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Capitolo 17
Il livello del reddito aggregato
nei modelli di base per l’analisi
macroeconomica
Politica economica - Introduzione ai modelli fondamentali – R. Cellini
Copyright © 2004 – The McGraw-Hill Companies srl
Il modello reddito-spesa in cui il livello dei prezzi è dato
D = domanda soddisfatta da produzione domestica
C = consumi delle famiglie
I = investimenti delle imprese
G = domanda del settore pubblico o spesa pubblica
NX = domanda netta proveniente dall’estero
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Le componenti della domanda
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I consumi sono espressi dalle famiglie al fine di soddisfare i loro
bisogni.
È ragionevole ipotizzare che i consumi di beni e servizi siano
una funzione crescente del reddito C=C(YD).
Si ipotizza anche che incrementi successivi del reddito
incrementino i consumi in misura sempre decrescente. Tale
aspetto è colto dalla propensione marginale al consumo
c=∂ C/∂ YD>0.
La funzione del consumo può essere espressa come
C=C0+cYD. Tale funzione lineare implica che c sia costante.
Inoltre si ipotizza che 0<c<1 il che implica che incrementi del
reddito si traducono in parte in incrementi di consumo ed in
parte in incrementi di risparmio. C0 prende il nome di
componente autonoma del consumo.
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Le componenti della domanda
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Il reddito disponibile è il reddito Y a cui vengono sottratte le
tasse e le imposte T ed a cui sono eventualmente aggiunti i
trasferimenti da parte del settore pubblico TR0.
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Si può pensare che le imposte e le tasse siano date da una
parte che non dipende dal reddito T0 e da una parte legata al
reddito tY. Supponendo una funzione lineare avremo:
YD=Y+TR0-T0-tY.
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La funzione di consumo
C = consumi di beni e servizi
c = propensione marginale al consumo
T = tasse e imposte
TR0= eventuali trasferimenti da parte del settore pubblico
Y = reddito disponibile
T0= parte non legata al reddito
Tutti gli altri possibili fattori che non compaiono nell’equazione
sono considerati costanti.
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Le componenti della domanda
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Gli investimenti I sono beni strumentali domandati dalle imprese
al fine di incrementare o rimpiazzare lo stock di capitale utile alla
produzione dell’output.
Gli investimenti vengono distinti in netti e di sostituzione. Il primo
è dato dalla variazione dello stock di capitale delle imprese,
Inet=ΔK. Il secondo è quello che serve a sostituire il capitale
deteriorato. Sommando le due componenti otteniamo la
funzione di investimento totale, I=Isost+Inet=(φ∗Κ)+(ΔΚ).
La domanda di investimenti è funzione inversa del tasso di
interesse. Nel modello a prezzi fissi è irrilevante considerare il
tasso nominale o quello reale e non si ci chiede quale sia il
tasso, tra i tanti, da usare.
Assumiamo I=I(r), con ∂ I/∂ r<0 e quindi I=I0-hr; dove h è un
parametro positivo che indica la sensibilità della domanda al
tasso d’interesse.
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Le componenti della domanda
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Il fatto che la domanda di investimenti sia una funzione inversa
del tasso d’interesse secondo la teoria neoclassica è dovuta al
fatto che il tasso d’interesse è visto come il prezzo del costo
d’uso del capitale.
Nell’ottica keynesiana si è introdotto il concetto di efficienza
marginale del capitale (o rendimento interno), sostenendo che le
imprese avrebbero domandato tutti quei beni capitali il cui
rendimento interno atteso risultava superiore al tasso
d’interesse.
La spesa pubblica rappresenta la domanda di beni e servizi
effettuata dal settore pubblico. Assumiamo per ora che tale
componente sia esogena e decisa in maniera autonoma dal
policy-maker, G=G0.
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Le componenti della domanda
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La domanda netta proveniente dall’estero è data dalla differenza tra
esportazioni (X) e importazioni (M).
