Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 01) Rifrazione della luce ed Indice di rifrazione di una sostanza 03) Riflessione totale 04) Rifrazione della luce attraverso una lastra a facce piane e parallele 05) Prisma ottico 06) La dispersione della luce 07) Ulteriori precisazioni sulla natura della luce 08) Il diottro sferico 09) Lenti sottili Pagina 1 1 Unità Didattica N° 33 2 La rifrazione della luce 01) Rifrazione della luce ed indice di rifrazione di una sostanza Abbiamo già visto che in un mezzo trasparente ed omogeneo ( aria , acqua ) la luce si propaga in linea retta . Quando la luce passa da un mezzo trasparente ad un altro di natura diversa ( ma anch’esso trasparente ) cambia di direzione . Diciamo che la luce subisce il fenomeno della rifrazione . Quindi la rifrazione della luce consiste nella deviazione che subiscono i raggi luminosi quando passano da un mezzo omogeneo trasparente ad un altro , pure trasparente ma di natura diversa . Per studiare questo fenomeno poniamoci nelle condizioni più semplici possibili . Prendiamo un recipiente contenente acqua e sia AB la superficie di separazione tra l’acqua e l’aria . Poniamo ad una certa distanza da questa superficie AB una sorgente di luce S ( ad esempio una lampada ) davanti alla quale collochiamo uno schermo opaco con un piccolo foro GF onde potere realizzare con buona approssimazione un raggio luminoso . Il raggio luminoso SF , che chiameremo anche questa volta raggio incidente , colpisca la superficie AB nel punto P . Il raggio luminoso SP penetrando nel secondo mezzo non prosegue , in generale , lungo la stessa direzione . L’esperienza mostra che esso devia avvicinandosi o allontanandosi dalla normale n alla superficie AB nel punto B . SP = raggio incidente PQ = raggio rifratto î = SP̂n = angolo di incidenza r̂ = angolo di rifrazione nP = normale nel punto di incidenza S L’esperienza insegna che quando il raggio incidente n F passa da un mezzo meno denso ( ad esempio aria ) ad un mezzo otticamente più denso ( ad esempio acqua , aria i A P B risulta r̂ < î , cioè il raggio rifratto si avvicina alla normale . Viceversa , quando il raggio incidente passa da un mezzo otticamente più denso ad r L acqua vetro ) M Q uno meno denso risulta r̂ > î , cioè il raggio rifratto si allontana dalla normale n . E’ ora naturale chiedersi : di quanto il raggio rifratto si avvicina alla normale nel caso in cui il raggio incidente passa da un mezzo meno denso ad uno più denso , e di quanto se ne allontana nel caso contrario . Rispondono a questa domanda le leggi della rifrazione ricavate dall’esperienza . Pagina 2 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 3 Le due leggi della rifrazione o leggi di Snellius - Cartesio 1) raggio incidente , raggio rifratto e normale nel punto di incidenza alla superficie di separazione giacciono nello stesso piano 2) Il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza ed il seno dell’angolo di rifrazione ha un valore costante che dipende dalla natura dei due mezzi . n1, 2 = In simboli abbiamo : sin î = costante sin r̂ Tale costante prende il nome di indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al primo . n1, 2 > 1 ⇒ sin î > sin r̂ ⇒ î > r̂ . Il secondo mezzo è più rifrangente del primo ed il raggio rifratto si avvicina alla normale . n1, 2 < 1 ⇒ sin î < sin r̂ ⇒ î < r̂ . Il secondo mezzo è meno rifrangente del primo ed il raggio rifratto si allontana dalla normale . n1, 2 = 1 ⇒ sin î = sin r̂ ⇒ î = r̂ Non si ha rifrazione . Se il primo mezzo è il vuoto , l’indice di rifrazione del secondo mezzo ( ad esempio l’acqua ) rispetto al vuoto dicesi indice di rifrazione assoluto del secondo mezzo e lo indichiamo col simbolo n o , 2 o più semplicemente col simbolo n 2 . Siano v1 e v 2 le velocità di propagazione di un raggio di luce monocromatica nel mezzi ← e ↑ rispettivamente . La misurazione diretta delle velocità della luce nei due mezzi ha permesso di constatare che vale la relazione : n1, 2 = v1 v2 cioè : << L’indice di rifrazione relativo al passaggio di un raggio luminoso da un mezzo trasparente (1) ad un altro (2) è uguale al rapporto delle rispettive velocità di propagazione >> n1, 2 = velocità dell' onda nel mezzo da cui proviene velocità dell' onda nel mezzo in cui penetra E’ opportuno considerare il passaggio di un raggio luminoso dal vuoto ad un altro mezzo materiale e definire l ‘ indice assoluto di rifrazione di un mezzo materiale come il rapporto fra il valore della velocità della luce nel vuoto e quello della velocità della luce nel mezzo che si considera . Più precisamente , indicando con n1 l’indice assoluto di rifrazione per il passaggio vuoto → mezzo (1) e con v1 il valore della velocità della luce nel mezzo ← , avremo : Pagina 3 n1 = c v1 4 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce n2 = Similmente , l’indice di rifrazione assoluto per un secondo mezzo ↑ sarà : c v2 se v 2 indica il valore della velocità in questo mezzo . Dividendo membro a membro otteniamo : n2 n1 c v v = 2 = 1 = n1, 2 c v2 v1 n1, 2 = n2 n1 L ‘ indice di rifrazione del mezzo ↑ rispetto al mezzo ← è uguale al rapporto fra l’indice di rifrazione assoluto del mezzo ↑ rispetto al mezzo ← . Risulta pure : n 2 ,1 = v2 1 1 = = v v1 n1, 2 1 v2 L ‘ indice di rifrazione relativo al passaggio di un raggio luminoso dal mezzo ← al mezzo ↑ è uguale al reciproco dell’indice di rifrazione relativo al passaggio dal mezzo ↑ al mezzo ← . Una prima importante conseguenza che deriva da questa relazione è la invertibilità del cammino luminoso anche nel caso della rifrazione . Questo significa che se la sorgente luminosa è