Interventi chirurgici Colecistectomia L´intervento di colecistectomia per via laparoscopica è quello più eseguito nel mondo. Tutti i pazienti con indicazione all´intervento di colecistectomia possono essere considerati candidati per un intervento con tecnica laparoscopica; la presenza di una colecistite acuta, di una cirrosi epatica con ipertensione portale, la gravidanza, le gravi coagulopatie non costituiscono più una controindicazione all´intervento in laparoscopia. In questi casi l´intervento deve essere eseguito da operatori esperti, pronti a convertire l´intervento in laparotomia nel caso in cui le alterate condizioni anatomiche e patologiche possano rendere pericolosa la prosecuzione dell´intervento in laparoscopia. I pazienti in età avanzata (> 80 anni) e gli obesi sono quelli che più beneficiano della tecnica laparoscopica per la riduzione delle complicanze dovute alla stasi polmonare ed all´immobilizzazione in letto per lunghi periodi. L´indicazione al trattamento laparoscopico in presenza di una litiasi associata della via biliare principale è possibile attraverso l´utilizzo di coledocoscopi operatori introdotti per via transcistica o tramite coledocotomia diretta utilizzando per la rimozione dei calcoli cestelli di Dormia o litotritori meccanici. Qualora esista un dubbio di litiasi coledocica è bene eseguire una colangiopancreatografia retrograda preoperatoria a scopo diagnostico ed operativo, volto alla rimozione dei calcoli endocoledocici previa papillotomia. A due giorni dalla rimozione dei calcoli endocoledocici può essere eseguito l´intervento di colecistectomia laparoscopica. La degenza ospedaliera di questi pazienti viene così ridotta a 4-5 giorni contro i 10-15 dei pazienti sottoposti ad intervento laparotomico per lo stesso tipo di patologia. Il ruolo della colangiografia intraoperatoria è discusso e relativo ad atteggiamenti di scuola. È possibile eseguire tale esame durante l´intervento laparoscopico tramite introduzione percutanea di un catetere a palloncino nel dotto cistico prima della sezione dello stesso e quindi introdurre il mezzo di contrasto nella via biliare principale. Se da una parte alcune scuole chirurgiche eseguono routinariamente la colangiografia intraoperatoria, altre la eseguono solo saltuariamente in caso di dubbi diagnostici. Non è stato dimostrato in effetti un chiaro ruolo della colangiografia nella prevenzione della calcolosi residua del coledoco, così come nella prevenzione delle lesioni della via biliare principale. Sicuramente l´esame è in grado di diagnosticare una lesione intraoperatoria e quindi indicare la necessità di una riparazione immediata della lesione. Le lesioni della via biliare misconosciute al momento dell´intervento, diagnosticate e riparate in seconda istanza, sono gravate da una percentuale di complicanze (deiscenze, stenosi) sicuramente più alta di quelle diagnosticate e riparate in sede di primo intervento. Fig. 5.12. Colecistectomia laparoscopica: posizione del paziente e del personale di sala operatoria. La posizione del paziente sul letto operatorio e quella dell´équipe chirurgica sono illustrate nella Figura 5.12. Il monitor televisivo e lo strumentario vengono posizionati alla destra del paziente nelle vicinanze dell´area di lavoro dell´anestesista; l´équipe chirurgica è composta dal chirurgo operatore posto alla sinistra del malato insieme all´operatore della videocamera, mentre l´assistente e l´infermiera strumentista sono posizionati alla destra del malato. I tempi operatori sono i seguenti: - induzione dello pneumoperitoneo con ago di Veress, previa incisione cutanea a livello sottombelicale; - introduzione dei trocar cannule; il primo trocar (10 mm) è posizionato a livello periombelicale ed è adibito al passaggio del laparoscopio; il secondo trocar (10 mm), posizionato sotto visione, occupa la regione sottoxifoidea; il terzo trocar (5 mm) è posizionato lungo la linea emiclaveare, ove si visualizza il fondo della colecisti; il quarto trocar (5 mm) viene introdotto lungo la linea ascellare anteriore, circa a livello dell´ombelico (Figg. 5.13, 5.14); - dopo aver esplorato l´addome si effettua l´esposizione del campo operatorio retraendo, tramite pinze da presa, il fondo della colecisti al di là del margine anteriore del fegato, mentre una seconda pinza posizionata sull´infundibolo della colecisti retrae la tasca di Hartmann lateralmente (Fig. 5.15); - creazione della finestra cistica e dissezione del triangolo di Calot: si effettua con un uncino coagulatore, un dissettore, una forbice o un tampone di garza a seconda delle preferenze; la