da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER Sommario (Abstract, pag.2) L’effetto serra atmosferico - in’idea che molti autori fanno risalire ai lavori fondamentali di Fourier (1824), Tyndall (1861) e Arrhenius (1896), e che trova ancora supporto nella cosiddetta “climatologia globale” descrive essenzialmente un meccanismo fittizio, nel quale un’atmosfera planetaria funziona come una pompa di calore alimentata da un ambiente radiativamente interagente ma radiativamente in equilibrio con il sistema atmosferico. In accordo con la seconda legge della termodinamica, una tale macchina planetaria non potrà mai esistere. Ciò nondimeno, in quasi tutti i testi di climatologia globale e in un ampio campionario di letteratura secondaria viene dato per assodato che un tale meccanismo sia invece reale e poggi su solide basi scientifiche. In questo lavoro questa congettura “popolare” è analizzata a fondo e vengono chiariti i principi fisici su cui viene basata. In particolare, mostrando che (a) non c’è nessuna relazione fisica tra quello che accade in una vera serra ed il cosiddetto “effetto serra atmosferico”; (b) non esiste nessun metodo di calcolo per stabilire una temperatura media della superficie terrestre; (c) l’incremento di temperatura frequentemente citato di 33°C (indicata come incremento della T della superficie terrestre a causa della presenza dell’atmosfera, ndt) è una grandezza senza senso fisico e calcolata in maniera errata; (d) le formula relative alla radiazione in una cavità sono usate in maniera del tutto inappropriata; (e) l’assunzione dell’azzeramento del bilancio dell’energia radiante è priva di senso fisico; (f) non è corretto azzerare l’attrito interno e la conduttività termica; portando questi punti alla conclusione che la congettura dell’effetto serra atmosferico è del tutto falsa. da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 1. Introduction 1.1. … 1.2. L’ipotesi dell’effetto serra. (The green house effect hypothesis, pag.11-14) Tra i climatologi, in particolare tra gli affiliati all’Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC), esiste “consenso scientifico” [22] sul fatto che il meccanismo rilevante (di trasporto di energia relativo all’andamento del clima terrestre, ndt) è il cosiddetto “effetto serra atmosferico”, un modello creato per descrivere le dinamiche dell’equilibrio energetico dell’atmosfera in cui tra le possibili modalità di trasporto di energia, il meccanismo radiante è considerato come quello dominante sulle altre, come la conduzione, la convezione la condensazione etc., per le quali si assume invece che abbiano un ruolo del tutto trascurabile [23-30]. In tutti i passati reports dell’IPCC e in tutti i sommari scientifici di tale tipo, è centrale per la discussione il seguente punto, evocato nel rif. [24]: “Uno dei più importanti fattori è l’effetto serra; di cui una illustrazione semplificata è la seguente. La radiazione a bassa lunghezza d’onda (alta frequenza, ndt) può penetrare nella limpida atmosfera terrestre relativamente indisturbata. Ma la radiazione ad alta lunghezza d’onda (bassa frequenza, ndt) emessa dalla superficie calda della Terra è parzialmente assorbita e ri-emessa da un certo numero di gas presenti solo in tracce negli strati bassi dell’atmosfera, immediatamente sovrastanti tale superficie. Siccome, in media, la radiazione ad elevata lunghezza d’onda uscente deve bilanciare la radiazione solare entrante (altrimenti non si raggiungerebbe mai un equilibrio energetico stazionario, ndt), sia la superficie terrestre che l’atmosfera devono essere più caldi di quanto sarebbero se questi gas serra non ci fossero … (il “devono” deriva dal fatto che l’emissività di un corpo è direttamente proporzionale alla sua temperatura, ndt). Pertanto, l’effetto serra è reale, è un effetto ben compreso, basato su principi scientifici consolidati.” Per maggior precisione, l’IPCC ha introdotto il concetto di “sollecitazione radiante” in relazione alla nozione di ”equilibrio radiante”. Nel riferimento [27], alle pagine 6-7, si legge- infatti - la seguente affermazione: “Nel presente report una “sollecitazione radiante” è definita come un qualsiasi cambiamento nella radiazione media netta che attraversa gli strati alti della troposfera (conosciuta come tropopausa), causata da un cambiamento o nella radiazione proveniente dal sole o nella radiazione infrarossa proveniente dalla superficie terrestre (a causa della sua temperatura di emissione, molto più bassa di quella solare, ndt). Una sollecitazione radiante altera, appunto, l’equilibrio tra radiazione entrante e radiazione uscente. Lo strumento di risposta a queste sollecitazioni sono i cambiamenti di clima, la cui alterazione ristabilisce una nuova posizione di equilibrio. Una perturbazione radiante positiva tenderà in media ad aumentare la temperatura della superficie terrestre; una perturbazione radiante negativa tenderà in media a ridurla. Per come definita qui, la radiazione solare entrante non è considerata una sollecitazione radiante, ma è la variazione della radiazione solare a esserlo … Per esempio, un incremento della concentrazione di CO2 dell’atmosfera conduce ad una riduzione della radiazione infrarossa uscente e quindi costituisce una sollecitazione radiante positiva”. A fronte di queste affermazioni, va detto innanzitutto che il concetto di “consenso scientifico” non è riferibile ad alcunché abbia il carattere di “verità scientifica”, come innumerevoli esempi nella Storia hanno dimostrato. “Consenso” è un termine politico, non è un termine scientifico. In particolare, dal punto di vista della fisica teorica, l’approccio radiante, che fa uso di leggi fisiche come la legge di Planck o di StefanBoltzmann che hanno peraltro un ben delimitato intervallo di validità che certamente non copre il contesto atmosferico, dovrebbe essere fortemente messo in discussione [31-35]. Ad esempio, in molti modelli i climatologi fanno dei calcoli in cui delle “superfici nere ideali” rappresentano rispettivamente uno strato di CO2 ed il suolo, che emettono radiazioni l’uno contro l’altro. In realtà, la situazione fisica reale dovrebbe essere resa mediante un modello tridimensionale, in cui alla concentrazione di 300 ppmv di CO2, nello stato normale, in un cubetto di lato 10 µm, che è una lunghezza d’onda tipica di una radiazione infrarossa, avremmo un numero di molecole di CO2 pari a N calcolato come: 1 ovvero 8 milioni! (altro che superficie compatta assimilabile ad una superficie ideale nera! ndt). In un contesto del genere, quindi, l’applicazione delle formule valide per la radiazione dentro una cavità sono un vero e proprio non-senso. Non mai è troppa l’enfasi che si mette sul fatto che una teoria microscopica in grado di fornire la base per derivarne grandezze macroscopiche come i coefficienti di trasporto elettrico o termico deve per forza essere una teoria basata sulle interazioni reciproche di molti “corpi neri” (in realtà “grigi”, come gli atomi o le molecole, ndt). Naturalmente, il trasporto di energia termica è dovuta ad interazioni interatomiche di natura elettromagnetica, mediate dal campo elettromagnetico. Ma occhio alle semplificazioni: diventa fuorviante visualizzare un fotone come una semplice particella o un treno d’onde in viaggio da un atomo all’altro, per esempio. Le cose sono molto più complesse ed è già difficile comprenderle nel caso pur semplice della dualità onda-particella di una singola particella o su un diagramma di Feynman. Sull’altro versante della discussione (l’approccio macroscopico della termodinamica fisica, ndt ), le quantità termodinamiche macroscopiche contengono una gran massa di informazioni ed hanno il vantaggio di poter essere misurate direttamente ed accuratamente in laboratorio. Costituisce, ad esempio, un punto interessante il fatto che la conducibilità termica della CO2 vale solo la metà di quella dell’azoto e dell’ossigeno. In un’atmosfera fatta di CO2 al 100%, una convenzionale lampadina ad incandescenza sarebbe molto più brillante che in un’atmosfera fatta di azoto ed ossigeno, proprio a causa della ridotta conducibilità termica dell’atmosfera. Ma questo non ha nulla a che vedere con il supposto effetto serra attribuito alla CO2, che è un gas presente nell’atmosfera in tracce. I climatologi globali affermano che l’effetto serra mantiene la Terra più calda di ben 33°C rispetto a quanto sarebbe senza la presenza di questi gas in tracce. L’80% di questo riscaldamento è attribuito al vapor d’acqua mentre il rimanente 20% è attribuito alla CO2 che è presente nell’atmosfera solo in tracce, esattamente 300 ppmv, che sono solo lo 0.03 %vol ! Se un effetto così estremo fosse reale, lo si dovrebbe poter riprodurre anche in laboratorio, in esperimenti condotti per evidenziare la CO2 concentrata come una’anomalia in fatto di conducibilità termica. La CO2 dovrebbe manifestarsi come un “superisolante”, che viola i modelli atomici alla base della conducibilità termica. Ovviamente, per la CO2 tale anomala proprietà di trasporto di calore non è stata mai osservata. Pertanto, in questo lavoro, le idee relative al “popolare” effetto serra in cui si balocca la comunità dei climatologi globali verranno riconsiderate all’interno dei limiti della fisica teorica e sperimentale. 