservati da alcuni studiosi
dell'antichità, provano senza dubbio che la Terra
ha una superficie curva e convessa.
• L'altezza delle stelle sull'orizzonte varia se ci si
sposta lungo un meridiano terrestre (ossia lungo
una linea che unisca il Polo nord con il Polo sud).
Ad esempio, la Stella polare sembra innalzarsi
sull'orizzonte se procediamo verso Nord, mentre si
abbassa progressivamente man mano che ci
spostiamo verso Sud .
• L'orizzonte va aumentando di diametro con il
crescere
dell'altitudine
del
punto
di
osservazione .
Altri fatti ancora dimostrano la curvatura della
superficie terrestre e inducono a ritenere che la
forma della Terra debba discostarsi poco da quella
di una sfera. Ad esempio: la comparsa, o
scomparsa, graduale di un oggetto all'orizzonte
(una nave che si avvicina al porto mostra per
prima la parte più alta della sua struttura, e il
contrario avviene se la nave si allontana);
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La forma della Terra
i viaggi di circumnavigazione;
l'analogia con gli altri pianeti;
l'ombra a contorno sempre circolare che la Terra proietta sulla Luna quando si interpone
fra questa e il Sole, cioè durante le eclissi di Luna;
la gravità, che agisce approssimativamente lungo i raggi di una sfera (il peso di un
corpo non differisce molto da luogo a luogo, e ciò dimostra che tutti i punti della
superficie terrestre sono circa equidistanti dal centro di gravità).
In effetti tutte queste prove al giorno d'oggi hanno solo un valore storico: la sfericità del
nostro pianeta è documentata dalle immagini riprese da sonde spaziali che si sono
spinte a centinaia di kilometri di altezza dalla Terra.
Confronto tra la superficie
del geoide e quella
dell’ellissoide terrestre.
Rispetto all’ellissoide, il
geoide si presenta un po’
rigonfio in corrispondenza
dei continenti e
leggermente depresso in
corrispondenza degli
oceani.
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Confronto tra la superficie del geoide e quella dell’ellissoide terrestre. Rispetto all’ellissoide,
il geoide si presenta un po’ rigonfio in corrispondenza dei continenti e leggermente depresso
in corrispondenza degli oceani. Geoide, la cui superficie è perpendicolare in ogni
suo punto alla direzione del filo a piombo
Comunque, secondo studi recenti, queste differenze (che nella figura
sono state esagerate per poterle mettere in evidenza) non dovrebbero
superare i 120 m. A causa delle irregolarità del geoide, la normale alla sua
superficie (verticale fisica), che è data dalla direzione del filo a piombo, non
coincide perfettamente con la retta passante per il centro della Terra (verticale
geocentrica); tuttavia l'angolo fra queste due direzioni è praticamente
trascurabile.
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Naturalmente, quando si parla di sfericità della Terra non si prendono in
considerazione le irregolarità della superficie rappresentate da rilievi montuosi,
valli, conche ecc. Per quanto possano sembrare molto accentuate, queste
irregolarità alterano la forma geometrica della Terra molto meno di quanto la
rugosità della buccia alteri la forma complessiva, sferoidale, di un'arancia:
basti pensare che l'altezza della cima più elevata delle terre emerse (Monte
Everest, 8872 m) rappresenta meno di 1/700 del raggio terrestre e la massima
profondità oceanica conosciuta (Fossa delle Filippine nell'Oceano Pacifico, 11516 m) è circa 550 volte più piccola di esso.
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Se la Terra fosse omogenea e immobile, la sua forma, escludendo le irregolarità superficiali,
sarebbe quella di una sfera perfetta. In realtà essa non è omogenea ed è dotata di un veloce moto
di rotazione attorno al proprio asse. La forza centrifuga che deriva dalla rotazione deve aver
prodotto, quindi, nella Terra una progressiva deformazione, deprimendola ai poli e rigonfiandola
lungo il piano equatoriale, ossia in corrispondenza del piano perpendicolare all'asse e passante per
il suo centro. La forma che ne risulta è poco dissimile da quella di un ellissoide di rotazione (o
sferoide), cioè da quella di un solido che si ottiene idealmente facendo ruotare un'ellisse
attorno al suo asse minore.
L'asse minore dell'ellissoide terrestre è identificabile con la distanza fra i due poli {asse polare),
mentre l'asse maggiore (asse equatoriale) dovrebbe corrispondere al diametro dell'Equatore
terrestre. In effetti, recenti osservazioni hanno dimostrato che l'Equatore non è perfettamente
circolare; pertanto, come forma della Terra si deve considerare, un po' più precisamente, quella di
un ellissoide a tre assi, nel quale però i due assi equatoriali differiscono tra loro di poche centinaia
di metri.
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Che la forma della Terra non sia perfettamente sferica è stato dimostrato da misure
dell'accelerazione di gravità, cioè con osservazioni gravimetriche eseguite in moltissimi
punti della sua superficie. Si è potuto osservare, infatti, che la superficie terrestre nei
suoi vari tratti presenta valori diversi della forza di gravità. Dato che quest'ultima in accordo con la legge di gravitazione universale - è in rapporto con la distanza dal
centro della Terra, se ne è dedotto che i vari punti della superficie terrestre si trovano a
diversa distanza dal centro. Ciò ha dimostrato, anzi, che la superficie del nostro
pianeta presenta curvature diverse, che non consentono di identificarne
esattamente la forma neanche con quella di un ellissoide di rotazione.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze dobbiamo affermare che la forma della Terra
non può essere definita matematicamente, né è perfettamente identificabile con quella
di un solido geometrico: è una forma del tutto propria e particolare.
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Per facilitare gli studi geodetici, volti alla esatta determinazione delle dimensioni della
Terra, si è pensato di identificare la forma del nostro pianeta con quella di un solido,
detto geoide, la cui superficie è perpendicolare in ogni suo punto alla direzione
del filo a piombo. La superficie del geoide è una superficie equipotenziale, ossia tale
che in tutti i suoi punti non è uguale l'accelerazione di gravità (essendo essi a diversa
distanza dal centro della Terra), ma è uguale il lavoro necessario per portare un
determinato oggetto da questa superficie a distanza infinita. Teoricamente il geoide
può essere immaginato come la figura che la Terra assumerebbe se il livello
medio del mare si estendesse in continuità anche dove si trovano le terre
emerse, colmando le eventuali depressioni e cancellando tutti i rilievi.
Se la Terra fosse costituita da materiali perfettamente omogenei, l'ellissoide e il
geoide dovrebbero coincidere, mentre in realtà essi sono sfasati di alcune decine di
metri. La conoscenza della forma precisa e delle esatte dimensioni della Terra, di cui
si occupa la Geodesia, è necessaria sia per la costruzione delle carte geografiche,
sia per l'esecuzione delle grandi opere infrastrutturali (autostrade, ferrovie, viadotti,
acquedotti, dighe ecc.); oggi, inoltre, essa è indispensabile per i programmi di lancio e
di osservazione delle sonde spaziali. Gli studi geodetici rivestono anche grande
interesse per la Geofisica (la scienza che studia gli involucri terrestri avvalendosi dei
metodi della Fisica applicata) e per la Geologia, poiché forniscono informazioni
utilissime ai fini della conoscenza della struttura del nostro pianeta.
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Le dimensioni della Terra
Numerosi sono stati i tentativi
eseguiti fin dall'antichità per
determinare le dimensioni del nostro
pianeta. Non appena si fu affermata
l'idea della sfericità, il problema delle
misure della Terra fu risolto
teoricamente con un ragionamento
molto semplice, come fosse un
problema puramente geometrico. E
in effetti, se si considera la Terra
come una sfera perfetta, basta
misurare la lunghezza di un qualsiasi
arco di meridiano (circolo massimo
passante peri poli) e determinare
l'ampiezza dell'angolo al centro ad
esso corrispondente, per risalire,
mediante una proporzione, alla
lunghezza dell'intera circonferenza;
da questa poi, applicando le formule
della Geometria, si possono ricavare
le altre dimensioni (raggio, area,
volume) della «sfera terrestre».
Metodo usato da Eratostene per la
determinazione della lunghezza della
circonferenza meridiana terrestre.
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Sembra che le prime osservazioni basate su
questo principio siano da attribuire a Eudosso
di Cnido e a Dicearco da Messina (IV secolo
a.C.), ma il tentativo di «misura della Terra» di
cui abbiamo notizie più sicure è quello
eseguito da Eratostene di Cirene (III secolo
a.C).
Eratostene riteneva che le città di Alessandria
d'Egitto e Siene (l'odierna Assuan) fossero
situate sullo stesso meridiano (cosa che, in
realtà, non è perfettamente esatta). Inoltre
egli conosceva la loro distanza, valutata a
quei tempi in 5000 stadi, e sapeva anche che
a mezzogiorno del 21 giugno a Siene i corpi
non producevano ombra, che cioè in
quell'istante il Sole era sulla verticale della
città. Eratostene misurò con una scafe
(strumento a forma di semisfera cava
graduata, con infisso al centro uno stilo, o
asticciola) l'angolo che i raggi del Sole
formavano con la verticale, in quello stesso
istante, ad Alessandria: esso risultò pari a
1/50 circa della misura angolare di una intera
circonferenza.
Metodo usato da Eratostene per la
determinazione della lunghezza della
circonferenza meridiana terrestre.
