Attività finanziaria finalizzata al “welfare”

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Le Confraternite nelle società del loro tempo.
Attività finanziaria finalizzata al “welfare”
- Premessa
Il termine “Confraternita” da qualche tempo ed in questo particolare momento storico, certamente per
mancanza di adeguate conoscenze da parte di molti, è divenuta sinonimo di associazione ristretta,
quando non retriva, legata a
valori e tradizioni superate
dall’odierna realtà. Duole in
particolare constatare come tali
preconcetti siano manifestati
anche da appartenenti al clero,
che evidentemente non ha
conservato memoria di ciò che
le
Confraternite
hanno
rappresentato nella secolare
vita di Santa Madre Chiesa, e
quello che ancora oggi
rappresentano.
Si assiste, infatti, in tutto il
territorio nazionale al rifiorire o
al rinascere di questa forma di
aggregazione religiosa laicale,
nella quale il popolo trova la
Il Crocefisso alzato in crocco
è da sempre la “bandiera” delle Confraternite
possibilità di manifestare il
Confraternita Grognardo- Primo Settecento- Scuola Genovese
proprio sentimento religioso
che si concretizza, oltre che nel
culto, anche nell’azione pratica in favore del prossimo.
Abbiamo voluto, con queste considerazioni, contribuire a far conoscere quanto l’odierna società debba
alle nostre antiche Confraternite, alle loro iniziative ed attività vecchie di secoli, rivolgendo l’attenzione
in particolare sugli aspetti di sostegno ed assistenza dei più bisognosi, che stanno alla base dei moderni
concetti di “welfare”
-Le origini: il popolo, nuovo protagonista.
I Profeti dell’Antico Testamento pongono la giustizia e la carità come condizioni per offrire sacrifici
graditi a Dio; nel Nuovo Testamento la pratica della carità diventa segno del regno che Gesù annuncia:
Egli stesso pratica l’elemosina, la esige dai discepoli e propone come norma la figura del buon
samaritano .Le prime comunità cristiane comprendevano poveri e ricchi; in loro c’era una condivisione
spontanea dei beni, chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne distribuiva il ricavato a chi ne aveva
bisogno.
L’origine però delle odierne Confraternite va ricercata in quel periodo cruciale per la Chiesa che va dalla
metà del 1200 a tutto il 1300. Come sempre nella storia umana, per comprendere gli avvenimenti di un
epoca storica, occorre risalire nel tempo; tanto più indietro quanto più lenta è la diffusione delle nuove
idee a motivo delle difficoltà di comunicazione; di fatto, dobbiamo risalire al secolo XI con le sue
tensioni e le sue lotte. Infatti, in questo periodo storico, seppure timidamente e con modalità che
raramente raggiungono il livello di una piena coscienza di sé, un personaggio inedito si presenta sulla
scena della storia ufficiale: il popolo.
Si tratta, prima di tutto, di una presenza numerica determinata da una grande espansione demografica,
che interessa sia le campagne sia le città, che tornano a popolarsi, offrendo nel commercio e
nell’artigianato nuovi sbocchi di lavoro. La storia, lentamente, comincia ad uscire dai grandi palazzi per
bussare alle case modeste di chi, fino ad allora, non era “importante”. Si tratta, è vero, solamente di un
inizio germinale di cambiamento, ma che testimonia tuttavia la mutata direzione del vento.
Le lotte tra il Papato e l’Impero, che hanno il loro episodio più significativo nella sottomissione di
Enrico IV a Gregorio VII a Canossa, non rimangono un fatto privato di chi detiene la forza nelle
proprie mani. Sia il potere spirituale, sia quello temporale, forse per la prima volta in così aperto
contrasto, cercano alleati e sostegno. Per ottenerli diffondono, per quanto è possibile, le proprie teorie,
divulgano il proprio pensiero. In questo modo quella che in linguaggio odierno chiamerebbe
“partecipazione” va allargandosi.
Con l’informazione più ampia, sorge l’alba di una consapevolezza di diritti e doveri in porzioni di
popolo sempre più vaste, si fa strada la capacità di giudizio nei confronti di coloro che ancora guidano
le scelte e il corso degli avvenimenti.
All’interno della Chiesa è il popolo che ispira la corrente di rinnovamento di cui Pontefici come Leone
IX e Gregorio VII si fanno portavoce. Il clero simoniaco, che ha comprato vescovati ed abbazie,
mondanamente compromesso, riceve le prime critiche da parte della gente “comune”, in nome del
ritorno alla purità del messaggio evangelico. Nascono movimenti autenticamente popolari come quello
milanese dei “patari o patarini”, gli straccioni, che si prefiggono di eliminare dalla gerarchia ecclesiastica
il clero corrotto e simoniaco, e non esitano a malmenare in Sant’Ambrogio l’arcivescovo Guido da
Velate, indegno prelato che sostiene l’antipapa Cadalo.
Sono questi i primi germi di quei movimenti popolari dai quali, nei secoli successivi, si origineranno le
Confraternite.
- La Chiesa: un secolo di crisi
Il Papato, che con Gregorio VII aveva raggiunto il culmine
del suo potere terreno, proprio per questo suo potere
divenne oggetto delle lotte ingaggiate dai sovrani per
ottenerne il controllo e finì per gran parte del 1300 sotto
l’egemonia dei re di Francia con la “cattività avignonese”.
Infatti, dopo l’arresto nel 1309 di Bonifacio VIII nel suo
palazzo ad Agnani da parte di mercenari al soldo della corte
francese, il re Filippo IV il Bello costringe il papa Clemente
V a trasferire la sede pontificia da Roma ad Avignone, dove
sette Pontefici tutti di origini francesi rimasero fino al 1377,
in pratica prigionieri della Francia.
