Unità Didattica N° 33 La rifrazione della luce

Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
01) Rifrazione della luce ed Indice di rifrazione di una sostanza
03) Riflessione totale
04) Rifrazione della luce attraverso una lastra a facce piane e parallele
05) Prisma ottico
06) La dispersione della luce
07) Ulteriori precisazioni sulla natura della luce
08) Il diottro sferico
09) Lenti sottili
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La rifrazione della luce
01) Rifrazione della luce ed indice di rifrazione di una sostanza
Abbiamo già visto che in un mezzo trasparente ed omogeneo ( aria , acqua ) la luce si propaga in
linea retta . Quando la luce passa da un mezzo trasparente ad un altro di natura diversa ( ma
anch’esso trasparente ) cambia di direzione . Diciamo che la luce subisce il fenomeno della
rifrazione . Quindi la rifrazione della luce consiste nella deviazione che subiscono i raggi
luminosi quando passano da un mezzo omogeneo trasparente ad un altro , pure trasparente
ma di natura diversa .
Per studiare questo fenomeno poniamoci nelle condizioni più semplici possibili . Prendiamo un
recipiente contenente acqua e sia AB la superficie di separazione tra l’acqua e l’aria .
Poniamo ad una certa distanza da questa superficie AB una sorgente di luce S ( ad esempio una
lampada ) davanti alla quale collochiamo uno schermo opaco con un piccolo foro GF onde potere
realizzare con buona approssimazione un raggio luminoso . Il raggio luminoso SF , che
chiameremo anche questa volta raggio incidente , colpisca la superficie AB nel punto P .
Il raggio luminoso SP penetrando nel secondo mezzo non prosegue , in generale , lungo la stessa
direzione . L’esperienza mostra che esso devia avvicinandosi o allontanandosi dalla normale n alla
superficie AB nel punto B .
SP = raggio incidente PQ = raggio rifratto î = SP̂n = angolo di incidenza
r̂ = angolo di rifrazione
nP = normale nel punto di incidenza
S
L’esperienza insegna che quando il raggio incidente
n
F
passa da un mezzo meno denso ( ad esempio aria ) ad
un mezzo otticamente più denso ( ad esempio acqua ,
aria
‘
i
A
P
B
risulta r̂ < î , cioè il raggio rifratto si
avvicina alla normale . Viceversa , quando il raggio
‘
incidente passa da un mezzo otticamente più denso ad
r
L
acqua
vetro )
M
Q
uno meno denso risulta r̂ > î , cioè il raggio rifratto
si allontana dalla normale n .
E’ ora naturale chiedersi : di quanto il raggio rifratto si avvicina alla normale nel caso in cui il
raggio incidente passa da un mezzo meno denso ad uno più denso , e di quanto se ne allontana nel
caso contrario . Rispondono a questa domanda le leggi della rifrazione ricavate dall’esperienza .
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Le due leggi della rifrazione o leggi di Snellius - Cartesio
1) raggio incidente , raggio rifratto e normale nel punto di incidenza alla superficie di
separazione giacciono nello stesso piano
2) Il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza ed il seno dell’angolo di rifrazione ha un
valore costante che dipende dalla natura dei due mezzi .
n1, 2 =
In simboli abbiamo :
sin î
= costante
sin r̂
Tale costante prende il nome di indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al primo .
n1, 2 > 1 ⇒ sin î > sin r̂ ⇒ î > r̂ . Il secondo mezzo è più rifrangente del primo ed il raggio
rifratto si avvicina alla normale .
n1, 2 < 1 ⇒
sin î < sin r̂ ⇒
î < r̂ . Il secondo mezzo è meno rifrangente del primo ed il
raggio rifratto si allontana dalla normale .
n1, 2 = 1 ⇒
sin î = sin r̂
⇒
î = r̂
Non si ha rifrazione .
Se il primo mezzo è il vuoto , l’indice di rifrazione del secondo mezzo ( ad esempio l’acqua )
rispetto al vuoto dicesi indice di rifrazione assoluto del secondo mezzo e lo indichiamo col
simbolo n o , 2 o più semplicemente col simbolo n 2 .
Siano v1 e v 2 le velocità di propagazione di un raggio di luce monocromatica nel mezzi ← e ↑
rispettivamente . La misurazione diretta delle velocità della luce nei due mezzi ha permesso di
constatare che vale la relazione :
n1, 2 =
v1
v2
cioè :
<< L’indice di rifrazione relativo al passaggio di un raggio luminoso da un mezzo trasparente
(1) ad un altro (2) è uguale al rapporto delle rispettive velocità di propagazione >>
n1, 2 =
velocità dell' onda nel mezzo da cui proviene
velocità dell' onda nel mezzo in cui penetra
E’ opportuno considerare il passaggio di un raggio luminoso dal vuoto ad un altro mezzo materiale
e definire l ‘ indice assoluto di rifrazione di un mezzo materiale come il rapporto fra il valore della
velocità della luce nel vuoto e quello della velocità della luce nel mezzo che si considera . Più
precisamente , indicando con n1 l’indice assoluto di rifrazione per il passaggio vuoto → mezzo (1) e
con v1 il valore della velocità della luce nel mezzo ← , avremo :
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n1 =
c
v1
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n2 =
Similmente , l’indice di rifrazione assoluto per un secondo mezzo ↑ sarà :
c
v2
se v 2 indica il valore della velocità in questo mezzo .
Dividendo membro a membro otteniamo :
n2
n1
c
v
v
= 2 = 1 = n1, 2
c
v2
v1
n1, 2 =
n2
n1
L ‘ indice di rifrazione del mezzo ↑ rispetto al mezzo ← è uguale al rapporto fra
l’indice di rifrazione assoluto del mezzo ↑ rispetto al mezzo ← .
Risulta pure :
n 2 ,1 =
v2
1
1
=
=
v
v1
n1, 2
1
v2
L ‘ indice di rifrazione relativo al passaggio di un raggio luminoso dal mezzo ← al mezzo ↑
è uguale al reciproco dell’indice di rifrazione relativo al passaggio dal mezzo ↑ al mezzo ← .
Una prima importante conseguenza che deriva da questa relazione è la invertibilità del cammino
luminoso anche nel caso della rifrazione . Questo significa che se la sorgente luminosa è posta in F
il raggio luminoso percorre il cammino FPQ . Se è posta in Q il raggio luminoso percorre il
cammino inverso QPF .
