SeSSant`anni di Yang

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Sessant’anni di Yang-Mills
Luciano Maiani
Dipartimento di Fisica, Sapienza Università di Roma, Roma, Italia
INFN Sezione di Roma, Roma, Italia
Sessant’anni fa, Chen Nin Yang e Robert Mills pubblicavano un breve lavoro che avrebbe segnato una nuova
epoca nella fisica teorica delle particelle fondamentali, quella delle teorie di gauge non abeliane. L’invarianza di
gauge dell’elettromagnetismo, tradotta nella meccanica quantistica da London a da Fock come invarianza per
trasformazioni di fase della funzione d’onda, aveva una caratteristica che risuonava bene nelle menti dei fisici
teorici: la simmetria determina completamente la dinamica delle particelle cariche nel campo elettromagnetico.
Yang e Mills estendono questo concetto ad una simmetria non commutativa (in gergo: non abeliana), quale era
la simmetria che, proprio in quegli anni, emergeva dagli esperimenti sulle particelle nucleari, la simmetria che,
per oscure ragioni, chiamiamo di “spin isotopico”. Ci sono voluti decenni perchè i fisici apprezzassero appieno
la portata delle teorie di gauge non abeliane ma, sessant’anni dopo, possiamo dire che Yang e Mills hanno
conquistato il campo: tutte le interazioni che agiscono a livello delle particelle fondamentali sono derivabili da
simmetrie di gauge, abeliane e non abeliane. Questo articolo illustra le sorprese che Yang e Mills hanno incontrato
sul loro cammino, le brillanti soluzioni che seguirono per aggirare ostacoli che sembravano insormontabili e il
modo in cui si è arrivati a quella che chiamiamo la Teoria Standard.
1 Simmetrie locali
Poche teorie hanno esercitato sui loro
contemporanei un fascino pari a quello
della Teoria della Relatività Generale di
Albert Einstein (fig. 1), apparsa nel 1915.
L’invarianza delle leggi fisiche sotto
trasformazioni arbitrarie di coordinate
e la non superabilità della velocità
della luce tolgono dalla scena ogni
traccia dell’ “Azione a distanza” che
caratterizzava la gravitazione di Newton.
L’osservatore in un punto dello spaziotempo, x, è influenzato solo da quanto
avviene nelle sue immediate vicinanze,
hic et nunc. Nei suoi paraggi, lo spaziotempo appare piatto (la gravità sparisce
se siamo in caduta libera come gli
22 < il nuovo saggiatore
astronauti in orbita) e le trasformazioni
generali di coordinate si riducono alle
trasformazioni di Lorentz della Relatività
Speciale. Possiamo vedere la Relatività
Generale come la teoria dell’invarianza
delle leggi per trasformazioni di Lorentz
che dipendono dal punto.
Le particelle percorrono le geodesiche
dello spazio-tempo così che la dinamica
delle forze gravitazionali è determinata
completamente dalla geometria.
Il raccordo è fornito dall’equazione
di Einstein, secondo la quale il
tensore di Riemann (geometria) deve
essere uguale al tensore impulsoenergia (forze), a meno di un fattore
determinato dalla costante della
gravitazione di Newton.
Ma nel mondo non ci sono solo
le forze gravitazionali e, nel 1915,
questo significava parlare delle forze
elettromagnetiche e delle equazioni
di Maxwell. Il monumentale lavoro di
Lorentz, con la sua teoria dell’elettrone,
e la nascente Meccanica Quantistica,
i quanti di Planck e l’atomo di Bohr,
indicavano che sono proprio le forze
elettromagnetiche a determinare
il comportamento della materia,
dall’atomo in su. A quel tempo,
Rutherford aveva già individuato il
nucleo atomico, ma esso era visto solo
come sorgente delle forze coulombiane
che legano nell’atomo gli elettroni
© Derek Leinweber, CSSM University of Adelaide
Scienza in primo piano
Fig. 1 Foto di gruppo alla conferenza in onore di Albert Einstein per il suo 70° compleanno,
all’ Institute for Advanced Study, Princeton 1949. Da sinistra H. P. Robertson, E. Wigner,
H. Weyl, K. Goedel, I. I. Rabi, A. Einstein, R. Ladenburg, J. R. Oppenheimer, G. H. Clemence.
Fonte: Hystorical Photograph Collection, Princeton University Library.