In seguito, fissata di nuovo la sede a Roma, il Papato
continuò ad essere dilaniato da contese interne che
nascondevano in realtà le ambizioni politiche e territoriali di
sovrani stranieri e signori italiani. Il “grande scisma
d’Occidente” contrappose, dal 1378 al 1417, ad un papa un
antipapa, che si scomunicavano l’un l’altro contestandosi la
legittimità dell’elezione e godendo dell’appoggio dei potenti
Avignone
secondo le loro convenienze. Lo scandalo di queste lotte
provocò, anche a livello popolare, un grandissimo fermento di idee sulle forme di organizzazione
ecclesiastiche ed acuì l’esigenza di rinnovamento e di rigenerazione delle strutture ecclesiali e di
partecipazione dei laici alla vita della Chiesa
Sono tempi questi nei quali il pensiero cristiano informa ogni aspetto della vita del popolo,
materialmente organizzata intorno alla chiesa che domina ogni città e villaggio. La chiesa è la casa del
popolo, le campane segnano con il loro suono le tappe della sua giornata di lavoro, in chiesa si va non
solo a pregare ma anche a rifugiarsi nell’ora del pericolo. Qui si tengono le prime assemblee dalle quali
nasceranno i Comuni, qui sono solennemente celebrati i momenti salienti della nascita di ognuno, dal
battesimo al matrimonio alla sepoltura; sul sagrato si amministra la giustizia, si stipulano i contratti, si
scambiano le merci. Questa centralità dell’aspetto religioso nella vita della società spiega come, quando
la gerarchia ecclesiastica, presa nelle sue lotte interne che ne minano la credibilità, non è più in grado di
soddisfare le esigenze profonde del popolo cristiano, questi cerchi di organizzarsi autonomamente in
associazioni che traggono la loro ispirazione dal messaggio evangelico.
Le Confraternite che vengono costituirsi sono la risposta laica alla crisi della Chiesa, così come i nuovi
ordini religiosi sono la risposta ecclesiale.
- Opere di misericordia e sociabilità
Promotori e fondatori di confraternite furono gruppi di laici di diverse estrazioni sociali; la maggior
parte appartenevano alle classi più povere, contadini ed artigiani, ma non mancarono esponenti delle
classi dominanti, borghesi o nobili. Tutti vedevano nell’istituto della confraternita lo strumento sia per
svolgere le pratiche devozionali sia, nel contempo, svolgere varie forme di assistenza, beneficenza e
mutualità.
Regole guida divennero le 14 proposizioni canoniche conosciute come “Opere di Misericordia” nella
quali la Chiesa Cattolica, intorno all’anno Mille, aveva riassunto l’atteggiamento positivo che un
cristiano deve assumere verso chi è in situazione di disagio fisico o morale. Solo grazie a questo
atteggiamento sarà possibile per l’uomo trovare misericordia, ossia perdono dei peccati, da parte di Dio.
La tradizione ne elenca due gruppi di sette:
il primo gruppo, le opere di misericordia corporale, hanno in Matteo (25, 31-46) la loro formulazione:
1 – dar da mangiare agli affamati
2 – dar da bere agli assetati
3 – vestire gli ignudi
4 – alloggiare i pellegrini
5 – visitare gli infermi
6 – visitare i carcerati
7 – seppellire i morti
Il secondo gruppo, le opere di misericordia spirituale, hanno
come riferimento precise pagine del nuovo testamento:
1 – consigliare i dubbiosi
2 – insegnare agli ignoranti
3 – ammonire i peccatori
4 – consolare gli afflitti
5 – perdonare le offese
6 – sopportare pazientemente le persone moleste
7 – pregare Dio per i vivi e per i morti
Ricorrendo al numero sette per due volte, la Chiesa intende
dare a quel numero il valore simbolico raccolto nella Bibbia. Come a dire che in quel numero, che
significa completezza, si vuol esprimere tutto ciò che riguarda l’aiuto verso il prossimo. Aiuto
espressione di un amore concreto, l’amore raccomandato da Giovanni ai primi Cristiani: “non amiamo
a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1 Gv.3,18)
Queste millenarie regole, anche a prescindere dal loro significato religioso, conservano oggi tutta la
loro valenza sociale; è infatti più che evidente quanto la moderna società occidentale sia
profondamente pervasa da questi principi, nonostante si proclami laicamente staccata da ogni
riferimento religioso. Se per ipotesi una società si conformasse in tutto ai precetti delle opere di
misericordia, indubbiamente avremmo il più completo dei “welfare” possibili.
Adottando come norma di comportamento queste regole, volgendo la loro attenzione a chi più aveva
bisogno, le Confraternite , pur conservando lo scopo religioso e salvifico originario, e cioè la “salus
animarum”, tendono a laicizzarsi estendendo le proprie finalità a forme di assistenza materiale degli
iscritti ed intervenendo sempre di più nel campo della beneficenza pubblica. In tal modo
l’organizzazione confraternale si lega sempre più alle trasformazioni economiche, sociali e politiche
della società in cui opera; il ruolo che vengono a rivestire all’interno della società supera l’ambito
religioso e fa delle Confraternite un luogo di aggregazione, di confronto, di scambio di idee.
Funzione sociale che è oggi indicata col termine “sociabilità” espressione coniata dallo storico Maurice
Agulhon .
- La sociabilità delle Confraternite
Gli statuti garantiscono dunque ai confratelli, proprio in nome della proclamata fratellanza in Cristo che
costituisce un vincolo di tipo parentale, una protezione sociale particolarmente preziosa in un’epoca in
cui non vi era alcuna forma di tutela pubblica. Inoltre, parallelamente ai fini d’edificazione religiosa e di
suffragio, le confraternite assunsero un ruolo sociale, via via crescente, intervenendo in tutta una serie
di problemi delle popolazioni.
