Malattie del sangue 14-03-2007 - Digilander

Malattie del sangue
Prof. LAROCCA
14-03-2007
ore 14,00-17,00
Il prof. ha ripreso e concluso l’argomento della lezione scorsa (13-03) parlando di
SPLENOMEGALIE.
La milza può andare incontro ad aumenti di volume e di peso , definiti splenomegalia.Il peso
normale della milza va dai 120 ai 250g, con variazioni legate alla sua funzione, dato che essa
funziona da serbatoio e quindi può andare incontro a modificazioni fisiologiche abbastanza ampie ;
poiché fino a 350 g non è palpabile, sebbene si possa evidenziare ecograficamente come aumentata
di volume, ancora non si parla per questi valori di splenomegalia. Entriamo nell’ambito delle
splenomegalie da 500 g in sù; 500 g è il valore che permette di palpare una punta di milza sotto
l’arcata costale sx in inspirazione profonda.
Milze attorno ai 500-600 g sono quelle che si hanno nelle malattie infiammatorie croniche, le milze
autoptiche in persone morte per sepsi, il “tumore” di milza sia da congestione sia da attivazione
della polpa bianca.
A partire da 1 kg abbiamo splenomegalie importanti, la milza fuoriesce sotto l’arcata costale e
attorno a 1 kg e mezzo raggiunge l’ombelicale traversa. Sono queste le grosse splenomegalie che
diventano anche sintomatiche: dolore all’ipocondrio sx sia per il peso dell’organo sia per
associazione di microinfarti legati all’ingombro splenico.
Una milza aumentata notevolmente di volume può provocare la “sindrome da ipersplenismo”, con
citopenia periferica, riduzione dei GB, delle piastrine, dovute ad accumulo e consumo di tali cellule
da queste milze attivate.
CAUSE DI SPLENOMEGALIE:
 Circolatorie : sono le più frequenti. Si hanno in corso di patologie epatiche che
determinano stasi portale (cirrosi epatica), con notevole espansione della polpa rossa
splenica su base fibroso-congestizia; la trombosi della arteria splenica è causa di
splenomegalia acuta ( cause di trombosi splenica sono le malattie linfoproliferative
croniche, tipo la policitemia vera e la trombocitopenia essenziale , che possono dare come
primo sintomo proprio la trombosi splenica).
 Dismetaboliche . –amiloidosi splenica : accumulo di materiale proteinaceo che si può
osservare in corso di malattie croniche, come connettivopatie o TBC cronicizzata, oppure in
corso di malattie proliferative plasmacellulari (mielomi), ma la milza non è cmq sede
preferenziale di deposito di amiloide al di fuori di malattie infiammatorie croniche;
-Malattia di Gaucher:
-M di Neumann-Pick
deficit di enzimi lisosomiali delle cellule
-Istiocitosi blu-mare
istioidi con patologia da accumulo
Importante è la malattia di Gaucher, che ha 4 diverse modalità di espressione a seconda delle
mutazioni del gene (AR come trasmissione). Nella forma B il soggetto sopravvive abbastanza a
lungo e si hanno accumuli di tali istiociti in milza e midollo ( con splenomegalia e anemia).
 Infettive : -batteriche (Brucella, TBC)
-virali (mononucleosi: non causa mai una grande splenomegalia, ma i bambini con
infezione da EBV e splenomegalia sono da ritenere a rischio, perché si possono avere accumuli di
blasti trasformati dall’EBV, i quali si addensano e rompono l’architettura trabecolare. La milza
risulta indebolita pertanto anche traumi minimi possono causare rottura di milza ed emoperitoneo;
-malaria cronica
-Leishmaniosi viscerale(abbastanza frequente): causata da Leishmania donovani;
parassitosi abbastanza rara fino agli anni ’80, poi con l’ondata di HIV è divenuta di nuovo
endemica; abbiamo una milza in cui domina la polpa rossa con una grande quantità di istiociti e
presenza nel citosol di parassiti, si vedono caratteristici cluster di parassiti unicellari. La l. è una
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malattia grave perché causa ipersplenismo, anemia, febbre ( si pensa all’inizio al linfoma splenico e
poi attraverso biopsia midollare si ritrova la Leishmania).
 Malattie emolitiche : -sferocitosi (in cui la splenectomia è curativa perché si riduce la
distruzione delle emazia); la milza in questi casi è un “lago di sangue” con polpa rossa
iperplastica a scapito dellai polpa bianca.
