Aprile-Giugno 2016 • Vol. 46 • N. 182 • Pp. 135-148 Prospettive in Pediatria Oncologia pediatrica Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi Elisabetta Schiavello Veronica Biassoni Maura Massimino Pediatria Oncologica Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano I tumori cerebrali rappresentano le neoplasie solide più frequenti nell’infanzia e la prima causa di morte per tumore in età pediatrica. Una percentuale variabile di neoplasie del sistema nervoso centrale, in costante aumento negli ultimi anni per via dell’affinamento delle tecniche diagnostiche, si verifica nel contesto di sindromi predisponenti. I gliomi a basso grado e i tumori embrionari sono gli istotipi più frequenti in età pediatrica, rappresentando il 50% e 20% rispettivamente di tutte le neoplasie cerebrali, seguiti da ependimomi e gliomi maligni. Se è vero che le innovazioni diagnostico-terapeutiche degli ultimi due decenni hanno migliorato la sopravvivenza globale dei bambini affetti da tumore cerebrale, portandola a oltre il 70% per tutte le istologie, è altrettanto vero che per alcuni istotipi (gliomi maligni, tumore teratoide-rabdoide atipico, DIPG) e in caso di malattia metastatica, i tassi di sopravvivenza rimangono insoddisfacenti. Pertanto molti sforzi sono stati fatti negli ultimi anni e si stanno ancora compiendo per valutare l’efficacia di nuovi approcci terapeutici, soprattutto nel contesto di trials clinici internazionali. Scopo della presente trattazione è quello di illustrare, partendo da quanto è noto circa le principali neoplasie pediatriche, le novità più recenti e promettenti, le prospettive terapeutiche future o auspicabili e le sfide ancora aperte, soprattutto per quelle neoplasie per le quali la prognosi rimane ancora invariabilmente infausta. Riassunto Brain tumours are the most frequent solid tumours in childhood, being the first cause of cancer-related death in the paediatric population. A variable number of cases, increasing in the last years due to the improvement of diagnostic tools, occurs in children affected by predisposing brain tumour syndromes. Low-grade gliomas and embryonal tumours are the most frequent paediatric pathologies, accounting for 50% and 20% of childhood brain tumours, respectively, followed by ependymomas and malignant gliomas. Even if the diagnostic and therapeutic innovations of the last two decades have improved overall survival of patients with brain tumours, with 70% still alive at 5 years after diagnosis, there are still some diseases (malignant gliomas, atypical teratoid-rhabdoid tumour, DIPG and metastatic tumours) that are associated with a dismal prognosis. Many efforts have been devoted in recent years, and are still ongoing, to discover new therapeutic approaches in the context of international cooperative trials. The main purpose of this paper is to elucidate the most recent and promising findings in paediatric neuro-oncology, together with the future and desirable therapeutic tools and the challenge still represented by the most dreadful diseases. Summary Metodologia della ricerca bibliografica effettuata La metodologia della ricerca è consistita in: • discussione tra gli autori per identificare i progressi negli ultimi 5 anni relativi alle principali patologie oncologiche pediatriche del sistema nervoso centrale; • i principali argomenti suddivisi per le patologie più rilevanti sono stati oggetto di una ricerca bibliografica su PubMed; • la descrizione relativa alla messa a punto di nuovi 135 E. Schiavello et al. trials deriva soprattutto dalla attiva partecipazione a gruppi di lavoro cooperativi italiani e internazionali (SIOP, AIEOP) in questo ambito. Introduzione Le neoplasie del sistema nervoso centrale (SNC) rappresentano il secondo tumore pediatrico dopo le leucemie e il tumore solido più frequente nell’infanzia, pari a circa il 25% di tutti i tumori in età pediatrica. Sono la prima causa di morte per tumore in questa fascia di età. L’incidenza è di 2,4 nuovi casi per 100.000/bambini/anno, con circa 2.200 nuovi casi/ anno in pazienti di età inferiore ai 20 anni negli USA, e circa 350-400 nuovi casi in Italia. L’età alla diagnosi è variabile con un picco tra i 4 e gli 8 anni e una lieve prevalenza nel sesso maschile (CBTRUS, 2012; Gatta et al., 2014). L’eziologia della maggior parte delle neoplasie cerebrali è tuttora sconosciuta, anche se il miglioramento delle tecniche di citogenetica e sequenziamento del DNA ha permesso di identificare alcune sindromi predisponenti. È fondamentale che il pediatra oncologo, e più in generale il pediatra, conoscano queste sindromi e siano in grado di sospettarne la presenza quando il tumore cerebrale ne sia la prima manifestazione. Per questo scopo sono molto importanti un’attenta anamnesi familiare e la conoscenza di altri eventuali segni/manifestazioni legate alla sindrome. Mentre nell’adulto gli istotipi prevalenti sono gli astrocitomi ad alto grado di malignità, nel bambino prevalgono i gliomi a basso grado e i tumori embrionari (PNET/medulloblastoma) che rappresentano rispettivamente il 50% e il 20% dei tumori cerebrali nei bambini di età inferiore ai 15 anni (Fig. 1). Nonostante l’impiego di varie strategie atte a intensificare la chemioterapia (CT) e radioterapia (RT) con- venzionali, la sopravvivenza dei pazienti con malattia ad alto rischio rimane invece insoddisfacente. Per questo motivo e in considerazione della rarità di questi tumori, si sono formati gruppi di lavoro cooperativi volti a uniformare e migliorare la diagnostica anatomo-patologica e strumentale e il trattamento, a valutare i meccanismi biologico-molecolari alla base delle patologie, a studiare terapie mirate secondo specifici gruppi di rischio prognostici valutando, quando possibile, l’introduzione di nuove terapie target e garantire un più attento follow-up delle sequele. Nell’ambito di questa revisione verranno presentati lo stato dell’arte relativo alla terapia delle principali neoplasie cerebrali pediatriche e le novità in ambito diagnostico e terapeutico. Verranno inoltre considerate le principali sindromi predisponenti allo sviluppo di neoplasie del SNC. Segnaliamo che nel Maggio 2016 è stata pubblicata la nuova classificazione WHO delle neoplasie del SNC che ha ripreso e in parte modificato quella del 2007. Allo scopo della presente trattazione è stata impiegata principalmente la classificazione del 2007 in quanto più adatta allo scopo “didattico” (Louis et al., 2016). Medulloblastoma Il medulloblastoma è la più comune neoplasia maligna pediatrica del SNC, ne rappresenta infatti circa il 15-20%. È classificato come tumore primitivo neuro-ectodermico (PNET) cerebellare (Louis et al., 2007). L’età alla diagnosi è compresa tra i 2-8 anni, ma esistono forme anche nel neonato, nel lattante, nell’adolescente e nel giovane adulto, con un rapporto maschi/femmine di 2:1. Origina nella fossa posteriore, principalmente dal verme cerebellare, nel tetto del IV ventricolo. Come tutti i PNET, ha la tendenza Figura 1. Incidenza delle neoplasie cerebrali pediatriche suddivise per istologia. 