L’indice di rifrazione assoluto dei gas , ed in particolare dell’aria , è molto vicino al valore 1 . Per
l’aria abbiamo : n = 1,00029 .
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Procedimento grafico per determinare il raggio rifratto , noti i valori
degli indici di rifrazione dei due mezzi a contatto
n 1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂
Procedimento grafico per determinare il raggio rifratto , noti i valori degli indici di rifrazione
dei due mezzi a contatto
n 1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂
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03) Angolo limite e riflessione totale
Quando un raggio luminoso passa da un mezzo più rifrangente ( ad esempio acqua ) ad uno meno
rifrangente ( ad esempio aria ) accade che per un ben definito valore dell’angolo di incidenza A
l’angolo di rifrazione sia di 90° , cioè il raggio rifratto esce parallelamente alla superficie di
separazione . Tale valore dell’angolo di incidenza è chiamato angolo limite ( indicato col
simbolo A ) perché , per angoli di incidenza maggiori di esso , il raggio di luce non viene più
rifratto ma viene riflesso propagandosi nello stesso mezzo del raggio incidente . Il fenomeno prende
il nome di riflessione totale .
Sia S una sorgente luminosa posta nel mezzo più rifrangente . Quando la luce passa da un mezzo
più denso ad uno meno denso , all’aumentare dell’angolo di incidenza î aumenta anche l’angolo di
rifrazione r̂ . Il raggio rifratto si allontana sempre più dalla normale nel punto di incidenza finché
forma con essa un angolo di 90° .
L’angolo di incidenza A a cui corrisponde un angolo di rifrazione r̂ = 90° prende il nome di
angolo limite . Il valore di A si calcola ricordando che :
sin A
n
= 1
sin 90°
n2
sin A =
1
n2
Il seno dell’angolo limite è uguale al reciproco dell’indice di rifrazione assoluto del mezzo più
denso .
raggio
normale
n1 ‘
aria
acqua
r̂
rifratto
’
î
aria
acqua
A
n2
raggio incidente
normale
n1 ‘
raggio
incidente
raggio
totalmente
rifratto
n2 ’
normale
n1 ‘
aria
acqua
î
raggio
incidente
î
raggio
riflesso
’ n2
Quando l’angolo di incidenza è
Il raggio incidente si rifrange Aumentando
nell’aria .
l’angolo
di maggiore dell’angolo limite , il
incidenza î fino al valore A , il raggio luminoso invece di
raggio incidente si rifrange rifrangersi nell’aria , si riflette
parallelamente alla superficie all’interno dell’acqua , come se
dell’acqua . Questo particolare la superficie di separazione
angolo di incidenza A si chiama acqua-aria fosse uno specchio .
angolo limite .
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La riflessione totale della luce proveniente da una
sorgente puntiforme S avviene per tutti gli angoli di
incidenza maggiori dell’ angolo limite A . Se il raggio
luminoso incide con un angolo pari all’angolo limite A ,
il raggio rifratto segue la superficie di separazione
aria-acqua .
Illusioni
ottiche
I A miraggio
Fenomeno ottico dovuto alla rifrazione della luce che fa apparire un oggetto ad una distanza ed in
una posizione diverse da quelle reali . I fenomeni di miraggio sono originati dal fatto che
l’atmosfera terrestre può essere considerata come costituita da tanti strati d’aria , sovrapposti e
paralleli alla superficie terrestre , di diversa densità . Quando gli strati d’aria inferiori sono molto
meno densi di quelli superiori si hanno i fenomeni di miraggio , in caso contrario si hanno i
fenomeni di fata morgana . 1
Miraggio
Mentre il raggio SO , che si
propaga lungo uno strato d’aria
caratterizzato da una densità
costante
,
non
subisce
deviazione , quello che si
propaga verso il basso ,
incontrando strati d’aria più caldi e quindi meno densi , si allontana dalla normale finché si riflette
totalmente . L’osservatore vede l’albero e la sua immagine capovolta come se l’oggetto si fosse
riflesso in uno specchio d’acqua .
In natura la riflessione totale può portare a fenomeni di miraggio per i quali si vedono
contemporaneamente gli oggetti e le loro immagini capovolte e leggermente tremolanti , come se
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fossero riflesse da uno specchio d’acqua . Normalmente gli strati di aria più bassa sono anche i più
densi, ma se il terreno è molto caldo , può avvenire che l’aria , al suo contatto , si riscaldi
notevolmente diventando meno densa . In queste condizioni un raggio proveniente da S e diretto
verso il suolo , incontra strati d’aria via via meno densi e , quindi , meno rifrangenti , perciò si
rifrange allontanandosi gradatamente dalla normale . Siccome la rifrazione avviene sempre da uno
strato più rifrangente ad uno meno rifrangente , l’angolo di incidenza cresce sempre di più , e ad un
certo momento supererà il valore dell’angolo limite .
In tali condizioni avviene il fenomeno della riflessione totale e di conseguenza il raggio luminoso
si allontana dal suolo .L’osservatore posto in O vede l’immagine nella posizione S′ , come se
l’albero si fosse riflesso in uno specchio d’acqua .
In questo consiste il fenomeno del miraggio , nel fatto cioè che l’osservatore vede insieme l’oggetto
e la sua immagine . Il tremolio dell’immagine è dovuto ai moti convettivi dell’aria calda . Il
miraggio si verifica frequentemente nei deserti .
La
fata
morgana
Fata morgana
Un raggio luminoso che parte
da una nave , se incontra
strati d’aria meno densi , si
rifrange allontanandosi dalla
normale
totalmente
finché si riflette
.
L’osservatore
che lo intercetta vede la nave
in alto .
Nel caso in cui gli strati d’aria superiori siano meno densi di quelli inferiori , può accadere che dei
raggi luminosi diretti verso l’alto subiscano una riflessione totale e ritornino verso il basso . In
figura è mostrato un raggio luminoso che parte da una nave . L’osservatore che intercetta il raggio
vede la nave in alto e capovolta , come se volasse . E’ questo il fenomeno della fata morgana .
1
Il termine fata morgana deriva dalla mitica fata che possedeva , nelle leggende riguardanti certi personaggi
della corte del re Artù , il magico potere di creare castelli in aria .