 Malattie mielolinfoproliferative: -LMC (leucemia mieloide cronica) splenomeg a 6 kg
-mielofibrosi idiopatica
- leucemia a cellule capellute fino a 2-3kg con citopenia
-linfoma marginale splenico periferica ; vanno riconosciute e
distinte
-linfoma epato-splenico γδ (molto aggressivo, compare nei giovani
ed ha una sopravvivenza di pochi mesi)
-istiocitosi a cellule di Langherans ( cellula di Langherans che
prolifera e si accumula a livello splenico;nelle forme più aggressive dà splenomegalie)
-pseudotumore infiammatorio: presenta 1 o più noduli con
plasmacellule e cellule fusate, cellule infiammatorie , simula un tumore, ma nell’eziogenesi
abbiamo in reltà un’infezione da EBV delle cellule stremali.
 Splenomegalie epatiche : -cirrosi post-epatitica (HCV causa importante attivazione della
polpa bianca, stimolando il sistema B linfocitario)
-CBP e secondaria
 Splenomegalie primitive: -Sindrome di BANTI (anemia, insufficienza midollare,
ipertensione portale): attribuita ad un mal funzionamento del sistema che regola il calibro
dell’arteriola terminale; si ritiene vi sia un ipertono dello sfintere e quindi la maggior parte
del sangue non passa negli shunt, ma nel filtro splenico, con rallentamento del circolo.
 Sindromi neoplastiche: -cisti : 1. parassitarie (da Echinococco, presente sulle verdure non
lavate, sul pelo del cane che mangia ovini morti ospiti del parassita; queste cisti si
localizzano soprattutto a livello epatico, ma possono essere presenti nella milza. Tali cisti
hanno una membrana chitinosa, acellulata e Pas +, e una membrana proligera, cellulata, da
cui originano scolici, in grado di legarsi alla mucosa)
2.epiteliali (da incluso, epitelio pavimentoso stratificato)
- emangiomi capillari , singolo o multipli
-emangiomi a cellule litorali (cellule allungate che rivestono i
sinusoidi splenici e sono a metà tra l’istiocita e la cellula endoteliale)
-emangiosarcomi
- matestasi (soprattutto di tumori dell’epitelio di transizione, quindi
provenienti da vescica e rene).
I LINFOMI. Aspetti classificativi e principali quadri anatomo-clinici
PREMESSE MOLECOLARI
Struttura nucleare : perfettamente organizzata, con membrana nucleare, nucleolo, corpi PML e
separazione tra eterocromatina (addensata a ridosso della membrana nucleare) ed eucromatina,
dispersa e trascritta, in associazione con i corpi PML, che regolamentano la trascrizione genica ed il
normale processo di differenziamento della cellula emolinfopoietica in questo caso.
La trasformazione neoplastica vede un sovvertimento della struttura vista: addensamento
dell’eterocromatina in varie zone e spostamento verso il centro , nucleolo prominente, eucromatina
dispersa che dà un aspetto vescicoloso ai nuclei, compromissione corpi PML e presenza di
rientranze nucleari della membrana nucleare.
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Organizzazione della distribuzione del DNA: ciascun cromosoma è presente nel nucleo come
CONO tridimensionale, con alla periferia le bande G, ricche di AT, chiuse, povere di istone
acetilato,non trascritte durante l’interfase e sono le ultime ad essere replicate quando la cellula si
divide; le bande R, ricche di CG, di istone acetilato, aperte e trascritte, si distribuiscono nella parte
centrale del nucleo. Questa organizzazione spiega la frequenza delle traslocazioni cromosomiche
nelle malattie neoplastiche ematologiche, perché nello spazio ristretto dei nuclei delle cellule B e T
sono facili scambi di materiale. Su un numero di Science si è parlato di “minilaboratori di
cromosom” ravvicinati, in cui 3-4 geni sono trascritti contemporaneamente prendendo DNA da
diversi cromosomi.
Classificazione dei linfomi REAL (Europea ed Americana, 1994) e WHO (2001)
Già nel 1994 si è deciso di mettere da parte la classificazione morfologica dei linfomi, che poteva
dare confusione perché interpretata soggettivamente, per classificarli in base a caratteristiche
fenotipiche e citogenetiche: molte malattie neoplastiche ematologiche hanno marcatori citogenetici
che permettono di riconoscere quella patologia. Dal carattere transitorio di alcune classificazioni del
1994 si è passati a delle definizioni certe nel 2001.
Ad es. il linfoma della zona mantellare, B periferico, che nel passato era detto centrocitico diffuso:
esso derivava dai centri germinativi, ma aveva perso la capacità di formare follicoli tipici dei centri
germinativi ed era diffuso. La classificazione WHO definisce tale linfoma in base a fenotipo CD5+,
CD23-, iperespressione ciclica D1 e marcatore genetico del tutto specifico che fa fare diagnosi ed è
la traslocazione t(11;14) che determina iperespressione ciclica D1. Lo stesso fenotipo identifica la
variante “gattoide”, con cellule vescicolari più grandi e maggiore aggressività.