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Poiché il Sole si trova ad enorme distanza da noi e quindi i raggi che da esso
giungono alla Terra si possono considerare paralleli tra loro, questo angolo doveva
essere uguale a quello che la verticale di Siene faceva, al centro della Terra, con
quella di Alessandria. Pertanto, moltiplicando per 50 il valore lineare dell'arco
corrispondente (cioè i 5000 stadi di distanza tra Siene e Alessandria), Eratostene
otteneva per la circonferenza terrestre meridiana la lunghezza di 250000 stadi
egiziani, che dovrebbero corrispondere a 39375 km: valore sorprendentemente
vicino (inferiore di soli 634 km circa) a quello che oggi accettiamo come vero e
che è stato determinato molto più tardi con metodi e strumenti notevolmente
più precisi.
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Le dimensioni della Terra
A causa dello schiacciamento polare
della Terra, la lunghezza di archi di
meridiano aventi la stessa ampiezza
angolare (come quelli raffigurati) è
leggermente maggiore ai poli che
all’Equatore Le misure sempre più
accurate eseguite in varie parti della
Terra hanno consentito, tra l'altro, di
stabilire che l'arco di un grado di
meridiano non presenta una
lunghezza costante, come dovrebbe
essere se la Terra fosse
perfettamente sferica; il suo valore
aumenta, sia pure leggermente,
dall'Equatore verso i poli. E ciò
conferma la forma schiacciata del
nostro pianeta.
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Le dimensioni della Terra
Lo schiacciamento polare della Terra era già
stato messo in evidenza verso la fine del XVII
secolo, mediante le osservazioni sul moto
oscillatorio del pendolo compiute dall'astronomo
francese J. Richer. Questi aveva constatato
come un pendolo che a Parigi compiva
un'oscillazione completa in un secondo, se
veniva trasferito alla Caienna (nella Guiana
francese) presentava oscillazioni più lente.
Poiché Parigi è molto più vicina al polo di quanto
non lo sia la Caienna (che si trova poco lontana
dall'Equatore) e dato che il periodo di oscillazione
di un pendolo è inversamente proporzionale al
valore dell'accelerazione di gravità (T= 2π , l/g
dove T è il periodo, l la lunghezza del pendolo e
g l'accelerazione di gravità), il fenomeno
osservato venne attribuito alla diminuzione della
forza di gravità nella zona equatoriale. E ciò
permise di dedurre che la Terra è leggermente
schiacciata ai poli e rigonfia all'Equatore; infatti,
ammettendo questo schiacciamento, ai poli un
punto della superficie terrestre viene a trovarsi
più vicino al centro della Terra e quindi la forza di
gravità è maggiore, secondo la legge di Newton.
L’ellissoide di rotazione (delimitato da
una linea blu) è il solido geometrico che
di più si avvicina alla vera forma della
Terra.
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Le più recenti misure astrogeodetiche - desunte dall'andamento delle orbite descritte da satelliti
artificiali che ruotano attorno alla Terra - hanno permesso di determinare la lunghezza del raggio
equatoriale in 6378,16 km e quella del raggio polare in 6356,78 km. La loro differenza è di
soli 21,38 km e lo schiacciamento polare che ne deriva è pari a 1/298,3; ossia il semiasse
polare sarebbe più corto di circa 1/298 di quello equatoriale. Le misure eseguite consentono di
stabilire anche le altre dimensioni della Terra, poiché l'Unione Geodetica Internazionale ha
deciso di assumere come solido di riferimento, a rappresentazione della forma della Terra,
il cosiddetto ellissoide internazionale, che è stato determinato basandosi sul geoide e
mediando i rigonfiamenti e le depressioni che ne caratterizzano la superficie.
Le dimensioni della Terra costituiscono la base del sistema Metrico Decimale, fissato nel 1793
dall'Accademia delle Scienze di Parigi. Questa stabiliva di assumere ad unità di misura delle
lunghezze il metro, definito come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre, e faceva
costruire un campione di iridio e platino di lunghezza corrispondente; tale campione viene
conservato nell’«Archivio Nazionale di Pesi e Misure» di Parigi.
Successivamente si constatò che il meridiano terrestre è un po' più lungo di 40 milioni di
metri (40 009152 m); e pertanto il campione costruito, per rappresentare esattamente la
quarantamilionesima parte del meridiano dovrebbe essere allungato di circa 0,2 mm. C'è da
notare, inoltre, che i vari meridiani non sono perfettamente uguali fra loro e che la lunghezza di un
determinato arco di meridiano non si mantiene esattamente costante nel tempo, a causa dei
modestissimi ma continui cambiamenti di forma del nostro pianeta.
campione che si trova a Parigi è stato costruito con materiale presso-ché indeformabile e non
attaccabile Per superare ogni difficoltà, nel 1983 si è definito il nuovo metro come la
distanza percorsa nel vuoto dalla luce nell'intervallo di tempo di 1/299 792 458 di secondo
(la luce prescelta è quella monocromatica di un laser a elio-neon).
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Le coordinate geografiche
Individuazione dei paralleli e dei meridiani sulla superficie terrestre.
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Le coordinate geografiche
Le coordinate geografiche
servono per stabilire la
posizione assoluta dei
luoghi sulla superficie
terrestre. La latitudine del
punto P è data dall’angolo
(, fi) corrispondente
all’arco di meridiano che
congiunge il punto con
l’Equatore; la sua
longitudine è data
dall’angolo (, lambda)
corrispondente all’arco di
parallelo che unisce il
punto con il meridiano di
riferimento.
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I movimenti della Terra
IL nostro pianeta si muove in maniera
complessa nello spazio, essendo
dotato di diversi moti simultanei che
si effettuano con velocità e durate
differenti. Tali moti, alcuni dei quali
fanno variare sensibilmente i rapporti
fra la Terra e la sua principale fonte di
energia (il Sole), possono essere
distinti in tre gruppi:
movimenti che si ripetono in tempi
relativamente brevi e producono
effetti geografici molto importanti
(rotazione e rivoluzione);
movimenti che si ripetono in tempi
lunghi e producono effetti geograficogeologici di grande interesse, ma non
rilevabili ne lcorso di una vita umana
(moti millenari);
movimenti insieme al Sole e alla
Galassia, dei quali non si conoscono
conseguenze geografiche di qualche
rilievo.
La Terra compie un «insieme» di
movimenti.
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I movimenti della Terra
Il verso della rotazione terrestre. Osservato dal Polo nord celeste, il nostro
pianeta ruota in senso antiorario. Osservato dal Polo sud celeste (con la
Stella polare dalla parte opposta), il movimento avviene in senso orario.
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il moto di rotazione
La Terra compie intorno al proprio asse una rotazione, da occidente (Ovest) verso
oriente (Est), cioè in senso inverso all'apparente moto diur-no della Sfera celeste e del
Sole (figura ► 11). La durata di questo movimento, detta giorno sidèreo, si può ritenere
uniforme ed è di 23h56m4s.
Poiché ogni punto della Terra compie in un giorno un intero giro di 360°, qualunque sia
la lunghezza del parallelo da esso descritto, la velocità angolare di rotazione è identica a
tutte le latitudini, fatta eccezione per i poli, dove è nulla. La velocità lineare (la distanza
percorsa da un punto nell'unità di tempo) è invece molto variabile con la latitudine: essa
è massima all'Equatore, dove raggiunge il valore di circa 463 metri al secondo (1668
km/h), e va diminuendo verso i poli, dove diventa nulla; alla latitudine di Roma è ancora
di circa 375 m/s. Naturalmente, con il diminuire della velocità lineare diminuisce anche la
forza centrifuga a cui sono sottoposti i vari punti della superficie terrestre per effetto
della rotazione, mentre parallelamente va aumentando la forza di gravità.
Parlando del movimento di rotazione della Terra, se si vuole essere proprio esatti, si può
osservare che esso non avviene in maniera perfettamente uniforme; infatti le misure
della sua durata, eseguite con «orologi atomici» di altissima precisione, hanno
dimostrato l'esistenza di diverse piccolissime variazioni.
Le osservazioni astronomiche moderne e antiche ed alcune prove paleontologiche
(basate, cioè, sullo studio dei resti fossili di organismi), che consentono di risalire molto
più indietro nel tempo, hanno messo in luce un graduale rallentamento della velocità di
rotazione, per cui la durata del movimento si allungherebbe di circa 2 millesimi di
secondo per secolo.
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Questo rallentamento si spiegherebbe con l'attrito
delle maree, ossia delle protuberanze che la Luna
provoca sulle masse oceaniche terrestri. La Luna,
infatti, esercita un'azione frenante sulla Terra,
perché questa (Terra) ruota su se stessa più
velocemente di quanto non faccia la Luna nel suo
moto di rivoluzione intorno alla Terra. Nella sua
rotazione, la Terra tende a trascinarsi dietro i
rigonfiamenti delle maree, mentre la Luna esercita
un'attrazione maggiore proprio su di essi e quindi
si oppone al trascinamento e rallenta la rotazione
terrestre; come conseguenza si ha anche, per
reazione, un'accelerazione della Luna sulla sua
orbita e un aumento della forza centrifuga che
tende ad allontanare la Luna dalla Terra. Ciò
dovrebbe verificarsi fino a che la durata della
rivoluzione della Luna attorno alla Terra non
diverrà uguale alla durata della rotazione terrestre:
allora la Terra presenterà alla Luna sempre la
stessa faccia e non ci saranno più le maree.
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Ammettendo che l'attrito delle maree sia stato sempre lo stesso e che la Luna e
la Terra abbiano avuto un'origine comune, si calcola che per raggiungere la
posizione attuale la Luna dovrebbe aver impiegato circa 4 miliardi di anni.
Altre variazioni, saltuarie, del moto di rotazione terrestre si pensa che siano
dovute a modificazioni molto lievi che avverrebbero nella struttura interna della
Terra. Variazioni di questo tipo sembra che abbiano prodotto tra il 1790 ed il
1900 una accelerazione del movimento, che precedentemente era in ritardo,
con un anticipo complessivo di circa un minuto.