La domanda che il “resto del mondo” rivolge ai beni prodotti
nell’economia presa in esame dipende dal reddito e prezzi. Il reddito
rilevante per le esportazioni è quello del “resto del mondo”, YRM e viene
considerato come esogeno.
Relativamente ai prezzi, dobbiamo considerare che le esportazioni di
un paese sono in concorrenza con i prodotti di tutti gli altri paesi e
quindi sono importanti i prezzi relativi. Tale informazione viene inclusa
nell’indicatore di competitività, ε=Pf/(ePd), dove Pf indica il livello dei
prezzi esteri, Pd il livello dei prezzi domestici ed e il tasso di cambio.
I beni dell’economia domestica saranno tanto più competitivi quanto
maggiori sono i prezzi dei prodotti esteri; quanto minori sono i prezzi
dei prodotti domestici; quanto minore è il tasso di cambio. Maggiore è
la competitività, maggiori saranno le esportazioni.
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Le componenti della domanda
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La domanda di esportazioni è X=X(ε,YRM)=X0. Dato che le
esportazioni dipendono da due fattori esogeni, sono anch’esse
esogene.
Relativamente alle importazioni dipendono negativamente
dall’indicatore di competitività e positivamente dal livello del
reddito domestico, Y.
Quindi avremo che M=M(Y), ∂ M/ ∂ Y>0. In termini lineari avremo
che M=M0+mY, dove m è la propensione marginale
all’importazione.
La funzione lineare delle esportazioni nette è
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L’equilibrio nel modello reddito-spesa
Tale espressione può essere riscritta accorpando prima le componenti
autonome e poi quelle che dipendono dal reddito.
D=[C0+c(TR0-T0)+I0+G0+NX0-hr]+[c(1-t)-m]Y
La teoria economica assume che
•[C0+c(TR0-T0)+I0+G0+NX0-hr]>0; tale componente è detta componente
autonoma di domanda e viene indicata con D0.
•[c(1-t)-m]>0, che equivale ad assumere che incrementi di reddito si
traducono in incrementi di domanda aggregata.
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Dalla contabilità nazionale abbiamo che la produzione aggregata di un
sistema economico coincide con il reddito O≡Y.
L’equilibrio macroeconomico si verifica quando D=Y e quindi deve
valere che Y=[C0+c(TR0-T0)+I0+G0+NX0-hr]+[c(1-t)-m]Y.
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Arrangiando i termini e risolvendo per Y troviamo il reddito di equilibrio
macroeconomico, Yeq, che garantisce che la domanda aggregata sia
pari all’offerta aggregata, Yeq=[D0]/[1-c(1-t)+m]
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Dato che il denominatore è minore di 1 e quindi il suo inverso è
maggiore di 1, abbiamo che il reddito di equilibrio risulta un multiplo
della domanda aggregata.
Tale reddito tuttavia non garantisce di trovansi in corrispondenza della
piena occupazione. Nulla assicura che l’offerta aggregata sia quella
che utilizza tutti i fattori produttivi disponibili.
Pertanto l’equilibrio macroeconomico potrà anche essere un equilibrio
di sottoccupazione. Tale risultato è al centro della teoria keynesiana.
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L’equilibrio macroeconomico è in corrispondenza del reddito YE, ma il
livello di pieno impiego potrebbe essere in YPI.
La differenza (YE-YPI) è detta output gap, cioè la differenza tra la
produzione di pieno impiego e quella corrente.
Secondo Keynes, se un sistema economico si trova in equilibrio
macroeconomico ma al di sotto del pieno impiego non vi è alcun
meccanismo automatico che lo sposti.
Infatti le imprese producono ciò che le famiglie chiedono; gli operatori
domandano ciò che trovano ottimale in corrispondenza di tale reddito;
nessuno ha motivo di cambiare le proprie decisioni; il sistema
economico permane in un equilibrio di sottoccupazione stabile.
Il reddito di equilibrio può essere aumentato soltanto tramite la
domanda autonoma.