136 Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi a metastatizzare per via liquorale, alla diagnosi infatti la presentazione è metastatica nel 35% dei casi. Sono descritte localizzazioni extra SNC perlopiù nei pazienti adulti. Le seguenti varianti istologiche sono riconosciute dalla classificazione WHO del 2007: • classico 68-80%; • desmoplastico/nodulare 7%; • con estesa nodularità 3%; • a grandi cellule/ anaplastico 10-22%; Queste ultime due varianti hanno mostrato un certo grado di sovrapposizione e in numerosi studi vengono classificate in un unico gruppo denominato a grandi cellule/anaplastico (LCA) (Gilbertson e Ellison, 2008). Il trattamento con la radioterapia craniospinale e la chemioterapia dopo la resezione chirurgica ha radicalmente trasformato una malattia fatale in una malattia in cui la probabilità di guarigione è intorno al 70%, anche se per circa un terzo dei pazienti rimane ancora una patologia incurabile. Nelle ultime due decadi si è cercato di adattare il trattamento stratificando i pazienti in base a fattori di rischio prognostici basati sull’età, sull’entità della resezione chirurgica e sulla presenza di malattia metastatica, portando a un miglioramento delle percentuali di guarigione e della qualità di vita rispetto ai trial degli anni ’80-90 (Packer et al., 2003). I pazienti con resezione totale/subtotale (residuo tumorale < 1,5 cm2, valutato in RMN sul piano assiale) e malattia non metastatica, di età superiore a 3 anni alla diagnosi, sono stati prognosticamente classificati a rischio intermedio/standard. Per questa categoria di pazienti è stato possibile diminuire la dose totale di RT craniospinale da 36 a 23,4 Gy, aggiungendo la CT adiuvante con sopravvivenze globali a 5 anni attorno all’80% (Clifford et al., 2015). Questi pazienti ricevono RT craniospinale con sovradose sulla fossa cranica posteriore/letto tumorale fino a 54 Gy, in associazione a chemioterapia contenente derivati del platino e nitrosuree. I pazienti classificati invece “ad alto rischio”, perché con malattia a istologia anaplastica o metastatica, hanno una sopravvivenza a 5 anni di circa il 60-70% dopo trattamenti identificabili con una RT a dosi più intense e CT ad alte dosi/mieloablativa. Non ci sono al momento evidenze sufficienti per stabilire se alte dosi di radioterapia, possibilmente secondo tecnica iperfrazionata/accelerata (HART), insieme alla CT sequenziale ad alte dosi/mieloablativa possano essere il trattamento più efficace nella malattia ad alto rischio. Sono in atto valutazioni nei gruppi cooperativi internazionali per valutarne l’efficacia e la tossicità all’interno di uno studio di fase 3 che verrà aperto in Europa sotto l’egida della SIOP (International Society of Pediatric Oncology). Per i pazienti minori di 3 anni la prognosi in passato era considerata sfavorevole per via del ritardo diagnostico, dei rischi chirurgici maggiori, dell’aumentata tossicità relativa alla radioterapia, dei trattamenti meno intensi e di una maggiore aggressività biologica. Dagli anni ’80 è stata identificata come cut-off l’età minore di 3-5 anni per mettere a punto piani cura in cui la RT venisse omessa o dilazionata nel tempo, allo scopo da ridurre le inaccettabili sequele legate all’età (deficit neurologici motori/sensitivi, endocrinologici, cognitivi e neuropsicologico-comportamentali) (Rutkowski et al., 2010; von Bueren et al., 2011). Da una metanalisi europea che ha analizzato i dati di sopravvivenza di 270 bambini di età inferiore ai 5 anni alla diagnosi, trattati con CT sequenziale ad alte dosi, inclusa la terapia mieloablativa senza RT, è emerso che la sopravvivenza può variare dal 14% per il sottotipo LCA, al 42% per il classico, al 76% per il desmoplatico-nodulare. Dati recenti hanno dimostrato che sia i sottotipi istologici sia alcuni fattori biologici possono influenzare la prognosi e quindi devono essere utilizzati nella stratificazione del rischio. Infatti uno studio recente (Taylor et al., 2012) ha messo in evidenza che il medulloblastoma è un’entità molto eterogenea caratterizzata da quattro principali sottogruppi molecolari: WNT, Sonic Hedgehog (SHH), gruppo 3 e gruppo 4 (Tab. I). Si è pertanto iniziato a valutare la possibilità di diversificare i trattamenti anche in base alle caratteristiche biologiche identificate dai sottogruppi molecolari. In particolare: • sottogruppo WNT: a prognosi più favorevole, comprende i pazienti idealmente candidabili alla ridu- Tabella I. Principali caratteristiche cliniche dei sottogruppi molecolari di medulloblastoma (da Taylor et al., 2012, mod.). WNT SHH GRUPPO 3 GRUPPO 4 : : : : Istologia Classico, raramente LCA Desmoplastico, classico, LCA Classico, LCA Classico, LCA Prognosi Eccellente Intermedia Severa Intermedia – Locale Metastatico Metastatico Sesso Età Tipologia di recidiva 137 E. Schiavello et al. zione dei trattamenti allo scopo di minimizzarne gli effetti collaterali. Sono in corso di valutazione infatti, all’interno di studi, ulteriori riduzioni della dose di RT craniospinale e del campo del boost (che dalla fossa cranica posteriore passa a interessare il letto tumorale), associati a una riduzione del numero di cicli di CT adiuvante; • sottogruppo SHH: considerando i dati pubblicati, relativamente all’utilizzo dei farmaci inibitori di SMO in pazienti adulti con medulloblastoma metastatico refrattario/recidivato (Rudin et al., 2009), sono stati messi a punto alcuni trial pediatrici (Robinson et al., 2015; Shou et al., 2015) che ne hanno valutato il profilo di tossicità e l’efficacia; i primi risultati dimostrano che la sensibilità al farmaco è dipendente dalla presenza di mutazioni a monte del pathway SHH (ad es. mutazione di SMO e PTCH1); infatti i pazienti con mutazioni a valle (ad es. mutazione di SUFU o amplificazioni di GLI2) hanno dimostrato una resistenza primaria (Fig. 2). Il loro uso in età pediatrica appare purtroppo molto limitato; • sottogruppo 3: usando modelli murini sono stati identificati due farmaci (pemetrexed e gemcitabina), potenzialmente efficaci e specifici per questo gruppo di pazienti (Mourface et al., 2014). È in corso un trial che ne verificherà l’applicazione clinica; • sottogruppo 