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04) Rifrazione della luce attraverso una lastra a facce piane e parallele
Rifrazione della luce attraverso una lastra a
facce piane e parallele. Dalle leggi della
rifrazione segue che: iˆ = eˆ .
Un raggio di luce che attraversa una lastra a
facce piane e parallele non viene deviato, ma
subisce uno spostamento rimanendo parallelo
alla retta di incidenza .
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05) Prisma ottico
Prisma ottico
Un raggio di luce che attraversa un prisma ottico
con l’angolo di deviazione minima: iˆ = eˆ
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⎛ α +δm ⎞
sin ⎜
⎟
⎝ 2 ⎠
La legge di Snell, nel caso della deviazione minima, si scrive : n =
α
sin
2
Per avere emergenza, l’angolo di rifrangenza α del prisma deve essere minore del doppio
dell’angolo limote  caratteristico della sostanza del prisma.
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06) La dispersione della luce
Per via sperimentale si dimostra che un fascio di luce bianca che incide su un prisma viene
scomposto in sette fasci ( non perfettamente distinti ) che hanno colori diversi : rosso,
arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto . Questo fenomeno si chiama dispersione
della luce e fu studiato per primo da Newton nel 1666 . Newton chiamò spettro la
distribuzione dei colori .
Un fascio di luce bianca attraversa la
fenditura e viene rifratto due volte dal
prisma ( all’entrata ed all’uscita ). Sullo
schermo il fascio di luce bianca risulta
disperso, cioè suddiviso nei 7 collori che
formano la luce bianca .
Definizione: la dispersione della luce consiste nella scomposizione in diversi colori
della luice bianca che incide su un prisma. E’ dovuta al fatto che l’indice di rifrazione del
mezzo cambia con il colore della luce indidente .
Un sottile fascio di luice bianca incide sul prisma di sinistra e viene suddiviso nei 7 colori
dello spettro. Una fenditura , posta nello schermo in mezzo ai due prismi, seleziona il raggi
verde. Dopo avere attraversato il secondo prisma, questo raggio riemerge senza essere
ulteriormente suddiviso. Questo significa che i colori dello spettro sono colori puri, che non
possono essere scomposti.
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La rifrazione della luce
A differenza della luce
bianca,
un
raggio
luminoso
monocromatico
non
può
essere
ulteriormente
scomposto .
Un raggio di luce solare
attraversa il prisma di
sinistra, da cui esce
suddiviso nei colori dello
spettro. I diversi raggi
colorati passano poi nel
prima di destra, che li
ricompone in un unico
raggio di luce bianca. Ciò
prova che la luce bianca è
una compinazione dei
colori dello spettro.
Il colore di un corpo trasparente
colpito dalla luce bianca è quello
della
componente
monocromatica non asorbita .
Nel caso della figura una lastra
di colore verde attraversata da
luce bianca assorbe turre le
radiazioni monocromatiche con
esclusione
della
radiazione
monocromatica verde . Il prisma
ottico e lo schermo confermano
questo risultato .
L’esempio più affascinante della dispersione della luce si realizza nel fenomeno
dell’arcobaleno . Quando la luce del Sole viene intercettata dalle goccioline di acqua,
presenti nell’atmosfera dopo un temporale, parte della luce si rifrange quando penetra al loro
interno, viene riflessa dalla superficie interna ( riflessione totale ) e poi rifratta all’esterno.
Come nel caso del prisma, la prima rifrazione separa la luce solare nei suoi componenti, la
seconda ne aumenta la separazione angolare.
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Un
raggo
proveniente
incide
sulla
esterna
di
sferica
di
verificano
di
luce
dal
Sole
La rifrazione della luce
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superficie
una
goccia
acqua
i
.
Si
seguente
fenomeni : • rifrazione
• riflessione totale
• rifrazione
Nel 1666 Isacco Newton , studiando il fenomeno della rifrazione della luce scoprì che un
raggio di luce proveniente dal Sole ( comunemente detta luce bianca ), attraversando un
prisma di vetro, proietta sopra uno schermo non una macchia luminosa bianca, ma
un’immagine luminosa composta da sette colori distinti, rosso, arancione, giallo,
verde, azzurro, indaco e violetto. Il fenomeno scoperto da Newton viene chiamato
dispersione della luce. La fascia di colori visualizzata sullo schermo viene chiamata lo
sperttro della luce solare, ed i sette colori che lo compongono sono detti colori
fondamentali. Il modo più semplice per spiegare il fenomeno della dispersione della
luce è di pensare che un raggio di luce solare sia composto da una serie di radiazioni,
ciascuna di un colre diverse ( radiazioni monocromatiche ), le quali, nel loro insieme,
generano l’effetto di colore che chiamiamo “ bianco “ . Se invece facciamo incidere su un
prisma di vetro un raggio composto da uno solo dei colri dello spettro ( raggio
monocromatico ), notiamo che esso non subisce una ulteriore dispersione.
Il fenomeno della dispersione ha la seguente interpretazione teorica :
• ad ogni colore corrisponde una diversa velocità di propagazione nello stesso mezzo
trasparente. Il violetto, che si piega di più, ha una velocità di propagazione minore del rosso
che si piega di meno. Quindi un raggio di luce monocromatica ha una sua
specifica velocità di propagazione in ogni materiale. Tale velocità è tanto
maggiore quanto minore è l’indice di rifrazione del materiale stesso.
• la lunghezza d’onda λ di una radiazione monocromatica non ha lo
stesso valore in tutte le condizioni, ma dipende dal mezzo nel quale essa si
propaga, e cambia passando da un mezzo ad un altro.
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La rifrazione della luce
• La grandezza che caratterizza in modo univoco il colore di un fascio luminoso è la sua
frequenza ν , che non è influenzata dal mezzo di propagazione. Ad esempio, la luce che
chiamiamo rossa ha una frequenza pari a 4 ⋅1014 Hz . Tuttavia è rimasta molto comune
l’abitudine di identificare il colore di una radiazionecon la sua lunghezza d’onda,
sottintendendo che si tratta della lunghezza d’onda relativa alla propagazione nel vuoto ( o
nell’aria, dato che la differenza tra i due valori è trascurabile ai fini pratici ) .