Dal punto di vista della contabilità nazionale, l’andamento delle
variazioni delle scorte (computate negli investimenti) fa in modo che
possa sempre essere rispettata l’identità tra domanda e produzione ma
ciò non implica che la domanda ottimale coincida con la produzione
ottimale.
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Il moltiplicatore keynesiano
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Chiediamoci come varia il livello di reddito di equilibrio al variare
della domanda autonoma, ΔYeq=ΔD0/[1-c(1-t)+m]
Dato che 1/ [1-c(1-t)+m]>1, un aumento della domanda
autonoma determina un maggiore incremento del reddito di
equilibrio. Questo principio è noto come moltiplicatore
keynesiano che è rappresentato dalla frazione 1/ [1-c(1-t)+m].
Cerchiamo di dare una spiegazione economica a tale principio.
Supponiamo che un’economia si trovi in equilibrio
macroeconomico EI e, ad esempio, aumenti la spesa pubblica
da G0 a G’0. La domanda aggregata aumenta del medesimo
ammontare passando al punto 1. Le imprese vorranno produrre
il nuovo quantitativo domandato e aumenteranno la produzione
in maniera uguale all’aumento di spesa pubblica passando dal
punto 1 al punto 2.
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L’aumento di produzione si traduce in aumento di reddito
distribuito incrementando la domanda e quindi i consumi delle
famiglie. In corrispondenza del reddito associato al punto 2 la
domanda aggregata diventa quella associata al punto 3.
Il punto 3 rappresenta una situazione in cui la domanda è in
eccesso rispetto la produzione che aumenterà fino al nuovo
equilibrio EF.
Il moltiplicatore è un processo dinamico che condurrà ad un
nuovo reddito di equilibrio che sarà maggiore dell’aumento di
domanda autonoma che lo ha generato. La produzione aumenta
non solo per far fronte all’aumento della domanda autonoma ma
anche a causa dell’aumento dei consumi indotti dalla maggiore
produzione e reddito.
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Affinché l’aumento abbia luogo si deve avere che
– Trascorra tempo
– L’aumento della componente autonoma della domanda sia
permanente
– L’economia non si trovi in pieno impiego delle risorse
Il moltiplicatore sarà tanto maggiore
– Quanto maggiore è la PMC
– Quanto minore è l’aliquota di imposizione
– Quanto minore è la propensione marginale all’importazione.
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Consideriamo 2 economie identiche in tutto tranne che per la PMC
che è bassa in B ed alta in A. A fronte della medesima variazione
iniziale di una componente autonoma di consumo quale delle due
economie avrà la maggiore variazione di reddito?
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Vi possono essere effetti demoltiplicativi?
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Confronto tra aumento di spesa pubblica e dei
trasferimenti
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Focalizzando la nostra attenzione sulla spesa pubblica abbiamo
ΔYeq=ΔG0/[1-c(1-t)+m], mentre nel caso dei trasferimenti si ha
ΔYeq=(c*ΔTR0)/[1-c(1-t)+m].
• Dato che c<1 si ha che 1/[1-c(1-t)+m]> c/[1-c(1-t)+m], cioè
l’effetto moltiplicativo della spesa pubblica è maggiore
dell’effetto dei trasferimenti.
• Il motivo risiede nel fatto che l’intero aumento di spesa pubblica
diviene un aumento della domanda; mentre l’impatto di un
aumento dei trasferimenti di pari entità sarà in parte
depotenziato dalla propensione marginale al consumo.
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Il modello a prezzi fissi con tasso d’interesse
endogeno
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Ci concentreremo adesso sugli effetti che il tasso d’interesse
può avere sul reddito macroeconomico di equilibrio con
particolare attenzione al mercato dei beni. Tale relazione prende
il nome di curva IS
La derivazione analitica di tale curva è immediata considerando
la condizione di equilibrio nel mercato dei beni e risolvendola
per r, r=(1/h)[C0+c(TR0-T0)+I0+G0+NX0]-(1/h)[c(1-t)-m]Y.
