Ritorna nella chiesa di San Filippo Neri di Frattamaggiore la statua del Sacro Cuore di Gesù È tornata nella sua originaria collocazione - la nicchia sovrastante l’altare del cappellone sinistro della chiesa di San Filippo Neri a Frattamaggiore dopo un lungo e accorto restauro condotto da Giuseppe Di Palma e Agostino Saviano su incarico del parroco don Nicola Giallaurito la novecentesca statua in cartapesta policroma, legno e terracotta del Sacro Cuore di Gesù. La devozione al Sacro Cuore, le cui fondamenta trovano origine a metà del XVII secolo nella lotta al rigorismo giansenista intrapresa in Francia da S. Giovanni Eudes e da Santa Margherita Maria Alacoque, trovò solide radici nella tradizione culturale e religiosa della diocesi di Aversa soltanto tra la seconda metà del XIX secolo e i primi decenni del corrente secolo; quando sull’onda dell’entusiasmo suscitato in tutto il mondo cattolico dagli scritti di papa Pio IX prima, e di Leone XIII poi, l’immagine del Cuore che era apparso a Margherita Maria Alacoque su un trono di fiamme, raggiante come il sole, con la piaga adorabile, circondato di spine e sormontato da una croce - come lei stessa ebbe adire - aveva fatto la sua comparsa, diventando ben presto popolare, anche sugli altari e nelle nicchie delle chiese diocesane. La nostra statua va pertanto considerata una delle tante testimonianze di quel momento devozionale e come sembra confermare del resto lo schema iconografico che si riallaccia ad analoghe statue rintracciabili un po’ dappertutto nelle chiese dell’Italia meridionale e riconducibili all’attività di cartapesta leccesi attivi nei primi anni di questo secolo. Per quanto si tratti di una Frattamaggiore, Chiesa di S. Filippo Neri, produzione ancora orientata verso l’arte Ignoto cartapistaio leccese del XX secolo, Sacro Cuore di Gesù devozionale ottocentesca capace soprattutto di evocare una forte presa emotiva sul sentimento popolare, non mancano nell'ambito di questo genere - come giustappunto nel nostro caso - esempi di opere di discreta fattura e dignità artistica. Il Cristo, che indossa un mantello rosso papavero aperto su una veste color crema cinta in vita da una fascia celeste, si presenta all'osservatore frontalmente, in atteggiamento ieratico e con le braccia portate in avanti a mostrare i segni dei chiodi infissi nel palmo delle mani. È su un groppo di nuvole, sul petto porta applicato un cuore in terracotta e sul capo un’aureola raggiante in metallo; di terracotta sono altresì le mani e i piedi, mentre la pedana e di simboli della sua passione (il calice, la corona spinata, la frusta e i chiodi) sono realizzati in legno. Ancora qualche nota, di carattere più squisitamente tecnico, per ricordare che il manufatto è stato ripulito con bisturi e solventi (ridipinture grossolane ricoprivano le cromie originali ottundendone il modellato); dopo di ché si è proceduto al consolidamento della pellicola pittorica e all’integrazione delle lacune, giacché gli incarnati e le vesti di Cristo si presentavano con piccole ma numerose lacune a causa della mancanza di adesione e coesione del vecchio strato pittorico. Il ritorno della statua è stato preceduto da un’opportuna indagine climatologica in seguito alla quale, verificata la presenza tracce di umidità, si è proceduto, per quanto possibile, a una bonifica dell’ambiente che accoglie il manufatto. Franco Pezzella