posta in F il raggio luminoso percorre il cammino FPQ . Se è posta in Q il raggio luminoso percorre il cammino inverso QPF . L’indice di rifrazione assoluto dei gas , ed in particolare dell’aria , è molto vicino al valore 1 . Per l’aria abbiamo : n = 1,00029 . Pagina 4 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 5 Procedimento grafico per determinare il raggio rifratto , noti i valori degli indici di rifrazione dei due mezzi a contatto n 1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂ Procedimento grafico per determinare il raggio rifratto , noti i valori degli indici di rifrazione dei due mezzi a contatto n 1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂ Pagina 5 Unità Didattica N° 33 6 La rifrazione della luce 03) Angolo limite e riflessione totale Quando un raggio luminoso passa da un mezzo più rifrangente ( ad esempio acqua ) ad uno meno rifrangente ( ad esempio aria ) accade che per un ben definito valore dell’angolo di incidenza A l’angolo di rifrazione sia di 90° , cioè il raggio rifratto esce parallelamente alla superficie di separazione . Tale valore dell’angolo di incidenza è chiamato angolo limite ( indicato col simbolo A ) perché , per angoli di incidenza maggiori di esso , il raggio di luce non viene più rifratto ma viene riflesso propagandosi nello stesso mezzo del raggio incidente . Il fenomeno prende il nome di riflessione totale . Sia S una sorgente luminosa posta nel mezzo più rifrangente . Quando la luce passa da un mezzo più denso ad uno meno denso , all’aumentare dell’angolo di incidenza î aumenta anche l’angolo di rifrazione r̂ . Il raggio rifratto si allontana sempre più dalla normale nel punto di incidenza finché forma con essa un angolo di 90° . L’angolo di incidenza A a cui corrisponde un angolo di rifrazione r̂ = 90° prende il nome di angolo limite . Il valore di A si calcola ricordando che : sin A n = 1 sin 90° n2 sin A = 1 n2 Il seno dell’angolo limite è uguale al reciproco dell’indice di rifrazione assoluto del mezzo più denso . raggio normale n1 aria acqua r̂ rifratto î aria acqua A n2 raggio incidente normale n1 raggio incidente raggio totalmente rifratto n2 normale n1 aria acqua î raggio incidente î raggio riflesso n2 Quando l’angolo di incidenza è Il raggio incidente si rifrange Aumentando nell’aria . l’angolo di maggiore dell’angolo limite , il incidenza î fino al valore A , il raggio luminoso invece di raggio incidente si rifrange rifrangersi nell’aria , si riflette parallelamente alla superficie all’interno dell’acqua , come se dell’acqua . Questo particolare la superficie di separazione angolo di incidenza A si chiama acqua-aria fosse uno specchio . angolo limite . Pagina 6 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 7 La riflessione totale della luce proveniente da una sorgente puntiforme S avviene per tutti gli angoli di incidenza maggiori dell’ angolo limite A . Se il raggio luminoso incide con un angolo pari all’angolo limite A , il raggio rifratto segue la superficie di separazione aria-acqua . Illusioni ottiche I A miraggio Fenomeno ottico dovuto alla rifrazione della luce che fa apparire un oggetto ad una distanza ed in una posizione diverse da quelle reali . I fenomeni di miraggio sono originati dal fatto che l’atmosfera terrestre può essere considerata come costituita da tanti strati d’aria , sovrapposti e paralleli alla superficie terrestre , di diversa densità . Quando gli strati d’aria inferiori sono molto meno densi di quelli superiori si hanno i fenomeni di miraggio , in caso contrario si hanno i fenomeni di fata morgana . 1 Miraggio Mentre il raggio SO , che si propaga lungo uno strato d’aria caratterizzato da una densità costante , non subisce deviazione , quello che si propaga verso il basso , incontrando strati d’aria più caldi e quindi meno densi , si allontana dalla normale finché si riflette totalmente . L’osservatore vede l’albero e la sua immagine capovolta come se l’oggetto si fosse riflesso in uno specchio d’acqua . In natura la riflessione totale può portare a fenomeni di miraggio per i quali si vedono contemporaneamente gli oggetti e le loro immagini capovolte e leggermente tremolanti , come se Pagina 7 8 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce fossero riflesse da uno specchio d’acqua . Normalmente gli strati di aria più bassa sono anche i più densi, ma se il terreno è molto caldo , può avvenire che l’aria , al suo contatto , si riscaldi notevolmente diventando meno densa . In queste condizioni un raggio proveniente da S e diretto verso il suolo , incontra strati d’aria via via meno densi e , quindi , meno rifrangenti , perciò si rifrange allontanandosi gradatamente dalla normale . Siccome la rifrazione avviene sempre da uno strato più rifrangente ad uno meno rifrangente , l’angolo di incidenza cresce sempre di più , e ad un certo momento supererà il valore dell’angolo limite . In tali condizioni avviene il fenomeno della riflessione totale e di conseguenza il raggio luminoso si allontana dal suolo .L’osservatore posto in O vede l’immagine nella posizione S′ , come se l’albero si fosse riflesso in uno specchio d’acqua . In questo consiste il fenomeno del miraggio , nel fatto cioè che l’osservatore vede insieme l’oggetto e la sua immagine . Il tremolio dell’immagine è dovuto ai moti convettivi dell’aria calda . Il miraggio si verifica frequentemente nei deserti . La fata morgana Fata morgana Un raggio luminoso che parte da una nave , se incontra strati d’aria meno densi , si rifrange allontanandosi dalla normale totalmente finché si riflette . L’osservatore che lo intercetta vede la nave in alto . Nel caso in cui gli strati d’aria superiori siano meno densi di quelli inferiori , può accadere che dei raggi luminosi diretti verso l’alto subiscano una riflessione totale e ritornino verso il basso . In figura è mostrato un raggio luminoso che parte da una nave . L’osservatore che intercetta il raggio vede la nave in alto e capovolta , come se volasse . E’ questo il fenomeno della fata morgana . 