1 25 NL è il numero di Avogadro, ovvero il numero di particelle contenuto in una “mole” si oggetti, 2.687 x 10 . Diversi autori fanno risalire le origini delle loro conclusioni ai lavori di Fourier [37, 38] (1824), Tyndall [39-43] (1861) ed Arrhenius [44-46] (1896). Un’analisi accurata dei lavori originali mostra che i lavori di Fourier e Tyndall in realtà non includono affatto il concetto di effetto serra atmosferico, mentre il lavoro di Arrhenius differisce in maniera fondamentale dalla versione che ne viene data ai giorni nostri. Ad eccezione della referenza [46], i lavori di questa tradizione sono anteriori ai lavori “seminali” della fisica moderna, come il lavoro di Planck sulla radiazione del corpo nero [33,34]. Nonostante gli argomenti di Arrhenius siano stati evidentemente confutati già dai suoi contemporanei, essi sono stati ripresi da Callendar [47-53] e Keeling [54-60] i fondatori della moderna ipotesi dell’effetto serra 2. È molto interessante notare che questa ipotesi è stata sempre molto vaga sin da quando fu formulata la prima volta. Lo stesso Keeling afferma nel 1978 [57]: “L’idea che la CO2 derivante dalla combustione di combustibili fossili possa accumularsi nell’aria e causare un riscaldamento nella bassa atmosfera è stato oggetto di congetture sin dalla fine del 19mo secolo (Arrhenius, 1903). A quel tempo, l’uso di combustibili fossili era troppo scarso da produrre un incremento misurabile della concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Questa idea è stata espressa in maniera convincente da Callendar (1938, 1940) ma, ancora una volta, senza solide evidenze di un innalzamento della concentrazione di CO2.” L’influenza della CO2 sul clima è stata discussa moltissimo in un gran numero di pubblicazioni apparse tra il 1909 ed il 1980, principalmente in Germania [61-88]. Gli autori più influenti furono Möller [69, 80-86], che scrisse anche un testo di meteorologia [89,90], e Manabe [73-77, 85]. Il lavoro congiunto di Möller e Manabe [85] ha avuto una significativa influenza sulla formulazione delle moderne congetture ed ipotesi sull’effetto serra della CO2 atmosferica. In un rapporto compendioso del US Department of Energy (DOE), apparso nel 1985 [91], l’ipotesi dell’effetto serra atmosferica è stata formalizzata nella sua forma finale, diventando così la pietra miliare di tutte le successive pubblicazioni dell’IPCC [23-30]. Naturalmente, potrebbe anche darsi che, pur se il quadro molto semplificato rappresentato dalla climatologia globale dell’IPCC resti fisicamente sbagliato, un’ampia discussione potrebbe rivelare un’influenza non trascurabile di certi effetti radianti (“altri” dalla radiazione solare) sul clima e quindi, riferito alle sue medie locali, sull’ambiente, cui potrebbe darsi il nome di effetto serra da CO2. Ma allora, in tal caso, anche se l’effetto venisse riferito solo come una causa scatenante di una complessa serie di eventi, resterebbero tre domande chiave: 1. Esiste nella fenomenologia fisica un effetto serra da CO2? 2. Se così fosse, quali sono i principi fondamentali della fisica che lo sorreggono ? 3. È fisicamente corretto considerare il meccanismo di trasporto termico radiante come il meccanismo fondamentale che controlla il clima, ed assumere che i meccanismi conduttivi e viscosi siano trascurabili? Lo scopo di questo lavoro è stabilire una risposta negativa a tutte queste domande, rendendole del tutto retoriche. 2 Ndt: aggiungendo agli errori di Arrhenius nuovi e numerosi errori “originali”, come ben spiegato in altro paragrafo di questo lavoro, tutto il 3.6, in particolare il 3.6.2: “Callendar [47-53] and Keeling [54-60], the founders of the modern greenhouse hypothesis, recycled Arrhenius “discussion of yesterday and the day before yesterday" by perpetuating the errors of the past and adding lots of new ones.” da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 1. Introduction 1.1. … 1.2. … 1.3. Questo lavoro. (This paper, pag.14-15) Nel linguaggio della fisica, un effetto non è necessariamente un fenomeno evidente ma, piuttosto, è l’insieme di un fenomeno riproducibile e misurabile + la sua spiegazione teorica. (effetto = fenomeno + spiegazione, ndt) Né il meccanismo di riscaldamento in una serra, né il supposto riscaldamento antropogenico dell’atmosfera costituiscono un effetto nel senso della definizione precedente, in quanto: Nel primo caso (la serra agricola) siamo di fronte ad un vero e proprio fenomeno e non ad un effetto Nel secondo caso (l’atmosfera terrestre) non è possibile misurare alcunché; al più si possono fare dei calcoli euristici 3 La spiegazione del fenomeno costituito dal riscaldamento in una serra reale è un problema standard dei corsi di fisica elementare per studenti di scuola media superiore, in cui l’ottica, la fisica nucleare e la teoria classica della radiazione la fanno da padrone. A quel livello culturale si conosce poco o nulla di formulazione matematica del primo e del secondo principio della termodinamica o di equazioni differenziali alle derivate parziali tipiche della dinamica dei fluidi o della termodinamica dei processi irreversibili; il fenomeno perciò lo si analizza con mezzi comparativi elementari. D’altro canto, se uno fa una ricerca dei termini “effetto serra di vetro”, “effetto serra” o (in tedesco) “Treibhauseffekt” nei testi classici di fisica sperimentale o teorica, si scopre – con grande sorpresa e disappunto di qualcuno – che questo effetto non compare da nessuna parte, salvo pochissime eccezioni, costituite da alcune edizioni rivedute e corrette a posteriori di qualche trattato di climatologia. Un esempio eclatante è il testo di Kittel che ha “aggiunto” un “supplemento” all’edizione del 1990 del suo “Thermal Physics” alla pag. 115 [92]: “L’effetto serra descrive il riscaldamento della superficie terrestre causato dall’assorbimento della radiazione infrarossa dello strato di acqua, come il vapore delle nuvole e del diossido di carbonio nell’atmosfera tra il sole e la terra. L’acqua potrebbe essere responsabile del 90% dell’effetto di riscaldamento.” Il “supplemento” di Kittel si riferisce ai testi del 1990 e del 1992 di J.T.Houghton et al. sui cambiamenti climatici, che non sono altro che i riferimenti standard dell’IPCC [23,25]. In generale, la maggior parte dei testi di climatologia non fanno riferimento ad alcun lavoro fondamentale di termodinamica o di teoria della radiazione (fanno invece riferimento circolare tra di loro … ahinoi!, ndt). Qualche volta viene citato il lavoro di astrofisica di Chandrasekhar [93], ma non è affatto chiaro quali risultati di quel lavoro vengano applicati, né 3 Ndt: nel senso che, nel caso dell’effetto serra atmosferico, si possono elaborare delle teorie e valutare - mediante calcoli basati sul modello costruito da quelle teorie - il valore di alcune grandezze! Il che non significa che quei risultati debbano corrispondere alla misura di qualcosa di reale come invece si può sempre fare nel primo caso, la serra reale, indipendentemente dalla “spiegazione” (che uno può anche non avere), mentre si può comunque “misurare” il fenomeno che è tale – appunto - proprio grazie alla sua misurabilità! come e dove le conclusioni di Chandrasekhar abbiano qualcosa a che vedere con il trasferimento di radiazione infrarossa nelle atmosfere planetarie. Insomma, sembrerebbe proprio che non esista nessuna fonte bibliografica che introduca l’effetto serra atmosferico a partire dalla sola fisica fondamentale, quella che si insegna all’università – per capirci. Evidentemente, il problema dell’effetto serra atmosferico non è un problema fondamentale della “Filosofia della Scienza” e si tratta, piuttosto, di un qualcosa meglio descrivibile per mezzo del “trilemma di Münchausen4”, che afferma che di solito, quando si vuole dimostrare la verità di un’affermazione, si resta inevitabilmente ingabbiati in una “alternativa ternaria5” regressione infinita – dogma – ricorrenza circolare6 Piuttosto, il meccanismo dell’effetto serra atmosferico è una mera congettura, che può essere provata o smentita già nell’ambito delle applicazioni pratiche della termodinamica tipiche dell’ingegneria [95-97]. Che è esattamente quello che è stato fatto molti anni fa da un esperto in tale campo, Alfred Schack, che ha scritto un testo classico su quest’argomento [95]. Nel 1972 ha provato che il meccanismo di trasporto termico radiante della CO2, piuttosto importante alle temperature di una camera di combustione industriale (dove di CO2 ce n’è tanta ed è molto calda, 700-800 °C, ndt), può essere assolutamente trascurato rispetto agli altri meccanismi a temperatura ambiente. L’influenza della CO2 sul clima terrestre è definitivamente non misurabile [98]. 