4: sono in studio terapie che abbiano come target gli enzimi rimodellanti la cromatina, come gli agenti demetilanti (azacitidina, decitabina) e gli inibitori delle istone deacetilasi (vorinostat e panobinostat), ma sono ancora in corso di valutazione preclinica. PNET sovratentoriali Secondo la classificazione WHO 2007, che verrà rivoluzionata da quella in via di pubblicazione, costituiscono il 2-3% delle neoplasie pediatriche del SNC. Si manifestano soprattutto nel primo decennio di vita, con una maggiore frequenza nei bambini minori di 2 anni. Sono prevalentemente a localizzazione emisferica, meno del 10% origina dalle strutture della linea mediana, meno del 5% dal midollo spinale. L’ampia estensione locale spesso determina la difficoltà a eseguire un’asportazione radicale. Frequente è anche la disseminazione leptomeningea (30%) mentre più rare sono le metastasi extra-SNC. La prognosi è più grave rispetto al medulloblastoma, con guarigione in meno del 40% dei casi. PNET localizzati a livello della ghiandola pineale prendono il nome di pineoblastomi e sono associati a miglior prognosi. Malgrado l’origine embrionale comune e la somiglianza istologica con il medulloblastoma, vi è una radicale differenza dal punto di vista clinico che negli anni ha generato controversie per la classificazione di questa categoria di neoplasie, nel tentativo di valutarne meglio le eterogenee caratteristiche biologico-molecolari (Fangusaro et al., Figura 2. La via di trasduzione del segnale di Hedgehog. A. In assenza del ligando Hh, il recettore transmembrana (PTCH) inibisce l’azione del recettore transmembrana smoothened (SMO), provocando il processamento proteolitico delle proteine GLI (fattori di trascrizione oncogenici gliomaasscoiati) attraverso un regolatore negativo (SUFU), mantenendo quindi la via inattiva. B. La via è attivata quando Hh si lega a PTCH sulla superficie cellulare; entrambe le molecole vengono internalizzate (PTCH viene degradato) permettendo a SMO di attivare la via di segnale a valle. I fattori di trascrizione GLI vengono rilasciati da SUFU e processati nelle loro forme attive, traslocano nel nucleo e promuovono la trascrizione di geni target Shh (da Kieran et al., 2014, mod.). 138 Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi 2010). Le valutazioni di next generation sequencing hanno completamente rivoluzionato la classificazione dei PNET (Sturm et al., 2016). Un esempio è l’ETANTR (embryonal tumor with abundant neuropil and true rosettes), riconosciuto come variante istologica a prognosi peggiore. Nei PNET la RT sul letto tumorale appare inevitabile anche nei bambini di età inferiore ai 3 anni, associata a CT (i farmaci più utilizzati sono nitrosouree, procarbazina, ciclofosfamide, vincristina, cisplatino e carboplatino). La HART e la CT mieloablativa sembrerebbero avere un impatto favorevole sulla prognosi (Massimino et al., 2013). È stata recentemente identificata una nuova entità molecolare e clinico-patologica chiamata ETRM (embryonal tumor with multilayered-rosettes), che include ependimoblastoma, medulloepitelioma ed ETANTR, è associata soprattutto a pazienti molto giovani ed è caratterizzata da prognosi severa (Korshunov et al., 2010). Ependimoma L’ependimoma rappresenta circa il 10% dei tumori pediatrici del SNC. Deriva dall’ependima ventricolare o dai residui ependimali intraparenchimali. Frequentemente localizzato nella fossa cranica posteriore con origine dal pavimento/tetto del IV ventricolo o dall’angolo ponto-cerebellare, più raramente può presentarsi a livello sovratentoriale o nel midollo spinale; rari sono anche gli ependimomi extrassiali. La WHO distingue: • ependimoma mixopapillare (grado I WHO, localizzazione midollare); • ependimoma classico (grado II WHO); • ependimoma anaplastico (grado III WHO); • subependimoma (grado I WHO, presente quasi esclusivamente nell’adulto). La radicalità chirurgica ha importante significato prognostico con sopravvivenza a 5 anni, che passa dal 70-80% in caso di resezioni quasi complete, al 30% in presenza di residui macroscopici di malattia (Massimino et al., 2009). Data la frequente infiltrazione del pavimento del IV ventricolo una chirurgia radicale si associa a morbilità maggiore, pertanto la radicalità chirurgica può anche essere ottenuta in più sedute operatorie. L’istologia anaplastica sembra correlata a una prognosi peggiore. Evidenze cliniche indicano che l’ependimoma comprenderebbe in realtà un gruppo eterogeneo di neoplasie; emerge pertanto la necessità di stratificare il trattamento in base a gruppi prognostici di rischio che tengano conto anche di fattori biologico-molecolari, soprattutto valutandoli in differenti gruppi di età e a seconda delle sedi di insorgenza dal momento che la distinzione prognostica secondo il grado istologico non sempre rispecchia l’andamento clinico della malattia (Mansur, 2013). Lo standard terapeutico negli ependimomi intracranici è la RT focale alla dose di 59,4 Gy sul letto tumorale; nel protocollo SIOP attualmente in corso è in studio anche l’applicazione di una sovradose sul residuo di malattia, già sperimentata nel protocollo italiano AIEOP (Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia Pediatrica) (manoscritto in pubblicazione) e una riduzione a 54 Gy per i pazienti < 18 mesi. Il ruolo della CT, valutato nell’ambito di trial clinici in aggiunta alla RT, sarebbe quello di ridurre le dimensioni della neoplasia o di ottenere una migliore definizione dal parenchima sano circostante tale da consentire un reintervento possibilmente radicale. La CT è stata inoltre usata nel contesto di specifici trial nei pazienti < 3 anni allo scopo di evitare/posticipare la RT, ma i risultati sono stati inferiori all’atteso (Massimino et al., 2011). Attualmente è in corso uno studio randomizzato COG (Children’s Oncology Group), volto a valutare il ruolo della CT adiuvante in pazienti con ependimoma trattati con chirurgia e RT. In Europa è in corso dal 2015 uno studio SIOP con stratificazione dei pazienti in tre gruppi di rischio: • gruppo I: pazienti > 1 anno con resezione completa ed ependimoma grado II-III candidati a ricevere RT conformazionale e successiva randomizzazione alla CT di mantenimento (vincristina, ciclofosfamide, etoposide, cisplatino) o solo follow-up; • gruppo II: pazienti > 1 anno con residuo di malattia i quali ricevono CT adiuvante (randomizzati per l’utilizzo di Metotrexate ad alte dosi), successivo reintervento sul residuo se fattibile e quindi RT con eventuale boost; • gruppo III: bambini < 1 anno che ricevono la CT standard (vincristina, ciclofosfamide, etoposide, cisplatino) e