scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 27 marzo 2015
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
27/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
I test psicoattitudinali una volta soltanto a inizio carriera per avere il brevetto
5
27/03/2015 Il Sole 24 Ore
I test e la scienza
6
27/03/2015 Il Sole 24 Ore
Sistema da rivedere
8
27/03/2015 La Repubblica - Napoli
"Insufficiente la lettera di Chiamparino sulla sanità il Sud discriminato"
10
27/03/2015 La Repubblica - Torino
"Progetto entro l'anno è la grande occasione"
11
27/03/2015 La Repubblica - Torino
Via al Parco della Salute "Ce lo chiede il governo ma adesso acceleriamo"
13
27/03/2015 La Stampa - Nazionale
Lo psichiatra: è difficile riconoscere un depresso
15
27/03/2015 La Stampa - Nazionale
Ospedali, il futuro arriva nel 2020
16
27/03/2015 La Stampa - Torino
San Luigi, accuse alla Regione "Ci stanno smantellando"
18
27/03/2015 Il Giornale - Nazionale
Un controllo automatico dell'erogazione di insulina
19
27/03/2015 Il Giornale - Nazionale
In ospedale coi superbatteri
20
27/03/2015 Il Giornale - Nazionale
Arriva il kit per prevenire le ustioni domestiche dei bambini
21
27/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Ancona
«Resteremo senza ospedali»
22
27/03/2015 Avvenire - Nazionale
UNA PILLOLA, TROPPI DUBBI
23
27/03/2015 Avvenire - Nazionale
«Ricoverare i pazienti in reparti non adatti fa raddoppiare la mortalità in urgenza»
24
27/03/2015 Avvenire - Nazionale
Pillola dei 5 giorni, «l'Aifa sbaglia»
25
27/03/2015 Avvenire - Milano
Alleanza per il welfare tra Asl e aziende
26
27/03/2015 ItaliaOggi
Trecento aspiranti medici ora potranno specializzarsi
27
27/03/2015 ItaliaOggi
Medicina difensiva, ok alla Commissione ad hoc
28
27/03/2015 ItaliaOggi
Leucemie, Ail vara «Progetto sostegno» per agevolare il dialogo medici-pazienti
29
27/03/2015 Il Venerdi di Repubblica
Altezza? Il Dna conta solo al 50 per cento
30
27/03/2015 L'Espresso
Da Mirandola al Texas
31
27/03/2015 L'Espresso
Chi ha paura della scienza
32
27/03/2015 L'Espresso
Il vaccino che non fa fop
36
27/03/2015 Osservatore Romano
Obama rivendica il successo della riforma sanitaria
37
27/03/2015 Corriere della Sera - Sette
I farmaci? Ok, il prezzo è giusto. O no?
38
27/03/2015 Internazionale
Willie Parker Scelta di vita
39
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
27 articoli
27/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 9
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Il caso
I test psicoattitudinali una volta soltanto a inizio carriera per avere il
brevetto
Andrea Pasqualetto
Se la verità è questa, se è così sconvolgente, le domande sono inevitabili: come viene controllata la salute
mentale di un pilota? Chi lo fa, quando? Per l'aviazione civile esiste un protocollo dell'Agenzia europea per la
sicurezza aerea (Easa) al quale si devono attenere tutti i Paesi dell'Unione. Ogni equipaggio, cioè ogni pilota
e ogni assistente di volo, viene sottoposto a una visita medica periodica: annuale fino ai 40 anni, semestrale
per gli over. In Italia gli esami si fanno all'Istituto di medicina aerospaziale dell'aeronautica militare, a Roma e
Milano, e nei laboratori certificati dall'Enac.
Visita medica però non significa diagnosi psicologica. «Il test psicoattitudinale per il rinnovo del brevetto viene
attivato solo nel caso in cui ci siano degli indicatori che fanno pensare a qualche problema di questa natura,
da sottoporre a un controllo più approfondito da parte di medici militari specializzati», spiega il generale
Domenico Abbenante, medico militare psicologo dell'Istituto di medicina aerospaziale. Un test completo,
eseguito da un pool di medici e comprensivo della visita psicoattitudinale, si fa solo a inizio carriera, per avere
il brevetto. Cosa prevede esattamente questo controllo?
«Si tratta del Minnesota test, riconosciuto a livello mondiale. Centinaia di domande che servono a valutare la
personalità del soggetto ed eventuali problemi: dall'ipocondria alla depressione ai vari disagi di tipo psichico.
Ci sono questionari scritti, seguiti da un colloquio approfondito».
Altri interrogativi: è sufficiente un questionario di questo genere? Il pilota non potrebbe bluffare solo per
ottenere il brevetto o il rinnovo? E anche se non bluffa, non ci potrebbe essere un condizionamento emotivo
nel momento in cui viene esaminato? Insomma: qual è l'attendibilità di questi test? «È chiaro che qualsiasi
valutazione psicologica ha sempre un margine di errore e un valore temporaneo - considera Andrea Castiello
d'Antonio, psicoterapeuta e psicologo dell'Aviazione, che si occupa di selezione di piloti per grandi gruppi
industriali -. Cambia la persona, cambiano l'ambiente e le condizioni di vita, sociali, individuali, familiari. Un
grosso trauma può essere decisivo». La mente umana è plastica e quasi sconosciuta e quindi imprevedibile.
«Possiamo fare questionari di personalità, test di Rorschach, diagnosi psicologiche in profondità, interviste di
gruppo. Queste sono le armi che abbiamo a disposizione. Non altro. Certo, è anche vero che non si
effettuano più valutazioni psicologiche approfondite e questo crea un'ulteriore zona cieca». Nel caso del
disastro di Le Vernet, d'Antonio vede una depressione del pilota «come indicherebbe la lenta discesa
dell'aereo, un po' quella di chi si lascia morire di fame».
Ma c'è anche chi vede un caso di omicidio plurimo-suicidio e scomoda il massimo filosofo della materia,
Émile Durkheim, e chi tira in ballo Melanie Klein sulla psicanalisi materna, come lo psicoterapeuta Gianmaria
Occhi: «Le fantasie di lunga data lasciano tracce profonde». Tracce che i test spesso non vedono.
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Foto: d
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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NUOVI CONTROLLI ANTISTRESS
I test e la scienza
di Gilberto Corbellini
È possibile che una delle più sicure compagnie aeree, Lufthansa, abbia reclutato un pilota aspirante suicida,
ovvero predisposto ad andare in sovraccarico e quindi a diventare depresso come conseguenza di stress
prolungato? In altre parole, può essere che i test psicometrici a cui sono sottoposti i piloti per rilevare
eventuali vulnerabilità psicologiche non abbiano consentito di capire che a quell'uomo non si doveva lasciar
pilotare un aereo?
Continua pagina 4
Continua da pagina 1
In altre parole, può essere che i test psicometrici a cui sono sottoposti i piloti per rilevare eventuali
vulnerabilità psicologiche non abbiano consentito di capire che a quell'uomo non si doveva lasciar pilotare un
aereo? Per la verità non ci sono ancora prove, ma solo congetture quelle che portano la procura di Marsiglia
a sostenere che Andreas Lubitz avrebbe intenzionalmente fatto precipitare il volo Germanwings 9525 da
Barcellona a Düsseldorf, per uccidersi insieme ad altre 149 persone. E forse sarebbe stata opportuna
maggiore prudenza prima di accusare pubblicamente il ventottenne di un atto tanto sciagurato, con le
conseguenti ripercussioni sulla vita dei familiari. Non si può ancora negare che ad esempio egli non abbia
aperto al comandante perché impegnato nel tentativo di evitare una tragedia che già risultava inevitabile,
anche perché l'andamento della discesa è regolare ma rapido. Se si consultano i blog degli esperti di voli
aerei, l'ipotesi del suicidio è al momento ritenuta ancora una delle ipotesi su cui lavorare. Per esempio, il
giornalista scientifico Gianfranco Bangone, rileva nel suo blog analogie con altre situazioni rischiose che si
erano già presentate in passato per l'Airbus A320, e vede una possibile spiegazione di quanto accaduto nel
fatto che questa aviomacchina dipende da controlli automatici che se vanno in avaria non possono facilmente
essere disinseriti per passare al volo manuale (http://gianfrancobangone.net/2015/03/25/lincidente-del-320-infrancia-ha-dei-precedenti/). Per sapere come è davvero andata bisognerà aspettare l'analisi del dispositivo
che registra le tracce di volo e i cambiamenti eventualmente messi in atto con intento suicida.
Ma prendiamo seriamente l'ipotesi avanzata pubblicamente e ufficialmente dal procuratore di Marsiglia che
sta conducendo l'indagine, ovvero che si tratti di un suicidio del pilota. Se davvero fosse così, come si tende
a dare per scontato anche perché drammatizza ancor di più il fatto, allora le compagnie aeree e il sistema dei
trasporti aerei dovrebbero interrogarsi sull'efficacia delle procedure di un reclutamento dei piloti, dato che non
garantiscono per la loro stabilità psicologica, ovvero se esiste qualche nuovo fattore di stress rispetto al quale
i controlli e le valutazioni non sono sufficientemente sensibili. Di fatto sono 7-8 i disastri aerei accaduti
nell'ultimo decennio per i quali si sospetta, e in qualche coso si ha la prova, di un suicidio del pilota, che è
peraltro abbastanza difficile da dimostrare e rimane l'ultima spiegazione in assenza di qualunque elemento di
prova alternativo. Ma proprio per il fatto che il carico lavorativo dei piloti di aerei è aumentato e i rischi di
depressione da burnout sono quindi sensibilmente superiori, si deve fare più attenzione. La responsabilità di
quanto accaduto non può certamente ricadere sul povero Lubitz, anche nel caso in cui egli avesse guidato
intenzionalmente il velivolo a schiantarsi sulle montagne della Provenza. Lufthansa doveva vigilare meglio
sulla stabilità psicologica dei suoi piloti e gli enti di vigilanza dovrebbero richiedere controlli psicometrici più
mirati e frequenti.
Sarebbe anche importante non sottovalutare il carico che la depressione oggi rappresenta nei paesi
occidentali, dove di fatto è ancora stigmatizzata (come altre malattie mentali) e quindi mantenuta nascosta
per timore dei giudizi sociali o perché si crede che sia possibile controllarne gli effetti tramite la cosiddetta
"volontà". I pregiudizi e le ingenue credenze sono le ragioni per cui i malati non ricorrono alle cure, che
consentirebbero loro prevenire i danni che possono fare a sé e agli altri.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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LE FALLE NELLA SICUREZZA
Sistema da rivedere
Gianni Dragoni
di Gianni Dragoni
La spiegazione dell'atto volontario, cioè di un suicidio del pilota rimasto solo nella cabina dell'Airbus 320 di
Germanwings, solleva interrogativi sulla sicurezza e sui controlli medici e psichici sui piloti.
ROMA
Continua da pagina 1
Prima di analizzare questi controlli, è opportuno segnalare un altro interrogativo che circola tra molti
osservatori: se le cose fossero andate davvero così, sarebbero da escludere i sospetti su altre cause.
Lasciando da parte le ipotesi di terrorismo (al momento considerate prive di indizi), ci si potrebbe interrogare
su eventuali problemi del velivolo, un Airbus del tipo più diffuso e collaudato, sono più di 6mila gli A320 in
servizio, superati solo dal Boeing 737. C'è un particolare da tenere a mente: l'Airbus schiantatosi sulle Alpi
francesi aveva 24 anni, età che non mette un aereo fuorilegge ma è molto avanzata, più del doppio dell'età
media dell'intera flotta Lufthansa o Air France, per esempio. Airbus è un grande gruppo industriale di
successo, i suoi azionisti di controllo sono lo Stato francese, la Germania e lo Stato spagnolo, le 150 vittime
dell'Airbus appartengono a questi tre Stati. Se la colpa è del pilota, i tre governi e gli azionisti si sentono più
sollevati.
I controlli medici sono regolati da norme internazionali emanate in Europa dall'Easa, l'autorità europea della
sicurezza dell'aviazione. Per diventare piloti nel trasporto aereo commerciale bisogna ottenere una
certificazione di idoneità psicofisica, che viene rilasciata dopo una visita medica molto approfondita presso
centri autorizzati - nel caso italiano - dall'Enac, l'autorità nazionale della sicurezza per l'aviazione civile. Per il
«primo rilascio» della licenza l'Enac riconosce solo tre centri aeromedici, tutti dell'Aeronautica militare, a
Milano, Roma e Bari.
Il certificato medico è valido per 12 mesi. Quindi i piloti devono sottoporsi a visita medica almeno una volta
all'anno. Dopo i 60 anni la visita va fatta ogni sei mesi, cioè due controlli all'anno. In questi casi, il «rinnovo»,
la visita medica si può fare in un numero più vasto di centri medici, non solo quelli dell'Aeronautica militare,
purché sempre ricosciuti dall'Enac: le visite specialistiche sono meno approfondite di quella iniziale. «Lo
piscologo? La visita l'ho fatta la prima volta, quando ho ottenuto la licenza di pilota, poi non l'ho più visto»,
dice un pilota che ha poco più di 50 anni.
Queste regole, applicate in Italia dall'Enac, sono uniformi e valgono per tutti i paesi europei, a condizioni di
reciprocità. Per esempio un pilota che opera in Italia può fare le visite mediche in un altro paese europeo,
purché in un centro riconosciuto dall'autorità di sicurezza di quel paese. Molti piloti stranieri che lavorano per
easyJet a Milano, raccontano fonti del settore, fanno le visite mediche di controllo in Svizzera, a Lugano,
presso un centro specializzato, forse anche per via della lingua inglese.
Dopo i 60 anni di età i controlli si fanno due volte l'anno, perché il certificato medico ha validità di sei mesi.
«Ma fino all'anno scorso la visita ogni sei mesi era obbligatoria per i piloti che avevano compiuto 50 anni. C'è
un allentamento», dice un pilota. I medici che fanno i controlli periodici possono, in base ai risultati, chiedere
visite a minor intervallo di tempo o imporre una sospensione dell'attività per alcuni mesi se trovano parametri
fuori norma.