4 Il termine fu coniato dal critico razionalista Hans Albert, vedi rif. [94]. Per la discussione corrente sul riscaldamento globale il lavoro di Albert può essere particolarmente interessante. Secondo Albert, i nuovi punti di vista non sono facili da diffondere, perché spesso incontrano ostacoli di tipo ideologico, per i quali Albert coniò il termine di “immunità alla critica”. 5 Nel linguaggio comune, il significato del termine “alternativa” è quello di scelta tra due opzioni e non è una delle opzioni stesse. Una “alternativa ternaria” generalizza questo concetto, estendendo l’idea ordinaria di alternativa ad una scelta a tre vie. 6 Ndt: per meglio chiarire lo spirito del Trilemma, ne riporto una definizione più estesa che ho preso da Wikipedia: “Il Trilemma di Münchausen, chiamato anche trilemma di Agrippa, è un termine coniato dal filosofo Hans Albert per definire l'impossibilità di provare alcuna verità come assolutamente certa. È definito trilemma perché pone tre possibilità, di cui nessuna riesce a soddisfare l'assoluta certezza necessaria a fondare una conoscenza, e il suo nome proviene ironicamente dal Barone di Münchausen, che si dice sia riuscito a tirarsi fuori da una pozza di fango tirandosi per i capelli. In termini espliciti, se di una qualsiasi affermazione domandiamo "come faccio a sapere se è vera?" possiamo fornire una dimostrazione, ma riguardo a quest'ultima possiamo porci la stessa domanda con conseguente dimostrazione, e così via. Il Trilemma di Münchausen constata che ci sono soltanto tre modi di fornire una dimostrazione a una qualsivoglia affermazione: L'argomentazione circolare, in cui affermazione e dimostrazione dipendono l'una dall'altra (es. si utilizza l'affermazione da dimostrare all'interno della dimostrazione) L'argomentazione regressiva, in cui ogni dimostrazione richiede una ulteriore dimostrazione (es. si continuano a fornire dimostrazioni potenzialmente “per sempre”) L'argomentazione assiomatica, che termina con l'affermazione di un qualche precetto (es. si termina con un dogma o un principio accettato dal senso comune: i teoremi della geometria Euclidea che poggiano sui postulati euclidei o le “etiche” in generale, maxime quelle di ispirazione religiosa, sono tipici esempi). Le prime due argomentazioni sono sostanzialmente deboli, poiché la prima è di tipo tautologico, e la seconda non fornisce mai una dimostrazione completa. La terza argomentazione fornisce false dimostrazioni, poiché presuppone la veridicità di un qualche principio non dimostrato. Il Trilemma quindi rappresenta la decisione fra tre scelte ugualmente insoddisfacenti.” Il resto di questo lavoro si articola come segue: Nella sezione 2 viene trattato il fenomeno del riscaldamento nelle serre reali, che è un fenomeno da tenere ben distinto dalla (poco) conosciuta congettura di Arrhenius. La sezione 3 è dedicata al problema dell’effetto serra atmosferico. Viene dimostrato che questo presunto effetto non ha basi né sperimentali ne teoriche nella fisica e deve essere considerato del tutto fittizio (in altre parole, è come l’isola di Peter Pan: sarebbe “bello” per qualcuno che ci fosse – vai a capire poi il perché”sarebbe bello” – ma, di fatto NON C’E’! ndt). L’affermazione che le emissioni di CO2 danno luogo a variazioni antropogeniche del clima non ha alcuna base fisica. Nella sezione 4 vengono discusse la climatologia e la fisica teorica in un contesto di Filosofia della Scienza. Viene affrontata la questione di quanto sia lontana la cosiddetta “climatologia globale” dagli ambiti delle scienze esatte come è la fisica. La sezione 5 (conclusiva) è un sommario per fisici. da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 2. Introduction 2.1. … 2.2. … 2.3. … 2.4. … 2.5. … 2.6. Sommario sulle serre reali (Glass house summary, pag.34, vale la pena concentrarsi su questi soli due righi) Non è la radiazione infrarossa “intrappolata” la spiegazione fenomeno del riscaldamento in una serra reale, ma è la (banale, ndt) mancanza di ricambio di aria7! 7 Che, come sanno quasi tutti, è un problema standard anche dei nostri PC da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 3. Il fittizio effetto serra atmosferico (The fictitious atmospheric greenhouse effects, pag.35) 3.1. Definizione del problema (Definition of the problem, pag.35) Dopo aver abbondantemente discusso del fatto (vedi sezione 2, ndt) che il fenomeno fisico dell’effetto serra è essenzialmente la spiegazione del perché la temperatura dell’aria in una casa di vetro chiusa o nell’abitacolo di un’automobile chiusa è più alta che all’esterno, si dovrebbe avere ormai una chiara visione del carattere fittizio degli “effetti serra atmosferici”. Uso il plurale perché nel tempo sono state fornite molte versioni differenti del fenomeno con le relative differenti spiegazioni. In funzione della particolare “scuola di pensiero” o del grado di “popolarità”, l’assunzione che l’atmosfera terrestre sia trasparente alla luce visibile ma opaca alla radiazione infrarossa è supposta implicare: un riscaldamento della superficie terrestre e/o un riscaldamento degli strati bassi dell’atmosfera e/o un riscaldamento di certi specifici strati dell’atmosfera e non di altri e/o un rallentamento del naturale raffreddamento della superficie terrestre … e così via. Sfortunatamente, non esiste nessuna fonte in letteratura in cui l’effetto serra è introdotto in armonia con gli standards scientifici della fisica teorica. Come già enfatizzato, il “supplemento” al libro di Kittel sulla fisica termica [92] riferisce solo delle affermazioni dell’IPCC [23-25]. Illustri climatologi globali (come pure i cosiddetti “clima-scettici”) spesso presentano le loro idee in manuali, enciclopedie ed in letteratura di secondo o di terzo livello. 3.2. Errore scientifico vs Frode scientifica. (Scientific error versus scientific fraud, pag.35-38) Recentemente, il climatologo tedesco Graßl ha enfatizzato che in scienza gli errori sono inevitabili, anche nella ricerca sul clima [116]. E l’IPCC “pesa” la maggior parte delle sue affermazioni ufficiali con una sorta di “probabilità di misura” [2]. Così sembra che, anche nell’ambito delle discussioni dominanti sul supposto riscaldamento antropogenico globale, ci sia spazio per gli errori scientifici e le loro correzioni. Sull’atro fronte, alcuni autori e produttori di films hanno concluso che l’ipotesi dell’effetto serra non è basata su un errore, ma è un chiaro esempio di frode scientifica. CINQUE ESEMPI: Nel 1990 un film Australiano intitolato “La cospirazione dell’effetto serra” mostrava che il caso dell’effetto serra riposa su quattro pilastri [117]: .1. l’evidenza fattuale, ovvero i dati storici sul clima, che apparentemente suggeriscono che sia stato osservato un riscaldamento e che questo riscaldamento sia eccezionale; .2. l’assunzione che la CO2 sia la causa prima di questi cambiamenti; .3. le predizioni di modelli climatici che affermano che raddoppiando la concentrazione di CO2 si ottiene un prevedibile aumento del riscaldamento globale; .4. le sottolineature fisiche Nel film questi quattro pilastri vengono sistematicamente demoliti, facendo cadere tutto l’edificio. Lo speaker afferma: “In un recente lavoro sull’effetto della CO2, il Prof. Ellsasser dei Laboratori Lawrence Livermore, un importante centro di ricerca US California, conclude che un raddoppio della concentrazione di CO2 provocherà effetti nulli o trascurabili sulla temperatura alla