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Tale espressione può essere riscritta come r=(1/h)A0-[(1/h(1/α)]
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Tale espressione corrisponde ad una retta nello spazio tasso
d’interesse/reddito
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Tutti i punti che giacciono lungo la IS rappresentano
combinazioni reddito/tasso d’interesse che assicurano
l’equilibrio nel mercato dei beni.
Tutti i punti al di sopra della curva IS rappresentano
combinazioni reddito/tasso d’interesse a cui corrisponde una
carenza di domanda (o di offerta) di beni.
– Il tasso d’interesse sarà eccessivo e vi sarà una carenza di
investimenti rispetto quelli ottimali.
Tutti i punti al di sotto della IS rappresentano combinazioni
reddito/tasso d’interesse a cui corrisponde un eccesso di
domanda di beni
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Osservazioni sulla curva IS
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La sua posizione dipende da (A0/h), ossia dalla sua intercetta.
Maggiore è la domanda autonoma, maggiore sarà l’intercetta della IS.
Dal punto di vista economico, incrementi delle componenti autonome
della domanda causano uno spostamento verso destra della curva IS.
L’inclinazione della curva è data da -1/[h(1/α)]. A valori sempre
maggiori del tasso d’interesse corrisponderanno valori sempre minori
del tasso d’interesse e, quindi, del reddito di equilibrio.
Quanto più gli investimenti sono sensibili al tasso d’interesse (h), tanto
più piatta sarà la curva IS. Tale aspetto è illustrato dalla figura 17.6
dove si descrivono due curve IS relative ad economie identiche in tutto
salvo per la diversa sensibilità alle variazioni del tasso d’interesse.
Quanto maggiore è il moltiplicatore, tanto più piatta sarà la curva IS.
– Quanto maggiore è la PMC tanto più piatta sarà la IS.
– Un’economia con un’aliquota di imposizione elevata presenterà
una curva IS molto ripida.
– Un’economia aperta presenterà una curva più ripida di
un’economia aperta.
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Curva LM
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La curva LM rappresenta tutte le combinazioni reddito/tasso
d’interesse che sono compatibili con l’equilibrio nel mercato della
moneta, cioè quando la domanda di moneta è uguale all’offerta
di moneta.
L’offerta di moneta è data dall’insieme di tutti i mezzi di
pagamento a disposizione di una collettività. Dipende dalle
scelte dell’autorità di politica monetaria e dal comportamento
degli operatori. Momentaneamente sarà considerata come
esogena, MS= M anche se ne considereremo il valore reale, M /P
La domanda di moneta viene effettuata per 3 motivi: transattivo
(proporzionale al volume degli scambi), speculativo (impiego in
titoli o ricchezza reale), precauzionale (far fronte agli imprevisti).
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Per capire meglio la componente speculativa bisogna fare
riferimento alla remunerazione associata alla moneta con quella
associata ad investimenti alternativi. La moneta non dà luogo ad
interesse nominale né varia il proprio prezzo ma tiene costante il
suo valore nominale.
Il costo-opportunità di detenere moneta è rappresentato dal
saggio d’interesse associato ai titoli (rendimento in conto
corrente ed in conto capitale). Quanto maggiore è il tasso
d’interesse tanto più sarà costosa la scelta di detenere moneta
e quindi tanto minore sarà la domanda di moneta.
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La domanda di moneta complessiva MD è quindi una funzione crescente del
reddito e decrescente del tasso d’interesse, MD=L0+l1Y-l2r, L0>0, l1>0, l2>0.
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I parametri l1 ed l2 rappresentano la sensibilità della domanda di moneta a
reddito e tasso d’interesse.
Per descrivere graficamente tale funzione possiamo ipotizzare un dato livello di
reddito, cui è associato un determinato quantitativo di moneta per scopo
transattivo; a tale quantitativo si aggiunge l’ammontare detenuto a scopo
speculativo, influenzato dal tasso d’interesse.
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Quando il tasso d’interesse è eccessivamente basso, nessuno
vorrà impiegare la propria dotazione in titoli e quindi avremo una
domanda di moneta infinitamente elastica ed illimitata. Keynes
definì tale situazione la trappola della liquidità.
