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S.Leone Magno
PRIMO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA
I - Cristo rivelato dalla stella
E' poco tempo che abbiamo celebrato il giorno nel quale la Vergine intemerata ha dato alla luce il
Salvatore del genere umano. Ora, dilettissimi, la veneranda festività dell'Epifania ci fa prolungare le
gioie, affinché tra i misteri, così vicini con solennità tra loro connesse, la nota di esultanza e il
fervore della fede, non si affievoliscano. Rientra nel disegno di salvezza, rivolto a tutti gli uomini, il
fatto che quel Pargoletto, Mediatore tra Dio e gli uomini, sia stato rivelato a tutto il mondo, quando
ancora era nella ristretta cerchia di un minuscolo paesello. Infatti, nonostante che egli abbia eletta la
gente d'Israele e tra tutti gli israeliti una sola famiglia da cui assumere la natura comune a tutti gli
uomini, non ha voluto che la sua nascita rimanesse nascosta nell'ambito della materna abitazione.
Colui che si è degnato nascere per tutti, ha voluto essere subito conosciuto da tutti.
Per questo ai tre Magi apparve in Oriente una stella di straordinaria luminosità, la quale, perché più
fulgida e più bella delle altre stelle, facilmente attrasse la loro attenzione, mentre la rimiravano; così
poterono rendersi conto che non avveniva a caso ciò che a loro sembrava tanto insolito. Infatti, colui
che aveva dato il segno, diede a quelli che l'osservavano anche la grazia di comprenderlo. E poi fece
ricercare ciò che aveva fatto comprendere e, ricercato, si fece trovare .
II - L'inganno di Erode e la fede dei Magi
I tre uomini assecondarono l'impulso della celeste illuminazione e mentre accompagnano con
attenta contemplazione la scia di luce che li precede, sono guidati alla conoscenza della verità dallo
splendore della grazia. Ed essi con buoni motivi pensano bene di ricercare nella città regale il luogo
della nascita del Re, loro indicato. Ma chi aveva preso forma di servo ed era venuto non a giudicare
ma a essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita, Gerusalemme per la passione.
Intanto Erode, ascoltando che era nato il Re dei Giudei, temette di averlo come successore e
macchinando la morte al portatore di salvezza, promise falsamente che gli avrebbe portato
venerazione. Quanto sarebbe stato felice se avesse imitato la fede dei Magi e mutato in sincero culto
ciò che architettava con intenzione fraudolenta! Oh cieca empietà e folle invidia che credi di
rovesciare con il tuo furore il piano divino! Ma il Signore del mondo, che offre un regno eterno, non
cerca un trono temporale. Perché tenti di rovesciare la serie degli avvenimenti, immutabilmente
disposta, e cerchi di anticipare un delitto che commetteranno altri? La morte di Cristo non
appartiene al tuo tempo. Bisogna che prima si dia principio al Vangelo; prima si deve predicare il
regno di Dio, ridonare miracolosamente la salute e compiere molti altri prodigi. Perché vuoi far tuo
il delitto che sarà opera di altri nel futuro? Tu non avrai altro risultato del tuo misfatto se non quello
di caricarti con la tua intenzione di un tanto grande reato. Con tale macchinazione non fai un passo
avanti; non combini nulla, perché egli, che è nato per spontanea volontà, per sua libera potestà
morirà.
Dunque, i Magi realizzano il loro desiderio e sotto la guida della stella che li precede, giungono nel
luogo ove è Gesù Cristo, il Signore bambino. Adorano il Verbo nella carne, la Sapienza nella
infanzia, la Virtù nella debolezza e il Signore della maestà nella realtà dell'uomo. E perché
manifestino il mistero che credono e comprendono, significano con i doni quello che credono con il
cuore. Offrono l'incenso a Dio, la mirra all'uomo, l'oro al re, venerando consapevolmente l'unione
della natura divina e di quella umana, perché Cristo, pure essendo nelle proprietà delle due nature,
non era diviso nella potenza.