vengono randomizzati all’aggiunta di valproato (inibitore dell’istone deacetilasi). Studi recenti hanno identificato sottotipi molecolari distinti di ependimoma (Witt et al., 2011; Pajtler et al., 2015) come specificato nella Figura 3 (Gaijar et al., 2015; Parker et al., 2014). Il trattamento alla recidiva, che può essere anche tardiva (oltre i 5-10 anni), vede come principale strumento la chirurgia completa seguita eventualmente da re-irradiazione (Bouffet et al., 2012). Gliomi Gliomi maligni Includono l’astrocitoma anaplastico (grado III WHO) e il glioblastoma multiforme (grado IV WHO). Costituiscono il 10% delle neoplasie del SNC in età pediatrica, con una sopravvivenza nel bambino del 25% a 5 anni, di poco superiore a quella degli adulti e una aspettativa di vita media non superiore ai 20 mesi dalla diagnosi (MacDonald et al., 2011). Spesso insorgono in sede sovratentoriale, più raramente a livello cerebellare, con un pattern di crescita infiltrante, elevata velocità di accrescimento e frequenti recidive dopo il trattamento. Per via di questa modalità di accrescimento, una chirurgia radicale spesso non è 139 E. Schiavello et al. Figura 3. Sottotipi di ependimoma (da Gaijar et al., 2015, mod.). fattibile e vengono invece effettuate asportazioni parziali o, in alcuni casi, solo una biopsia. Il trattamento standard, indipendentemente dalla sede di insorgenza, è la RT focale (50-55 Gy). La RT craniospinale è indicata solo in presenza di metastasi midollari/liquorali. L’utilizzo della CT dà ancora risultati deludenti, sebbene qualche beneficio sia stato ottenuto con l’associazione di vincristina/nitrosuree o procarbazina/ antimetaboliti, documentando un miglioramento della sopravvivenza rispetto alla sola associazione chirurgia + RT. L’associazione di temozolomide (TMZ) + RT, ampiamente impiegata nei gliomi maligni dell’adulto, viene adottata con minor successo anche in ambito pediatrico, malgrado la differente metilazione dell’enzima metilguanina-metiltransferasi, la cui inattività è alla base della risposta alla terapia nell’adulto. Un recente studio statunitense (Cohen et al., 2011) ha documentato come l’associazione RT + TMZ non migliori l’outcome rispetto a studi precedenti, nei quali venivano impiegati diversi regimi di CT. Sono attualmente in fase di elaborazione i dati relativi a uno studio multicentrico internazionale (HERBY BO2504) coordinato in Italia dal nostro Istituto, nel quale pazienti pediatrici affetti da glioma maligno venivano randomizzati a ricevere, oltre al trattamento standard, (RT/TMZ) bevacizumab (anticorpo monoclonale anti-VEGF) durante la RT e nella fase post-radiante. L’utilizzo di farmaci a dosi mieloablative, seguito da rescue con cellule staminali periferiche, è oggi riservato a bambini < 3 anni, se inseriti in 140 protocolli specifici. Recentemente sono stati identificati almeno 6 sottogruppi epigeneticamente distinti di glioblastoma dell’età pediatrica (per approfondimento cfr Tab. II), con caratteristiche clinico-biologiche proprie, sulla base di specifiche alterazioni genomiche/epigenetiche (Tab. II), per le quali non esistono ancora al momento terapie specifiche. Dati preliminari da case report di singole istituzioni hanno però confermato l’efficacia dell’inibitore della proteina mutata BRAF-V600 in pazienti pediatrici con recidive di gliomi maligni di basso/alto grado, che presentino questa mutazione (Bautista et al., 2014). È in fase di apertura anche presso il nostro Istituto uno studio multicentrico di fase II, con un inibitore di BRAF-V600 in pazienti con tumori solidi in stadio avanzato positivi alla mutazione. Infine, sempre nell’ambito delle terapie target, è in apertura uno studio multicentrico di fase I, per valutare afatinib (inibitore tirosinchinasico del recettore del fattore di crescita epidermoidale (EGFR) e del recettore epidermoidale 2 dell’uomo (HER2) che, a differenza degli inibitori di prima generazione, inibisce la tirosinchinasi in maniera irreversibile) nei bambini con tumori recidivati/ refrattari. Gliomi del tronco dell’encefalo Rappresentano il 10-15% dei tumori intracranici e il 20% dei tumori della fossa posteriore. Sono in gran parte astrocitomi a diverso grado di malignità, che in- > 4 anni 1 anno 1 anno > 2 anni Frequentemente gliomi secondari La presenza dell’amplificazione di EGFR, PDGFR e MYCN è associata in tutti i gruppi a un outcome peggiore. Anno 6 mesi Sopravvivenza mediana Mutazione BRAF V600E Delezione CDKN2A Mutazione NF1 Mutazione TP53 Delezione CDKN2A/CDKN2B Amplificazione EGFR Amplificazione PDGFRA Amplificazione PDGFRA Mutazione TP53 Delezione CDKN2A/ CDKN2B Amplificazione EGFR Mutazione IHD1 o IDH2 Mutazione TP53 Mutazione ATRX H3.3 Mutazione G34 Mutazione TP53 Mutazione ATRX H3.3 o H3.1 Mutazione K27 Mutazione TP53 Mutazione ATRX Amplificazione PDGFRA Mutazione ACVR1 (ponte) Mutazione FGFR1 (talamo) Principali alterazioni Emisferi cerebrali Emisferi cerebrali Emisferi cerebrali Emisferi cerebrali (> frontale/ parietale) Strutture linea mediana: cervelletto, ponte, talamo e midollo Sedi Emisferi cerebrali Bambini Adolescenti/giovani adulti Bambini, adolescenti/giovani adulti Adolescenti/ giovani adulti Adolescenti/ giovani adulti Bambini Età di insorgenza PXA (xantoastrocitoma pleomorfo)-LIKE Mesenchimale RTK-I (receptor tyrosine kinase I) IDH G34 K27 Sottogruppi di gliomi maligni filtrano estesamente il tronco cerebrale. Si distinguono principalmente tre tipi di tumore: • diffuso, infiltrante il tronco in maniera omogenea (DIPG – diffuse intrinsic pontine glioma). Rappresenta il 10% delle neoplasie pediatriche del SNC e costituisce l’80% dei gliomi del tronco encefalico; • localizzato (focale) con un nodulo iperdenso o cistico; • esofitico, aggettante nel lume del IV ventricolo o situato all’angolo pontocerebellare o cervicomidollare. La terapia dipende dalla localizzazione anatomica. I tumori esofitici, non diffusi né infiltranti, sono spesso gliomi a basso grado di malignità e possono essere curati con la sola chirurgia. CT e RT vengono impiegate nei gliomi del tronco non-DIPG in casi ristretti e selezionati (Vanan e Eisenstat, 2015). Per i DIPG invece, dato l’elevato rischio chirurgico anche correlato alla sola biopsia, senza alcuna modificazione della prognosi per exeresi più ampie, è indicato trattare solo con RT (54 Gy). Per questi pazienti non esiste un trattamento standard, fatta eccezione per la RT, la cui dose è mutuata da altre malattie, quali i gliomi maligni non-pontini, l’ependimoma o la sovradose del medulloblastoma. La CT associata alla RT rimane tuttora in fase sperimentale, poiché né la CT adiuvante a dosi standard, né quella mieloablativa sono state in grado di modificarne la prognosi (Massimino et al., 2008). Approcci sperimentali, come la HART o l’immunoterapia con interferon, sono stati deludenti. Tabella II. Sottogruppi di gliomi maligni pediatrici basati sui risultati di metilazione del German Cancer Research Center (DFKZ) (da Gajjar et al., 2015, mod.). Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi 141 E. Schiavello et al. I risultati delle terapie ad oggi disponibili rimangono comunque sconfortanti con i migliori valori di sopravvivenza globale mediana pari a 12 mesi. Senza RT, la sopravvivenza mediana dei bambini affetti da DIPG è di circa 4 mesi. Allo scopo di migliorare la sopravvivenza di questo gruppo di pazienti si stanno facendo molti sforzi, a livello nazionale e internazionale. Per quanto riguarda la nostra esperienza istituzionale dal 2006 al 2009, abbiamo partecipato a uno studio internazionale per i DIPG alla diagnosi, adottando la combinazione Nimotuzumab (anticorpo monoclonale umanizzato anti-EGFR/ERBB1 che risulta overespresso/amplificato nei DIPG e con capacità di oltrepassare la barriera emato-encefalica) + RT. Abbiamo trattato 37 bambini con risultati paragonabili a quelli già riportati in letteratura. Dal 2009 a livello istituzionale adottiamo l’associazione nimotuzumab/vinorelbina in combinazione con la RT e la re-irradiazione dei pazienti in progressione, nel contesto di uno studio pilota di fase II non randomizzato, con risultati migliori rispetto all’atteso con una sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 8,5 mesi e una sopravvivenza (OS) mediana di 15 mesi (Massimino et al., 2014). L’unione degli sforzi a livello internazionale ha dato vita a un gruppo cooperativo europeo (SIOPe-DIPG-network), volto a valutare retrospettivamente ciò che storicamente è stato fatto in ciascun paese per i bambini affetti da DIPG e a promuovere studi prospettici. Studi di whole exome/genome sequencing hanno documentato che più dell’80% dei DIPG presentano la mutazione negli istoni H3.1 e H3.3 (analogamente ad alcuni gliomi maligni talamici) che comportano ipometilazione di K27, H3K27M. Questa mutazione sarebbe l’evento oncogenico iniziale nei DIPG. Oltre a studi preclinici e clinici volti a indagare l’efficacia di terapie mirate rivolte ai principali target patogenetici evidenziati, sono attualmente in fase di valutazione nell’ambito di trial clinici l’immunoterapia (allo scopo di indurre una risposta immune sistemica contro il tumore, attraverso l’inoculo di un vaccino diretto contro antigeni tumore-specifici), la convectionenhanced delivery (somministrazione intratumorale mediante cateteri posizionati nel tronco encefalico di agenti chemioterapici o radioattivi) e frazionamenti di radioterapia non convenzionali (Tisnado et al., 2016; Nikbakht et al., 2016; Vitanza e Cho, 2016). Gliomi a basso grado Potenzialmente insorgono in qualsiasi zona del SNC, ma nei bambini le sedi più frequenti sono la fossa posteriore (astrocitoma cerebellare) e le vie ottiche. La resezione completa, generalmente possibile per le localizzazioni emisferiche o cerebellari, è sempre auspicabile, poiché curativa nella quasi totalità dei casi. Le neoplasie emisferiche profonde/della linea mediana, le lesioni ottico-ipotalamiche e del tronco cerebrale possono invece essere asportate solo parzialmente, in alcuni casi è fattibile solo una biopsia. La 142 CT è utilizzata soltanto nei gliomi che crescono dopo resezione chirurgica o in quelli considerati non operabili, previa diagnosi istologica. I farmaci generalmente impiegati sono: carboplatino/vincristina, cisplatino/ etoposide, vinblastina. La RT non è il trattamento di prima scelta sia per l’ottima prognosi di questi pazienti, pur in assenza di trattamento radiante, sia per la possibilità di insorgenza di secondi tumori, soprattutto quando i gliomi a basso grado compaiono nel contesto di sindromi genetiche, quali le facomatosi. La RT deve pertanto essere riservata a casi particolari e ben selezionati. I gliomi a basso grado hanno un’ottima prognosi, con una OS a 5 anni > 90% e una EFS a 10 anni > 70% (Nageswara Rao e Packer, 2014). Gliomi delle vie ottiche Costituiscono lo 0,5-5% dei tumori cerebrali pediatrici, con un’incidenza di 1:100.000 e picco tra i 4-6 anni. Nel 15-20% dei pazienti si associano a neurofibromatosi. In genere si tratta di tumori astrocitari a basso grado, che possono comportarsi aggressivamente producendo strabismo, cecità e, talvolta, esoftalmo progressivo. In casi selezionati vi è indicazione alla CT, raramente alla RT. Un atteggiamento di attesa è indicato perlomeno inizialmente, poiché si tratta di tumori che possono rimanere stazionari per un lungo periodo soprattutto quando associati a NF1. Il trattamento deve essere effettuato alla progressione o quando la lesione diventa sintomatica; la CT ha permesso di rimandare o omettere definitivamente la RT, largamente impiegata in passato. Qualora si renda necessario il trattamento radiante, per la progressione della malattia, le tecniche attuali permettono di conformare la dose (ridotta a 45 Gy) con relativo risparmio di tessuti sani (Fried et al., 2013). La sopravvivenza a 5 anni è > 80%, ma sono considerevoli le sequele nei pazienti più giovani. Astrocitoma cerebellare Rappresenta il 20% dei tumori del SNC pediatrici e 1/3 dei tumori della fossa posteriore; esordisce tra i 3-10 anni, spesso si tratta di un astrocitoma pilocitico. È localizzato in un emisfero cerebellare e può invadere il verme cerebellare, infiltrare i peduncoli e occludere l’acquedotto di Silvio, determinando idrocefalo. La chirurgia completa, se tecnicamente possibile, è curativa. Studi recenti hanno documentato che i gliomi a basso grado hanno alterazioni genomiche che correlano con un loro tropismo per diverse aree anatomiche del SNC e quindi con la possibilità di ottenere una radicalità chirurgica. I principali istotipi con le relative caratteristiche cliniche e genetico-molecolari sono riassunte nella Tabella III. Terapie future per i gliomi a basso grado • terapie target dirette alla duplicazione di BRAF o della via di MAPK/ERK: in corso studi di fase II (con selumetinib) sui gliomi a basso grado alla recidiva/pro- Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi Tabella III. Principali varianti istopatologiche dei gliomi a basso grado e relative caratteristiche cliniche, topografiche e molecolari. Grado WHO Caratteristiche Sede Mutazioni Astrocitoma Pilocitico I Prognosi eccellente, non recidiva dopo chirurgia completa, possibile progressione del residuo, rara disseminazione e trasformazione maligna