UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PERUGIA
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di laurea in Fisica
TESI DI LAUREA DI PRIMO LIVELLO
IL PARADOSSO DI KLEIN NEL GRAFENE
Klein's paradox in graphene
RELATORE
Prof. Gianluca Grignani
LAUREANDO
Rocco Lamastra
ANNO ACCADEMICO 2014-2015
1
.
Due cose riempiono l'animo di ammirazione
e venerazione sempre nuova e crescente,
quanto piú spesso e piú a lungo
la riessione si occupa di esse:
il cielo stellato sopra di me,
e la legge morale in me.
(Immanuel Kant)
A mio nonno,
che ha sempre creduto in me.
2
Indice
1
2
Il paradosso di Klein
7
Il grafene
9
2.1
La scoperta
2.2
Forme allotropiche
2.3
2.4
3
4
5
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
Proprietà siche del grafene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
2.3.1
Proprietà elettriche ed elettroniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
2.3.2
Proprietà termiche e meccaniche
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
Struttura elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
La relazione di dispersione nel grafene
14
3.1
16
Dirac-like quasiparticles in graphene
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Paradosso di Klein nel grafene
4.1
Caso unidimensionale
4.2
Soluzioni del caso unidimensionale
4.3
Caso bidimensionale
4.4
Potenziali lisci
18
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18
19
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
20
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
22
Un'altra formulazione del paradosso di Klein nel grafene
24
5.1
Singolo strato di grafene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
24
5.2
Doppio strato di grafene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
26
3
Introduzione
4
Negli ultimi anni c'è stata una notevole esplosione di interesse per il grafene, uno strato
monoatomico di atomi di carbonio disposti in un reticolo a nido d'ape. Le ragioni del grande
interesse per il grafene sono molteplici e svariate.
Il grafene presenta, infatti, straordinarie proprietà quantistiche, che si pensa possano
essere sfruttate per nuove applicazioni scientiche e tecnologiche. Ha proprietà che superano
ampliamente quelle di qualsiasi altra sostanza nota e molti scienziati considerano questo
materiale come l'elemento che rivoluzionerà il mondo dell'elettronica, del fotovoltaico e delle
applicazioni sensoristiche.
Uno dei fenomeni in cui il grafene sembra versare molta luce è il Paradosso di Klein.
Questo paradosso fu pubblicato per la prima volta da Klein nel 1929 su di un articolo che
ne mostra appunto il risultato paradossale, ottenuto studiando i processi di diusione degli
elettroni su di un gradino di potenziale ed utilizzando l'equazione di Dirac.
Il termine Paradosso di Klein fa riferimento ad un non-intuitivo processo relativistico,
nel quale un elettrone inizia a penetrare attraverso una barriera di potenziale se l' altezza di
tale barriera V0 eccede l'energia restante dell'elettrone, ovvero l'energia di massa (mc2 ).
In questo caso, la possibile trasmissione T dipende solamente debolmente dall'altezza della
barriera e, inoltre, per le barriere molto alte si arriva ad un caso di perfetta-trasparenza, in
netto contrasto con il tipico eetto tunnel non relativistico, dove T decade esponenzialmente
con Vo .
Questo eetto relativistico può essere attribuito al fatto che un potenziale sucientemente
forte, essendo repulsivo per gli elettroni, è attrattivo per i positroni e dà luogo a stati di
positroni dentro la barriera.
Il Paradosso di Klein consiste inoltre nel fatto che sono ammesse, nella regione di potenziale repulsivo, soluzioni d'onda piana con un coeciente di trasmissione che aumenta
all'aumentare dell'altezza della barriera.
Tale risultato permette di evidenziare come la teoria quantistica di singola particella e la
relatività speciale siano tra loro inconciliabili.
Negli ultimi pochi anni, la sica presente dietro al Paradosso di Klein ha acquistato nuova
rilevanza in relazione alla produzione di particelle elementari nei campi elettromagnetici forti
e nei campi gravitazionali.
Il nuovo interesse per il vecchio paradosso è stato spronato dalle sorprendenti scoperte di
Hawking, che conducono all'evaporazione dei buchi neri tramite l'emissione di particelle.
Ad oggi, il paradosso, così come la conciliazione tra la relatività speciale e la meccanica
quantistica, è risolto grazie alla teoria dei campi che, essendo una teoria a molti corpi, spiega
in modo naturale la produzione di coppie particella-antiparticella.
Il grafene permise al Paradosso di Klein di essere studiato sperimentalmente per la prima
volta.
Si è soliti trattare il grafene con la teoria relativistica di Dirac, adattata a fermioni molto pesanti e includendo spinori con componenti multiple. In realtà, per tale elaborato, è
importante sottolineare come l'uso degli spinori non è essenziale. Infatti, gli aspetti chiave del Paradosso di Klein per i fermioni privi di massa presenti nel grafene possono essere
trattati in una dimensione senza la necessità di ricorrere agli spinori di Dirac. Già il caso
2-dimensionale, però, necessita, per un'ottimale comprensione, della trattazione spinoriale.
L'elaborato è organizzato come segue.
Nel Cap 1 della tesi verrà presentato brevemente il Paradosso di Klein: ciò sarà fatto
senza ricorrere appunto alla teoria relativistica degli spinori di Dirac ma solamente facendo
riferimento alla relazione di disperisone tra energia e numero d'onda.
5
Nel Cap 2, invece, apriremo una breve parentesi sul grafene e sulle sue straordinarie
proprietà siche.
Segue poi nel Cap 3 una desrizione della relazione di dispersione nel grafene, che ci
consentirà di trovare la forma della sua Hamiltoniana.
Proprio l'espressione dell'Hamiltoniana sarà punto di partenza per l'analisi dettagliata
del paradosso nel grafene. Questo sarà il contenuto del Cap 4, in cui saranno calcolati i
coecienti di riessione e di trasmissione degli elettroni sia nel caso unidimensionale che in
quello bidimensionale.
Inne, nell'ultimo capitolo sarà proposta un'altra formulazione del paradosso di Klein nel
grafene, che ci condurrà sostanzialmente agli stessi risultati ma con un approccio leggermente
diverso.
6
Capitolo 1
Il paradosso di Klein
Trattiamo il problema come originariamente è stato analizzato da Klein.
Lo scopo di Klein era quello di studiare la trasmissione degli elettroni relativistici attraverso un gradino di potenziale. Nel fare questo, la teoria relativistica degli spinori di Dirac è
sicuramente utile ed essenziale per poter calcolare i coecienti di riessione e di trasmissione delle particelle massive, ma questi calcoli vanno oltre lo scopo di questa trattazione. E'
possibile, infatti, sottolineare che gli aspetti essenziali del paradosso di Klein possono essere
facilmente compresi facendo riferimento alla relazione di dispersione tra energia E e numero
d'onda k.
Consideriamo un singolo elettrone relativistico con massa m e carica e. La sua energia,
secondo la relazione di Mass-shell, è data da:
√
E = ± ~2 k 2 c2 + m2 c4
(1.1)
dove ~ è la costante di Plack divisa per 2π e c è la velocità della luce nel vuoto.
Il problema di fondo che interessò Dirac è che nell'espressione precedente ci sono due
possibili valori che l'energia può assumere: un valore positivo e uno negativo associati alle
due possibili radici .
La possibilità di avere una radice negativa (e quindi valori di energia minori di zero)
condusse Dirac alla celebre idea della formazione di anti-particelle.
Infatti, negli ultimi anni, la sica riguardante il Paradosso di Klein ha guadagnato nuova rilevanza proprio in connessione alla produzione spontanea di coppie di particelle/antiparticelle
in campi elettromagnetici, ad esempio quando la dierenza di potenziale elettrico diventa
abbastanza grande.
