©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte però precisare quanto tempo debba intercorrere fra esse, se cioè bastino uno o due anni, o ne occorrano venti o trenta. Il fatto della quasi completa trasparenza del dipinto superiore che si è verificato nel nostro caso, avvalora in ogni modo l'ipotesi che la prima pittura fosse già secca quando vi fu sovrapposta la seconda e che perciò sia intercorso fra loro un notevole periodo di tempo. Il Vasari d'altra parte fa cenno de11'Impannata già nella prima edizione de11e sue vite e nella seconda scrive queste parole: I l E similmente un quadro di Nostra Donna, che egli (Bindo Altoviti) mandò a Fiorenza, il quale è oggi nel palazzo del Duca Cosimo nella Cappella delle stanze nuove da me fatte e dipinte e serve per tavola dell'altare ed in esso è dipinta una S. Anna vecchissima a sedere, la quale porge alla Nostra Donna il suo Figliolo di tanta bellezza nell' ignudo e nelle fattezze del volto che nel suo ridere rallegra chiunque lo guarda; senza che Raffaello mostrò nel dipingere Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell'aria di una Vergine, dove sia accompagnata negli occhi modestia, nella fronte onore, nel naso grazia e nella bocca virtù; senza che l;ablto suo è taie, che mostra uria seni.: plicità ed onestà infinita. E nel vero io non penso che per tante cose si possa veder meglio. Evvi un S. Giovanni a sedere ignudo ed un' altra santa che è bellissimaanch'e11a. Così per campo vi è un casamento dov'egli ha finto una finestra impannata che fa lume alla stanza dove le figure son dentro". Dunque il Vasari, già nel 1550 vide la pittura come è ora. Non è inopportuno notare che Raffaello era morto da alcune diecine d'anni, ma la sua bottega aveva continuato a produrre. A questo punto perciò le ipotesi plausibili sono due: l'Impannata di Pitti che noi conosciamo, che è quella che vide il Vasari, e l'Impannata che ci ha rivelato la radiografia, sono della stessa mano oppure di due mani diverse? In questa ipotesi,di chi sono le due mani? E non bisogna dimenticare la tavola d'America testimonio o parte in causa in questa disputa. Su questi dati è dunque aperta la discussione per la critica. Devo ricordare l'opera del professore Enrico Cumbo che mi ha validamente aiutato eseguendo perfettamente le radiografie dell'uno e dell'altro dipinto. PIERO SANPAOLESI LA STATUA FENICIA DI MARSALA ..... NOTO quanto scarse sieno le tracce lasciate da11a civiltà cartaginese nelle terre nella .. quale essa si svolse e dominò e quanto poco caratteristici ne sieno i prodotti, sui quali · il genio ellenico impresse un'orma ben più profonda che, ad esempio, sui prodotti etruschi. Ancor più rimane colpito il visitatore dei ruderi di Solunto e della sezione antica del Museo Nazionale di Palermo dalla scarsezza, anzi dalla quasi totale assenza di opere d'arte fenicie provenienti dalla Sicilia occidentale, fenomeno che ha il suo riscontro perfetto nella totale assenza di tracce materiali della civiltà araba in Sicilia. Doppiamente interessante credo perciò riuscirà per il lettore la conoscenza del torso rinvenuto nelle vicinanze della città fenicia di Mozia, in cui lo stile fenicio è a prima vista evidente (figure I, 2). E Come sempre nei ritrovamenti archeologici, la scoperta fu opera del caso. Il dì 13 luglio 1933 alcuni operai, nel riparare il rudimentale imbarcatoio in legno della contrada" Spagnola", donde si partono le barche per attraversare lo Stagnone ed approdare sull' isola di Mqzia, notarono sul bassofondo, a pochi metri dal molo, un masso che avrebbe potuto danneggiare le loro imbarcazioni. Decisi a trarlo fuori, tentarono con la mazza di ferro di praticarvi dei fòri, con l'intenzione di ridurlo in pezzi più maneggevolij ma accortisi di avere a che fare con una statua, desistettero dalla primitiva intenzione e provvidero anzi a trarla all'asciutto. Dopo qualche mese di permanenza nel Municipio di Marsala, il torso giunse al Museo Nazionale di Palermo, dove ora è esposto nel Cortile grande dopo essere stato restaurato per opera del valente artefice F:rancesco Paolo Ciaccio. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte non mi fu dato di rintracciare nei due giorni di ricerche da me praticate per ordine del soprintendente attorno al luogo del rinvenimento del torso, con la speranza di trovare questo o altri frammenti della medesima statua. I) Più nociva dell'opera dell'uomo era stata quella della Natura. Quella parte della statua che non era protetta dalle sabbie marine, si era coperta di un' incrostazione durissima di animali marini che fu giocoforza togliere con lo scalpello; in alcuni punti tale incrostazione aveva raggiunto gli otto centimetri di spessore. Questa incrostazione -la cui area è facilmente riconoscibile per una leggera traccia di colore bianco - si stendevJ su tutto il lato anteriore della statua, ad eccezione della parte superiore del petto, del braccio destro e del tratto del corpo più vicino al polso destro. Siccome l'incrostazione era assai più dura della pietra (un tufo arenario conchiglifero) lo scalpello del restauratore dovè arrestarsi all'altezza della superficie antica, senza speranza di ritrovarne il modellato; sì che le pieghe del gonnellino ed il cinturone che lo regge scompaiono a poca distanza dal polso destro ed il polso sinistro sembra fasciato da un guantone da pugilista. L'altezza massima del torso è di m. r,28; la larghezza delle spalle misura cm. 67. Poichè la parte a noi pervenuta giunge al FIG. I - TORSO DI STATUA DI STILE FENICIO RINVENUTO NELLE ginocchio, l'altezza totale deve ACQUE DELLO STAGNONE DI MARSALA (Foto Museo Naz., Palermo) essere stata di poco più di due metri e superava quindi di un quarto le proporLa mazza di ferro degli operai ha praticato zioni normali della figura umana. tre fòri nel torso di Marsala. Il primo, all'altezza Il tratto del petto risparmiato darle incrostadell'ombelico, non giunse ad attraversare la statua; il secondo ne ha staccato un pezzo, che zioni è sciupato da grossi buchi, verosimilmente è stato riattaccato senza difficoltà; il terzo ha prodotti dall'azione solvente dell'acqua marina. Questi buchi sono particolarmente fitti nella distaccato un frammento della coscia destra, che ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte zona del mento, sì che ne nasce l'illusione che la statua fosse barbuta. Ma è un' illusione e nulla più, giacchè sarebbe necessario ammettere che la testa fosse volta fortemente verso la propria sinistra, il che non si accorderebbe con l'atteggiamento generale del torso, nè con l'andamento anatomico dei muscoli attorno al collo. Nell' interno del pugno destro chiuso si nota, da ambo i lati, un cerchio nettamente inciso. A lungo ho pensato che la mano stringesse in origine uno scettro o qualcosa di simile e che le tracce della rottura fossero state cancellate dal tempo e dall'acqua; ma poi mi sono convinto che lo scultore ha voluto semplicemente delineare l'interno della palma, risparmiandosi la fatica di forare la mano ed il pericolo di romperne le dita durante l'operazione. Del resto, questo espediente tecnico non è nuovo. 2) Chi rappresentava questa statua gigantesca, imberbe, dalle mani prive di attributi e prive di un atteggiamento determinato? Un uomo o un dio? Che si tratti di un dio è l'idea che prima si affaccia alla mente, suggerita dalle proporzioni gigantesche. È però concepibile un dio senza attributi, in un simulacro anellenico (come lo dimostra a sufficienza il gonnellino)? Evidentemente no. E nemmeno si può pensare che il dio fosse riconoscibile FIG. 2 - TORSO DI STATUA DI STILE FENICIO RINVENUTO NELLE unicamente da un attributo appliACQUE DELLO STAGNONE DI MARSALA (Foto Museo Naz.} Palermo) cato alla testa: io non riesco a ricorrinvenimento (DÉoNNA, Les Apollons archaiques, darmi di casi simili. E, del resto, anche in Grecia mancano gli esempi sicuri di simulacri divini privi pago 18-20) risulta chiaro che si tratta di offedi attributi, giacchè l'unica apparente eccezione, renti, anche quando furono rinvenute nei santuari di Apollo: come altrimenti spiegarne la gli Apollini arcaici, si basa sul presupposto errato che essi possano talora aver rappresentato presenza nei santuari di altre divinità'? Bisogna dunque concludere che la statua di Marsala il dio, mentre dalla statistica dei luoghi del loro ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte rappresentava un fedele, che volle perpetuarsi sotto queste spoglie nel santuario del suo dio. Non però un fedele qualsiasi. In una città come Mozia (benchè trovato dal lato opposto del canale, non vi può esser dubbio che il torso vi sia stato trascinato dall'isola in epoca imprecisabile, probabilmente subito dopo la distruzione del 397; salvo ad ammettere l'esistenza di un santuario fenicio in prossimità del luogo del rinvenimento, ciò che mi sembra da escludersi quasi del tutto), retta verosimilmente da un'aristocrazia gelosa dei propri diritti, non è