“planetari”. L’individuazione delle forze
nucleari e deboli era ancora di là da
venire.
In questo quadro, nel 1918, Hermann
Weyl [1] formula la sua teoria di gauge
delle interazioni elettromagnetiche1.
Weyl postula che l’invarianza per
trasformazioni locali di coordinate si
estenda anche alla calibrazione delle
lunghezze fisiche (gauge = calibro)2:
(1)
,
1
un resoconto accurato sull’origine delle
teorie di gauge si trova in [2]
2
è quella che termini moderni, chiamiamo
invarianza di scala.
con λ funzione reale delle coordinate,
e mostra che il fattore di scala, λ(x),
è determinato dai coefficienti di una
forma differenziale, Aμ(x):
(2)
(4)
.
.
L’integrale va eseguito su un cammino
che, partendo dall’origine, arriva al
punto x. Il cammino è arbitrario e si
ottiene o meno lo stesso risultato per
tutti i cammini, a seconda del verificarsi
o meno della condizione di integrabilità:
(3)
delle nuove forze determinate da Fμν e
la corrispondente equazione del moto
prende la forma
.
Quando questo non avviene, ci sono
è una equazione del tipo dell’equazione
di Einstein, un ente geometrico
eguagliato ad un ente dinamico, che
determina le forze che si esercitano sulla
materia che porta la qualità associata alla
corrente J μ. Weyl identifica, ovviamente,
J μ con la corrente elettromagnetica,
la costante e con la carica elettrica
elementare, e F μν con il tensore di
Maxwell, che riassume in sé i campi
elettrici e magnetici.
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23
scienza
in primo
piano
che permette di rendere l’equazione di Schroedinger
invariante per le sostituzioni
(8)
(9)
sulla funzione d’onda dell’elettrone e sul campo
elettromagnetico.
Weyl, nel 1929, accettò la cruciale introduzione dell’unità
immaginaria nell’esponente e propose, anzi, che l’invarianza
per le trasformazioni (8) e (9) dovesse essere il principio da cui
derivare le leggi dell’elettrodinamica, principio cui attribuì il
nome di principio di gauge o principio minimale.
Il lavoro di H. Weyl del 1929 segna l’inizio delle moderne
teorie di gauge.
Chen Nin Yang (fig. 2) venne a conoscenza delle idee di
Weyl attraverso un articolo illustrativo di W. Pauli che aveva
letto da studente a Chicago.
2 Fisica delle particelle negli anni cinquanta
Fig. 2 Chen Ning Yang.
Einstein fece subito notare, tuttavia, che le leggi della
fisica non sono invarianti sotto trasformazioni di scala3,
e l’elegante teoria del campo elettromagnetico dovette
essere abbandonata. Come avrebbe detto molto più tardi
un altrettanto eminente fisico, Richard Feynman, “it doesn’t
matter how beautiful your theory is, it doesn’t matter how
smart you are. If it doesn’t agree with experiment, it’s wrong”.
Con l’avvento della Meccanica Quantistica, V. Fock,
1926, in relazione all’equazione di Schroedinger per
l’elettrone, e F. London, 1927, nel formulare la teoria della
superconduttività, osservarono che la sostituzione minimale
dell’elettromagnetismo classico [3]
(5)
dà luogo, nell’equazione di Schroedinger, alla sostituzione
(6)
(7)
Nel frattempo, il clima nella fisica era completamente
cambiato. All’inizio degli anni cinquanta, l’attenzione era
concentrata sulle interazioni nucleari, le interazioni forti, e
sulle interazioni deboli, le nuove forze individuate da Fermi
negli anni trenta nei decadimenti β dei nuclei e di cui adesso
si cominciavano ad osservare nuovi esempi nei decadimenti
delle nuove particelle, il muone, il pione, le particelle strane.
Nei primi esperimenti con fasci di pioni, al Ciclotrone di
Chicago, Fermi aveva osservato la prima “risonanza” barionica
e ottenuto la sorprendente conferma di una nuova simmetria,
la simmetria dello spin isotopico, che caratterizza le particelle
sensibili alle interazioni forti (“adroni” dal greco adros = forte).