manovra permette di identificare ed isolare il dotto cistico e l´arteria cistica; - applicazione di tre clip metalliche sul dotto cistico e sull´arteria cistica, che vengono quindi sezionati; - distacco della colecisti dal letto epatico, tramite coagulatore, con l´avvertenza di produrre un´accurata emostasi del letto stesso; - estrazione della colecisti con grossa pinza da presa dall´incisione sottoxifoidea o periombelicale; - lavaggio del campo operatorio tramite aspiratore a doppia azione ed eventuale posizionamento di drenaggio; - laparoscopia finale esplorativa, estrazione dei trocar cannule e sintesi cutanea. Il ridotto dolore postoperatorio e la rapida ripresa della funzionalità intestinale permettono una precoce mobilizzazione del paziente e la rapida ripresa dell´alimentazione per os in prima giornata postoperatoria. Il paziente viene dimesso in seconda-terza giornata e può riprendere l´attività lavorativa 10 giorni dopo l´intervento. Nei primi anni dopo l´introduzione della tecnica di colecistectomia laparoscopica è stata registrata una serie di complicanze, talora gravi, legate all´introduzione dell´ago di Veress e dei trocar attraverso la parete addominale (lesioni vascolari ed intestinali), emorragie intraoperatorie da lesione dell´arteria cistica o del letto epatico e soprattutto un aumento delle complicanze legate a lesione della via biliare principale rispetto alla tecnica laparotomica. Queste complicanze, dovute essenzialmente alla curva di apprendimento della tecnica da parte del chirurgo, sono oggi equiparabili a quelle con tecnica aperta. La mortalità seguente a colecistectomia laparoscopica è oggi pari allo 0,1% con tasso di complicanze del 4% e un tasso di conversione in intervento laparotomico inferiore al 5%. Fig. 5.13. Colecistectomia laparoscopica: posizione (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 5 e 10 mm. dei 4 trocar; Fig. 5.14. Posizionamento delle cannule laparoscopiche per intervento di colecistectomia laparoscopica. (1) cannula da 10 mm per l´ottica posizionata a livello periombelicale; (2) cannula da 10 mm in epigastrio per gli strumenti operatori (mano destra dell´operatore); (3) cannula da 5 mm per pinza da presa sull´infundibolo della colecisti (mano sinistra dell´operatore); (4) cannula da 5 mm per pinza da presa sul fondo della colecisti (assistente). Fig. 5.15. Colecistectomia laparoscopica: due pinze sostengono il fondo e l´infundibolo della colecisti; l´uncino coagulatore inizia la dissezione del peritoneo dell´infundibolo. Appendicectomia L´indicazione alla tecnica mininvasiva trova soprattutto ragione nel sesso femminile, dove la laparoscopia è al tempo stesso diagnostica e terapeutica, potendo agevolmente discriminare una patologia annessiale misinterpretata per patologia dell´appendice cecale. Soprattutto in urgenza o in caso di appendicite retrocecale o sottoepatica la diagnosi avviene correttamente e non è necessario ampliare o variare l´incisione come in laparotomia. Il paziente viene posizionato supino sul tavolo operatorio ed il chirurgo si posiziona sul suo fianco sinistro. Dopo l´induzione dello pneumoperitoneo viene introdotto un trocar da 10 mm a livello ombelicale per l´ottica laparoscopica (Fig. 5.16). Una volta esplorato il campo operatorio vengono posizionati due trocar da 5 mm in fianco destro e sinistro per gli strumenti operatori. La visione della loggia parietocolica destra è sempre agevole, eventuali aderenze vengono rapidamente lisate, dopo di che, afferrata con una pinza la punta dell´appendice, si procede alla sezione del mesenteriolo; l´emostasi può essere effettuata con differenti modalità: con clip, coagulatore bipolare, laccio e nodo intra- o extracorporeo, o, in casi di mesentere spesso o particolarmente infiammato, con una suturatrice meccanica lineare. La base viene legata con lacci o con suturatrice meccanica e l´appendice viene estratta da uno dei trocar. È possibile eseguire l´affondamento del moncone con una sutura diretta. In caso di liquido peritoneale libero o corpuscolato si eseguono abbondanti lavaggi peritoneali come nella tecnica laparotomica. Fig. 5.16. Appendicectomia laparoscopica: posizione dei 3 trocar; (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 5 e 10 mm. Anche in questo caso il paziente viene dimesso in seconda giornata, ma in effetti il decorso postoperatorio, sebbene meno doloroso della tecnica tradizionale, non se ne si differenzia in maniera così significativa come nel caso della colecistectomia. Resezione laparoscopica di colon-sigma-retto L´esperienza e l´abilità maturata in questi anni nei