Una prima distinzione va fatta tra i linfomi Hodgkin (LH) e i linfomi non Hodgkin (LNH).
Questi ultimi si distinguono in linfomi a cellule precursori e linfomi a cellule mature; tuttavia la
classificazione WHO non si basa cmq sul grado di maturazione cellulare.(!!!)
LH = 25-30% di tutti i linfomi, sono quasi esclusivamente linfonodali (lfn), mentre i LNH sono sia
lfn che extra. Pertanto nei centri che fanno diagnosi attraverso biopsia solo sui linfonodi i LH
incidono per il 40%, dove si fa diagnosi cercando anche al di fuori dei lfn si diluisce la quota di LH.
LNH: -l. diffuso a grandi cellule B ( 33-40%)
-l.follicolare (12-22 %)
-l. della zona marginale (8-12%): gastroscopia e biopsia più frequenti
-l. T periferici (7-8%)
-l.a piccoli linfociti B/B-LLC (6,5-13%)
-l. a cellule mantellari (6-11%)
-l di Burkitt (2,5%)
-l. anaplatico a grandi cellule (2%).
Alcuni linfomi(i l. follicolare e mantellare) sono per nulla frequenti nella popolazione
mongolica(Cina, Giappone, sud-est asiatico), sono più frequenti i l.T.
Il l.follicolare tra tedeschi, inglesi, americani rappresenta il 22%, tra i latini il 12%. Il motivo di tali
diversità non è chiaro.
Le traslocazioni cromosomiche sono estremamente frequenti ed il cromosoma 14 è spesso chiamato
in causa nei linfomi B:su tale cromosoma c’è il gene delle Ig, che si trova ad essere partner di altri
geni trascritti dalla cellula B durante la trasformazione neoplastica.
Linfoma linfoblastico B
E’ una forma estremamente rara, giovanile, con età media di 20 aa. Rappresenta il 10% dei l.
linfoblastico, mentre quello T ne rappresenta il 90%.
Si localizza poco ai linfonodi, ma interessa soprattutto cute, tessuti molli, ossa.
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Si tratta di cellule con marker immaturi B: CD79a, Pax5 (fattore di trascrizione presente nel nucleo
delle cellule B, importante per il riarrangiamento del gene delle Ig;Pax5 compare precocemente
nella cell pre-proB e rimane fino allo stadio avanzato di cellule della memoria, scomparendo solo
nelle plasmacellule;CD10 (CALLA=Ag comune delle leucemie linfatiche acute), TdT (marcatore di
blasti immaturi). In queste forme la localizzazione cutanea e ai tessuti molli può precedere i segni di
malattia leucemica; a volte quando si fa biopsia ossea per la stadiazione si trova la coesistenza del
linfoma linfoblastico e della leucemia linfatica acuta.
Linfoma linfoblastico T
Più frequente di quello B; forma infantile, giovanile, più frequente nel maschio.
E’ molto caratteristica la localizzazione a livello del timo di questo tumore, con aumento di volume
dell’organo, “sindrome mediastinica”, con pericolo maggiore per i bambini, che hanno minori
capacità di compenso cardioreapiratorio. Il più delle volte si presente con caratteri di urgenza.
Possibili anche localizzazioni lfn o nelle ghiandole del collo.
Si tratta di linfociti T immaturi, con espressione di CD3cy, TdT, CD7 e possono avere il fenotipo
DP del timocita corticale CD4+/CD8+.
Le traslocazioni presenti coinvolgono: geni Myc, TAL1 e i geni del TCR; esse non hanno
significato prognostico.
Questo linfoma va trattato con la tp della leucemia linfoide e talvolta può addirittura evolvere in una
leucemia linfoide acuta T (quella a prognosi peggiore), ma anche una tp aggressiva non migliora la
prognosi.
Passando ai linfomi a cell B mature:
Linfoma a piccoli linfociti B / B-LLC (leucemia linfatica cronica)
Se non abbiamo una quota circolante parliamo di linfoma a piccoli linfociti B; dove sono presenti
elementi circolanti e midollari e non compaiono masse periferiche si parla di B-LLC.
Esistono soggetti con contemporanea presenza delle due entità di malattie.