In quest’ambito fu
particolarmente
importante la loro
funzione
di
“società di mutuo
soccorso” rivolto a
diverse categorie a
cominciare dagli
indigenti, fossero
essi confratelli in
primo
luogo
oppure
concittadini, con
distribuzione
di
cibo, con ricoveri
per i vecchi non
più in grado di
lavorare. Anche i
bambini
ed
i
Confraternita Grognardo
giovani
vennero
Prove della processione – Festa dell’Assunta 2007
assistiti, orfani di
confratelli oppure trovatelli e così le vedove; per le fanciulle povere poi che, prive di dote, non
avrebbero potuto sposarsi, questa veniva elargita attingendo al reddito di particolari lasciti testamentari
a ciò finalizzati.
In due campi però, in questi decenni iniziali, l’attività delle confraternite era particolarmente attiva e di
grande rilevanza sociale: l’assistenza e la cura dei malati e la sepoltura dei morti. Per noi, cresciuti nel
ventesimo secolo e già proiettati oltre, formati in una società dove tali compiti sembrano naturalmente
spettare alle pubbliche istituzioni, è oggi quasi difficile capire che solo non molto tempo fa questi erano
compiti totalmente demandati alla famiglia, compiti che per le misere condizioni non sempre la famiglia
era in grado di assolvere e questa spiega quanto prezioso fosse il legame della confraternita.
Ogniqualvolta nella famiglia di un confratello si verificava un decesso o una malattia particolarmente
grave, gli altri confratelli non solo provvedevano alle cure per l’ammalato ma si incaricavano di portare
avanti il lavoro anche per chi non ne aveva più la possibilità. In questo caso tutti quelli che ne avevano
la facoltà, mettevano a disposizione degli altri parte del proprio tempo e lavoro, che impiegavano nel
laboratorio artigiano oppure, caso più frequente, nelle campagne a curare gli animali ed a mantenere i
campi in buone condizioni, finché il proprietario non fosse nuovamente in grado di portare avanti da
solo il suo lavoro. In uguale modo, anche se in una famiglia veniva improvvisamente a mancare
“l’uomo”, la vedova era aiutata finché i figli non fossero abbastanza cresciuti da sostenersi da soli.
La confraternita aveva inoltre un’altra importante mansione sociale, non solo di rispetto della persona
ma anche di tutela della salute pubblica, occuparsi della sepoltura dei defunti. Oggi può sembrare cosa
di poco conto, essendo uso comune essere assistiti sia dalle strutture pubbliche sia da aziende private
nell’adempimento di questo pietoso ufficio. Quando queste non esistevano, il problema delle sepolture
si poneva in tutta la sua drammaticità ogni volta che si verificava un’epidemia o una carestia; era allora
veramente necessaria un’organizzazione che si facesse carico di questo triste lavoro, poiché in tali
occasioni, che si sono ripetute abbastanza di frequente negli ultimi secoli, il numero dei decessi
diventava troppo grande per essere gestito dalle singole famiglie, a volte completamente minate dalla
malattia o dall’inedia. Nelle campagne tale ufficio assumeva una valenza ancora maggiore, per la
presenza di cascine isolate, lontane dalla chiesa ove doveva essere celebrato l’ufficio funebre.
Per coloro che non appartenevano ad alcuna confraternita e per le famiglie a cui la miseria non
permetteva il trasporto della salma, provvedeva la pubblica carità.
- Sviluppo delle attività
Negli anni tra il 1400 ed il 1550 si hanno profondi mutamenti nelle finalità di carattere sociale
perseguite dalle confraternite, che ne rafforzano molto il peso sociale.
Tradizionalmente le “confrarie” avevano quattro fonti di finanziamento: le quote dei loro membri, le
offerte dei privati, i lasciti loro pervenuti ed infine il reddito dei beni immobili di loro proprietà, frutto
di donazioni o di investimenti. La scomparsa fisica dei confratelli, per epidemie, guerre o per cause
naturali, grazie ad un grandissimo numero di lasciti testamentari, genera per le confraternite l’accumulo
di un’ingente massa di ricchezze patrimoniali.
Grazie a questa disponibilità finanziaria, il campo d’attività va sempre più estendendosi, mentre cresce
la loro autonomia dai poteri tradizionali. Le confraternite gestiscono direttamente la pubblica assistenza
di molti grandi e medi centri tramite i loro ospedali, orfanotrofi e ricoveri; inoltre, con la creazione dei
Monti di Pietà come rimedio alla piaga dell’usura, esse entrano nel campo finanziario, in un Italia che ha
creato e sta rafforzando quel sistema bancario che avrebbe poi governato in gran parte l’economia
europea. Questa espansione sarà però foriera per le confraternite di conflitti, specie con l’autorità
religiose, e di una progressiva
riduzione delle loro autonomie
Fin dagli ultimi decenni del
Quattrocento
il
fenomeno
associazionistico religioso si fece
sempre più evidente. Il numero
delle confraternite si moltiplicò poi
in virtù del impulso della Riforma
cattolica, che ne modificò la
struttura
secondo
i
nuovi
orientamenti religiosi con funzioni
caritative.
L’inflazione,
il
continuo
rimescolamento
delle
fortune,
Confraternita in processione
l’aumento
crescente
della
1964 - Grognardo
popolazione
e
il
continuo
sbandamento degli eserciti mercenari avevano prodotto masse di poveri e di vagabondi che,
soprattutto nelle città, ispiravano paura e ripugnanza. Miserabili e vagabondi venivano ora giudicati
in modo severo, come parassiti ed esseri antisociali, colpevoli soltanto perché “emarginati”. In
effetti, il vagabondaggio si trasformava spesso in banditismo e, come tale, preoccupava tanto le
classi dominanti quanto la gente comune.