centri che si occupano principalmente di chirurgia laparoscopica hanno permesso di eseguire in laparoscopia tutti gli interventi sul colon. Da un punto di vista tecnico l´intervento è realizzato con una visione del campo operatorio nel piccolo bacino superiore a quella ad addome aperto. Le indicazioni riguardano pazienti con malattia diverticolare complicata, con grossi polipi sessili o carcinomi in uno stadio precoce, senza quindi infiltrazione di organi adiacenti. D´altra parte pazienti anziani con tumori anche in stadio più avanzato, non infiltranti strutture adiacenti, possono beneficiare, da un punto di vista generale, del minore trauma chirurgico. La posizione del paziente sul tavolo operatorio, dei trocar e dell´eventuale piccola laparotomia di servizio per l´estrazione del pezzo operatorio variano a seconda del tipo di procedura chirurgica: emicolectomia destra, resezione del traverso, emicolectomia sinistra, resezione di sigma e resezione di retto. Le tecniche come l´emicolectomia destra e resezione del traverso, che richiedono la realizzazione di una anastomosi ileo-colica e colo-colica, sono definite "videoassistite" quando viene eseguita una laparotomia a minima per estrarre il pezzo operatorio e confezionare l´anastomosi all´esterno. L´anastomosi può anche essere eseguita totalmente per via laparoscopica con allungamento dei tempi operatori e necessità di una raffinata tecnica laparoscopica. Gli interventi di emicolectomia sinistra, di resezione di sigma e di retto richiedono una minilaparotomia (5 cm) per la rimozione del pezzo operatorio, mentre l´anastomosi viene solitamente condotta con una suturatrice meccanica circolare introdotta per via transanale. Queste ultime sono le tecniche più eseguite per via laparoscopica per la frequente patologia in questa sede, sia diverticolare che neoplastica, e per la rapidità ed efficacia dell´intervento. Il paziente viene posizionato sul letto operatorio in posizione supina a gambe divaricate. Il letto operatorio deve permettere ampi cambiamenti di posizione sia laterali che antero-posteriori per aiutare lo spostamento delle anse ileali dal campo visivo (Fig. 5.17). L´operatore si posiziona sulla destra del paziente. Dopo l´induzione dello pneumoperitoneo si posizionano 4 trocar di cui 1 a sinistra in corrispondenza della successiva minilaparotomia per retrarre il colon e 3 a destra per l´ottica laparoscopica e per gli strumenti nella mano destra e sinistra dell´operatore (Fig. 5.18). La procedura chirurgica deve seguire le tappe della chirurgia tradizionale. Dopo un´attenta stadiazione condotta con l´ausilio eventuale di un´endoscopia intraoperatoria (per confermare l´esatta localizzazione del tumore) e dell´ecografia laparoscopica, si evidenziano l´uretere destro e soprattutto il sinistro, che servirà come piano per la dissezione del mesosigma. Si identificano quindi l´arteria mesenterica inferiore, vicino all´emergenza dall´aorta, e la vena mesenterica inferiore, sita poco cranialmente alla precedente. I vasi vengono legati con lacci, clip o con suturatrice meccanica a carica vascolare, e sezionati (Fig. 5.19). A questo punto si procede allo scollamento e mobilizzazione del segmento di colon-sigma o retto da asportare e si seziona il capo distale con una suturatrice meccanica lineare. Una volta mobilizzato adeguatamente il colon discendente, si procede alla laparotomia di minima in fossa iliaca sinistra e, proteggendo adeguatamente la ferita laparotomica per evitare contaminazioni di cellule tumorali, all´esteriorizzazione del pezzo da resecare. La resezione del pezzo operatorio viene quindi eseguita al di fuori della parete addominale con successiva preparazione del moncone per l´anastomosi. Affondato in addome il moncone preparato, si chiude la laparotomia e si continua l´intervento restaurando lo pneumoperitoneo. Introdotta la suturatrice circolare per via transrettale, si confeziona l´anastomosi colorettale termino-terminale (Fig. 5.20). Uno o due drenaggi vengono posizionati e fatti uscire dalle aperture dei trocar. Fig. 5.17. Resezione laparoscopica di sigma: posizione del paziente e del personale di sala operatoria. Fig. 5.18. Resezione laparoscopica di sigma: posizione dei 4 trocar; (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 10 mm e minilaparotomia. Fig. 5.19. Resezione laparoscopica di sigma: legatura-sezione dell´arteria mesenterica inferiore con suturatrice meccanica lineare a carica vascolare. Fig. 5.20. Resezione laparoscopica di sigma: anastomosi termino-terminale colo-rettale con suturatrice meccanica circolare introdotta per via