probabile che fosse concesso collocare una statua di dimensioni superiori al normale ad un cittadino qualsiasi; ed ancor meno è probabile che lo si permettesse ad un cittadino che fosse riuscito ad acquistare un ascendente politico momentaneo. Più consono con quanto sappiamo (o almeno con quanto è lecito supporre) della mentalità fenicia è l'ipotesi che qui sia rappresentato il gran sacerdote della divinità principale della città, che ne deteneva, almeno nominalmente, il principato. Se analizziamo la statua per distinguervi gl'influssi stilistici e culturali che ne han determinato le forme, con facilità constatiamo che gl'influssi sono molteplici. Il tipo generale è indubbiamente preso dalla statuaria egizia, nella quale il motivo del braccio destro abbassato col pugno chiuso, e della sinistra, anche essa col pugno chiuso, portata innanzi al petto, benchè raro, non è senza esempi,3) tanto più che sino ai tempi più tardi nelle statue egizie di re, di sacerdoti o di defunti (considerati, come tali, partecipi della natura divina), l'individuo effigiato porta assai spesso l'arcaicissimo gonnellino del tempo delle piramidi, che era in disuso da millenni, ma che era santificato dalla tradizione. Senonchè, se noi esaminiamo con attenzione l'indumento di cui è cinto l' individuo qui rappresentato, ci avvediamo di una differenza essenziale rispetto al perizoma egizio. È questo ultimo costituito da un panno rettangolare che viene cinto attorno ai fianchi, in modo che le estremità s'incontrino sul davanti; ed i due lembi sono infatti contraddistinti, sia in pittura che nella scultura, dal diverso andamento delle pieghe. Qui, invece, quel poco che delle pieghe 508 è rimasto a destra ed a sinistra della zona sciupata dalle incrostazioni marine, è sufficiente per dire che l'indumento che cinge i fianchi dell'offerente consiste in un gonnellino tutto di un pezzo e retto da una grossa cintura, il quale doveva infilarsi e sfilarsi come una camicia. È questo senza dubbio un tratto preso dalla vita reale, nel quale l'artista - certo per ordine del committente - ha dovuto allontanarsi dal costume sacro egizio per attenersi ad un vestito evidentemente rituale, così come nelle statue fenicie di Cipro troviamo gli offerenti vestiti di un maglione e di un paio di brache, antiestetico costume preso certamente dalla realtà. 4) È noto che presso tutti i popoli dell'Asia Minore, ma soprattutto presso i Fenici, vigeva l'uso di coprire il corpo con assai maggior compiutezza che presso gli altri popoli dell'Oriente classico e soprattutto dei Greci. Tanto presso i Fenici che presso gli Ebrei il denudarsi era segno di lutto; presso gli Ebrei era anche segno di umiltà innanzi a Dio. È quindi più che verosimile che come presso gli Ebrei, così anche presso i Fenici il devoto, e soprattutto il prete, apparisse innanzi al suo dio vestito di un semplice perizoma: giacchè anche la nudità completa sarebbe stata offensiva per la divinità. 5) Tenendo conto delle dimensioni della statua, del suo atteggiamento, che non è da orante o da offerente ma semplicemente quello di una figura stante inattiva, l'idea che la nostra statua rappresentasse il gran sacerdote (che era al tempo stesso il capo politico dellà piccola città di Mozia) nel suo abito rituale, mi sembra assai plausibile. Se passiamo ai confronti stilistici, non troviamo, però, in Egitto nudi maschili che possano aver servito da prototipo alla statua di cui ci occupiamo. Non che manchino esempi (benchè non sieno troppo frequenti) di statue egizie ricche di particolari realistici, di un verismo che ad un greco di età classica o arcaica sarebbe certamente sembrato eccessivo; ma, frequenti nell'antico Impero, già rare nel medio, divengono rarissime nel nuovo e scompaiono addirittura in epoca saitica, la quale predilige invece l'eleganza sottile e raffinata delle epoche arcaizzanti. Nella statua di cui ci stiamo occupando un tratto caratteristico è costituito invece proprio ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte dalla pronunciata grossezza dei fianchi. In nessuna epoca dell'arte egizia mi ricordo di aver visto una statua così poco snella come questa. Bisogna quindi concluderne che l'artista fenicio ha preso dall'Egitto solo il tipo generale, modificandolo a sua guisa, ossia aggiungendo alcuni particolari tolti dal vero, a scapito della concordanza generale dello stile. Nell'aggiungere il particolare realistico della grossezza dei fianchi, l'artista si è lasciato