La simmetria di spin isotopico (in breve: isospin) era
stata introdotta da Werner Heisenberg negli anni trenta, in
relazione alla sorprendente similarità delle masse del protone
e del neutrone (i “nucleoni”)4 e consisteva nel supporre che
le forze nucleari fossero simmetriche per la sostituzione di
protone e neutrone con arbitrarie sovrapposizioni lineari di
questi due stati.
Naturalmente, questa simmetria non è rispettata dalle
forze elettromagnetiche, che distinguono il protone (carica
elettrica +e) dal neutrone (carica elettrica 0). Ma le forze
nucleari sono molto più intense delle forze elettromagnetiche
e con Heisenberg si poteva supporre che la simmetria ci
desse informazioni sulla degenerazione dei livelli nucleari,
3
l’osservazione che le leggi della fisica non sono invarianti per
trasformazioni di scala risale a Galileo Galilei; in una teoria invariante di
scala, tutte le particelle dovrebbero avere massa nulla come il fotone.
24 < il nuovo saggiatore
4
si trova: Mn – Mp ~ +1.4 · 10–3 Mp .
l. maiani: sessant’anni di yang-mills
almeno per nuclei abbastanza leggeri da poter trascurare
le repulsioni coulombiane tra protoni. In analogia con
quanto avviene per lo spin delle particelle (di qui il nome
della simmetria) la simmetria implicava che i nuclei si
presentassero in multipletti di spin isotopico I, con 2I +1 stati
e cariche elettriche distanziate di una unità, secondo la regola
un risultato che non dipende dall’ordine in cui abbiamo
eseguito le due trasformazioni.
Al contrario, l’applicazione di due trasformazioni di isospin,
prima U e poi V conduce alla trasformazione complessiva:
(14)
(10)
,
dove Q è la carica elettrica in unità della carica del protone,
B il numero barionico5 e I3 la terza componente dello spin
isotopico, analoga al numero quantico magnetico del
momento angolare.
La sorpresa degli anni cinquanta era che anche gli adroni
recentemente scoperti rispettavano la simmetria di isospin e
si presentavano in multipletti, ciascuno caratterizzato da un
valore I dello spin isotopico e da cariche elettriche date da
una formula analoga6:
(11)
;
S è un nuovo numero quantico introdotto da M. Gell-Mann
per caratterizzare le particelle strane (S = 0 per nucleoni
e pioni, S = +1 per K +,K 0, S = –1 per l’iperone Λ, etc.). Le
osservazioni di Fermi al Ciclotrone di Chicago, mostravano
in modo convincente che la simmetria non era qualcosa di
accidentale, ma si riferiva ad una proprietà fondamentale
delle interazioni forti, di validità generale.
La regola base della simmetria di isospin si può riassumere
nelle sostituzione
(12)
,
dove U è una qualsiasi matrice complessa7 2 × 2. La
sostituzione (12) è simile a quella illustrata nella (8), con due
importanti differenze.
In primo luogo, il prodotto di matrici non gode della
proprietà commutativa come il prodotto dei fattori di
fase che compaiono nella (8). Se eseguiamo nella (8) due
trasformazioni in sequenza caratterizzate dalle fasi λ e ρ,
otteniamo
(13)
,
5
Pari al numero totale dei nucleoni (protoni e neutroni).
6
nota come formula di Gell-Mann e Nishijima.
che in genere è diversa dalla trasformazione ottenuta
eseguendo prima V e poi U, che è pari a
(15)
,
poiché, in genere, VU ≠ UV.
Un gruppo commutativo, quale quello formato dalle
traformazioni di fase (8), è comunemente indicato
con il termine gruppo abeliano8. Il gruppo SU(2) delle
trasformazioni (14), per confronto, è un gruppo non abeliano.
In secondo luogo, le trasformazioni (12) sono trasformazioni
globali. Al contrario della fase attribuita a ψ(x) nella (8) che è
diversa da un punto all’altro, gli stati p e n definiti nella (12)
si riferiscono ad una definizione di protone e neutrone che
deve essere condivisa, ad un dato istante di tempo, da tutti gli
osservatori dell’Universo e che è trasformata dalla matrice U
in tutti i punti dell’Universo, simultaneamente.
3 Yang-Mills
Nel 1953, C. N. Yang e R. Mills si proposero di formulare una
teoria delle simmetria di isospin che non suggerisse, per dirla
con Einstein, alcuna “spooky action-at-a-distance”.