Si tratta di un piccolo linfocita B che ha un fenotipo caratteristico: CD20+, CD5+ (marker T
linfocitario, ma presenteanche sulle cell B naive, prima che entrino nel centro germinativo); CD23+
(marcatore di attivazione linfocitario, è il primo che compare quando B incontra l’Ag), Ig di
membrana a basso titolo. Un marker istologico peculiare è la presenza di accumuli, formati da
prolinfociti e paraimmunoblasti (cell più grandi con nucleo vescicoloso, nucleato;sono le uniche
cellule che proliferano e proliferando originano i piccoli linfociti) che formano “centri di
proliferazione”(hanno l’aspetto di pseudofollicoli, ma in realtà abbiamo un tappeto di piccoli
linfociti(che non proliferano) attorno a cellule più grandi.
E’ un linfoma indolente e quindi al momento della diagnosi è una malattia sistemica, con
interessamento di più stazioni lfn, talvolta anche la milza e quasi costantemente anche il midollo
osseo.
La controparte normale della LLC-B o linfoma a piccoli linfociti B è la cell B naive, ma recenti
studi hanno distinto due forme: 1.linfociti B naive , che non hanno subito switch isotipico, né
mutazione somatica; 2. cell B della memoria, in cui abbiamo avuto switch isotipico e mutazione
somatica.
Se la sopravvivenza media è a 7 aa, nelle forme con linfociti naive è a 3 aa, in quelle con mutazione
somatica > 10 aa.
Il profilo citogenetica per le forme a prognosi negativa presenta:
-CD38, che tuttavia è un marker meno sensibile di aggressività, perché non sempre vi è relazione tra
iperespressione di CD38 e assenza di mutazione somatica (quindi prognosi peggiore);
-ZAP70 (il cui deficit causa deficit di CD8): è un fattore di trascrizione coinvolto nella mutazione
somatica delle Ig( se presente in elevate quantità abbiamo una inibizione della mutazione somatica,
se ZAP70 è down regolato si ha mutazione somatica. Perché se ZAP70 è presente ho una prognosi
peggiore perché non avviene mutazione;
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-trisomia 12 (presenza di cell più grandi)
-delezione(11q22-23)
leucemia linfatica cronica atipica,
a prognosi peggiore
Nel 4% dei casi abbiamo un’evoluzione in linfoma a grandi cell B (S. di Richter), soprattutto nelle
forme non mutate; nelle forme mutate l’evoluzione è più tardiva e non è dovuta ad una
modificazione della stessa cell leucemica che diventa più grande, ma è un’insorgenza ex novo di
linfoma a grandi cell B.
A livello genetico studi con Microarray permettono di distinguere le forme mutate o non mutate e di
differenziare la sopravvivenza rispettiva.
Linfoma della cellula mantellare
E’ necessaria una diagnosi differenziale con il linfoma a piccoli linfociti, del quale è più aggressivo,
persino della forma non mutata.
Per fare diagnosi differenziale è utile il seguente profilo citogenetica:
-CD5+
-CD23-iperespressione ciclica D1 per t(11;14) (evidenziata tramite FISH nel 70% dei casi; nel 30%
abbiamo microtraslocazioni di difficile evidenziazione.
Esiste una variante blastoide per mutazione di p53.
La controparte normale è rappresentata dalle cellule B naive CD23-.
E’ un linfoma dell’età avanzata, con picco verso i 60 aa e prevalenza netta nei M.
Sono coinvolti linfonodi e midollo (questo nel 75% dei casi, mentre nel l. a piccoli linfociti B nel
90%) e talvolta la milza, con splenomegalia, interessamento midollare e quota circolante
(comportamento
meno
aggressivo).
Per quanto riguarda l’interessamento extranodale abbiamo il coinvolgimento dell’anello di
Waldeyer (tonsilla linguale) e del grande intestino ( con poliposi linfomatosa colica).
Abbiamo un tappeto continuo di piccoli linfociti, con elevata crescita e senza aree chiare dei centri
di proliferazione;abbiamo atteggiamento nodulare, per provenienza dallo strato mantellare dei centri
germinativi da cui inizia l’espansione;scarsa presenza di cellT.
Leucemia prolinfocitica B
Può essere un’evoluzione della LLC-B o linfoma a piccoli linfociti.
E’ rara e quasi sempre riscontrata in età avanzata.
Vi è una netta iperleucocitosi ( GB > 100.000 mmc), presenza in circolo di prolinfociti (cellule con
nucleolo prominente, nucleo vescicolare.
Il fenotipo si caratterizza per la perdita di CD23, l’aumento delle Ig di membrana e la minoranza dei
casi con CD5 espresso.
Linfoma linfoplasmocitico
Raro, colpisce soprattutto gli anziani, con un’età media di 65 aa.