Tornando all'espressione precedente, se si riporta su un graco cartesiano lungo l'asse
delle ordinate l'energia E e lungo quello delle ascisse il numero d'onda k si ottiene:
7
Il ramo A rappresenta tutti i possibili stati che hanno energia positiva, mentre il ramo B
tutti gli stati aventi energie negative. Sono inoltre tracciati nel graco i rispettivi asintoti
alle due curve. Gli stati sui rami A e B possono essere entrambi occupati dagli elettroni.
Consideriamo un elettrone che si trovi inizialmente in uno stato con energia positiva (sul
ramo A) e che si muova lungo l'asse delle x da sinistra verso destra, con un momento positivo
e in assenza di potenziale.
Supponiamo che ad un certo istante questo elettrone incontri un gradino di potenziale che
abbia un'altezza pari a V0 . E' a questo punto necessario distinguere vari casi a seconda del
valore dell'energia assunta dall'elettrone:
ˆ
Se E − V0 > mc2 allora l'elettrone continuerà a dirigersi verso destra con un nuovo
momento sempre positivo k tale che sia soddisfatta la seguente relazione:
E − V0 =
√
~2 k 2 c2 + m2 c4
(1.2)
ˆ
Se E − V0 < mc2 allora la relazione di disperisone può essere soddisfatta solamente
se k 2 < 0. Questo vuol dire che il momento ~k diventa immaginario e si avrà che la
funzione d'onda decade esponenzialmente, così da avere riessione totale.
ˆ
Se E − V0 < −mc2 è possibile avere:
√
E − V0 = − ~2 k 2 c2 + m2 c4
(1.3)
tale che ancora una volta k 2 > 0 e la propagazione nel potenziale è possibile.
Pauli indicò che se le particelle continuano a propagarsi verso destra, esse necessitano di
una velocità di gruppo positiva. Per il ramo A la velocità di gruppo è positiva per k positivo,
ma per il ramo B una velocità di gruppo positiva richiede necessariamente un valore di k
negativo.
Così, l'elettrone continua a propagarsi verso destra con una velocità di gruppo positiva,
ma con un momento negativo negli stati di B.
Un valore di k negativo però implica che il coeciente di trasmissione è negativo e dalla
relazione R + T = 1 ne segue che il coeciente di riessione è maggiore di uno.
Questo risultato sconcertante e paradossale è noto come Paradosso di Klein.
8
Capitolo 2
Il grafene
2.1 La scoperta
A cosa serve il Grafene? Non lo so. E' come presentare un pezzo di plastica
a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un pò di tutto,
penso
Andre Geim premio Nobel per la Fisica 2010
Quasi per gioco, alcuni anni fa, due ricercatori russi, Andre Geim e Kostya Novoselov,
usando un normale nastro adesivo e un blocco di grate, riuscirono a dimostrare di poter
isolare il materiale più sottile del mondo: uno strato singolo di atomi di carbonio ordinati
secondo una struttura a nido d'ape, chiamato grafene.
L'isolamento di fogli di grafene fu ottenuto in maniera poco elaborata, mediante un metodo
di esfoliazione meccanica divenuto noto come il metodo scotch-tape. Infatti fu usato del
nastro adesivo per staccare frammenti di grate da un cristallo. Ripetendo l'operazione molte
volte sugli stessi frammenti si ottennero strati sottilissimi, poi trasferiti su un substrato di
Silice (SiO2 )
Il grafene è esattamente uno strato monoatomico di carbonio organizzato secondo una
struttura cristallina a celle esagonali.
Tale struttura di base ha conformazione planare e pertanto lo strato monoatomico si
presenta come un materiale bidimensionale. In altre parole, il grafene è la versione bidimensionale della grate.
9
La grate, infatti, è costituita da strati planari di atomi di carbonio formanti un reticolo
a maglie esagonali in cui ogni atomo di carbonio è legato ad altri tre.
Un cristallo di grate è costituito da questi strati di atomi di carbonio impilati parallelamente tra loro legati da forze intermolecolari. Sotto pressioni la grate può trasformarsi in
diamante, che è una forma metastabile del carbonio.
Si pensava, no a pochi anni fa, che non fosse possibile isolare un singolo piano di grate,
in una forma tale da poter eettuare misure di tipo elettrico. Ciò però fu smentito, come
già detto, quando nel 2004 i due sici Novoselov e Geim mostrarono che un singolo strato
poteva essere isolato e trasferito su un altro substrato e che era possibile eettuarne una
caratterizzazione elettrica.
2.2 Forme allotropiche
Il grafene, i cui atomi di carbonio sono ibridizzati sp2 , può essere considerato come la struttura
base per la costruzione di tutti gli altri materiali gratici noti, che costituiscono le forme
allotropiche del carbonio.
Infatti, il carbonio presenta le seguenti forme allotropiche standard:
ˆ
Fullereni (0D): sono sfere cave di carbonio, che possiamo considerare come strutture
0-dimensionali, e che presentano una struttura simile alla grate.
ˆ
Nanotubi di carbonio (1D): sono delle vere e proprie strutture tubolari approssimabili
a dei segmenti, come strutture 1-dimensionali.
ˆ
Grate, che ha invece una forma tridimensionale.
2.3 Proprietà siche del grafene
La formazione di strutture così diverse tra loro con proprietà sico-chimiche molto dierenti
è da attribuire ai diversi tipi di legame chimico con cui gli atomi di carbonio sono in grado
di legarsi tra loro.
Il reticolo cristallino del grafene presenta, come già sottolineato, una struttura esagonale
a nido d'ape, in cui ogni atomo è in grado di legarsi a tre atomi adiacenti, posti a 120° l'uno
dall'altro, con una distanza iteratomica d = 1.42Å e distanza centro-centro di 2.46Å.
10
Il reticolo a nido d'ape non è un reticolo di Bravais, ma appartiene ad una diversa classe
di reticoli detti reticoli cristallini che possono essere costruiti a partire da un reticolo di
Bravais, con l'aggiunta di una base, che in questo caso è rappresentata da due atomi di
carbonio C1 e C2 e dai vettori primitivi a e b che tra loro formano un angolo di 120°.
Le proprietà del grafene dipendono dal fatto che il carbonio ha quattro elettroni, di cui
tre impegnati (ibridazione sp2 ) nei legami planari che rendono possibile la struttura bidimensionale mentre il quarto elettrone, presente nell'orbitale p, è in grado di muoversi attraverso
lunghe distanze del grafene quasi liberamente.
Il grafene è estremamente rigido: è circa 200 volte più forte dell'acciao. Come conduttore
di elettricità funziona meglio del rame ed è poi un eccezionale conduttore di calore. E' quasi
trasparente, ma è così denso che nemmeno l'elio, il più piccolo gas atomico, può attraversarlo.
Queste proprietà superano ampliamente quelle di qualsiasi altra sostanza nota e permettono di considerare il grafene una sostanza in grado di migliorare notevolmente il mondo
dell'elettronica e del fotovoltaico.
11
2.3.1
Proprietà elettriche ed elettroniche
E' stato già sottolineato come n dai primissimi esperimenti il grafene è stato isolato sotto
forma di foglietti supportati su substrati di silicio ricoperti di ossido di Silicio. E' in questa
congurazione sperimentale che il grafene è comunque stato caratterizzato per le sue proprietà di trasporto elettronico, dimostrando una conduzione ambipolare ed un'elevata mobilità
elettronica .
L'eetto ambipolare consiste nell'inversione del segno dei portatori di carica in funzione
del segno della tensione applicata. Tale fenomeno è stato osservato e misurato per la prima
volta dal gruppo di Manchester su di un occo di grafene inserito in un dispositivo a più
terminali di tipo Hall ed ha fornito valori di mobilità dei portatori eccezionalmente alti, no
a risultati di 40.000 cm2 /V s, indipendentemente dalla temperatura a cui viene eettuata la
misura.
Per capire meglio tale valore è possibile confrontarlo con quello del Silicio utilizzato nei
comuni dispositivi elettronici, il quale dicilmente supera i 1.000 cm2 /V s.