Nel vuoto abbiamo : λ ⋅ν = c ( in questo caso λ e ν sono costanti per ogni colore )
In un mezzo materiale abbiamo : λ ⋅ν = v ν =
v
λ
v = velocità di propagazione del raggio
luminoso monocromatico . Se il raggio luminoso monocromatico si propaga in un altro mezzo
cambia la velocità di propagazione v , cambia la lunghezza d’onda λ ma la frenquenza ν
rimane sempre la stessa . Per questo motivo ogni colore una una sua specifica frequenza il cui
valore non dipende dal mezzo nel quale si propaga .
07) Ulteriori precisazioni sulla natura della luce
Per molto tempo i fisici hanno discusso sulla natura della luce e sui fenomeni connessi,
passando da un modello corpuscolare ad un modello ondulatorio. Il modello corpuscolare era
sostenuto da Newton. Secondo questo modello la luce è un inseme di particelle microscopiche,
emesse dalle dalle sorgenti luminose. Le particelle di luce si muovono in linea retta,
rimbalzano sui corpi opachi, attraversano i mezzi trasparenti cambiando direzione e
raggiungono i nostri occhi provoncando la visione degli oggetti. Il modello ondulatorio era
sostenuto dal fisico olandese Christian Huygens. Secondo questo modello la luce si propaga
come un’onda e quindi ha le stesse proprietà delle onde: si riflette sui corpi opachi, si propaga
nei mezzi, viene assorbita. Entrambi i modelli spiegano bene alcumi fenomeni luminosi, cole la
riflessione e la rifrazione. Sulla velocità di propagazione della luce in un mezzo sono in
completo disaccordo. Infatti, mentre il modello corpuscolare prevede una velocità di
propagazione dela luce maggiore in un mezzo che nel vuoto, quello ondulatorio precìvede il
contrario. La teoria corpuscolare ebbe fortuna negli ambienti scientifici fino al 1800, perché
riusciva a spiegare bene ed in maniera semplice i fenomeni della riflessioe e della rifrazione.
Tuttavia essa non riusciva a spiegare i fenomeni di interferenza, di diffrazione e di
polarizzazione . La disputa sulla natura della luce andò avanti per diversotempo, fino a
quando nel 1801 il fisico e medico inglese Thomas Young ideò e realizzò un famoso
esperimento che convinse gli scienziati del carattere ondulatorio della luce. Young dimostrò
che la luce è soggetta all’interferenza che è un fenomeno caratteristico ed esclusivo delle onde.
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Il modello di Newton aveva subito un colpo mortale. Nel 1849 il francese Armand Louis
Fizeau diede una ulteriore conferma sperimentale al modello ondulatorio, dimostrando che la
velocità della luce è maggiore nel vuoto che in un qualsiasi mezzo. Se la luce viaggia come
un’unda , allora bisogna associare ad ogni onda luminosa una velocità di propagazione, una
frequenza, una lunghezza d’onda e queste tre grandezze debbono essere legate fra di loro
dalla seguente relazione : λ ⋅ν = v , che trovò la sua velidità nei numerosi esperimenti
effettuati dai fisici dell’epoca. Tuttavia esisteva un problema irrisolto, che metteva in
discussione la teoria ondulatoria. Nel caso delle onde meccaniche esiste un mezzo materiale
attraverso il quale le onde si propagano. Ma nessuno ha mai potuto individuare un mezzo di
propagazione per le onde luminose. La teoria ondulatoria dellaluce, forte delle sue
osservazioni sperimenatli, era troppo convincente per essere messa in dubbio dalla mancanza
di un mezzo di propagazione. Si diffuse perciò l’idea che lo spazio fosse occupato da un mezzo
di caratteristiche molto particolari in grado di permettere la propagazione della luce . A
questo mezzo venne dato il nome di etere, più precisamente etere luminifero.
Nel 1860 il fisico inglese James Clerk Maxwell specificò meglio la natura della luce: la
radiazione luminosa non è un’onda meccanica longitudinale, come sosteneva Huygens, ma
un’onda elettromagnetica trasversale che, come ogni altra onda elettromagnetica, viaggia nel
vuoto alla velocità 3 ⋅108
m
km
= 300
. La luce non ha bisogno di alcum mezzo per propagarsi,
s
s
nemmeno dell’etere, la cui esistenza, ancora ammessa da Maxwell, fu negata successivamente
dai
fisici
Michelson
e
Morley
.
Con
Maxwell
l’ottica
diventò
un
capitolo
dell’elettromagnetismo . All’inizio del secolo scorso, quando la comunità scientifica sembrava
finalmente convinta della natura ondulatoria della luce, Albert Einstein , per potere
interpretare l’effetto fotoelettrico, cioè l’emissione di elettroni da parte di un metallo investito
da radiazioni di opportuna frequenza, dovette ammettere la natura corpuscolare della luce. A
prima vista l’ipotesi di Einstein sembrava piuttosto paradossale. Una radiazione
elettromagnetica, e quindi anche la luce, doveva possedere una duplice natura: alcune volte si
comportava da corpuscolo ( detto fotone, di massa nulla ma dotato di energia e quantità di
moto ) e altre volte da onda. In effetti la luce si comporta da onda in tutti i fenomeni di
propagazione, da corpuscolo in tutti i fenomeni di interazione. In seguito si è dimostrato che il
dualismo onda-corpuscolo riflette una simmetria di carattere generale, costituisce
cioè una legge di natura.
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La rifrazione della luce
08) Il diottro sferico
Il diottro sferico
• Dicesi diottro sferico ( o semplicemente diottro ) un sistema ottico costituito da due mezzi
trasparenti omogenei di diverso indice di rifrazione n1 ed n 2 separati da una superficie sferica S
avente raggio R e centro C . Il diottro sferico è caratterizzato dai seguenti elementi :
01) angolo di apertura è l’angolo ZĈU
02) asse ottico principale è l’asse di simmetria x o x i passante per il centro di curvatura C della
superficie di separazione dei due mezzi
03) asse secondario è qualunque retta passante per il centro di curvatura C del diottro . Quindi si
chiama asse principale del diottro la retta passante per il centro di curvatura C e per il vertice
V. Le altre rette passanti per C si dicono ASSI SECONDARI .
04) vertice è il punto d’intersezione V dell’asse ottico principale con la calotta sferica
05) R è il raggio di curvatura
06) C è il centro del diottro
• Supporremo , in generale , che la luce provenga dalla sinistra
• Distingueremo due tipi di diottro sferico :
1) diottro convesso : quando il centro di curvatura C si trova nel secondo mezzo
2) diottro concavo : quando il centro di curvatura si trova nel primo mezzo
• Supporremo che nella rifrazione ogni raggio incidente dia luogo ad un solo raggio rifratto , cioè
supporremo che la luce sia monocromatica .