superficie e, nel caso fossero apprezzabili, si tratterebbe di un raffreddamento.” Il lettore è rimandato al lavoro originale di Ellsasser [118]. Due testi del meteorologo molto popolare in Germania Wolfgang Thüne, intitolati “The Greenhouse Swindle” (Il raggiro dell’effetto serra, uscito in Germania nel 1998) [119] e “Aquittal for CO2” (Assoluzione per la CO2, uscito in Germania, 2002) [120] hanno lo scopo di dimostrare che l’ipotesi dell’effetto serra da CO2 è follia pura. Un testo scritto da Heinz Hug intitolato “Those who play the trumpet of fear” (Coloro che suonano la tromba della paura, uscito in Germania nel 2002) mette in luce ed enuclea con chiarezza la storia ed il background del business economico e finanziario corrente che gira intorno all’effetto serra [121]. Un altro film è stato mostrato recentemente su Channel 4 (UK) dal titolo “The great global warming swindle” (La grande truffa del riscaldamento globale) che supporta la tesi che il supposto riscaldamento globale indotto dalla CO2 antropogenica non ha alcuna base scientifica [122] Nel suo lavoro “CO2: The Greatest Scientific Scandal of Our Time” (CO2: il più grande scandalo scientifico del nostro tempo), l’eminente scienziato dell’atmosfera Jaworoski si distingue per la puntualità delel affermazioni che porta a supporto. Sul versante opposto, Sir David King, consulente scientifico del governo britannico, afferma che “il riscaldamento globale è un attentato all’umanità più pericoloso del terrorismo” (Singer8), altri soggetti mettono i negazionisti del riscaldamento globale antropogenico nella stessa categoria dei negazionisti dell’olocausto, e così via. In innumerevoli contributi a giornali e trasmissioni TV in Germania, il popolare climatologo Latif continua ad allarmare il pubblico sulle conseguenze dell’aumento delle emissioni dei gas serra (GHG) [123]. Ma, a tutt’oggi, è impossibile trovare un solo testo di termodinamica dei processi transitori o sul trasferimento delle radiazioni dove questo effetto è derivato da principi primi. L’obiettivo principale di questo lavoro non è quello di tracciare una linea tra l’errore e la frode, ma trovare dov’è che l’effetto serra compare e sparisce all’interno della cornice della fisica. È per tale ragione che al paragrafo 3.3 verranno esaminate e smentite molte differenti versioni dell’ipotesi dell’effetto serra atmosferico emerse nel tempo. I vari autori di queste versioni si sono susseguiti nel tempo nonostante tutti in epoca successiva ad una pubblicazione di Lee nel ben noto Journal of Applied Meteorology 1973, vedi rif. [109] e i riferimenti che ci sono all’interno. Il lavoro di Lee del 1973 è un pietra miliare. All’inizio Lee scrive: “Il termine “serra” che compare nella locuzione “effetto serra” è fuorviante. Per ironia della natura, mentre il concetto è utile a descrivere ciò che accade nell’atmosfera terrestre, non è adatto a descrivere il criptoclima che si crea quando uno spazio viene confinato con pareti di 8 Cf. Sommario di Singer alla conferenza di Stoccolma del 2006 vetro, come nelle serre agricole o nei collettori solari. Specificatamente, le elevate temperature osservate sotto vetro non possono ricondursi alla assorbanza spettrale del vetro stesso. L’idea sbagliata è stata dimostrata sperimentalmente da R.W.Wood più di 60 anni fa (Wood 1909) [112] e recentemente in maniera analitica da Businger (1963) [124]. Fleagle e Businger (1963) [125] dedicarono una sezione del loro testo a questo punto specifico, e suggerirono che la cattura della radiazione da parte dell’atmosfera terrestre dovrebbe essere chiamata “effetto atmosfera” per scoraggiare l’uso improprio del termine “effetto serra” che è del tutto fuorviante. Munn (1966) [126] reiterò che l’analogia tra gli effetti “atmosferico” e “serra” non è corretta perché un fattore esclusivo e dominante dell’effetto serra è che la barriera di vetro protegge il volume “confinato” della serra da perdite di calore per convezione. In un esempio, Lee (1996) [127] osservò che il flusso netto di energia radiante da un volume confinato in una superficie chiusa per mezzo di una pellicola di polivinile da 6 millesimi di millimetro di spessore era diminuito di più del 10%. Nonostante le evidenze, i moderni testi di meteorologia e climatologia non solo ripetono il termine fuorviante di “serra”, ma frequentemente supportano il concetto sbagliato che “la ritenzione di calore da parte dell’atmosfera è analoga a quello che accade in una serra” (Miller, 1996) [128], o che “la funzione dei vetro della serra è formare una trappola per le radiazioni” (Peterssen, 1958) [129]. (vedi anche Sellers, 1965, Chang, 1968, e Cole, 1970) [130-132]. L’errore è ovviamente dei singoli autori, basato sulla similarità in quanto a trasparenza dell’atmosfera e del vetro, e sulla “pulizia” dell’esempio per fini didattici. Il problema si può correggere attraverso un’analisi onesta, adatta ad istruire una classe di studenti” Lee continua la sua analisi con dei calcoli basati sulle equazioni di bilancio dell’energia radiante, che però sono fisicamente discutibili. Lo stesso vale per un commento di Berry [110] sul lavoro di Lee. Ma ciò nonostante, il lavoro di Lee è una pietra miliare che segna il “day after” di cui ogni serio scienziato o educatore/divulgatore scientifico deve prendere atto: ovvero che non è più permesso a nessuno paragonare quello che accade in una serra con quello che accade in atmosfera, nemmeno se si ha davanti una classe di studenti, come esplicitamente rimarca Lee. 3.3. Le differenti versioni della congettura dell’effetto serra atmosferico.9 (Different versions of the atmospheric grenhouse conjecture, pag.38) …… ……. 3.1.15. Conclusioni (Conclusions, pag. 44) È interessante osservare che: sino ad oggi l’ “effetto serra atmosferico”non appare In nessun lavoro fondamentale di termodinamica In nessun lavoro fondamentale di cinetica fisica In nessun lavoro fondamentale di teoria della radiazione 9 Ndt: Questo paragrafo (i comma dal 3.3.1 al 3.3.14) contiene ben 14 enunciazioni diverse dell’effetto serra atmosferico e le relative “confutazioni”, succedutesi negli anni dopo il lavoro di Lee (vedi paragrafo 3.2) man mano che emergevano evidenti gli scricchiolii della versione precedente. Ne raccomando fortemente la lettura perché sono un limpido ed efficace esempio delle differenze che corrono tra la scienza e la … fantascienza, specie quando l’atteggiamento non proprio disinteressato trasforma tanti sedicenti scienziati in ciarlatani o truffatori. le definizioni date di quella letteratura che non appartiene allo stretto confine della fisica sono molto diverse tra loro e, in parte, si contraddicono l’una con l’altra. da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 3.4. Le conclusioni del dipartimento federale dell’energia degli Stati Uniti. (The conclusion of the US Department of Energy, pag. 44-45) Tutti i fittizi effetti serra (di cui al paragrafo precedente, ndt) hanno in comune la causa che si suppone sia alla loro base: un eventuale aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera è supposta condurre ad un aumento della temperatura in prossimità del suolo. Per comodità, nel contesto di questo lavoro, questa supposizione è chiamata effetto serra da CO210. Il risultato di Lee del 1973 [109]che il fenomeno di riscaldamento all’interno di una serra non è paragonabile in alcun modo al supposto effetto serra atmosferico è stato confermato in un rapporto del Dipartimento Federale per l’Energia degli Stati Uniti dal titolo “Projecting the climatic effects of increasing carbon dioxide” (Proiezione degli effetti climatici per incremento della CO2) [91]. In questa pubblicazione esaustiva pre-IPCC, MacCracken afferma esplicitamente che le locuzioni “gas serra” ed “effetto serra” sono fuorvianti [91, 142]. Una copia dell’ultimo paragrafo della corrispondente sezione a pag. 28 è mostrato in fig. 15. Entrambe queste visioni (i gas serra e l’effetto serra, ndt) descrivono un processo per il quale un incremento nell’abbondanza di gas serra porta ad un riscaldamento sulla superficie della Terra. Il termine “gas serra” si riferisce a gas che sono altamente trasparenti alla radiazione solare ma sono relativamente opachi alle radiazioni ad alta lunghezza d’onda, similmente al vetro di una serra. Il processo per il quale si verifica un riscaldamento all’interno di una serra reale è del tutto diverso ed è descritto sopra. È in questo senso che le locuzioni “gas serra” ed “effetto