Sembra che questo (il concetto di simmetria globale) non sia
consistente con il concetto di campi localizzati alla base delle
usuali teorie fisiche. Nel presente lavoro, vogliamo esplorare la
possibilità di richiedere che tutte le interazioni siano invarianti
sotto trasformazioni indipendenti di spin isotopico in tutti
i punti dello spazio-tempo, in modo tale che l’orientamento
relativo dello spin isotopico in due punti dello spazio tempo
divenga una quantità priva di significato fisico (se ignoriamo i
campi elettromagnetici).
Questo il programma, enunciato in apertura dell’articolo
[4]. Si trattava, in sostanza, di estendere la costruzione della
teoria di gauge abeliana di London e Weyl, sintetizzata nella
sostituzione minimale (7), ad una teoria di gauge nonabeliana. La sostituzione minimale coinvolge adesso diversi
7
per semplicità si richiede che la matrice U abbia determinante pari
all’unità; l’insieme delle matrici di questo tipo forma un gruppo in cui
vale la regola di moltiplicazione definita dal prodotto tra matrici righe ×
colonne. è il gruppo SU(2), le matrici Speciali e Unitarie in 2 dimensioni.
8
dal nome del matematico norvegese Niels Henrik Abel.
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scienza
in primo
piano
Fig. 3 Chen Ning Yang e Robert Mills, al simposio in onore di C. N. Yang, University of New
York, Stony Brook, 1999. © Nu Xu, Brookhaven National Lab.
(http://www-rnc.lbl.gov/~nxu/photo/yangpicture/p5220211.jpg)
campi vettoriali, tanti quanti sono i
generatori del gruppo (tre, nel caso di
SU(2)), analoghi al potenziale vettore
elettromagnetico.
Gli sviluppi successivi dell’articolo
mantengono quanto promesso e
presentano una elegante teoria
dell’elettrodinamica non abeliana, che
mantiene molte delle proprietà della
elettrodinamica che conosciamo, con
qualche sorpresa ed un serio problema.
Nella teoria di Yang-Mills, come
in elettrodinamica e in Relatività
Generale, la simmetria (invarianza sotto
trasformazioni non abeliane locali)
determina l’interazione dei campi
vettoriali con la materia (i nucleoni).
L’intensità dell’interazione è fissata
da una costante, g, del tutto analoga
alla carica elettrica e che appare nella
(8). A differenza dell’elettrodinamica,
tuttavia, i campi vettoriali sono essi
stessi sensibili alle trasformazioni non
abeliane e quindi interagiscono tra
loro in un modo anch’esso determinato
completamente dalla simmetria e dalla
costante di interazione g.
Anche in assenza di materia, la
teoria di Yang-Mills descrive un mondo
complicato di campi vettoriali in
interazione tra loro. Si riproduce la
situazione della gravità in cui il campo
26 < il nuovo saggiatore
gravitazionale esercita un’attrazione
anche sulle onde gravitazionali che
lo attraversano. La teoria di YangMills è una versione enormemente
semplificata, ma assolutamente non
triviale, della teoria della gravità di
Einstein.
Il problema è quello della massa
delle particelle associate ai campi
vettoriali. Nell’approssimazione g=0,
queste particelle hanno tutte massa
zero, proprio come avviene per il fotone
in elettrodinamica e in conflitto con
l’osservazione che in Natura non ci sono
altre particelle di massa zero oltre al
fotone.
In elettrodinamica la massa del fotone
è zero nel limite e =0 e tale si mantiene
anche in presenza di interazione,
proprio a causa dell’invarianze di gauge.
Yang e Mills arguiscono che questo
argomento non si può estendere alla
loro teoria, mantenendo così aperta la
possibilità che le correzioni di ordine g2
possano spingere la massa dei campi
vettoriali a valori diversi da zero.
Oggi sappiamo che la soluzione del
problema non è questa, ma dobbiamo
dare atto a Yang e Mills (fig. 3) di aver
intuito che c’erano dei lati oscuri
nel problema della massa dei campi
vettoriali, tali da giustificare ulteriori
approfondimenti (si dice che Pauli
avesse scoperto per suo conto le teorie
di gauge non abeliane, ma non avesse
pubblicato i risultati proprio perchè
pensava che la questione della massa
fosse un ostacolo insuperabile).