• Sia n1 l’indice di rifrazione del mezzo in cui si propaga la luce incidente sulla superficie di
separazione S ed n 2 quello del mezzo in cui si ha la luce rifratta . Supponiamo che sia n 2 > n1 ,
supponiamo ad esempio che il primo mezzo sia aria ed il secondo vetro .
Se indichiamo con p e q rispettivamente le distanze del punto oggetto O e del corrispondente punto
immagine I dal vertice V e con n1 ed n 2 ( n 2 > n1 ) gli indici di rifrazione dei due mezzi , si
dimostra che la seguente formula
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R
[1] detta equazione dei punti
coniugati 2 del diottro sferico secondo l’approssimazione di Gauss .
2
Coniugati nel senso che , per il principio di reciprocità del cammino luminoso , se il punto oggetto diventa punto
immagine , il punto immagine diventa punto oggetto.
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La rifrazione della luce
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L’equazione [1] ci permette di determinare la posizione q del punto immagine I noti gli indici di
rifrazione n1 , n 2 , il raggio R della calotta sferica e la posizione p del punto oggetto O .
Dimostriamo l’equazione [1] . Sia O [ O(p,0 ) ] una sorgente luminosa puntiforme posta sull’asse
ottico principale . Un raggio luminoso qualsiasi ON , incidendo in N , subisce la rifrazione . Il
raggio rifratto NI , passando da un mezzo meno rifrangente ad uno più rifrangente , sarà deviato
verso la normale NC . . Il raggio rifratto NI incontrerà l’asse ottico principale nel punto I . Per il
fenomeno della rifrazione possiamo scrivere :
sin î
n
= 2 cioè :
sin r̂
n1
n1 ⋅ sin î = n 2 ⋅ sin r̂
Consideriamo , fra i raggi monocromatici uscenti da O , il raggio OV che prosegue nel secondo
mezzo di indice di rifrazione n 2 senza subire la rifrazione in quanto incide normalmente sulla
superficie esterna del diottro . I due raggi rifratti si incontrano nel punto I . Questo punto ,
coniugato di O , rappresenta l’immagine del punto oggetto O . 3
• Seni di angoli supplementari sono uguali : sin (π − α ) = sin α
• Teorema dei seni : in un triangolo qualsiasi si mantiene costante il
A
rapporto tra ciascun lato ed il seno dell’angolo opposto .
a
b
c
=
=
sinα
sinβ
sin γ
• Se α è molto piccolo ( 2° < α < 3° ) si potrà porre
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B
α
c
b
β
a
γ
C
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ON ≅ OV = p
,
IN ≅ IV = q
Applico il teorema dei seni al triangolo ONC :
Applico il teorema dei seni al triangolo NCI :
sin β = sin β ⇒
La rifrazione della luce
OC = p + R
sin β
(
sin π − î
)
=
sin (π − β)
sin r̂
CI = q − R
ON
ON
⇒ sin β =
⋅ sin î
OC
OC
⇒
sin β =
NI
⋅ sin r̂
CI
ON
NI
ON
NI
p
q
⋅ n2 =
⋅ n1
⋅ sin î =
⋅ sin r̂ ⇒
⋅ n2 =
⋅ n1 ⇒
OC
CI
OC
CI
p + R
q − R
q ⋅ n1 ⋅ (p + R ) = p ⋅ n 2 ⋅ (q − R ) ⇒
p q n1 + q R n1 = p q n 2 − p R n 2 ⇒
p R n 2 + q R n 1 = p q n 2 − pq n 1 ⇒ q R n 1 + p R n 2 = p q (n 2 − n 1 ) ⇒
q R n1
p R n2
p q (n 2 − n1 )
+
=
pqR
pqR
pqR
⇒
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R
Fuochi di un diottro sferico
In diottro sferico vengono definiti due fuochi . Precisamente si definisce :
1) primo fuoco F1 il punto oggetto situato sull’asse ottico principale la cui immagine coniugata si
forma all’infinito . I raggi luminosi di una sorgente puntiforme posta nel primo fuoco F1 dopo la
rifrazione proseguono parallelamente all’asse ottico principale .
2) secondo fuoco F2 è il punto dell’asse ottico principale dove convergono i raggi paralleli all’asse
ottico principale dopo la rifrazione . Quindi il secondo fuoco F2 è quel punto dell’asse ottico
principale che è l ‘ immagine di un punto oggetto posto sull’asse ottico principale a distanza
infinita .
F1 (f1 ; 0 )
, F2 (f 2 ; 0 )
3
Un raggio uscente da O che si propaga secondo la direzione dell’asse ottico principale non viene deviato
nell’attraversare la superficie di separazione dei due mezzi e passa anch’esso per I , che è l ‘ immagine di O .
Pagina 20
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
21
Il primo fuoco F1 rappresenta quel punto in cui , Il secondo fuoco F2 rappresenta quel punto ove
ponendo una sorgente luminosa puntiforme , i convergono dopo la rifrazione i raggi luminosi
raggi dopo la rifrazione proseguono paralleli incidenti parallelamente all’asse ottico principale
.
all’asse ottico principale
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R
q = ∞
p = f1 ⇒
p = f1 =
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R
p = ∞
q = f2 ⇒
q = f2 =
n1
n
n − n1
n
n − n1
+ 2 = 2
⇒ 1 = 2
p
R
p
R
∞
n1
R
n 2 − n1
n1
n
n − n1
n
n − n1
+ 2 = 2
⇒ 2 = 2
q
R
q
R
∞
n2
R
n 2 − n1
n1
R
f1
n
n 2 − n1
=
= 1 Essendo n1 > 0 ed n 2 > 0 deduciamo che f1 ed f 2 o sono entrambi
n2
f2
n2
R
n 2 − n1
positivi ( fuochi reali ) o sono entrambi negativi ( fuochi virtuali ) .
f 2 − f1 =
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R
n − n1
n1
n2
⋅R = R
R = 2
R −
n 2 − n1
n 2 − n1
n 2 − n1
moltiplico ogni termine del primo membro e del secondo membro per
1
n1
1
n2
R
ottenendo
⋅
⋅R + ⋅
⋅R = 1 ⇒
p n 2 − n1
q n 2 − n1
n 2 − n1
f1
f
+ 2 = 1
p
q
[2]
detta formula di Huygens con l’approssimazione di Gauss .