Qualcosa di simile si è verificato in Giappone negli anni novanta
quando il tasso d’interesse nominale dei titoli del debito pubblico
è stato dello 0,02%.
La figura 17.7 mostra anche che se aumenta il tasso d’interesse
la domanda di moneta diminuirà spostandoci lungo la curva. Se
aumenta il reddito invece ci troveremo su di una nuova curva di
domanda di moneta.
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Consideriamo simultaneamente la domanda e l’offerta di
moneta. In corrispondenza dell’intersezione di tali curve avremo
l’equilibrio nel mercato della moneta.
Posto che l’equilibrio avvenga nel tratto inclinato della curva di
domanda di moneta, il tasso di interesse di equilibrio si
stabilisce sul mercato e un’espansione nell’offerta di moneta
comporta un abbassamento del tasso d’interesse di equilibrio.
Un aumento di offerta di moneta renderà più appetibile
l’acquisto di titoli finanziari alternativi. Tale desiderio genera un
eccesso di domanda sul mercato dei titoli che avrà come effetto
un aumento del prezzo. A questo punto diminuirà anche il loro
rendimento (tasso d’interesse).
Secondo l’ipostazione monetarista (Chicago School of
Economics) la moneta può essere scambiata con tutti gli altri
beni (non soltanto con titoli) e quindi l’aumento dei prezzi
interesserà tutti i mercati (inflazione).
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Se aumenta il reddito allora la domanda di moneta si sposterà
verso destra ed il tasso d’interesse aumenterà. Un maggior
reddito causa un maggiore richiesta di moneta da parte degli
operatori; l’aumento di moneta a scopo transattivo diminuisce la
quantità disponibile per speculazioni.
Gli operatori che perseguono il fine speculativo dovranno
vendere i loro titoli per avere liquidità e l’eccesso di offerta sul
mercato dei titoli ne ridurrà il prezzo con il conseguente
aumento del tasso d’interesse.
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La Curva LM
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Un’interpretazione alternativa dell’equilibrio nel mercato della
moneta p fornita dalla curva LM che rappresenta il luogo delle
combinazioni di reddito e tasso d’interesse che assicurano
l’equilibrio sul mercato della moneta per una data offerta di
moneta.
Dalla condizione di eguaglianza tra domanda ed offerta di
moneta (M /P) = L0 + L1Y " L2 r esplicitando per r otteniamo
1
l1
r = [ L0 " (M /P)] + Y
l2
l2
!
!
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Il coefficiente angolare è l1/l2 ed indica che, data l’offerta di
moneta, se aumenta il reddito allora deve aumentare anche il
tasso di interesse.
– A seguito di un aumento del reddito, aumenta la
componente transattiva. Se l’offerta è costante, dovrà
diminuire la componente speculativa tramite un aumento del
tasso di interesse.
L’intercetta sarà più bassa se aumenta l’offerta di moneta.
Quindi la curva LM si sposterà verso destra.
– Partendo da un punto di equilibrio sulla LM, a seguito di un
aumento di offerta di moneta per un dato valore del tasso di
interesse deve aumentare il reddito per essere sicuri che
l’incremento di offerta venga assorbito dalla domanda.
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Consideriamo due casi limite relativamente all’inclinazione della
LM.
– Se l1=0 e l2
∞ allora l’inclinazione della LM tende a zero
cioè LM tende a diventare orizzontale (trappola della
liquidità)
– Se l2=0 e l1
∞ allora l’inclinazione della LM tende ad
infinito e la curva è verticale (caso classico che esclude la
componente speculativa).
•
In conclusione, l’inclinazione è orizzontale in corrispondenza di
tassi d’interesse bassi; poi assume un’inclinazione standard
positiva; infine per valori del tasso d’interesse elevati assume
un’inclinazione verticale.
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Il sistema IS-LM: gli effetti della politica economica
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Per considerare l’equilibrio simultaneo nei due mercati
dobbiamo utilizzare sia la curva IS che la LM.