1 Il termine fata morgana deriva dalla mitica fata che possedeva , nelle leggende riguardanti certi personaggi della corte del re Artù , il magico potere di creare castelli in aria . Pagina 8 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 04) Rifrazione della luce attraverso una lastra a facce piane e parallele Rifrazione della luce attraverso una lastra a facce piane e parallele. Dalle leggi della rifrazione segue che: iˆ = eˆ . Un raggio di luce che attraversa una lastra a facce piane e parallele non viene deviato, ma subisce uno spostamento rimanendo parallelo alla retta di incidenza . Pagina 9 9 10 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 05) Prisma ottico Prisma ottico Un raggio di luce che attraversa un prisma ottico con l’angolo di deviazione minima: iˆ = eˆ Pagina 10 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce Pagina 11 11 12 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce ⎛ α +δm ⎞ sin ⎜ ⎟ ⎝ 2 ⎠ La legge di Snell, nel caso della deviazione minima, si scrive : n = α sin 2 Per avere emergenza, l’angolo di rifrangenza α del prisma deve essere minore del doppio dell’angolo limote  caratteristico della sostanza del prisma. Pagina 12 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 13 06) La dispersione della luce Per via sperimentale si dimostra che un fascio di luce bianca che incide su un prisma viene scomposto in sette fasci ( non perfettamente distinti ) che hanno colori diversi : rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto . Questo fenomeno si chiama dispersione della luce e fu studiato per primo da Newton nel 1666 . Newton chiamò spettro la distribuzione dei colori . Un fascio di luce bianca attraversa la fenditura e viene rifratto due volte dal prisma ( all’entrata ed all’uscita ). Sullo schermo il fascio di luce bianca risulta disperso, cioè suddiviso nei 7 collori che formano la luce bianca . Definizione: la dispersione della luce consiste nella scomposizione in diversi colori della luice bianca che incide su un prisma. E’ dovuta al fatto che l’indice di rifrazione del mezzo cambia con il colore della luce indidente . Un sottile fascio di luice bianca incide sul prisma di sinistra e viene suddiviso nei 7 colori dello spettro. Una fenditura , posta nello schermo in mezzo ai due prismi, seleziona il raggi verde. Dopo avere attraversato il secondo prisma, questo raggio riemerge senza essere ulteriormente suddiviso. Questo significa che i colori dello spettro sono colori puri, che non possono essere scomposti. Pagina 13 Unità Didattica N° 33 14 La rifrazione della luce A differenza della luce bianca, un raggio luminoso monocromatico non può essere ulteriormente scomposto . Un raggio di luce solare attraversa il prisma di sinistra, da cui esce suddiviso nei colori dello spettro. I diversi raggi colorati passano poi nel prima di destra, che li ricompone in un unico raggio di luce bianca. Ciò prova che la luce bianca è una compinazione dei colori dello spettro. Il colore di un corpo trasparente colpito dalla luce bianca è quello della componente monocromatica non asorbita . Nel caso della figura una lastra di colore verde attraversata da luce bianca assorbe turre le radiazioni monocromatiche con esclusione della radiazione monocromatica verde . Il prisma ottico e lo schermo confermano questo risultato . L’esempio più affascinante della dispersione della luce si realizza nel fenomeno dell’arcobaleno . Quando la luce del Sole viene intercettata dalle goccioline di acqua, presenti nell’atmosfera dopo un temporale, parte della luce si rifrange quando penetra al loro interno, viene riflessa dalla superficie interna ( riflessione totale ) e poi rifratta all’esterno. Come nel caso del prisma, la prima rifrazione separa la luce solare nei suoi componenti, la seconda ne aumenta la separazione angolare. Pagina 14 Unità Didattica N° 33 Un raggo proveniente incide sulla esterna di sferica di verificano di luce dal Sole La rifrazione della luce 15 superficie una goccia acqua i . Si seguente fenomeni : • rifrazione • riflessione totale • rifrazione Nel 1666 Isacco Newton , studiando il fenomeno della rifrazione della luce scoprì che un raggio di luce proveniente dal Sole ( comunemente detta luce bianca ), attraversando un prisma di vetro, proietta sopra uno schermo non una macchia luminosa bianca, ma un’immagine luminosa composta da sette colori distinti, rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Il fenomeno scoperto da Newton viene chiamato dispersione della luce. La fascia di colori visualizzata sullo schermo viene chiamata lo sperttro della luce solare, ed i sette colori che lo compongono sono detti colori fondamentali. Il modo più semplice per spiegare il fenomeno della dispersione della luce è di pensare che un raggio di luce solare sia composto da una serie di radiazioni, ciascuna di un colre diverse ( radiazioni monocromatiche ), le quali, nel loro insieme, generano l’effetto di colore che chiamiamo “ bianco “ . Se invece facciamo incidere su un prisma di vetro un raggio composto da uno solo dei colri dello spettro ( raggio monocromatico ), notiamo che esso non subisce una ulteriore dispersione. Il fenomeno della dispersione ha la seguente