Non ci sono solo i controlli obbligatori. Alcune compagnie hanno o avevano centri volontari di ascolto per i
problemi dei piloti, detti Pag, «pilot advisory group», con l'assistenza di psicologi e altro personale
specializzato. Per problemi familiari, depressione, uso di droghe, qualunque cosa. Anche l'Alitalia aveva il
Pag e molti piloti si rivolgevano a questo sportello. Ma con i tagli progressivi per ridurre i costi il centro è stato
soppresso, una decina di anni fa.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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LA PAROLA
CHIAVE
Enac
È l'ente nazionale per l'aviazione civile, istituito nel 1997. Ha il compito di regolazione dell'aviazione civile e si
occupa dei controlli e della vigilanza. Cura l'applicazione delle norme adottate e della disciplina degli aspetti
amministrativo-economici del sistema del trasporto aereo. Tra i compiti più importanti c'è il controllo della
sicurezza nella doppia accezione di sicurezza della progettazione e manutenzione dei velivoli e sicurezza, a
bordo e a terra, per la prevenzione degli atti illeciti 1 2 3 4 6 8 9 0 # 7 5 In seguito agli attentatidell'11/9, in
tutto il mondo vennero introdotte nuove norme di sicurezza per rinforzare gli accessi alla cabina di pilotaggio
Negli Stati Uniti - ma finora non in Europa - un assistente di volo deve entrare in cabina nel caso uno dei due
piloti resti da solo. Dopo il disastro dell'Airbus anche diverse compagnie europee hanno adottato questa
norma In passato i piloti e gli assistenti erano in grado di fare irruzione nella cabina di pilotaggio, se
necessario: le nuove porte blindate lo rendono impossibile. Come nel caso del volo 4U9525 Accanto alla
porta della cabina di pilotaggio un aereo deve avere un pannello con una tastiera: un assistente di volo può
accedere alla cabina inserendo un codice Dall'interno, il pilota ha la possibilità di bloccare la porta se ritiene
che la procedura di accesso non sia stata eseguita correttamente, per esempio da un attentatore Porta
cabina pilota no si si copilota assistente di volo Se il «nemico» è all'interno
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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La Repubblica - ed. Napoli
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Insufficiente la lettera di Chiamparino sulla sanità il Sud discriminato"
« UNA lettera insufficiente».
Stefano Caldoro giudica così la missiva inviata al governo da Sergio Chiamparino, presidente della
Conferenza della Regioni sul team sanità. Secondo il presidente della Campania «la lunga lettera di
Chiamparino al premier Matteo Renzi e al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, manca di un elemento
determinante per rendere effettivamente universale il diritto alla salute: quello di un più giusto equilibrio di
risorse su base nazionale». Un tema su cui Caldoro batte da tempo.
«L'attuale sistema - aggiunge - determina una differenza dei cittadini su base territoriale di circa 60 euro procapite. Fra una Regione e l'altra ci sono evidenti disparità. Chi ha la sfortuna di nascere in alcune Regioni,
prevalentemente del Sud, è condannato ad avere meno sanità per tutta la vita».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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STEFANO CALDORO
27/03/2015
La Repubblica - ed. Torino
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Progetto entro l'anno è la grande occasione"
SARA STRIPPOLI
L'ASSESSORE regionale alla Sanità, Antonio Saitta, ora neè certo: «Entro l'anno riusciremoa raggiungerei
due obiettivi che ci siamo prefissati, e che il governo ci chiede, per fare del Parco della Salute sull'ex Fiat Avio
una realtà».
QUALI sono questi obiettivi, assessore Saitta? «Il nuovo accordo di programma e il master plan.
Raggiungendoli avremo tutte le condizioni per accedere al finanziamento».
Assessore, Roma vi invita a presentare un progetto di rilevanza nazionale. Ce la faremo? «L'iter era avviato,
ma abbiamo avuto indicazioni da Roma che per avere accesso ai fondi era meglio arrivare con il progetto il
più presto possibile. Così abbiamo accelerato, questa occasione non si può perdere. Il nostro metodoè del
tutto diverso da quello del passato».
Quando partirà il cantiere? «Barerei se azzardassi una data. Bisogna prima chiarire il tema dei finanziamenti.
Ma non ha più alcun senso andare avanti così, spendiamo 20 milioni all'anno di manutenzione, una follia».
Parliamo delle risorse, allora.
Dove troviamo i soldi? «Con Chiamparino stiamo lavorando e saremo a Roma proprio mercoledì prossimo.
Uno dei canali è senza dubbio quello dei fondi europei e lo abbiamo chiarito anche nel protocollo d'intesa. In
questo caso le risorse potrebbero arrivare sul capitolo dell'innovazione, non sull'edilizia sanitaria, e ci sta
lavorando l'assessore Giuseppina De Santis. Nel tempo potrebbero poi arrivare risparmi e quindi potremmo
avere fondi regionali da utilizzare. Avremo anche una quota che proviene dai fondi liberati, la vendita di parte
di Molinette, degli altri ospedali.
Fondamentale è il tema del coinvolgimento dei privati, non dimentichiamo che nella partita ci sono anche le
Ferrovie. Dobbiamo costruire anche una parte residenziale e in questo i privati possono avere un ruolo. Per
tutta la parte dei finanziamenti utilizziamo Finpiemonte».
Chi gestirà invece il progetto in ambito sanitario? «Dentro Ires abbiamo buone competenze che possono
essere utili. Persone esperte in grado di occuparsi anche dell'edilizia sanitaria». Quanto può costare il Parco
della salute? «Finora si è parlato di 900 milioni ma a mio avviso si può realizzare con 700. Diciamo che in
media la nuova edilizia in ambito ospedaliero fissa un costo di 600mila euro a posto letto. Servirebbero quindi
400 milioni per l'ospedale. Poi ci sono gli spazi per la didattica, la ricerca, gli incubatori». Siamo partiti da
un'ipotesi di 850 posti letto, oggi ne indicate 700, cos' è cambiato? «Questi sono i nuovi standard europei
sugli ospedali d'avanguardia. Qui traslocheranno le eccellenze della sanità e dovrebbero essere sufficienti.
Non tutto quello che si fa ora alla Città della salute è alta intensità».
Servirà un ospedale che accolga i pazienti meno gravi. Si stava studiando l'ipotesi del Cto per realizzare una
struttura di 450 posti per la media e bassa intensità. Oggi lei ha accennato all'idea che possano essere le
vecchie Molinette a doversi riconvertire. Pensa sia possibile gestire il transitorio? «Prima di decidere
dobbiamo valutare tutti gli aspetti, vantaggi svantaggi, pro e contro. Per ora tutte le ipotesi sono aperte. Nel
frattempo limiteremo allo stretto indispensabile tutti gli interventi sui reparti destinati ad essere trasferiti nel
Parco».
Rispetto ai numeri attuali perderemo quasi mille posti letto. Dove li troviamo? «All'interno della rete
ospedaliera in parte. E comunque siamo dentro i parametri indicati nel nuovo piano di revisione della rete
ospedaliera». Un metodo nuovo, diceva.
Quale? «Grande pragmatismo, si procede tappa per tappa. Contrariamente a quello che si è fatto in passato
dove la gestione era prima dell'Aress, poi dell'azienda, questa volta a governare il processo è la Regione.
Ovviamente nella massima trasparenza».
ASSESSORE ALLA SANITÀ ANTONIO SAITTA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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L'INTERVISTA/ SAITTA
27/03/2015
La Repubblica - ed. Torino
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
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Mille posti letto persi? Li recupereremo in altri ospedali ma anche così restiamo nei parametri
PER SAPERNE DI PIÙ Foto, video e approfondimenti su torino.repubblica.it
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
La Repubblica - ed. Torino
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Via al Parco della Salute "Ce lo chiede il governo ma adesso acceleriamo"
Chiamparino firma il protocollo tra istituzioni Sull'ex Fiat Avio 700 posti letto d'eccellenza Il governatore: "C'è
mezzo miliardo pronto nella legge di stabilità, se saremo veloci sistemeremo Torino e Novara" Entro due
settimane partirà la "cabina di regia" regionale Soddisfazione da sindaco, rettore e vertici sanitari: "È la volta
buona"
(s.str.)
IN 14 anni di protocolli d'intesa ne sono già stati firmati tre, ma questa volta l'auspicio è che arrivi anche la
posa della prima pietra. Sergio Chiamparino scherza sulla spada di Damocle delle dimissioni annunciate per
luglio e dice di essere ottimista di poter essere lui il presidente che taglierà il nastro nel giorno
dell'inaugurazione del cantiere.
Ieri Regione, Comune di Torino, Università degli Studi e Ferrovie hanno firmato il protocollo d'intesa del
"Parco della Salute, della ricerca e dell'innovazione", un ospedale all'avanguardia di 700 posti letto per cure di
altissima intensità sul'area dell'ex Fiat Avio dove troveranno posto i migliori nomi della sanità piemontese. Da
integrare con un polo didattico, uno per la ricerca clinica di base, un bioincubatore. «Proprio in questi giorni,
durante gli incontri della Conferenza delle Regioni - ha spiegato Chiamparino - il ministero del Tesoro ci ha
invitato a presentare un progetto di livello nazionale e internazionale. Una richiesta esplicita che ci arriva
anche per la fiducia che il ministero ripone nella squadra di vertice della nostra sanità, l'assessore Saitta e il
direttore regionale Moirano. Ci sono 500 milioni all'interno del capitolo della legge di stabilità, se saremo
veloci potremmo accedere a quel capitolo sia per Novara, dove il progetto è più avanzato, sia per Torino,
dove siamo chiamati ad andare spediti. Un'occasione irripetibile».
Entro due settimane partiranno la "cabina di regia", presieduta dalla Regione, e una segreteria tecnica che
seguirà le fasi del progetto. Dovranno essere individuate le procedure più idonee per la realizzazione del
progetto, a partire dal quadro economico e tenendo conto dei contenuti della programmazione sanitaria. Il
cronoprogramma sarà presentato nei prossimi giorni e il primo passo sarà la firma del nuovo accordo di
programma, visto che a quello del 2009 non partecipava l'Università. Che adesso esprime la sua
soddisfazione per il traguardo ottenuto. «È un grande investimento - commenta il rettore Gianmaria Ajani che però eliminerà una quota significativa di spesa», mentre il direttore della scuola di medicina Ezio Ghigo
spera che il sogno possa davvero tradursi in realtà: «Una grande opportunità per consolidare la qualità della
nostra assistenza». Il direttore generale della Città della Salute, Gian Paolo Zanetta, si dice ottimista:
«Sarebbe importante per tutto il personale che ogni giorno lavora nei nostri ospedali».
Da sempre convinto nell'importanza di puntare in alto, ieri il sindaco di Torino Piero Fassino ha sottolineato
l'eccellenza del sistema sanitario piemontese: «Questo protocollo ci consente di consolidarlo e svilupparlo».
Con il Parco l'area, prosegue il sindaco, «si avvia diventare il terzo polo direzionale con quello del centro e
quello di Porta Susa». Per Palazzo Civico la parte operativa l'ha condotta l'assessore all'urbanistica Stefano
Lo Russo, convinto che puntare sull'area della Fiat Avio fosse la scelta migliore per la realizzazione di un polo
terziario avanzato. Ferrovie mette a disposizione, ha ricordato l'ad Carlo De Vito, anche le proprie aree per
tutte le attività necessarie agli approfondimenti tecnico-progettuali. Un tassello importante è l'integrazione con
due grandi progetti che Università e Politecnico stanno realizzando con la Città di Torino: su via Nizza il
progetto di raddoppio di Biotecnonologie, nelle arcate ex Moi la realizzazione di un Centro di ingegneria
medica a cui collaborano Scuola di medicina e Politecnico.
I PUNTI L'AREA Lo spazio nell'area dell'ex Fiat Avio ha grandi dimensioni, 160mila metri quadrati: oltre
96mila della Regione e 62mila delle Ferrovie dello Stato I COSTI La Regione pensa sia possibile realizzare il
nuovo Parco della salute con 700milioni.
Solo per l'ospedale si prevede un costo complessivo di 400 milioni LA CAPIENZA Il nuovo ospedale avrà
700 posti letto.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il pianeta sanità
27/03/2015
La Repubblica - ed. Torino
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'ospedale per l'area sud dovrebbe averne 450.
L'attuale Città della Salute, con i suoi quattro ospedali, ne ha adesso 2200
Foto: La mappa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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27/03/2015
La Stampa
Pag. 7
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Lo psichiatra: è difficile riconoscere un depresso
"Bisogna saper cogliere i segni sfumati"
MARIA CORBI ROMA
Giovanni Battista Cassano, psichiatra, professore emerito all'Università di Pisa, è uno dei massimi esperti di
depressione e di disturbo bipolare. E sul pilota della Germanwings che avrebbe portato se stesso e gli altri
149 passeggeri alla morte invita alla prudenza: «Intanto la diagnosi di depressione fatta da amici è molto
rischiosa, non mi sento di asserire che questo signore fosse un depresso, o un bipolare sulla base di questi
dati». Ma la depressione potrebbe spiegare questo gesto assurdo e spietato. «Partiamo dal fatto che il
cervello può ammalarsi in qualsiasi momento e coinvolgere funzioni che portano ad alterazione del giudizio,
della critica, del controllo degli impulsi, della coscienza della realtà e alla produzione anche improvvisa di
deliri megalomaniaci senza per forza appartenere a un disturbo bipolare o a una depressione». È possibile
non accorgersi di una persona depressa o comunque disturbata? Il pilota, Lubitz, aveva superato tutti i test
medici e psicologici. «La malattia può non essere riconosciuta neppure dal malato. Anzi molto spesso il
malato non sa di essere depresso e comunque lo nega». Ma i medici? «Molto spesso il disagio è colto dai
familiari e anche dai medici senza essere ricondotto a una precisa diagnosi clinica. Per i piloti è già in atto un
filtro molto severo, ma di fronte agli aspetti multiformi della malattia è difficile a volte coglierne la gravità».