Un indubbio malessere sociale fu, dunque, all’origine della “segregazione” di poveri e queruli
miserabili. Il mondo cattolico rispose con la creazione di innumerevoli istituzioni caritative e
assistenziali che, mediante l’esercizio della beneficenza, favorivano la “redenzione” dei benefattori.
Le loro funzioni facevano leva esclusivamente sull’umanitarismo e sullo spirito caritativo dei
privati e perciò esse erano largamente sostenute da lasciti e disposizioni testamentarie,che richiesero
ai governatori dei vari enti capacità gestionali.
Nelle città italiane operarono, in epoca moderna, numerose istituzioni con fini assistenziali o di
moralizzazione dei costumi. Congregazioni religiose, conservatori per le fanciulle, per le donne
separate dai mariti e per le vedove, ospedali cittadini,orfanotrofi, monti di pietà, provvedevano alla
tutela del popolo minuto e loro opera assistenziale era sostenuta non solo da carità cristiana, ma
anche da ragioni economiche e da forti motivazioni di stabilità sociale
Nonostante i vari governanti non considerassero l’assistenza un compito statale o dell’Ufficio di
Sanità, gli enti di beneficenza godettero di alcuni privilegi che, pur non istituzionalizzati,
garantirono elemosine, franchigie, esenzioni da tributi fiscali e privilegi di giurisdizione.
Le funzioni mutualistiche ed economiche di tali istituzioni sono indicative di una realtà urbana
caratterizzata da una grande eterogeneità sociale. Le confraternite stesse presentavano una struttura
sociale diversificata:.alcune erano costituite soltanto da nobili, altre da esponenti di classi sociali più
modeste. Tutte però avevano precise funzioni devozionali e assistenziali: elemosine,doti, vitto e
alloggio, vestiti, cure mediche, istruzione, prestiti su pegno senza interessi, servizi indispensabili a
sostenere il “popolo minuto” il cui tenore di vita si presentava precario e insicuro.
- Confraternite e cultura musicale.
Un aspetto veramente singolare, che qui solo accenneremo, è quello dei rapporti tra istituzioni
confraternali e musica che si determinarono storicamente a Napoli e Venezia, e vennero poi imitati
da molte altre comunità cittadine.
La varie confraternite erano solite far accompagnare particolari festività dell’anno liturgico con
musiche e canti e, per guadagnarsi la protezione di un Santo, si ricorreva a munifiche offerte in
denaro che contribuivano a rendere
più singolari e sorprendenti le
celebrazioni, sostenendo grandi
spese per paramenti,cere, “macchine
d’artifici” e soprattutto musica.
Questi
enti di beneficenza si
svilupparono su modelli comuni,
prestando la loro assistenza ai
giovanetti orfani o poveri della città
e sviluppando una forma di
apprendistato originale, ma non
insolita per la società del tempo,
quello dell’avviamento all’arte o allo
studio della musica, che in breve si
rivelò ricco di prospettive.
Caravaggio - Musici
I Conservatori, in gran parte ancor
oggi esistenti, nacquero senza fini di lucro e si mantennero grazie alle quote versate dai confratelli
fondatori, alle donazioni di congregazioni e privati, alle collette nelle chiese annesse, ai legati e ai
lasciti
testamentari da parte di persone facoltose. Assicuravano la loro opera assistenziale ai
fanciulli “mal guidati” delle città, avviandoli all’apprendistato musicale e utilizzando fin dagli inizi
il ricavato delle prestazioni musicali dei loro “figlioli”, i cui servizi erano molto richiesti da Chiese,
Confraternite o benefattori privati.
I cori romani di voci bianche, le napoletane “paranze di figlioli”,i cori femminili veneziani che
ebbero in Antonio Vivaldi il loro maestro diventarono così una componente indispensabile nella
celebrazione della Messa, solenne o rituale che fosse, nelle processioni e nella commemorazione dei
defunti. Con i servizi musicali, le rappresentazioni teatrali e l’evoluzione di una scuola musicale, le
spese dei conservatori aumentarono a dismisura e non si limitarono più a garantire vitto e alloggio
ai fanciulli raccolti nelle strade, ma dovettero servire all’acquisto di strumenti musicali, al
pagamento delle figure professionali sempre più diversificate e numerose, all’allestimento di scene
e di feste religiose e popolari. Inoltre, la gestione dei legati e dei lasciti testamentari impegnò gli
amministratori in compre di annue entrate, di quote di arrendamenti (appalto a privati di imposte
dirette) e fiscali, in riscossione di affitti o censi, richiedendo loro funzioni economiche e finanziarie
di non poca responsabilità.
Tre i principali settori di attività finanziaria a fini assistenziali in cui le Confraternite riuscirono a
costruirsi un impianto programmato e solido che li portò a livelli di elevata efficienza e di effettiva
utilità per la comunità
Monti di pietà * Monti frumentari * Monti di maritaggio
- Monti di Pietà
La realtà assistenziale italiana nei secoli dal 1300 alla Controriforma, si presenta, nonostante
l’assenza di precisi provvedimenti politici, come un articolato sistema di interrelazioni economiche
e sociali, che coinvolge i ceti più ricchi nell’operare e donare ed i ceti poveri quali fruitori.
Gli istituti di beneficenza maggiormente
deputati alla gestione di denaro furono i
Monti di Pietà, che si connotarono come
un fenomeno religioso-assistenziale e al
contempo economico-finanziario.