transrettale. I trial clinici controllati su numerosi pazienti hanno ormai dimostrato che le resezioni coliche sono sicure e, dopo la necessaria curva di apprendimento, di durata anche inferiore alle resezioni condotte con tecnica aperta. Il ridotto dolore postoperatorio, la ripresa rapida dell´alimentazione e della deambulazione portano ad una precoce dimissione del paziente. Anche i risultati a distanza, dal punto di vista oncologico, si sono dimostrati equiparabili, se non superiori, alla tecnica tradizionale. Plastiche antireflusso gastroesofageo La terapia chirurgica del reflusso gastroesofageo costituisce una delle indicazioni elettive all´approccio laparoscopico. L´indicazione viene posta in pazienti giovani, refrattari ad assumere terapie mediche spesso necessarie per molti anni e in pazienti con rapida recidiva sintomatica alla sospensione temporanea della terapia medica. La visione anatomica dello iato diaframmatico è sicuramente superiore e più chiara di quella ottenuta in laparotomia, dove spesso si deve utilizzare un procedimento bisottocostale o mediano xifopubico per ottenere una visione sufficiente alla realizzazione dell´intervento. La plastica più utilizzata è la fundoplicatio a 360° secondo Nissen. L´intervento richiede il posizionamento di 5 cannule di accesso (Fig. 5.21); quindi si esegue la preparazione dei pilastri diaframmatici, l´iso lamento del terzo inferiore dell´esofago con sezione del legamento fre-no esofageo (Fig. 5.22), la preparazione del fondo gastrico tramite se-zione del legamento gastrofrenico ed eventuale sezione dei vasi brevi gastrici. Il fondo gastrico viene quindi portato posteriormente all´esofago e suturato anteriormente ad esso con 2 o 3 punti di sutura in modo da realizzare un lasso meccanismo valvolare (Fig. 5.23). In caso sia associata una ernia iatale che condiziona un largo orifizio diaframmatico, viene realizzata una plastica dei pilastri diaframmatici con 1 o 2 punti di sutura posteriore. L´intervento è di rapida esecuzione, scevro di complicanze postoperatorie e ottiene gli stessi risultati della chirurgia ad addome aperto. Fig. 5.21. Plastica antireflusso gastroesofageo laparoscopica: posizione dei 5 trocar; (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 5 e 10 mm. Fig. 5.22. Plastica antireflusso gastroesofageo laparoscopica: preparazione dello iato esofageo. Fig. 5.23. Plastica antireflusso gastroesofageo laparoscopica: fundoplicatio gastrica a 360° secondo Nissen ultimata. Chirurgia gastrica La chirurgia laparoscopica dello stomaco è considerata una metodica efficace come tecnica diagnostica e di stadiazione nel caso di patologie maligne gastriche, al fine di valutare la presenza di diffusione peritoneale della neoplasia e/o l´infiltrazione di organi limitrofi, evitando la necessità di ricorrere a una laparotomia esplorativa. La laparosocopia, in casi selezionati, può essere impiegata per il trattamento mininvasivo dell´ulcera peptica perforata, mediante l´esecuzione di un´ulcero-raffia laparoscopica attraverso il posizionamento di alcuni punti di sutura e annodamento intracorporeo. Tale metodica, tuttavia, presenta alcune significative limitazioni, legate prevalentemente alla sede della perforazione, che deve necessariamente essere a livello della parete anteriore dello stomaco, alla caratteristica dei margini dell´ulcera (spesso di natura cicatriziale e difficili da avvicinare con tecnica laparoscopica), nonché alla necessità di eseguire un´adeguata toilette della cavità peritoneale al termine della procedura. L´impiego della laparoscopia per l´esecuzione di vagotomie selettive e/o superselettive, sebbene estremamente efficace, ha trovato sempre minor impiego grazie all´introduzione dei farmaci inibitori della pompa protonica. L´esperienza maturata nel campo della chirurgia laparoscopica avanzata, nonché lo sviluppo di nuovi strumenti atti a ottenere emostasi ed eseguire suture meccaniche, ha portato a testare l´impiego della chirurgia laparoscopica per interventi più complessi anche a livello gastrico, quali gastroresezioni e gastrectomie totali, anche per patologie maligne. La prima gastroresezione videolaparoscopica risale al 1992, a opera di Goh. Si trattava, in realtà, di una tecnica cosiddetta "videoassistita", nella quale la parte mininvasiva si limitava al tempo demolitivo, mentre la ricostruzione (per lo più tipo Billroth II) veniva eseguita attraverso una minilaparotomia di servizio di circa 6-7 cm. Più recentemente, grazie soprattutto all´esperienza acquisita negli interventi di bypass gastrico videolaparoscopico per il trattamenti dell´obesità