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I movimenti della Terra
La Terra compie, come gli altri pianeti
del Sistema solare, un moto di
rivoluzione descrivendo un'orbita
ellittica intorno al Sole in senso
antiorario, immaginando di osservare il
movimento dal Polo nord celeste .
Come sappiamo dalla I legge di Keplero
, la distanza tra la Terra ed il Sole varia
a seconda che la Terra si trovi in perielio
(minima distanza del Sole circa 147
milioni di km) o in afelio (massima
distanza del Sole 152 milioni di km);
quella media è di 149 600 000 kilometri.
La Terra viene a trovarsi in perielio ai
primi di gennaio, in afelio ai primi di
luglio. E da ciò si può già capire che
l'alternarsi delle stagioni non è dovuto al
variare della distanza dal Sole, come
vedremo in seguito.
La rivoluzione terrestre avviene lungo
un’orbita ellittica poco eccentrica.
L’eccentricità dell’orbita varia nei
millenni (in giallo la situazione attuale;
in blu la massima eccentricità, in rosso
la minima).
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L'orbita descritta dalla Terra è un'ellisse pochissimo «schiacciata», tanto da potersi quasi assimilare
ad una circonferenza; la sua eccentricità, ossia il rapporto tra la distanza del Sole dal centro
dell'ellisse e la lunghezza del semiasse maggiore dell'ellisse stessa, attualmente è di appena 0,017
(per una circonferenza il valore dell'eccentricità sarebbe uguale a zero). L'intero percorso orbitale
ha una lunghezza che ammonta a circa 940 milioni di kilometri; esso viene effettuato ad una
velocità variabile (II legge di Keplero) tra i 29,3 km/s in afelio ed i 30,3 km/s in perielio: la velocità
media è di circa 29,8 km/s. Il tempo che la Terra impiega a compiere un'orbita completa, cioè
l'effettiva durata della rivoluzione terrestre, è di 365d6h9m10s e viene denominato anno sidèreo.
Il sistema Terra-Sole in realtà si muove attorno al baricentro comune, cioè attorno al punto che
divide la congiungente i due corpi in due parti inversamente proporzionali alle loro masse (con la
parte più corta vicina al corpo di massa più grande e quella più lunga vicina al corpo di massa più
piccola). Dato che la massa del Sole è molto maggiore (circa 334 000 volte) di quella della Terra, il
baricentro si trova tanto prossimo al Sole da potersi ritenere praticamente coincidente con esso; di
conseguenza si può approssimativamente considerare che la Terra sia in movimento intorno al
centro del Sole.
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La Terra compie numerosi movimenti in tempi molto
lunghi, dell'ordine dei millenni. Questi moti vengono
perde denominati moti millenari. Essi possono
essere considerati come perturbazioni dei due
movimenti principali; infatti sono dovuti alla
differente aziona gravitazionale che i diversi corpi
celesti particolarmente il Sole e la Luna esercitano,
nel tempo e nello spazio, su nostro pianeta e sulle
sue varie parti.
Altri movimenti coinvolgono la Terra in quanto
facente parte del Sistema solare, della Galassia e
dell'U niverso: il moto di traslazione che la Terra
esegue assieme al Sole e agli altri corpi del Sistema
solare in direzione della Costellazione di Ercole; la
partecipazione al moto di recessione dell’
Galassia, cioè alla probabile espansione
dell'Universo.
Dei moti millenari prenderemo in esame i più
importanti, trascurando quelli che noi hanno riflessi
geografici apprezzabili . Ma prima dobbiamo
analizzare più ampiamente i moti di rotazione e di
rivoluzione e i loro effetti sulla superficie terrestre.
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Al movimento di rotazione della Terra si era pensato già
nell'antichità, ma è dovuto passare molto tempo prima che l'idea
potesse essere accettata da tutti. In effetti, se non si tiene conto
della gravità terrestre, si può essere indotti a pensare che la
rotazione del nostro pianeta debba portarci alternativamente con la
testa «verso il basso» e «verso l'alto». È evidente però che i
concetti di «alto» e «basso» riferiti al Cosmo non hanno alcun
senso, perché qualunque sia il movimento che la Terra compie nello
spazio la nostra posizione rispetto ad essa, che ci attrae, rimane
sempre invariata. Ma gli antichi non erano a conoscenza della
gravità terrestre e quindi per loro era più facile credere alla sfericità
di una Terra immobile e disabitata nelle regioni poste «al di sotto»
del mondo allora conosciuto, piuttosto che ammet-tere la rotazione
del nostro pianeta.
Prove e conseguenze della rotazione terrestre
I nostri sensi non possono avere alcuna percezione diretta della
rotazione terrestre, alla quale partecipiamo anche noi; tuttavia
abbiamo ormai numerosissime prove di questo movimento.
Una prima prova della rotazione della Terra intorno al proprio asse
si può desumere dall'esame dell'apparente spostamento diurno
dei corpi celesti da Est verso Ovest.
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A prima vista potremmo spiegare questo spostamento sia con un movimento di
rotazione degli astri intorno alla Terra, sia con una rotazione in senso contrario
(da Ovest verso Est) della Terra su se stessa. Però, dato che i vari corpi celesti
non sono fissati su una sfera, ma si trovano a distanze molto diverse da noi, per
ammettere che siano essi a girare intorno alla Terra bisognerebbe ammettere che
gli astri abbiano velocità lineari, nello spazio, esattamente proporzionali alle loro
distanze dall'asse terrestre, perché altrimenti non li vedremmo muoversi tutti
insieme solidalmente. Di conseguenza i corpi celesti più lontani, che distano da
noi milioni di anni-luce, dovrebbero avere velocità assai maggiori di quella della
luce, che è invece la massima possibile nell'Universo. Perciò è molto più
semplice ammettere che sia la Terra a ruotare intorno al proprio asse.
Un'altra prova indiretta della rotazione terrestre può essere ricavata
dall'analogia con gli altri pianeti: tutti quanti mostrano un evidente moto
rotatorio assiale e non abbiamo motivo per ritenere che solo il nostro pianeta
debba esserne privo.
Possiamo dedurre altre prove da alcuni esperimenti di Fisica eseguiti sulla
Terra stessa. Uno di questi si basa sull'osservazione della caduta libera dei corpi:
un grave che viene lasciato cadere da un punto elevato sulla superficie terrestre
(per esempio, dalla sommità di un'alta torre) devia dalla verticale del punto di
partenza e giunge sul suolo spostato verso Est.
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Questo fenomeno era già stato previsto da Galileo (1564-1642) ed enunciato
da Newton (1642-1727), ma fu ampiamente dimostrato per la prima volta da
G.B. Guglielmini che nel 1791-1792 eseguì numerose verifiche dalla Torre degli
Asinelli, a Bologna, osservando uno spostamento di 17 mm per un'altezza di
caduta di circa 100 m. Tali verifiche vengono indicate come esperienza di
Guglielmini.
Il fenomeno è spiegabile se si ammette il moto rotatorio della Terra da Ovest
verso Est, poiché in questo caso anche il corpo che si trova sulla torre dovrà
partecipare alla rotazione terrestre, assumendo la stessa velocità lineare del
punto di partenza e mantenendola per inerzia anche durante la caduta. In tale
condizione, essendo il punto di partenza più lontano dall'asse terrestre rispetto
al punto di arrivo, il corpo avrà una maggiore velocità lineare di rotazione
rispetto a quest'ultimo; quindi ruoterà di più e andrà a cadere più avanti, ossia
spo-stato ad Est.
Nel 1851 M. Foucault eseguì nel Panthéon di Parigi un'esperienza, che da lui
prende il nome, atta a fornire un'altra prova del moto di rotazione della Terra.
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Il moto di rotazione
La caduta libera dei corpi, con
deviazione dalla verticale del
punto di partenza, dimostra
l'esistenza della rotazione della
Terra. Il fenomeno è noto come
esperienza di Guglielmini. Un
corpo che cade dall'alto di una
torre giunge al suolo in un punto
che è spostato verso Est rispetto
alla verticale del luogo dal quale
ha inizio la caduta. Questo
accade perché il corpo come la
torre partecipa al moto rotatorio
terrestre e durante la caduta
mantiene per inerzia la stessa
velocità lineare di rotazione che
aveva nel punto di partenza, cioè
una velocità maggiore di quella
con cui ruota il punto di arrivo,
che è più vicino all'asse di
rotazione della Terra.
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Il moto di rotazione
L’accelerazione di gravità
sulla superficie terrestre
aumenta con la latitudine
perché procedendo verso i poli
si riduce la distanza dal centro
della Terra (C), a causa dello
schiacciamento polare, e
diminuisce il valore della forza
centrifuga.
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Una prova ulteriore del moto di rotazione terrestre possiamo scorgerla anche
nella variazione dell'accelerazione di gravità con la latitudine.
Tale variazione, oltre ad essere un effetto dello schiacciamento polare della
Terra, è anche conseguenza della forza centrifuga dovuta alla rotazione del
nostro pianeta .
La forza centrifuga, alla quale sono sottoposti tutti i corpi che si trovano
sulla superficie terrestre, è perpendicolare all'asse di rotazione della Terra
ed è diretta verso l'esterno. Essa si esprime con la seguente formula:
Fr = m • ω2 • R
dove m è la massa del corpo, ω è la sua velocità angolare ed R la sua
distanza dall'asse di rotazione (il prodotto ω R rappresenta la velocità
lineare di rotazione).
Con bilance di alta precisione si può osservare che sulla superficie
terrestre il peso di un corpo aumenta, anche se di poco, dall'Equatore
verso i poli. Difatti, la forza-peso (non necessariamente diretta proprio al
centro della Terra) è il prodotto della massa del corpo per l'accelerazione
di gravità.