Lubitz era molto grave, se è stato lui, come sembra, a portare a una morte terribile 149 persone. «È difficile
comunque stabilire se si sia trattato di un raptus melanconico o di un lucido progetto delirante che si è
tradotto progressivamente in un comportamento assurdo e distruttivo. Sempre premettendo di non poter
essere certo della diagnosi, si può riflettere su quel che sappiamo. E da alcuni elementi, come il fatto che il
pilota abbia chiuso la porta, potrebbe sembrare un'azione premeditata. Questo indicherebbe allora, più che
una depressione, un pensiero paranoide». Perché? Impossibile ormai avere questa risposta? «È un atto
inderivabile secondo la psicologia e il senso comune, non comprensibile, senza cogliere la malattia che ha
sconvolto alle sue fondamenta le principali funzioni del cervello». La cosa che fa paura è il confine
impercettibile tra normalità e follia. «In realtà per lo psichiatra non esiste la normalità, esiste un continuum tra
stato di salute e stato di malattia». Quello che lei dice è spaventoso. Non si può prevenire dunque? «Di fatto
la prevenzione si fonda sulla capacità di cogliere i prodromi della malattia, cioè le manifestazioni sub-cliniche,
sfumate, attenuate. Occorre una migliore conoscenza della psichiatria».
Foto: Lo psichiatra Giovanni Battista Cassano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Intervista
27/03/2015
La Stampa
Pag. 38
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Ospedali, il futuro arriva nel 2020
Siglato l'accordo: costerà 800 milioni, avrà 700 posti letto e spazi per la ricerca
[ALE.MON.]
Tempi rapidi, scadenze precise, idee chiare. Sono i tre presupposti dai quali riparte il percorso che entro
cinque-sei anni, se tutto filerà liscio, doterà Torino di un polo ospedaliero di alto livello. Per intenderci, la
famosa Città della Salute di cui si parla, rigorosamente a vuoto, dal 2002: 14 anni di confronti, polemiche,
masterplan che si allungano e si accorciano come fisarmoniche, aree individuate e poi sconfessate
(Grugliasco, Collegno, Molinette), finanziamenti ministeriali inesigibili e dirottati altrove. Tanto rumore per
nulla. Semaforo verde Adesso si fa sul serio. Ieri i rappresentanti di tutti i soggetti interessati - Regione
(Chiamparino, Saitta), Comune (Fassino, Lo Russo), Università (Ajani, Ghigo), Città della Salute (Zanetta),
Ferrovie (De Vito) - hanno firmato il protocollo d'intesa subito girato al Ministero dell'Economia e Finanze.
Punti d'intesa Diverse le novità rispetto alle roboanti promesse del passato. Definita l'area da 160 mila metri
quadri sulla quale sorgerà la struttura: in parte su terreni ex Fiat Avio, in parte su aree messe a disposizione
da Fs. Definito l'identikit: un polo avanzato, coerente con la revisione della rete ospedaliera, dove coniugare
posti-letto ad alta complessità, didattica, ricerca clinica e di base, bioincubatore, residenze universitarie.
Definito il collegamento con le trasformazioni previste o già esistenti negli ambiti limitrofi: «Arcate Moi»
(incubatore di imprese), Centro universitario di ricerca «Dental-School» al Lingotto, Centro universitario per le
Biotecnologie molecolari, ambito stazione Lingotto (strategica per l'accessibilità ferroviaria). Definito il numero
massimo di posti-letto: 700. Definita la «macchina», basata su una cabina di regia e su una segreteria
tecnica, incaricata di elaborare il progetto e seguirne l'iter: il cronoprogramma sarà messo a punto entro 15
giorni. I costi Diverse le variabili. La prima è il finanziamento di una realtà che, «chiavi in mano», sfiorerà gli
800 milioni: 400 solo per la parte ospedaliera. Si punterà sui fondi ministeriali e sui fondi europei, ma anche
sui privati. A detta di Chiamparino, il Ministero - preso atto della rinnovata «credibilità» della Regione l'ha
esortato a presentare progetti di edilizia sanitaria. I posti-letto La seconda variabile è la ripartizione dei 1.200
posti-letto delle vecchie Molinette: 700 troveranno spazio nel «Parco della Salute» (così è stato ribattezzato il
futuro polo ospedaliero). Dei restanti 500, spiega l'assessore Saitta, fautore dell'accelerazione che ha portato
all'intesa, 300-400 potrebbero restare in un'ala delle stesse Molinette (la meno compromessa). Gli altri
saranno spalmati sugli ospedali già presenti a Torino: compresi quelli che, con le Molinette, costituiscono
l'attuale azienda ospedaliera Città della Salute (Sant'Anna, Regina Margherita, Cto). Le variabili Ma in corso
d'opera le cose potrebbero cambiare, lasciando spazio ad un'altra combinazione: il Cto unico ospedale
dell'area sud a sopravvivere; le eccellenze della sanità dirottate nel «Parco della Salute»; il futuro del Regina
e del Sant'Anna da ridiscutere. Di sicuro il percorso (ri)avviato ieri è l'ultima occasione per dotare Torino di
quello che, ha detto Fassino, sarà il terzo polo direzionale dopo il centro storico e l'area di Porta Susa:
questione di credibilità verso Roma ma anche di tenuta delle Molinette, ormai a fine corsa. Ora o mai più.
2002
l'annuncio Il primo progetto di Città della Salute risale a 14 anni fa Mai attuato
500
posti in meno Le Molinette hanno 1200 posti. I 500 che non andranno nel nuovo polo verranno spalmati
160.000
metri quadri È l'estensione dell'area su cui sorgerà il nuovo polo medico e scientifico
Il progetto VIA PASSO BUOLE Oval Parco Ex Moi Lingotto VIA NIZZA PIAZZA GALIMBERTI - LA STAMPA
Palazzo unico della Regione VIA ZINO ZINI Area disponibile per la Città della Salute Stazione a ponte
Lingotto
Foto: REPORTERS
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Si chiamerà Parco della salute e sorgerà sui terreni ex Fiat Avio
27/03/2015
La Stampa
Pag. 38
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Foto: Al Moi Università e Politecnico
Foto: Agli ex mercati generali, accanto alla nuova Città della Salute, ci sarà un polo universitario per la ricerca
biomedica
27/03/2015
La Stampa - ed. Torino
Pag. 53
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San Luigi, accuse alla Regione "Ci stanno smantellando"
massimo massenzio
Nemmeno il tempo di gioire per le rassicurazioni sulla permanenza a Orbassano del centro per la cura delle
talassemie, che subito si registra un nuovo scontro fra il Comitato per la difesa del San Luigi e la Regione
Piemonte. Fuga verso il Mauriziano
A far scattare la protesta sono le due determine del direttore generale Fulvio Moirano, che stabiliscono il
trasferimento di numerose attività al Mauriziano. Per il Comitato si tratta di un «tradimento» delle promesse,
ma l'assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, ribatte: «Comprendo le preoccupazioni, ma mi sento in
dovere ancora una volta di ribadire che la Regione Piemonte rispetta l'impegno assunto con l'Università per
valutare tempi e modi di applicazione dell'accorpamento di alcune attività».
Parole che non tranquillizzano chi teme un progressivo ridimensionamento del San Luigi: «Ancora una volta
assistiamo a una fuga in avanti e poi a una retromarcia precipitosa da parte di chi dovrebbe governare la
Sanità piemontese - commenta Gabriele Gallone, medico e membro dell'esecutivo nazionale Anaao - Proprio
come è successo per il centro delle Microcitemie, prima dimenticato e poi elogiato pubblicamente. Certe
decisioni dovrebbero essere prese in modo oculato, ma evidentemente non è così».
Durissimo l'attacco del Comitato: «A questo punto ci chiediamo chi comandi in assessorato. L'assessore o il
direttore generale che firma le determine? Oppure ci sono altre figure? Ma soprattutto ci interroghiamo su
quale sia il ruolo della IV Commissione Sanità». L'ultima audizione risale al 18 marzo: «Abbiamo chiesto di
essere coinvolti nelle decisioni e siamo stati rassicurati dai commissari - aggiunge Fabrizio Lodo, anestesista
e rappresentante del Comitato - Dopo 5 giorni, però, sono uscite determine che trasferiscono al Mauriziano
una serie di attività specialistiche fra le quali quasi tutte quelle del laboratorio analisi, con l'eccezione di
Ematologia e Neuroscienza». Un clamoroso voltafaccia, secondo il personale orbassanese. La difesa di
Saitta
Saitta difende invece l'operato del direttore generale: «Nessuno si senta tradito, le competenze sui ruoli in
assessorato sono molto chiare. Moirano ha fatto il suo dovere nel dare attuazione al programma operativo
concordato con il Ministero». Sui trasferimenti però precisa: «Non vuol dire che domani scatteranno
accorpamenti di attività al Mauriziano. Come ho concordato con l'Università i tecnici studieranno le modalità
migliori senza danneggiare il San Luigi».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Orbassano
27/03/2015
Il Giornale
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Un controllo automatico dell'erogazione di insulina
Luisa Romagnoni
Una gestione più semplice del diabete. Lo promettono nuove tecnologie per il monitoraggio del glucosio e per
la somministrazione dell'insulina, in grado ora di proteggere il paziente dall'ipoglicemia. Un evento
quest'ultimo, potenzialmente pericoloso, cui va incontro chi soffre di diabete: basti pensare che il 90% dei
pazienti che ricevono insulina sperimenta ipoglicemia. E più della metà delle persone con diabete di tipo 1, ne
registra una ogni notte. Il passo in avanti, in questo ambito, oggi si chiama MiniMed 640G, un microinfusore
(disponibile nei prossimi giorni in Italia) che, grazie a un algoritmo predittivo (SmartGuard), consente di
sospendere e riavviare automaticamente l'erogazione di insulina, prima di incorrere in una crisi ipoglicemica.
«Le tecnologie applicate alla terapia del diabete, hanno permesso negli ultimi vent'anni avanzamenti molto
rilevanti, soprattutto per quanto riguarda l'ottimizzazione del controllo del glucosio nel sangue», spiega
Emanuele Bosi, direttore Diabetes research institute (Dri), ospedale San Raffaele di Milano, in occasione del
convegno «Diabete: l'era della tecnologia intelligente», svoltosi di recente a Roma. «La mortalità complessiva
nelle persone con diabete di tipo 1 è ancora oltre il doppio di quella delle persone senza il diabete. Questo
significa che, non solo dobbiamo mirare ad un controllo della glicemia in generale, ma dobbiamo anche
essere in grado di evitare le ipoglicemie e le oscillazioni eccessive del glucosio, nel corso della giornata». Ed
è l'ipoglicemia, soprattutto notturna, l'evento più temuto nei pazienti diabetici giovanissimi (più di 25mila quelli
con diabete di tipo 1, insulino dipendente), del cui trattamento si occupano in gran parte i genitori, a causa dei
gravi sintomi che essa comporta. «Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un incremento dei casi di diabete di
tipo 1 nei bambini fino ai 4 anni, in Italia e nel mondo, con un ritmo annuo di circa il 3 per cento. Se il sistema
prevede che il livello della glicemia si stia abbassando troppo e in pochi minuti si possa giungere a un evento
ipoglicemico, sospende l'erogazione di insulina, scongiurando pericoli e paure». Ancor più stretto il contatto
con le famiglie.
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DIABETE
27/03/2015
Il Giornale
Pag. 35
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In ospedale coi superbatteri
Quattro milioni di pazienti infettati durante l'assistenza sanitaria. Inefficace il 48% dei farmaci
Luigi Cucchi
Negli ospedali ci si può anche ammalare. Sono oltre 4 milioni i pazienti della Comunità Europea colpiti da
infezioni legate all'assistenza sanitaria con una stima di 147mila morti ogni anno. Si è ricoverati in ospedale
per curarci e si è contagiati da nuove malattie. Le infezioni più frequenti sono le polmoniti, soprattutto quelle
legate alle comunità e agli ospedali, sono il 19,4% di tutte le infezioni, le post chirurgiche, che riguardano il
19,6% del numero complessivo e le infezioni urinarie il 19%. Particolarmente frequenti anche le infezioni del
torrente circolatorio (10,7%) e gastrointestinali (7,7%). Questi i dati diffusi al 5 Congresso Internazionale
AMIT, Argomenti di malattie infettive, che si è concluso nei giorni scorsi a Milano presso il Museo Nazionale
della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Più di trecento gli specialisti provenienti da tutta Italia. Il
Congresso ha proposto, come nel passato, argomenti di grande attualità in campo infettivologico . «Stiamo
affrontando molte emergenze epidemiologiche, in alcuni casi drammatiche, causate dalla sempre più grande
diffusione di ceppi batterici con sensibilità a poche o addirittura nessuna classe di antibiotici», spiega il
presidente del congresso Marco Tinelli, direttore azienda ospedaliera di Lodi e componente del consiglio
nazionale della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). «Microrganismi multiresistenti
impongono modelli di controllo delle infezioni i più razionali ed efficaci possibili». In molti pazienti il 48% dei
farmaci impiegati risulta inefficace alla cura. Sotto accusa soprattutto i chinoloni, tra i più usati sia dai medici
di famiglia che in ospedale. L'Italia è tra i paesi della comunità europea con alta resistenza agli antibiotici con
percentuali che vanno dal 25% a oltre il 50%. É anche il paese dove circolano più batteri resistenti a tutti gli
antibiotici. Tale fenomeno di multi resistenza agli antibiotici preoccupa particolarmente per il rischio di
contrarre infezioni all'interno degli ospedali, italiani ed europei, dove è alto il tasso di infezioni in particolare
per gli enterobatteri, batteri che comunemente colonizzano l'intestino senza dare nessun problema.