interpretazione teorica : • ad ogni colore corrisponde una diversa velocità di propagazione nello stesso mezzo trasparente. Il violetto, che si piega di più, ha una velocità di propagazione minore del rosso che si piega di meno. Quindi un raggio di luce monocromatica ha una sua specifica velocità di propagazione in ogni materiale. Tale velocità è tanto maggiore quanto minore è l’indice di rifrazione del materiale stesso. • la lunghezza d’onda λ di una radiazione monocromatica non ha lo stesso valore in tutte le condizioni, ma dipende dal mezzo nel quale essa si propaga, e cambia passando da un mezzo ad un altro. Pagina 15 16 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce • La grandezza che caratterizza in modo univoco il colore di un fascio luminoso è la sua frequenza ν , che non è influenzata dal mezzo di propagazione. Ad esempio, la luce che chiamiamo rossa ha una frequenza pari a 4 ⋅1014 Hz . Tuttavia è rimasta molto comune l’abitudine di identificare il colore di una radiazionecon la sua lunghezza d’onda, sottintendendo che si tratta della lunghezza d’onda relativa alla propagazione nel vuoto ( o nell’aria, dato che la differenza tra i due valori è trascurabile ai fini pratici ) . Nel vuoto abbiamo : λ ⋅ν = c ( in questo caso λ e ν sono costanti per ogni colore ) In un mezzo materiale abbiamo : λ ⋅ν = v ν = v λ v = velocità di propagazione del raggio luminoso monocromatico . Se il raggio luminoso monocromatico si propaga in un altro mezzo cambia la velocità di propagazione v , cambia la lunghezza d’onda λ ma la frenquenza ν rimane sempre la stessa . Per questo motivo ogni colore una una sua specifica frequenza il cui valore non dipende dal mezzo nel quale si propaga . 07) Ulteriori precisazioni sulla natura della luce Per molto tempo i fisici hanno discusso sulla natura della luce e sui fenomeni connessi, passando da un modello corpuscolare ad un modello ondulatorio. Il modello corpuscolare era sostenuto da Newton. Secondo questo modello la luce è un inseme di particelle microscopiche, emesse dalle dalle sorgenti luminose. Le particelle di luce si muovono in linea retta, rimbalzano sui corpi opachi, attraversano i mezzi trasparenti cambiando direzione e raggiungono i nostri occhi provoncando la visione degli oggetti. Il modello ondulatorio era sostenuto dal fisico olandese Christian Huygens. Secondo questo modello la luce si propaga come un’onda e quindi ha le stesse proprietà delle onde: si riflette sui corpi opachi, si propaga nei mezzi, viene assorbita. Entrambi i modelli spiegano bene alcumi fenomeni luminosi, cole la riflessione e la rifrazione. Sulla velocità di propagazione della luce in un mezzo sono in completo disaccordo. Infatti, mentre il modello corpuscolare prevede una velocità di propagazione dela luce maggiore in un mezzo che nel vuoto, quello ondulatorio precìvede il contrario. La teoria corpuscolare ebbe fortuna negli ambienti scientifici fino al 1800, perché riusciva a spiegare bene ed in maniera semplice i fenomeni della riflessioe e della rifrazione. Tuttavia essa non riusciva a spiegare i fenomeni di interferenza, di diffrazione e di polarizzazione . La disputa sulla natura della luce andò avanti per diversotempo, fino a quando nel 1801 il fisico e medico inglese Thomas Young ideò e realizzò un famoso esperimento che convinse gli scienziati del carattere ondulatorio della luce. Young dimostrò che la luce è soggetta all’interferenza che è un fenomeno caratteristico ed esclusivo delle onde. Pagina 16 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 17 Il modello di Newton aveva subito un colpo mortale. Nel 1849 il francese Armand Louis Fizeau diede una ulteriore conferma sperimentale al modello ondulatorio, dimostrando che la velocità della luce è maggiore nel vuoto che in un qualsiasi mezzo. Se la luce viaggia come un’unda , allora bisogna associare ad ogni onda luminosa una velocità di propagazione, una frequenza, una lunghezza d’onda e queste tre grandezze debbono essere legate fra di loro dalla seguente relazione : λ ⋅ν = v , che trovò la sua velidità nei numerosi esperimenti effettuati dai fisici dell’epoca. Tuttavia esisteva un problema irrisolto, che metteva in discussione la teoria ondulatoria. Nel caso delle onde meccaniche esiste un mezzo materiale attraverso il quale le onde si propagano. Ma nessuno ha mai potuto individuare un mezzo di propagazione per le onde luminose. La teoria ondulatoria dellaluce, forte delle sue osservazioni sperimenatli, era troppo convincente per essere messa in dubbio dalla mancanza di un mezzo di propagazione. Si diffuse perciò l’idea che lo spazio fosse occupato da un mezzo di caratteristiche molto particolari in grado di permettere la propagazione della luce . A questo mezzo venne dato il nome di etere, più precisamente etere luminifero. Nel 1860 il fisico inglese James Clerk Maxwell specificò meglio la natura della luce: la radiazione luminosa non è un’onda meccanica longitudinale, come sosteneva Huygens, ma un’onda elettromagnetica trasversale che, come ogni altra onda elettromagnetica, viaggia nel vuoto alla velocità 3 ⋅108 m km = 300 . La luce non ha bisogno di alcum mezzo per propagarsi, s s nemmeno dell’etere, la cui esistenza, ancora ammessa da Maxwell, fu negata successivamente dai fisici Michelson e Morley . Con Maxwell l’ottica diventò un capitolo dell’elettromagnetismo . All’inizio del secolo scorso, quando la comunità scientifica sembrava finalmente convinta della natura ondulatoria della luce, Albert Einstein , per potere interpretare l’effetto fotoelettrico, cioè l’emissione di elettroni da parte di un metallo investito