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Il moto di rotazione
A causa della diversa velocità lineare di rotazione dei vari punti della
superficie terrestre, un corpo che si muove sulla Terra viene deviato dalla
sua direzione iniziale (freccia rossa) e sembra descrivere una traiettoria
(freccia verde) spostata verso destra se si trova nell’emisfero boreale, verso
sinistra nell’emisfero australe (legge di Ferrel).
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Una conseguenza della rotazione la abbiamo già individuata nella stessa forma
della Terra, cioè nel suo schiacciamento polare, che non avrebbe potuto prodursi in
una Terra immobile.
Lo spostamento della direzione dei corpi in moto sulla superficie terrestre
costituisce una conseguenza molto importante della rotazione del nostro pianeta.
Esso può essere efficacemente espresso dalla cosiddetta legge di Ferrel: «a
causa della rotazione terrestre, un corpo qualsiasi che si muova liberamente sulla
Terra viene deviato dalla sua direzione iniziale verso destra se si trova nell'emisfero
boreale e verso sinistra se si trova nell'emisfero australe». Per destra o sinistra si
intendono quelle di un osservatore che guardi nella stessa direzione e nello stesso
senso del movimento del corpo.
Il fenomeno si spiega con il fatto che un corpo in moto tende, per inerzia, a
conservare la velocità lineare di rotazione che aveva nel punto di partenza. Quindi,
se esso si sposta verso i poli, andrà verso punti che hanno velocità lineari di
rotazione sempre più piccole rispetto a quella del punto di partenza e, di
conseguenza, sarà in anticipo su di essi. Se invece il corpo si muove verso
l'Equatore, andrà verso punti che hanno velocità sempre maggiori e perciò si
troverà in ritardo rispetto ad essi. In entrambi i casi sembrerà che il corpo abbia
subito un progressivo spostamento verso destra nell'emisfero settentrionale e verso
si-nistra in quello meridionale, per effetto di una forza deviante che è detta forza di
Coriolis
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. Bisogna osservare però che lo spostamento del corpo è soltanto relativo,
perché ciò che realmente si sposta, al di sotto del corpo in moto, è la stessa
Terra che ruota con velocità lineare maggiore o minore a seconda della
latitudine. La forza di Coriolis è quindi una forza apparente.
Il fenomeno della deviazione dei corpi in moto sulla superficie terrestre è di
particolare importanza per la Geografia fisica, soprattutto nel campo
dell'Oceanografia (la scienza che studia gli oceani e i mari) e della Climatologia
(la scienza che studia gli elementi climatici e i fattori che influenzano il clima). A
tale deviazione, infatti, sono sottoposti tutti i corpi che si muovono sulla
superficie terrestre e nell'atmosfera; quindi anche le masse d'acqua che si
spostano negli oceani {correnti marine) e le masse d'aria che si muovono
nell'atmosfera {venti).
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Il moto di rotazione
L’esperienza di Foucault.
L’ esperienza di L. Foucault
forniisce una delle tante prove del
moto di rotazione della Terra. Essa
consiste
nell'osservare
lo
spostamento
del
piano
di
oscillazione di un pendolo rispetto
agli oggetti terrestri, e fu eseguita
prima nell'Osservatorio di Parigi e
poi pubblicamente, nel 1851, nel
Panthéon di Parigi . Foucault
sospese alla cupola del Panthéon
un pendolo costituito da un filo
molto lungo (68 m) a cui era
sospesa una sfera sufficientemente
pesante (30 kg) perché le
oscillazioni del pendolo, libero di
muoversi
in
qualsiasi
piano,
potessero continuare per alcune
ore. Alla sfera applicò un'asticina
che sfiorava un gran disco posto sul
pavimento, sul quale era stata
cosparsa della sabbia.
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Dai segni che l'asticina lasciava sulla sabbia si poté osservare che il piano
delle oscillazioni pendolari girava a poco a poco in senso orario, per chi
guardasse il pendolo dall'alto. Poiché le leggi della Fisica dimostrano che il
piano di oscillazione di un pendolo, che possa oscillare liberamente, in realtà
rimane fisso nello spazio (in un sistema di riferimento inerziale), fu facile
dedurne che l'apparente rotazione di detto piano era dovuta ad un movimento
effettivo del pavimento in senso contrario, cioè alla rotazione terrestre che si
attua in senso antiorario.
Se il pendolo venisse collocato al polo, il suo asse di sospensione
coinciderebbe con l'asse terrestre ed il piano di oscillazione compirebbe un
intero giro di 360° in un giorno. All'Equatore invece esso non si sposterebbe
affatto, perché la Terra non compie alcuna rotazione intorno all'asse
equatoriale. A Parigi, che si trova ad una latitudine quasi intermedia, la
rotazione del piano di oscillazione pendolare avviene con moto più lento, e per
avere un giro completo occorrono circa 32 ore. Più in generale, la velocità
giornaliera dell'apparente rotazione del piano di oscillazione, cioè l'angolo di cui
esso si sposta in un giorno (Ϭα), si può ottenere dalla formula :
Ϭα = 360° senҩ, dove ҩ è la latitudine del luogo in cui si compie l'esperimento
con il pendolo.
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Il moto di rotazione
La conseguenza del moto di rotazione
di cui possiamo renderci conto in
maniera
più
immediata
consiste
nell'alternarsi del dì e della notte.
A causa della forma pressoché sferica
della Terra, - i raggi solari che giungono
ad essa quasi paralleli tra loro illuminano in ogni istante solo la parte di
superficie terrestre che è rivolta verso il
Sole, lasciando nell'oscurità tutti i punti
della parte opposta. Se la Terra fosse
immobile come , o anche se il suo
moto di rotazione avesse la stessa
durata del suo moto di rivoluzione
intorno al Sole, metà della sua
superficie sarebbe sempre illuminata e
riscaldata, mentre l'altra metà sarebbe
sem-pre nell'oscurità e soffrirebbe un
fred-do glaciale
Il circolo di illuminazione
separa la parte della
superficie terrestre che
guarda verso il Sole da
quella opposta.
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Il moto di rotazione
La rotazione si compie invece in un tempo molto
più breve della intera rivoluzione intorno al Sole
e ciò fa sì che sulla superficie terrestre si alternino
un periodo di illuminazione, che chiamiamo dì, e uno
di oscurità, che chiamiamo notte. Con il termine
giorno indichiamo il tempo dell'intera rotazione, cioè
l'insieme del dì e della notte.
L'emisfero illuminato è diviso da quello in ombra da
un circolo massimo che va spostandosi di continuo
ed al quale diamo il nome di circolo d'illuminazione.
Esso in realtà non separa nettamente la parte
illuminata da quella buia, cioè non è costituito
proprio da una linea, ma piuttosto da una fascia di
una certa ampiezza. Il passaggio dal dì alla notte
non è brusco, ma graduale, a causa della presenza
dell'atmosfera, i cui alti strati sono penetrati dai raggi
un po' prima del sorgere del Sole sull'orizzonte ed
un po' dopo il tramonto: fenomeni di diffusione,
riflessione e rifrazione della luce negli strati
dell'atmosfera ci danno un po' di chiarore solare
durante le aurore e i crepuscoli, la cui durata
aumenta nella stagione invernale e nelle regioni
polari.
Il fenomeno dei crepuscoli e delle aurore.
Nell’attraversare i vari strati
dell’atmosfera, che hanno densità diversa, i
raggi solari subiscono una rifrazione, ossia
vengono deviati dalla loro direzione
originaria; quindi essi riescono a colpire
anche parte della superficie terrestre che
dovrebbe essere invece nell’oscurità
completa.
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Il moto di rivoluzione terrestre
Se esaminiamo le diverse posizioni del
Sole rispetto a noi e alle stelle, sembra che
esso compia durante l'anno un movimento
di rivoluzione intorno alla Terra da Ovest a
Est. Lo sfondo celeste (costituito dalle
cosiddette «stelle fisse»), che fa da
scenario al Sole, cambia da un giorno
all'altro e sembra che il Sole percorra
un circolo massimo detto Eclittica, che
attraversa
in
successione
le
costellazioni dello Zodiaco.
Da gennaio a dicembre, il Sole passa
davanti
alle
seguenti
costellazioni:
Capricorno, Acquario, Pesci, Ariete, Toro,
Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia,
Scorpione e Sagittario .
Anche in questo caso possiamo spiegare
le apparenze o con un reale movimento
annuo del Sole attorno alla Terra o con un
movimento annuo della Terra intorno al
Sole .
Osservando il Sole dalla Terra, sembra che
durante l’anno esso descriva sulla Sfera
celeste un circolo massimo, chiamato
Eclittica, passando davanti alle 12
costellazioni dello Zodiaco.
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Il moto di rivoluzione terrestre
Vi sono diverse prove più o meno
evidenti che dimostrano l'esistenza
effettiva di un movimento di rivoluzione
da parte della Terra attorno al Sole.
Tra le prove indirette del moto di
rivoluzione
terrestre
possiamo
considerare l'analogia con gli altri
pianeti del Sistema solare. Per tutti i
pianeti, infatti, si è potuta osservare
l'esistenza di un complesso movimento
intorno al Sole, regolato dalle leggi di
Keplero.
La periodicità annua di alcuni gruppi
di
stelle
cadenti
indicherebbe
anch'essa che la Terra si muove nello
spazio descrivendo un'orbita di forma
circolare o ellittica, che le consenta di
attraversare periodicamente regioni in
cui sono presenti sciami di materia
cosmica.
Apparenza e realtà degli
spostamenti tra il Sole e la Terra
durante l’anno.
