Il Presidente
Trento, 14 novembre 2007
Inaugurazione dell’Anno Accademico 2007-2008
Intervento del Presidente Innocenzo Cipolletta
Autorità, Signore, Signori,
L’Università di Trento, che qui rappresento, ha costituito per questa regione un forte
investimento in cultura, in creatività, in sviluppo.
L’investimento in cultura è stata la prima molla di questa iniziativa, negli anni ’60 in
pieno Miracolo Economico. Si seppe comprendere allora l’importanza di trattenere le
intelligenze, di attrarre gli scienziati, di investire in cultura e in insegnamento, mentre
l’Italia era protesa verso uno sforzo più materiale, per conquistare livelli di reddito e
di consumo più elevati.
Ma l’Università è stata anche un investimento in creatività, ossia in sovversione,
perché è sede della ricerca ed attrae i ricercatori. La ricerca, quella vera, è sempre
irriverente: non sopporta le verità consolidate. E’ sovversiva, perché mette in
discussione i risultati raggiunti, rovescia le proposizioni e le gerarchie. Innova il modo
di pensare, di produrre, di consumare. Per questo, la ricerca è la base della
creatività, e il territorio irrorato di ricerca diviene un territorio creativo, innovativo,
impertinente, aperto al nuovo, tollerante del diverso.
La creatività è, oggi più che mai, la base per lo sviluppo e la crescita economica e
civile di un Paese e di un Territorio. Per questo l’Università è fonte di sviluppo, di
crescita, di nascita, di nuove iniziative.
Lo sviluppo, in questa era di globalizzazione, è più che mai il prodotto della ricerca e
dell’innovazione. Come si potrebbe competere con i nuovi concorrenti, Cina e India,
con 2,5 miliardi di persone che si affacciano alle soglie dello sviluppo, se non
facessimo ricerca? Possiamo mai pensare di avere costi di produzione inferiori, non
tanto a quelli asiatici, ma a quelli della Turchia, dell’Est Europa o del Nord Africa?
Ma, direi di più. Dobbiamo precludere a questi Paesi e queste genti la via dello
sviluppo solo per difendere le nostre posizioni? Dobbiamo impedire a loro quello che
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Il Presidente
solo 50 anni fà è stato concesso a noi, quando siamo passati da un’economia rurale
ad un Paese industriale?
Io credo che la strada sia un’altra e l’Italia l’ha già imboccata. Si tratta di spostarsi
verso produzioni a più alto contenuto di valore aggiunto, di gamma più alta, con un
maggior apporto interno ed esterno di servizi.
E’ quanto ormai avviene, se è vero che l’Italia ha perso quote di mercato mondiale
sui volumi delle sue esportazioni, mentre le ha mantenute sui valori: segno che le
nostre esportazioni sono oggi di un più elevato valore medio, quindi di una gamma
superiore rispetto a quelle del passato.
Questa è la strada da intraprendere in un mercato globale che non dà certezze,
tranne una: quella della crescente dimensione del mercato mondiale stesso. Una
dimensione all’interno della quale ciascuno può trovare il suo posto, se sa cercare e
se sa creare soluzioni, prodotti e servizi adatti al segmento di domanda che intende
servire.
Ecco allora che il destino del nostro futuro torna nelle nostre mani. L’investimento in
cultura, in istruzione, in ricerca, in creatività rappresenta la garanzia e lo strumento
per crescere in questo futuro.
Dopo anni che il territorio ha investito nell’Università è bene che si valuti qual è stato
il ritorno. E’ opportuno fare una analisi delle ricadute economiche e sociali dell’
Università sul territorio trentino. Non tanto per autocompiacersi dei risultati e dei
ritorni, che sono sotto gli occhi di tutti. Ma per indirizzare le scelte future verso quelle
iniziative che sappiano intercettare percorsi di crescità civile ed economica.
Per fare queste scelte è anche necessario che l’Università di Trento goda di una
relativa autonomia rispetto ad un sistema universitario italiano, glorioso ma
appesantito da mille problemi che singole situazioni locali assommano nel mondo
universitario.
Maggiore autonomia e maggiore responsabilità sono i cardini per una nuova fase di
questa Università. Già il nostro sistema di Governance duale e di forte presenza degli
stockholders nella gestione ha garantito all’ Università di Trento una distinzione che
ha fatto scuola.
Dobbiamo ora andare avanti. V’è un vasto assenso verso l’obiettivo di semplificare ed
asciugare gli organi di gestione; di restituire responsabilità di scelta; di introdurre
elementi di rischio impliciti nei sistemi di responsabilità; di dare più garanzia ai
risultati che ai diritti acquisiti.
Occorre aprire una nuova stagione nel mondo universitario, ove alcune sedi si
candidino per sperimentare nuove soluzioni, maggiori agganci con l’Europa e il
mondo, diverse vie per incidere sulle realtà economiche territoriali, un maggiore
impegno a selezionare docenti, ricercatori e studenti, affinché l’investimento nelle
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Università rappresenti un benessere per tutto il Paese e non la creazione di nuovi
problemi. Trento può essere una sede dove sperimentare l’Università di domani.
Troppe volte, anche qui a Trento, ho sentito chiedermi cosa avrebbero fatto le
imprese, lo Stato, le amministrazioni locali, la società, per ben utilizzare i nostri
ragazzi, che escono dalle Università. E’ ora che si capovolga la domanda e ci si
chieda cosa i nostri ragazzi laureati presso le nostre università faranno per il Paese,
per il nostro tessuto sociale e produttivo, per le nostre e le loro famiglie. Essi sono il
nostro futuro.
L’Università di Trento, con i suoi studenti motivati ed esigenti, con il suo corpo di
docenti e ricercatori impegnati, con le sue iniziative di ricerca e con i suoi
investimenti, è pronta a prendere questa sfida. E di questo io ringrazio, assieme al
Rettore Davide Bassi, tutto il corpo insegnante, il corpo amministrativo, i ricercatori e
gli studenti. Il mio ringraziamento va anche e soprattutto alla Comunità trentina ed al
suo Presidente Lorenzo Dellai, che la rappresenta.
Grazie.
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