severa (vedi oltre), sono state descritte in letteratura casistiche, anche discretamente numerose, di gastrectomie parziali e totali associate a linfoadenectomie D1 o D2, eseguite con tecnica totalmente laparoscopica. Come per la chirurgia a cielo aperto, sono gli Autori orientali a presentare la maggiore esperienza in questo campo e si tratta per lo più di studi caso-controllo, mentre i pochi trial randomizzati presenti in letteratura presentano una casistica troppo limitata per poter trarre conclusioni adeguate. I dati preliminari, tuttavia, hanno dimostrato la fattibilità della metodica nel rispetto dei canoni della chirurgia oncologica per il cancro gastrico impiegati anche per la chirurgia a cielo aperto. Il tasso di complicanze intraoperatorie sembrerebbe essere sovrapponibile a quello riportato per gli interventi laparotomici, ma la tecnica mininvasiva sarebbe in grado di fornire, anche in chirurgia gastrica, i vantaggi tipici di questa metodica in termini di riduzione delle complicanze di ferita, respiratorie, cardiache, ecc. Si tratta tuttavia di un intervento complesso, che richiede un´elevata esperienza di chirurgia generale e tecnica laparoscopica, significativamente più lungo e a oggi più costoso dell´omologo eseguito in chirurgia a cielo aperto. Attualmente le indicazioni all´approccio mininvasivo al cancro gastrico sono limitate alle neoplasie benigne e ai tumori maligni agli stadi iniziali (T1-2 N0, o early gastric cancer). Dal punto di vista tecnico, non esiste, allo stato attuale una metodica standardizzata, tuttavia vengono di regola impiegati dai 4 ai 5 trocar, il paziente viene posto in posizione supina "ginecologica" e il chirurgo operatore si pone tra le gambe dello stesso con gli assistenti ai lati. Il tempo demolitivo deve seguire la tecnica descritta per il medesimo intervento eseguito in chirurgia a cielo aperto, che, nel caso della patologia maligna, richiede adeguati margini di resezione dal tumore e legatura alla base delle strutture vascolari. Come già accennato, è stato dimostrata la fattibilità di linfoadenectomie D1 e D2 anche in laparoscopia. Nel caso di una resezione parziale, la ricostruzione può essere eseguita mediante la tecnica di Billroth II con sutura totalmente laparoscopica con l´ausilio delle suturatici meccaniche lineari. Le enterotomie utilizzate per l´introduzione della suturatrice (di norma di 1-2 cm di lunghezza), dovranno essere successivamente chiuse mediante una sutura a punti staccati intracorporea. Se invece si opta per una tecnica "videoassistita", terminato il tempo demolitivo si esegue una minilaparotomia di servizio, di norma mediana, e attraverso la stessa si completa l´anastomosi con tecnica manuale "open". Nel caso della gastrectomia totale, una volta completato il tempo demolitivo, l´anastomosi esofagodigiunale viene eseguita per lo più mediante l´impiego di una suturatrice circolare. Sono descritte diverse tecniche finalizzate al posizionamento della testina della suturatrice e all´introduzione della stessa. Quella più frequentemente impiegata, è stata mutuata direttamente dall´intervento di bypass gastrico, ove la testina viene fissata a un sondino naso-gastrico e viene spinta dall´anestesista fino alla parte terminale dell´esofago; una volta eseguita una minima apertura della rima di sutura esofagea si estrae la punta della stessa. La suturatrice circolare viene introdotta in addome mediante l´allargamento di uno degli accessi per i trocar e, attraverso un´enterotomia di minima sull´ansa digiunale, viene spinta sino in prossimità del moncone esofago-gastrico e quindi viene completata l´anastomosi. Altre metodiche prevedono l´esecuzione di borse di tabacco intracorporee o, più di recente, è stata proposta l´esecuzione di un´anastomosi esofago-digiunale latero-laterale, impiegando una suturatrice meccanica lineare endoscopica. Vista la complessità dell´intervento, alcuni Autori hanno proposto l´impiego di una tecnica cosiddetta hand-assisted. Come già sottolineato, si tratta, a oggi, di un intervento complesso e che non presenta una tecnica standardizzata. Inoltre, la sua efficacia e validità dal punto di vista oncologico rimangono ancora da verificare mediante l´analisi dei risultati di trial randomizzati. Chirurgia dell´obesità I vantaggi della chirurgia mininvasiva, soprattutto in termini di riduzione delle complicanze postoperatorie immediate e di ferita, risultano particolarmente evidenti nei pazienti ad alto rischio, quali i soggetti affetti da obesità patologica e dalle patologie associate (diabete, BPCO, ipercolesterolemia, ecc.) e candidati