Pagina 21
Unità Didattica N° 33
22
La rifrazione della luce
Costruzione grafica dell’immagine in un diottro sferico
In un diottro sferico la costruzione grafica dell’immagine di un oggetto esteso si effettua tenendo
presente le tre seguenti regole :
01) Un raggio luminoso che passa per il primo fuoco prosegue nel secondo mezzo parallelamente
all’asse ottico principale .
02) Un raggio luminoso che incide sul diottro sferico parallelamente all’asse ottico principale si
rifrange nel secondo mezzo passando per il secondo fuoco F2
03) Un raggio luminoso la cui direzione passa per il centro del diottro non subisce la rifrazione ,
cioè passa nel secondo mezzo senza cambiare direzione .
Costruzione
grafica
dell’immagine di un
oggetto posto in un
diottro sferico convesso .
Costruzione
grafica
dell ’ immagine di un
oggetto posto in un
diottro sferico concavo
.
Pagina 22
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
23
09) Lenti sottili
Le lenti sottili
Dicesi lente un sistema formato da due diottri aventi lo stesso asse ottico principale , di cui almeno
uno è sferico . Quando la distanza fra i vertici delle due calotte sferiche è trascurabile rispetto ai
raggi di curvatura R 1 ed R 2 , la lente si dice sottile .
In relazione all’effetto prodotto da una lente sui raggi luminosi incidenti su di essa si hanno
due categorie di lenti :
• le lenti convergenti che trasformano un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale in un
fascio di raggi convergenti in un punto dell’asse ottico principale . Le lenti convergenti si
distinguono per avere i bordi sottili e la parte centrale più spessa . Esse trasformano un fascio
incidente parallelo in un fascio convergente .
• le lenti divergenti che trasformano un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale in un
fascio di raggi che divergono da un punto dell’asse ottico principale . Le lenti divergenti si
distinguono per avere i bordi più spessi della parte centrale . Esse trasformano un fascio di raggi
paralleli incidente in un fascio divergente .
Simbolo di lente convergente
Simbolo di lente divergente
Pagina 23
24
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
Una lente convergente può essere : 01) biconvessa 02) piano convessa 03) menisco convergente ,
una lente divergente può essere : 01) biconcava 02) piano concava 03) menisco divergente .
• Il fuoco di una lente convergente è il punto nel quale convergono dopo il passaggio attraverso la
lente , i raggi incidenti secondo una direzione parallela all’asse ottico principale .
• Il fuoco di una lente divergente è il punto dal quale sembrano divergere , dopo il passaggio
attraverso la lente , i raggi incidenti secondo una direzione parallela all’asse ottico principale .
Tutti i raggi incidenti paralleli
all’asse ottico principale vengono
rifratti su uno stesso punto
( dell’asse ottico principale ) , che è
uno
dei
due fuochi principali
della lente
Se si mette la sorgente luminosa
dalla parte opposta , cioè alla destra
della lente , si osserva lo stesso
fenomeno
:
i
raggi
rifratti
convergono tutti in un punto F
dell’asse ottico principale , che è
anch’esso un fuoco della lente
.
Una lente ha due fuochi , uno alla destra ed uno alla sua sinistra . Per una lente sottile il punto
medio del segmento avente come estremi i due fuochi è il centro ottico O della lente .
Qualsiasi
raggio
luminoso
passante per il centro ottico
della lente non subisce alcuna
deviazione .
Pagina 24
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
25
La lunghezza di ciascuno dei due segmenti FO ed F1O si indica col simbolo f e prende il nome di
distanza focale della lente .
Tutti
i
raggi
incidenti
paralleli
all’asse ottico principale , dopo la
rifrazione , divergono in modo tale
che i loro prolungamenti passano per
uno stesso punto dell’asse ottico
principale detto fuoco della lente .
Si verifica lo stesso fenomeno di
prima
se
i
raggi
luminosi
provengono dall’altra parte della
lente .
Qualsiasi
raggio
luminoso
passante per il centro ottico della
lente
non
deviazione .
Pagina 25
subisce
alcuna
Unità Didattica N° 33
26
La rifrazione della luce
Equazione dei punti coniugati per le lenti sferiche sottili
Come per il diottro , anche per le lenti di piccolo spessore si può stabilire una relazione matematica
fra i punti coniugati . Nei limite delle approssimazioni di Gauss essa assume la forma :
⎛ 1
1
1
1
1 ⎞
⎟⎟
+
=
= (n − 1) ⋅ ⎜⎜
−
p
q
f
R
R
2 ⎠
⎝ 1
[5]
Per dimostrare la [5] consideriamo una lente biconvessa immersa in aria . Sia n1 = 1 l’indice di
rifrazione dell’aria , n 2 = n l’indice di rifrazione del vetro . Abbiamo detto che una lente sferica è
un sistema ottico costituito da due diottri ( di cui almeno uno sferico ) aventi gli assi ottici principali
coincidenti . Il secondo mezzo del primo diottro ed il primo mezzo del secondo diottro coincidono
con la sostanza della lente cioè col vetro che ha indice di rifrazione n 2 = n ; mentre il primo
mezzo del primo diottro ed il secondo mezzo del secondo diottro coincidono con la sostanza ( nel
caso nostro aria avente indice di rifrazione n1 = 1 ) in cui è immersa la lente .
Adesso vogliamo vedere la relazione che intercorre tra un punto luminoso sorgente S posto sull’asse
ottico principale della lente ed il suo punto immagine I dopo che i raggi luminosi emessi da S hanno
attraversato la lente .