serra” sono del tutto fuorvianti. Fig. 15: un estratto dalla pagina 28 del rapporto del DOE (1985) Va enfatizzato quanto segue: I fenomeni di riscaldamento in una serra reale e nel supposto effetto serra atmosferico hanno gli stessi attori, ma nel secondo caso la situazione è invertita. Metodologicamente, c’è un’enorme differenza: per le serre reali uno può fare delle misure, osservare le differenti letture degli strumenti di misura ed osservare l’effetto senza dover avere una preventiva spiegazione e, pertanto, può fare le sue osservazioni senza pregiudizio alcuno. Nel caso dell’effetto serra atmosferico non si può osservare un bel niente, e si possono confrontare solo dei calcoli a degli altri calcoli: inizialmente calcoli estremamente semplici, ma che poi diventano sempre meno trasparenti. Ai giorni nostri siamo, ahinoi, alle simulazioni al computer, che in realtà nessuno è in grado di riprodurre [143]. Nel seguito (si riferisce al paragrafo successivo, il 3.5, ndt) i differenti aspetti fisici discussi nel dettaglio.11 10 La nomenclatura si estende naturalmente anche agli altri gas presenti in tracce Ndt: La 30 pagine successive di questo paragrafo costituiscono una trattazione scientifica dettagliata dei vari aspetti che a torto o ragione vengono invocati dai modelli di previsione del clima della climatologia globale dell’IPCC. Sono 11 da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 4. I fondamenti fisici della Scienza del Clima12 (Physical Foundations of Climate Scienze, pag.80-92) 4.1. … 4.2. … 4.2.1. … 4.2.11. Discussione (Discussion, pag. 85-86) Le equazioni discusse sopra (il corpo del paragrafo 4, ndt) si riferiscono ad un sistema di equazioni che include un singolo fluido. In realtà, un modello per il clima può (e deve) contenere un sistema di equazioni multi - fluido e, in più, le equazioni vanno mediate per descrivere la turbolenza del sistema. Per fornire un modello che descriva in maniera adeguata il mondo reale, le equazioni di cui sopra devono essere generalizzate tendo conto della dipendenza di tutti i parametri rilevanti dalla posizione e dal tempo; della presenza e la coesistenza nel sistema di varie specie di fluidi e gas; della non omogeneità del mezzo, la miscelazione e la separazione delle fasi. In linea di principio, tali generalizzazioni sono fattibili se si limita il dominio di definizione del problema a tanti piccoli “pezzi” e si tratta il sistema di equazioni con una metodo che ricordi un po’ una griglia fatta di tante piccole maglie. Per questo il grado finale di complessità sarà molto più elevato di quanto ci si poteva attendere inizialmente, perché alla fine il modello consisterà in un sistema con migliaia di equazioni sicuramente non-lineari e tridimensionali. Non si esagera nemmeno un po’ se si afferma che, anche se queste equazioni venissero semplificate al massimo, non è possibile risolvere ovvero calcolare delle soluzioni numeriche, anche per piccole regioni di spazio e piccoli intervalli di tempo. Questa cosa, purtroppo, non cambierà nei prossimi 1000 anni almeno, indipendentemente da quanto grande sarà il progresso nell’hardware dei computers. Pertanto, i “climatologi globali” si troveranno a continuare a richiedere danari da investire in progetti di ricerca che richiedano super-computers di futura generazione all’infinito. Dal momento che le anche le equazioni estremamente semplificate riferite ad un sistema fatto da un singolo fluido sono irrisolvibili, le equazioni molto convincenti (perchè e semplice … Fisica) anche se un po’ impegnative. Consiglio, perciò, a chi è in grado di farloi di studiarsele! 12 Ndt: In questo paragrafo – molto specialistico – viene affrontata in maniera rigorosa la Scienza del Clima mediante l’applicazione delle conoscenze in fatto di meccanica e termodinamica del continuo racchiuse nelle equazioni dei fenomeni di trasporto. Il grosso del paragrafo consiste quindi nel mostrare come dovrebbe essere fatto un modello fisico del clima terrestre (locale o globale) mantenendosi rigorosamente “nella cornice delle conoscenze della scienza fisica” e che sia in grado di fornire previsioni attendibili sull’andamento del clima. Dato il carattere molto specialistico della cosa, ne ho omesso la traduzione in quanto coloro i quali, avendone la cultura, vorranno addentrarvici (e , come per le precedenti 30 pagine del paragrafo 3 lo consiglio vivamente!) possiedono sicuramente le conoscenze linguistiche per farlo in autonomia (in fondo sono 5 pagine scarse!). Ho tradotto invece la discussione finale perché ritengo che a tutti DEBBA INTERESSARE il fatto che i modelli di simulazione numerici dati in pasto ai computer e prodotti ed usati a larghe mani dalla climatologia globale del carrozzone IPCC - spacciandoli per strumenti che discendono direttamente dalle leggi di natura e le teorie della scienza fisica - sono in realtà degli oggetti che con il modello rigoroso cui dovrebbero far riferimento e che è stato abbozzato precedentemente in questo paragrafo non hanno nulla a che vedere. Tali modelli sono un po’ come “la pelle dei coglioni”, nel senso che il grado di arbitrio nelle ipotesi e nelle semplificazioni che contengono sono tali che li si può orientare a qualsiasi risultato si desideri che producano. che prevedono più fluidi lo saranno ancor di più, e quelle che tengono conto anche della turbolenza saranno ancora più irrisolvibili, sempre che il “comparativo” per un termine come “irrisolvibile” abbia un qualche significato. A fronte di ciò, va detto che, indipendentemente dal livello di complessità che si sceglie, queste equazioni sono supposte dai più essere la spina dorsale delle simulazioni sul clima o – in altre parole – il fondamento dei modelli sulla natura. Ma anche questo non è vero: perché nelle simulazioni dei computer gli effetti energetici e fluidodinamici della viscosità nonché gli effetti della conduzione termica sono completamente ignorati; e questo perché essendo i detti fenomeni descritti matematicamente da equazioni alle derivate parziali del secondo ordine, la loro “azione” sparirebbe comunque in una rappresentazione fatta su una griglia lineare fatta tra l’altro di maglie relativamente molto ampie. La conclusione è che le simulazioni dei computer fatte dai climatologi globali (quelli dell’IPCC, ndt) non sono basate sulle leggi della fisica. Lo stesso vale per le speculazioni sull’influenza della CO2: Sebbene il campo elettromagnetico sia incluso nelle equazioni di tipo MHD13 della climatologia, in queste equazioni mancano del tutto i termini che corrispondono all’assorbimento della radiazione elettromagnetica! È difficile se non impossibile trovare in quale punto del sistema di equazioni di tipo MHD della climatologia entra in qualche modo in gioco la concentrazione della CO2. È impossibile inserire le equazioni relative al trasporto radiante di energia termica (59) del sistema di equazioni di tipo MHD della climatologia. Apparentemente, non esiste alcuna referenza scientifica in letteratura in cui la concentrazione di CO2 è implementata nelle equazioni di tipo MHD dei climatologi. Quindi, si può al più inserire – pensate - a mano un ipotetico contributo radiante in termini di una “artificiosa” densità di calore, Q, come è stato fatto nell’equazione (144). Ma una cosa del genere è l’equivalente di quella sorta di imposizione “politically correct”, del tutto arbitraria, usata con tanta allegria dalla climatologia globale ad ogni occasione, salvando con queste equazioni solo la forma, che nei “calcoli” che vengono mostrati in giro è sin troppo “banale”. Nel caso delle equazioni differenziali alle derivate parziali, più della forma delle stesse equazioni, sono poi più importanti le “condizioni al contorno” che determinano il tipo di soluzione. Sono in ballo così tanti e diversi fenomeni di trasporto - calore, momento meccanico, quantità di moto, massa, energia etc. – e così tanti e diversi tipi di interfacce – statiche, in movimento, tra solidi, fluidi, gas, plasma etc. – che non esiste una teoria applicabile tale da poter scrivere con un minimo di sensatezza le condizioni al contorno [176, 177]. Nella discretizzazione approssimata delle equazioni, le condizioni al contorno introdotte sono del tutto arbitrarie, e servono solo per evitare la deriva dei risultati verso stati fisici irrealistici. Calcoli di questo tipo, che forniscono un risultato del tutto arbitrario, non sono in realtà “calcoli” nel senso che la fisica assegna a questo termine. E, purtroppo, non c’è nessun motivo per pensare che i climatologi globali non conoscano questi fondamentali fatti scientifici. 