da radiazioni di opportuna frequenza, dovette ammettere la natura corpuscolare della luce. A prima vista l’ipotesi di Einstein sembrava piuttosto paradossale. Una radiazione elettromagnetica, e quindi anche la luce, doveva possedere una duplice natura: alcune volte si comportava da corpuscolo ( detto fotone, di massa nulla ma dotato di energia e quantità di moto ) e altre volte da onda. In effetti la luce si comporta da onda in tutti i fenomeni di propagazione, da corpuscolo in tutti i fenomeni di interazione. In seguito si è dimostrato che il dualismo onda-corpuscolo riflette una simmetria di carattere generale, costituisce cioè una legge di natura. Pagina 17 18 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 08) Il diottro sferico Il diottro sferico • Dicesi diottro sferico ( o semplicemente diottro ) un sistema ottico costituito da due mezzi trasparenti omogenei di diverso indice di rifrazione n1 ed n 2 separati da una superficie sferica S avente raggio R e centro C . Il diottro sferico è caratterizzato dai seguenti elementi : 01) angolo di apertura è l’angolo ZĈU 02) asse ottico principale è l’asse di simmetria x o x i passante per il centro di curvatura C della superficie di separazione dei due mezzi 03) asse secondario è qualunque retta passante per il centro di curvatura C del diottro . Quindi si chiama asse principale del diottro la retta passante per il centro di curvatura C e per il vertice V. Le altre rette passanti per C si dicono ASSI SECONDARI . 04) vertice è il punto d’intersezione V dell’asse ottico principale con la calotta sferica 05) R è il raggio di curvatura 06) C è il centro del diottro • Supporremo , in generale , che la luce provenga dalla sinistra • Distingueremo due tipi di diottro sferico : 1) diottro convesso : quando il centro di curvatura C si trova nel secondo mezzo 2) diottro concavo : quando il centro di curvatura si trova nel primo mezzo • Supporremo che nella rifrazione ogni raggio incidente dia luogo ad un solo raggio rifratto , cioè supporremo che la luce sia monocromatica . • Sia n1 l’indice di rifrazione del mezzo in cui si propaga la luce incidente sulla superficie di separazione S ed n 2 quello del mezzo in cui si ha la luce rifratta . Supponiamo che sia n 2 > n1 , supponiamo ad esempio che il primo mezzo sia aria ed il secondo vetro . Se indichiamo con p e q rispettivamente le distanze del punto oggetto O e del corrispondente punto immagine I dal vertice V e con n1 ed n 2 ( n 2 > n1 ) gli indici di rifrazione dei due mezzi , si dimostra che la seguente formula n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R [1] detta equazione dei punti coniugati 2 del diottro sferico secondo l’approssimazione di Gauss . 2 Coniugati nel senso che , per il principio di reciprocità del cammino luminoso , se il punto oggetto diventa punto immagine , il punto immagine diventa punto oggetto. Pagina 18 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 19 L’equazione [1] ci permette di determinare la posizione q del punto immagine I noti gli indici di rifrazione n1 , n 2 , il raggio R della calotta sferica e la posizione p del punto oggetto O . Dimostriamo l’equazione [1] . Sia O [ O(p,0 ) ] una sorgente luminosa puntiforme posta sull’asse ottico principale . Un raggio luminoso qualsiasi ON , incidendo in N , subisce la rifrazione . Il raggio rifratto NI , passando da un mezzo meno rifrangente ad uno più rifrangente , sarà deviato verso la normale NC . . Il raggio rifratto NI incontrerà l’asse ottico principale nel punto I . Per il fenomeno della rifrazione possiamo scrivere : sin î n = 2 cioè : sin r̂ n1 n1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂ Consideriamo , fra i raggi monocromatici uscenti da O , il raggio OV che prosegue nel secondo mezzo di indice di rifrazione n 2 senza subire la rifrazione in quanto incide normalmente sulla superficie esterna del diottro . I due raggi rifratti si incontrano nel punto I . Questo punto , coniugato di O , rappresenta l’immagine del punto oggetto O . 3 • Seni di angoli supplementari sono uguali : sin (π − α ) = sin α • Teorema dei seni : in un triangolo qualsiasi si mantiene costante il A rapporto tra ciascun lato ed il seno dell’angolo opposto . a b c = = sinα sinβ sin γ • Se α è molto piccolo ( 2° < α < 3° ) si potrà porre Pagina 19 B α c b β a γ C Unità Didattica N° 33 20 ON ≅ OV = p , IN ≅ IV = q Applico il teorema dei seni al triangolo ONC : Applico il teorema dei seni al triangolo NCI : sin β = sin β ⇒ La rifrazione della luce OC = p + R sin β ( sin π − î ) = sin (π − β) sin r̂ CI = q − R ON ON ⇒ sin β = ⋅ sin î OC OC ⇒ sin β = NI ⋅ sin r̂ CI ON NI ON NI p q ⋅ n2 = ⋅ n1 ⋅ sin î = ⋅ sin r̂ ⇒ ⋅ n2 = ⋅ n1 ⇒ OC CI OC CI p + R q − R q ⋅ n1 ⋅ (p + R ) = p ⋅ n 2 ⋅ (q − R ) ⇒ p q n1 + q R n1 = p q n 2 − p R n 2 ⇒ p R n 2 + q R n 1 = p q n 2 − pq n 1 ⇒ q R n 1 + p R n 2 = p q (n 2 − n 1 ) ⇒ q R n1 p R n2 p q (n 2 − n1 ) + = pqR pqR pqR ⇒ n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R Fuochi di un diottro sferico In diottro sferico vengono definiti due fuochi . Precisamente si definisce : 1) primo fuoco F1 il punto oggetto situato sull’asse ottico principale la cui immagine coniugata si forma all’infinito . I raggi luminosi di una sorgente puntiforme posta nel primo fuoco F1 dopo la rifrazione proseguono parallelamente all’asse ottico principale . 