La loro attività non va confusa con quella
religiosa-finanziaria
dell’epoca
medioevale quando i grandi Ordini
Militari, i Cavalieri Templari ed i
Cavalieri Teutonici, avevano affiancato
all’esercizio delle armi quello dell’attività
bancaria, la prima in Occidente, che li
Monte di Pietà – Rappresentazione ottocentesca
aveva portati ad assumere un grande
potere economico, a gestire perfino le “casse” di grandi Stati, come la Francia, ed in ultima analisi
ne aveva determinato la caduta.
Come reazione alla commistione tra fede e potere economico vennero fondati tra il XII ed il XIII
secolo i grandi Ordini mendicanti, il cui voto di povertà era assoluto e che si posero al servizio delle
classi più umili ed oppresse. Si deve a loro, principalmente ai Francescani, l’avviamento di attività
creditizie che si proponevano di operare a fini di solidarietà e senza scopi di lucro. Tali attività
venivano così ad assumere la fisionomia di “banche dei poveri” ante litteram in quanto finalizzate
ad elargire i loro prestiti caso per caso in funzione delle effettive necessità del richiedente; siamo in
presenza di quel ”microcredito” che oggi l’evoluta società globale del Terzo Millennio sembra aver
riscoperto. La proclamazione del 2005 come “anno del microcredito” da parte dell’ONU, il premio
Nobel per la pace conferito nel 2006 a Muhammad Yunus non fanno che confermare quanto fossero
giuste ed anticipatrici le intuizioni delle nostre antiche Confraternite .
Queste istituzioni presero generalmente il nome di Monti di Pietà e sorsero, affiliati alle varie Case
Sante cittadine che furono spinte dagli eventi ad aprire una cassa pubblica. I cittadini, infatti, a
causa delle difficili condizioni economiche in cui versava la città e preoccupati dalle decisioni dei
vari governi in materia di politica economica e monetaria, per evitare di conservare in casa il
proprio denaro, cominciarono a “depositarlo” presso quegli istituti. I Monti di Pietà si trovarono
così a gestire un capitale che impiegarono nella loro attività istituzionale di soccorso ai poveri,
mediante la concessione di piccoli prestiti su pegno, che evitava loro di cadere nella morsa
dell’usura, intesa come tasso d’interesse non proporzionato all’effettivo costo del denaro.
Va fatta questa precisazione dal momento che, letteralmente, il termine latino usura significa solo
“interesse”, e proprio questo duplice significato costituì il primo ostacolo alla nascita di questa
nuova e particolare attività finanziaria. Sulla base del Vangelo di Luca ( 6,34s ) molti nella Chiesa
Cattolica ritenevano inammissibile l’imposizione di un tasso d’interesse, vietando in tal modo ai
Cristiani l’attività bancaria, che venne di fatto monopolizzata dagli Ebrei, ai quali erano però vietate
quasi tutte le altre attività. Con la creazione dei Monti, dopo lungo dibattito, furono comunque
ammessi tassi che variavano tra il 6% ed il 10%, giustificando ciò sotto l’spetto di garanzia a
compensazione di eventuali insolvenze che, se non coperte, si sarebbero rivelate esiziali per
l’istituzione; contemporaneamente gli interessi percepiti venivano a costituire una forma di
autofinanziamento indispensabile per ampliare le varie tipologie di soccorso, legate all’attività della
Confraternita che gestiva il Monte. Queste “banche dei poveri” benché percepissero dunque
modesti interessi sui prestiti, realizzarono tuttavia buoni utili, che impiegarono per coprire le spese
di gestione, per sostenere l’attività di prestito su pegno e per le altre opere assistenziali proprie della
Confraternita che aveva creato e gestiva il Monte. La “compera di annue entrate”, per esempio, era
un investimento sicuro per far fruttare senza eccessive preoccupazioni un capitale.
Le Confraternite, fondatrici dei Monti, nascono come spontanee aggregazioni di laici ma sono
erette canonicamente dalla Chiesa attraverso, di norma, i Vescovi; fu dunque la Chiesa Cattolica a
dettare le norme che regolarono definitivamente i Monti di Pietà che si stavano espandendo con
estrema dinamicità. Elaborate nel Concilio Lateranense V, indetto da Papa Giulio II della Rovere, il
grande Papa Guerriero, le norme furono promulgate il 4 maggio 1515 con la bolla “Inter
Multiplices” emanata da Papa Leone X de Medici; successivamente l’intero “corpus” normativo fu
rivisto e rielaborato dal Concilio di Trento ( 1545-1563 )
In sintesi, le norme prescrivevano che i Monti di Pietà erano autorizzati, sulla base degli Statuti di
cui dovevano obbligatoriamente dotarsi,
§ ad accettare depositi volontari, remunerandoli con un tasso d’interesse
§ a concedere prestiti, solo ai residenti, di somme piuttosto modeste chiedendo come garanzia
in pegno oggetti di valore; la concessione era vincolata ad un giuramento del richiedente che il
prestito serviva a proprie necessità ed a usi moralmente leciti.
§ ad accendere mutui ipotecari con privati.
Oltre l’aspetto prettamente bancario, sia pure di banca etica, vennero regolati altri aspetti
dell’attività finanziaria dei Monti, che venivano a configurarsi come banche locali, agenti per lo
sviluppo del territorio e per la pace sociale. Oltre ai finanziamenti a privati ed alla raccolta , infatti,
il supporto dei Monti di Pietà si estende alle attività politiche e culturali, al sostegno delle attività
religiose, all’ assistenza agli indigenti ed ai malati. Fra i tanti compiti, possiamo citare:
§ la concessione di prestiti alle magistrature cittadine, in occasioni di crisi alimentari, onde evitare
tumulti sociali, o del passaggio di truppe, per evitare saccheggi e rappresaglie.