13 Ndt: MHD sta per MagnetoHydroDynamics discipline, su cui sono basati i sistemi di equazioni differenziali descritti nei precedenti paragrafi ed ai quali si fa riferimento nel presente paragrafo. da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 4. I fondamenti fisici della Scienza del Clima 4.1. …… 4.2. … 4.3. La Scienza ed il Modello del “Clima Globale” (Science and Global Climate Modelling, pag. 86 -90) 4.3.1. La Scienza ed il “Problema della Demarcazione” (Science and the Problemof Demarcation, pag.86-88) Il termine “Scienza” si riferisce ad un sistema fatto dall’insieme di un metodo di conoscenza oggettivo, in particolare quella basata sul “metodo scientifico”, ed un corpo di conoscenze accumulate mediante la ricerca [196,197]. Esistono essenzialmente tre categorie di “Scienza”: Le scienze formali (come le matematiche) Le scienze naturali (fisica, chimica, biologia) Le scienze sociali Nel campo delle scienze naturali, bisogna saper distinguere il significato di alcuni concetti: Una teoria: una struttura, logicamente coerente, in grado di descrivere l’andamento di certi fenomeni naturali, basandosi su principi fondamentali; Un modello: un concetto simile ma più debole di quello teoria, che è in grado di descrivere solo certi aspetti di un fenomeno naturale, e che tipicamente si basa su un insieme di ipotesi semplificatrici “di lavoro”; Una legge di natura: una generalizzazione scientifica basata su un numero sufficientemente grande di osservazioni empiriche, che è data per tale ragione come pienamente verificata; Un’ipotesi: è una contesa, che non è stata né provata né esclusa da un esperimento e non è stata confutata per contraddizione con nessuna delle leggi di natura. Il “consenso” , per essere più precisi, il “consenso su un’ipotesi” è una nozione assolutamente estranea alle scienze naturali, in quanto è un qualcosa di assolutamente irrilevante per l’obiettivo di verità di una legge fisica; in altre parole: il consenso scientifico è un non-senso scientifico14 Il “problema della demarcazione” consiste nel risolvere il problema del come e del dove debba essere tracciata la linea di confine della scienza per distinguerla, ad esempio, dalla religione, o dalla pseudoscienza, o dai sistemi fraudolenti “cuciti” sulla scienza, o dalla non-scienza in generale [196,198]. In Filosofia della Scienza sono stati affrontati e discussi alcuni approcci alla definizione di scienza [196,197]: Empirismo (Circolo di Vienna15): hanno significato solo le affermazioni frutto di osservazioni empiriche, ovvero, se una teoria è verificabile allora è scientifica; Falsificazionismo (Popper16): se una teoria è “falsificabile17” allora è scientifica; 14 Ndt: … ovvero, una contraddizione in termini! Ndt: si vada al link http://it.wikipedia.org/wiki/Circolo_di_Vienna 16 Ndt: si vada al link http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=365 15 Il “cambio di marcia paradigmatico” (“Paradigm shift”, Kuhn18): all’interno del normale processo scientifico, si creano delle anomalie fenomenologiche che possono portare ad una crisi dei paradigmi condivisi, conducendo finalmente ad un nuovo paradigma; l’accettazione di un nuovo paradigma da parte della comunità scientifica indica una nuova linea di demarcazione tra la scienza e la pseudoscienza.19 L’Approccio democratico ed anarchico alla Scienza (Feyerabend20): in cui la scienza non è vista come una forma autonoma di ragionamento ma è un qualcosa di inseparabile dal più ampio corpo del pensiero e dell’indagine umani: che porta ad affermare che “Anything goes” (Qualsiasi cosa, in linea di principio, funziona …) A prima vista, l’ultimo punto fornisce un bell’argomento a favore dei modellisti da computer della climatologia globale. Però, (come abbiamo visto, ndt) è fortemente dubbio che quell’approccio modellistico sia qualcosa che appartiene alla scienza fisica. In merito alla superficialità dell’idea di scienza fisica di Feyerabend, Svozil osservò: “In via del tutto generale, in parte a causa della complessità dei suoi formalismi, in parte a causa delle sfide costituite dalle loro scoperte, la fisica ha tentato di sviluppare un suo proprio significato dei temi di cui si occupa, assolutamente avulso da qualsiasi approccio filosofico.” La Fisica, invece, fornisce il fondamento per l’ingegneria e, quindi, per il mondo produttivo e la moderna economia. Pertanto, il comune cittadino ha a disposizione una semplice alternativa (nel senso della scelta tra due opzioni): a) Accettare di derivare le decisioni politiche ed economiche in maniera anarchica, magari affermando l’esistenza di collegamenti di queste decisioni con a esperimenti ed osservazioni e, quindi, al mondo reale, quando in realtà questi collegamenti non ci sono; b) Oppure, pretendere che le decisioni politiche ed economiche derivino da risultati verificabili della ricerca all’interno della cornice della Fisica, dove c’è effettivamente quella connessione con l’esperimento e l’osservazione e, quindi, al mondo reale. È ovvio che l’opzione b) definisce un approccio pragmatico alla scienza, definendo un minimo di caratteristiche comuni tali che gli ingegneri, i managers ed i politici possano avere qualcosa di cui fidarsi. All’interno della cornice delle scienze esatte, una teoria dovrebbe: A. B. C. D. E. F. G. H. I. J. 17 Essere consistente da un punto di vista logico Essere consistente con le osservazioni Essere basata sulle evidenze empiriche Basarsi su “poche” assunzioni Spiegare il fenomeno Essere capace di fare delle previsioni Essere falsificabile e testabile Essere riproducibile, almeno per i colleghi Essere correggibile Essere migliorabile Ndt: nel linguaggio di Popper, “falsificabile” significa che la teroia può essere sottoposta ad un controllo, in grado di decidere la sua capacità di prevedere i fenomeni. 18 Ndt: si vada al link https://en.wikipedia.org/wiki/Paradigm_shift 19 Ndt: un esempio di Paradigm shift vissuto dalla comunità dei fisici è stato l’abbandono della meccanica classica per adottare il punto di vista relativistico. 20 Ndt: si vada al link http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Feyerabend K. Essere incerta L. Essere comprensibile dagli altri scienziati Ora, vi pare che l’approccio modellistico della climatologia mondiale sia in grado di soddisfare tutti questi requisiti? 4.3.2. Valutazione della Climatologia e dei Modelli di simulazione del Clima.(Evaulation of Climatology and Climate Modelling, pag.89-90) Al contrario della meteorologia, la climatologia studia gli andamenti medi del clima locale. Ci sono varie branche, come la paleoclimatologia, la climatologia storica e la climatologia che si avvalgono di metodi statistici che più o meno rientrano nei confini del contesto scientifico. Il punto è l’oggetto cui i modelli di simulazione del clima si rideriscono, specialmente se vogliono simulare le dinamiche caotiche da una parte e l’ipotesi dell’effetto serra atmosferico dall’altra. Le equazioni discusse al paragrafo 4.2 possono dare un’idea di “a cosa dovrebbe somigliare” il sistema di equazioni che simula il comportamenti dell’atmosfera e/o degli oceani. Abbiamo in quel paragrafo e nei successivi enfatizzato in tutti i modi possibili quanto esteso e complesso dovrebbe essere il sistema delle equazioni in grado di simulare realisticamente tutto l’ambito fenomenologico rilevante. Ed abbiamo anche enfatizzato come, anche semplificando al massimo questa struttura di equazioni, non è possibile ricavare soluzioni numeriche (ovvero previsioni, ndt), e questo fatto non cambierà a meno che non si restringa l’analisi a piccoli domini di spazio e di tempo. Ci sono serissimi problemi di risolvibilità nei sistemi non-lineari di equazioni differenziali alle derivate parziali, e la carenza di strumenti numerici in grado di produrre risultati sufficientemente accurati rimarrà un fatto concreto sia nel vicino che nel lontanissimo futuro, e ciò a causa di ragioni matematiche fondamentali (insomma, non è un problema di “potenza” dei calcolatori disponibili, ndt ). Le equazioni di NavierStokes per la fisica teorica sono una specie di Santo Graal, ed una discretizzazione numerica “brutale” con l’aiuto di reticoli con maglie larghissime porta a modelli che non hanno nulla a che vedere con il puzzle originario che le equazioni suddette pur descrivevano molto bene e, pertanto, perdono