2.3.2
Proprietà termiche e meccaniche
Generalmente nei materiali la buona conduzione elettrica si associa ad una buona conduzione
termica. Infatti, di solito, i portatori di carica sono anche responsabili di mediare e trasportare le vibrazioni reticolari del reticolo cristallino, legate alle variazioni di temperarura e
quindi all'eccitazione termica. Tra i migliori conduttori termici (ma pessimi conduttori elettrici) troviamo ad esempio il diamante che ha una conducibilità termica comunque inferiore
a quella del grafene.
Passando ora ad esaminare le proprietà meccaniche, è importante sottolineare che un
foglio di grafene si comporta in maniera simile ad un foglio di carta: quando proviamo a
tirarlo lungo il piano ore una notevole resistenza ma al tempo stesso è molto essibile su se
stesso.
Il grafene è estremamente essibile perchè è molto leggero: un singolo strato di grafene,
grande abbastanza da coprire un campo da calcio, peserebbe meno di 1g.
E' inoltre estremamente resistente: solitamente si quantica la resistenza di un materiale
in base alla sua capacità di riuscire a resistere agli sforzi meccanici. Si usa infatti il modulo
di Young o modulo di elasticità longitudinale che, per denizione, è dato dal rapporto tra lo
sforzo e la deformazione.
2.4 Struttura elettronica
Supponiamo di prendere in riferimento un materiale e di applicargli ai suoi capi una dierenza
di potenziale. In questo caso gli elettroni liberi di muoversi sfruttano tutta la loro energia
potenziale per aumentare la propria velocità e quantità di moto.
Se indichiamo con k la quantità di moto degli elettroni, l'energia cinetica di questi elettroni
sarà in generale una funzione di questa quantità [E(k).]
Per semplicare la trattazione, possiamo considerare che l'energia degli elettroni sia dotata
solo di componente cinetica:
E(k) =
k2
2m
Ne segue un andamento parabolico se tracciamo un graco in cui riportiamo l'energia vs
la quantità di moto. In realtà, nei graci sperimentali, si nota che in certe regioni E(k) si
discosta dall'andamento parabolico e ciò e dovuto sostanzialmente al fatto che i vari elettroni
possono interagire tra di loro oppure con il reticolo cristallino stesso.
12
E' interessante capire come si modica la curvatura del graco di E(k) nelle diverse regioni.
La curvatura dell'energia risulta essere proporzionale all'inverso della massa dell'elettrone:
∂ 2E
1
=
2
∂k
m
Se consideriamo l'elettrone libero, la sua massa è costante e pertanto ci si aspetta che
non ci sia una curvatura del graco. Ciò che ci aspettiamo in realtà non avviene: il fatto
che la curvatura del graco non sia costante non signica però che la massa dell'elettrone si
modica.
Quello che accade è invece che il moto dell'elettrone varia come se variasse il valore della
sua massa.
E' pertanto importante introdurre una nuova grandezza, che ci permette di descrivere le
interazioni fra gli elettroni e il reticolo cristallino del materiale in cui tali elettroni si muovono:
questa nuova grandezza è la massa ecace (m∗).
Tanto più è grande la massa ecace, tanto minore è la variazione della quantità di moto
dell'elettrone e viceversa.
Questo discorso chiarisce ora il fatto che nelle regioni energetiche in cui la curvatura di
E(k) è grande, la mobilità degli elettroni è limitata e la conducibilità del materiale sarà
inferiore.
Nel caso del grafene, le bande si toccano in una zona degenere, formata da sei singoli
punti, ovvero i vertici delle cosiddette zone di Brillouin.
Questi soli punti deniscono una zona che ha energia pari all'energia di Fermi e di
conseguenza il gap tra le due bande è nullo.
Il grafene è quindi un semimetallo o semiconduttore a gap di energia nullo.
In questa gura è riportata la struttura a bande del grafene. La supercie di Fermi
si riduce a sei punti k e k', dove la banda sovrastante e sottostante si uniscono. Attorno
all'energia di Fermi, le bande hanno forma conica. I portatori di carica che si muovono con
un'energia vicina a quella di Fermi si comporteranno come particelle non massive.
13
Capitolo 3
La relazione di dispersione nel grafene
La relazione di disperisone per gli elettroni presenti nel grafene è ottenuta dalla TIGHTBINDING APPROXIMATION, che fu sviluppata molto tempo prima dell'esistenza del grafene. Questo metodo è generalmente utilizzato per determinare la struttura elettronica e il
gap di banda di conduttori e semiconduttori.
La Tight Binding Approximation è così chiamata poichè approssima l'Hamiltoniana totale del sistema H ad un singolo orbitale atomico nello spazio di Hilbert ristretto. I vari orbitali atomici (che sono desritti da funzioni d'onda Ψn ) rappresentano le autofunzioni
dell'Hamiltoniana del singolo atomo (Hatomo ).
Questa approssimazione è possibile quando gli ioni del reticolo cristallino (che formano
un background di cariche positive) sono rarefatti, ossia gli atomi più vicini sono separati tra
loro da una distanza di gran lunga superiore al raggio di Bohr.
Il termine tight-binding signica strettamente legato.
Prendiamo ora un reticolo di Bravais e consideriamo solo la prima zona di Brillouien: la
relazione di dispersione per gli elettroni con energia E e vettore d'onda k , in prossimità degli
angoli della prima zona di Brillouien in un singolo strato esagonale, può essere scritta nel
seguente modo:
|E − Ec | = ~vF |k − kc |
(3.1)
dove il pedice c fa riferimento alla posizione dell'angolo scelto nello spazio k, vF rappresenta
invece la velocità caratteristica degli elettroni, che nel caso del grafene è proprio la velocità
di Fermi.
E' possibile ora riscrivere la (3.1) denendo l'energia e il momento relativo alle grandezze
Ec e kc :
E = ±~vF |k|
(3.2)
Un primo aspetto da sottolineare osservando la (3.2) è che tale relazione di dispersione
dipende dal vettore d'onda ed esattamente solo dal suo modulo. Pertanto la direzionalità del
vettore d'onda non subentra in tale relazione.
Nello spazio energia-momento questa equazione rappresenta inoltre un insieme di stati
che formano le superci di una coppia di coni. Il cono superiore rappresenta gli stati ad
energia positiva, mentre il cono inferiore rappresenta quelli ad energia negativa. Poichè i
coni si toccano ai loro apici, gli elettroni sono senza gap di energia.
Soermiamo ancora la nostra attenzione sulla (3.2). Questa equazione non è così semplice
come può apparire a prima vista. E' spesso considerata una relazione lineare tra energia e
14
vettore d'onda, ma in realtà il modulo del vettore d'onda non è strettamente una funzione
lineare nelle sue componenti (kx , ky , kz ):
|k| =
q
kx2 + ky2 + kz2
(3.3)
Associando adesso a k l'usuale operatore dierenziale (gradiente) e facendo agire la (3.2)
su una generica funzione d'onda Ψ si ottiene:
s
EΨ = ±~vF
−
∂2
∂2
∂2
−
−
Ψ
∂x2 ∂y 2 ∂z 2
(3.4)
Come si evince dalla (3.4) il problema che nasce spontaneo è quello di prendere la radice
quadrata dell'operatore Laplaciano.
E' possibile procedere nel seguente modo.
Partiamo dalla denizione pitagorica generale:
k 2 = kx2 + ky2 + kz2
(3.5)
Poichè il nostro intento è quello di sostituire gli operatori dierenziali alle varie componenti
di k, è una procedura vantaggiosa riuscire a scrivere l'ampiezza del vettore d'onda come una
funzione lineare delle sue componenti.
In prima battuta, è possibile scrivere |k| in questo modo:
|k| = k = σx kx + σy ky + σz kz
(3.6)
Elevando al quadrato tale relazione (3.6) e uguagliandola alla (3.5), si ottengono le seguenti
condizioni:
σx2 = σy2 = σz2 = 1
(3.7)
σx σy + σy σx = 0
(3.8)
e cicliche.