2) secondo fuoco F2 è il punto dell’asse ottico principale dove convergono i raggi paralleli all’asse ottico principale dopo la rifrazione . Quindi il secondo fuoco F2 è quel punto dell’asse ottico principale che è l ‘ immagine di un punto oggetto posto sull’asse ottico principale a distanza infinita . F1 (f1 ; 0 ) , F2 (f 2 ; 0 ) 3 Un raggio uscente da O che si propaga secondo la direzione dell’asse ottico principale non viene deviato nell’attraversare la superficie di separazione dei due mezzi e passa anch’esso per I , che è l ‘ immagine di O . Pagina 20 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 21 Il primo fuoco F1 rappresenta quel punto in cui , Il secondo fuoco F2 rappresenta quel punto ove ponendo una sorgente luminosa puntiforme , i convergono dopo la rifrazione i raggi luminosi raggi dopo la rifrazione proseguono paralleli incidenti parallelamente all’asse ottico principale . all’asse ottico principale n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R q = ∞ p = f1 ⇒ p = f1 = n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R p = ∞ q = f2 ⇒ q = f2 = n1 n n − n1 n n − n1 + 2 = 2 ⇒ 1 = 2 p R p R ∞ n1 R n 2 − n1 n1 n n − n1 n n − n1 + 2 = 2 ⇒ 2 = 2 q R q R ∞ n2 R n 2 − n1 n1 R f1 n n 2 − n1 = = 1 Essendo n1 > 0 ed n 2 > 0 deduciamo che f1 ed f 2 o sono entrambi n2 f2 n2 R n 2 − n1 positivi ( fuochi reali ) o sono entrambi negativi ( fuochi virtuali ) . f 2 − f1 = n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R n − n1 n1 n2 ⋅R = R R = 2 R − n 2 − n1 n 2 − n1 n 2 − n1 moltiplico ogni termine del primo membro e del secondo membro per 1 n1 1 n2 R ottenendo ⋅ ⋅R + ⋅ ⋅R = 1 ⇒ p n 2 − n1 q n 2 − n1 n 2 − n1 f1 f + 2 = 1 p q [2] detta formula di Huygens con l’approssimazione di Gauss . Pagina 21 Unità Didattica N° 33 22 La rifrazione della luce Costruzione grafica dell’immagine in un diottro sferico In un diottro sferico la costruzione grafica dell’immagine di un oggetto esteso si effettua tenendo presente le tre seguenti regole : 01) Un raggio luminoso che passa per il primo fuoco prosegue nel secondo mezzo parallelamente all’asse ottico principale . 02) Un raggio luminoso che incide sul diottro sferico parallelamente all’asse ottico principale si rifrange nel secondo mezzo passando per il secondo fuoco F2 03) Un raggio luminoso la cui direzione passa per il centro del diottro non subisce la rifrazione , cioè passa nel secondo mezzo senza cambiare direzione . Costruzione grafica dell’immagine di un oggetto posto in un diottro sferico convesso . Costruzione grafica dell ’ immagine di un oggetto posto in un diottro sferico concavo . Pagina 22 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 23 09) Lenti sottili Le lenti sottili Dicesi lente un sistema formato da due diottri aventi lo stesso asse ottico principale , di cui almeno uno è sferico . Quando la distanza fra i vertici delle due calotte sferiche è trascurabile rispetto ai raggi di curvatura R 1 ed R 2 , la lente si dice sottile . In relazione all’effetto prodotto da una lente sui raggi luminosi incidenti su di essa si hanno due categorie di lenti : • le lenti convergenti che trasformano un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale in un fascio di raggi convergenti in un punto dell’asse ottico principale . Le lenti convergenti si distinguono per avere i bordi sottili e la parte centrale più spessa . Esse trasformano un fascio incidente parallelo in un fascio convergente . • le lenti divergenti che trasformano un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale in un fascio di raggi che divergono da un punto dell’asse ottico principale . Le lenti divergenti si distinguono per avere i bordi più spessi della parte centrale . Esse trasformano un fascio di raggi paralleli incidente in un fascio divergente . Simbolo di lente convergente Simbolo di lente divergente Pagina 23 24 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce Una lente convergente può essere : 01) biconvessa 02) piano convessa 03) menisco convergente , una lente divergente può essere : 01) biconcava 02) piano concava 03) menisco divergente . • Il fuoco di una lente convergente è il punto nel quale convergono dopo il passaggio attraverso la lente , i raggi incidenti secondo una direzione parallela all’asse ottico principale . • Il fuoco di una lente divergente è il punto dal quale sembrano divergere , dopo il passaggio attraverso la lente , i raggi incidenti secondo una direzione parallela all’asse ottico principale . Tutti i raggi incidenti paralleli all’asse ottico principale vengono rifratti su uno stesso punto ( dell’asse ottico principale ) , che è uno dei due fuochi principali della lente Se si mette la sorgente luminosa dalla parte opposta , cioè alla destra della lente , si osserva lo stesso fenomeno : i raggi rifratti convergono tutti in un punto F dell’asse ottico principale , che è anch’esso un fuoco della lente . Una lente ha due fuochi , uno alla destra ed uno alla sua sinistra . Per una lente sottile il punto medio del segmento avente come estremi i due fuochi è il centro ottico O della lente . Qualsiasi raggio luminoso passante per il centro ottico della lente non subisce alcuna deviazione . Pagina 24 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 25 La lunghezza di ciascuno dei due segmenti FO ed F1O si indica col simbolo f e prende il nome di distanza focale della lente . Tutti i raggi incidenti paralleli all’asse ottico principale , dopo la rifrazione , divergono in modo tale che i loro prolungamenti passano per uno stesso punto dell’asse ottico principale detto fuoco della lente . Si verifica lo stesso fenomeno di prima se i raggi luminosi provengono dall’altra parte della lente . Qualsiasi raggio luminoso passante per il centro ottico della lente non deviazione . Pagina 25 subisce alcuna Unità Didattica N° 33 26 La rifrazione della luce Equazione dei punti coniugati per le