I TUMORI GERMINALI DEL TESTICOLO Costituiscono un gruppo di tumori nel complesso relativamente rari, con una frequenza stimata attorno all’1% di tutte le neoplasie maschili. Peraltro la particolare fascia di età che viene ad essere colpita in modo elettivo, trattandosi dei tumori più comuni nei maschi tra i 15 e i 35 anni (picco d’incidenza: 11/100.000 maschi tra i 15 e i 29 anni), gli enormi progressi in campo terapeutico, che hanno reso possibile la guarigione in una elevata percentuale di casi, nonché l’importanza sempre maggiore che, proprio a seguito dell’aumento della percentuale dei pazienti guaribili, vengono ad assumere le possibili sequele del trattamenti impiegati, giustificano il rilievo sociale e il particolare interesse della comunità scientifica verso tale patologia. Tra i fattori di rischio più studiati, a parte le differenze di razza (gli uomini di razza bianca hanno un rischio 4,4 volte maggiore degli uomini di razza nera di sviluppare un tumore testicolare), l’aumento di incidenza registrato tra i parenti di primo grado degli individui affetti, che ha stimolato numerose ricerche di genetica, e il possibile ruolo attribuito a diversi inquinanti ambientali (ad esempio,erbicidi), è nota l’elevata incidenza di tumori del testicolo nei maschi con storia di criptorchidismo (8-12%), soprattutto quando l’intervento di orchipessi viene ritardato oltre i sei anni di età. In realtà il meccanismo comune per diversi fattori di rischio, per esempio il criptorchidismo, è rappresentato dall’atrofia testicolare, che determina un’aumentata secrezione delle gonadotropine e, quindi, un prolungato stimolo alla proliferazione dell’epitelio germinale. Il vasto capitolo della diagnosi e della stadiazione di tali neoplasie risulta ricco di novità rispetto a un passato non troppo lontano, essenzialmente frutto delle notevoli innovazioni realizzate nel campo della diagnostica per immagini, ma trova ancora oggi fondamento sulla sistematica e corretta applicazione dei markers tumorali e su tecniche di stadiazione chirurgica dei linfonodi retroperitoneali, in grado di preservare l’eiaculazione (tecniche nerve-sparing). Le neoplasie testicolari rappresentano una patologia ad elevata guaribilità. Negli ultimi trent’anni la percentuale di sopravvivenza a 5 anni per questi tumori è drasticamente migliorata, passando dal 63% degli anni’60 a oltre il 90% attuale. Ciò è frutto essenzialmente dell’elevata chemiosensibilità di tali neoplasie, che ne rende possibile la guarigione anche in presenza di metastasi, della radiosensibilità di alcune di esse, in particolare i seminomi, e dell’importante contributo fornito dalla chirurgia sia in fase iniziale (orchifunilectomia), sia ai fini stadiativi (linfoadenectomia retroperitoneale), sia per il controllo della malattia residua dopo chemioterapia. Ma l’arma vincente che ha consentito di migliorare in maniera così sostanziale la possibilità di cura di queste malattie, è risultata essere l’approccio multidisciplinare secondo protocolli di trattamento individualizzati in base al tipo di neoplasia e allo stadio di malattia. Uno studio tedesco pubblicato recentemente sull’autorevole rivista “Cancer”, ha dimostrato che l’applicazione sistematica delle linee guida messe a punto da un panel di esperti appartenenti alle varie discipline è stata in grado di ridurre drasticamente il numero dei fallimenti delle terapie. L’approccio multidisciplinare è fondamentale anche per ridurre gli effetti collaterali dei vari trattamenti. È fin troppo ovvio che,in una patologia che va a colpire elettivamente i giovani nel pieno della vita sociale e lavorativa, la guarigione deve avvenire garantendo al paziente una qualità di vita ottimale, in particolar modo per quanto riguarda la fertilità. Molti di questi pazienti sono infatti ancora interessati alla paternità. Anche in questo caso l’ottimizzazione delle terapie, e in particolare il ricorso alle tecniche meno invasive, e la limitazione della esposizione dei pazienti all’effetto gonadotossico dei farmaci antitumorali e della radioterapia, unitamente ad un adeguato “counselling” anche di tipo sessuologico e al ricorso, quando necessario, a tecniche di fecondazione assistita attraverso l’impiego del seme raccolto prima dell’inizio dell’iter terapeutico e crioconservato in apposite biobanche, consente la paternità alla maggioranza dei pazienti, anche a quelli (e sono la minoranza) nei quali non avviene spontaneamente un sufficiente recupero della spermatogenesi. Concludendo i tumori germinali del testicolo rappresentano nel loro insieme una patologia la cui gestione è complessa ma che gode attualmente di una buona prognosi. Per l’elevata percentuale di guarigioni ottenibile con le terapie multimodali, è preferibile che i pazienti afferiscano a centri d’eccellenza, specializzati nella cura di tali neoplasie, dove e’ possibile accedere a tutte le competenze necessarie. Uno studio effettuato in Scozia alcuni anni fa ha dimostrato infatti che possono esistere differenze anche notevoli in termini di sopravvivenza tra i pazienti curati in Centri di eccellenza e i pazienti trattati in ospedali dove non esistono adeguate competenze specialistiche.