Più frequenti: vie ottiche (30-50% dei pazienti con NF1) e fossa posteriore (> sporadici) Astrocitoma Pilomixoide II Variante dell’astrocitoma pilocitico con decorso più aggressivo Come astrocitoma Duplicazione BRAF e trascritto di pilocitico fusione KIAA1549-BRAF Xantoastrocitoma Pleomorfo II Raro Corticale (> temporale) Mutazione BRAF V600E Delezione CDKN2A Astrocitoma Diffuso II Pattern infiltrante Figure mitotiche rare/assenti (se numerose à astrocitoma anaplastico) Geneticamente distinto da quello dell’adulto Fossa posteriore, regioni sovratentoriali Rare mutazioni IDH1-IDH2 (a differenza dell’adulto) Riarrangiamento MYB-MYBL1 (localizzazioni emisferiche) Mutazione BRAFV600E Alterazioni FGFR1 Mutazione H3K27M (nei DIPG e nei gliomi maligni della linea mediana) I gliomi K27M + hanno decorso più aggressivo a prescindere dall’istologia osservata Astrocitoma Subependimale a cellule giganti (SEGA) I Non infiltranti. Sempre associati alla sclerosi tuberosa (20% dei pazienti con sclerosi tuberosa) In prossimità dei ventricoli laterali Mutazioni germinali TAC1 o TAC2 con conseguente attivazione della via di mTOR Oligodendrogliomi a basso grado II Profilo genetico diverso da quello degli adulti Ubiquitari Le mutazioni tipiche dell’adulto (IDH1-IDH2, codelezione 1p19q, mutazione TERT) sono assenti nei bambini ma presenti negli adolescenti/giovani adulti. Mutazioni caratteristiche poco note, data la rarità pediatrica (duplicazione gene FGFR1 in piccole coorti) Tumore neuronale disembrioplastico (DNET) I Misto: componenti gliali + neuronali Emisferi cerebrali Mutazione BRAFV600E (> lobo temporale) Alterazione FGFR1 e giunzione cervico-midollare Ganglioglioma I Misto: componenti gliali + neuronali Emisferi cerebrali Mutazione BRAFV600E (> lobo temporale) e giunzione cervico-midollare Astrocitomi a basso grado Mutazione germinale NF1 (nei pazienti con NF) Duplicazione BRAF e formazione trascritto di fusione KIAA1549BRAF (> 90% degli astrocitomi pilocitici cerebellari non NF1) Alterazioni attivanti il pathway RAS-RAF-MEK-ERK Tumori glioneuronali 143 E. Schiavello et al. gressione. Farmaci target contro BRAF V600E sono attualmente oggetto di uno studio clinico multicentrico; • farmaci target contro AKT/mTOR (everolimus). Everolimus è già approvato dalla US-FDA per il trattamento dei SEGA (astrocitomi subependimali a cellule giganti) nei pazienti con sclerosi tuberosa. La sua efficacia è stata valutata nell’ambito di uno studio di fase II in pazienti con gliomi a basso grado alla progressione/recidiva, nel quale è stata documentata una risposta > 25%. Studi ulteriori dovranno documentarne l’efficacia in prima linea. Considerando la buona prognosi con le terapie attualmente a disposizione, gli sforzi futuri dovranno essere rivolti a ridurre le tossicità tardive; le terapie target potranno trasformare quella porzione di gliomi a basso grado, che tendono a progredire/recidivare in malattie croniche (Gaijar et al., 2015; Garcia et al., 2016). Neoplasie rare Tumori dei plessi corioidei I tumori dei plessi corioidei sono patologie rare (circa 3% delle neoplasie cerebrali pediatriche), possono verificarsi a ogni età, ma rappresentano il 10-20% delle neoplasie nei bambini < 1 anno. Possono essere benigni (papillomi), borderline (papillomi atipici) o maligni (carcinomi). Spesso esordiscono con idrocefalo; si localizzano più frequentemente nei ventricoli laterali, ma possono svilupparsi anche nel quarto ventricolo e infiltrare il parenchima circostante. Il papilloma dei plessi corioidei, più frequente del carcinoma, rappresenta meno dell’1% dei tumori intracranici del bambino e in genere ha andamento benigno; la sua intensa vascolarizzazione determina l’elevato rischio emorragico della chirurgia. Dato che il principale fattore prognostico è rappresentato dalla radicalità chirurgica, essa deve essere raggiunta anche in più sedute considerando l’estensione iniziale di malattia e il rischio emorragico. La resezione completa è curativa per i papillomi e per la maggioranza dei papillomi atipici; per questi ultimi occorre comunque un attento follow-up, dato il maggior rischio di recidive (Sun et al., 2014). Per quanto riguarda il carcinoma dei plessi, poiché la maggior parte dei pazienti ha meno di 3 anni, il trattamento consiste, dopo la chirurgia, nella somministrazione di CT adiuvante per tutti i pazienti e RT a seconda dell’età e dell’estensione post-chirurgica della malattia. La prognosi dei carcinomi dei plessi corioidei è poco favorevole con sopravvivenza a cinque anni attorno al 40% per i pazienti con residuo. Il carcinoma dei plessi corioidei è associato in circa il 50% dei casi alla sindrome di Li-Fraumeni (Tabori et al., 2010), per cui si raccomanda di raccogliere un’attenta anamnesi familiare e patologica remota in modo da considerare, ove possibile e nei soggetti con mutazione, di non effettuare la RT, così da ridurre il rischio 144 di tumori radioindotti. Occorre inoltre attuare programmi di screening per la diagnosi precoce di altri tumori per il paziente e per i familiari affetti. Tumore teratoide-rabdoide atipico (AT/RT) È una neoplasia maligna molto aggressiva di derivazione embrionaria, caratteristica del bambino < 3 anni. Insorge prevalentemente in fossa cranica posteriore e negli emisferi cerebrali, la presentazione è spesso metastatica alla diagnosi con localizzazioni leptomeningee o liquorali. È associato alla delezione del cromosoma 22 e alla conseguente inattivazione somatica biallelica di SMARCB1-INI, gene oncosoppressore regolatore della proliferazione/differenziazione cellulare. La perdita dell’espressione nucleare della proteina valutata in immunoistochimica consente la diagnosi differenziale con le altre neoplasie di origine embrionaria. La chirurgia deve mirare all’exeresi completa, quando possibile. L’impiego di schemi di trattamento intensi comprendenti CT intratecale e sistemica ad alte dosi/mieloablativa e RT ha permesso di ottenere un miglioramento della prognosi con una sopravvivenza attuale > 50% (Benesch et al., 2014). Circa un terzo dei pazienti con AT/RT presenta una mutazione germinale di SMARCB1 che definisce la sindrome da predisposizione ai tumori rabdoidi; sebbene la maggior parte di queste mutazioni insorgano de novo, sono riportati alcuni casi familiari di trasmissione costituzionale della mutazione di SMARCB1. Sono fondamentali un’accurata anamnesi e la ricerca di tale mutazione nei pazienti affetti, in modo da stabilire la necessità di testare eventualmente i familiari e di mettere in atto un adeguato programma di screening (Sredni e Tomita, 2015). La sopravvivenza globale è