S è un punto luminoso situato sull’asse ottico principale della lente biconvessa , SA1 è un raggio
incidente sulla lente . Per effetto della rifrazione dovuta al primo diottro , il raggio SA1 subisce il
fenomeno della rifrazione e si trasforma nel raggio luminoso A1A 2 il quale , se non vi fosse il
secondo diottro , incontrerebbe l’asse ottico principale nel punto I1 . Questo punto , in assenza del
secondo diottro , sarebbe l’immagine reale di S .
Però , per la presenza del secondo diottro , I1 diventa punto oggetto virtuale per la rifrazione
attraverso il secondo diottro che ne fornisce un’immagine reale nel punto I . Il punto I è , pertanto ,
l’immagine del punto S .
Sia : C1V1 = R 1 , C 2 V2 = R 2 , SV1 = p , IV2 = q , I1V1 = q1 , I1V2 = p1
La prima rifrazione è per un diottro aria-vetro .Risulta : R 1 = raggio di curvatura del primo diottro ;
S = punto oggetto , SV1 = p , I1 = punto immagine di S , I1V1 = q1 .
La formula dei punti coniugati applicata al primo diottro diventa :
n1
n
n − n1
+ 2 = 2
p
q
R1
[6]
n 2 = n = indice di rifrazione della lente , n1 = 1 = indice di rifrazione della sostanza ( aria nel
caso nostro ) in cui è immersa la lente ; R 1 = raggio di curvatura del primo diottro .
Pagina 26
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
27
Il raggio rifratto A1A 2 incontra la seconda superficie e viene nuovamente rifratto . Questo nuovo
raggio rifratto incontra l’asse ottico principale della lente nel punto I che è l’immagine della
sorgente S .
Per questo secondo diottro di centro C 2 e raggio R 2 = C 2 V2 , il punto oggetto è I1 e l’immagine
è S . Per il secondo diottro il punto oggetto I1 è virtuale e quindi la sua ascissa I1V2 è negativa .
n2
n
n − n2
+ 1 = 1
I V2
R2
− I1V2
Per il secondo diottro la formula dei punti coniugati diventa :
I1V2 = I1V1 − V1V2 = q1 − L
n2
n
n − n2
+ 1 = 1
L − q1
q
R2
[7]
Nel caso limite delle lenti sottili abbiamo : −
n2
n
n − n2
+ 1 = 1
q1
q
R2
Sommando membro a membro le relazioni [6] e [8]
otteniamo :
⎛ n − n1 ⎞⎛ 1
n1
n
1 ⎞
⎟ [9]
⎟⎟⎜⎜
−
+ 1 = ⎜⎜ 2
p
q
R 2 ⎟⎠
⎠⎝ R 1
⎝ n1
n1
n
n − n1
n − n2
+ 1 = 2
+ 1
p
q
R1
R2
n1 = 1 , n 2 = n ⇒
[8]
⎛ 1
1
1
1 ⎞
⎟⎟
+
= (n − 1)⎜⎜
−
p
q
R
R
1
2
⎠
⎝
[10]
La [9] o la [10] rappresenta l ‘ equazione dei punti coniugati per le lenti sferiche . Essa mostra che
ad un punto luminoso posto sull’asse ottico principale corrisponde un punto immagine sull’asse
ottico principale . Nel caso in cui la lente è colpita da un fascio di raggi luminosi paralleli all’asse
ottico principale
4
ponendo nella [10]
i raggi luminosi convergeranno in un punto F2 di coordinata f 2 ricavabile
⎛ 1
1
1
1 ⎞
⎟
=
= (n − 1)⎜⎜
−
f2
q
R 2 ⎟⎠
⎝ R1
1
= 0 . Otteniamo :
p
f2 =
R1 R 2
(n − 1)(R 2 − R 1 )
Dall’equazione [10] si vede che esiste un punto F1 tale che ponendo in esso un punto luminoso la
lente trasforma i raggi da esso emessi in un fascio di raggi paralleli all’asse ottico principale .
L’ascissa f1 di tale punto si ottiene ponendo nella [10]
1
= 0.
q
Otteniamo :
⎛ 1
1
1
1 ⎞
⎟
=
= (n − 1)⎜⎜
−
f1
p
R 2 ⎟⎠
⎝ R1
f2 =
R1 R 2
(n − 1)(R 2 − R 1 )
Pagina 27
f1 = f 2 = f
Unità Didattica N° 33
28
La rifrazione della luce
I punti F1 ed F2 sono detti fuochi della lente . L’equazione [10] diventa :
n1 = 1
n1 = 1
A1
aria
S
aria
A2
C2 V vetro V
1
2
•
n2 = n
•
•
R2
C1
I
•
•
I1
R1
p
L
SV1 = p
IV2 = q
4
1
1
1
+
=
p
q
f
p1
I1V2 = p1
I1V1 = q1 V V = L
1 2
q
q1
il che corrisponde ad un punto oggetto posto a distanza infinitamente grande
Pagina 28
[11]
Unità Didattica N° 33
Costruzione
La rifrazione della luce
delle
29
immagini
p > 0 , q > 0 , f > 0 , G < −1
Oggetto
a
maggiore
distanza
del
distanza focale
doppio
finita
della
2f < p < ∞
Il raggio a viene rifratto su F1 , il
raggio b , passando per il centro
ottico principale , non subisce
deviazione .
I raggi emergenti si incontrano in A 1 , che è l’immagine reale di A . Tracciando da A 1 la
perpendicolare all’asse ottico principale , si trova l’immagine B1 di B .
L’immagine A 1 B1 , capovolta rispetto all’oggetto AB , si forma tra F1 e D1 , cioè tra il fuoco ed il
doppio della distanza focale . Conclusione : l’immagine è reale , capovolta , rimpicciolita .
p > 0 , q > 0 , f > 0 , G = − 1
p = 2f ⇒ q = 2 f
L ‘ immagine è reale , delle stesse
dimensioni
dell’oggetto
,
capovolta
rispetto ad esso ( immagine reale ,
uguale, capovolta )
p > 0 , q > 0 , f > 0 , G < 0
f < p < 2f
L ‘ immagine è reale , ingrandita ,
capovolta rispetto all’oggetto
Pagina 29
30
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
p = f
L ‘ immagine si forma all ‘ infinito
p > 0 , q < 0 , f > 0 , G > 1
0< p < f
L ‘ immagine è virtuale , diritta ,
ingrandita
p > 0 , q < 0 , f < 0 , G > 0
Oggetto a distanza finita
L ‘ immagine è virtuale , diritta ,
rimpicciolita
• Una lente divergente forma sempre un’immagine virtuale , dritta e rimpicciolita di un
oggetto reale , indipendentemente dalla posizione occupata dall’oggetto di fronte alla lente .