Midollo osseo interessato nella totalità dei casi. Possono associarsi linfoadenopatie e modeste
splenomegalie. Si tratta di una proliferazione a livello midollare di piccoli linfociti CD5-, che
tendono ad assumere tutti i caratteri del passaggio dalle cell B alle plasmacellule, con elementi
plasmacitoidi intermedi. In un agrande % di questi pz si osserva produzione clonale di IgM, con
ipergammaglobulinemia (IgM>3g)= “Macroglobulinemia di Waldenstrom”(infiltrato plasmacitoide
midollare ed aumento IgM), con sindrome da iperviscosità.
Linfoma follicolare
Non presenta grossissime problematiche diagnostiche poiché presenta strutture caratteristiche quali
i follicoli neoplastici. E’ molto frequente tra gli anglosassoni e quindi è uno dei linfomi più studiati
ed ha anche una classificazione clinica specifica.
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Raramente com+pare nei giovani, ma può essere presente in età giovanile, al contrario delle forme
precedenti, che erano praticamente assenti nei giovani. Ha un picco di incidenza verso i 55 aa; ha
una localizzazione che è prevalente a livello dei lfn, ma può coinvolgere anche la milza, l’anello del
Waldeyer, il GALT (anche se non frequente); più frequente è l’interessamento dei lfn mesenterici o
della radice del tripode celiaco, che possono poi estendersi sino alla parete intestinale.
L’interessamento del midollo è intorno al 50-55% al momento della diagnosi (essendo anche questo
un linfoma indolente alla diagnosi abbiamo cmq un interessamento sistemico, con una malattia al
IV stadio).
Tipicamente il l. follicolare è sempre composto da due tipi di cellule: 1. una cell più grande, che
corrisponde al centroblasto nella dark zone del lfn; 2. una cell più piccola, con nucleo
compatto,citoplasma più abbondante, che è il centrocita, presente nella light zone del lfn. Nei
follicoli neoplastici le due componenti sono mescolate e non separate nella dark o light zone.
La classificazione WHO distingue il l. follicolare in tre gradi, istopatologicamente, sulla base del
numero di cell grandi presenti ad alto ingrandimento:
- I grado: < 30% di cell grandi
-II grado: 30-70%
-III grado: > 70%.
Le casistiche hanno dimostrato che il grado III si comporta in maniera diversa dagli altri, quasi
come l. a grandi cell B.
Fenotipicamente le cell follicolari sono CD5-, CD23-, CD10+ (marcatore della leucemia linfatica
acuta, che marca anche le cell mature dei follicoli normali e di questi follicoli neoplastici), CD20+
ed hanno altri markers come il BCL-6. Si tratta di un importante fattore di trascrizione che
interviene nella formazione dei centri germinativi ed è espresso dalle cell follicolari; BCL-2 viene
espresso in maniera anomala dalle cell neoplastiche, perché non è espresso nei follicoli normali. Si
tratta di una proteina ad attività antiapoptotica, capostipite della famiglia bcl-2 delle proteine. Essa
si lega alla membrana mitocondriale ed antagonizza soprattutto l’azione della bax, impedendo la
formazione di canali con successivo rilascio del cyt c nel citoplasma ed attivazione della cascata
caspasica.
La BCL-2 positività nelle cell del l. follicolare è attribuibile alla traslocazione t(14;18), una delle
più studiate, che fa da marker di questo tipo di linfoma ( il gene della BCL-2 si trova sul
cromosoma 18 ed in seguito alla traslocazione si avrà iperespressione della BCL-2).
La t(14;18) si riscontra nel 75% dei l. follicolari (in cui si possono avere 2 tipi diversi di
traslocazioni di BCL-2); il 25% sono BCL-2 -.
E’ più frequente l’assenza della traslocazione nelle forme di grado III; un’eccezione è data dai l.
follicolari della cute, dove i follicoli sono BCL-2-, ma prognosi è favorevole e la tp prevede
l’escissione locale e la radioterapia.
I follicoli comprimono e chiudono i seni midollari e sottocapsulare, sono molto voluminosi e spesso
manca la corona linfocitaria; non si riescono a distinguere bene la zona chiara e quella scura e si
perde la normale polarizzazione.
Ki67 marca le cell proliferanti e dimostra la presenza di una attività proliferativa più dispersa, non
polarizzata e minore di quella del follicolo normale.
La WHO divide il grado III in A, B (con clusters di blasti, foema più aggressiva che si tende a
trattare come un l. a grandi cell B) e C (a grandi centrociti).
Nel 35% dei casi si ha evoluzione a l. a grandi cell, dipendentemente dal grado del l. follicolare.