Ecco, i Magi tornano al loro paese; e Gesù per un avviso divino è trasportato in Egitto. E' adesso
che la follia di Erode arde inutilmente fra i suoi disegni occulti; egli comanda che in Betlemme
siano uccisi tutti i bambini. Con una sentenza generale va contro la tenera età, divenutagli sospetta,
perché non conosce precisamente il bimbo che egli teme. Ma quei che l'empio re toglie dal mondo,
Cristo trapianta nel cielo; e concede l'onore del martirio a coloro per i quali non ha ancora versato il
suo sangue redentore.
III - Le virtù del cristiano
Pertanto, dilettissimi, elevate gli animi fedeli alla fulgida grazia della luce eterna e venerando i
misteri, compiuti per la salvezza degli uomini, volgete la vostra assidua attenzione alle opere per
voi fatte. Amate la casta purità, perché Cristo è il figlio della verginità. «Astenetevi dalle passioni
della carne che lottano contro l'anima», come l'Apostolo stesso presente in mezzo a noi, ci esorta
nella sua lettera. «Nella malizia fatevi bambini», perché il Signore della gloria si è abbassato alla
infanzia dei mortali. Praticate l'umiltà che il Figlio di Dio si è degnato insegnare ai suoi discepoli.
Rivestitevi della virtù della pazienza, al fine di poter essere padroni delle vostre anime; Egli che è la
redenzione di tutti, è pure di tutti la fortezza. «Aspirate alle cose di lassù e non a quelle che sono
sulla terra». Camminate costantemente per la via della verità e della vita. Non vi lasciate ostacolare
da cose terrene, voi per cui sono preparate le cose celesti. Per Gesù Cristo, nostro Signore, il quale
vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
S.Leone Magno
TERZO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA
I - L'economia della redenzione
So bene, dilettissimi, che alla vostra santità non è nascosto il motivo della festa di oggi e che già la
pericope del Vangelo, letta secondo l'uso, ve lo ha presentato. Tuttavia oserò parlarvi della presente
solennità, come il Signore mi ispirerà, affinché nulla manchi a voi del nostro ministero. Così la
pietà di tutti sarà con comune gaudio tanto più religiosa, quanto più tutti avranno compreso questa
solennità. La divina e misericordiosa provvidenza, avendo disposto di portare aiuto in questi ultimi
tempi al mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, pose in Cristo la salvezza di tutte le genti.
Siccome l'empio errore aveva allontanato tutte le nazioni dal culto del vero Dio, e persino Israele,
popolo che Dio aveva eletto come suo, si era allontanato quasi totalmente dalle prescrizioni della
legge, Dio, avendo racchiusi tutti nel peccato, volle di tutti aver misericordia. Dovunque era venuta
meno la giustizia, tutto il mondo era caduto in balia della vanità e della malizia. E se la divina
maestà non avesse dilazionato il suo giudizio, tutti gli uomini avrebbero ricevuto la sentenza di
dannazione. Ma l'ira è stata mutata nell'indulgenza; e perché evidente fosse il tesoro di grazia,
impiegato per noi, è piaciuto di donare il sacramento del perdono per abolire il peccato, quando
nessuno poteva accampare dei meriti.
II - La vocazione dei popoli nei Magi
Ora, la manifestazione di questa ineffabile opera di misericordia si ebbe mentre Erode era re dei
Giudei, quando venuta a cessare la legittima successione dei re e tolta la potestà ai pontefici, ottenne
il dominio uno straniero. In tal modo la nascita del vero Re era ben provata da quella profezia che
dice: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda, né il bastone del comando dai suoi discendenti, finché
venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire». Un giorno era stata promessa al
beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva essere generata non con il
seme carnale, ma con la fecondità della fede. Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle
stelle, affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non terrena, ma celeste. Per
suscitare la promessa posterità, sono chiamati con il sorgere di una nuova stella gli eredi significati
dalle stelle, affinché il cielo serva alla promessa che fu fatta con un segno celeste. Una stella, più
fulgente delle altre, attira l'attenzione dei Magi, abitanti dell'estremo oriente. Essi erano uomini non
ignari nell'arte di osservare le stelle e la loro luminosità, per questo comprendono l'importanza del
segno. Certamente operava nei loro cuori la divina ispirazione, affinché non fosse nascosto ad essi il
mistero significato da questa grande visione e non restasse oscuro per l'animo ciò che era mostrato
agli occhi. In ultimo, compiono con molta pietà il proprio dovere prendendo on sè dei doni, sicché,
venendo ad adorare il neonato, mostrino di aver creduto tre cose: e cioè di onorare con l'oro la
persona regale, con la mirra l'umana, con l'incenso la divina.