Queste condizioni sono chiaramente soddisfatte dalle matrici di Pauli, che sono inevitabilmente collegate allo spin dell'elettrone.
Se inoltre adesso riscriviamo il membro di destra della (3.2) con la forma spinoriale data
dall'equazione (3.6) otteniamo un'espressione per l'Hamiltoniana del grafene:
H = −i~vF σ. ∇
(3.9)
Tale espressione per l'Hamiltoniana è alla base dell'analisi del paradosso di Klein nel
grafene.
Una semplicazione utile di questa equazione è possibile in una sola dimensione, che ci
permette di esplorare gli aspetti essenziali del paradosso di Klein senza la necessità degli
spinori di Dirac.
15
3.1 Dirac-like quasiparticles in graphene
Le particelle presenti nelle bande del grafene non obbediscono più alla Meccanica Quantistica ordinaria, ma appartengono ad una particolare categoria delle particelle quantistiche
relativistiche: i fermioni di massa nulla, rientrando così nella classe dei materiali di Dirac.
Queste particelle si manifestano come eccitazioni a bassa energia dello spettro e sono
conseguenza delle simmetrie presenti nella struttura.
Abbiamo visto come il grafene si presenti come un materiale in due dimensioni in quanto
si tratta di uno strato di atomi di carbonio formato da strutture esagonali dello spessore
di 4 nm. Dal punto di vista delle sue proprietà elettroniche, il grafene è un semi-conduttore
bidimensionale, con un gap di energia pari a zero e con uno spettro così fatto:
ˆ
Nella prima immagine (a) sono mostrati dei diagrammi schematici dello spettro delle
quasi-particelle in un singolo strato di grafene. Lo spettro è lineare a basse energie di
Fermi (> 1 eV ).
ˆ
L'immagine (b) invece mostra la barriera di potenziale di altezza V0 e larghezza D e i tre
diagrammi in (a) mostrano le varie posizioni dell'energia di Fermi E in corrispondenza
delle varie zone della barriera.
ˆ
Inne, la terza immagine (c) rappresenta lo spettro a basse energie per le quasi particelle
nel grafene. Si può notare che lo spettro è isotropico e che ha forma parabolica.
Le quasi-particelle a bassa energia sono dunque descritte dall'Hamiltoniana:
H = −i~vF σ. ∇
Se si trascurano gli eetti di interazione a molti corpi, questa descrizione è teoricamente
accurata e può essere inoltre provata sperimentalmente nel grafene da misure di energia di
massa oppure anche da considerazioni su fenomeni sici come l'eetto Hall quantistico.
16
Abbiamo in precedenza visto che le quasi-particelle nel grafene hanno una relazione di
dispersione lineare E = ~kvF .
A questo punto è importante sottolineare che, facendo riferimento proprio allo spettro
lineare, ci si aspetta che le quasi-particelle del grafene si comportino in maniera dierente da
quelle presenti nei metalli e nei semiconduttori tipici, in cui lo spettro di energia può essere
approssimato da una relazione di dispersione parabolica, come per gli elettroni liberi.
Nella materia elettroni e buche si comportano in genere diversamente.
Nel grafene si ha una perfetta simmetria, rispettando la regola della simmetria di coniugazione di carica.*
Le quasi-particelle del grafene sono descritte da funzioni d'onda di due componenti e tale
descrizione è davvero molto simile a quella delle funzioni d'onda spinoriali in QED, ma con la
dierenza che l'indice di spin per il grafene indica il sottoreticolo a cui ci si riferisce piuttosto
che lo spin reale degli elettroni.
In altre parole, la funzione d'onda di spinore in QED è rimpiazzata dallo pseudospin che
ne identica il sottoreticolo corrispondente (A o B).
Ci sono ulteriori analogie con la QED. Ad esempio, è possibile brevemente accennare
che gli elettroni e le lacune appartenenti alla stessa branca hanno pseudospin σ che punta
nella stessa direzione: esattamente esso è parallelo al momento nel caso degli elettroni e
antiparallelo nel caso delle lacune.
Questo permette di introdurre un'ulteriore proprietà di simmetria per elettroni e lacune.
Tale proprietà in inglese è chiamata chirality (chiralità o elicità) ed è formalmente una
proiezione dello pseudospin nella direzione del moto: è positiva per gli elettroni e negativa
per le lacune.
1
1 *L'operazione
di coniugazione di carica inverte la carica elettrica di una particella. Ad esempio, se applichiamo l'operazione
di coniugazione di carica ad un elettrone (carica elettrica -1) otteniamo una particella che ha la stessa massa dell'elettrone ma
carica elettrica opposta (+1), ovvero la sua antiparticella. Una particella di questo tipo esiste e si chiama positrone.
17
Capitolo 4
Il Paradosso di Klein nel grafene
4.1 Caso unidimensionale
Il caso unidimensionale può essere trattato con l'aiuto di un paio di equazioni d'onda del
primo ordine. Riprendiamo l'equazione:
s
EΨ = ±~vF
−
∂2
∂2
∂2
−
−
Ψ
∂x2 ∂y 2 ∂z 2
(4.1)
e poniamo le derivate parziali spaziali rispetto a y e z uguali a zero, in quanto stiamo
trattando un caso unidimensionale e stiamo assumendo che la particella si muova lungo l'asse
delle x. Si ottiene:
r
EΨ = ±~vF
∂2
Ψ
∂x2
(4.2)
∂Ψ
∂x
(4.3)
−
e adesso svolgendo la radice,
EΨ = ±i~vF
Queste sono appunto due equazioni dierenziali del primo ordine con funzioni d'onda scalari. Mostreremo in seguito come tale equazione è il limite del più generale caso 2-dimensionale,
che richiede delle funzioni d'onda a più componenti.
Consideriamo ora l'equazione (4.3) e eleviamo entrambi i membri al quadrato prima di
operare sulla funzione d'onda. Il vantaggio è quello di ottenere una singola equazione differenziale del secondo ordine che elimina la necessità di prendere la radice quadrata degli
operatori dierenziali.
Nel caso non massivo, si riottiene l'equazione delle onde, che è presente sia nella sica classica sia nella meccanica quantistica, mentre per le particelle massive il risultato è l'equazione
di Klein-Gordon.
In assenza di un potenziale, la singola equazione del secondo ordine è equivalente alle due
equazioni del primo ordine. Tale equivalenza è sottolineata se scriviamo:
2
(E +
~2 vF2
∂2
∂
∂
) Ψ = (E − i~vF ) (E + i~vF ) Ψ = 0
2
∂x
∂x
∂x
(4.4)
E' da notare che i due operatori messi tra parentesi commutano tra loro e così possiamo
scriverli in ordine invertito senza cambiare il risultato. Con l'ordine appena scritto, la soluzione è ottenuta mettendo a zero l'ultimo fattore in parentesi. Questa procedura è equivalente
a scegliere il segno ” − ” nella (4.3).
18
Nel caso massivo senza un potenziale, l'equazione relativistica di Dirac per un singolo
elettrone è equivalente all'equazione di Klein-Gordon. Solamente quando i potenziali sono
inclusi, ci sono dierenze nelle soluzioni. Ad esempio, la caratteristica di spin dell'elettrone
compare quando si aggiunge un campo magnetico. Senza i potenziali, gli eetti di spin
rimangono nascosti.
Le due soluzioni delle due equazioni in (4.3) indicano rispettivamente delle onde che si
propagano verso destra o verso sinistra. Infatti, la soluzione con il segno ” + ” al membro
di destra la indicheremo con ΨR (onda che si propaga verso destra) e la soluzione con segno
” − ” la indicheremo con ΨL (onda che si propaga verso sinistra).
Inoltre l'equazione (4.4) mostra come tali onde siano distinte.
L'equivalenza tra la (4.3) e la (4.4) scompare in presenza di potenziali non omogenei.