Purtroppo alcuni di essi, proprio a causa dell'uso eccessivo degli antibiotici diventano resistenti. Tra questi vi
è soprattutto l'Escherichia Coli (15,9%) e la Klebsiella Pneumoniae (8,7%) quest'ultima soprattutto con
elevata resistenza a gran parte o a tutti gli antibiotici. Poche le soluzioni in questi casi, e poche chance di
trovare una moltitudine di antibiotici attivi nel prossimo futuro, perché le case farmaceutiche investono
tendenzialmente verso altre molecole per malattie che durano tutta la vita e non per brevi cicli come con gli
antibiotici. In Francia è stata documentata la presenza di batteri multiresistenti anche negli asili infantili; in
Italia, per la prima volta in Europa, è stato dimostrato che nell'anziano, soprattutto nei casi degli over70, che
risiede a domicilio e non ha avuto contatti con strutture ospedaliere per almeno sei mesi, si riscontrano batteri
ad alta resistenza a quasi tutti gli antibiotici che circolano nel territorio così come avviene in ospedale sia pur
con una percentuale più bassa di isolamenti che sia aggira intorno al 5%. Altrettanto resistenti sono anche i
carbapenemi, farmaci normalmente considerati salvavita quando altri non funzionano. In Italia, le resistenze
ai carbapenemi vanno dal 25 a 50 % la più alta in Europa dopo la Grecia. Una volta bruciati i carbapenemi,
rimane come ultima chance l'antibiotico colistina che peraltro è molto tossica per il rene e per il sistema
nervoso centrale e va usata solo in centri specializzati nell'antibiotico-terapia.
Foto: TINELLI Organismi super resistenti impongono modelli di controllo delle infezioni più razionali ed
efficaci rispetto al passato
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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ALLARME EUROPEO Resistenza alle terapie
27/03/2015
Il Giornale
Pag. 35
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Arriva il kit per prevenire le ustioni domestiche dei bambini
Gloria Saccani Jotti
Nell'Unione Europea gli incidenti domestici e del tempo libero sono la prima causa di morte in età pediatrica
(0-14 anni) e, tra essi, le ustioni rappresentano una delle prime cinque cause di mortalità, pari al 3% di tutti i
morti per incidenti e violenza in queste età. In Italia dalle Schede di Dimissione Ospedaliera e similmente da
quelle di Pronto Soccorso - monitorate dal Sistema di sorveglianza campionaria degli incidenti (Sistema
Informativo Nazionale sugli Incidenti in Ambienti di Civile Abitazione - Injury Database), risulta come, nel
periodo 2005-2009 - il 71% dei ricoveri per ustione in età pediatrica (0-14 anni) riguardi bambini di età non
superiore a 4 anni; considerando gli ustionati fino a 9 anni d'età, tale quota sale all'86%. In oltre il 90% dei
casi, l'ustione è avvenuta a seguito di un incidente domestico o del tempo libero. Un kit didattico-formativo
per incrementare la capacità di riconoscimento dei rischi di ustione da parte dei bambini (3-5 anni) e per
promuovere sia il livello di competenze di primo soccorso, che appropriate norme comportamentali preventive
da parte dei bimbi più grandi (6-9 anni) e degli adulti (genitori e insegnanti) è stato messo a punto e poi
validato con successo, dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell' ambito del progetto pilota «Prevenzione
degli incidenti da ustione in età scolastica», finanziato dal ministero della Salute. Nel progetto sono stati
coinvolti nove istituti scolastici di otto città campione (Torino, Milano, Verona, Padova, Roma, Napoli, Brindisi,
Palermo) per un totale di 195 bambini delle scuole dell'infanzia e 175 bambini delle scuole primarie, che
hanno potuto sperimentare il kit validato dall' ISS e composto, tra i numerosi materiali, da: album illustrati
interattivi con tavole a disegno da colorare per i bambini; opuscoli informativi per gli adulti e poster per le
classi; manuale operativo per i formatori (medici Centri ustioni e insegnanti); schede valutative illustrate pre e
post-intervento per i bambini; questionari valutativi pre e post intervento (per genitori, insegnanti e bambini
della scuola primaria). «Siamo molto soddisfatti dei risultati del nostro intervento formativo- ha commentato
Alessio Pitidis dell'ISS - in particolare, per i bambini della scuola dell'infanzia, il kit ha prodotto un incremento
della capacità di riconoscimento dei pericoli». [email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Malati & Malattie
27/03/2015
QN - Il Resto del Carlino - ed. Ancona
Pag. 13
(diffusione:165207, tiratura:206221)
«Resteremo senza ospedali»
Critiche alla Regione: «Prima di togliere i servizi si costruisca»
- OSIMO E CASTELFIDARDO «I CITTADINI sono stati lasciati senza servizi, la Valmusone rischia di rimanere priva di presidi ospedalieri»: il
consigliere Zinni richiama al bisogno urgente dell'ospedale di rete. Il grido l'aveva lanciato di persona già nel
dicembre scorso raggiungendo Castelfidardo con Fratelli d'Italia - Alleanza nazionale e minacciando di
scendere in piazza qualora il centro prelievi della Rsa fidardense dovesse essere smantellato e martedì
scorso il consigliere regionale Giovanni Zinni, tornato nella città della fisarmonica per presentare il libro
rendiconto sulla sua attività nei cinque anni di legislatura regionale, ha tirato di nuovo in ballo la questione
spinosa estendendola a largo raggio a tutta la Valmusone. «La riforma delle case della salute sta riducendo
all'osso le prestazioni sanitarie di Osimo, Recanati e Loreto. In particolare Castelfidardo ha già ceduto
l'ospedale in favore di altre realtà e ora il rischio è che una zona di 120mila abitanti non abbia più un presidio
ospedaliero», ha detto il consigliere. Ok all'accorpamento ma prima di smantellare bisogna costruire, hanno
ripetuto più volte da Fratelli d'Italia - An nel salone di via Mazzini: «La nostra Regione è ai primi posti della
classifica nazionale per la sanità ma far quadrare i bilanci ha significato peggiorare i servizi - ha continuato
Zinni -. Altro che costruire, si è fatto il contrario e i cittadini sono stati lasciati senza servizi tanto da spingere
molti marchigiani, messi di fronte a lista d'attesa interminabili o all'assenza del servizio, a migrare in altre
Regioni per le cure mediche, la cosiddetta mobilità passiva. La stazione unica appaltante poteva essere una
soluzione ma a oggi nulla è partito». Castelfidardo e non solo, a cuore sta il destino del reparto di
pneumologia del nosocomio «Ss. Benvenuto e Rocco» a Osimo e la radiologia e il punto di primo soccorso a
rischio all'ospedale «Santa Casa» della vicina Loreto, per cui il consigliere ha già presentato diverse
interrogazioni in Regione. Silvia Santini
I servizi
Il rischio è che ci sia lo smantellamento delle strutture, legato alla riforma delle case della salute
La manifestazione
Zinni ha già minacciato di scendere in piazza e manifestare contro questa scelta, se non cambiaranno le cose
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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SANITÀ GRIDO D'ALLARME DEL CONSIGLIERE ZINNI: «SERVE STRUTTURA DI RETE»
27/03/2015
Avvenire
Pag. 2
(diffusione:105812, tiratura:151233)
UNA PILLOLA, TROPPI DUBBI
Francesco Ognibene
Il dentifricio, i pannolini, le pastiglie per la gola, i fazzoletti di carta, il biberon. E l'anticoncezionale
d'emergenza. È l'istantanea del bancone di una qualunque farmacia italiana se il verdetto dell'Agenzia del
farmaco (Aifa) sulla "pillola dei cinque giorni" EllaOne dovesse diventare operativo. Eventualità probabile, a
meno che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin decida di attivarsi per tutelare la salute delle donne.
Perché è di questo che si parla. Togliere la prescrizione medica prevista oggi per l'acquisto di EllaOne, pillola
di cui non si conoscono gli effetti di un possibile abuso, basata su un principio attivo (ulipristal acetato) del
quale non si può escludere l'azione antinidatoria sull'embrione, pare un azzardo difficilmente comprensibile,
specie se si considera che per i contraccettivi tradizionali vige da sempre l'obbligo di ricetta. Pillole sì,
EllaOne no? Eppure nessuno mette in dubbio il doveroso controllo medico sull'assunzione della comune
"pillola", di cui sono arcinoti i possibili effetti avversi. È dunque indispensabile che l'autorità di
farmacovigilanza spieghi questa resa alle disposizioni dell'ente europeo (Ema) - con la sola eccezione delle
minorenni - che aveva cancellato l'avvertenza sul potenziale abortivo della pillola dei cinque giorni
ingiungendo all'Italia di metterla in vendita accanto al colluttorio e allo shampoo in quanto farmaco
"d'emergenza". L'Aifa dovrebbe anche chiarire perché ha ignorato il parere del più autorevole organismo
consultivo per il governo della salute pubblica, quel Consiglio superiore di sanità che aveva appena suggerito
al ministro di mantenere le regole attuali. Ma i punti oscuri non finiscono qui. Le disposizioni dell'Ema infatti
erano state adottate con 21 voti a favore e 10 contrari, tra i quali anche i rappresentanti dell'Aifa che si erano
concentrati sul «profilo della sicurezza del farmaco» lamentando la «mancanza di dati scientifici sufficienti per
trarre conclusioni certe circa l'assenza di effetti fetotossici o teratogenetici», come aveva spiegato il 16
gennaio in Parlamento il rappresentante del Governo alludendo alle conseguenze nefaste su una gravidanza
già in corso. E allora, perché mettere in commercio senza ricetta un farmaco sul gravano simili, gravi dubbi?
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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L'AIFA SPIEGHI L'OK AL «CONTRACCETTIVO D'EMERGENZA» SENZA RICETTA
27/03/2015
Avvenire
Pag. 18
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Ricoverare i pazienti in reparti non adatti fa raddoppiare la mortalità in
urgenza»
La mortalità in urgenza per malattie dell'apparato digerente raddoppia se i pazienti sono ricoverati in reparti
diversi da quelli di gastroenterologia, passando dall'1,7% al 3,8%. È l'allarme lanciato dall'Associazione
italiana gastroenterologi ed endoscopisti ospedalieri (Aigo) basato sui nuovi dati raccolti, in collaborazione
con il ministero della Salute, dalle schede di dimissione ospedaliera in tutta Italia e presentati durante il 21°
congresso nazionale delle malattie digestive organizzato da Fismad in corso a Bologna. Quella del ricovero in
strutture diverse da quelle specializzate non è un'eventualità rara: in Italia, solo sette persone su cento (il
totale dei ricoveri è circa un milione, il 10% di tutte le ospedalizzazioni) sono curate nei reparti di
gastroenterologia. «L'ospedalizzazione di questi pazienti in altri reparti - ha spiegato il presidente Aigo,
Antonio Balzano - invece che in gastroenterologia provoca anche uno spreco di giornate di ricovero e quindi
di fondi pubblici necessari per sostenere questa spesa. I nuovi dati mostrano che un ricovero in
gastroenterologia dura in media 8,6 giorni mentre in chirurgia 9,7, in medicina 10,1 e in altre unità addirittura
14,8 giornate. Anche quando si tratta di casi urgenti si registra la stessa difformità». Si potrebbero dunque
risparmiare decine di milioni, senza considerare l'aumentato disagio per i pazienti.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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MALATTIE DIGESTIVE
27/03/2015
Avvenire
Pag. 19
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Ricetta solo per le minorenni? «Un'assurdità» per medici e ginecologi: «A rischio tutte le donne»
Viviana Daloiso
Via libera alla vendita della pillola dei 5 giorni dopo senza ricetta, eccetto che per le minorenni. Che in ogni
caso non dovranno più effettuare un test di gravidanza prima dell'assunzione del farmaco. Fa già discutere la
decisione presa dall'Aifa mercoledì e che di fatto tradisce le indicazioni espresse lo scorso 10 marzo dal
Consiglio Superiore di sanità: allora il massimo organismo di consulenza del ministro della Salute disse che la
prescrizione doveva rimanere obbligatoria, e a qualsiasi età, «per evitare gravi effetti collaterali nel caso di
assunzioni ripetute in assenza di controllo medico». Il ministro Lorenzin ha espresso soddisfazione per la
«mediazione»: l'unica cosa importante, ha sostenuto, «è la garanzia che la donna sia adulta che giovane
quando fa ricorso alla pillola dei 5 giorni abbia contezza della propria situazione clinica e che non ci siano
rischi, non solo per il presente ma anche il futuro della sua salute». Ma sono in molti a pensare che proprio
questa garanzia sia compromessa. Se per la Sigo - la Società italiana di ginecologia e ostetricia, che si era
opposta alla liberalizzazione "caldeggiata" dall'Ue - la scelta di tutelare le minorenni «è saggia», i medici
cattolici sono sul piede di guerra. Da sempre sostengono la potenziale abortività del farmaco, peraltro
documentata dalla stessa Agenzia del farmaco europea (l'Ema) in un documento ufficiale del 2009 pubblicato
da Avvenire : «Di fatto l'Aifa decide di avallare la strategia che mira a mascherare l'aborto nella sua precocità
e a nasconderlo, per così dire, dietro la facilità di esecuzione», tuona il presidente dell'Amci Filippo Boscia, tra
i molti esperti che avevano manifestato la propria contrarietà alla liberalizzazione del farmaco nelle audizioni
organizzate dall'Aifa stessa. «Banalizzare l'uso di un farmaco abortivo è inaccettabile a qualsiasi età, la
distinzione fatta tra minorenni e maggiorenni è assurda. Che fine ha fatto il consenso informato? Che fine ha
fatto il diritto del cittadino-utente a conoscere la verità?», continua Boscia. Sulla stessa linea l'Unione cattolica
dei farmacisti italiani: «È già assurdo pensare di poter dispensare, in uno Stato civile, un farmaco abortivo
come se fosse acqua fresca, senza coinvolgere il medico e senza dir nulla dei suoi effetti alla pazienti spiega il presidente Piero Uroda -. Decidere di fare una distinzione tra minorenni e maggiorenni è addirittura
una sciocchezza». Durissimo anche il giudizio della Società Italiana Procreazione responsabile (Sipre):
«L'Aifa dimostra di non tenere in considerazione quanto esplicitamente scritto negli stessi documenti dell'Ema
circa il meccanismo d'azione del farmaco - spiega il presidente Bruno Mozzanega - e cioè che l'Ulipristal, il
principio attivo di EllaOne, è in grado di inibire sia l'instaurarsi, sia anche il proseguimento di una
gravidanza». Un meccanismo abortivo la cui conoscenza viene di fatto negata alle donne, insieme alla libertà
di esprimere una scelta e un consenso informati: «E questo è l'opposto del mandato assegnato ad Aifa: il
governo dovrebbe intervenire per tutelare i suoi cittadini». Deluso Gian Luigi Gigli, deputato del gruppo
parlamentare Per l'Italia-Centro Democratico e neoeletto presidente del Movimento per la vita: «Stupisce
soprattutto che l'Aifa abbia assunto la sua grave decisione prima ancora che il parere consegnato al ministro
dal Consiglio Superiore di Sanità venisse reso pubblico. A parte il rispetto del concepito, il ministro dovrebbe
almeno preoccuparsi che la decisione dell'Aifa possa ricacciare le donne nella solitudine dell'aborto
clandestino, seppur chimico». La caduta dell'obbligo di prescrizione renderà possibile, infatti, «l'acquisto di
dosi multiple, con le quali il farmaco è in grado di produrre effetti sovrapponibili a quelli della pillola abortiva
Ru486, condividendo con essa similarità di struttura chimica».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Pillola dei 5 giorni, «l'Aifa sbaglia»
27/03/2015
Avvenire - ed. Milano
Pag. 3
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Alleanza per il welfare tra Asl e aziende
Da un portale online si potrà accedere a servizi per la famiglia a prezzi agevolati
MARIA TERESA ANTOGNAZZA
VARESE Venti tra asili nido e scuole dell'infanzia, con uno sconto medio del 10% sulle rette; dieci centri in
varie località della provincia con attività diurne per i bambini, con uno sconto settimanale del 10%; e ancora,
servizio di babysitting con sconti fino al 20% sugli abbonamenti e sconto per acquistare i libri di scuola o
dell'università fino al 18%. Dal 1° aprile basterà un clic per accedere a questi e molti altri servizi a prezzi
agevolati, per conciliare la vita familiare con il proprio lavoro. Basterà che la propria azienda, piccola o grande
non importa, abbia aderito al progetto "Varese Welfare", messo a punto dall'Unione industriali. Con la firma,
mercoledì, dell'accordo con l'Asl della provincia, entra dunque nel vivo un'iniziativa concreta e destinata a
rispondere a molte domande di aiuto delle famiglie varesine. Ai servizi per i figli, infatti, si aggiungono le
disponibilità di posti a prezzi agevolati nelle strutture residenziali per anziani (Rsa) del territorio, che
garantiranno sconti dal 5 al 10 % sulla retta mensile grazie alla convenzione con l'Azienda sanitaria locale.
