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Atteggiamento verso il malato
terminale
• C’è un atteggiamento di rifiuto e
negazione verso la morte, non se ne
vuole parlare, non1 si è preparati, sembra
un argomento di cui non si possa parlare,
fa paura.1
• Chi si occupa del paziente morente deve
fare in modo di sapere che si è disponibili
a parlare con lui della morte, però se è il
paziente che non ne vuole parlare non va
forzato.
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Atteggiamento verso il malato
terminale
• Per potersi avvicinare serenamente al malato
terminale è necessario aver elaborato il tema
della propria morte. Se l’idea della propria morte
è fonte di angoscia insopportabile,sarà quasi
impossibile assistere un morente. Se noi non
possiamo affrontare la morte con serenità, come
possiamo essere di aiuto ai nostri malati?
• La forma più alta di aiuto è l’ ascolto, far sentire
la propria presenza senza credere di dover dare
risposte intelligenti o consigli utili.
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Atteggiamento verso il malato
terminale
“Di sicuro l’amore si esprime in primo
luogo nello stare con qualcuno,
piuttosto che nel fare qualcosa per
qualcuno (…) Se le nostre azioni non
nascono prima di tutto dal desiderio di
stare con una persona, si riducono
davvero solo ad assistenza sociale”.
(Madre Teresa di Calcutta)
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Il paziente terminale e la sua
famiglia
Quando si parla dei bisogni dei malati, non
si possono astrarre e isolare da quelli dei
sistemi in cui il malato è inserito. Il malato fa
parte di una famiglia e tutti insieme sono
inseriti nel sistema curante (medici,infermieri,
fisioterapisti, a.s.a.,…). La famiglia può essere
considerata come un sistema, un organismo
che per sopravvivere deve mantenere un
equilibrio.
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Il paziente terminale e la sua
famiglia
La malattia grave di uno dei membri della famiglia minaccia
questo equilibrio (ad es. è frequente, dopo la diagnosi di
cancro, una tendenza alla negazione della gravità della
malattia; se questa reazione non è prolungata nel tempo, ha
un importante valore adattivo che permette alla
famiglia di “prendere tempo” di “assorbire il colpo”).
Il bisogno primario della famiglia è di stabilire l’equilibrio e
riconfigurarsi in modo nuovo (cambiamento di ruoli, ritmi,
priorità,..).
Di riflesso anche la famiglia diventa “malata” facendo proprie i
in ognuno dei membri le ansie, le angosce e le sofferenze del
malato.
Se prima della malattia la famiglia non era solida, le difficoltà di
adattamento alle occorrenze sono maggiori, perché sorgono
rancori, conflitti e rinunce vissute
18 talvolta come ingiuste e
frustranti.
Segni di difficoltà nel nucleo
familiare del paziente terminale
• Crollo psicofisico causa un’assistenza
stressante;
• Litigi familiari rilevanti;
• Rivalità nell’assistenza;
• Sensi di colpa per una presunta incapacità di
assistenza
• Reattività-ostilità nei confronti dei curanti;
• Paura del contagio;
• Isolamento da parte di amici, conoscenti, vicini
di casa;
• Difficoltà economiche e19sociali
Il paziente terminale e la sua
famiglia
I familiari potrebbero cercare di arginare
l’angoscia comportandosi:
- In modo iperattivo: richiedono il maggior numero
di accertamenti possibili nella speranza di
trovare qualcuno che confermi un “clamoroso
errore diagnostico”;
- Negando la gravità della malattia: trascurano la
necessità di cure specifiche o controlli particolari
o si comportano come se nulla fosse successo;
- Impedendo al proprio familiare di venire a
conoscenza del proprio stato: congiura del
silenzio.
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Il paziente terminale e la sua
famiglia
La famiglia deve essere allo stesso tempo oggetto di cure
insieme al malato e potente strumento terapeutico.