Per vedere tale dierenza, è possibile notare che se esiste un potenziale unidimensionale
V (x), che non è omogeneo nella direzione del moto degli elettroni (asse x), allora l'equazione
(4.3) può essere facilmente generalizzata e scritta nella seguente forma:
(E − V (x))Ψ = ±i~vF
∂Ψ
∂x
(4.5)
e sempre per questo caso unidimensionale con potenziale non omogeneo, l'equazione (4.4)
diventa:
2
2
2 2 ∂
(E − V (x)) + ~ vF 2 Ψ = 0
∂x
(4.6)
In questo caso l'equazione appena scritta (4.6) non può essere più fattorizzata in due parti
dell'equazione (4.5). L'equazione può essere comunque scritta nella forma:
(E − V (x) − i~vF
∂
∂
∂V (x)
) (E − V (x) + i~vF ) Ψ = i~vF
Ψ
∂x
∂x
∂x
(4.7)
Le equazioni (4.5) e (4.6) non sono equivalenti. Entrambe rappresentano però particelle
massive: la (4.5) rappresenta i fermioni e la (4.6) rappresenta i bosoni.
Il caso dei bosoni va oltre lo scopo della nostra trattazione.
4.2 Soluzioni del caso unidimensionale
Ora esaminiamo le soluzioni dell'equazione (4.5). Abbiamo due onde indipendenti ΨR e ΨL .
La funzione d'onda ΨR soddisfa la condizione:
(E − V (x) − i~vF
∂
) ΨR = 0
∂x
(4.8)
tale equazione può essere integrata e otteniamo come soluzione:
ΨR = ΨR (0) eiα
(4.9)
dove
ˆx
(E − V (x))dx/~vF
α(x) =
(4.10)
0
In maniera analoga, il risultato per l'onda che si propaga verso sinistra è dato da:
ΨL = ΨL (0) e−iα
19
(4.11)
Questo risultato sembra banale. Esso implica che se noi abbiamo inizialmente un'onda
che si propaga verso destra (ΨR (0)), ci sarà un'onda che si propagherà ancora verso destra
ΨR indipendentemente dalla forma e dalle dimensioni del potenziale.
In virtù di questo non c'è riessione, sebbene ci sia rifrazione, nel senso che il numero
d'onda k = ∂α
cambia.
∂x
Questa completa mancanza di un'onda riessa costituisce perfettamente il paradosso di
Klein.
Comunque il risultato non è banale come appare inizialmente, poichè è possibile che una
particella con energia data E possa entrare nella regione dove il potenziale V è più alto di
E. In questo caso, il numero d'onda cambia segno e il momento delle particelle si inverte,
mentre la velocità di gruppo dω/dk (che vale sempre vF nel nostro caso) è indipendente dal
potenziale. Quindi la particella rimane sulla branca di propagazione verso destra anche se è
ora nella branca più bassa (B).
Ne segue che la particella che si propaga verso destra non eccita lo stato di propagazione
verso sinistra quando entra nel potenziale.
4.3 Caso bidimensionale
In due dimensioni non c'è un modo semplicato di trattare il problema e quindi non è
possibile evitare la trattazione seguita da Dirac e la sua brillante manovra di prendere la
radice quadrata dell'operatore laplaciano.
Riprendiamo l'espressione
|k| = k = σx kx + σy ky + σz kz
(4.12)
che in due dimensioni si scrive:
|k| = k = σx kx + σy ky
(4.13)
e riprendiamo anche l'espressione:
s
EΨ = ~vF
−
∂2
∂2
∂2
−
−
Ψ
∂x2 ∂y 2 ∂z 2
(4.14)
che in due dimensioni si scrive:
s
EΨ = ~vF
−
∂2
∂2
−
Ψ
∂x2 ∂y 2
(4.15)
Sostituendo adesso in tale relazione la forma spinoriale per il modulo di k si ha:
s
EΨ = ~vF
−
∂2
∂2
∂
∂
−
Ψ = −i~vF (σx
+ σy ) Ψ
2
2
∂x
∂y
∂x
∂y
(4.16)
Nella (4.16) la forma delle matrici di Pauli implica che la funzione d'onda necessita di
due componenti per descriverla. E' possibile rappresentare la funzione d'onda con un vettore
colonna con componenti X e Y .
Con l'aggiunta di un potenziale che dipende solo da x, la (4.16) si può scrivere così:
(E − V (x)) X = −i~vF (
e viceversa:
20
∂
+ q) Y
∂x
(4.17)
(E − V (x)) Y = −i~vF (
∂
− q) X
∂x
(4.18)
Per un potenziale uniforme con soluzioni d'onda piane, le due soluzioni delle equazioni
(4.17) e (4.18) sono date da:
Y = ±X eiΦ
(4.19)
dove abbiamo posto Φ = q/k e k 2 = (E − V )2 − q 2 .
Nel limite unidimensionale, quando q tende a zero, le equazioni (4.17) e (4.18) possono
essere scritte in termini del solo angolo di fase α come:
Y = −i
e
∂X
∂α
(4.20)
∂Y
∂α
(4.21)
X = −i
Queste due equazioni possono essere combinate per dare:
∂2
∂
∂
+ 1) X = (
− i) (
+ i) X = 0
2
∂α
∂α
∂α
con un'indentica equazione per Y.
(
Tale risultato riconduce alla coppia di funzioni d'onda di propagazione verso destra e sinistra non accoppiate già trovate in precedenza e giustica l'analisi semplicata (non-spinoriale)
fatta in una sola dimensione.
Combinando ora le equazioni (4.17) e (4.18) si arriva a:
∂
∂
∂β
− 1) (
+ 1) X = (
+ β 2) X
(4.22)
∂α
∂α
∂α
dove β = ~qvF /(E − V (x)) indica l'accoppiamento tra le soluzioni delle onde che si
(
propagano verso destra e quelle verso sinistra.
Calcoliamo ora il coeciente di riessione per un gradino di potenziale che vale zero per
x < 0 e vale una certa costante V = V0 per x ≥ 0.
Assumendo inoltre che per x < 0 c'è un'onda incidente con numero d'onda k e un'onda
riessa con numero d'onda −k e che per x > 0 c'è un'onda trasmessa con numero d'onda l,
allora la condizione per la continuità di X è:
1+r =t
(4.23)
dove r e t sono rispettivamente le relative ampiezze delle onde riesse e trasmesse.
La corrispondente relazione per la continuità di Y è data da:
eiΦ − r e−iΦ = t eiθ
(4.24)
dove tg(θ) = q/l.
Φ rappresenta l'angolo di incidenza della particella sul gradino di potenziale.
Poichè il coeciente di riessione R è denito come R = |r|2 si otterrà:
R=
1 − cos(Φ − θ)
1 + cos(Φ + θ)
con θ < π/2.
21
(4.25)
Per Φ = 0 e θ = 0 il risultato unidimensionale è recuperato e in questo caso R = 0 per
ogni valore del potenziale V0 . Quindi T=1, ovvero abbiamo trasmissione totale.
Non appena Φ inizia ad aumentare, R aumenta no a quando Φ non raggiunge il valore
π/2.
ˆ
Per il caso V0 < E , ciò accade quando sin(Φ) = 1 − V0 /E , al quale punto R raggiunge
l'unità (R = 1).
Per angoli di incidenza più grandi dell'angolo critico, R rimane ssato al valore 1 e l'onda
trasmessa decade esponenzialmente.
ˆ
Per valori di E < V0 < 2E l'angolo critico si ottiene quando sen(Φ) =
ˆ
Per volori di V0 >> E , l'equazione (4.25) si riduce a:
R=
V0
E
− 1.
1 − cos(Φ)
1 + cos(Φ)
Inoltre, nel limite di potenziali inniti, l'equazione appena scritta inplica che la riessione è
solamente parziale e che è presente il Klein tunneling.
4.4 Potenziali lisci
Lo studio della trasmissione e della riessione delle particelle su gradini di potenziale è un
problema standard nell'introduzione alla meccanica quantistica. I casi che vengono però di
solito studiati sono altamente idealizzati: nella realtà sica ad esempio non si hanno dei
perfetti potenziali a forma di gradino, ma occorre considerare più in generale dei potenziali
realistici.