"Varese Welfare", realizzato grazie alla collaborazione con la società Eudaimon, specializzata nei servizi di
welfare aziendale, ha concretizzato fino a oggi la rete locale di fornitori "a chilometro zero", principalmente
realtà cooperative e del privato sociale, con l'obiettivo di dar vita a un'iniziativa che possa fare anche da traino
all'economia locale legata ai temi del welfare. Un centinaio le convenzioni attivate per ottenere servizi per i
figli e gli anziani, come asili nido, babysitting, campus diurni e residenziali, assistenza domiciliare e familiare,
residenze socioassistenziali, case di cura, più una serie di convenzioni, che offrono sconti nell'acquisto di
beni e servizi relativi alla salute, alla famiglia, al tempo libero, dalle cliniche, fino alle palestre e ai centri
benessere, sconti sull'assicurazione o l'acquisto dell'auto e persino un operatore online per l'acquisto di
farmaci. Tutto sarà accessibile attraverso il portale, www.varesewelfare.it, che sarà online dal 1° aprile; un
link si troverà anche sul sito dell'Unione industriali (Univa). Per le aziende della provincia di Varese basterà
una comunicazione via mail all'Univa per essere abilitate a offrire ai propri dipendenti tutto il pacchetto del
welfare. Prenotazioni e acquisti dei vari servizi saranno fatti dal singolo dipendente, dal portale stesso,
attivando un rapporto che poi sarà diretto tra dipendente e società fornitrice del servizio. «L'accordo con Asl
Varese - ha commentato il direttore dell'Unione industriali, Vittorio Gandini - è un tassello fondamentale senza
il quale sarebbe stato difficile dar vita a quel progetto ambizioso a cui stiamo lavorando ormai da mesi. Anche
grazie a questa intesa, infatti, le imprese sia grandi, sia medie, sia piccole che non hanno fino a oggi potuto
organizzare da sole una politica di welfare aziendale per i propri dipendenti, potranno aderire a una strategia
territoriale comune».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Varesotto.
27/03/2015
ItaliaOggi
Pag. 16
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Benedetta Pacelli
Trecento aspiranti medici specializzandi che dopo il caos dei test per l'ammissione alle scuole di
specializzazione hanno deciso di fare ricorso, ora potranno specializzarsi. Lo fa sapere la Fp-Cgil medici
riportando la decisione di ieri del Consiglio di Stato che si è pronunciato sul maxi-ricorso per le irregolarità del
concorso delle specializzazioni. Stabilendo che le istanze dei ricorrenti «devono essere accolte
immediatamente, con ammissione alle scuole di specializzazione». I giudici di Palazzo Spada quindi
rovesciano la pronuncia del Tar Lazio di poche settimane fa secondo la quale il test per l'accesso alle scuole
predisposto dal Miur, fi nito davanti ai giudici per un errore procedurale, fosse valido. Respingendo così il
ricorso presentato in quel caso dal Codacons e da un gruppo di giovani medici per contestare le modalità di
svolgimento della prova e le successive modifi che che i tecnici del ministero dell'università avevano
elaborato per sanare la vicenda. Il tutto prende il via lo scorso 31 ottobre, quando alla conclusione del primo
concorso nazionale per l'accesso, il Miur parlò di una «grave anomalia nella somministrazione delle prove
scritte», che aveva portato all'inversione dei quiz. Una situazione che aveva indotto molti aspiranti a fare
ricorso, respinti in alcuni casi. Ma non in questo. «Si tratta di una decisione con effetto immediato» hanno
precisato i legali in rappresentanza del sindacato di categoria, Michele Bonetti e Santi Delia, «e le borse
dovranno essere attivate fin da subito. "Il Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi e li ha ritenuti fondati,
prendendo atto che i provvedimenti ministeriali recano un danno grave e irreparabile». Un risultato che non
rimarrà isolato: «La battaglia dei ricorsi legati alle molte irregolarità verifi catesi nel corso dei test non si
conclude», ha affermato Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp Cgil Medici, «andremo avanti. Il
Governo e il Ministro Giannini si attivino da subito per garantire che un simile pasticcio non si verifi chi in
futuro».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Trecento aspiranti medici ora potranno specializzarsi
27/03/2015
ItaliaOggi
Pag. 24
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Benedetta Pacelli
Arriva la commissione consultiva sulla medicina difensiva e sulla rc medica. Con un nuovo strumento il
ministro della salute Beatrice Lorenzin tenta di sconfi ggere la piaga di un fenomeno che pesa al servizio
sanitario nazionale oltre 10 miliardi di euro e in termini di Pil circa lo 0,75%. La commissione, presentata ieri a
Roma e presieduta da Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense, ha il preciso compito di fornire
al ministero della salute un «supporto per l'approfondimento delle tematiche in materia di medicina difensiva e
di responsabilità civile professionale degli esercenti le professioni sanitari» e poi di individuare «possibili
soluzioni anche normative». Secondo i numeri del fenomeno presentati ieri, infatti, il 77,9% dei camici bianchi
intervistati ha tenuto almeno un comportamento di medicina difensiva nell'ultimo mese di lavoro, il 68,9% ha
proposto-disposto il ricovero di pazienti che riteneva gestibili ambulatorialmente e il 61,3% ha prescritto un
numero di esami maggiori rispetto a quello ritenuto necessario per effettuare la diagnosi. E le motivazioni
sono semplici da individuare: i medici in quasi l'80% dei casi ritengono di correre un maggior rischio di
perseguimenti giudiziari rispetto al passato e il 59,8% ha timore di richieste di risarcimento. Una situazione a
cui ha cercato di far chiarezza la legge Balduzzi (158/12) che ha introdotto la colpa lieve per sottrarre il
sanitario che segue le buone pratiche a responsabilità di tipo penale, anche per contenere il fenomeno della
medicina difensiva. Ma come è stato ricordato anche dallo stesso ministro quella legge ha dei limiti, oltre al
fatto che manca di una parte della sua attuazione: il dpr, ora al Consiglio di stato, che dovrebbe agevolare la
copertura delle specialità a rischio, circoscrivere le responsabilità e limitare i costi dei risarcimenti. E proprio
sul tema del contenzioso il neopresidente della commissione Guido Alpa ha precisato che i dati del Cnf
relativi alla mediazione in campo sanitario «siano i più scoraggianti, visto che la maggior parte delle
compagnie di assicurazione non si presenta all'incontro, costringendo così il medico a andare in giudizio».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Medicina difensiva, ok alla Commissione ad hoc
27/03/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
SEBASTIANO LUCIANI
L'Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma (Ail) lancia una nuova campagna di seminari
e incontri di educazione tera peutica per approfondire il ruolo dell'innovazione tecnologica nella diagnosi e nel
trattamento dei linfomi e del linfoma di Hodgkin in particolare. Si tratta di patologie tumorali colpiscono ogni
anno 16 mila pazienti solo in Italia e, tra questi, circa 2.500 hanno un linfoma di tipo Hodgkin, un tumore che
si sviluppa nei linfonodi. Nel mondo si verifi cano 67 mila casi di morbo di Hodgkin ogni anno, il 59% tra le
donne e il 41% tra gli uomini, e alla maggior parte dei pazienti europei la malattia viene diagnosticata prima
dei 50 anni, nel pieno della loro storia professionale e relazionale. I progressi nella diagnosi e nella cura di
queste patologie sono stati illustrati ieri nella capitale durante in un incontro che ha registrato la
partecipazione di tre relatori d'eccezione: il presidente nazionale Ail e professore emerito di ematologia
presso l'Università Sapienza di Roma Franco Mandelli, il direttore del dipartimento di ematologia e oncoematologia pediatrica presso la Fondazione Irccs dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano Paolo Corradini e
il direttore della struttura complessa di ematologia oncologica presso l'Istituto nazionale tumori, Fondazione
Pascale di Napoli, Antonio Pinto. L'incontro è stata l'occasione per presentare il «Progetto Sostegno», una
campagna di informazione promossa dall'Ail con il contributo di Takeda, con lo scopo di agevolare il dialogo
tra medici e pazienti mediante iniziative e riunioni con i più importanti specialisti italiani. Attraverso materiali
informativi specifi camente realizzati, i pazienti otterranno inoltre indicazioni per orientarsi da un punto di vista
legale, pratico e psicologico durante il percorso terapeutico. Per Mandelli, «questa iniziativa si inserisce tra le
diverse attività dell'associazione dedicate ai pazienti, come ad esempio i seminari Ail, incontri di educazione
terapeutica rivolti a persone che devono affrontare malattie lunghe e complesse. Lo scopo è quello di
consolidare il rapporto paziente-medico e consentire così uno scambio diretto di informazioni aggiornate e
attendibili». E grande successo è stato riscontrato con le offerte delle uova di cioccolato, proposte per le
prossime feste pasquali e contraddistinte dal logo dell'Ail, con il versamento un contributo minimo associativo
di 12 euro. I fondi raccolti saranno impiegati per sostenere la ricerca scientifi ca. © Riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Leucemie, Ail vara «Progetto sostegno» per agevolare il dialogo medicipazienti
27/03/2015
Il Venerdi di Repubblica - ed. N.1410 - 27 marzo 2015
Pag. 62
(diffusione:687955, tiratura:539384)
Altezza? Il Dna conta solo al 50 per cento
Tutti sanno che genitori alti hanno fgli alti. Ma, visto che le attuali generazioni hanno in media una statura
superiore a quella delle precedenti, è evidente che la genetica non spiega tutto. Per capire quanto contino
altri fattori, un gruppo di ricercatori israeliani, diretti dal pediatra Ze'ev Hochberg della Università di Tel Aviv,
ha preso in considerazione 56 coppie di gemelli identici (che hanno lo stesso Dna), 106 coppie di gemelli non
identici e 106 coppie di fratelli non gemelli. Sono stati esaminati salute, alimentazione, stress e altre
condizioni di vita della madre, durante la gestazione, e dei bambini (oggi adulti), nel primo anno di vita.
Confrontare le diferenze di altezza fra i gemelli identici e fra i non identici ha permesso di isolare i fattori
extragenetici che determinano questa caratteristica. Le conclusioni raggiunte sono state poi confermate con
l'esame degli stessi fattori in fratelli non gemelli, che nascono in periodi diversi, quindi con condizioni
socioeconomiche o di età dei genitori mutate. La conclusione è che, nel totale dei fattori che infuiscono
sull'altezza, i geni contino per circa il 50 per cento. Tra le cause che «comprimono» la statura, ci sono il
basso status socioeconomico (quindi cure mediche e alimentazione non idonee), ma anche lo scarso peso
alla nascita, le malattie nel primo anno di vita e l'età avanzata della madre. (al.sa.)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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CRESCERE
27/03/2015
L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
Pag. 65
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Da Mirandola al Texas
MODENA Nasce una multinazionale delle tecnologie mediche. Entro fne anno la Sorin di Mirandola si
fonderà con la Cyberonics di Houston (Texas), dando vita a una big company con 4 mila 500 dipendenti e un
valore di 2,4 mi liardi di euro. La newco lascerà però l'Italia e Piazza Affari: la sede sarà nel Regno Unito e la
società verrà quotata alla Borsa di Londra e al Nasdaq. (A. Mas.)