influire da reminiscenze assire? Non credo: per quanto i dignitari assiri facciano sfoggio di una massiccia corporatura, in ostentato segno di dignità, giammai del loro corpo nudo appare qualcosa più delle mani e "del viso. Non è certamente di là che poteva giungere una ispirazione in questo senso all'artista del torso di Mozia. lo penso piuttosto ad un'ispirazione greca. Dopo il 480, in opposizione alla raffinatezza arcaica che durante il VI secolo aveva talora porta to all'eccesso l'ideale egizio della snellezza (alcune statue di Apollini sono di una secchezza addirittura decorativa), l'arte greca si sviluppa sempre più nel senso di una corporeità ognora maggiore. Pur non dimenticando le esigenze idealizzanti di ogni stile, l'arte greca del V secolo deliberatamente si oppone all'astrattismo dell'età arcaica, che - preoccupata dai problemi del movimento ed in perpetua ricerca dell'eleganza formale - aveva rischiato di perdersi in una leziosità talora addirittura calligrafica. Per tutto il V secolo si può seguire senza difficoltà questo progressivo affermarsi dell' ideale di una maggiore corporeità nella plastica greca e di un allontanamento sempre maggiore dalla snellezza elegante e raffinata dei decenni fra Clistene e la battaglia di Salamina (e non solo nel nudo maschile, ma anche nelle statue panneggiate femminili), sino a raggiungere il massimo nel Doriforo e nelle Cariatidi. Ora, a me sembra di scorgere nel torso di Marsala una lontana reminiscenza dei nudi greci della metà del V secolo. Non del loro ideale atletico, no davvero (non vi è traccia di muscoli in questo corpo tondeggiante); ma dell'ideale della solida corporeità, coltivato dagli artisti greci del V secolo, idolatri amanti della bellezza dei corpi umani, 6) ideale ben lontano dalla fragile eleganza saitica o dell'arte greca arcaica. Su questa base credo di poter datare il torso di Marsala nella metà del V secolo a. C. Questa statua che imita il tipo generale egizio della figura virile stante, ma senza serbare fedeltà a quell' elegante senso di proporzioni che ne costituisce il fascino principale; che dal tipo statuario greco del V secolo ha preso la solidità quadrata, ma senza quell'anatomia muscolare che ne è il presupposto logico; è, nel suo eclettismo male assimilato, un genuino e tipico PAOLINO MINGAZZINI prodotto di arte fenicia. I) Di artificiale si rinvenne solo un gran lastrone largo m. 1,20, lungo m. 3 ed alto cm. 40, che con grande fatica si riuscì a capovolgere. Non presentando esso nè iscrizioni, nè sagoma di sorta, lo lasciai nel!' acqua. Per orientarsi sulla zona dello Stagnone, vedi WHITAKER, Motya, pianta incontro a pago I. La contrada " Spagnola" trovasi a sud dell' isola di San Pantaleo. La statua fu rinvenuta a circa ottocento metri dalla caserma della R. Guardia di Finanza di Salina Infersa. 2) Lo ritroviamo, ad esempio, nel torso di Naucrati (DÉONNA, Dedale, II, tav. XXXI - DÉONNA, Les Apollons archaiques, n. 148, fig. 168 e 169). 3) Per l'arte di Cipro, vedi MYRES, Handbook 01 the Cesnola collection, pago 224, n. 1361 (1a datazione dell'anno 600-550 mi sembra troppo alta: proporrei l'inizio del V secolo); n. 1363, probabilmente Amasis, della metà del VI secolo. 4) MYRES, Handbook 01 the Cesnola collection, n. 1045, 1047, figure a pago 156. L'unico esempio di perizoma a gonnellino ch'io conosca, viene da Biblo (M. DURAND, Fouilles de Byblos, tav. L, 6612); ma si tratta di un esemplare cosÌ rozzo, che si può dubitare che l'artista abbia inteso realmente di rappresentare questo determinato pezzo di vestiario. In ogni modo, è sintomatico che la statuetta venga da un santuario fenicio. Di un gonnellino, ma inoltre anche di un maglione sono vestite la statuette rinvenute nel santuario fenicio di Haghia Irini a Cipro, riprodotte in Arch. Anzeiger, 1934, pago 85, 86, fig. 5 -6. 5) W. A. MULLER, Nacktheit und Entblossung, ecc. pago 43 sgg.; pago 40, sgg. È più che verosimile che il " sacco" usato dagli Ebrei per penitenza fosse appunto il gonnellino che vediamo addosso al torso di Marsala. 6) Tutto quello che si suole ripetere sull'idealismo de!l'arte greca del V secolo è vero se con idealismo s'intende nobiltà di contenuto etico; ma è errato se s'intende con idealismo un amore per !'irreale e per l'astratto, da cui gli Elleni rifuggirono sino ai più tardi momenti della loro storia. Nè del resto l'arte greca sarebbe stata quello che è stata, se i Greci non fossero stati il popolo più realista de !l'antichità. 5°9