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Il moto di rivoluzione terrestre e l’aberrazione della luce
Il fenomeno dell’aberrazione della
luce stellare. La direzione secondo
cui un osservatore riceve la luce di
una stella è quella della diagonale del
parallelogramma costruito sulla
velocità c della luce e sulla velocità V
con cui l’osservatore si muove
insieme alla Terra.
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Prove della rivoluzione terrestre
La prova diretta e più sicura del moto orbitale della Terra è fornita da un fenomeno di natura
fisica scoperto nel 1727: l'aberrazione della luce proveniente dagli astri. Quando noi
osserviamo una stella, la direzione secondo cui la vediamo non è quella effettiva, data
dalla congiungente il punto di osservazione con la stella, ma è solo una direzione
apparente. Se usiamo un telescopio, dobbiamo inclinarlo leggermente in avanti, nel senso
del moto di rivoluzione della Terra, puntandolo su una posizione che è un po' spostata
rispetto a quella in cui si trova veramente la stella. Il fenomeno è spiegabile con il fatto che la
luce proveniente dall'astro che vogliamo osservare impiega un certo tempo a percorrere
l'asse ottico del telescopio e ad arrivare fino al nostro occhio, e nel frattempo noi ci spostiamo
in un punto dell'orbita terrestre che non è più quello di prima.
L'angolo compreso tra la direzione vera e quella apparente è detto angolo di aberrazione.
Come ulteriori prove del moto orbitale della Terra attorno al Sole possiamo considerare vari
fenomeni che rappresentano altrettante conseguenze di questo movimento. Per
comprenderne il meccanismo bisogna però tenere presenti due fatti di estrema importanza.
L'asse terrestre è inclinato di 66°33 ' rispetto al piano dell'orbita (23°27’ rispetto alla
perpendicolare a tale piano).
In tempi non troppo lunghi, esso si mantiene costantemente parallelo a se stesso durante
l'intero tragitto che la Terra compie intorno al Sole.
Se l'asse terrestre fosse perpendicolare al piano dell'orbita, il circolo d'illuminazione
passerebbe per i poli e coinciderebbe in qualsiasi momento con un circolo meridiano,
tagliando in due parti uguali tutti i paralleli. Di conseguenza, in ogni punto della superficie
terrestre e per tutto l'anno il dì e la notte avrebbero la stessa durata (ciascuno 12 ore) e in
nessun luogo si verificherebbe l'alternarsi delle stagioni.
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Il moto di rivoluzione terrestre
In tali condizioni la quantità di luce e di
calore ricevuta dalle varie parti della
superficie terrestre dipenderebbe solo
dall'inclinazione dei raggi solari;
quindi, a causa della sfericità della
Terra, sarebbe tanto più piccola
quanto maggiore è la latitudine. E per
una determinata località essa si
manterrebbe uniforme durante tutto
l'anno.
Una piccola variabilità nel corso
dell'anno si avrebbe solo per il fatto
che il Sole non si trova sempre alla
stessa distanza dalla Terra.
Il dì e la notte hanno la stessa durata
solo in due momenti dell'anno: il 21
marzo e il 23 settembre. In tutti gli altri
momenti soltanto i punti che si trovano
sull'Equatore hanno dì e notte sempre
uguali, mentre nei luoghi situati a Nord
e a Sud osserviamo una diversa
durata del dì e della notte.
Il diverso riscaldamento
dei vari luoghi della
superficie terrestre dipende
dall’inclinazione dei raggi
del Sole.
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Il moto di rivoluzione terrestre
Condizioni di illuminazione della Terra nei giorni degli equinozi (21 marzo e
23 settembre).
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Il moto di rivoluzione terrestre
Inclinazione dei raggi solari sulla superficie terrestre nei giorni dei solstizi
(21 giugno e 22 dicembre).
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Pagina 63.2 e 64.1
Rivoluzione terrestre
E questa differenza è piccola in prossimità dell'Equatore, ma diventa molto sensibile
andando verso i poli, in corrispondenza dei quali si raggiunge addirittura una durata di
sei mesi per il dì e sei mesi per la notte.
In che modo si può spiegare tutto ciò? In apparenza sembra che il Sole giri intorno alla
Terra percorrendo una traiettoria (l'Eclittica) che giace sullo stesso piano dell'orbita
terrestre ed è quindi inclinata di 23°27' rispetto al piano equatoriale celeste. In questo
movimento il Sole si sposta perciò da un emisfero celeste all'altro, mantenendosi per sei
mesi a Nord dell'Equatore e per altri sei mesi a Sud di esso. I due punti in cui la
traiettoria solare attraversa l'Equatore celeste sono gli equinozi , le cui date cadono il 21
marzo (equinozio di primavera) ed il 23 settembre {equinozio d'autunno). Quando il Sole
si trova in uno di questi punti, giace sul piano equatoriale, quindi culmina allo Zenit
dell'Equatore terrestre: il dì e la notte hanno la stessa durata in ogni luogo della Terra.
Le massime elevazioni a Nord e a Sud, rispetto al piano equatoriale terrestre, il Sole le
raggiunge in due posizioni che vengono dette solstizi ; la prima si ha il 21 giugno
(solstizio d'estate), l'altra il 22 dicembre (solstizio d'inverno). In questi due momenti
dell'anno i raggi solari risultano perpendicolari alternativamente a due paralleli che si
trovano, rispettivamente, ad una latitudine di 23°27' Nord (Tropico del Cancro) e
23°27' Sud (Tropico del Capricorno). In tutti e due i casi il circolo d'illuminazione è
tangente a due paralleli che distano dall'Equatore 66°33' (quello dell'emisfero
boreale è il Circolo polare artico, quello dell'emisfero australe è il Circolo polare
antartico) e taglia obliquamente tutti gli altri paralleli compresi tra questi e
l'Equatore.
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Pagina 64.2
Il moto di rivoluzione terrestre
Il Sole di mezzanotte si può osservare soltanto nei luoghi compresi entro i circoli polari:
per tutto l’arco della giornata il Sole si mantiene sopra l’orizzonte.
Le condizioni di illuminazione sono completamente diverse per i due emisferi. Nel solstizio
d'estate, cioè quando il Sole è allo Zenit sul Tropico del Cancro, tutti i punti a Nord
dell'Equatore restano per un tratto più lungo nella parte illuminata e quelli a Sud dell'Equatore
rimangono per un tratto più lungo nella parte oscura. Di conseguenza, solo all'Equatore si
hanno 12 ore di luce e 12 di buio, mentre nell'emisfero settentrionale la durata del dì è
maggiore di quella della notte e nell'emisfero meridionale è minore, e la differenza di durata
aumenta con l'aumentare della latitudine. I luoghi compresi fra il Circolo polare artico ed il
Polo nord, cioè nella calotta artica, restano illuminati durante tutta la rotazione terrestre
(figura in alto), mentre quelli della calotta antartica (tra il Circolo polare antartico e il Polo sud)
restano nel frattempo al buio.
Nel solstizio d'inverno, quando i raggi solari sono perpendicolari al Tropico del Capricorno, si
hanno condizioni opposte: il dì è più lungo della notte nell'emisfero meridionale e più corto in
quello settentrionale; completamente illuminata è la calotta antartica, mentre è nell'oscurità
quella artica.
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• Il ritmo delle stagioni
I quattro momenti fondamentali sopra descritti possono essere indicati sull'orbita terrestre con le
relative posizioni in cui viene a trovarsi la Terra.
• La linea che, passando per il centro del Sole, unisce i due punti dell'orbita in cui i raggi solari sono
allo Zenit sull'Equatore è la linea degli equinozi.
• Perpendicolare ad essa è la linea dei solstizi, che unisce i due punti in cui il Sole è alla massima
elevazione rispetto al piano equatoriale. Bisogna notare che la linea dei solstizi non coincide con la
linea degli apsidi, la quale congiunge l'afelio col perielio: attualmente esse divergono dal centro
del Sole formando un angolo di circa 12. Nei periodi di tempo che intercorrono fra queste quattro
posizioni, le condizioni di illuminazione sono intermedie a quelle descritte e variano
progressivamente dall'una all'altra di esse. Siccome la quantità di calore ricevuta da ciascun punto
della superficie terrestre dipende appunto da tali condizioni (durata del dì e inclinazione dei raggi
solari), ne deriva che durante la rivoluzione, ossia nel volgere di un anno, nei vari luoghi della Terra
si susseguono periodi più caldi e più freddi: si ha cioè l'alternarsi delle stagioni.
Le stagioni astronomiche sono i periodi di tempo compresi tra un equinozio e il solstizio
che lo segue, o tra un solstizio e l'equinozio successivo. Naturalmente le stagioni astronomiche
risultano invertite nei due emisferi: alla nostra estate corrisponde l'inverno australe, alla nostra
primavera l'autunno australe, e viceversa. Inoltre, a causa della diversa velocità della Terra
sull'orbita, le stagioni astronomiche non hanno tutte la stessa durata: noi abbiamo
complessivamente un semestre caldo (primavera-estate) più lungo di circa 7 giorni e 6 ore del
semestre freddo (autunno-inverno) ed il contrario si ha nell'emisfero australe. Come si vedrà in
seguito, questo vale però ai giorni nostri, perché le cose cambiano nel corso dei millenni.
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Il moto di rivoluzione terrestre
La rivoluzione della Terra intorno al Sole e le attuali posizioni degli equinozi
e dei solstizi.