§ lo svolgimento di funzioni di tesoreria per conto degli istituti assistenziali operanti nel territorio
che permetteva non solo il controllo degli stessi ma favoriva tempestivi interventi in aiuto.
Quasi tutti i Monti di Pietà fondati dalle antiche Confraternite, hanno seguito l’evolversi in senso
laicale della società occidentale e si sono trasformate nelle odierne Casse di Risparmio o nelle
Banche del Monte, che tanto hanno contribuito ancora allo sviluppo delle comunità locali in cui
hanno operato.
- I Monti Frumentari
I Monti di Pietà nacquero come
istituzioni prettamente cittadine. A
differenza , infatti, degli abitanti
delle città quelli delle campagne
ben difficilmente disponevano di
oggetti preziosi da dare in pegno:
d’altro canto l’economia rurale si
basava essenzialmente sul baratto.
Ciò
che
di
più
prezioso
possedevano i contadini erano le
scorte di sementi, che permettevano
La Confraternita in processione
1970 Grognardo- Festa dell’Assunta
di poter nuovamente seminare all’arrivo della primavera, scorte di notevole quantità , data la resa
molto bassa delle semine. Ma esse potevano venire mancare principalmente per due cause:
§ non si era raccolto a cause delle avverse condizioni climatiche come grandine o pioggia o per
eventi guerreschi o per pestilenze.
§ il raccolto era stato così scarso o l’inverno così lungo da obbligare a consumare tutto il prodotto
sementi comprese, per sopravvivere.
In questi casi, per evitare la morte per inedia, non restava che ricorrere ai prestiti usurai per
comprare semenze, accendendo un debito che difficilmente poteva poi essere saldato.
Proprio a rimedio di queste situazioni nacquero, su iniziativa delle varie Confraternite, i Monti
Frumentari, che prestava ai contadini bisognosi le sementi necessarie; il primo del quale si ha
notizia è quello di Foligno e risale al 1488. Veniva così arginata la piaga dell’usura e potevano
accedere a questa forma di finanziamento anche coloro la cui povertà non li faceva reputare
solvibili dagli assai scarsi istituti regolari di prestito. Nelle campagne il Monte Frumentario veniva a
costituire un importante supporto al regolare svolgimento del normale ciclo agrario.
Originali le modalità di funzionamento di queste istituzioni che, non va mai dimenticato, si
basavano soprattutto sulla solidarietà e comunanza che nasceva dall’appartenenza alla
Confraternita.
Al momento della semina o del
raccolto gli aderenti al Monte,
praticamente la totalità dei
componenti le comunità rurali,
partecipavano con giornate di
lavoro gratuito alle varie
operazioni nei campi e nei
magazzini, immagazzinando le
eccedenze per le prossime
semine. Quando il prodotto
immagazzinato superava le
normali
esigenze
della
comunità, questa parte veniva
venduta ed il ricavato andava a
costituire il Monte Pecuniario,
minuscola riserva di denaro
liquido, imitazione in piccolo
dei Monti di Pietà. Al Monte
Pecuniario
i
contadini
potevano attingere con piccoli prestiti al tasso corrente del 5% per far fronte unicamente alle spese
di raccolto. Per il prestito, invece, di sementi, normalmente cereali e cioè orzo, segale e grano,
talvolta fave, lenticchie, ceci, l’interesse era calcolato come tradizionalmente avveniva nelle
campagne, dove i prodotti non venivano mai pesati ma misurati, con misure locali quali l’emina o
lo staio.
Al momento del prestito, la semente era misurata “a raso”, rasando cioè con apposito strumento la
misura, al momento invece della restituzione la misurazione avveniva “a colmo”, riempiendo cioè il
recipiente oltre i bordi fino a che si poteva e formando così un piccolo cono. E’ stato calcolato che
questa eccedenza rappresentasse un tasso medio pari al 6%.
Anche in questo caso siamo in presenza di quelle forme di microcredito, recentemente rivalutate,
che, essendo elargite caso per caso in funzione delle effettive necessità assumono la funzione del
moderno credito al consumo.
I Monti Frumentari che ebbero larga diffusione principalmente nelle regioni meridionali d’Italia,
eminentemente agricole, ad opera del cardinale Orsini, ebbero sempre vita travagliata. La mancanza
di garanzie, che certo non potevano dare i poverissimi utenti dei prestiti, ne minò il funzionamento
o lo bloccò del tutto quando, a causa di annate particolarmente avverse, di guerre o pestilenze, i
raccolti andarono distrutti o non si poterono effettuare in tempo.
Ma ancora nel 1904 alcuni erano comunque funzionanti in Basilicata; nelle altre regioni, invece,
erano stati sostituiti dalle Casse Rurali e Artigiane, ancor ‘oggi presenti.
Monti dei maritaggi
Le congregazioni post-tridentine si fecero interpreti di nuove forme di assistenzialismo, accogliendo
il povero per catechizzarlo, definendo e legittimando la carità, collegandola al significato ed al
valore che la Controriforma attribuiva alle buone azioni.
Tra le varie forme di assistenza ve ne fu una, suggerita proprio da alcune disposizioni testamentarie
di alcuni benefattori: il compito di dispensare doti per “maritaggi” a fanciulle povere, ma
rispettabili. Nei secoli passati, infatti, e fino all’Ottocento, una fanciulla povera che non avesse una
famiglia ed una dote era destinata fatalmente alla servitù o alla prostituzione; Sostenere le spese per
un matrimonio, per alcuni ceti sociali, era quasi impossibile e il sussidio caritativo diventava l’unica
possibilità per realizzare unioni matrimoniali. Tale attività esprimeva una preoccupazione comune a
quasi tutte le confraternite del tempo.