a intervento chirurgico, sia esso restrittivo o malassorbitivo. Per questo motivo, nel corso degli ultimi anni, si è assistito a un aumento progressivo del numero di tali interventi eseguiti con tecnica laparoscopica. I dettagli relativi alle indicazioni all´intervento chirurgico e quelli tecnici sono trattati nel Capitolo 6, Sezione II (L´impatto dell´approccio laparoscopico sulla chirurgia dell´obesità). Ernie della parete addominale Il corretto tipo di trattamento chirurgico delle ernie inguinali è in questi anni oggetto di discussione. Alla ricostruzione mediante sutura in triplice strato della parete inguinale secondo la tecnica di Bassini, si stanno affiancando con sempre maggior successo le tecniche di ricostruzione con l´uso di materiale protesico (alloplastiche inguinali). Queste ultime realizzano una ricostruzione della parete senza tensione, lasciando alle proprietà di stimolo fibroblastico delle reti il compito di rinforzo della parete. La tecnica di Stoppa prevede il posizionamento di una rete per via preperitoneale e viene utilizzata soprattutto in caso di ernia bilaterale o recidiva. Al posto dell´incisione inguinale la tecnica di Stoppa prevede un´incisione mediana ombelicopubica con grande scollamento al di sotto dei muscoli addominali. Anche le tecniche endoscopiche si basano sul principio della alloplastica; in questo caso sono necessarie solo 3 incisioni cutanee di 5-10 mm (una per l´ottica e due per gli strumenti operatori). L´intervento può essere attuato per via transperitoneale, posizionando la rete dall´interno dell´addome a livello preperitoneale intorno al difetto erniario e all´anello inguinale interno (Fig. 5.24), o per via completamente extraperitoneale seguendo i tempi dell´intervento di Stoppa, una volta provocato lo scollamento preperitoneale con l´aiuto di un pallone introdotto sotto i muscoli retti (Fig. 5.25). I risultati ottenuti dalle diverse tecniche sono attualmente in valutazione per quanto riguarda la percentuale di recidive e l´effettivo miglioramento del decorso postoperatorio. Anche le ernie postoperatorie della parete addominale possono essere trattate per via transaddominale endoscopica mediante il posizionamento di reti a coprire il difetto erniario. La complessità della tecnica prevede il suo utilizzo solo in casi di laparoceli di modesta entità in cui i visceri non siano tenacemente aderenti al sacco erniario. Fig. 5.24. Rappresentazione schematica del posizionamento di rete durante un intervento di plastica erniaria sinistra (a) e per ernia bilaterale (b) per via transperitoneale. La rete viene posizionata sul difetto erniario a livello preperitoneale, intorno all´anello inguinale e fissata con clip al titanio. Il lembo peritoneale scollato viene quindi ricostruito al di sopra della rete. Fig. 5.25. Tecnica di scollamento preperitoneale sotto visione, con palloncino introdotto sotto la fascia dei muscoli retti, per creare lo spazio necessario all´intervento di plastica erniaria con tecnica extraperitoneale. Surrenalectomia laparoscopica L´asportazione chirurgica della ghiandola surrenale rappresenta una tipica indicazione della chirurgia mininvasiva. Gli approcci classici al surrene, per via anteriore transperitoneale o per via postero-laterale extraperitoneale, richiedono una ampia incisione chirurgica che spesso costituisce la principale fonte di morbilità nel trattamento delle patologie chirurgiche surrenaliche. Le indicazioni alla chirurgia laparoscopica del surrene sono costituite dai tumori benigni di piccole dimensioni presenti nella sindrome di Cushing, nelle malattie di Addison, di Conn e nel feocromocitoma. Lesioni di diametro superiore a 10 cm possono costituire una controindicazione, anche per la potenziale malignità. Il paziente viene posto in decubito laterale controlaterale alla lesione (Fig. 5.26). L´approccio anteriore transperitoneale risulta indicato per l´esplorazione di una possibile patologia della ghiandola controlaterale e in caso di intervento programmato bilaterale. Per l´intervento al surrene destro si utilizzano quattro accessi da 10 mm (Fig. 5.27), risultando necessario un divaricatore per caricare e sollevare il lobo destro del fegato. Individuata la ghiandola surrenalica, si apre la riflessione peritoneale in corrispondenza del margine laterale della cava e si ricerca l´insorgenza dalla stessa della vena surrenalica superiore (Fig. 5.28). Questo è il tempo più delicato dell´intervento poiché la vena a destra è corta e spesso la massa surrenalica la comprime verso la cava. Una volta isolata e sezionata tra clip si può procedere