I potenziali lisci, ad esempio, sono più realistici dei gradini discontinui di potenziale e ci
permettono inoltre di esaminare il problema senza dover ricorrere alle condizioni al contorno
sui punti di discontinuità, che spesso conducono a risultati ambigui.
I potenziali lisci e non omogenei vengono studiati di solito usando metodi numerici per
integrare le equazioni dierenziali di riferimento.
Dallo studio del Klein tunneling nel grafene tramite l'utilizzo di metodi analitici, si è trovato che i potenziali lisci generalmente assumono un'appropriata forma di tangente iperbolica,
così fatta:
V0
{tanh [(x + L/2)/W1 ] − tanh [(x − L/2)/W2 )]}
(4.26)
2
dove V0 è una costante e corrisponde al valore massimo del potenziale, L è la larghezza della
barriera e W1 e W2 sono rispettivamente i punti di salita e discesa della barriera, ovvero i
V (x) =
valori in corrispondenza dei punti di discontinuità.
22
Nella precedente gura è mostrato come varia il coeciente di trasmissione T in funzione
dell'angolo di incidenza per uno scattering bidimensionale nel grafene.
La curva tratteggiata rappresenta la barriera di potenziale (quadrata) con V0 /E = 225/80
e L = 2.
La curva continua rappresenta i valori ottenuti dal potenziale liscio con la stessa ampiezza
e la stessa larghezza della barriera ideale e con W1 = 0.05 e W2 = 0.06.
Un altro graco interessante è il seguente:
E' una situazione simile al caso precedente in cui cambiano solo i valori di W1 e W2
(W1 = 0.005 e W2 = 0.2).
Questo è inoltre un esempio tipico di barriera asimmetrica e il risultato è una maggiore
discrepanza tra il caso di barriera ideale e di barriera liscia.
23
Capitolo 5
Un'altra formulazione del paradosso di
Klein nel grafene
5.1 Singolo strato di grafene
Poichè le quasi-particelle presenti nel grafene imitano in maniera accurata i fermioni di Dirac descritti in QED, questo sistema di materia condensata ci permette di eettuare un
esperimento di tunnelling simile a quello analizzato da Klein.
Consideriamo, infatti, la solita barriera di potenziale avente una forma rettangolare:
V (x) = V0
se 0 < x < D
V (x) = 0
(5.1)
altrimenti
Per semplicità assumiamo che si tratti di una barriera di potenziale ideale, ovvero con i
bordi rigidi.
Una barriera di questo tipo può essere creata tramite l'utilizzo di un campo elettrico,
usando un sottile isolante, oppurre mediante un drogaggio chimico locale del materiale in
questione.
E' soprattutto importante tener presente che poichè i fermioni di Dirac nel grafene sono
privi di massa, non abbiamo una richiesta teorica minima sul valore che il campo elettrico
ε deve assumere per formare i positroni sotto la barriera. La barriera di potenziale, infatti,
inverte i portatori di carica presenti sotto di essa, creando così dei buchi (lacune) che
giocano il ruolo di positroni.
Per creare una barriera ben denita in campioni realistici di grafene sono sucienti anche
campi elettrici di ε ≈ 105 V cm−1 , che sono usati generalmente negli esperimenti. Tali campi
elettrici risultano essere però circa 11 ordini di grandezza più bassi di quelli che sono utilizzati
e necessari per osservare il Klein tunneling nel caso delle particelle elementari (massive).
Risolviamo quindi il caso dato dalla (5.1). Assumiamo che l'onda dell'elettrone incidente
si propaghi lungo una certa direzione che forma un angolo Φ rispetto all'asse delle x.
Le componenti degli spinori di Dirac Ψ1 e Ψ2 per l'hamiltoniana H = H0 + V (x) hanno la
seguente forma:
24
dove kF = 2π/λ è il vettore d'onda di Fermi, kx = kF cosΦ e ky = kF sinΦ sono le
componenti del vettore d'onda fuori dalla barriera.
q
Inoltre, qx = (E − V0 )2 /~2 vF2 − ky2 e θ = tan−1 (ky /qx ) è l'angolo ri riessione.
s = sign(E) e s0 = sign(E − V0 ).
A questo punto richiedendo la continuità delle varie funzioni d'onda, è possibile trovare
un'espressione per il coeciente di riessione così fatta:
r = 2ieiΦ sin(qx D) ×
sinΦ − ss0 sinθ
ss0 [e−iqX D cos(θ + Φ) + eiqx D cos(Φ − θ)] − 2i sin(qx D)
(5.2)
La precedente immagine mostra un esempio di dipendenza angolare della probabilità di
trasmissione T = |t|2 = 1 − |r|2 , calcolato usando la (5.2).
Si nota quindi come la probabilità di trasmissione attraverso la barriera sia una funzione
dell'angolo di incidenza.
25
Nel limite dell'altezza della barriera |V0 | >> |E|, l'espressione per T può essere semplicata:
T =
cos2 Φ
1 − cos2 (qx D) sen2 Φ
(5.3)
Le equazioni (5.2) e (5.3) aermano che sotto le condizioni di risonanza qx D = πN, con
N = 0, ±1, ±2, .... la barriera diventa trasparente (T=1).
In maniera più signicativa, la barriera rimane sempre perfettamente trasparente per
angoli stretti rispetto alla direzione di incidenza (Φ = 0). Questo tunneling perfetto può
essere compreso in termini della conservazione dello pseudospin.
5.2 Doppio strato di grafene
Ora estendiamo tale analisi al caso 2-dimensionale. Ci sono delle dierenze fondamentali
rispetto al caso precedente. Ad esempio, i portatori di carica nel doppio strato di grafene
hanno uno spettro di energia parabolico e questo signica che essi sono quasi-particelle massive con una nita densità di stati aventi energia zero, in maniera simile ai tipici elettroni
non relativistici.
Dall'altro lato, queste quasi-particelle sono anche chirali e descritte da funzioni d'onda
spinoriali.
Sebbene i fermioni chirali massivi non esistono in teoria dei campi, la loro esistenza
in sica della materia condensata ore un'opportunità unica di chiarire l'importanza della
chirality nel problema relativistico di tunneling descritto dal paradosso di Klein.
I portatori di carica nel grafene bilineare sono descritti da un'hamiltoniana non diagonale:
~2
H0 = −
2m
0
(kx − iky )2
2
(kx + iky )
0
(5.4)
Un'importante e formale dierenza tra i problemi di tunneling per il singolo strato di
grafene e per il doppio strato è quello che nel secondo caso (bidimensionale) ci sono quattro
possibili soluzioni per una data energia E = ±~2 kF2 /2m. Due di queste corrispondono alle
onde che si propagano e due a quelle che tornano indietro.
Per trovare il coeciente di riessione e di trasmissione attraverso la barriera, dobbiamo
porre d1 = 0 per x < 0, b3 = c3 = 0 per x > D e bisogna richiedere che siano soddisfatte le
condizioni di raccordo per la continuità delle funzioni d'onda e delle loro derivate.
26
Per il caso di un fascio di elettroni incidente perpendicolarmente (Φ = 0) e per basse
barriere , si ottiene Ψ1 = −Ψ2 sia dentro che fuori la barriera.
Il comportamento più interessante è trovato per V0 > E, dove gli elettroni fuori dalla
barriera si trasformano in lacune all'interno di essa.
Un esempio di dipendenza angolare del coeciente di trasmissione T nel grafene bilineare
è rappresentato nella gura corrispondente:
Ci sono nuovamente delle condizioni di risonanza di trasmissione sotto alcuni angoli di
incidenza, dove T tende all'unità. Mentre prima si aveva una perfetta trasmissione in corrispondenza della direzione normale di propagazione (Φ = 0), ora abbiamo un risultato
opposto, ovvero i fermioni chirali massivi sono perfettamente riessi all'angolo Φ = 0.