Foto: Una nave della Marina militare peruviana
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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MEDICINA
27/03/2015
L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
Pag. 72
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Chi ha paura della scienza
Una legge che vieta le sperimentazioni. Pregiudizi su vaccini e Ogm. Poi i santoni che tengono banco. E in
Italia trionfano ignoranti e retrogradi. Per colpa della politica
Daniela Minerva illustrazione di Gianluca Folì
LA PERFEZIONE DEL CERVELLO da cui nasce il pensiero umano? Un reticolo di molecole assemblate a
caso dall'evoluzione. La bellezza di uno sguardo capace di rapire il nostro cuore per sempre? Anche. La gioia
di un recupero repentino che illumina mesi di malattia nostra o di un nostro caro? Episodico, inessenziale al
vero decorso del male. Giorni di pioggia che ci obbligano a un agosto col ma glioncino? Irrilevanti per capire
se la Terra si scalda o no. Potremmo continuare per pagine, a elencare tutte le volte che la scienza ci sbatte
la porta delle nostre emozioni in faccia, in una corsa senza fne a ridurre le nostre esperienze a "epi sodi", e a
contraddire quel che ci sembra ovvio. Eppure non possiamo che fdarci. Dobbiamo far tacere la
personalissima percezione del mondo che nasce dalla realtà della nostra vita. La scienza è la scienza,
un'impresa quasi perfetta capace di generare conoscenze condivise; autocorreggersi e restituirci la cosa più
vicina possibile alla verità. Sappiamo che i risul tati di quest'impresa ci sono utili (farmaci, energia, iPhone e
aeroplani), e fn qui ci possiamo dire tutti scientisti. Ma se si tratta di accettarne le conclusioni anche quando
contraddicono le nostre credenze e le nostre esperienze, allora cominciano i mal di pancia. E nascono i
movimenti: contro gli Ogm, contro i vaccini, contro la sperimentazione animale; a favore di Stamina... DA
VANNONI AL MORBILLO Attorno a questo bisticcio si gioca la capacità del nostro paese di entrare nella
modernità, di seppellire una volta per tutte Don Benedetto Croce e la sua sciagurata convinzione che le
conoscenze scientifche altro non siano che robe astratte capaci solo di «mutilare la vivente realtà del
mondo». Basti pensare a quanto «vivente» sia stata la speranza dei genitori della piccola Celeste che hanno
affdato la loro bambina agli intrugli di quel Vannoni arrivando persino a illudersi che le facessero bene. Noi lo
chiamiamo "caso Stamina", ma per decine di persone è stata una viventissima illusione. Che, come sempre
accade quando un santone buca il video, ha contagiato per mesi l'opinione pubbica, comprensibilmen te
eccitata all'idea che si potesse fare qualcosa per quei bambini, ma del tutto indifferente alla notizia, arrivata
nei giorni scorsi della prima terapia a base di cellule staminali scientifcamente dimostrata e registrata dalle
autorità europee, scoperta dagli scienziati dell'università di Modena. Fiumi di inchiostro e ore di talk show per
la baggianata di Stamina, qualche trafletto per la scoperta dei modenesi. Colpevoli, forse, di avere messo
sotto i nostri occhi dati solidi e dimostrazioni inoppugnabili della capacità di cura della loro terapia, e non
malati disperati, la «vivente realtà» cara a Don Benedetto. L'affaire Stamina è una faccenda recente. L'ultima
a ricor darci l'opposizione apparentemente insanabile tra la comunità scientifca con le sue verità e noi con le
nostre esperienze. Che si saldano con sistemi di valori collettivi fno a creare dei veri e propri movimenti. E
così l'Oms aveva un bel puntare a sconfggere il morbillo entro il 2015, e noi avevamo un bel pensare alla
malattia come a una piaga dei paesi poveri; il 7 marzo proprio a Roma una bambina di 4 anni, Giulia, è morta
per le complicanze di questa malattia. Non era stata vaccinata. Perché? Perché, insomma, molte delle
conoscenze scientifche diventano oggetto di opposizione sociale, anche violenta? EPPUR CI PIACE
Cominciamo col dire che non accade solo in Italia. Ma in tutte le democrazie occidentali. Se persino una
buona fetta degli americani - coi loro quasi 200 premi Nobel, i più potenti centri di ricerca del mondo, i milioni
di dollari investiti e i migliori scienziati del pianeta - è convinta che a metterci su questa Terra è stato un
signore con la barba bianca qualche migliaio di anni fa e non un processo durato milioni di anni di evo luzione
della vita. Centinaia di genitori inglesi si oppongono ai vaccini ben più violentemente dei nostri, forti di un
antico principio che lo Stato non può interferire con le decisioni di una fami glia britannica. I tedeschi sono i
maggiori consumatori di medicine "oliatiche" nel mondo. E i casi di terapie anticancro miracolose che
infammano l'opinione pubblica sono ovunque all'ordine del giorno. Quindi, sbagliano quelli che tacciano gli
italiani di oscurantismo, e ignoranza scientifca. Siamo oscurantisti e ignoranti tanto quanto gli altri. Quel che
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Nuovi oscurantismi
27/03/2015
L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
Pag. 72
(diffusione:369755, tiratura:500452)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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fa la differenza è che altrove l'opposizio ne sociale alle conoscenze scientifche non trova una sponda politica
così forte come quella che trova a Roma, che non detta le leggi e i provvedimenti come invece fa nel nostro
Parlamento. Lo dimostrano i dati raccolti dall'"Annuario Scienza Tecnologia Società" (edito da Il Mulino).
Stando a quanto riportato nell'edizione 2015 appena pubblicata, ad esem pio: «il livello di alfabetismo
scientifco dei cittadini ha raggiunto un picco mai toccato». E, aggiunge Massimiano Bucchi, professore di
Sociologia della scienza all'Università di Trento: «Lo stereotipo dell'italiano ottuso è largamente infondato. Ce
lo dimostrano i dati raccolti in questi anni. Che, anzi, esplicitano quanto interesse ci sia per le questioni
scientifche nel nostro paese. Pensiamo solo al fatto che in nessun'altra parte del mondo i Festival della
scienza sono così frequentati come i nostri; e che nessuna trasmissione televisiva, del settore, al mondo fa gli
ascolti di Superquark». LAUREATI E PRESUNTUOSI Già, però, poi abbiamo la peggiore legge sulla
sperimentazione animale possibile, un'opposizione agli Ogm che manipola tutti i ministri dell'Agricoltura da
dieci anni, e una regione come il Veneto che, nel 2007, scrive un'apposita legge per dire che non è
obbligatorio vaccinare i bambini. Salvo poi scoprire, come ha fatto una ricerca della Asl di Verona, che cinque
anni dopo i tassi di vaccina zione sono rimasti gli stessi. E scoprire che lo zoccolo duro dei nemici
dell'immunizzazione salvavita è composto essenzialmente da laureati, informati e impegnati politica mente.
Proprio come i genitori della piccola Giulia morta a Roma per le complicanze del mor billo, due medici. Fatti
questi che diventano regola nel panorama italiano narrati dall'Annuario. E che Bucchi riassume:
«L'opposizione ai vaccini, come agli Ogm, come la pre dilezione per l'omeopatia so no più diffuse tra le
persone scolarizzate. Che si sentono istruite e quindi competenti a scegliere». Le ricerche dei sociologi
indicano che siamo nel pieno di quella che Bucchi chiama «crisi dei mediatori». La gente non si informa più
sui giornali, dall'amico scienziato, dal medico di fami glia. Va su Internet. Ma, attenzione, non a cercare
vaghezze sui social network, i più vanno direttamente alla fonte: leggono i lavori scientifci, surfano i siti delle
grandi università, seguono i blog dei ricercatori. Così entrano in contatto con una marea indistinta di
informazioni (tutte attendibi lissime), ma troppe perché un cittadino comune possa orientarsi, e men che
meno fare una sintesi. E allora, di fronte a questo oceano, per farsi un'idea usano il loro personalissimo
sentimento. FEDE CONTRO FEDE Il professore della Yale University Dan Kahan si è chiesto in che modo i
cittadini decidano di avere o meno paura degli Ogm, del riscaldamento globale, delle biotecnologie, o,
magari, di fdarsi di Vannoni. E ha scoperto che lo fanno sulla base di «valori profondi», selezionando con
cura sia le informazioni che sono conformi a questi valori sia riconoscendo autorevolezza agli esperti che li
confermano tenendo, invece, in poco conto quelli che sostengono posizioni contrarie. E così persone con
culture diverse si formano opinioni diverse sul medesimo fatto, senza tener conto della verità scientifca.
Questo accade, aggiunge Bucchi, perché «i temi su cui l'opinione pub blica si trova in confitto con le
acquisizioni scientifiche hanno una natura ibrida. Sono questioni tecniche, ma il pubblico le percepisce come
politiche». E così a formare il giudizio concorrono atteggiamenti che non hanno niente a che fare con la verità
fattuale: la critica alle mul tinazionali dei semi o dei farmaci, percepite come invasive e luciferine; il rapporto
col cibo; la sfducia nelle istituzioni che si allarga a quelle scientifche; l'adesione a dogmi reli giosi.
Atteggiamenti che coagulano gruppi molto coesi, attorno a una credenza che sembra quasi una fede. E un
gruppo molto coeso attorno a una fede sono anche gli scienziati che oppongono apoditticamente la loro verità
mentre sarebbe di gran lunga meglio, aggiunge Bucchi: «far crescere un atteggiamento critico, aperto ed
equilibrato. Laico». Ov vero spingere l'acceleratore più sulla validità del metodo scientifco, sul valore del
dubbio che muove ogni ricerca scientifca, sui suoi limiti e le sue potenzialità. Mentre, suggerisce Bucchi: «I
paladini della scienza fanno troppo spesso dichiarazioni di principio». Altezzosi, spesso odiosi perché chiusi
nelle loro torri d'avorio. POLITICI DA RIFORMARE Ma nello scontro tra fedi, c'è un convitato di pietra. Che
fnisce il più delle volte col prendere le decisioni sbagliate. È la politica che asseconda gli umori dei movimenti.
Sono gli uomini e le don ne del Parlamento che si dimostrano i veri oscurantisti e, chiosa Bucchi: «si
comportano pensando di assecondare i desideri del pubblico. Ma spesso non hanno una rappresentazione
corretta di quello che vogliono davvero i cittadini». I quali, ad esempio, sono nella stragrande maggioranza (il
27/03/2015
L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
Pag. 72
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67 per cento) favorevoli alla procreazione medicalmente assistita, regolamentata dal Parlamento con la legge
più oscurantista che si potesse mai scrivere. Legge peraltro confermata da un referendum che chiamava in
causa gli stessi cittadini. Un bel pasticcio. «Non tanto», chiosa Bucchi: «Al momento di andare a votare il
merito passa in secondo piano e prevale l'affliazione con la propria parte». Quello che di certo non ha avuto
peso sono state le decine di prese di posizioni degli scienziati che spiegavano come e perché quella legge
non ha senso. Perché, nelle mille sfu mature del complesso rapporto tra gli italiani e la scienza, vi è di certo
che la comunità scientifca è del tutto incapace di infuenzare le scelte dei governi. Quando non ne è
completamente subalterna. E l'opinione pubblica lo sa. L'84,4 per cento degli italiani, secondo l'An nuario
2015, ritiene che la scienza sia «troppo condizionata dalla politica». Basta vedere la pantomina andata in
scena a L'Aquila. Con i tecnici condannati in primo grado (e poi assolti) perché nei giorni precedenti il sisma sostennero i giudici - avevano rassicurato la popolazione, trasmettendo informazioni «inesatte, incomplete e
contraddittorie». I membri della Commissione tecnico scientifca hanno aval lato le dichiarazioni del vice della
Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, il quale ha rassicurato la popolazione, a suo dire, proprio sulla
base delle rassicurazioni a sua volta ricevute dagli scienziati. Certo non colpevoli perché nessuno può
prevedere un terremoto, ma di certo anche ambigui nell'avallare implicitamente le rassicurazioni di De Bernar
dinis. Senza nemmeno suggerire l'ombra del dubbio. A L'Aquila è andata in scena la subalternità dei tecnici
nei confronti della politica. E la vicenda è una triste parabola dei rapporti tra la scienza e il potere nel nostro
paese. Dove vince sempre la ragion politica.
Cinque questioni calde
VACCINI Era il 1998 quando Andrew Wakefeld confezionava la sua truffa, consegnando alla prestigiosa
rivista "Lancet" uno studio nel quale sosteneva una correlazione tra somministrazione del vaccino trivalente
contro morbillo, parotite e rosolia (Mpr) e autismo. Tutto falso: Wakefeld era stato pagato per sostenere i
risarcimenti nelle cause dei genitori contro i produttori dei vaccini e per favorire la diffusione di vaccini
separati (non trivalenti, come quello sotto accusa) brevettati da lui stesso. Eppure le campagne dilagano e in
Italia nel 2013 si è registrato il più basso tasso di vaccinazioni obbligatorie degli ultimi dieci anni. LE
STAMINALI DEI MIRACOLI Ictus, sclerosi multipla, morbo di Parkinson, lesioni spinali e Sla sono solo alcune
delle condizioni neurologiche che il metodo Stamina prometteva di curare, con una ricetta senza basi
scientifche. Patron dell'iniziativa, Davide Vannoni, una laurea in lettere e flosofa e una cattedra di psicologia a
Udine, che somministra le sue cellule in uno scantinato torinese, un centro estetico a San Marino, poi al Burlo
Garofolo di Trieste e agli Spedali Civili di Brescia. Nel maggio del 2012 però l'Aifa lo blocca. Complice la
visibilità offerta dalla tv, i trattamenti però continuano, anche grazie alle ordinanze di alcuni giudici. Il ministro
Lorenzin e l'Aifa sono ben intenzionati a fermarle. E ci riescono. Vannoni è accusato di associazione a
delinquere fnalizzata alla truffa ed esercizio abusivo della professione medica: ha patteggiato la pena il 18
marzo 2015. NIENTE OGM MADE IN ITALY Che ognuno faccia per sé, decidendo o meno se coltivare
organismi geneticamente modifcati sulla propria terra. Così ha deciso il Parlamento europeo. L'Italia è così
autorizzata a vietare le colture transgeniche come fa dal 2013. Sposando le ragioni del no: i gm minerebbero
la biodiversità delle specie; metterebbero a rischio la tipicità dei nostri prodotti, e persino la nostra salute.
Finora però di prove che gli Ogm siano più dannosi per l'ambiente o la salute di quelle tradizionali non ce ne
sono e molti animali di cui mangiamo carni e derivati sono nutriti con mangimi contenenti ogm, come la soia.