Il fenomeno dei maritaggi si rivela di grande importanza per lo studio della struttura sociale e
professionale della popolazione più povera. Come per i Monti di pietà, anche per gli altri enti di
assistenza, l’attività legata ai maritaggi era un’attività accessoria, ma non trascurabile: il deposito
dei fondi da dispensare in doti maritali consentiva di disporre di capitali da utilizzare per le proprie
esigenze fino a quando la fanciulla non veniva provvista di dote per poi convolare a nozze.
Come si è già osservato, l’attività delle istituzioni assistenziali era rivolta particolarmente
all’infanzia abbandonata, agli inabili e alle donne. L’investimento sociale nell’assistenza ai bambini
era scontato: sia sul piano etico, sia su quello economico essi avrebbero costituito la nuova forza
produttiva della società; e se gli ammalati andavano controllati per prevenire epidemie e contagi,le
donne lo erano perché causa di un elevato tasso di natalità. Per le donne,in particolare, crebbe
l’attenzione degli enti assistenziali, che diedero vita a convitti e ritiri ma, soprattutto, provvidero a
dispensare le doti maritali, a patto chele fanciulle destinatarie avessero preservato il proprio onore. .
Fin dal Rinascimento le figlie avevano rappresentato un problema crescente per le famiglie che
avrebbero dovuto maritarle e dotarle, ma è anche vero che le famiglie erano un problema crescente
per le figlie, che dovevano sopportarne la strategia in cui
giocavano sempre il ruolo di pedine e mai di
protagoniste.
I Monti di maritaggi esercitavano così, indirettamente,
una forma di controllo delle nascite e soprattutto di quelle
destinate a bilanciare il numero degli infanti abbandonati.
Con l’avvento del protestantesimo, il panorama subì un
cambiamento. Fu rivalutatoil matrimonio e tutte le donne
furono
invitate
a
stabilire
vincoli
matrimoniali“produttivi”, o meglio “riproduttivi”.
Per vie diverse, ma con identici risultati, sia il Concilio di
Trento, sia l’etica protestante affermarono che la
sessualità era lecita soltanto dentro il matrimonio e
soltanto se subordinata al fine della procreazione. La
lussuria divenne il peccato per eccellenza, più importante
persino dei peccati dell’orgoglio e dell’avidità,
condannati con maggior severità dalla morale
medioevale.
I classici fidanzati di un tempo:
Renzo e Lucia
Sembra dunque che alla radice dell’interesse benefattore per le fanciulle povere vi fosse anche il
controllo della fecondità femminile, richiamato dalla condizione indispensabile alla elargizione di
doti di maritaggio, ossia lo stato di verginità delle fanciulle. Non era dunque un problema
individuale, ma di gruppo, teso a individuare le regole per la propria continuità mediante
l’inserimento della fecondità in un sistema di controllo generale. Lo stesso status di moglie non era
determinato tanto dall’assenso al partner, quanto dalla sua disponibilità a diventare madre.
Maritaggio, dunque, come investimento sociale. La dote costituiva un capitale il cui investimento
produttivo assicurava, al di là di una rendita sul denaro depositato, la “produzione” di un nucleo
sociale, la famiglia, moralmente ed economicamente controllato e la continuazione della specie e
della forza-lavoro attraverso i figli della donna maritata.
Il concetto che “famiglia” e “società” siano praticamente l’estensione l’uno dell’altra o che sia
inconcepibile una società progredita che non si basi sul nucleo familiare, è sempre stato assai
diffuso. La preoccupazione di creare fondi assistenziali per sostenere le fanciulle povere, rientrava,
tutto sommato, in una complessità di atteggiamenti e di azioni politiche che dovevano affrontare un
problema globale: economicamente le donne costituivano il gruppo più sfruttato, ma anche quello
psicologicamente inferiore.
La Festa di San Valentino: questa festa, che oggi ha assunto il
significato di Festa degli innamorati ed era celebrata, fino a pochi
decenni fa solo nei paesi anglosassoni, ha invece origini italiane ed è
strettamente legata all’istituto dei Monti di Maritaggio.
San Valentino è un martire cristiano, venerato in una Chiesa che
sorgeva a Roma sulla Via Flaminia.. Il 14 febbraio, festa liturgica
del Santo, venne scelto come data nella quale veniva assegnata una
dote ad un certo numero di fanciulle povere, che potevano così
sposarsi, anzi dovevano, pena la perdita della somma dotale. La
cerimonia naturalmente era seguita con molta attenzione dai
fidanzati o anche semplicemente dai giovani innamorati, che
aspettavano con ansia questo aiuto per convolare a nozze ed in
questo modo San Valentino divenne il protettore dei fidanzati e poi,
in genere, degli innamorati
San Valentino Vescovo
Cosa dobbiamo alle Confraternite?
Parafrasando l’affermazione di Benedetto Croce che non possiamo non dirci Cristiani, possiamo
affermare che anche la nostra società non può negare come il messaggio evangelico l’abbia
profondamente permeata.
I concetti di giustizia misericordia e benevolenza, essenzialmente cristiani, sono alla base di quei
concetti di “welfare” che contraddistinguono la nostra società, basata sulla democrazia e libertà.
Quanto hanno influito le Confraternite nel formarla su questi valori?
Crediamo molto, anche perché le Confraternite sono libere associazioni di laici, basate su quei
principi di uguaglianza e democraticità – tutti i Confratelli sono uguali, tutti possono accedere alla
cariche sociali, vi si accede tramite libere elezioni – che esse hanno portato avanti anche in epoche
in cui tali valori erano completamente ignorati dalle classi dominanti. E nei secoli le Confraternite
hanno portato avanti con la loro attività la “misericordia “ verso il prossimo che sta alla base di
ogni civile convivenza e della quale sono esempi i fatti fin qui ricordati.