di ogni capacità predittiva. In un problema che implica la risoluzione di equazioni differenziali, poi, le condizioni al contorno “pesano” sul tipo di soluzione che si ottiene anche più della stessa struttura delle equazioni. Introdurre una discretizzazione (necessaria a linearizzare ciò che lineare non è …, ndt ) equivale ad introdurre un intero set di condizioni al contorno del tutto “artificiose” (ovvero che non riposano su considerazioni fisiche, essendo del tutto arbitrarie, ndt), ed è una procedura il cui senso (del tutto errato, ndt) è molto ben reso dall’affermazione di von Storch “La discretizzazione costituisce essa stessa un modello” [200] (…e su quali basi fisiche? Si tratta, evidentemente, di un modello nel modello, che – al contrario del primo che almeno parte da equazioni fondamentali – è del tutto arbitrario!, ndt). In un contesto del genere l’approccio corretto di un matematico o di un fisico teorico, dovrebbe essere: “Una discretizzazione è un modello con condizioni al contorno che non sono di tipo fisico”. La discretizzazione dei problemi “continui” costituisce una strategia per calcolare una soluzione in un processo ricorsivo a step. Senza una tale analisi di rinormalizzazione di gruppo (in cui la ricorsività affina sempre più le condizioni al contorno che costituiscono la discretizzazione stessa, ndt) le approssimazioni finite non portano a nessuna conclusione fisica. Ciò nonostante, nel rif. [200] von Storch enfatizza che non è mica questa (la discretizzazione, ndt ) la sua strategia di calcolo, ma piuttosto asserisce di prendere le equazioni alle differenze finite esattamente come sono! È del tutto evidente il carattere grottesco di un’affermazione del genere; basta considerare le equazioni di conduzione del calore, per le quali è di estrema rilevanza fisica il fatto di aver assunto per delle equazioni differenziali del secondo ordine una linearizzazione (che è un’operazione che cancella qualsiasi cosa abbia effetti derivativi di ordine superiore al primo!, ndt) mediante un modello alle differenze finite con una griglia entro le cui maglie - lunghe svariati chilometri - si assume costanza di parametri! In generale, è impossibile derivare equazioni differenziali per funzioni medie e, di qui, è impossibile derivarne dinamiche medie e non-lineari [192-195]. Pertanto, molto semplicemente, non c’è nessun fondamento fisico nei modelli computerizzati della climatologia globale, per il quali modelli vale – quindi – il solo il paradigma del caos: “Anche di fronte a dinamiche deterministiche ben conosciute, nulla è prevedibile” [201]. Che la discretizzazione non abbia nessuna base né fisica né matematica per i sistemi non lineari è una lezione che si insegna nelle applicazioni di equazioni differenziali alla logistica, in cui le soluzioni di tipo continue differiscono proprio concettualmente da quelle discrete [202,203]. La moderna climatologia globale ha confuso e continua a confondere i fatti con la fantasia introducendo il concetto si “scenario” al posto del concetto di “modello”. Nel rif. [29] è data una chiara definizione di cosa questi signori intendano per “scenario”: “Le future emissioni di gas serra (GHG) sono il prodotto di sistemi dinamici moto complessi, determinate da forze come lo sviluppo demografico, lo sviluppo socioeconomico ed i cambiamenti tecnologici. La loto futura evoluzione è altamente incerta; gli “scenari” sono delle immagini alternative tra loro di come il futuro si andrà realizzando e costituiscono uno strumento adeguato per analizzare come le forze spingenti possono influenzare l’andamento delle emissioni future ed risolvere le incertezze a loro associate. Gli scenari ci assistono nell’analisi dei cambiamenti climatici, incluso la messa a punto dei modelli di simulazione del clima e la stima/valutazione delle azioni di adattamento e mitigazione. La possibilità che ogni singolo percorso emissivo si verificherà effettivamente come descritto dagli scenari è molto incerta” È del tutto evidente che questa è la descrizione di un metodo pseudo-scientifico (nel senso di nonscientifico), che però è la base dell’approccio dei cosiddetti esperti dell’IPCC. Il prossimo meta-piano “oltre la fisica” potrebbe essere costituito da un questionario tra gli scienziati – peraltro già messo in piedi da von Storch [204] - o, finalmente, un voto democratico sulla validità delle leggi fisiche21. La scienza esatta verrebbe sostituita da metodologie sociologiche che coinvolgerebbero l’analisi di campo della statistica e le regole d’ordine “democratiche”. Questo è del tutto in armonia con la definizione di scienza invocata dal website “scientifico” RealClimate.org, che prevede in qualche modo come parte del loro programma “scientifico” affermazioni di fuoco, attacchi personali e offese contro gli autori. 4.3.3. Conclusione (Conclusion, pag.90) Un’analisi statistica, non ha importanza quanto sia complicata, si basa in larghissima parte sul modello fisico sottostante; e se il modello non funziona allora anche l’analisi non funzionerà, producendo nient’altro che il nulla. Si può scoprire o attribuire qualcosa che non esiste per mere ragioni di principio, come nel caso dell’effetto serra della CO2. Ci sono molti problemi nella non-linearità, risolvibili e non risolvibili, ma i climatologi pensano di poterli risolvere tutti lavorando con approssimazioni grezze che producono 21 … ma niente paura, gli autori di quest’articolo non lo conoscevano, ma noi si: tra un po’ ci penserà Casaleggio, con una sondaggio–votazione-consultazione sul WEB in cui, oltre a spiegare preventivamente ai suoi aficionados “cos- èbene-che-sia-bene-e-cosa-è-bene-che-sia-male-sennò-VAFFA”, si introdurrà anche un’altra variabile, il controllo della “pulizia” del sistema di voto, ndt conclusioni non-fisiche, che devono comunque essere corrette con metodi mistici – i “flussi di controllo” del passato o, ai giorni nostri, gli oscuri “assemblaggi di medie di dati provenienti da differenti istituti di climatologia” – escludendo “a mano” i risultati accidentali (che comunque vengono fuori anche da questi modelli strampalati, ndt) che invece parlano di “raffreddamento globale” [154], continuando la tradizione della climatologia globale ispirata all’effetto serra atmosferico che si regge su medie fisicamente prive di significato e su applicazioni della matematica statistica senza significato fisico alcuno. In conclusione, tutta la teoria che vuole la CO2 colpevole del riscaldamento globale antropogenico che deriva dalle simulazioni al computer è una faccenda che “abita” fuori dalla scienza. da “Falsification Of The Atmospheric CO2 Greenhouse Effects Within The Frame Of Physics” , Version 4.0 (January 6, 2009) di GERHARD GERLICH e RALF D.TSCHEUSCHNER 5. Sommario per Fisici. (Physicist’s Summary, pag.92-94) L’ampia discussione condotta sin qui sul problema del trasporto di calore planetario nella cornice della fisica teorica e della termodinamica applicata ha prodotto i seguenti risultati: 1. Non esiste nessuna relazione fisica comune tra il fenomeno di riscaldamento in una serra di vetro reale e il fittizio effetto serra atmosferico, in grado di spiegare i fenomeni di rilievo che si osservano. I termini “effetto serra” e “gas serra” sono volutamente fuorvianti (e questo è grave, specialmente da un punto di vista etico e civile …, oltre che scientifico! ndt) 2. Non c’è nessun calcolo in grado di definire la temperatura media di un pianeta: con o senza atmosfera con o senza moto rotatorio del pianeta con o senza gas serra in grado di assorbire la radiazione infrarossa. La spesso citata differenza di 33°C attribuita all’effetto serra dell’atmosfera è quindi un valore senza senso alcuno. 3. Qualunque bilancio della radiazione per il flusso medio radiante è del tutto irrilevante ai fini di determinare la temperatura al suolo dell’aria e pertanto anche del suo valor medio. 4. La temperatura media non coincide con la radice quarta delle medie delle quarte potenze della temperatura assoluta (la media di più valori non coincide con radice n-ma delle medie delle potenze nme di quei valori: è una cosa che viene dalla matematica elementare, in un caso semplice binario ,ovvero – , ndt) 5. Non sono la radiazione ed i flussi termici radianti a determinare la distribuzione di temperatura ed i loro valori medi. 6. La re-emissione è un fenomeno diverso dalla riflessione e in nessun modo può scaldare l’aria a il livello del suolo, perché ciò trasporterebbe energia in senso opposto alla direzione naturale del flusso termico (direzione che è quella che va dalle aree ad alta verso quelle a bassa temperatura, ndt) senza spendere lavoro meccanico (secondo principio della termodinamica, ndt). 