Ragioneremo circa gli effetti delle politiche economiche
considerando i prezzi costanti, ipotizzando che l’economia
possa produrre qualunque quantità che possa condurre
all’equilibrio nel mercato dei beni senza che ciò influenzi i prezzi
e escludendo le ripercussioni con l’estero.
Le politiche fiscali espansive (restrittive) spostano la IS a dx
(sx); le politiche monetarie espansive (restrittive) spostano la LM
a dx (sx).
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Consideriamo l’equilibrio sul mercato dei beni e della moneta E0.
Supponiamo che venga attuata una politica fiscale espansiva, ferme
restando le altre varabili.
Tale politica comporta un aumento della domanda autonoma
spostando la curva IS verso destra. Il nuovo punto di equilibrio sarà
caratterizzato da un reddito di equilibrio maggiore e da un tasso di
interesse di equilibrio maggiore rispetto quello di partenza.
La domanda autonoma aumenta inducendo le imprese ad aumentare
la produzione e quindi un maggiore reddito. Se il tasso di interesse
rimanesse costante il sistema economico si fermerebbe nel punto H.
L’aumento di reddito ha ripercussioni anche sul mercato della moneta
aumentando la domanda di moneta a scopo transattivo. Non variando
l’equilibrio nella moneta, avremo un eccesso di domanda che sarà
assorbito soltanto tramite un aumento del tasso d’interesse.
Tale aspetto causa una diminuzione della domanda di investimenti e
quindi una diminuzione del reddito di equilibrio.
Se il tasso d’interesse fosse rimasto constante avremmo avuto un
maggiore aumento di reddito di equilibrio. Il passaggio da H a Ef
risponde al fenomeno dello spiazzamento.
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L’effetto sul reddito di una medesima politica fiscale è anche
influenzato dai comportamenti sul mercato della moneta.
Immaginiamo che i due paesi differiscano soltanto circa l’inclinazione
l1/l2 che è alta in A e bassa in B. In altri termini in A la domanda di
moneta a scopo speculativo è molto sensibile al tasso d’interesse a
differenza di B. La curva LM in A è più ripida che in B. Infine, l’effetto
espansivo sarà maggiore in B.
A seguito della politica fiscale aumenta la domanda, la produzione, il
reddito e la domanda di moneta per scopo transattivo nello stesso
modo nei due paesi. Per mantenere l’equilibrio nel mercato della
moneta la componente per scopo speculativo deve diminuire. Nel
paese A deve aumentare di molto causando una forte contrazione nella
domanda di investimenti, un forte effetto spiazzamento ed un minore
incremento di reddito
Quanto più è sensibile la domanda di moneta al tasso d’interesse, tanto
più efficace risulterà una politica fiscale espansiva.
La politica fiscale espansiva ha la sua massima efficacia sul reddito
quando il sistema si trova in trappola di liquidità (no spiazzamento).
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Politica monetaria espansiva
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Se l’intersezione tra IS ed LM avviene nel tratto inclinato
positivamente allora una politica monetaria espansiva comporta
un aumento del reddito di equilibrio ed una riduzione del tasso
d’interesse.
Un aumento di offerta di moneta spinge gli operatori a
domandare titoli. L’eccesso di domanda causa un
abbassamento del tasso d’interesse. Tale variazione si
ripercuote sul mercato dei beni con un incremento della
domanda di investimenti. Quindi si ha un aumento della
produzione e del reddito.
Anche in questo caso l’entità degli spostamenti dipende dal
comportamento degli operatori sul mercato dei beni.
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L’effetto sul reddito di una medesima politica monetaria
espansiva sarà tanto maggiore quanto più la curva IS è piatta.
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Quando aumenta l’offerta di moneta si giunge ad una
diminuzione del tasso d’interesse; questo comporta sul mercato
dei beni un aumento degli investimenti. A questo punto i
consumi indotti crescono maggiormente dove più grande è il
moltiplicatore generando un maggiore prodotto e reddito.