Analizzando questo caso in maggior dettaglio si trova una soluzione analitica per i coeciente di trasmissione:
t=
(k2 + ik1
4ik1 k2
− (k2 − ik1 )2 ek2 D
)2 e−k2 D
(5.5)
dove gli indici 1 e 2 indicano rispettivamente le regioni al di fuori e internamente alla
barriera.
Nell'approssimazione di V0 >> E, la soluzione analitica diventa:
T =
E
sin2 (2Φ)
V0
(5.6)
che restituisce T=0 per Φ = 0. Questo risultato è in ovvio contrasto con il caso del grafene unidimensionale, dove gli elettroni incidenti perpendicolarmente (normalmente) erano
perfettamente trasmessi.
La perfetta riessione può essere vista come un'altra incarnazione del paradosso di Klein
e l'eetto è nuovamente dovuto alla simmetria di coniugazione di carica, ovvero i fermioni nel singolo e doppio strato di grafene mostrano chiralità che possono essere associate
rispettivamente a spin 1/2 ed 1.
27
Commenti
Per completezza, confrontiamo i risultati ottenuti con quelli che si ricavano nel caso di normali
elettroni. Se la barriera di potenziale non contiene stati elettronici, la dierenza è ovvia:
la probabilità di trasmissione in questo caso decade esponenzialmente con l'aumento della
larghezza e dell'altezza della barriera. Comunque i sistemi di grafene sono privi di gap di
energia e così è più opportuno confrontarli con i semiconduttori privi di gap e con portatori
di carica non-chirali.
In questo caso si trova:
t=
(qx + kx
4kx qx
− (qx − kx )2 eiqx D
)2 e−iqx D
dove kx e qx sono le componenti x del vettore d'onda rispettivamente fuori e dentro la
barriera.
Nuovamente, in maniera simile al caso di singolo o doppio strato di grafene, ci sono delle
condizioni di risonanza: qx D = 0, ±1..... alle quali la barriera risulta essere perfettamente
trasparente.
Per il caso della direzione normale di incidenza (Φ = 0), il coeciente di trasmissione è
una funzione oscillante e varia tra 0 ed 1. Questo è in contrasto con quanto accadeva con il
singolo strato di grafene dove T assumeva sempre valore 1 e con il doppio strato di grafene,
in cui T=0 per barriere sucientemente alte D > λ.
Ciò chiarisce come la sostanziale dierenza sia dovuta essenzialmente alla dierente chiralità oppure allo pseudospin delle quasi-particelle coinvolte.
28
29
Appendice
1-L'equazione di Dirac
Introduzione
Data una particella di massa a riposo m, è sempre possibile denire una lunghezza d'onda
associata a tale particella, detta lunghezza d'onda Compton, nel seguente modo:
λ=
~
mc
(5.7)
Se consideriamo il caso dell'elettrone si ottiene una lunghezza d'onda Compton di 3.8· 10−11 cm.
Supponiamo di voler studiare una particella con risoluzione pari alla sua lunghezza Compton. Allora le energie in gioco necessarie possono essere stimate in virtù del principio di
indeterminazione di Heisemberg.
Si ottiene che ∆p v ~/λ v mc e che l'energia necessaria è quindi ∆E v pc v mc2 poichè
si è nel caso relativistico.
E' possibile notare come l'energia necesaria a studiare la particella può produrne altre
convertendo massa ed energia: in questo modo non si avrebbe più un sistema di una sola
particella.
Ne segue così che la meccanica quantistica (basata sull'equazione di Schrodinger) non
sia adatta a desrivere i sistemi relativistici, in quanto non si hanno più sistemi ad una sola
particella. In aggiunta, l'equazione di Schrodinger non è covariante per le trasformazioni di
Lorentz.
Se si vuole così tentare di conciliare tra loro relatività ristretta e meccanica quantistica si
dovranno fare considerazioni aggiuntive e si dovranno mantenere le caratteristiche essenziali
di questa due teorie.
Per quanto riguarda la relatività si vogliono mantenere soprattutto la covarianza delle
equazioni sotto trasformazioni di Lorentz e la causalità.
Dalla meccanica quantistica, invece, si vuole mantenere l'approccio utilizzato nel caso non
relativistico per ottenere l'equazione di Schrodinger.
Infatti, in meccanica quantistica non relativistica, l'equazione di Schrodinger si ottiene
partendo dall'espressione classica dell'energia
E=
p2
+V
2m
(5.8)
unito al principio di corrispondenza:
E → i~
d
dt
(5.9)
d
dx
(5.10)
p → −i~
30
L'idea di fondo adesso è a di procedere in maniera analoga anche in meccanica quantistica relativistica, con la dierenza che ora partiremo dall'equazione relativistica dell'energia,
anzichè da quella classica.
Otterremo così l'equazione di Klein-Gordon, che avrà pregi ma anche vari limiti che
saranno poi in parte superati da Dirac.
L'equazione di Klein-Gordon
Partiamo dall'equazione relativistica dell'energia:
E 2 = p2 c2 + m2 c4
e facciamo agire tale relazione su una generica funzione d'onda Ψ .
E 2 Ψ = (p2 c2 + m2 c4 )Ψ
Applichiamo ora il principio di corrispondenza:
2∂
−~
2
Ψ
= −~2 c2 ∇2 Ψ + m2 c4 Ψ
2
∂t
(5.11)
Per semplicare la notazione utilizziamo le unità naturali per cui c = ~ = 1.
Riscrivendo in unità naturali tale relazione si ha:
∂ 2Ψ
= −∇2 Ψ + m2 Ψ
∂t2
(5.12)
∂ 2Ψ
− ∇2 Ψ = −mc2
∂t2
(5.13)
( + m2 )Ψ = 0
(5.14)
−
che può essere riscritta:
e ancora:
Questa equazione appena ottenuta è detta equazione di Klein-Gordon ed è a prima vista
coveriante in quanto sia il D'Alambertiano sia la massa a riposo sono invarianti di Lorentz.
Inoltre, se si considera un corpo con massa nulla si ottiene Ψ = 0 che è l'equazione che
soddisfano le onde elettromagnetiche o anche i potenziali scalare, vettore e i campi elettrici
e magnetici nel vuoto.
Questa equazione ha quindi la buona proprietà di conservare la covarianza, anche se ci
sono dei problemi: il primo è che l'equazione di K-G non permette di denire una densità
di probabilità conservata durante l'evoluzione temporale (e ciò perchè tale equazione non
permette di denire una norma non negativa) e il secondo è che si è partiti da un'equazione
quadratica nell'energia per cui sono possibili anche soluzioni a energia negativa che rendono
istabile qualsiasi sistema sico.
p
Si sarebbe però potuti partire dall'equazione E = p2 + m2 ma in questo caso si sarebbe
persa la covarianza.
Equazione di Dirac
Dal principio di corrispondenza un termine ∝ E 2 porta un termine ∝ ∂ 2 /∂t2 mentre ρ ∝ ∂/∂t.
Così l'idea di Dirac fu quella di scrivere una versione dell'equazione di K-G che contenesse
solamente derivate prime rispetto al tempo e derivate prime rispetto alle cordinate.
Ovvero tentiamo un'equazione della forma:
31
∂Ψ
∂Ψ
∂Ψ
∂Ψ
i~
= −i~c α1
+ α2
+ α3
+ βmc2 Ψ ≡ HΨ
∂t
∂x1
∂x2
∂x3
(5.15)
dove α1 , α2 , α3 , β sono coecienti arbitrari e poichè l'equazione è relativistica nella (5.15)
si è inclusa anche l'energia a riposo.
Se ora eleviamo al quadrato la (5.15) per ottenere una sorta di equazione di K-G si vede
che compaiono termini che nell'equazione originale di K-G non c'erano.
Si possono inoltre ordinare i termini nel seguente modo:
∂ 2Ψ
−~2 2 = ~2 c2
∂t
3
X
αi αj + αj αi ∂ 2 Ψ
2
∂xi ∂xj
i,j=1
!