• Una lente convergente forma un’immagine reale e capovolta di un oggetto reale , se l’oggetto
si trova oltre il punto focale della lente . Invece , se l’oggetto è situato al di qua del
punto focale , si ottiene un’immagine virtuale e dritta .
:
p > 0
⎧ immagine reale
Lente convergente : f > 0 ⎨
⎩immagine virtuale : 0 < p < f
q > 0 G < 0
q < 0 G > 0
Lente divergente f < 0 : {immagine virtuale : p > 0 q < 0 0 < G < 1
Pagina 30
Unità Didattica N° 33
Principio
di
La rifrazione della luce
reversibilità
del
31
cammino
ottico
Se una sorgente puntiforme posta nel punto A ha l’immagine nel punto B , allora una sorgente
puntiforme posta nel punto B ha l’immagine posta nel punto A rispetto ad uno stesso sistema ottico
Ingrandimento
lineare
di
una
lente
Dicesi ingrandimento lineare o ingrandimento trasversale il rapporto fra la distanza di due punti
dell’immagine e la distanza dei due punti coniugati appartenenti all’oggetto .
Osservando la figura possiamo scrivere la seguente relazione :
G =
A1 B1
AB
Siccome i triangoli A1B1O e ABO sono simili , ai lati omologhi possiamo applicare la seguente
proporzione :
A1 B1
OB1
=
AB
OB
A1 B1
q
=
AB
p
Dalla formula dei punti coniugati
ricaviamo :
qf + pf = pq
(p
1
1
1
+
=
p
q
f
− f )q = p f
q
f
q
f
=
=
In conclusione abbiamo : G =
p
p− f
p
p − f
Se si vuole che il rapporto G =
q
f
=
esprima contemporaneamente sia l’ingrandimento
p
p− f
dell’immagine rispetto all’aggetto , sia il senso dell’immagine , si converrà di prendere tale rapporto
: con segno positivo se l’immagine è dritta rispetto all’oggetto ; con segno negativo
se l’immagine è capovolta rispetto all’oggetto .
Questa convenzione , universalmente accettata , unitamente alla convenzione dei segni per la
formula dei punti coniugati , ci consente di scrivere :
Pagina 31
G = −
q
f
=
p
f − p
Unità Didattica N° 33
32
La rifrazione della luce
Potere diottrico o convergenza o potenza di una lente
L’inverso della distanza focale di una lente sottile prende il nome di potere diottrico
convergenza o potenza della lente .
D =
1
f
o
L’unità di misura della grandezza D è la
diottria . Una lente ha il potere diottrico di una diottria se la sua distanza focale è di un metro .
Il potere diottrico , avendo lo stesso segno della distanza focale f , è positivo per le lenti convergenti
, è negativo per le lenti divergenti .
Una lente avente potere diottrico pari a 5 diottrie ha una distanza focale pari a
f =
1
= 0,2 m = 20 cm . La convergenza D di una lente sottile e di conseguenza la sua distanza
5
focale f , dipendono dall’indice di rifrazione n del vetro ottico con cui è costruita la lente e dai raggi
di curvatura R 1 ed R 2 delle due calotte sferiche :
D =
⎛ 1
1
1 ⎞
⎟⎟
= (n − 1)⎜⎜
−
f
R
R
2 ⎠
⎝ 1
Convenzione dei segni nella formula dei punti coniugati delle lenti sottili
Per potere usare la stessa relazione sia per le lenti convergenti che per le lenti divergenti ,e per
distinguere tra immagini reali ed immagini virtuali , è necessario stabilire una convenzione per il
segno da attribuire alle distanze , p , q , f . Anche per le lenti , come per gli specchi , la convenzione
più usata è il << reale è positivo >> , in base alla quale si assume :
• positiva la distanza focale f delle lenti convergenti e negativa la distanza focale f delle lenti
divergenti .
• positive le distanze p di oggetti reali e q di immagini reali , e negative le distanze di oggetti
virtuali e di immagini virtuali , sia per le lenti convergenti che per le lenti divergenti
Regola pratica : quando una lente ( convergente o divergente ) forma un’immagine dalla parte
opposta a quella dell’oggetto , allora oggetto ed immagine sono ambedue reali o ambedue virtuali .
Viceversa , l’oggetto e l’immagine sono dalla stessa parte rispetto alla lente , quando l’uno è reale e
l’altra è virtuale .
Pagina 32
Unità Didattica N° 33
La rifrazione della luce
33
L’ingrandimento lineare G di una lente è il rapporto tra le dimensioni dell ‘ immagine e quelle
dell’oggetto . In formule abbiamo : G = −
q
f
=
p
f − p
Il segno << meno >> è convenzionale e permette di stabilire l’orientamento dell’immagine : diritta
rispetto all’oggetto per ingrandimento positivo , capovolta per ingrandimento negativo .
G > 0 ⇔ immagine dritta
;
G < 0
⇔
immagine capovolta per ingrandimento
negativo .
Lente divergente : f < 0
p > 0 , q < 0 , 0 < G < 1
Immagine virtuale , diritta ,
rimpicciolita
Lente convergente :
f > 0
p > f , q > 0
immagine reale
0 < p < f
immagine virtuale
q < 0
Abbiamo visto che per le lenti sottili vale la seguente formula di Cartesio detta
1
1
1
+
=
p
q
f
anche formula dei punti coniugati :
[11]
In una lente sottile , la somma dei reciproci delle distanze di due punti coniugati dalla
lente è sempre uguale al reciproco della distanza focale .
I valori di p , q , f sono valori relativi , cioè possono essere sia positivi che negativi . Nella [11] si
conviene di prendere :
reale
⎧ positivo se l ' oggetto é
p ⎨
⎩negativo se l ' oggetto é virtuale
reale
⎧ positivo se l ' immagine é
q ⎨
⎩negativo se l ' immagine é virtuale
reale
( lente convergente )
⎧ positivo se il fuoco é
f ⎨
⎩negativo se lil fuoco é virtuale ( lente divergente )
Pagina 33