Linfoma della zona marginale extranodale tipo MALT
La classificazione WHO distingue :
 Il l. della zona marginale tipo MALT (forma più frequente)
 Il l. della zona marginale nodale
 Il l. della zona marginale splenico.
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Il l. della zona marginale tipo MALT ha una frequenza in aumento di anno in anno. > 50% di questi
l. si localizza allo stomaco.
Colpisce l’età adulta con un picco intorno ai 60 aa.
Si ha una proliferazione dei piccoli linfociti della zona marginale con aggressione della mucosa e
dei centri germinativi dei follicoli secondari.(Segni istologici fondamentali per farne diagnosi).
Si tratta di immunoproliferazione del piccolo intestino con forte tendenza alla differenziazione
plasmacellulare.
Oltre che lo stomaco possiamo avere coinvolgimento del duodeno, del colon (più interessato dal l.
mantellare).
Distretti che seguono il tubo digerente sono il polmone( in cui abbiamo il BALToma), testa e collo
(ghiandole parotidi e la tiroide), annessi oculari, cute e mammella.
Per lo più sono forme localizzate alla diagnosi, con interessamento midollare non elevato (30%),
solo in una minoranza dei casi abbiamo coinvolgimento sistemico alla diagnosi (10%).
Una caratteristica di questi l. è quella di originare sempre in sede mucosale, anche in caso di
recidive.
La diagnosi è più facile quando abbiamo la biopsia di un tessuto ghiandolare: il coinvolgimento
delle paratiroidi viene rilevato dalla grande presenza di cell B (CD20+), di residui follicolari con la
cheratina che forma i cosiddetti “isolotti mioepiteliali”.
Talvolta si può distinguere un processo iperplastico della mucosa da un processo neoplastico solo
tramite biologia molecolare( PCR ed analisi della clonalità linfocitario).
Questi l. tipo MALT sono nella > parte dei casi preceduti da storia di flogosi cronica che può avere
carattere A.I. :frequente soprattutto nelle gh. salivari e lacrimali (S Sjrogen), nella tiroide ( tiroidite
di Hashimoto), nella gastrite cronica da Hp (lesione prelinfomatosa oltre che precancerosa).
Dal punto di vista molecolare abbiamo una traslocazione t(11;18) con formazione di un trascritto di
fusione API2-MLT (con attività antiapoptotica) presente nel 25% dei casi.
Si tratta di linfociti B post- centro germinativo con varie alterazioni genomiche:
-t(11;18)
-t(1;14), che causa iperespressione di BCL-10.
Tali traslocazioni, che derivano dalla stimolazione cronica di Hp, danno vita a forme stabili che
continuasno a proliferare indipendentemente da Hp.
Nella > parte dei casi però non abbiamo traslocazioni: in questi casi in seguito a stimolazione
cronica da parte di Hp si ha instabilità, dovuta trisomia 3 o 18, oppure all’allele imbalance, o al
fenotipo mutilato. Come esito si selezionano cloni con vantaggio proliferativo.
Senza Hp (stimolo che fa proliferare le cell) le cell vanno incontro ad apoptosi; pertanto se agiamo
in tempo con gli antibiotici per eradicare l’Hp possiamo far regredire il linfoma.
Se non agiamo in tempo continua la stimolazione e l’instabilità e si potranno avere mutazioni più
importanti, come danni a p53. In questo caso non è sufficiente la tp antibiotica, ma si procede con
chemiotp o chirurgia.
Linfoma della zona marginale nodale
E’ estremamente raro. Patologia principalmente linfonodale con pattern di crescita marginale
specifico: linfociti B con nucleo olivato e citoplasma poco colorato. Non abbiamo traslocazioni o
anomalie cromosomiche.
Si presentano con linfoadenopatia periferica (sopra e sotto il diaframma) e interessamento midollare
non frequente. Sono simili come prognosi ai l. follicolari.
Linfoma della zona marginale splenico
Relativamente raro (prima lo era, oggi la classificazione WHO lo descrive più frequente).
Può essere associato ad un virus (HCV si lega al recettore CD81 sul linfocita B ed oltre ad
epatopatia si hanno manifestazioni di iperimmunità come la “crioglobulinemia mista essenziale” o i
“linfomi”.
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Curando l’infezione da HCV si può avere regressione del linfoma.
Si ha un picco verso i 50 aa. Splenomegalia, anemia e piastrinopenia.
L’interessamento del midollo è frequente e in >50% dei pz in circolo si ha un acomponente
leucemica ( si hanno linfociti villosi) e un possibile picco monoclonale.
Si tratta di proliferazione dei linfociti della zona marginale splenica, con carattere espansivo e
presenza di differenziazione plasmacellulare.