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Occorre notare che le stagioni astronomiche - pur costituendone la causa primaria non coincidono del tutto con le stagioni meteorologiche, cioè con il reale andamento
del tempo meteorologico e del clima, che possiamo percepire direttamente. Per capirne i
motivi si può innanzitutto notare che le situazioni di insolazione che si registrano agli
equinozi e ai solstizi dovrebbero rappresentare - anche da un punto di vista
esclusivamente astronomico - il culmine delle condizioni caratteristiche delle rispettive
stagioni e non il loro momento di inizio. Inoltre, si deve considerare che l'atmosfera,
l'idrosfera e la litosfera terrestri immagazzinano e cedono il calore sempre con un
certo ritardo, impedendo così di percepire subito gli effetti delle varie inclinazioni
dei raggi solari. Pertanto, sulla base delle reali condizioni di riscaldamento nei vari
periodi dell'anno, si è stabilito convenzionalmente che le stagioni meteorologiche
incominciano col primo giorno del mese in cui cade l'equinozio o il solstizio di quelle
astronomiche corrispondenti.
Le zone di differente riscaldamento
I due tropici e i due circoli polari rivestono un'importanza particolare per le condizioni di
illuminazione e di inclinazione dei raggi solari nel corso dell'anno. Essi dividono la
superficie ter-restre in cinque parti che sono caratte-rizzate da condizioni diverse di
riscal-damento, chiamate zone astronomi-che (figura ^25):
la zona torrida (o zona intertropica-le) , limitata dai due tropici e divisa in due
dall'Equatore;
la zona temperata boreale, compresa fra il Tropico del Cancro ed il Cir-colo polare
artico;
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la zona temperata australe tra il Tropico del Capricorno ed il Circolo polare antartico;
la calotta polare artica, che si estende dal Circolo polare artico al Polo nord;
la calotta polare antartica, dal Circolo polare antartico al Polo sud.
Nella zona torrida il Sole passa allo Zenit di tutti i punti due volte all'anno: all'Equatore
nei giorni degli equinozi e sugli altri paralleli in giorni diversi. Ai tropici il Sole è allo Zenit
una sola volta all'anno.
Nelle zone temperate il Sole non passa mai allo Zenit e i suoi raggi arrivano più o meno
obliqui, secondo il periodo dell'anno e la latitudine.
Nelle zone polari i raggi del Sole arrivano sempre molto obliqui e addirittura non
colpiscono affatto la superficie terrestre per un periodo tanto più lungo quanto più ci si
avvicina ai poli.
Le zone astronomiche della superficie terrestre. Esse si differenziano, in funzione
della latitudine, per ì diverse condizioni di illuminazione e di inclinazione dei raggi solari
durante l'anno. Questa suddivisione schematica, però, non corrisponde esattamente alla
distribuzione reale delle temperature dell'aria. Non tiene conto, infatti, dell'altitudine,
dell'esposizione, della presenza di terre emerse e oceani, e di tanti altri fattori che fanno
variare le condizioni termiche dei vari luoghi della Terra, producendo degli scostamenti
da questo schema.
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Il moto di rivoluzione terrestre
Le zone astronomiche della 
superficie terrestre.
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I moti terrestri con periodi millenari
Il moto doppio-conico (precessione) e le nutazioni dell’asse terrestre sono
dovuti all’attrazione della Luna e del Sole sul rigonfiamento equatoriale.
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I moti terrestri con periodi millenari
L'azione gravitazionale che gli altri corpi del Sistema solare in particolare il Sole e la
Luna - esercitano sul nostro pianeta provoca anche altre variazioni della posizione
della Terra nello spazio, dando luogo ad alcuni movimenti che sono però molto più
lenti di quelli di rotazione e di rivoluzione. Proprio a causa della loro lentezza, di
questi movimenti non possiamo osservare direttamente le conseguenze, che si fanno
risentire con una certa intensità solo nel corso dei millenni. Tuttavia l'esistenza dei
moti millenari è comprovata da accuratissimi studi astronomici ed è testimoniata
anche dalle tracce glaciali che si rinvengono in luoghi della Terra dove oggi i
ghiacciai non esistono più. Questi ghiacciai del passato si poterono estendere su
vaste aree per effetto di variazioni avvenute nell'insolazione della superficie
terrestre, dovute in massima parte ai movimenti suddetti.
Delle glaciazioni parleremo più avanti, ma già fin d'ora cerchiamo di capire la
dinamica dei moti millenari della Terra e le conseguenze che essi possono produrre
col tempo.
Esaminando il moto annuo della Terra abbiamo detto che l'asse terrestre si mantiene parallelo a se stesso
nel corso della rivoluzione. Se potessimo eseguire osservazioni prolungate per alcune migliaia di anni, ci
renderemmo conto che la direzione dell'asse terrestre va lentamente mutando. Difatti, l'attrazione
combinata che il Sole e la Luna esercitano sul rigonfiamento equatoriale in modo più sensibile che
sulle altre parti della Terra tende a far coincidere il piano dell’ equatore con il piano dell'orbita,
cioè a raddrizzare l'asse terrestre. A ciò si oppone però la rapida rotazione della Terra che, come in una
trottola, tende invece a mantenere immutata la posizione dell'asse. Le due forze si compongo ne deriva
un movimento che fa descrivere all'asse terrestre due coni con vertice al centro della Terra. Il moto
doppio-conico dell' terrestre, detto di precessione luni-solare, avviene in senso contrario a quello di
rotazione terrestre e si compi 26 000 anni circa.
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L'azione attrattiva luni-solare sul gonfiamento equatoriale terrestre dipende dalle
distanze fra il Sole, la Terra e la Luna. Dato che le distanze però cambiano di continuo
nel tempo, si verificano delle perturbazioni periodiche nel moto di precessione. Esse
consistono in oscillazioni ampie pochi secondi di arco e con periodo molto più breve
(18,6 anni circa) che vengono dette nutazioni.
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I moti terrestri con periodi millenari
La precessione degli
equinozi. Il moto
doppio-conico dell’asse
terrestre fa mutare la
disposizione nello spazio
del piano equatoriale
celeste, e quindi
determina la rotazione in
senso orario
dell’intersezione tra tale
piano e il piano
dell’Eclittica, ossia della
linea degli equinozi.
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La precessione degli equinozi e lo spostamento della linea degli apsidi
II mutamento di direzione dell'asse terrestre comporta un continuo spostamento nello
spazio dell'Equatore celeste, il cui piano è perpendicolare a tale asse. Di conseguenza
varia anche l'intersezione del piano equatoriale con il piano dell'Eclittica, cioè si sposta
anche la linea degli equinozi. Siccome il moto conico dell'asse si compie in senso
orario, anche la linea equinoziale si muove in questo senso, che è contrario al
movimento della Terra sull'orbita; lo stesso avviene anche alla linea dei solstizi,
che è perpendicolare a quella degli equinozi. Gli equinozi e i solstizi anticipano
ogni anno la loro posizione sull'Eclittica, nel verso contrario all'apparente moto
annuo del Sole, di un arco ampio 50", che corrispondono a circa 20 minuti. Per
questo suo effetto il moto di precessione luni-solare è denominato anche,
sinteticamente, precessione degli equinozi.
Lo spostamento (l'anticipo) dei punti sull'orbita terrestre in cui si verificano gli equinozi e
i solstizi non deve far credere che cambino anche le date di questi momenti
fondamentali dell'anno: gli equinozi e i solstizi, che segnano l'inizio delle quattro
stagioni astronomiche, cadono sempre alle stesse date del nostro calendario, che si
basa sull'anno solare (o anno tropico) e non sull'anno sidereo. Se l'orbita terrestre
fosse immobile nello spazio, la linea equinoziale in un periodo di 26 000 anni farebbe un
giro completo anche rispetto all'afelio o al perielio. Ma, a causa dell'attrazione esercitata
sulla Terra dagli altri pianeti, l'asse maggiore dell'orbita (o linea degli apsidi) si muove per un osservatore situato al Polo nord celeste - in senso antiorario, e quindi va incontro
alla linea degli equinozi.
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Facendo perno al centro del
Sole,
l'asse
maggiore
dell'orbita terrestre compie un
giro completo in circa 117 000
anni,
con
una
velocità
angolare media di 11" circa
all'anno.
Questo spostamento della
linea degli apsidi si combina
con la precessione degli
equinozi e ne abbrevia il
periodo da 26 000 a 21 000
anni
circa.
Pertanto
gli
equinozi
(e
naturalmente
anche i solstizi) invertono la
loro posizione, facendo mezzo
giro rispetto alla linea degli
apsidi, non ogni 13 000 anni
ma ogni 10 500 anni circa.
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I moti terrestri con periodi millenari
Esistono anche altri movimenti millenari
della Terra collegati all'azione
gravitazionale esercitata dai vari corpi
del Sistema solare. Questi ultimi, infatti, a
causa delle loro mutevoli posizioni nello
spazio, producono numerose perturbazioni
sul movimento di rivoluzione della Terra e
col tempo fanno variare - sia pure in misura
limitata - non solo la posizione, ma anche la
forma dell'orbita terrestre.
Uno di questi movimenti millenari consiste
nella variazione dell'eccentricità
dell'orbita, ossia nella variazione del
«rapporto tra la distanza del Sole dal centro
dell'orbita e la lunghezza del semiasse
maggiore di quest'ultima». Come abbiamo
già detto in precedenza, attualmente il
valore dell'eccentricità dell'ellisse descritta
dalla Terra nel suo moto di rivoluzione è di
circa 0,017, ma tale valore non si mantiene
costante nel corso degli anni.
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Infatti, pur non variando sostanzialmente la
lunghezza della linea degli apsidi, la differenza tra
le distanze afelio-Sole e perielio-Sole, che ai giorni
nostri è di circa 5 milioni di km, in un periodo medio
di circa 92 000 anni passa da un massimo di quasi
16 milioni di km (che corrisponde ad un valore
dell'eccentricità di circa 0,054) ad un minimo di
appena 1 milione di km (pari ad un valore
dell'eccentricità di circa 0,003) e ritorna di nuovo al
valore massimo. In altre parole, è come se l'orbita
terrestre diventasse ora più allungata, ora meno.