III - Israele spirituale
Entrano, dunque, nella capitale del regno giudaico e nella città regale, domandano che si mostri a
loro colui che avevano saputo essere il bambino destinato a regnare. Erode si turba, teme per la sua
sicurezza, teme per il suo potere: chiede ai sacerdoti e ai dottori della legge quel che la Scrittura ha
predetto sulla nascita di Cristo. Viene così a conoscere la profezia: ma mentre la verità illumina i
Magi, l'infedeltà acceca i maestri. Israele carnale non comprende quel che legge, non vede quel che
mostra, usa libri alle cui parole egli non crede. O Giudea, «dov'è dunque il motivo di vantarti?».
Dove è la nobiltà ricevuta da Abramo? «La tua circoncisione vale un bel nulla». Ecco che tu,
primogenito, servi al fratello minore e proclamando quel testamento che tu tieni solo alla lettera,
presti servizio agli stranieri che entrano a far parte della tua eredità. Entrino, entrino pure le genti
nella famiglia dei patriarchi, e i figli della promessa ricevano nel seme di Abramo la benedizione a
cui rinunciano i figli secondo la carne. Nella persona dei tre Magi tutti i popoli adorino l'autore
dell'universo. Dio sia noto non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché dovunque «in Israele
sia grande il suo nome». Infatti, come l'infedeltà mostra che nella posterità è venuta meno la dignità
della stirpe eletta, così la fede rende a tutti comune tale dignità.
IV - La fuga in Egitto
I Magi, dopo aver adorato e soddisfatto a ogni devozione, in conformità all'avviso avuto in sogno,
non fecero ritorno per quella via che avevano fatto venendo. Era necessario che, avendo creduto in
Cristo, non camminassero più per i sentieri delle vecchie abitudini, ma, entrati nella via nuova, si
tenessero lontano dagli errori abbandonati. Questo avvenne anche perché si rendessero inefficaci le
insidie di Erode, che sotto lo specioso motivo della venerazione celava macchinazioni dolose contro
il fanciullo Gesù. E poiché Cristo uscì sano e salvo da quel tranello, l'ira del re arse di maggior
furore. Infatti, ricordando il tempo che i Magi avevano indicato, sfoga la sua rabbia e la sua crudeltà
contro tutti i bambini di Betlemme e con generale eccidio trucida i pargoletti di quella città che così
passano alla gloria eterna. Egli credeva che non lasciando vivo nessun fanciullo sarebbe stato ucciso
anche Cristo. Ma colui che rimandava ad altra età l'effusione del suo sangue per la redenzione degli
uomini, già aveva raggiunto, sulle braccia dei genitori, l'Egitto. In tal modo ricopiò gli antichi
primordi della gente ebrea, realizzando con maggior provvidenza il principato del vero Giuseppe,
affinché, venendo dal cielo il pane di vita e il cibo spirituale, togliesse quella fame, più intensa di
qualunque inedia, che le menti degli Egiziani soffrivano per mancanza della verità. Infatti, non
doveva compiersi il mistero della vittima singolare senza l'intervento di quella nazione, in cui, per la
prima volta fu anticipato il segno salvifico della croce e la Pasqua del Signore con l'uccisione
dell'agnello.
V - Ringraziamento a Dio misericordioso
Dilettissimi, ammaestrati da questi misteri della divina grazia, celebriamo con gioia spirituale il
giorno delle nostre primizie e l'inizio della vocazione delle genti. Rendiamo grazie al
misericordioso Dio, che, come dice l'Apostolo, «ci ha fatto capaci di partecipare all'eredità dei santi
nella luce dei cieli. Perché egli ci ha strappato al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel regno
del Figlio suo diletto». E già Isaia aveva profetato: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide un
gran chiarore: sopra coloro che abitavano in terra tenebrosa spuntò la luce». E lo stesso dice al
Signore: «Ecco, chiamerai popoli che non conoscevi e nazioni che t'ignoravano accorreranno».