all´isolamento della ghiandola surrenalica dal rene e dalle strutture circostanti, utilizzando il coagulatore elettrico o ad ultrasuoni, poiché le strutture arteriose e venose dei peduncoli medi e inferiori sono solitamente di piccolo calibro. Una volta isolato, il surrene viene posto in un sacchetto (Fig. 5.29) ed estratto attraverso un modico allargamento di una delle incisioni dei trocar. Per l´intervento al surrene sinistro il paziente viene posto in decubito laterale destro e si utilizzano tre vie di accesso come per la splenectomia (Fig. 5.30). Per l´accesso alla loggia surrenalica sinistra è necessario sezionare i legamenti splenocolico e splenodiaframmatici ribaltando la milza verso destra. Questo primo tempo chirurgico è identico nell´intervento di splenectomia. Una volta riconosciuta la coda del pancreas, si procede al riconoscimento della vena renale sinistra in cui si aggetta la vena surrenalica maggiore. Quest´ultima viene isolata e sezionata e da questo punto l´intervento prosegue come per il surrene destro. Fig. 5.26. Surrenalectomia laparoscopica destra: posizione del paziente e del personale di sala operatoria. Fig. 5.27. Surrenalectomia laparoscopica destra: posizione dei 4 trocar; (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 10 mm. La posizione in decubito laterale con approccio retroperitoneale permette un accostamento più rapido e diretto al surrene quando siano presenti pregressi interventi addominali; per questa via la vena surrenalica viene evidenziata solo dopo la completa mobilizzazione della ghiandola. L´adrenalectomia laparoscopica è risultata eseguibile con ottimi risultati, nessuna mortalità operatoria, ridotte complicanze postoperatorie e tasso di conversione inferiore al 5%. Fig. 5.28. Surrenalectomia laparoscopica destra: isolamento della vena surrenalica maggiore dalla vena cava e posizionamento di clip al titanio. Fig. 5.29. Surrenalectomia laparoscopica destra: posizionamento del surrene isolato in sacchetto di plastica per la rimozione. Fig. 5.30. Surrenalectomia laparoscopica sinistra: posizione dei 3 trocar; (C) posizione dell´ottica laparoscopica; trocar da 10 mm. Splenectomia laparoscopica La splenectomia rappresenta una delle indicazioni elettive emergenti della laparoscopia in caso di neoformazioni che non invadono la capsula splenica ed in caso di malattie linfoproliferative o disordini ematologici di vario tipo condizionanti una situazione di ipersplenismo. Anche in caso di voluminose splenomegalie sussiste un´indicazione laparoscopica. In questo caso potrà rendersi necessaria una minilaparotomia per la rimozione di milze di grosse dimensioni in cui si voglia conservare integro il parenchima per un successivo accurato esame istologico. Quando quest´ultimo non sia indispensabile il parenchima può essere frantumato e ridotto all´interno di un contenitore plastico e quindi rimosso attraverso la ferita di uno dei trocar. La posizione del paziente sul letto operatorio e la posizione dei trocar sono identiche a quelle illustrate per l´intervento di surrenalectomia sinistra. La dissezione inizia solitamente dal polo inferiore della milza isolando e sezionando i vasi polari inferiori. Si ricerca quindi l´arteria splenica terminale all´ilo, la cui legatura e sezione (Fig. 5.31) mettono par zialmente al riparo da importanti sanguinamenti nel corso dell´intervento. Esiste a questo livello una variabilità notevole nel numero, posizione e calibro dei vasi splenici ilari, la cui dissezione deve essere meticolosa ed accurata, cercando di non danneggiare la coda pancreatica. Anche i vasi gastrici brevi devono essere legati e sezionati. L´utilizzo del coagulatore ad ultrasuoni o a radiofrequenza abbrevia notevolmente questi tempi operatori. Facendo cadere la milza verso destra si procede alla sezione dei legamenti splenocolico e splenodiaframmatici in prossimità della capsula splenica sino al polo superiore della milza. Una volta mobilizzato l´organo (Fig. 5.32) si inserisce una suturatrice lineare a carica vascolare sul residuo tessuto ilare controllando sempre la coda pancreatica. Si posiziona un drenaggio nel cavo residuo e si rimuove la milza con le modalità descritte. In caso di milze voluminose si preferisce asportarle da una incisione laparotomica sovrapubica. Fig. 5.31. Splenectomia laparoscopica: isolamento dell´arteria splenica all´ilo. Fig. 5.32. Splenectomia laparoscopica: completamento finale della mobilizzazione della milza. La milza è un organo fragile e riccamente vascolarizzato. L´intervento richiede un´estrema accuratezza e una delicatezza di movimenti e di