Un altro movimento millenario della Terra consiste
nel mutamento dell'inclinazione dell'asse
terrestre, ossia nella variazione dell'angolo che
l'asse di rotazione della Terra forma con la
perpendicolare al piano dell'orbita. Questo angolo,
che è attualmente di 23°27', non si mantiene
costante nel tempo, ma varia da un massimo di
24°20' ad un minimo di 21°55' circa, con un
periodo medio di circa 40 000 anni.
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I moti terrestri con periodi millenari
La variazione dell’eccentricità
dell’orbita modifica l’intensità delle
oscillazioni climatiche dovute alla
precessione degli equinozi. Maggiore è
l’eccentricità, maggiore è la differenza
tra la massima e la minima distanza
della Terra dal Sole e di conseguenza
maggiore è l’effetto della precessione
degli equinozi.
A-B: massima eccentricità (oggi e tra
10500 anni).
C-D: minima eccentricità (oggi e tra
10500 anni).
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I moti terrestri con periodi millenari
La variazione dell’estensione dei ghiacciai terrestri nelle epoche glaciali e
nelle epoche interglaciali. A sinistra: circa 20 000 anni fa, al culmine della
glaciazione würmiana. A destra: oggi.
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L’orientamento
Nel nostro
emisfero il
Sole a
mezzodì indica
la direzione
del Sud e
quindi
consente di
individuare
tutti i punti
cardinali.
Il termine «orientarsi» letteralmente significa «rivolgersi verso oriente». Noi lo usiamo
con il significato di «individuare i punti cardinali sull'orizzonte di un certo luogo».
Per orientarsi si può prendere in considerazione l'apparente moto diurno del Sole
intorno alla Terra: puntando la mano destra verso il punto dal quale il Sole sembra
sorgere, cioè verso l'Est, si avrà a sinistra l'Ovest, in fronte il Nord e alle spalle il Sud.
Questo sistema di orientamento è però approssimativo, poiché il Sole sorge
esattamente ad Est e tramonta esattamente ad Ovest soltanto nei giorni degli
equinozi, quando la sua apparente traiettoria annua attraversa l'Equatore celeste. Negli
altri giorni dell'anno il Sole appare un po' spostato verso Nord durante il nostro periodo
primavera-estate, verso Sud nel periodo autunno-inverno.
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L'apparente escursione annua del Sole fra i due tropici è ugualmente utile ai fini
dell'orientamento. Nella zona temperata boreale (cioè a Nord del Tropico del Cancro),
noi possiamo determinare la direzione del Sud in tutti i giorni dell'anno. Questa ci viene
indicata dalla posizione del Sole a mezzodì, cioè nel momento in cui esso
raggiunge il culmine dell'arco che sembra descrivere durante la giornata. Allo stesso
modo gli abitanti della zona temperata australe (a Sud del Tropico del Capricorno)
possono fissare la direzione del Nord.
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Un metodo pratico per orientarsi con il Sole in ogni
momento del dì consiste nel disporre un orologio in
modo che la lancetta delle ore sia diretta verso la
posizione del Sole: tracciando idealmente la
bisettrice dell'angolo che questa lancetta forma con
la direzione verso le 12, si individuerà il Sud se
l'osservazione viene eseguita al mattino, il Nord se
l'osservazione viene fatta di pomeriggio.
Occorre, però, tenere presente che l'angolo da
considerare (e di cui si traccerà la bisettrice) deve
essere sempre quello che si ottiene seguendo il
movimento delle lancette dell'orologio, cioè il senso
orario. Questo angolo può essere, quindi, anche
maggiore di 180.
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Di notte, quando il Sole non è visibile, nel
nostro emisfero possiamo orientarci
guardando la Stella polare. Dato che essa
si
trova
attualmente
quasi
in
corrispondenza del Polo nord celeste, la
proiezione sul piano dell'orizzonte della
visuale che va dai nostri occhi alla Stella
polare ci indica la direzione del Nord.
Per i luoghi dell'emisfero australe la stella
visibile ad occhio nudo che funge da
«stella polare», indicando la posizione del
Sud, è <J (sigma) Octantis nella
Costellazione dell'Ottante; tuttavia spesso
si preferisce far riferimento alla più
appariscente e riconoscibile Costellazione
della Croce del Sud, la quale però è molto
più distante dal Polo sud celeste (circa
30°).
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L’orientamento
La bussola consente di individuare
la direzione del Nord magnetico.
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L’orientamento
Poiché i poli magnetici terrestri non
coincidono con quelli geografici, l’ago
calamitato della bussola non si dispone
sempre esattamente lungo il meridiano
del luogo. L’angolo fra le due direzioni
è detto declinazione magnetica.
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L’orientamento
La rosa dei venti.
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L’orientamento
Le coordinate polari (azimut e distanza) consentono di determinare la
posizione relativa dei luoghi posti sul piano dell’orizzonte rispetto al punto in
cui si trova l’osservatore. Con un sistema analogo gli antichi fissavano la
posizione di una stella sulla immaginaria Sfera celeste.
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La determinazione delle coordinate geografiche
Determinazione della latitudine
con la Stella polare.
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La determinazione delle coordinate geografiche
Determinazione della latitudine mediante l’altezza del Sole sull’orizzonte.
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La determinazione delle coordinate geografiche
L’analemma è un diagramma
universale che mette in relazione tre
variabili, espresse in unità indipendenti
dal luogo:
– il giorna dell’anno (la linea rossa);
– la declinazione solare (asse
verticale);
– i minuti di anticipo o di ritardo del
mezzo dì vero rispetto al mezzo
giorno dei nostri orologi.
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La determinazione delle coordinate geografiche
Rappresentazione schematica di un
normale teodolite, strumento per la
misurazione degli angoli (orizzontali e
verticali), usato soprattutto per i
rilevamenti geodetici e topografici.
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Longitudine
La determinazione della longitudine si esegue basandosi sull'apparente movimento
diurno del Sole (o di un'altra stella) attorno alla Terra.
Poiché la Terra compie in circa 24 ore una rotazione completa su se stessa, in tale
periodo il Sole culmina successivamente su tutti i 360 meridiani di grado che si possono
immaginare tracciati sul globo terrestre. Perciò il Sole impiega un'ora per passare sopra
15 meridiani di grado (360 :24 = 15) e quindi 4 minuti primi per passare da un
meridiano geografico a quello successivo, cioè per compiere uno spostamento
angolare di un grado di longitudine, mentre impiega 4 secondi per descrivere un arco
di 1 primo di longitudine.
Dalla differenza che si ha - nello stesso istante - tra l'ora locale e quella del meridiano
fondamentale (di Greenwich), si può ricavare la longitudine del luogo in cui si trova
l'osservatore. Poiché il Sole si sposta apparentemente da Est verso Ovest, se l'ora
locale è maggiore di quella di Greenwich vuol dire che nel luogo considerato il
Sole è sorto prima che a Greenwich e quindi esso si trova ad Est del meridiano
fondamentale; se l'ora locale è minore, il luogo si trova a Ovest.
L'ora locale viene determinata osservando la culminazione del Sole, cioè il suo
passaggio sul meridiano del luogo. L'ora del meridiano fondamentale si può
conoscere per mezzo dei moderni servizi radiotelegrafici che trasmettono, più volte al
giorno, i segnali orari.
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Longitudine e altitudine
Poiché la superficie terrestre presenta rilievi e depressioni, per fissare
esattamente la posizione di un punto occorre conoscere - oltreché la latitudine
e la longitudine - anche l'altitudine o quota, cioè la sua distanza verticale dal
livello medio del mare (che viene assunto convenzionalmente come quota
zero). Quest'ultima coordinata può ottenersi mediante l'altimetro, un tipo di
barometro (lo strumento che misura la pressione atmosferica) nel quale ai
valori della pressione atmosferica sono sostituiti quelli delle altezze rispetto al
livello marino. Tale sostituzione è basata sul fatto che tra le due grandezze
esiste un rapporto inverso: la pressione atmosferica diminuisce con
l'aumentare dell'altezza. L'altitudine può essere determinata con maggior
precisione mediante la triangolazione.
Nel caso di depressioni marine o lacustri, le profondità (altitudini
negative) si determinano comunemente per mezzo degli scandagli, tra i quali
ricordiamo quelli acustici, che sono basati sul calcolo del tempo
impiegato da un suono per arrivare sul fondo del mare (o del lago) e
ritornare, come eco, fino in superficie.
Attualmente si sta diffondendo l'utilizzo di un nuovo sistema per la
determinazione in tempo reale della posizione dei punti sulla superficie
terrestre: il Sistema di Posizionamento Globale, noto come GPS
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La determinazione delle coordinate geografiche
Il cosiddetto navigatore montato su
un’automobile è un segmento del
Sistema di Posizionamento Globale
basato sulla ricezione di segnali radio
emessi da una «costellazione» di
satelliti artificiali in orbita attorno alla
Terra.
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• Unità di misura del tempo
Comunemente per giorno si intende il periodo di tempo che la Terra impiega
per compiere una rotazione intorno al proprio asse; però, a seconda che tale
rotazione venga computata facendo riferimento alle stelle oppure al Sole, si
deve fare una distinzione fra giorno sidereo e giorno solare, che sono di durata
leggermente diversa. Il giorno sidereo rappresenta la durata effettiva della
rotazione terrestre e ha una durata di 23h56m4s. Esso corrisponde al tempo
trascorso tra due passaggi successivi di una stella su un determinato meridiano
della superficie terrestre.