inferiore a 12 mesi con un outcome peggiore per i bambini più piccoli, in presenza di metastasi o di sindrome da predisposizione al tumore rabdoide. Sono attualmente in fase di valutazione farmaci target, tra cui gli inibitori delle aurorachinasi all’interno di uno studio di fase II per pazienti con AT/RT ricaduto/refrattario. Neoplasie germinali Si suddividono in: • germinomi puri; • tumori a cellule germinali non germinomatosi (tumore del sacco vitellino, carcinoma embrionale, coriocarcinoma, teratoma maturo/immaturo, tumori misti). Rappresentano il 3,5% delle neoplasie cerebrali pediatriche, con un’età media di insorgenza attorno ai 12 anni. Insorgono prevalentemente lungo la linea mediana, nella sede della ghiandola pineale, in regione sovrasellare e nel terzo ventricolo. L’interessamento del peduncolo ipotalamo-ipofisario determina spesso la comparsa di deficit endocrinologici fino al panipopituitarismo. A differenza delle neoplasie ger- Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi minali extra-SNC, in quelle cerebrali si distinguono neoplasie secernenti da quelle non secernenti in base alla presenza/assenza di livelli patologici di αFP e/o βHCG nel siero e/o nel liquor. Le neoplasie germinali secernenti sono tra le poche neoplasie per le quali la diagnosi viene formulata sulla base dei dosaggi dei marcatori sierici/liquorali. Per le neoplasie germinali non secernenti la diagnosi istologica è invece mandatoria e consiste nella sola biopsia data la chemioradiosensibilità. La chirurgia può essere anche indirizzata al trattamento dell’idrocefalo, in relazione alla sede di insorgenza del tumore e costituisce inoltre un momento fondamentale nel trattamento dei teratomi maturi non radio-chemioresponsivi e, raramente, per i residui neoplastici al termine del trattamento medico. La CT, quando indicata, utilizza farmaci mutuati dal trattamento dei germinomi extracerebrali (derivati del platino, etoposide e bleomicina). Poiché la RT focale è stata gravata da un eccesso di ricadute ventricolari, attualmente è consigliata l’associazione di CT + RT sul sistema ventricolare con sopravvivenze superiori al 90%. Per i tumori germinali secernenti alla RT craniospinale va associata la CT. In caso di malattia metastatica, nei tumori germinali non secernenti, la RT craniospinale da sola è curativa. Mentre i germinomi hanno tassi di sopravvivenza > 90%, i pazienti affetti da neoplasie germinali non germinomatose hanno una sopravvivenza a 5 anni tra il 60 e il 70% (Cheng et al., 2016). Considerata la buona prognosi di queste patologie, gli sforzi attuali sono rivolti alla riduzione delle sequele tardive, ad esempio impiegando moderne tecniche di radioterapia conformazionale a intensità modulata per definire meglio il volume target risparmiando i tessuti circostanti. Oggetto di studio è la terapia con protoni (Kortmann, 2014). Sindromi predisponenti allo sviluppo di neoplasie cerebrali (Tab. IV) Neurofibromatosi Tipo 1 (NF1) L’astrocitoma pilocitico è il tumore più frequente, verificandosi nel 15% dei pazienti affetti da NF1, con sede preferenziale a livello delle vie ottiche, o in percentuale minore nel tronco encefalico. Anche l’astrocitoma diffuso può presentarsi in questi pazienti. Il trattamento oncologico dell’astrocitoma pilocitico nei pazienti con NF1 va attentamente ponderato, in considerazione della possibile insorgenza di lesioni gliali successive nel tempo, distinguendo le lesioni di natura gliale dalle alterazioni tipiche dei pazienti con neurofibromatosi (UBOs) che non necessitano di un trattamento oncologico e riservando la chirurgia ed eventualmente la CT nei casi in sicura progressione evolutiva sintomatica. La RT riveste un ruolo ancora più marginale, in quanto è documentato un aumentato rischio dei pazienti con NF1 di sviluppare gliomi radio-indotti e tumori maligni delle guaine nervose pe- riferiche (MPNST). Tra i tumori benigni si riscontrano neurofibromi spinali (40%) il cui trattamento si avvale eventualmente della sola chirurgia. Neurofibromatosi Tipo 2 (NF2) Virtualmente tutti i pazienti affetti da NF2 sviluppano schwannomi (grado I WHO) bilaterali entro i 30 anni di età, con conseguente ipoacusia o sordità. Gli schwannomi vestibolari sono solitamente responsivi, specialmente per quanto riguarda la funzione uditiva, al trattamento con anticorpo monoclonale anti VEGFR (bevacizumab). Circa il 60% dei pazienti sviluppa tumori spinali, nella maggior parte dei casi schwannomi. Circa il 50% dei pazienti con NF2 sviluppa meningiomi che, a differenza degli schwannomi, non sembrerebbero beneficiare della terapia con Bevacizumab. Nei pazienti con NF2 sono descritte anche lesioni astrocitarie ed ependimomi. Sindrome da predisposizione al tumore rabdoide È caratterizzata dalla comparsa di tumori rabdoidi al di fuori del SNC o a livello dello stesso (AT/RT) che si sviluppano nei primi anni di vita e hanno, rispetto ai casi sporadici, maggiore aggressività. Circa un terzo dei pazienti affetti da AT/RT ha una mutazione germinale nel gene SMARCB1. In presenza di una mutazione germinale nel paziente è giustificata la consulenza genetica. Sindrome del carcinoma basocellulare nevoide (Sindrome di Gorlin) Le caratteristiche oncologiche correlate a questa sindrome sono la presenza di multipli carcinomi basocellulari e cheratocisti mascellari (più frequenti nei pazienti con mutazione di PTCH1) e un aumentato rischio di sviluppare medulloblastoma in età pediatrica, in particolare nei primi due anni di vita, rischio più elevato nei pazienti con mutazione SUFU (30%) rispetto ai pazienti PTCH1 mutati (2%). Gli istotipi più rappresentati sono il medulloblastoma desmoplastico/nodulare e ad estesa nodularità; emerge quindi l’indicazione a proporre una valutazione genetica in tutti i pazienti affetti da uno di questi istotipi ad esordio nei primi tre anni di vita. Inibitori della via di trasduzione di Hedgehog vengono impiegati in pazienti con sindrome di Gorlin per trattare carcinomi basocellulari non operabili. Sclerosi tuberosa Caratterizzata dalla comparsa di amartomi benigni nel SNC, cute, retina, cuore, polmone e rene; le lesioni SNC sono le principali cause di morbidità e mortalità in questi pazienti. I tuberi corticali sono spesso già presenti alla nascita mentre i noduli subependimali si sviluppano nei primi anni di vita; inoltre 6-14% dei pazienti sviluppa SEGA. Il quadro neurologico di questi bambini è spesso caratterizzato da epilessia, 145 E. Schiavello et al. autismo e ritardo mentale. I tuberi corticali e i SEGA possono essere trattati chirurgicamente quando le dimensioni e/o i sintomi a essi correlati non