7. L’aumento di temperatura previsto dai modelli al computer sul clima dell’IPCC sono possibili solo secondo un meccanismo termodinamico di moto perpetuo di secondo genere. La cosa diventa plausibile in questi modelli perché si fissa arbitrariamente a zero la conducibilità termica dell’atmosfera, che è un’assunzione non fisica. Smette di essere un moto perpetuo di secondo genere se si accetta il “fittizio” bilancio radiante medio, che però non ha nessuna base fisica. 8. Dopo Schack (1972), nessuno può ignorare che è il vapor d’acqua il responsabile della maggior parte dell’assorbimento della radiazione infrarossa nell’atmosfera terrestre. La lunghezza d’onda della porzione di radiazione che può essere assorbita dalla CO2 è solo una piccolissima frazione dell’intero spettro infrarosso e non aumenta granché aumentandone al concentrazione22 22 Ndt: in assoluto la quota di radiazione infrarossa che la CO 2 è in grado di assorbire è una piccolissima percentuale del totale della radiazione infrarossa; inoltre, a 50 ppm di CO2, il grosso di questa piccolissima 9. L’assorbimento dell’infrarosso non implica il “retro riscaldamento”. Piuttosto, porta ad un raffreddamento della temperatura della superficie esposta alla radiazione. 10. Nei modelli di trasporto radiante con l’assunzione dell’equilibrio termico locale, si assume che la radiazione assorbita è trasformata in agitazione termica di tutte le molecole gassose. Non c’è nessun incremento di re-emissione selettivo della radiazione infrarossa alle basse temperature dell’atmosfera terrestre. 11. Nei modelli climatici, si tiene conto dei meccanismi planetari ed astrofisici in maniera del tutto inappropriata. La dipendenza dal tempo dell’accelerazione di gravità da parte della Luna e del Sole (alte e basse maree) nonché la situazione geografica locale, importantissima per il clima locale, non possono essere proprio considerate in quei modelli. 12. Le scoperte, le attribuzioni, le predizioni dei modelli computerizzati di sistemi caotici ed il concetto di “analisi di scenario” sono cose estranee alle scienze esatte, in particolare estranee alla fisica teorica. 13. La scelta di un appropriato metodo di discretizzazione e la definizione di appropriati vincoli dinamici (“flux control”) come parte integrante di un modello computerizzato non sono altro che un'altra forma di interpolazione di dati. Il fisico-matematico von Neumann una volta disse ai suoi giovani collaboratori: “Se mi lasciate 4 gradi di libertà, posso costruirvi un modello matematico che descrive esattamente tutto quello che può fare un elefante. Se però mi lasciate anche un quinto grado di libertà, il modello che avrò costruito prevederà che … l’elefante sia in grado di volare!” (cf.ref.[185]) 14. Gli operatori derivativi di ordine superiore al primo (ad esempio, l’operatore Laplaciano) non possono mai essere rappresentati su una griglia lineare, peggio ancora se a maglie ampie. Pertanto una descrizione della conduzione termica nei modelli computerizzati globali è impossibile. La conduzione di calore non può essere rappresentata su una griglia a maglie larghe. 15. I modelli computerizzati di sistemi caotici a molte dimensioni, meglio descritti da sistemi di equazioni non lineari alle derivate parziali (come le equazioni di Navier-Stokes), differiscono in maniera fondamentale da quei calcoli ai quali si può applicare la teoria della perturbazione e nei quali – se si dispone di potenza numerica sufficiente – si possono ottenere (in maniera ricorsiva, per successivi affinamenti delle stesse condizioni al contorno, ndt ) risultati via via migliori. Al più, questi modelli computerizzati (nel caso dei sistemi caotici di cui sopra, ndt) possono essere considerati alla stregua di giochi euristici. 16. La climatologia interpreta in maniera profondamente sbagliata il concetto di imprevedibilità del caos (noto come “butterfly effect”, effetto-farfalla … secondo il quale è possibile che un battito d’ali di farfalla a Napoli possa provocare un uragano nel Pacifico, ndt) considerandolo un altro attentato alla salute della Terra. In altre parole: già l’effetto serra naturale è un “mito” fuori dalla realtà fisica. Ma l’effetto serra connesso alla CO2 è addirittura un “miraggio” [205]. L’orrida visione del livello degli oceani che si innalza, le calotte polari che si sciolgono, e lo sviluppo di deserti in nord America ed Europa sono conseguenze fittizie di un meccanismo fisico inesistente e non ce n’è traccia nemmeno nei modelli computerizzati (sbagliati, ndt) della climatologia globale. Le emergenze degli uragani e dei tornado non può essere prevista dai modelli frazione è stata già assorbita; e, quindi, passando da 50 a 500 o anche 5000 ppm di CO2 non cambia in maniera sostanziale l’ulteriore assorbimento perché l’assorbimento non è un fenomeno lineare, ndt) climatici, in quanto tutte queste deviazioni della natura non hanno regole (operativamente utilizzabili, perché troppo complicate e con troppi parametri!, ndt ). La strategia principale dei difensori dell’effetto serra da CO2 sembra un gioco a nascondino dietro tante e tante pseudo spiegazioni, che non fanno parte della cultura accademica o anche di una semplice istruzione fisica di base. Un esempio eclatante sono i calcoli che fanno sul meccanismo radiate del trasporto di energia, che probabilmente non è molto conosciuto dalla maggioranza di questi signori. Un altro esempio è il cosiddetto meccanismo del “feedback”, introdotto per amplificare un effetto che non solo è marginale, ma proprio non esiste affatto. È evidente che i difensori dell’effetto serra da CO2 rifiutano di accettare come spiegazione un qualsiasi calcolo riproducibile e sono diventati su questo dei fanatici, dei soggetti “irriducibili”. Un fisico teorico deve protestare per la mancanza di trasparenza e dovrebbe protestare anche per lo stile della discussione scientifica quando gli avvocati della tesi dell’effetto serra affermano che “la discussione è chiusa” o gettano discredito su argomenti solidi dicendo che sono “questioni di ieri e del giorno prima di ieri”23. NELLE SCIENZE ESATTE, IN PARTICOLARE IN FISICA TEORICA, LA DISCUSSIONE NON È MAI CHIUSA E VA CONTINUATA ALL’INFINITO, ANCHE SE SONO DISPONIBILI LE DIMOSTRAZIONI DEI TEOREMI. Indipendentemente dallo specifico campo di studio, una regola minima di base dovrebbe essere sempre soddisfatta in scienze naturali, anche in campi come la meteorologia, che sono metodologicamente un pò “a parte” rispetto alla fisica: ovvero, almeno tra esperti, i risultati e le conclusioni dovrebbero essere comprensibili o riproducibili. Come pure ci dovrebbe essere una chiara distinzione tra ciò che è una teoria e ciò che è invece un modello da un lato, e tra ciò che è modello e ciò che è scenario dall’altro, come ben chiarito dalla Filosofia della Scienza. Questo significa che se si vuole che i risultati delle simulazioni al computer siano qualcosa di più che una semplice speculazione, allora – oltre ad esaminare la stabilità numerica e le stime degli effetti di tanti e vaghi parametri – almeno le semplificazioni delle equazioni fisiche originali dovrebbero essere esposte con chiarezza ed in maniera critica. Non devono essere le critiche a stimare gli effetti delle approssimazioni, ma dovrebbero essere gli scienziati stessi che le fanno le simulazioni computerizzate a spiegarle quelle approssimazioni. “Il riscaldamento globale è una cosa buona … L’effetto netto di un moderato riscaldamento globale è positivo” (Singer).24 In ogni caso, è estremamente interessante studiare le dinamiche e le cause delle variazioni di lungo termine del clima. Che però non era lo scopo di questo lavoro. QUELLO CHE ABBIAMO DISCUSSO QUI È LA RISPOSTA ALLA DOMANDA SE IL SUPPOSTO EFFETTO ATMOSFERICO AVESSE UNA BASE FISICA. La risposta è limpida: COSÌ NON È. In estrema sintesi: NELLA FISICA TEORICA E NELLA TERMODINAMICA APPLICATA NON C’È NESSUN EFFETTO SERRA ATMOSFERICO, ED A MAGGIOR RAGIONE LEGATO ALLA CO2. PERCIÒ È ASSOLUTAMENTE ILLEGITTIMO DEDURNE PREDIZIONI O SOLUZIONI CONSULENZIALI PER L’ECONOMIA O LA POLITICA INTERGOVERNATIVA DEGLI STATI DI QUESTO PIANETA. 23 24 È una frase usata da von Storch nel ref.[1] Cf. sommario di Singer alla conferenza di Stoccolma del 2006 [1]