Il giorno solare corrisponde al tempo trascorso tra due culminazioni
consecutive del Sole sullo stesso meridiano, cioè due passaggi successivi del
Sole alla sua massima altezza sul piano dell'orizzonte di un dato luogo. Il
giorno solare ha una durata leggermente maggiore di quello sidereo, cioè dura
circa 24h.
Il motivo di questa differenza di circa 4 minuti sta nel fatto che mentre la Terra
compie una rotazione, si muove anche di un certo tratto lungo la propria orbita
attorno al Sole; perciò, per rivedere il Sole nella stessa direzione, dopo che la
Terra ha fatto un giro completo intorno al proprio asse, occorre che essa
compia un supplemento di rotazione corrispondente all'arco percorso sull'orbita
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Le unità di misura del tempo
Il tempo che intercorre fra due culminazioni successive del Sole su uno
stesso meridiano (giorno solare) è più lungo del tempo occorrente per avere
due passaggi consecutivi di una stella sullo stesso meridiano (giorno
sidereo).
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• Unità di misura del tempo
Il giorno sidereo rappresenta il vero periodo della rotazione terrestre e quindi può
considerarsi di durata praticamente costante, perché le variazioni dovute ad
irregolarità di questo movimento sono estremamente piccole. La durata del giorno
solare, invece, non è sempre la stessa nel corso dell'anno, poiché la Terra descrive
la sua orbita intorno al Sole con velocità variabile. In prossimità del perielio (cioè
durante il nostro inverno) questa velocità è massima ed il giorno solare supera di
alcuni secondi le 24 ore, mentre in prossimità dell'afelio (cioè durante la nostra
estate) la velocità orbitale della Terra si riduce ed il giorno solare ha una durata un
po' minore delle 24 ore.
Nonostante questa variabilità, il giorno solare è quello che noi usiamo
comunemente, perché è il Sole che regola la nostra vita. Per ovviare
all'inconveniente della diversa durata del giorno solare nei vari periodi dell'anno, ci
serviamo del giorno solare medio, che risulta dalla media delle durate di tutti i
giorni dell'anno e corrisponde a 24 ore esatte.
Su questo arco di tempo sono re-golati i nostri orologi. La 86400" parte del giorno
solare medio, il secondo, è stata assunta come unità fondamenta-le di intervalli di
tempo in tutti i prin-cipali sistemi di misura. Però nel Si-stema Internazionale,
considerando che la misura del «secondo solare» ri-chiede osservazioni protratte
per me-si, è stato adottato un «secondo cam-pione» definito come la durata di 9
192 631 770 oscillazioni della radia-zione emessa dall'atomo di cesio 133 (in
determinate condizioni).
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• La durata dell’anno
Anche per il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, e quindi per l'anno, occorre
fare una distinzione: a seconda di come si considera tale movimento, è possibile
distinguere un anno sidereo ed un anno tropico (o anno solare), che hanno durata
diversa.
• L'anno sidereo è il periodo della rivoluzione terrestre. Esso corrisponde all'intervallo di
tempo che passa fra due ritorni consecutivi del Sole nella stessa posizione fra le stelle, e
ha una durata di 365d6h9m10s.
• L'anno tropico (o anno solare) è il tempo che intercorre fra due passaggi successivi
del Sole allo Zenit dello stesso tropico, cioè fra due solstizi (o equinozi) dello stesso
nome. La sua durata è di 365d5h48m46s, circa 20 minuti più breve di quella dell'anno
sidereo: questa differenza è dovuta alla precessione degli equinozi, cioè al fatto che gli
equinozi e i solstizi si verificano ogni anno un po' prima che la Terra abbia compiuto una
rivoluzione completa intorno al Sole. L'anno sidereo non è dato dalla somma di tutti i
giorni siderei compresi in un anno, né quello solare corrisponde all'insieme dei giorni
dello stesso nome, tant'è vero che nessuno dei due comprende un numero intero di
giorni. Inoltre, fra i due tipi di anno è quello solare che ha una durata minore, a
differenza di quanto avviene fra le due specie di giorno.
Generalmente, quando si usa la parola anno, ci si riferisce all'anno tropico o solare,
poiché esso indica il periodico susseguirsi delle stagioni a cui sono collegati molti dei
fenomeni fisici e biologici che si svolgono sulla superficie terrestre, comprese le stesse
attività umane.
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Però, nella pratica comune non è possibile utilizzare l'anno tropico con la
sua durata effettiva, dato che essa non corrisponde ad un numero intero
di giorni. Per ovviare a questo inconveniente, si è resa necessaria
l'introduzione dell'anno civile, formato appunto da un numero non
frazionato di giorni: su questa unità di misura convenzionale sono basate le
divisioni del tempo adottate dai vari popoli per poter fissare le epoche di
determinati avvenimenti naturali o umani, cioè i calendari.
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Le unità di misura del tempo
L’anno sidereo (il ritorno della Terra nel punto T dopo una rivoluzione) è
più lungo dell’anno solare (quando la Terra arriva in T) perché la linea
degli equinozi ruota (di un angolo piccolissimo in senso orario).
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Le unità di misura del tempo
Un quadrante solare con «linee orarie
francesi» (corrispondenti alla
suddivisione oraria moderna, per noi
abituale).
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• Tempo vero, tempo civile e fusi orari
Per evitare gli inconvenienti che erano connessi ad un eventuale uso dell'ora vera,
specialmente nel campo delle comunicazioni ferroviarie e telegrafiche, ad un certo momento
diversi Stati decisero di adottare per tutto il loro territorio un'ora convenzionale unica, detta
ora nazionale, corrispondente a quella vera del meridiano passante per la capitale.
Anche facendo ricorso all'ora nazionale, però, non era possibile risolvere le complicazioni
derivanti dal fatto che, nel passare da uno Stato all'altro, si potevano avere non solo
differenze di ore, ma anche differenze di minuti e secondi. E ciò rese necessaria, per gli usi
civili, l'adozione di un sistema più pratico, ideato fin dal 1859 dall'astronomo italiano Quirico
Filopanti.
In questo sistema, che è ormai adottato quasi universalmente, la superficie terrestre è divisa
in 24 spicchi, detti fusi orari, limitati da meridiani distanti 15° in longitudine e quindi con
differenze di 1h l'uno dall'altro. Per tutti i luoghi situati entro un determinato fuso si assume
convenzionalmente, come tempo civile, quello che corrisponde al meridiano centrale del
fuso .
Più precisamente, il primo fuso orario si estende per 7°30" ad Est e ad Ovest del meridiano
di Greenwich ed i luoghi in esso compresi adottano il tempo civile di Greenwich, che viene
considerato come riferimento e perciò è detto tempo universale (T.U.): in tutti questi luoghi
si segna contempora neamente il mezzogiorno quando il Sole culmina sul meridiano
fondamentale. Tutti i Paesi situati nel fuso immediatamente ad Est del primo (come l'Italia),
adottano l'ora del relativo meridiano centrale, che passa per l'Etna, e quindi hanno un tempo
civile che è in anticipo di un'ora rispetto al T. U. ; nei successivi fusi verso Est il tempo civile è
in anticipo di due, tre o più ore rispetto al T. U., mentre in quelli posti ad Ovest del primo fuso
si ha un analogo ritardo.
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In certi tratti i limiti effettivi dei fusi orari non sono segnati dai meridiani geografici, ma
seguono i confini politi-ci, in modo da evitare che qualche porzione del territorio di uno
Stato abbia un'ora diversa da quella adottata nella gran parte del Paese. Vi sono però
anche Stati che, per la loro notevole estensione in longitudine, comprendono più
fusi orari (9 la Russia, 6 gli Stati Uniti d'America, 5 il Canada ecc.).
Nel corso delle due Guerre mondiali alcuni Stati europei, tra i quali l'Italia, introdussero
l'ora estiva, che durante l'estate anticipava il tempo civile di un'ora, in modo da usufruire
più a lungo della luce solare e avere un minor consumo di energia elettrica. L'ora estiva
è stata ripristinata in Italia a partire dal 1966 e si sta pensando di mantenerla durante
tutto l'anno, come si è già fatto in Spagna, Francia, Paesi Bassi, Portogallo, ex-U.R.S.S.,
U.S.A., e perfino in Gran Bretagna.
Nel sistema dei fusi orari assume un'importanza particolare la linea internazionale del
cambiamento di data, che divide il tredicesimo fuso in due parti aventi la stessa ora,
ma giorno diverso . Quando su un determinato meridiano è mezzodì di un certo giorno per esempio, di una domenica - le località poste sul relativo antimeridiano segnano tutte
contemporaneamente la mezzanotte; ma per chi viaggia nello stesso senso della
rotazione terrestre, cioè da Ovest verso Est, si tratta della mezzanotte fra
domenica e lunedì, mentre per chi viaggia da Est verso Ovest si tratta della
mezzanotte fra sabato e domenica.
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Come linea del cambiamento di data è stato scelto l'antimeridiano di
Greenwich,
perché
corre
prevalentemente
sull'Oceano
Pacifico,
modificandone l'andamento in modo da passare sempre su zone marine o
regioni disabitate. E si è stabilito che nell’attraversare tale linea occorre
ripetere la data del giorno in corso se si è diretti verso Est (per esempio,
dall'Asia verso l'America), mentre bisogna spostare la data al giorno
successivo se si procede verso Ovest (per esempio, dall'America
all'Asia).
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Il tempo vero, il tempo civile e i fusi orari
A causa della rotazione
terrestre, l’ora locale, stabilita
riferendosi al Sole, varia con la
longitudine.
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Il tempo vero, il tempo civile e i fusi orari
La suddivisione della superficie terrestre nei 24 fusi orari.
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