4 Un’idea in cerca di applicazione
Pubblicata nel 1954, la teoria di
Yang e Mills è rimasta a lungo un’idea
elegante in cerca di applicazione.
Il successo della simmetria di spin
isotopico ha fatto pensare che la
teoria delle Interazioni Forti fosse il
suo campo di applicazione naturale
e i mesoni di spin 1 scoperti nel 1961
(i mesoni ρ, ω e K*) sono stati per un
certo tempo identificati con i campi di
gauge delle Interazioni Forti. Tuttavia,
la teoria della dominanza dei mesoni
vettoriali (vector meson dominance) non
è mai andata oltre un limitato successo
fenomenologico.
Una seconda linea di pensiero, iniziata
da J. Schwinger, indicava le interazioni
deboli ed elettromagnetiche come il
campo naturale di applicazione delle
idee di Yang e Mills. Queste idee furono
rinforzate dagli sviluppi della teoria
delle interazioni di Fermi intervenuti
verso la metà degli anni cinquanta.
l. maiani: sessant’anni di yang-mills
Nel 1958, Feynman e Gell-Mann e altri [5] proponevano
che le interazioni di Fermi fossero di natura vettoriale, quindi
dovute allo scambio di una particella elettricamente carica
e di spin 1, il cosiddetto bosone vettoriale intermedio, W ±.
Inoltre, per spiegare la quasi eguaglianza delle costanti di
Fermi dei decadimenti beta del neutrone e del muone, valida
entro qualche percento, avanzavano l’ipotesi che la corrente
vettoriale che interviene nel decadimento del neutrone
fosse proprio la corrente associata alla simmetria dello spin
isotopico. Una corrente conservata dalle interazioni forti,
“proprio come vorrebbe una teoria di gauge”. La simmetria
di spin isotopico, così prominente nei fenomeni nucleari,
sarebbe stata dunque la base per una teoria di gauge delle
interazioni deboli ed elettromagnetiche!
Lo schema su cui adattare queste idee è diverso da quello
della (12), e sarebbe basato su doppietti di materia (materia
adronica e materia leptonica9, che si trasformano tutti allo
stesso tempo, sotto le trasformazioni di un nuovo gruppo
SU(2), indicato col nome di isospin debole:
(16)
(17)
L’ ostacolo principale su questa linea è rappresentato
dalla massa dei bosoni intermedi che, lungi da essere nulla
come faceva sospettare la teoria di Yang-Mills, deve essere
abbastanza grande affinchè queste particelle non diano
effetti visibili nei decadimenti deboli del neutrone, del muone
e delle altre particelle.
Inoltre lo schema (16) non permette di includere i
decadimenti beta delle particelle strane, sui quali in quegli
anni si cominciavano a raccogliere dati precisi.
Nel 1961, Sheldon Glashow, che era stato uno studente
9
col nome leptoni si indicano le particelle insensibili alle interazioni
forti, come l’elettrone, il muone e i loro neutrini. Il termine deriva dal
greco leptos = leggero, che ricorda che tutte le particelle appena citate
sono più leggere del nucleone. Questa denominazione si applica
tuttavia anche al terzo leptone, la particella τ, nonostante essa sia più
pesante del protone.)
di Schwinger, proponeva una prima teoria unificata delle
interazioni deboli ed elettromagnetiche [6] basata sulla teoria
di Yang-Mills.
Per superare la seconda delle difficoltà appena enunciate,
Glashow proponeva di limitare le sue considerazioni ai soli
doppietti leptonici. Inoltre, come soluzione provvisoria ma
efficace, proponeva di inserire nella lagrangiana dei termini
di massa ad hoc per i bosoni vettori, assumendo che la
simmetria di gauge potesse essere violata esplicitamente da
queste masse (come la simmetria di spin isotopico è violata
dalla differenza di massa protone-neutrone) senza per questo
perdere le sue principali virtù.
Anche se questa speranza si è rivelata infondata (a
posteriori la teoria risulta non rinormalizzabile e quindi
matematicamente inconsistente) la teoria di Yang-Mills con
termini di massa aggiunti ad hoc è stata uno strumento
importante per esplorare le proprietà fenomenologiche
dell’unificazione elettrodebole. Glashow ha identificato
per primo il gruppo di gauge appropriato per descrivere
le interazioni elettrodeboli, il gruppo SU(2) ⊗ U(1), con la
conseguente necessità dell’esistenza di un bosone intermedio
neutro, lo Z 0, in aggiunta ai bosoni carichi W ± e al fotone.