«Abramo ha visto questo giorno e ne ha goduto»; e quando ha conosciuto che i figli della sua fede
sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, che è Cristo, e quando ha visto che nella fede
sarebbe stato padre di tutte le genti, «diede gloria a Dio, sapendo benissimo che qualunque cosa Dio
prometta, ha pure il potere di portarla a compimento». Davide inneggiava nei salmi a questo giorno,
dicendo: «Verranno tutte le genti che creasti a prostrarsi innanzi a te, o Signore, e daranno gloria al
tuo nome»; e ancora: «Fece nota il Signore la sua salvezza, alle genti svelò la sua giustizia». Or noi
sappiamo che questo è avvenuto da quando la stella condusse i Magi, sospingendoli da lontane
regioni, a conoscere e adorare il Re del cielo e della terra.
E certamente anche noi con questo caratteristico servizio della stella, siamo esortati a prestare
adorazione, affinché pure noi obbediamo a questa grazia che tutti invita a Cristo. Chiunque nella
Chiesa vive con pietà e castità, chiunque gusta le cose celesti e non le terrene, è come una luce
celeste: mentre egli conserva il candore di santa vita, quasi stella, mostra a molti la via che porta al
Signore. In questo studio della virtù, dilettissimi, dovete tutti darvi reciproco aiuto, affinché possiate
risplendere, come figli della luce, nel regno di Dio, a cui si giunge con la Fede retta e con le opere
buone: per Gesù Cristo, nostro Signore, il quale con il Padre e lo Spirito santo vive e regna per tutti
i secoli dei secoli. Amen.
S.Leone Magno
QUINTO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA
I - Il significato della stella
Dilettissimi, voi ben sapete che la manifestazione del Signore e Salvatore nostro rende
particolarmente importante l'odierna festività. Questo è il giorno che portò i Magi, preceduti dalla
stella, a conoscere e adorare il Figlio di Dio. Giustamente è gradito di celebrare con culto annuale la
memoria di questo fatto, affinché, mentre il racconto evangelico è ripresentato incessantemente, il
mistero della salvezza, mediato da un insigne miracolo, sia sempre meditato da quelli che lo
comprendono.
Si erano già avute molte testimonianze a provare con chiari argomenti la nascita del Signore: come
quando la beata vergine Maria ascoltò e credette che sarebbe stata fecondata per opera dello Spirito
santo e che avrebbe partorito il Figlio di Dio; come quando al saluto di lei, Giovanni, non ancor
nato, esultò nell'utero di Elisabetta con profetico balzo quasi che, anche racchiuso nelle viscere
della madre, già esclamasse: «Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo»;
oppure, come quando all'annuncio dell'angelo, che proclamava la nascita del Signore, i pastori
furono avvolti dal bagliore dell'esercito celeste, affinché non dubitassero della maestà del fanciullo
che avrebbero visto nel presepio e non credessero che fosse nato nella sola natura di uomo colui al
quale lo stuolo della celeste milizia prestava il suo servizio.
Ma sembra che questi fatti e altri simili siano stati conosciuti da poche persone, appartenenti alla
parentela di Maria vergine e alla famiglia di Giuseppe. Invece questo segno che muove
efficacemente i Magi da lontani paesi e li attira irresistibilmente a Gesù, Signore, senza dubbio è il
segno sacro di quella grazia e l'inizio di quella vocazione per cui non solo nella Giudea, ma in tutto
il mondo si sarebbe predicato il Vangelo. In tal modo per quella stella che risplendette agli occhi dei
Magi e invece non rifulse alla vista degli israeliti, fu significata l'illuminazione delle genti e la
cecità dei giudei.
II - L'attuale Epifania di Cristo nella Chiesa
E' chiaro, dilettissimi, che il significato di questi mistici fatti persiste ancora: ciò che era iniziato
nella immagine, si compie ora nella realtà. Infatti, irraggia dal cielo, come grazia, la stella, e i tre
Magi, chiamati dal fulgore della luce evangelica, ogni giorno in tutte le nazioni accorrono ad
adorare la potenza del sommo Re.