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Se l’economia si trova nella trappola della liquidità, la politica
monetaria risulta totalmente inefficace sul reddito di equilibrio.
Partendo dal punto di equilibrio E, l’aumento di offerta di moneta
comporta uno spostamento della curva LM verso destra. Il punto
di equilibrio rimane tuttavia E.
Il tasso d’interesse iniziale si trova già a livello tale che nessun
operatore può aspettarsi un ulteriore diminuzione e quindi
investire in titoli. Essi vorranno detenere tutta la moneta offerta
annullando ogni possibile effetto su reddito e tasso d’interesse.
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Effetti di una politica fiscale congiunta ad una
politica monetaria
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Nel mondo reale tali strumenti vengono usati in maniera
congiunta. Reagan negli anni ‘80 mise in atto una politica fiscale
espansiva (- imposte) ed una politica monetaria restrittiva. Per
vederne gli effetti consideriamo lo spostamento della IS e della
LM. L’equilibrio passa da E ad E’ causando un aumento del
tasso d’interesse mentre l’effetto sul reddito è ambiguo.
Infatti gli effetti sul reddito sono contrapposti, la politica fiscale
aumenta il reddito di equilibrio mentre la manovra monetaria
restrittiva lo diminuisce.
Un altro tipo di intervento può prevedere politiche fiscali e
monetarie espansive. L’equilibrio porta ad un maggiore reddito
mentre l’effetto sul tasso d’interesse è ambiguo. In questo caso
si parla di politica accomodante dell’autorità di politica
economica.
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Considerando le equazione della IS e della LM è possibile
derivare analiticamente il reddito di equilibrio.
1
Y=
l2 A0 + h(M /P # L0 )]
[
(l1h + l2" )
•
!
A seguito di una variazione della componente autonoma della
domanda avremo il seguente effetto sul reddito,
"Y =
1
"A0
$
l1 '
&# + h )
l2 (
%
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Il moltiplicatore appena ricavato è minore di quello keynesiano
poiché questo non prende in considerazione il mercato della
moneta.
– Infatti un aumento della domanda autonoma comporta un
aumento del tasso d’interesse mettendo in moto l’effetto
spiazzamento per cui l’effetto moltiplicativo sul reddito sarà
più contenuto di quanto sarebbe stato se non si fosse
considerato l’effetto sul mercato della moneta
In caso di l1=0 i due moltiplicatori coincidono.
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La curva PPE - modello con prezzi e quantità
endogeni
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Possiamo ora chiederci cosa succederebbe all’interno del
modello IS-LM se si verificasse una variazione esogena dei
prezzi.
Il luogo dei punti che rappresentano combinazioni prezzi/reddito
che assicurano l’equilibrio al mercato dei beni e della moneta
prende il nome di PPE (prezzo-prodotto di equilibrio).
A seguito di un aumento dei prezzi domestici si avrà una
contrazione della quantità di moneta reale offerta (spostamento
a sx della LM) ed effetti restrittivi su consumi ed esportazioni
nette (spostamento a sx della IS).
L’effetto finale è una riduzione del reddito di equilibrio.
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La curva di offerta aggregata
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Rimuoviamo l’ipotesi che le imprese siano disposte a produrre tutto
quanto viene loro domandato senza valutare l’effetto sui prezzi.
Per ottenere la curva di offerta aggregata nel modello di breve periodo
si parte dal mercato del lavoro. Dato lo stock di capitale dato, la
produzione dipende soltanto dal numero di lavoratori occupati Y=Y(N).
Il numero di lavoratori occupati si determina tramite l’interazione tra
domanda ed offerta di lavoro: ND=f(W/P) con f’<0; NS=g(W/Pe), con
g’≥0. In corrispondenza dell’occupazione di equilibrio si determina il
livello di produzione.