lenti sferiche sottili Come per il diottro , anche per le lenti di piccolo spessore si può stabilire una relazione matematica fra i punti coniugati . Nei limite delle approssimazioni di Gauss essa assume la forma : ⎛ 1 1 1 1 1 ⎞ ⎟⎟ + = = (n − 1) ⋅ ⎜⎜ − p q f R R 2 ⎠ ⎝ 1 [5] Per dimostrare la [5] consideriamo una lente biconvessa immersa in aria . Sia n1 = 1 l’indice di rifrazione dell’aria , n 2 = n l’indice di rifrazione del vetro . Abbiamo detto che una lente sferica è un sistema ottico costituito da due diottri ( di cui almeno uno sferico ) aventi gli assi ottici principali coincidenti . Il secondo mezzo del primo diottro ed il primo mezzo del secondo diottro coincidono con la sostanza della lente cioè col vetro che ha indice di rifrazione n 2 = n ; mentre il primo mezzo del primo diottro ed il secondo mezzo del secondo diottro coincidono con la sostanza ( nel caso nostro aria avente indice di rifrazione n1 = 1 ) in cui è immersa la lente . Adesso vogliamo vedere la relazione che intercorre tra un punto luminoso sorgente S posto sull’asse ottico principale della lente ed il suo punto immagine I dopo che i raggi luminosi emessi da S hanno attraversato la lente . S è un punto luminoso situato sull’asse ottico principale della lente biconvessa , SA1 è un raggio incidente sulla lente . Per effetto della rifrazione dovuta al primo diottro , il raggio SA1 subisce il fenomeno della rifrazione e si trasforma nel raggio luminoso A1A 2 il quale , se non vi fosse il secondo diottro , incontrerebbe l’asse ottico principale nel punto I1 . Questo punto , in assenza del secondo diottro , sarebbe l’immagine reale di S . Però , per la presenza del secondo diottro , I1 diventa punto oggetto virtuale per la rifrazione attraverso il secondo diottro che ne fornisce un’immagine reale nel punto I . Il punto I è , pertanto , l’immagine del punto S . Sia : C1V1 = R 1 , C 2 V2 = R 2 , SV1 = p , IV2 = q , I1V1 = q1 , I1V2 = p1 La prima rifrazione è per un diottro aria-vetro .Risulta : R 1 = raggio di curvatura del primo diottro ; S = punto oggetto , SV1 = p , I1 = punto immagine di S , I1V1 = q1 . La formula dei punti coniugati applicata al primo diottro diventa : n1 n n − n1 + 2 = 2 p q R1 [6] n 2 = n = indice di rifrazione della lente , n1 = 1 = indice di rifrazione della sostanza ( aria nel caso nostro ) in cui è immersa la lente ; R 1 = raggio di curvatura del primo diottro . Pagina 26 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 27 Il raggio rifratto A1A 2 incontra la seconda superficie e viene nuovamente rifratto . Questo nuovo raggio rifratto incontra l’asse ottico principale della lente nel punto I che è l’immagine della sorgente S . Per questo secondo diottro di centro C 2 e raggio R 2 = C 2 V2 , il punto oggetto è I1 e l’immagine è S . Per il secondo diottro il punto oggetto I1 è virtuale e quindi la sua ascissa I1V2 è negativa . n2 n n − n2 + 1 = 1 I V2 R2 − I1V2 Per il secondo diottro la formula dei punti coniugati diventa : I1V2 = I1V1 − V1V2 = q1 − L n2 n n − n2 + 1 = 1 L − q1 q R2 [7] Nel caso limite delle lenti sottili abbiamo : − n2 n n − n2 + 1 = 1 q1 q R2 Sommando membro a membro le relazioni [6] e [8] otteniamo : ⎛ n − n1 ⎞⎛ 1 n1 n 1 ⎞ ⎟ [9] ⎟⎟⎜⎜ − + 1 = ⎜⎜ 2 p q R 2 ⎟⎠ ⎠⎝ R 1 ⎝ n1 n1 n n − n1 n − n2 + 1 = 2 + 1 p q R1 R2 n1 = 1 , n 2 = n ⇒ [8] ⎛ 1 1 1 1 ⎞ ⎟⎟ + = (n − 1)⎜⎜ − p q R R 1 2 ⎠ ⎝ [10] La [9] o la [10] rappresenta l ‘ equazione dei punti coniugati per le lenti sferiche . Essa mostra che ad un punto luminoso posto sull’asse ottico principale corrisponde un punto immagine sull’asse ottico principale . Nel caso in cui la lente è colpita da un fascio di raggi luminosi paralleli all’asse ottico principale 4 ponendo nella [10] i raggi luminosi convergeranno in un punto F2 di coordinata f 2 ricavabile ⎛ 1 1 1 1 ⎞ ⎟ = = (n − 1)⎜⎜ − f2 q R 2 ⎟⎠ ⎝ R1 1 = 0 . Otteniamo : p f2 = R1 R 2 (n − 1)(R 2 − R 1 ) Dall’equazione [10] si vede che esiste un punto F1 tale che ponendo in esso un punto luminoso la lente trasforma i raggi da esso emessi in un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale . L’ascissa f1 di tale punto si ottiene ponendo nella [10] 1 = 0. q Otteniamo : ⎛ 1 1 1 1 ⎞ ⎟ = = (n − 1)⎜⎜ − f1 p R 2 ⎟⎠ ⎝ R1 f2 = R1 R 2 (n − 1)(R 2 − R 1 ) Pagina 27 f1 = f 2 = f Unità Didattica N° 33 28 La rifrazione della luce I punti F1 ed F2 sono detti fuochi della lente . L’equazione [10] diventa : n1 = 1 n1 = 1 A1 aria S aria A2 C2 V vetro V 1 2 • n2 = n • • R2 C1 I • • I1 R1 p L SV1 = p IV2 = q 4 1 1 1 + = p q f p1 I1V2 = p1 I1V1 = q1 V V = L 1 2 q q1 il che corrisponde ad un punto oggetto posto a distanza infinitamente grande Pagina 28 [11] Unità Didattica N° 33 Costruzione La rifrazione della luce delle 29 immagini p > 0 , q > 0 , f > 0 , G < −1 Oggetto a maggiore distanza del distanza focale doppio finita della 2f < p < ∞ Il raggio a viene rifratto su F1 , il raggio b , passando per il centro ottico principale , non subisce deviazione . I raggi emergenti si incontrano in A 1 , che è l’immagine reale di A . Tracciando da A 1 la perpendicolare all’asse ottico principale , si trova l’immagine B1 di B . L’immagine A 1 B1 , capovolta rispetto all’oggetto AB , si forma tra F1 e D1 , cioè tra il fuoco ed il doppio della distanza focale . Conclusione : l’immagine è reale , capovolta , rimpicciolita . p > 0 , q > 0 , f > 0 , G = − 1 p = 2f ⇒ q = 2 f L ‘ immagine è reale , delle stesse dimensioni dell’oggetto , capovolta rispetto ad esso ( immagine reale , uguale, capovolta ) p > 0 , q > 0 , f > 0 , G < 0 f < p < 2f L ‘ immagine è reale , ingrandita , capovolta rispetto all’oggetto Pagina 29 30 