scenari_frontiere La prova del bisturi Al centro Endocas di Pisa, realtà virtuale e manichini addestrano chi un giorno farà il chirurgo. Per individuare subito chi è negato. C hirurghi si nasce o si diventa? Si nasce, a quanto pare. Uno studio svolto con simulatori per la chirurgia robotica dimostra per la prima volta, dati alla mano, quello di cui i medici della sala operatoria sono perfettamente consapevoli, e che i non addetti ai lavori fortemente sospettano: non tutti sono dotati per il bisturi. Tra gli studenti di medicina c’è una piccola percentuale di «maghi», le cui mani sembrano fatte apposta per tagliare e suturare; una maggioranza di normodotati che, con la pratica, possono diventare bravi chirurghi; e infine una quota di «negati» che, per quanto si adoperino, non riusciranno mai a raggiungere risultati neppure decenti. Manca loro quel minimo di destrezza manuale innata indispensabile per la professione. Sono i risultati di una ricerca condotta al centro Endocas (Centro per la chirurgia assistita al computer) dell’Università di Pisa. Ma che fare di questi risultati, una volta noti? «Test simili potrebbero essere usati per introdurre una prova pratica nella selezione dei candidati alle specialità chirurgiche, come avviene in altri campi, per esempio nel reclutamento dei piloti d’aereo» risponde Andrea Moglia, ingegnere e autore principale dello studio. O indirizzare per la carriera di quelli che non sono portati per il bisturi, prima che cambiare strada diventi difficile e doloroso, come sostiene Mauro Ferrari, professore di chirurgia vascolare all’Università di Pisa e direttore del centro. È solo uno dei possibili utilizzi dei sistemi di simulazione al computer per la chirurgia. L’altro fronte su cui si lavora a Endocas è la formazione di medici e aspiranti tali. Tema delicato, in particolare per la chirurgia. «Una volta si imparava vedendo e facendo. Le esercitazioni erano sui cadaveri. Oggi questo non è più accettabile» osserva Ferrari. «L’osservazione e il tutoraggio da parte di colleghi più esperti restano importanti, ma non possono essere l’unico sistema di addestramento». E, Elaborazione di Stefano Carrara Se il chirurgo sbaglia, scatta l’allarme. 44 d’altra parte, c’è un dilemma di non facile soluzione. «L’esperienza e il numero di interventi eseguiti da ogni chirurgo sono essenziali; ma i sistemi formativi spesso non permettono agli studenti di fare la pratica necessaria» osserva Sabina Nuti, responsabile del laboratorio Management e sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. La stragrande maggioranza degli specializzandi in medicina ammette di mettere le mani su un paziente molto meno di quanto è richiesto sulla carta. Al centro pisano, che ha ottenuto (unica struttura in Italia)l’accreditamento da parte dell’American college of surgeons per l’addestramento dei chirughi con la simulazione, ingegneri e informatici lavorano con i medici per far quadrare il cerchio: consentire di far pratica, ma non a spese di un paziente in carne e ossa. I simulatori virtuali servono per prendere confidenza con la laparoscopia. La manualità necessaria è complessa e controintuitiva. Si Panorama | 21 maggio 2014 Bw 44-45_Pa21_Sc_Front_Endocas_d.indd 44 13/05/14 12.12 A Endocas, centro di eccellenza dell’Università di Pisa, i simulatori virtuali servono soprattutto nel caso della laparoscopia, operazione che richiede una manualità complessa. può cominciare ad acquisirla giocando a una specie di videogioco, invece che manovrando nella pancia del paziente. Poi ci sono i simulatori fisici, manichini dotati di anatomia costruita a seconda delle necessità: si opera su organi finti ma realistici, magari un fegato o una colecisti realizzati con miscele di silicone da stampi in 3D e, come nel vecchio gioco dell’Allegro chirurgo, scatta un allarme se l’operatore rischia di incidere un vaso sanguigno o un tessuto vicino. Anche i professionisti possono esercitarsi su tecniche diverse da quelle cui sono abituati, come la chirurgia con i robot da Vinci, presenza costante ormai in tanti ospedali (ce ne sono 65 in Italia) e con cui vengono eseguiti molti interventi. L’anno scorso, negli Stati Uniti, c’è stata una marea di segnalazioni di eventi avversi legati all’uso del robot, oltre che cause legali. Sotto accusa, anche lo scarso addestramento dei chirurghi. Sono stati i test al simulatore del da Vinci a individuare gli studenti negati per la chirurgia. Il software «ha memoria» delle performance, e può registrare dati che danno una misura indiretta delle capacità del chirurgo, come l’efficienza dei movimenti: se pochi e circoscritti sono indice di migliore abilità. Questi dati potrebbero essere un giorno usati per capire se chi opera è bravo o no? Le assicurazioni sarebbero pronte a mettere le mani su informazioni simili. Non è detto che sia un bene: potrebbero innescarsi meccanismi che fanno evitare ai chirurghi di trattare i casi più difficili. Ma si può anche immaginare un mondo dove i pazienti, invece che affidarsi al passaparola, dispongono di un dato oggettivo per sapere, letteralmente, in che mani finiranno. (Chiara Palmerini) © riproduzione riservata 21 maggio 2014 | Panorama Bw 44-45_Pa21_Sc_Front_Endocas_d.indd 45 45 13/05/14 12.12