è rimasto a lungo misterioso come si potesse “dare una
massa” ai bosoni vettori in una teoria con accoppiamento
debole (g ~
− e). Il problema è stato risolto in modo
soddisfacente solo verso la metà degli anni ‘60, con la
scoperta del cosiddetto meccanismo di Brout-Englert-Higgs,
legato alla rottura spontanea della simmetria di gauge [7],
nella seconda metà degli anni sessanta.
La teoria formulata da Steven Weinberg [8] e da Abdus
Salam [9] incorporava il meccanismo di Brout-Englert-Higgs
risolvendo il problema della massa dei bosoni vettoriali, ma
era ancora limitata ai doppietti leptonici, lasciando in sospeso
il problema della materia strana. Mancava ancora qualcosa.
Sul piano formale, il problema veniva chiuso nel 1972
dai lavori di Gerardt ‘t-Hooft e Martinus Veltman [10], che
mostravano che la teoria di Weinberg e Salam, con la massa
dei bosoni intermedi associata alla rottura spontanea di
simmetria, è rinormalizzabile come l’elettrodinamica, aprendo
la strada alle moderne verifiche di precisione della teoria.
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27
scienza
in primo
piano
5 Quark, angoli e ancora quark
L’inizio degli anni sessanta segna una vera e propria
rivoluzione nella fisica delle particelle. M. Gell-Mann [11]
e G. Zweig [12], indipendentemente, propongono che gli
adroni siano semplicemente degli aggregati di costituenti
più fondamentali, cui Gell-Mann dà il nome suggestivo di
quark [11]. Bastano tre tipi di quark per riprodurre gli adroni
osservati fino ad allora e giudiziosamente catalogati, anno
per anno, dal Particle Data Group [13].
I primi due tipi (oggi diciamo sapori) di quark portano
l’unità dello spin isotopico +1/2 (su) e –1/2 (giù e vengono
indicati in inglese con le lettere u =up (carica elettrica e
stranezza: Qu = +2/3, S = 0) e d =down (carica elettrica e
stranezza: Qd = –1/3, S = 0); il terzo sapore porta l’unità di
stranezza ed è indicato con s = strange (carica elettrica e
stranezza: Qs = –1/3, S = –1)10.
Le regole che danno la composizione in quark dei vari
adroni sono straordinariamente semplici:
• barioni=(qqq); esempi: p=(uud), n=(udd), Λ=(uds), etc.;
• mesoni=(q q–); esempi: π+ =(u–d), π–=(d–u), K +=(u–s), K 0
=(ds–), etc.
Gli anni sessanta vedranno arricchirsi il catalogo con nuove
particelle, che andranno a collocarsi all’interno del nuovo
paradigma, senza eccezioni.
La classificazione sotto l’isospin debole nella (16) si
aggiorna, in prima approssimazione, nello schema
(18)
(19)
Tuttavia, il decadimento beta delle particelle strane, ad
esempio
sia una sovrapposizione dei quark d ed s con un angolo di
mescolamento, da allora noto col nome di angolo di Cabibbo.
In questo caso, lo schema dell’isospin debole sarebbe
(21)
Confrontando i decadimenti dei barioni con stranezza con il
decadimento del neutrone, si ricava il valore:
(22)
che riproduce bene anche la deviazione dall’unità del
rapporto delle costanti di Fermi del muone e del neutrone:
(23)
,
un rapporto che, nella semplice teoria della corrente
vettoriale di Feynman e Gell-Mann, sarebbe esattamente pari
all’unità.
La classificazione in (21) non è ancora soddisfacente per
estendere la teoria di Cabibbo ad una teoria di Yang-Mills
unificata. Se lo facciamo, il bosone neutro, Z 0, produrrebbe
dei processi con cambiamento di stranezza, del tipo
(24)
,
che sono osservati procedere con probabilità assai inferiori
ai processi mediati dal W, ad esempio il decadimento (20).
Peraltro, questo era il motivo che aveva impedito a Glashow e,
successivamente, a Weinberg e Salam, di includere gli adroni
nelle loro teorie unifcate.