Esiste una differenza fra la famiglia intesa secondo un
concetto restrittivo legale, cioè determinato dai legami di
sangue e anagrafici, e la famiglia considerata
nell’accezione più ampia, affettiva e di libera
scelta, cioè i familiari considerati cari, gli amici, i vicini.
La persona più vicina al malato, non è necessariamente il
parente prossimo, ma è quella persona o quelle persone
scelte dal malato secondo i suoi esclusivi criteri. (La scelta
del malato può cadere su un parente, un amico, un
infermiere, un a.s.a., un volontario,….).
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Il paziente terminale e la sua famiglia
Più avanza la malattia, più le sue esigenze possono
diventare radicali e più le sue decisioni devono essere
rispettate, anche se alcune sue preferenze possono
apparire ingiustificate per la famiglia.
Le reazioni di paura portano spesso i familiari a scegliere
la soluzione del non dire o a nascondere la verità allo
scopo di proteggere il loro caro, ma questo comportamento
nasconde invece l’angoscia ed impedisce di essere
pienamente d’aiuto alla persona malata.
Risulta importante sostenere la famiglia e farle capire
l’importanza della sua presenza e della dimostrazione del
suo affetto,anche se a volte non ne vede più la sua utilità.
La famiglia potrà passare dalla situazione di famiglia passiva
a quella di famiglia attiva, per 22
diventare famiglia responsabile,
partecipe.
Il paziente terminale e la sua
famiglia
COME COINVOLGERE LA FAMIGLIA ?
- La famiglia deve essere tenuta al corrente
della situazione e dell’evoluzione della malattia: la
consapevolezza della gravità della diagnosi e della
prognosi è una a chiave di lettura della realtà per
un comportamento adeguato.
- La famiglia deve ricevere un’adeguata
preparazione all’assistenza anche tecnica, per
svolgere un ruolo attivo nella cura del proprio caro
(per es. la cura della pelle, la prevenzione delle
piaghe da decubito, le medicazioni,…)
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Il paziente terminale e la sua
famiglia
Il beneficio per la famiglia risulta evidente:
sentire di aver svolto un ruolo importante
rassicura, evita i dubbi a posteriori, i sensi di
colpa, i rimpianti.
- La famiglia deve essere aiutata
psicologicamente anche dopo il decesso
per elaborare il lutto.
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I bisogni dei malati e dei suoi
familiari
1) Il bisogno di controllare i sintomi e la sofferenza.
Durante le fasi ultime della vita, la presenza del dolore o di
gravi sintomi disturbanti (stipsi, vomito,…) peggiorano la qualità di vita del
malato e rappresenta una delle principali fonti di stress per i familiari.
Il controllo del dolore diventa uno degli obiettivi più importanti
da perseguire e il malato richiede un trattamento del suo dolore.

I familiari spesso si ritrovano soli a gestire farmaci
antalgici, per questo motivo è importante porre attenzione alla
gestione dell’assistenza quotidiana.
2) Il bisogno di non essere lasciati da soli.
“Quello che conta nella vita come di fronte alla morte, è di non essere
abbandonati e soli”.

uno dei compiti fondamentali dell’èquipe palliative è garantire che il
malato non sia abbandonato: la disponibilità di un recapito telefonico al
quale poter contattare i medici attenua nel malato e nei familiari il senso di
impotenza ed isolamento.
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I bisogni dei malati e dei suoi
familiari
3) Il bisogno di informazione e comunicazione.
Malati e familiari in alcune occasioni lamentano
un’inadeguata completezza di informazioni da parte del
personale medico ed infermieristico.
In particolarità la frettolosità, l’evasività delle risposte, lo
scarso tempo dedicato alle spiegazioni delle terapie
somministrate, possono generare situazioni di disagio e di
difficoltà nel malato e nella sua famiglia.
 un’aperta comunicazione tra malato-famiglia ed equipe
diminuisce l’ansia e la depressione del malato.
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