Erode freme nel diavolo e si lamenta, perché gli vien tolto il regno della iniquità su quelli che
passano a Cristo. Per questo, uccidendo i pargoli, gli sembra di uccidere Gesù. Anzi vi si prova a
farlo senza interruzione, giacché tenta di privare dello Spirito santo quelli che sono di recente
rigenerati e di estinguere quella che può chiamarsi l'infanzia della tenera fede. Invece i giudei, che
hanno voluto essere fuori del regno di Cristo, sono tuttora in certo modo sotto il principato di frode.
Infatti, sono dominati dal nemico del Salvatore e servono a un potere straniero, quasi non sappiano
che per bocca di Giacobbe fu profetato: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del
comando tra i suoi piedi, finché venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire».
Ma essi non ancora comprendono quel che possono negare e non ancora entra nella loro mente
quello che hanno conosciuto dalla narrazione delle sacre Scritture, poiché per i maestri insensati la
verità è uno scandalo e per i ciechi dottori diventa caligine ciò che è luce. Ecco che interrogati,
rispondono: «Cristo deve nascere a Betlemme». Però non seguono la scienza con la quale
ammaestrano gli altri. In questo modo hanno perduto la dinastia dei re, la propiziazione dei sacrifici,
il luogo delle suppliche, l'ordine dei sacerdoti. Mentre avvertono che tutto per essi è chiuso, che
ogni cosa per essi è finita, non si accorgono che quelle cose sono state trasferite in Cristo. Onde
attraverso la fede che giustifica gli empi, tutto il mondo ottiene nelle sue nozioni ciò che quei tre
uomini, facendo le veci di tutte le genti, nell'adorazione del Signore acquistarono. Così gli adottivi
ricevono l'eredità del Signore, preparata prima dei secoli, mentre la perdono quelli che sembrano
essere figli legittimi.
Una buona volta volgiti al pentimento, o Giudeo, ravvediti; e, deponendo l'infedeltà, convertiti a
colui che è anche tuo Redentore. Non ti abbattere per l'enormità del tuo delitto: Cristo non chiama i
giusti, ma i peccatori; certamente non ti respinge per la tua empietà colui che, crocifisso, pregò per
te. Annulla la dura sentenza dei tuoi crudeli padri e non lasciarti stringere dalla maledizione di
quelli che gridano «il sangue suo cada su noi e sui nostri figli», essi riversano su di te la malizia del
loro delitto. Tornate al misericordioso; approfittate della clemenza di chi è pronto a perdonare.
Infatti la vostra iniqua crudeltà si è cambiata in motivo di salvezza. Vive chi voleste che perisse.
Confessate, dunque, il rinnegato; adorate il venduto, perché vi giovi la bontà di colui al quale non
poté nuocere la vostra malvagità.
III - Spirito missionario e cooperazione alla grazia
Dilettissimi, è nostro dovere desiderare e propiziare quanto rientra nella vera carità, della quale
siamo debitori anche ai nostri nemici, come insegna la preghiera del Signore, affinché anche questo
popolo che è decaduto dalla spirituale nobiltà dei padri, sia reinnestato ai rami della vera sua pianta.
Questa carità molto ci rende accetti a Dio: egli trasformò il loro delitto in motivo di misericordia per
noi, appunto perché la nostra fede li provocasse a emulazione nel ricevere la salvezza. Per altro, è
un dovere che la vita delle persone pie sia utile non solo a se stesse, ma anche agli altri. In tal modo
quel che non si può avere da loro con le parole, si ottenga con gli esempi.