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce p = f L ‘ immagine si forma all ‘ infinito p > 0 , q < 0 , f > 0 , G > 1 0< p < f L ‘ immagine è virtuale , diritta , ingrandita p > 0 , q < 0 , f < 0 , G > 0 Oggetto a distanza finita L ‘ immagine è virtuale , diritta , rimpicciolita • Una lente divergente forma sempre un’immagine virtuale , dritta e rimpicciolita di un oggetto reale , indipendentemente dalla posizione occupata dall’oggetto di fronte alla lente . • Una lente convergente forma un’immagine reale e capovolta di un oggetto reale , se l’oggetto si trova oltre il punto focale della lente . Invece , se l’oggetto è situato al di qua del punto focale , si ottiene un’immagine virtuale e dritta . : p > 0 ⎧ immagine reale Lente convergente : f > 0 ⎨ ⎩immagine virtuale : 0 < p < f q > 0 G < 0 q < 0 G > 0 Lente divergente f < 0 : {immagine virtuale : p > 0 q < 0 0 < G < 1 Pagina 30 Unità Didattica N° 33 Principio di La rifrazione della luce reversibilità del 31 cammino ottico Se una sorgente puntiforme posta nel punto A ha l’immagine nel punto B , allora una sorgente puntiforme posta nel punto B ha l’immagine posta nel punto A rispetto ad uno stesso sistema ottico Ingrandimento lineare di una lente Dicesi ingrandimento lineare o ingrandimento trasversale il rapporto fra la distanza di due punti dell’immagine e la distanza dei due punti coniugati appartenenti all’oggetto . Osservando la figura possiamo scrivere la seguente relazione : G = A1 B1 AB Siccome i triangoli A1B1O e ABO sono simili , ai lati omologhi possiamo applicare la seguente proporzione : A1 B1 OB1 = AB OB A1 B1 q = AB p Dalla formula dei punti coniugati ricaviamo : qf + pf = pq (p 1 1 1 + = p q f − f )q = p f q f q f = = In conclusione abbiamo : G = p p− f p p − f Se si vuole che il rapporto G = q f = esprima contemporaneamente sia l’ingrandimento p p− f dell’immagine rispetto all’aggetto , sia il senso dell’immagine , si converrà di prendere tale rapporto : con segno positivo se l’immagine è dritta rispetto all’oggetto ; con segno negativo se l’immagine è capovolta rispetto all’oggetto . Questa convenzione , universalmente accettata , unitamente alla convenzione dei segni per la formula dei punti coniugati , ci consente di scrivere : Pagina 31 G = − q f = p f − p Unità Didattica N° 33 32 La rifrazione della luce Potere diottrico o convergenza o potenza di una lente L’inverso della distanza focale di una lente sottile prende il nome di potere diottrico convergenza o potenza della lente . D = 1 f o L’unità di misura della grandezza D è la diottria . Una lente ha il potere diottrico di una diottria se la sua distanza focale è di un metro . Il potere diottrico , avendo lo stesso segno della distanza focale f , è positivo per le lenti convergenti , è negativo per le lenti divergenti . Una lente avente potere diottrico pari a 5 diottrie ha una distanza focale pari a f = 1 = 0,2 m = 20 cm . La convergenza D di una lente sottile e di conseguenza la sua distanza 5 focale f , dipendono dall’indice di rifrazione n del vetro ottico con cui è costruita la lente e dai raggi di curvatura R 1 ed R 2 delle due calotte sferiche : D = ⎛ 1 1 1 ⎞ ⎟⎟ = (n − 1)⎜⎜ − f R R 2 ⎠ ⎝ 1 Convenzione dei segni nella formula dei punti coniugati delle lenti sottili Per potere usare la stessa relazione sia per le lenti convergenti che per le lenti divergenti ,e per distinguere tra immagini reali ed immagini virtuali , è necessario stabilire una convenzione per il segno da attribuire alle distanze , p , q , f . Anche per le lenti , come per gli specchi , la convenzione più usata è il << reale è positivo >> , in base alla quale si assume : • positiva la distanza focale f delle lenti convergenti e negativa la distanza focale f delle lenti divergenti . • positive le distanze p di oggetti reali e q di immagini reali , e negative le distanze di oggetti virtuali e di immagini virtuali , sia per le lenti convergenti che per le lenti divergenti Regola pratica : quando una lente ( convergente o divergente ) forma un’immagine dalla parte opposta a quella dell’oggetto , allora oggetto ed immagine sono ambedue reali o ambedue virtuali . Viceversa , l’oggetto e l’immagine sono dalla stessa parte rispetto alla lente , quando l’uno è reale e l’altra è virtuale . Pagina 32 Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce 33 L’ingrandimento lineare G di una lente è il rapporto tra le dimensioni dell ‘ immagine e quelle dell’oggetto . In formule abbiamo : G = − q f = p f − p Il segno << meno >> è convenzionale e permette di stabilire l’orientamento dell’immagine : diritta rispetto all’oggetto per ingrandimento positivo , capovolta per ingrandimento negativo . G > 0 ⇔ immagine dritta ; G < 0 ⇔ immagine capovolta per ingrandimento negativo . Lente divergente : f < 0 p > 0 , q < 0 , 0 < G < 1 Immagine virtuale , diritta , rimpicciolita Lente convergente : f > 0 p > f , q > 0 immagine reale 0 < p < f immagine virtuale q < 0 Abbiamo visto che per le lenti sottili vale la seguente formula di Cartesio detta 1 1 1 + = p q f anche formula dei punti coniugati : [11] In una lente sottile , la somma dei reciproci delle distanze di due punti coniugati dalla lente è sempre uguale al reciproco della distanza focale . I valori di p , q , f sono valori relativi , cioè possono essere sia positivi che negativi . Nella [11] si conviene di prendere : reale ⎧ positivo se l ' oggetto é p ⎨ ⎩negativo se l ' oggetto é virtuale reale ⎧ positivo se l ' immagine é q ⎨ ⎩negativo se l ' immagine é virtuale reale ( lente convergente ) ⎧ positivo se il fuoco é f ⎨ ⎩negativo se lil fuoco é virtuale ( lente divergente ) Pagina 33