Fenotipicamente si hanno cell CD5-, CD10-,CD25-.
Si distinguono forme con linfocita pre-centro germinativo ( IgD+) e forme con linfocita post-centro
germinativo (IgD-). Ig D fa da marker utile per la diagnosi.
Nel 40% dei casi abbiamo perdita di 7q21-31, marcatore molecolare che si associa alla perdita
dell’espressione della CDK ( soprattutto in IgD+).
La milza presenta multinodularità a carico della polpa bianca con dislocazione della polpa rossa.
Leucemia a cellule capellute
Rappresenta solo il 2% delle leucemie linfoidi (abbastanza rara); età media 55aa e più presente nei
M (5:1).
Si tratta di linfocitiB post-centrogerminativo, con notevole espressione di Ig di membrana.
Si ha splenomegalia marcata, citopenia (soprattutto piastrinopenia e monocitopenia) e presenza in
circolo di linfociti capelluti.
Marcatori istochimici: CD11c, CD25(IL-2R), CD103 (più costantemente presente), FMC7,
positività per l’annessina1 (marker cellule capellute), positività per la fosfatasi acida tartrato
resistente. Questi marcatori sono assenti nel l. marginale splenico e ne permettono diagnosi
differenziale.
Risponde alla tp con IFN-α2b o 2-clorodeossicitidina nel caso in cui si sviluppi resistenza al primo;
non si ricorre a splenectomia o chemioterapia (come si fa, invece, nel linfoma della zona marginale
splenico).
I linfociti presenti nella polpa rossa formano “pseudosinusoidi” (cell CD20+ si organizzano a mo’
di parete sinusoidale).
PROLIFERAZIONI PLASMACELLULARE
Danno origine ai mielomi, alle ipergammaglobulinemie. Possono avere sedi particolari extraossee:
linfonodi (sovvertiti nella loro architettura ad opera di una proliferazione plasmacellulare di
elementi clonali λ positivi), laringe.
BCL-6
La formazione del centro germinativo, con switch isotipico delle Ig e mutazione somatica, prevede
l’espressione di BCL-6 e la perdita di BCL-2. BCL-6 è fondamentale perché da un lato,
direttamente, agisce sul promoter di p53, inibendone l’espressione e la funzione, sia indirettamente,
tramite Miz1, bloccando l’espressione di p27. Ciò permette la formazione del centro germinativo
perché, in caso contrario, dopo il break del DNA per lo switch isotipico si avrebbe apoptosi delle
cellule. P53 altrimenti correggerebbe lo switch isotipico: BCL-6, invece, è in equilibrio con p53;
infatti, finché il break del DNA viene riparato e dà origine ad un arrangiamento funzionale, si
soppressione di p53, quando il riarrangiamento non è corretto BCL-6 si fa da parte.
BCL-6 contribuisce anche a mantenere il fenotipo delle cell del centro germinativo in quanto tiene
inibito PLIMP1 (? ) e IRF4, e assieme a Pax5 (che inibisce IRF4), conservano la natura della
cellula germinativa.
Quando la cell viene spinta alla differenziazione in plasmacellula si ha downregolazione sia diPax5,
sia e soprattutto di BCL-6, perché ↓BCL-6→ ↑ PLIMP1→il quale inibisce Pax5 e si attiva così
IRF4, che interviene nelle modificazioni della cell che diventa plasmacellula ( cessa di proliferare e
sintetizza Ig).
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Linfoma diffuso a grandi cellule B
Colpisce l’età adulta avanzata, con un picco a 70aa, ma si trovano anche in età infantile e giovanile.
Si ha una proliferazione diffusa (non conosce strutture nodulari o follicolari) di cell molto grandi,
con fenotipo B maturo. Si può localizzare ovunque, sedi nodali o extra: cervello (in cui non
abbiamo tessuto linfatico, tuttavia un sottotipo di questo linfoma si localizza specificamente a
questo livello), cuore, rene.
Abbiamo una crescita esplosiva, molto rapida (diventa una massa grossa in poche sett) e al
contrario dei linfomi indolenti dà subito segno di sé; pertanto al momento della diagnosi è molto
raro l’interessamento midollare o di altri linfonodi.
Nella quasi totalità dei casi alla diagnosi è allo stadio I, localizzato, ma è estremamente aggressivo;
va trattato e c’è il rischio che non risponda al trattamento o che dia recidive.
Nel 50% dei casi abbiamo mutazione di BCL-6 :
-t (3;14):iperespressione di BCL-6(nella minoranza dei casi);
-ipersensibilità del promotore di BCL-6 ai fattori di trascrizione;
-20-30% dei casi abbiamo t(14;18): forse per le forme derivanti da un’evoluzione del linfoma
follicolare.