Dunque, dilettissimi, consideriamo l'ineffabile abbondanza dei doni divini a noi elargiti e siamo
cooperatori della grazia di Dio che in noi agisce. Il regno dei cieli non è dato ai dormienti, né la
beata eternità è messa a disposizione di chi intorpidisce nell'ozio e nella pigrizia. Ma poiché, come
dice l'Apostolo, «se patiamo con lui, insieme a lui saremo glorificati», dobbiamo percorrere quella
via che egli stesso, il Signore, ha detto di essere. Egli, infatti, ha provveduto a noi con il sacramento
e con l'esempio, mentre noi non avevamo alcun merito di opere per nostro sostegno, affinché con il
sacramento innalzasse a salvezza i chiamati alla figliolanza adottiva e con l'esempio li spronasse
alla laboriosità. In realtà, dilettissimi, questo lavoro non è aspro, né gravoso per i figli e per i buoni
servi ma è soave e leggero, come dice il Signore: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e
oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, perché sono mite e
umile di cuore; e troverete pace per le anime vostre: perché il mio giogo è soave e il mio carico
leggero».
Dunque, dilettissimi, nulla è arduo per gli umili, nulla è duro per i miti; facilmente tutti i precetti
passano alla pratica quando la grazia porge aiuto e l'obbedienza rende dolce il comando. Ogni
giorno le parole di Dio risuonano alle nostre orecchie e ogni uomo è reso consapevole e convinto di
ciò che piace alla divina giustizia.
Ma perché il giudizio, in cui ognuno riceverà la ricompensa di quel che avrà fatto, sia in bene che in
male, per la bontà e la pazienza del giudice, è rimandato, le anime infedeli si ripromettono
l'impunità e credono che la qualità degli atti umani non abbia alcuna relazione con il giudizio sui
meriti dati dalla divina provvidenza. Ma forse le azioni cattive non sono per lo più punite con
evidentissime pene anche ora e il terrore delle celesti minacce non rende spesso prudente la fede e
non rimprovera l'infedeltà?
IV - Compunzione e desiderio delle cose celesti
Però, tra queste pene e sopra di esse eccelle la benignità di Dio che a nessuno nega la sua
misericordia, perché senza distinzione a tutti distribuisce molti beni; anzi preferisce richiamare con i
benefici quelli che giustamente potrebbe punire e, così, con la dilazione della vendetta concedere il
tempo di far penitenza.
Tuttavia, non si può dire che non vi sia nessun castigo per quelli che non si convertono, perché il
cuore indurito e ingrato è un supplizio per se stesso e già si soffre nella coscienza quello che per
bontà di Dio viene differito. Pertanto i peccatori non si dilettino dei peccati tanto che la fine della
vita abbia a coglierli con colpe sulla coscienza, poiché nell'inferno non vi è correzione; né è
concesso il rimedio dell'espiazione quando non è più possibile il ravvedimento della volontà , come
dice David: «Tra i morti non v'è chi ti ricordi, chi dirà nell'inferno le tue lodi?». Si fuggano, perciò,
i piaceri nocivi, i gaudi insidiosi e i desideri che sono già per perire. Quale è il frutto, quale l'utilità
dell'incessante desiderio di quelle cose che, se non ci abbandonano, certamente dobbiamo
abbandonare? L'amore delle cose caduche si trasferisca a ciò che è incorruttibile e l'animo chiamato
alle realtà sublimi, si diletti delle cose celesti. Stringete amicizia con i santi angeli; entrate nella città
di Dio in cui ci è promessa l'abitazione e unitevi ai patriarchi, ai profeti, agli apostoli e ai martiri.
Godete di quello onde essi godono. Bramate le loro ricchezze, e con buona emulazione ambite la
loro intercessione. Infatti, se siamo uniti a loro per devozione sincera, saremo uniti anche alla loro
gloria: certamente prenderemo parte alla dignità di quelli alla cui devozione avremo partecipato.
Ora che vi è concesso di praticare i comandamenti di Dio «glorificate Dio nel vostro corpo»; e,
dilettissimi, «risplendete come fari di luce nel mondo». Le lucerne delle vostre menti siano sempre
ardenti: niente di tenebroso risieda nei vostri cuori, poiché, come dice l'Apostolo: «Eravate un
tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore: vivete dunque da figli della luce». Si compia in voi
quel che precedette in immagine nei tre Magi, e «così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
affinché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Infatti, come
sarebbe grande peccato qualora il nome del Signore fosse bestemmiato tra le genti per colpa dei
cattivi cristiani, così è grande merito di devozione quando si benedice Dio per la vita santa dei suoi
servi: a lui onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
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