siano diversamente gestibili. Poiché i geni TSC1/2 agiscono come soppressori indiretti di mTOR (mammalian target of rapamycin), farmaci inibitori di m-TOR (everolimus) sono stati studiati e recentemente approvati per il trattamento dei SEGA. Sindrome di Von Hippel-Lindau Caratterizzata dalla formazione di emangioblastomi, tumori vascolari di basso grado (grado I WHO), a livello cerebellare, del tronco cerebrale, del midollo e retina. Il trattamento di elezione è la chirurgia mentre la RT è riservata a casi selezionati, non passibili di resezione chirurgica e sintomatici. Sindrome di Li-Fraumeni La metà dei pazienti sviluppa un tumore nei primi 30 anni di vita e il 90% prima dei 60 anni. Complessivamente il 14% dei pazienti con sindrome di Li-Fraumeni sviluppa una neoplasia cerebrale, con maggior rischio nei primi 10 anni di vita. Gli istotipi maggiormente rappresentati sono le neoplasie astrocitarie, il medulloblastoma (prevalentemente la variante SHH) e il carcinoma dei plessi coroidei (il 36-50% dei pazienti con carcinoma dei plessi è portatore di una mutazione germinale di p53). Poiché il carcinoma dei Tabella IV. Sindromi predisponenti lo sviluppo di neoplasie del SNC: caratteristiche genetiche e tumori extra-SNC associati (da Johansson et al., 2015, mod.). AD autosomica dominante, AR autosomica recessiva, GIST tumore gastrointestinale stromale. Sindrome Trasmissione Incidenza Gene Cromosoma Neoplasie extra-SNC Neurofibromatosi 1 AD (50% sporadici) 1/2500 NF1 17q11.2 Neurofibromi, MPNST, amartoma dell’iride, leucemia, GIST, feocromocitoma Neurofibromatosi 2 AD (50% sporadici) 1/33000 NF2 22q12 amartomi renali, schwannomi, neurofibromi Sindrome da predisposizione al tumore rabdoide AD Prevalenza < 1/1000000 SMARCB1 SMARCA4 22q11.21 19p13.2 Tumore rabdoide renale Sindrome di Gorlin AD 1/56-164000 PTCH1 9q22.3 Carcinoma basocellulare, cisti mandibolari SUFU 10q24.3 Carcinoma basocellulare Sclerosi tuberosa AD (75% sporadici) 1/6-12000 TSC1 TSC2 9p34 16p13.3 Amartomi cute, retina, cuore, polmone e rene AD 1/43000 VHL 3p25.3 Emangioblastoma retinico, carcinoma renale, feocromocitoma Sindrome di Li-Fraumeni AD (7-20% sporadici) 1/5000 TP53 17p13.1 Sarcomi tessuti molli, tumore mammario, carcinoma adrenocorticale. Rischio di tumore: 70% uomini, 100% donne Sindrome di Turcot tipo 1 AD 50/100000 MLH1 MSH2 PMS2 MSH6 3p21.3 2p21 7p22.2 2p16 Carcinoma colorettale non poliposico, tumori ematologici. Rischio di tumore: 100% Sindrome di Turcot tipo 2 AD 2-3/100000 APC 5q21 Poliposi adenomatosa del colon familiare Sindrome melanoma-astrocitoma AD Circa 200000 negli USA CDKN2 9p21.3 Sindrome Von Hippel LIndau 146 Melanomi Tumori cerebrali: quali sfide, quali progressi plessi insorge spesso nei primi anni di vita, è molto importante proporre a tutti i pazienti con questa diagnosi una consulenza genetica a prescindere dalla presenza di familiarità, anche allo scopo di impostare correttamente il trattamento oncologico. Sindrome di Turcot-Tipo 1 Causata dalla mutazione biallelica di geni implicati nel controllo e nella riparazione degli errori di replicazione del DNA e correlati alla HNPCC (hereditary nonpolyposis colorectal cancer). Oltre allo sviluppo di HNPCC, si manifestano neoplasie ematologiche e tumori cerebrali, in particolare gliomi maligni, nelle prime decadi di vita. Sindrome di Turcot-Tipo 2 nei primi 20 anni di vita, tipicamente il medulloblastoma, in pazienti con poliposi adenomatosa familiare. Sindrome Melanoma-Astrocitoma È caratterizzata dall’associazione familiare di melanoma maligno e tumori SNC. I tumori più frequenti sono medulloblastoma, glioblastoma multiforme, ependimoma, glioma, meningioma, neuroblastoma/PNET, schwannoma e neurinoma del nervo acustico. Tutti questi tumori originano dalla cresta neurale oppure hanno origine mesenchimale. È necessaria un’attenta sorveglianza dei pazienti e dei loro parenti di primo e secondo grado. Nella Tabella IV sono indicate le principali caratteristiche genetiche delle sindromi sopra descritte e i tumori extra-SNC a esse associati. È caratterizzata dalla comparsa di neoplasie cerebrali Box di orientamento • Cosa sapevamo prima La prognosi delle neoplasie pediatriche del SNC è influenzata dal grading istologico, dall’entità dell’exeresi chirurgica e dalla presenza di metastasi. La chirurgia e quando indicate la radioterapia e la chemioterapia hanno costituito i capisaldi del trattamento delle neoplasie pediatriche del SNC e sono responsabili del miglioramento della sopravvivenza globale dei bambini affetti da tumore cerebrale, portandola ad oltre il 70% per tutte le istologie. • Cosa sappiamo adesso Le indagini genomiche rese possibili dalla creazione di gruppi cooperativi internazionali hanno documentato l’esistenza di entità clinico-prognostiche diverse all’interno dello stesso istotipo. Queste importanti osservazioni hanno aperto la strada all’impiego di approcci terapeutici mirati a ciascun sottotipo molecolare di malattia anziché al singolo istotipo, nell’ambito delle principali neoplasie SNC pediatriche (medulloblastoma, gliomi maligni e a basso grado, ependimomi e PNET). Emerge inoltre in modo significativo il ruolo delle sindromi predisponenti nei bambini con tumori cerebrali. • Per la pratica clinica Le target therapy sono attualmente oggetto di numerosi studi clinici cooperativi pediatrici i cui risultati, attesi negli anni a venire, ne chiariranno la reale efficacia. Attualmente non costituiscono ancora lo standard terapeutico e sono riservate, nella maggior parte dei casi, a pazienti alla recidiva o in progressione dopo le terapie standard. Nell’affrontare il bambino con tumore cerebrale e la sua famiglia è molto importante la ricerca di segni che orientino per la presenza di una sindrome nel paziente e nella famiglia allo scopo di una corretta diagnosi, di un’adeguata impostazione dell’iter oncologico e in termini di prevenzione. Bibliografia Bautista F, Paci A, Minard-Colin V, et al. Vemurafenib in pediatric patients with BRAF V600E mutated high-grade gliomas. Pediatr Blood Cancer 2014;61:1101-3. Benesch M, Bartelheim K, Fleischhack G, et al. High-dose chemotherapy (HDCT) with auto-SCT in children with atypical teratoid/ rhabdoid tumors (AT/RT): a report from the European Rhabdoid Registry (EU-RHAB). Bone Marrow Transplant 2014;49:370-5. Bouffet E, Hawkins CE, Ballourah W, et al. Survival benefit for pediatric patients with recurrent ependymoma treated with reirradiation. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2012;83:1541-8. HIT-SIOP-PNET4 clinical trial. Oncotarget 2015;6:38827-39. 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