3
+ β 2 m2 c4 Ψ +
~c3 m X
∂Ψ
(αi β + βαi )
Ψ (5.16)
i i=1
∂xj
L'equazione ottenuta risulta essere complicata e presenta troppi termini aggiuntivi.
Se adesso voglimo che tale equazione sia compatibile con la forma E 2 = p2 +m2 i coecienti
αi e β dovranno soddisfare determinate condizioni.
Inoltre non devono comparire i termini che contengono le derivate parziali miste e i termini
che hanno derivate spaziali e massa. Inne, bisogna anche richiedere che i coecienti presenti
davanti alle derivate seconde devono valere 1.
Da tali considerazioni le condizioni che si trovano sono le seguenti:
αi β + βαi = 0
β 2 = αi2
i = 1, 2, 3
αi αk + αk αi = 0 i 6= k
Da queste condizioni si capisce come αi e β non possono essere numeri, ma devono essere
delle matrici hermitiane che coincidono con la loro inversa. La richiesta di matrici hermitiane
è dovuta al fatto che queste hanno autovalori reali. Così queste due richieste ssano gli
autovalori di queste matrici ad assumere solamente due possibili valori: ±1.
Si possono, in aggiunta, fare anche delle considerazioni sulla traccia: le matrici αi devono
avere traccia nulla e devono avere ordine pari: se le matici, infatti, hanno ordine dispari
non possono avere traccia nulla poichè i loro autovalori possono assumere solo valori ±1 e la
traccia di una matrice è la somma dei suoi autovalori.
Proviamo inizialmente con delle matrici di ordine 2: stiamo cercando 4 matrici hermitiane
a traccia nulla con autovalori ±1. Sicuramente le matrici di Pauli soddisfano queste caratteristiche ma sono soltanto tre e invece ne servono 4. A questo punto si procede con l'utilizzo
di matrici di ordine 4 e così si riescono a trovare 4 matrici che soddisfano i criteri richiesti:
per essere precisi, in questo caso la scelta non è nemmeno unica.
La scelta fatta da Dirac è la seguente:
α=
0 σi
σi 0
dove σ
le matrici di Pauli:
i sono σ1 =
0 1
1 0
σ2 =
0 −i
i 0
β=
σ3 =
I2 0
0 −I2
1 0
0 −1
Poichè le αi e le β sono matici 4 X 4, la funzione d'onda Ψ della (5.15) deve essere un
oggetto a 4 componenti, altrimenti il prodotto matriciale riga per colonna non avrebbe senso.
32
L'equazione (5.15) assume così la forma :
4
2
4
X
X
∂Ψγ
∂Ψτ X 2
i~
= −i~c
αiγτ
+
mc βγτ Ψτ =
Hγτ Ψτ
∂t
∂xi
τ =1
τ =1
τ =1
(5.17)
dove γ numera le righe e τ le colonne delle matrici di Pauli. Pertanto γ, τ = 0, 1, 2, 3.
L'indice i, sommato da uno a tre, numera invece le tre diverse matrici di Pauli.
E' possibile ora scrivere questa relazione in maniera diversa ponendo:
0
β=γ =
γi = βσi =
I2 0
0 −I2
0 σi
−σi 0
Indichiamo queste matrici con γ ν , con ν = 0, 1, 2, 3.
Così l'equazione precedente si scrive:
∂
∂
− mβ Ψ = 0
i + iαi
∂t
∂xi
(5.18)
Moltiplicando tutti i termini per β e ricordando che β = γ 0 , βαi = γ i e che β 2 = 1,si
ottiene:
0 ∂
i ∂
iγ
− iγ
− mI4 Ψ = 0
∂t
∂xi
(5.19)
Il prodotto di matrici per derivate si presenta nella forma relativistica per cui posso scrivere
in modo più compatto:
(iγ µ ∂µ − m) Ψ = 0
(5.20)
Questa equazione appena scritta è l'equazione di Dirac. La funzione d'onda che compare
in questa relazione è un oggetto non scalare, ossia è dotato di spin e pertanto non è invariante
per trasformazione di Lorentz.
L'equazione di Klein-Gordon descrive invece oggetti scalari, ovvero aventi spin zero, come
i fotoni. Anche l'equazione di Schrodinger non tiene conto dello spin delle particelle.
In generale, l'equazione di Dirac permette di denire una densità di probabilità denita
positiva (così da superare uno dei due problemi), ma il problema delle soluzione ad energia
negativa resterà.
2- Fermioni di Dirac
Nel 1928 Dirac pubblicò un'equazione d'onda che descriveva in forma covariante il moto
relativistico degli elettroni.
L'obiettivo di Dirac era quello di superare i problemi che si incontravano con l'equazione
di Klein-Gordon, che è l'estensione relativistica più semplice dell'equazione di Schrodinger.
Nel fare questo, Dirac riuscì a ripristinare la positività della densità di probabilità, ma
rimaneva il problema dovuto alla possibilità di esistenza di soluzioni ad energia negativa.
Tale problema lo portò ad ipotizzare l'esistenza di un mare di particelle: tali particelle
riempiono tutti gli stati ad energia negativa.
In seguito questi stati occupanti energie negative furono visti ed interpretati come gli stati
in grado di descrivere le antiparticelle.
33
La scoperta dell'antielettrone nel 1932 e dell'antiprotone nel 1955 confermarono questa
ipotesi.
Le varie particelle scoperte nel corso degli anni sono state riassunte in un modello generale
chiamato Modello Standard. Successivamente fu scoperto anche il neutrino, che si presentava
come una particella senza massa, che rientrava quindi nel Modello Standard come fermione
a massa nulla .
Tuttavia negli anni successivi gli studi condotti da Pontecorvo permisero di capire che
questi particolari fermioni sono particelle oscillanti tra un sapore ed un altro: ma questo è
un processo possibile solo per le particelle dotate di massa.
Inoltre, esperimenti attuali svolti al CERN e nei laboratorio del Gran Sasso hanno confermato la validità dell'ipotesi di Pontecorvo e di conseguenza hanno allontanato la possibilità
della descrizione di tali particelle per mezzo delle equazioni a massa nulla.
Tuttavia i risultati ottenuti dal grafene riaprono la prospettiva di poter osservare questa
classe di particelle di Dirac nello stato solido.
Teoria delle Buche
Per superare il problema emerso con la comparsa delle soluzioni ad energia negativa Dirac
fu costretto ad abbandonare l'interpretazione della funzione d'onda di singola particella.
Egli denì lo stato di vuoto, che rappresenta uno stato ad energia più bassa. Questi
stati di vuoto possono essere ad esempio o stati ad energia negativa riempiti completamente
oppure stati ad energia positiva ma con l'assenza di elettroni reali.
Questi sono gli stati ad energia più bassa (energeticamente stabili) che si possono realizzare
in presenza di vincoli, come un campo esterno.
In assenza di campi esterni si ha una serie continua di stati ad energia negativa occupati
da elettroni, che formano il mare di Dirac.
In considerazione al principio di esclusione di Pauli si pensava che questi stati potessero
essere occupati solo da un elettrone.
In realtà, quando un fotone molto energetico interagisce con lo stato di vuoto riesce ad
eccitare una particella, che può occupare gli stati ad energia positiva generando così una
coppia di particella/buca.
Queste buche altro non sono che dei vuoti lasciati dall'elettrone negli stati ad energia
negativa e sono denite come le antiparticelle.
34
Bibliograa
[1] T.R. Robinson - On Klein tunneling in graphene
[2] Katsnelson, Novoselov, Geim - Chiral tunneling and the Klein paradox in graphene.
[3] J. Bjorken, S. Drell - Relativistic quantum mechanics , Mc GRaw -Hill Inc., 1964
[4] Jean-Noel FUCHS, Mark Oliver GOERBIG - Introduction to the Physical Properties of Graphene
35