Nel 1970, S. Glashow, J. Iliopoulos e L. Maiani [15]
mostravano che l’introduzione di un quarto sapore di quark,
il quark charm, c, avrebbe evitato il conflitto. Lo schema
ipotizzato da Cabibbo si doveva modificare nello schema più
simmetrico
(20)
corrisponde alla transizione uds → uud, ovvero s → u e non
potrebbe avvenire in questo schema perché s avrebbe isospin
0 e non sarebbe accoppiato a W –.
Nicola Cabibbo [14] osservava che le interazioni deboli
potrebbero non rispettare la classificazione (18) ma
piuttosto richiedere che il quark down con isospin definito
10
il valore negativo di S è dato per consistenza con la classificazione
della stranezza dei diversi adroni introdotta originalmente da Gell-Mann.
28 < il nuovo saggiatore
(25)
La struttura delle (26) indica che quark e leptoni si devono
presentare in due “generazioni” identiche tra loro, con una
simmetria perfetta tra quark e leptoni.
Glashow, Iliopoulos e Maiani mostravano inoltre che
l’esistenza del quarto quark avrebbe soppresso i processi con
scambio dello Z e cambiamento di stranezza (meccanismo
GIM) e deducevano, dai limiti su questi processi, una
l. maiani: sessant’anni di yang-mills
previsione per la massa del quarto quark,
(26)
.
Era una previsione sorprendente, che conduceva ad
un quark con una massa decisamente superiore a quella
dei quark conosciuti fino ad allora e portava a prevedere
numerose particelle di un nuovo tipo, associate ad un numero
quantico, il charm, C, conservato dalle interazioni forti. Come
avviene per le particelle strane, le particelle più leggere con
C ≠ 0, mesoni e barioni, avrebbero dovuto decadere tramite
le interazioni deboli.
Nel 1972, con l’introduzione del charm e la prova della
rinormalizzabilità della teoria di Weinberg e Salam data da
‘t-Hooft e Veltman, la costruzione di una teoria unificata
elettrodebole teoricamente consistente poteva dirsi conclusa.
Ma mancava ancora qualcosa per la fisica: lo schema (25)
non permette di introdurre alcuna violazione della simmetria
𝒞𝒫, la simmetria tra materia e antimateria11, nelle interazioni
deboli. In questo modo si doveva rimandare la spiegazione
della violazione osservata nei decadimenti dei mesoni K
neutri ad una nuova interazione, da introdurre ad hoc.
Nel 1973, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa [16],
estendendo la costruzione di Cabibbo, mostravano che
l’esistenza di un’ulteriore generazione di quark e leptoni
avrebbe permesso l’introduzione di coefficienti complessi
nella corrente debole e dato ragione della violazione di 𝒞𝒫.
Lo schema nella (25) si doveva estendere alla
(27)
t e b indicano la nuova famiglia di quark e DW = (dW , sW , bW )
sono le tre combinazioni lineari dei campi dei quark
D = (d, s, b) ottenute con una matrice unitaria che generalizza
la costruzione di Cabibbo:
(28)
.
Con tre generazioni, UCKM , la matrice di Cabibbo-Kobayashi-
11
ottenuta combinando la coniugazione di carica, 𝒞, che cambia ogni
particella nella sua antiparticella, e la trasformazione di parità, 𝒫, che
inverte l’orientamento degli assi coordinati.
Maskawa, può includere coefficienti complessi che
producono la violazione della simmetria 𝒞𝒫.
Negli anni ancora successivi, sono state ottenute
evidenze decisive per la teoria unificata elettrodebole con
tre generazioni di quark e leptoni. La prima evidenza favore
dell’esistenza del charm risale 1974, con la scoperta, a
Brookhaven e SLAC (USA), della particella J/ψ, interpretata
come uno stato legato cc–. A conferma della natura adronica
della J/ψ, sono state osservate subito dopo altre particelle
della stessa famiglia, nella stessa regione di massa, che
rappresentano i diversi stati legati di una coppia di quark
pesanti.
Nel 1976, sono state ottenute le prime evidenze per
• le particelle con charm C = ± 1,
• un nuovo leptone pesante, il leptone τ, che portava a tre
le famiglie leptoniche,
• un nuovo quark di tipo “down”, il quark indicato con la
lettera b, per beauty.