PRIMI, GLI ANIMALI La nuova norma sulla sperimentazione animale nata un anno fa è super-restrittiva ai fni
della ricerca e a tratti anche paradossale. Introduce, dal 2017, una marea di divieti, complicando la strada
delle ricerche che si occupano di sviluppare organi artifciali, testare l'effcacia di nuovi farmaci antitumorali e di
studiare le tossicodipendenze. È poi vietato allevare su territorio italiano cani, gatti e primati non umani da
destinare alla ricerca scientifca, che però possiamo comprare all'estero. L'AQUILA: CACCIA AL
COLPEVOLE Di chi furono le responsabilità del terremoto? Secondo i giudici del processo di primo grado
furono i membri della Commissione Grandi Rischi che nei giorni precedenti il sisma avevano rassicurato la
popolazione, trasmettendo informazioni "inesatte, incomplete e contraddittorie". Furono condannati a sei anni
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L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
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(diffusione:369755, tiratura:500452)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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per omicidio e lesioni colpose: sì, i terremoti non si possono prevedere, ma gli scienziati, invece di
considerare tutte le opzioni e prevenire il rischio, rassicurarono la popolazione, laddove invece la condizione
predominante era l'incertezza. La sentenza del processo di primo grado creò molte polemiche: da un lato i
familiari delle vittime in cerca di giustizia, dall'altro la comunità scientifca che dichiarava impossibile prevedere
un terremoto. La corte d'appello lo scorso novembre ha ribaltato la sentenza di primo grado assolvendo sei
(scienziati) dei sette membri della Commissione (Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce,
Claudio Eva, Michele Calvi) e riducendo la pena a Bernardo de Bernardinis della Protezione Civile. Contro la
decisione è stato depositato il ricorso in Cassazione. Anna Lisa Bonfranceschi
27/03/2015
L'Espresso - ed. N.13 - 2 aprile 2015
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Il vaccino che non fa fop
VIRUS Quest'anno l'effcacia dei vaccini antinfuenzali è stata inferiore alle attese. Colpa della bassa copertura
raggiunta in molti paesi, e anche del fatto che i virus effettivamente circolanti non erano tutti dei ceppi previsti
ma, in parte, erano diversi. Nei prossimi anni, però, le cose po trebbero cambiare, grazie a Fluocop, un
progetto europeo coordinato dall'Università di Siena e dalla Sclavo Vaccine As sociation, fnanziato
dall'Innovative Medicine Initiative (programma misto, pubblico-privato, dell'Unione europea e
dell'associazione delle aziende farmaceutiche Efpia), con 13,9 milioni di euro. Spiega Emanuele Montomoli,
coordinatore scientifco del progetto: «Per la prima volta i sei principali produttori di vaccini lavoreranno fanco
a fanco con 16 istituti pubblici di otto paesi, per giungere alla standardizzazione dei test immunologici e a
linee guida condivise». Il progetto lavorerà su test che valutano l'espressione dei geni coinvol ta nella risposta
immunitaria al vaccino.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Influenza
27/03/2015
Osservatore Romano
Pag. 2
(tiratura:60000)
WASHINGTON , 26. «La riforma sanitaria sta funzionando meglio di quanto molti di noi, compreso io stesso,
ci aspettavamo», ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, nel quinto anniversario del varo
dell'Affordable Care Act, la riforma sanitaria varata dal presidente nel 2010. Obama ha ricordato che la
copertura sanitaria è stata estesa finora a sedici milioni di cittadini statunitensi. Il presidente ha contestato
anche le critiche mai venute meno, soprattutto da parte repubblicana, sull'imp ostazione della riforma,
facendo riferimento non solo a motivazioni di giustizia sociale - «il perno della legge è l'accesso alle cure», ha
ricordato, ma anche a parametri economici della sanità statunitense, a suo giudizio migliorati. «Abbiamo dato
inizio a una nuova fase con l'unico obiettivo di migliorare la qualità della sanità americana tagliando i costi. È
stato migliorato un sistema che era inefficiente», ha rivendicato Obama. Alcuni aspetti della normativa hanno
tuttavia suscitato non poche perplessità da parte dei cattolici statunitensi.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Obama rivendica il successo della riforma sanitaria
27/03/2015
Corriere della Sera - Sette - ed. N.13 - 27 marzo 2015
Pag. 53
I farmaci? Ok, il prezzo è giusto. O no?
Se ne discuterà in un incontro tra sanità ed economia
Matteo Bandiera
Ifarmaci effcaci costano sempre di più. Negli ultimi mesi ha guadagnato l'attenzione dell'opinione pubblica il
caso di una nuova medicina per l'epatite C dal prezzo elevatissimo. Ma al momento la maggior parte dei
rimedi dai prezzi proibitivi serve a curare i tumori. E si tratta solo dell'anteprima di uno scenario più vasto,
perché in arrivo nei prossimi anni ci sono diverse nuove molecole molto effcaci per patologie importanti ma
con un elevatissimo impatto economico per i Servizi Sanitari, che potrebbe trovarsi nella condizione di dover
fare delle scelte dolorose nell'indirizzare le risorse disponibili a garantire cure decisive a chi ne ha bisogno.
Una delle possibili conseguenze è una guerra fra malati: perché il farmaco per la tal patologia sì e quello per
la talaltra no? Pensare di aggirare il problema introducendo un sistema assicurativo, totale o misto, non
sarebbe lungimirante: i costi verrebbero comunque scaricati sui malati attraverso un adeguamento dei premi,
con una discriminazione su base economica. Anche l'industria del farmaco è chiamata quindi a fare la sua
parte. Industria che, sottolineano i suoi rappresentanti, si trova ad affrontare costi sempre maggiori per
sostenere la ricerca necessaria a produrre vera innovazione. Argomentazione che però deve fare i conti con
la realtà economica dei Paesi. Se può essere giusto, e persino conveniente, riconoscere un premio alto per la
vera innovazione, appare meno giustifcato e sostenibile riconoscere premi sproporzionatamente alti per
farmaci che non fanno la differenza, di innovativo hanno poco, e non sono davvero costati molto in termini di
ricerca. A questa obiezione la risposta dell'industria è che per ogni farmaco che arriva sul mercato molti
vengono persi per strada e che quindi tutto concorre a coprire i costi necessari a garantire la redditività nel
suo complesso e quindi la continuità economica delle aziende, e con essa la ricerca. Come uscire da questa
impasse? Quali soluzioni si possono prospettare? È possibile stabilire un patto per la salute fra società e
industria del farmaco? Se ne parlerà il 30 marzo alle 18.00 a Milano, al Corriere della Sera , in un incontro
aperto al pubblico. Parteciperanno Guido Guidi, Head Regione Europe, Novartis Farma, Carmine Pinto,
presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica e Giuseppe Remuzzi, coordinatore ricerche
dell'Istituto Mario Negri di Bergamo.
Foto: C'era una volta Un'immagine storica della Farmacia Ravasini di Trieste.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 27/03/2015
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Internazionale - ed. N.1095 - 27 marzo 2015
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Willie Parker Scelta di vita
Nel Mississippi, lo stato americano più povero e religioso, è rimasto un solo medico a sfidare le minacce dei
fondamentalisti e a garantire il diritto all'aborto a chi non può permettersi di andare altrove
Claas Relotius, Der Spiegel, Germania. Foto di Matt Eich
Willie Parker era seduto tra i marmi dell'aula del senato di Jackson, in Mississippi, quando gli hanno chiesto a
quante vite umane in embrione avesse posto fine. Indossava un completo scuro, una camicia bianca e una
cravatta a farfalla. Voleva fare una buona impressione, dimostrare che non era il demonio che lo accusavano
di essere. Ma non si aspettava questa domanda. Ci ha pensato su e ha fatto i conti tra sé e sé: diverse
decine alla settimana, più di cento al mese, quasi quattro anni. "Devono essere alcune migliaia", ha risposto
infine con voce ferma. A quel punto nel senato del Mississippi è scoppiato un gran clamore. I presenti sono
saltati in piedi urlando "assassino", "mostro", "demonio nero". Parker ha tenuto duro di fronte a quei visi
stravolti. Vedeva il loro odio, la loro rabbia, ma non batteva ciglio. Se ne stava seduto, come qualcuno
abituato da tempo a tutto quel risentimento. Già prima di arrivare a Jackson, la capitale del Mississippi,
Parker sapeva che si sarebbe fatto molti nemici e quasi nessun amico. Sapeva che molti abitanti della bible
belt (la parte sudorientale degli Stati Uniti con un'alta percentuale di protestanti, soprattutto evangelici) lo
considerano solo un freddo carnefice, un criminale da far marcire in carcere. Sapeva che avrebbe dovuto
afrontare la violenza e rischiato la vita, ma questo non lo ha fermato. Tutti i lunedì mattina Parker entra in
servizio in un basso edificio rosa nel nord della città, che qui molti chiamano "la fabbrica della morte". Questa
struttura a un piano, non più grande di una casetta unifamiliare, è al centro di un quartiere con ronde
organizzate, giardini impeccabili e bandiere degli Stati Uniti sui tetti. Due anni fa la proprietaria, una vecchia
conoscente di Parker, l'ha fatta recintare come una fortezza e dipingere di un colore sgargiante: l'edificio
doveva essere protetto dagli attacchi, ma non perdersi nel paesaggio urbano come qualcosa da nascondere.
Doveva essere visibile a tutte le donne che avevano bisogno di un rifugio. Sull'insegna all'ingresso si legge
"Jackson women's health organization", un nome imponente dietro cui c'è un semplice ambulatorio privato.
Eppure la definizione "organizzazione per la salute" non è esagerata, perché in Mississippi le donne non
hanno molte possibilità di interrompere una gravidanza. Devono viaggiare per centinaia di chilometri e andare
in Louisiana, in Texas, in Missouri o in Oklahoma. In Mississippi c'è solo la casetta di Willie Parker, un uomo
robusto dalla barba grigia e dalla voce profonda, l'ultimo medico a praticare aborti in tutto lo stato. In una
giornata lavorativa come le altre Parker entra nella sala d'attesa, una stanza senza finestre con delle sedie di
plastica e un condizionatore difettoso che strepita contro il muro. Si chiude la porta alle spalle e guarda
quindici volti intimoriti. Nella sala ci sono più donne che sedie. Alcune stanno accovacciate sul pavimento di
linoleum stringendosi le ginocchia al petto e tremando per l'agitazione. Cynda, una ragazza magra con una
camicetta colorata, ha appena compiuto 18 anni e l'anno prossimo vuole diplomarsi alla scuola superiore.
Ferlisha, 19 anni, ha bevuto diverse volte un disgorgante per scarichi perché la sua pancia sta diventando
sempre più grossa e non sa come risolvere il problema. Evette, 21 anni, sta tirando su due bambini da sola e
non crede di essere in grado di mantenerne un terzo. La casetta rosa Le donne, tutte nere e in molti casi
giovanissime, sono venute da lontano. Da Green ville e da Hattiesburg, da Grenada e da Southaven e da
altre cittadine remote e isolate dello stato. Hanno afrontato lunghi e costosi viaggi in autobus o in treno. Sono
venute a chiedere aiuto a Parker ma ora che lui gli è davanti, così grande e grosso, non hanno il coraggio di
guardarlo negli occhi e fissano il pavimento con l'espressione colpevole come se avessero commesso un
crimine. Cynda racconta che i suoi genitori le hanno proibito di venire qui. Ferlisha dice che prega ogni
mattina e non vuole fare nulla di male. Evette spiega che nella sua parrocchia le hanno insegnato che non
bisogna uccidere. Parker conosce bene quelle frasi e quegli sguardi. La paura e la vergogna. Dice alle donne
che solo loro hanno il diritto di decidere, e non i genitori, la chiesa o lo stato. "Neanche io posso giudicarvi",
aggiunge, comprensivo e severo al tempo stesso. "Io vi aiuto perché avete bisogno del mio aiuto". In
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Ritratti
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Mississippi il numero di interruzioni di gravidanza non è mai stato particolarmente elevato. Lo stato più povero
e religioso degli Stati Uniti conta tre milioni di abitanti e ha tre volte più chiese che scuole. Qui il dibattito
sull'aborto è una battaglia che infuria da decenni. Un tempo da queste parti imperversava l'Army of God, un
gruppo di fondamentalisti cristiani che si aggiravano negli stati del sud per dare la caccia alle donne che
abortivano e incendiare le cliniche in cui si praticavano gli interventi. Era il brutto periodo in cui i medici come
Parker temevano per la loro vita e venivano uccisi per le strade. Un periodo che non è ancora finito. Anche il
governo del Mississippi ha l'obiettivo dichiarato di mettere al bando le interruzioni di gravidanza. Quasi a ogni
angolo di strada si vedono manifesti con la scritta rossa "Abortion-free state" (stato senza aborto). Ad afiggerli
è il Partito repubblicano. Dato che non riesce a vietare l'interruzione di gravidanza per legge, il governo
approva di continuo nuove norme vessatorie: una volta sull'abilitazione dei medici all'esercizio della
professione, un'altra sulle dimensioni degli ambulatori e un'altra ancora sul numero dei posti auto. In passato
in Mississippi c'era almeno una decina di piccole cliniche in cui si praticavano aborti, ma sono state tutte
chiuse perché non rispettavano certe condizioni. Ormai resta solo la casetta rosa a Jackson. Nemico dello
stato Lo studio di Parker è una stanzetta dalle pareti spoglie non più grande di un ripostiglio. Sulla scrivania ci
sono pile altissime di raccoglitori e cartelle che continuano a moltiplicarsi. Le pazienti, spiega Parker, sono
quasi tutte nere e povere, e solo poche hanno un diploma. Mentre parla delle donne sedute in sala d'attesa,
sul suo volto si disegna un'espressione preoccupata, come se temesse di non poterle aiutare ancora a lungo
. Nell'aula del senato, quel pomeriggio del luglio 2014 in cui Parker è stato ascoltato scatenando la furia della
gente che lo accusava di essere un mostro e un assassino, si è discusso anche di cosa sarebbe rimasto da
fare alle donne se il governo avesse chiuso anche l'ultima clinica in cui si pratica l'aborto. Parker ha dichiarato
che solo poche di loro potevano permettersi di afrontare viaggi ancora più lunghi per cercare aiuto in un altro
stato. Ha detto che il governo non poteva abbandonare le sue cittadine. Nell'aula quasi nessuno ha voluto
ascoltarlo: per la gente che era lì il medico voleva solo fare soldi ammazzando bambini inermi. Parker
conosce queste frasi: le sente ripetere ogni settimana. Mentre Cynda, Ferlisha ed Evette lo aspettano
impaurite e si preparano all'intervento, sta seduto alla scrivania del suo studio e racconta del suo primo
giorno di lavoro in questa città, quando fu accolto dalle minacce di morte di un gruppo di antiabortisti. Parker
parla del governatore del Mississippi, e della sua promessa di porre fine ai crimini compiuti dai medici come
lui. Cita anche il quotidiano locale che recentemente lo ha definito il peggior nemico dello stato. Parker, 51
anni, resta stranamente calmo mentre parla di queste cose. La sua voce non si indurisce, il tono non cambia.