manipolazione. Laparoscopia esplorativa-operativa La laparoscopia è nata come tecnica diagnostica; questa potenzialità è stata ulteriormente affinata dalla possibilità di utilizzare strumenti operativi nel cavo addominale. Le due maggiori indicazioni in questo campo sono rappresentate dalla stadiazione delle neoplasie addominali e dalla ricerca delle cause di subocclusioni intestinali croniche. Nelle neoplasie gastriche, pancreatiche ed epatiche la laparoscopia trova indicazione nei casi di diagnosi dubbia o di sospetta malattia avanzata. Possono essere evidenziati e confermati con biopsie mirate e multiple la presenza di carcinosi peritoneale, l´interessamento linfonodale metastatico e l´infiltrazione di organi adiacenti, evitando così inutili e dannose laparotomie esplorative. Nel caso di tumori pancreatici, l´apertura del legamento gastrocolico permette la visualizzazione diretta del pancreas e l´esecuzione di biopsie mirate (Fig. 5.33) con controllo immediato di eventuali emorragie secondarie, così come l´esecuzione di ecografie laparoscopiche per rilevare possibili infiltrazioni, da parte del tumore, in strutture vascolari vitali. A livello epatico l´ecografia laparoscopica, oltre ad una migliore definizione delle lesioni epatiche primitive e metastatiche, unisce la possibilità di trattamento di queste lesioni tramite tecniche di ablazione in radiofrequenza, crioterapia e alcolizzazione. In pazienti con episodi occlusivi recidivanti secondari o non con pregressi interventi addominali, la laparoscopia trova indicazioni nella ricerca delle cause di turbe del transito digestivo associate a dolore addominale. La presenza dello pneumoperitoneo, sollevando la parete addominale e comprimendo le anse intestinali, mette in netta evidenza aderenze fibrose visceroparietali e visceroviscerali responsabili di possibili ernie interne, angolature dei visceri, stati ischemici secondari o presenza di patologie associate (diverticoli di Meckel, stenosi di pregresse anastomosi viscerali) (Fig. 5.34). Fig. 5.33. Stadiazione laparoscopica di massa pancreatica: biopsie mirate della testa del pancreas. Fig. 5.34. Esplorazione laparoscopica in caso di crisi subocclusive croniche: stenosi di anastomosi ileale termino-laterale a distanza di 10 anni dall´intervento. Questi stati patologici cronici e debilitanti per la qualità della vita di molti pazienti possono essere risolti operativamente contestualmente al momento diagnostico. Altri interventi addominali Gli interventi sopraelencati rappresentano le indicazioni laparoscopiche universalmente accettate e più eseguite. L´esperienza e l´abilità tecnica maturata nel corso di questi anni ha portato a sperimentare la fattibilità in endoscopia di quasi tutte le operazioni chirurgiche conosciute. Anche interventi complessi quali duodeno-cefalo-pancreasectomie, esofagectomie totali, gastrectomie totali con linfoadenectomie allargate e resezioni epatiche maggiori sono stati realizzati in laparoscopia. Come già detto, si discute sull´opportunità di eseguire interventi per patologia neoplastica in endoscopia, mentre le derivazioni palliative per tumori inoperabili costituiscono una delle indicazioni elettive. La Tabella 5.1 illustra le indicazioni comunemente accettate a seconda degli organi. Il reale beneficio di alcune di queste indicazioni deve essere ancora attentamente valutato. Tab. 5.1. Interventi in laparoscopia eseguiti in centri specializzati. Esofago Resezione di diverticoli Miotomie extramucose Stadiazione per carcinoma Esofagectomie con linfoadenectomia Stomaco Vagotomie Gastroresezioni Gastroenteroanastomosi Raffie di perforazioni Gastrectomie totali Ileo-colon Lisi aderenziali per sindromi subocclusive Resezioni ileali per tumori benigni Resezioni di colon Resezioni di retto Rettopessi Milza Splenectomie per trombocitopenie Stadiazione dei linfomi Resezioni di cisti Diagnosi e valutazione dei traumi o anemie emolitiche Fegato Terapia di cisti sierose e di cisti da echinococco Resezione di piccoli tumori periferici Stadiazione di tumori primitivi e metastatici periferiche Pancreas e vie biliari Resezione di insulinomi Derivazione di pseudocisti Derivazioni palliative per itteri ostruttivi da Stadiazione e resecabilità di tumori maligni Resezione pancreatiche caudali tumore Rene Resezioni di cisti Nefrectomia Apparato genitale femminile Resezione di cisti ovariche Diagnosi e terapia di gravidanze extrauterine Isterectomia Interventi per endometriosi Apparato genitale maschile Legatura delle vene spermatiche per varicocele Diagnosi e terapia del testicolo ritenuto in addome Prostatectomie