Inoltre, formate come sono di soli laici che liberamente si aggregano, hanno portato avanti una loro
peculiare visione ed attività, laica appunto, per testimoniare il messaggio evangelico nella realtà di
ogni giorno.
La loro testimonianza, proprio perché di liberi cittadini, ha permeato le comunità in cui hanno
vissuto e l’odierno risveglio e rifiorire sembra dire che la società ha ancora bisogno di loro.
Va notato poi, a proposito di quanto le Confraternite abbiano influito sullo sviluppo non solo
religioso ma globale della società occidentale. Così la decisione della Chiesa determinata dalla
nascita dei Monti di Pietà di rendere lecita l’imposizione di un tasso di interesse sui prestiti
concessi, ha reso lecita anche per chi era cristiano l’attività bancaria, con tutto quanto ciò
comporta in termini di sviluppo: è’ sufficiente accennare solo all’influenza sulla nostra civiltà dei
grandi gruppi bancari fiorentini, primi fra tutti il Banco de’Medici, e come i Monti si siano evoluti
nell’Ottocento nelle Casse di Risparmio.
Un’ultima breve considerazione, che attiene sempre il campo sociale. Le Confraternite che si
costituirono sul finire del Medioevo in comunità di notevole consistenza aggregarono talvolta
coloro che esercitavano un comune mestiere, che appartenevano cioè alla stessa Corporazione,
unendo il comune esercizio delle pratiche religiose alla difesa dei diritti ed al mutuo sostegno.
L’instaurarsi in Europa di forme di individualismo di stampo protestante, la tendenza alla
laicizzazione, l’affermarsi di correnti di pensiero anticlericale portarono alla trasformazione delle
aggregazioni di ispirazione religiose legate ad una comune appartenenza professionale in un nuovo
tipo di associazionismo, le Società operaie di mutuo soccorso nelle quali è facile vedere come, tolte
le motivazioni religiose, si siano conservate aggiornandole le finalità tipiche delle Confraternite.
A loro volta le SOMS hanno costituito il nocciolo dal quale sarebbe poi germinate le moderne
organizzazioni sindacali, attraverso un lento processo evolutivo che non ha però cancellato
l’originario sentimento di misericordia.
Note sulla Compagnia di S.Paolo di Torino
Ci sembra doveroso citare almeno un esempio di questa
evoluzione caritativa- finanziaria delle Confraternite e
riteniamo che la torinese “Compagnia di S.Paolo” possa
essere presa a chiaro modello, come risulta anche solo da una
sintetica esposizione, desunta dal sito della Compagnia, di
date ed avvenimenti.
Allorché nel 1563 Emanuele Filiberto di Savoia poneva
definitivamente a Torino la capitale del ducato, si trovò ad
affrontare subito due gravi problemi: fermare l’espansione del
Protestantesimo e alleviare la miseria che colpiva oltre un
terzo dei 30.000 abitanti .
Gli vennero in soccorso sette eminenti e pii cittadini, ai quali
ben presto si unirono nobili ma soprattutto mercanti, uomini
di
legge, funzionari della nuova capitale e molti artigiani che
diedero alla pia associazione un eccezionale sviluppo.
1563
fondazione della Confraternita sotto il titolo di
Compagnia di San Paolo che raccoglieva le elemosine e le
distribuiva a domicilio ad ammalati e bisognosi.
1579 riapertura del Monte di Pietà, a rimedio dell’usura . E’ questa la prime delle “Opere”
destinate ad incidere profondamente nel tessuto sociale ed economico della città
1589 istituzione della “Casa del soccorso” per fanciulle povere di civile condizione che qui ricevevano ricevere un’adeguata educazione ed una dote per potersi sposare
1595 costituzione dell”Ufficio Pio” per far fronte alle moltissime richieste di doti. In breve la
nuova istituzione accentrò la gestione di tutta l’attività assistenziale della Compagnia:
sussidi ai decaduti, ai malati, ai mendicanti, doti, servizi religiosi, rette del Soccorso
1650 creazione dell’Ospedale di Carità
1653 assunzione dell’amministrazione del debito pubblico (Monte della fede) affidata al Monte
di Pietà – la Compagnia, della quale facevano ora parte anche i più influenti membri della
Corte sabauda, aveva aumentato il suo patrimonio grazie a grandi lasciti ed a una miriade
di piccoli legati e lo aveva impegnato in redditizi investimenti immobiliari e mobiliari ed
in prestiti a comunità e nobili che le avevano aperto le porte dell’amministrazione del ducato
1683 fondazione della “casa del deposito” per ospitare donne desiderose di abbandonare situazioni di “disonestà”
1700 costruzione del nuovo Ospedale dei Pazzi
1802 il governo repubblicano francese sopprime la Compagnia e ne confisca i beni,
provvedimenti annullati con la Restaurazione
1814 gestione fino al 1851 del servizio sanitario di Torino per i poveri: cure mediche, ma anche
assistenza farmaceutica e specialistica
1850 intorno alla metà del secolo l’attività delle “Compagnie”, denominazione piemontese delle
Confraternite, entra specificatamente nell’attività finanziaria.
Oggi la Compagnia è una fondazione di diritto privato, retta da un proprio Statuto; al 31 dicembre
2008 il valore del portafoglio ammonta a 6,2 miliardi di euro, ed è attiva nei settori: ricerca
scientifica, economica e giuridica istruzione; arte; beni e attività culturali; sanità; assistenza alle
categorie sociali deboli.
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