Uno studio recente con microarray ha permesso di distinguere tre sottotipi diversi di l. a grandi
cellB: 1. iperespressione di BCL-6 (derivazione centro germinativa); 2. iperIRF4 e pathway della
cell di trasformazione plasmacellulare ( sottotipo attivato); 3. forma intermedia.
Le curve di sopravvivenza sono sovrapposte tra intermedio e attivato, mentre si ha divergenza del
germinativo, con sopravvivenza a 5aa <50% nelle forme attivate e >60% nelle forme germinative.
La milza presenta interessamento blastiforme, con noduli di cell blastoidi.
Una variante solo istologica è il l.a grandi cellB ricco in cellT : >75% cell sono piccoli linfociti
T che circondano blasti di cell B.
Vere varianti del l.a grandi cell B sono:
-l.a grandi cell B mediastinico: esclusiva localizzazione timica (evidenza radiologica o istologica
della presenza del linfoma nel timo); ha origine dai linfociti B intratimici . Riguarda soprattutto
giovani D (9:1), con picco intorno ai 30aa, anche se si possono avere casi ad età inferiori. La
manifestazione clinica d’esordio è una grave “sindrome mediastinica” (con infiltrazione delle
strutture limitrofe).
La diagnosi differenziale principale è quella con il linfoma di Hodgkin, che nella variante scleronodulare compare soprattutto nel mediastino e nelle D; altra diagnosi differenziale è con il timoma
(neoplasia benigna dell’epitelio timico).
Per fare diagnosi è necessaria la biopsia della massa.
Se la malattia ha già superato il mediastino (rene, surrene, cervello,cute) la prognosi è infausta.
Caratteristica è la presenza di sclerosi e l’aspetto a cell chiare, che ricordano le cell epiteliali, ma
esiste CD20 ed iperespressione BCL-6 e Pax5:
-l. a grandi cell B intravascolare; estremamente raro, si riscontra solo in persone anziane, si hanno
blasti linfoidi CD20+ , espressione di integrine che aderiscono all’endotelio con occlusione dei vasi
terminali. Si ha necrosi di prostata, cervello, rene. E’ una forma rapidamente progressiva, che
risponde poco alla tp;
-l. a grandi cell B primitivo delle sierose: è stato descritto prima in pz HIV+, in fasi avanzate, con
bassa conta dei CD4. Caratterizzato da notevoli versamenti pleurici e peritoneali, ricchi di blasti
linfoidi.
Tale linfoma è costantemente associato alla presenza del genoma del virus HHV8 integrato nel
DNA blastico; spesso contemporanea la presenza di EBV. Oggi si trova anche in pz
immunocompetenti, anziani, secondario sempre a infezione da HHV8.
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Il virus produrrebbe ciclone virali e l’interleuchina IL-6 che facilita la differenziazione
plasmoblastica (probabilmente derivano dai linfociti B1, che si trovano nelle sierose,vengono
infettati dal virus e si trasformano; non esprimono CD20).
Linfoma di Burkitt
Incide per il 2%, ma è stato molto studiato dalla scoperta di Burkitt.
Si tratta di una proliferazione di linfociti B germinal centre di taglia media, con una sottile rima
citoplasmatica basofila e numerose figure mitotiche. Se ne riconoscono tre varianti: endemica,
sporadica, HIV relata .
Si ha un aspetto a “cielo stellato“ per la presenza di macrofagi che mangiano le cell apoptotiche
(elevato indice apoptotico, anche se è maggiore quello proliferativo).
-Forma sporadica: più frequentemente intraddominale. Dà origine a masse molto voluminose. La
diagnosi richiede la presenza dell’immunofenotipo CD10, BCL-6, con t(8;14), t(8;2), t(8;22).
-Forma HIV relata: tende a localizzarsi nei lfn; è sempre presente la traslocazione: lo stimolo
cronico da HIV e la diminuzione di controllo per riduzione dei CD4 la favoriscono.
E’ una delle neoplasie più frequenti nei pz con HIV, con CD4>200/mmc.
Molte volte lo sviluppo del linfoma di Burkitt permette di scoprire la sottostante sieropositività per
l’HIV non scoperta prima.
IRMA…
Per la comparsa improvvisa di una grave PCfobia acuta saluto tutti rapidamente (in particolare
mando un bacio a Simo, la meningitica moribonda abbandonata) e SPECIAL THANKS al mio
amabile BOSS…(immagino tu capisca il perché). Kiss Kiss!
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