Osserva la regola che impone ai medici di aiutare gli altri. Potrebbe definirsi una vittima, invece dice:
"Capisco l'odio di queste persone. In fin dei conti da giovane ero religioso come la maggior parte di loro".
Prende fiato come per prepararsi a un'immersione, poi racconta la storia di un uomo che aveva sempre
considerato l'aborto un peccato mortale e che a un certo punto, verso la metà della sua vita, ha preso un'altra
strada. Quando Willie Parker è nato, un mattino di giugno del 1963 in Alabama, le interruzioni di gravidanza
erano vietate in buona parte degli Stati Uniti e lo sarebbero state ancora per dieci anni. Parker era il quinto di
sei figli. Non ha mai conosciuto suo padre: la madre, una battista osservante, tirò su i figli da sola. La famiglia
conduceva una vita di estrema povertà in una casetta senza acqua né elettricità, ma la parrocchia si
prendeva cura dei ragazzi in dificoltà. Parker andava a messa tutte le domeniche. A 12 anni diventò
chierichetto, a 14 leggeva la Bibbia tutte le sere e a 16 conosceva un bel po' di versetti a memoria. Il risveglio
Anche a scuola imparava in fretta. Voleva fare qualcosa nella vita. I suoi amici si arruolavano nell'esercito e
cominciavano a guadagnare. A Parker i soldi non importavano. Per lui contava quel che gli aveva insegnato
la chiesa: la santità della vita, il comandamento di non uccidere. Decise di non impugnare le armi e di
diventare medico, e si preparò per entrare a Harvard. La sua famiglia non aveva soldi per pagargli
l'università, ma in compenso c'erano le borse di studio. L'istituto stilava un elenco per stabilire quali candidati
fossero i più bisognosi: il nome "Willie J. Parker" era in cima alla lista. Così il ragazzo nato in un quartiere
povero dell'Alabama andò a studiare in un'università esclusiva. Parker racconta che s'impegnava a fondo
negli studi ma non aveva mai messo in dubbio la sua fede. Ogni sabato mattina andava di porta in porta nella
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casa dello studente distribuendo volantini con versetti della Bibbia e annunciando la parola del Signore. Poco
tempo dopo si laureò e diventò ginecologo. Essendo stato tra i migliori del suo anno accademico, non fece
fatica a farsi assumere da ospedali di tutto il paese: in Ohio, in California, alle Hawaii. In questi stati le
interruzioni di gravidanza facevano parte delle comuni attività di una clinica. Ma lui si rifiutava di efettuarle.
Tutte le volte che una donna gli chiedeva di farla abortire, lui la mandava da un altro medico. "Non volevo
commettere errori agli occhi del Signore", spiega Parker. "Non volevo togliere la vita, ma donarla". Cercava
una vocazione, e l'aveva trovata nell'ostetricia. Per vent'anni ha aiutato migliaia di bambini a venire al mondo.
La svolta è arrivata una domenica di Pentecoste, nel maggio del 2009. Parker, che ormai viveva a Chicago,
ha saputo dal telegiornale che un suo amico ed ex collega era stato ucciso. Si chiamava George Tiller, e
Parker aveva lavorato con lui in diversi ospedali prima che si trasferisse nel sud per praticare interruzioni di
gravidanza. Tiller era andato a messa in una chiesa di Wichita, in Kansas, quando un fondamentalista
cristiano gli aveva sparato in testa da pochi passi. Per Parker l'assassinio di Tiller è stato "come un risveglio".
Ha parlato con medici che lavoravano nel sud e ha capito che in quegli stati i problemi delle donne
aumentavano di giorno in giorno. Ha sentito di ragazze che preferivano bere trementina o buttarsi dalle scale
piuttosto che partorire, e che in quella zona molte restavano incinte quando erano poco più che bambine.
Parker ha scoperto che il Mississippi era lo stato con meno cliniche per interruzioni di gravidanza e aveva
anche abolito l'educazione sessuale nelle scuole e tagliato i sussidi per le ragazze madri. Ha letto che in
nessun altro stato c'erano tante donne che morivano a causa della gravidanza e si è ricordato del periodo in
cui negli Stati Uniti l'aborto era un reato penale e ogni anno migliaia di donne incinte morivano perché
tentavano di abortire da sole. Se oggi si chiede a Willie Parker come lui, un cristiano devoto, un chirurgo
ostetrico, sia potuto diventare l'uomo che ha efettuato più interruzioni di gravidanza di quasi tutti gli altri
medici degli Stati Uniti, lui parla poco di sé e molto della Bibbia. Del precetto di amare il prossimo. Del dovere
di esserci per gli altri. "La mia fede mi ha costretto a chiedermi cosa farebbe un buon cristiano al mio posto",
dice il medico. "Dovrebbe aiutare le donne che vengono qui o piantarle in asso?". Per un anno ha combattuto
con la sua coscienza, ma a un certo punto ha deciso di non guardare più dall'altra parte. Ha imparato come
efettuare un'interruzione di gravidanza e poco dopo ha cominciato ad andare a Jackson due volte alla
settimana per lavorare nella clinica. Non era l'unico: anche altri medici arrivavano regolarmente da luoghi
lontani, operando sotto falso nome per non mettere in pericolo se stessi e le loro famiglie. Ma la primavera
scorsa anche l'ultimo collega si è arreso. Ora è rimasto solo Parker, che ha il vantaggio di non aver mai
messo su famiglia e quindi di non dover temere per la sicurezza dei suoi familiari. Verso sud Durante la
giornata tre pazienti che questa mattina aspettavano in sala d'attesa scelgono di non abortire. Le altre
decidono di andare avanti. Ormai è pomeriggio, e le donne si sono cambiate. Indossano un camice bianco, e
dai loro sguardi si percepisce la tensione quando Parker le chiama una dopo l'altra in sala operatoria. Mentre
camminano pallide e tremanti, nel corridoio della clinica si sente in sottofondo la musica di un cd, sempre la
stessa canzone: I won't back down di Tom Petty. L'inno della clinica non è un gospel, spiega un'infermiera,
ma un famoso brano rock. Hey baby, there ain't no easy way out Hey I will stand my ground And I won't back
down Well I know what's right, I got just one life In a world that keeps on pushin' me around But I stand my
ground Ehi baby, non c'è una facile via d'uscita Ehi, terrò duro E non cederò Be', so che cosa è giusto, Ho
una vita sola In un mondo che continua a sballottarmi qui e là Ma io tengo duro Per interrompere una
gravidanza Parker non impiega più di cinque minuti. Ormai per lui è un intervento di routine, dice.
L'aspirazione di un embrione è solo un breve sibilo. È il momento in cui le infermiere distolgono lo sguardo e
gli occhi della paziente si riempiono di lacrime. Oggi Parker sente questo rumore ventitré volte. Invece di
guardare dall'altra parte, dopo ogni intervento il medico porta il tessuto asportato in una stretta stanzetta che
sembra una cucina componibile dalla luce accecante e si china su un lavabo per esaminarlo. A volte sul
piattino che tiene tra le mani riconosce minuscoli segni di una vita umana. Qual è il momento in cui un
embrione diventa una persona? Quand'è che comincia ad avere diritto alla vita? Parker è tormentato da
queste domande da quando si è laureato in medicina, ma non ha trovato risposte univoche, né come medico
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né come cristiano. Oggi dice: "Di certo so che le donne che si trovano in questa clinica sono persone, e che
per questo hanno il diritto di decidere da sole riguardo alla loro vita". Questo è un diritto che lui non ha mai
messo in discussione, anche se c'è stato un tempo in cui si rifiutava di aiutare le donne a farlo valere. "La
paura di commettere un peccato era più forte della mia coscienza di medico", dice Parker. "Oggi ritengo che
l'unico peccato consista nel negare l'assistenza sanitaria nel momento in cui è necessaria". Parla con il tono
di un predicatore, calmo e sereno. Come se fosse stato purificato. E non si dà per vinto. Un paio di mesi fa si
è trasferito da Chicago nel sud del paese: è tornato in Alabama. Ha rinunciato al suo lavoro ben pagato in
ospedale e a un appartamento costoso per poter venire ancora più spesso a Jackson. Parker chiama il lavoro
in Mississippi la sua "missione". Per compiere questa missione, la domenica sera prepara la valigia per il
lunedì, quando monta su una vecchia Volkswagen e viaggia verso ovest per quattrocento chilometri
attraverso vasti campi e paludi. A Jackson non resta mai più del necessario. Giusto il tempo di aiutare quante
più pazienti possibile: solo quest'anno saranno di nuovo più di duemila. Anche i suoi nemici lo sanno. Nei loro
ambienti circola la domanda fatale: quante donne avrebbero il loro bambino se non ci fosse più Parker a farle
abortire? Poco tempo fa l'indirizzo di casa del medico è comparso per la prima volta in rete, pubblicato da un
sito cristiano. È stato come dichiarare aperta la caccia. Nascite e morti Un paio di giorni dopo, a Jackson era
appena tramontato il sole, Parker è uscito dalla clinica per tornare in Alabama. Mentre si dirigeva verso la sua
macchina ha sentito che diverse persone lo stavano aspettando in strada. Allora si è ricordato delle minacce
di morte e ha avuto un brutto presentimento. Dato che non stava succedendo niente, si è calcato sul viso un
berretto da baseball per non farsi vedere. È uscito con cautela dal parcheggio con la sua auto e ha preso la
via più breve per l'autostrada. Sembrava che nessuno lo avesse seguito, ma poco prima di uscire dalla
capitale, nel punto in cui le bianche villette di periferia cedono il passo agli sterminati boschi del Mississippi, il
suo cellulare ha vibrato. Sul display non era visualizzato il numero. Parker ha risposto alla chiamata e ha
sentito una voce maschile che non conosceva: "Non tornare, altrimenti ti veniamo a cercare". Lo sconosciuto
ha pronunciato solo questa frase, l'ha ripetuta tre volte, poi ha chiuso la telefonata. Parker ha rilettuto per sei
giorni su cosa fare. Il settimo giorno è tornato a Jackson e si è rimesso al lavoro. Dice di non potersi
permettere di aver paura. Dice che la paura impedirebbe a troppe persone come lui di fare la cosa giusta.
Quando era giovane, oltre alla Bibbia Parker ha studiato anche i discorsi di Martin Luther King. Ultimamente
ripensa spesso a quelle parole, perché ancora oggi in Mississippi il dibattito sull'aborto non ha a che fare solo
con la fede, ma anche con il colore della pelle. Sono soprattutto uomini bianchi di ceto medio a protestare
davanti alla clinica a Jackson. E le donne che entrano nel suo studio sono prevalentemente nere, e spesso
così povere da non avere prospettive, nemmeno senza figli. Per Parker la sua attività non è solo una lotta per
la libertà di scelta, ma anche per le pari opportunità. Il medico crede che in questa battaglia dio lo proteggerà,
ma ogni volta che se ne va dalla clinica le infermiere lo salutano come se fosse l'ultima. Sul Mississippi sta
calando il crepuscolo quando Parker esce come sempre dalla porta sul retro e parte per l'Alabama: lo
aspettano cinque ore di viaggio. Le sue pazienti lo abbracciano, lo chiamano eroe. Il medico non vuole
sentire questa parola. Storce la bocca come se gli facesse male. Mentre Parker guida veloce la sua auto
verso i confini della città e fino all'autostrada, attraverso il finestrino entra un'aria umida. Nel buio sfrecciano
chiese illuminate che costeggiano le strade di tutto lo stato, come stazioni di servizio. Il Mississippi è solo il
cuore dell'enorme territorio bigotto della bible belt. Parker spiega che negli ultimi anni gli antiabortisti si stanno
afermando in tutta la regione, che dall'Oklahoma alla Florida sempre più medici rinunciano al loro lavoro e
sempre più cliniche chiudono i battenti. Che in Texas, uno stato più grande della Francia, qualche anno fa si
contavano solo 44 cliniche e tra poco non ne resteranno che cinque. Questi, dice Willie Parker, sono anche
gli stati in cui la pena di morte è più difusa.I loro governi non sono a favore della vita. "Sono solo a favore
delle nascite". Mentre parla, Parker sembra uno che non ha più dubbi ed è a posto con la sua coscienza e la
sua fede. Solo un pensiero lo tormenta mentre torna a casa. Si chiede che scelta avrebbe fatto sua madre se
nel 1963 negli Stati Uniti l'aborto non fosse stato ancora illegale. Ebbe il primo figlio a 17 anni e morì a 53,
logorata da una vita che le diede sei parti e mai un uomo che si occupasse della famiglia. Parker ricorda che
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era molto devota e ogni sera si inginocchiava accanto al suo letto per pregare insieme a lui, il suo quinto
figlio, per cui in realtà non aveva più né forza né coraggio, che riusciva a malapena a nutrire. Se all'epoca ci
fosse stato un medico come lui, dice Parker, poi resta a lungo in silenzio. "Probabilmente non sarei mai nato".
u fp
Biografia 1963 Nasce in Alabama. 2010 Da medico, decide di difendere il diritto all'aborto dopo che un
collega viene ucciso da un fondamentalista cristiano. 2014 Rimane l'unico medico a praticare l'interruzione di
gravidanza in Mississippi. 2015 Viene minacciato da un gruppo fondamentalista cristiano.
Foto: L'aspirazione di un embrione è solo un breve sibilo. Le infermiere distolgono lo sguardo e gli occhi della
paziente si riempiono di lacrime
Foto: Washington, ottobre 2012