Supponiamo un aumento del livello dei prezzi. Si avrà uno
spostamento della domanda di lavoro verso l’alto. L’effetto sull’offerta
dipende da Pe. Supponendo Pe=θP, si possono distinguere 3 casi
riportati in figura 17.16
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a) I prezzi attesi non variano al variare del livello generale dei prezzi, cioè
θ=0. La domanda di lavoro si sposta verso l’alto, mentre la curva di
offerta non si sposta. Avremo un salario nominale più elevato e con un
numero maggiore di occupati. Non percependo l’aumento dei prezzi i
lavoratori scambiano un aumento di salario nominale con uno reale.
Aumentano il lavoro offerto, le imprese aumentano il lavoro
domandato. Si ha la totale illusione monetaria.
b) I prezzi attesi variano nella stessa misura dei prezzi, cioè θ=1. I
lavoratori non soffrono di illusione monetaria. La curva di offerta si
sposta verso l’alto di una quantità uguale rispetto la curva di domanda.
I prezzi sono aumentati, i prezzi attesi sono aumentati nella stessa
misura così come il salario nominale.
c) I prezzi attesi variano in misura meno che proporzionale rispetto
l’aumento dei prezzi, cioè 0<θ<1. Si ha una parziale illusione
monetaria e l’offerta di lavoro si sposta in misura più limita rispetto la
domanda.
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Ai 3 casi discussi corrispondono 3 diverse curve di offerta
aggregata.
a) Nel caso di completa illusione monetaria dei lavoratori a seguito
di aumento di prezzi aumenta l’occupazione e la produzione.
Pertanto l’OA ha un’inclinazione positiva e un aumento dei
prezzi conduce a un aumento dell’offerta.
b) In caso di assenza di illusione monetaria, in seguito ad una
variazione dei prezzi non si modifica l’OA ed è verticale.
c) Nel caso di parziale illusione, la OA ha inclinazione positiva
anche se più rigida che non nel caso di totale illusione.
• Quanto più precisamente i prezzi attesi dai lavoratori si
adeguano ai veri prezzi correnti dei beni, tanto più rigida sarà la
curva di offerta aggregata.
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I neoclassici ritengono che i lavoratori non soffrano di illusione
monetaria e quindi l’OA è verticale.
I Keynesiani ritengono che i lavoratori soffrano almeno in parte
di illusione monetaria e quindi l’OA dovrebbe essere
positivamente inclinata.
Realisticamente si può sostenere che per bassi livelli di
produzione e di prezzi, la curva di offerta aggregata sia
abbastanza piatta; successivamente diventa sempre più
inclinata sino ad assumere un’inclinazione verticale per livelli di
prezzi e produzione elevati.
La 17.18b è una versione più semplificata: per livelli di
produzione inferiore al pieno impiego le imprese producono
qualsiasi quantitativo mentre successivamente al pieno impiego
ulteriori aumenti di prezzo sono irrilevanti.
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Il modello AD-AS
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Possiamo mettere insieme la curva di domanda aggregata PPE
e la curva di offerta aggregata.
Supponiamo il verificarsi di uno shock espansivo di domanda la
cui entità dipende dall’entità della manovra di politica messa in
atto.
In un’ottica keynesiana lo shock espansivo di domanda porta ad
un incremento sia del reddito di equilibrio sia del livello generale
dei prezzi. L’aumento è è inferiore a quello che si realizzerebbe
se i prezzi rimanessero costanti.
In un’ottica neoclassica lo shock espansivo di domanda non ha
alcun effetto sul livello della produzione e del reddito di equilibrio
ed incide sul livello dei prezzi.
Quanto più ripida è la curva OA tanto minore risulterà l’efficacia
di politiche di domanda sul livello del reddito di equilibrio.
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Per i keynesiani le politiche espansive di domanda sono efficaci
nel determinare un aumento della produzione di equilibrio; per i
neoclassici le politiche espansive di domanda sono destinate ad
aumentare i prezzi senza avere effetti sulle variabili reali.
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La differenza si basa sulle diverse ipotesi su come i prezzi
rilevanti per i lavoratori si adeguino ai prezzi effettivi.
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Nel caso di shock del lato di offerta, per ogni possibile livello di
prezzo, l’output ottenuto è maggiore e la curva OA si sposta a
dx.
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