Diversi esperimenti hanno ottenuto evidenze dirette
per l’appartenenza a doppietti elettrodeboli del τ e del b,
confermando così lo schema nella (28), fino all’osservazione
diretta, al Tevatron, del quark t, per top, 1994, e del neutrino
ντ , 2000. Nel 2001, esperimenti condotti a KEK (Giappone)
e a SLAC (USA), hanno mostrato un ottimo accordo tra la
violazione di 𝒞𝒫 osservata nei decadimenti dei mesoni
con beauty e quanto calcolabile a partire dalla fase prevista
da Kobayashi e Maskawa. Queste scoperte giustificano
ampiamente la convenzione, ormai universale, di associare i
nomi di Cabibbo, Kobayashi e Maskawa alla matrice UCKM che
caratterizza il mixing dei quark nella teoria con tre famiglie.
La struttura di Yang-Mills della teoria elettrodebole è stata
ampiamente verificata con gli esperimenti al collisore Spp–S
del CERN12, cui è dovuta la prima osservazione dei bosoni
intermedi W ± e Z 0 nel 1983, e successivamente ai collisori
LEP del CERN, HERA di DESY (Germania) Tevatron di FermiLab
(USA), che hanno messo in evidenza, in particolare, le
interazioni a tre bosoni vettoriali tipiche della teoria di YangMills.
Infine, nel 2012, gli esperimenti ATLAS e CMS, al Large
Hadron Collider del CERN (fig. 4), hanno messo in evidenza
una particella di spin zero, che tutto fa pensare sia associata al
bosone di Brout-Englert-Higgs e alla rottura spontanea della
simmetria di gauge elettrodebole.
12
l’acronimo sta per Super Proton-antiProton Synchrotron.
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29
scienza
in primo
piano
Fig. 4 Rappresentazione grafica dei laboratori
CMS e ATLAS al CERN. © CERN.
6 Il colore dei quark
Verso la fine degli anni sessanta, si
poteva ben affermare che il modello dei
quark rendesse conto elegantemente
dei mesoni e dei barioni più leggeri e
delle risonanze scoperte fino ad allora.
Tuttavia, persistevano dubbi sulla reale
natura dei quark, da alcuni considerati
come un mero artificio matematico,
utile per descrivere lo spettro degli
adroni ma privo di un’effettiva
rispondenza nella realtà.
I dubbi erano dovuti in gran parte
al problema della simmetria della
funzione d’onda dei quark nei barioni
ed al fallimento dei tentativi fatti fino
ad allora per osservare i quark nelle
collisioni di alta energia o in Natura,
come particelle stabili13, residuo del Big
Bang originario del nostro Universo.
Per quanto riguarda il primo punto, è
un fatto che, per descrivere la struttura
complessiva di spin e di carica dei
barioni, è necessario che lo stato di tre
quark sia completamente simmetrico
per lo scambio dei quark stessi, in
contrasto con la relazione spin-statistica
13
dato il valore frazionario della carica
elettrica, il quark più leggero deve essere
assolutamente stabile.
30 < il nuovo saggiatore
che richiede che le particelle di spin 1/2
obbediscano alla statistica di FermiDirac e quindi abbiano una funzione
d’onda completamente antisimmetrica.
Ignorando questi dubbi, c’erano stati
dei tentativi di descrivere le interazioni
forti primarie tra quark come dovute
allo scambio di una particella vettoriale
elettricamente neutra, analoga al
fotone, cui era stato dato il nome di
gluone, nome derivato dall’inglese
“glue = colla”, per il suo ruolo di legare i
quark all’interno degli adroni.
Il problema della simmetria della
funzione d’onda dei barioni, per spin
e sapore, trova una soluzione naturale
se assumiamo che un quark di un dato
sapore possieda un ulteriore numero
quantico che prende tre valori. è
possibile soddisfare il principio di Pauli,
se assumiamo che i barioni, siano nello
stato completamente antisimmetrico
nei nuovi numeri quantici, una
configurazione invariante per
trasformazioni di colore (color singlet).
Nel 1965, Han e Nambu [17] hanno
dato una formulazione elegante di
questa ipotesi, introducendo una
simmetria SU(3) che opera sugli indici
di colore e ipotizzando che la simmetria
del colore fosse una simmetria di gauge
e i gluoni fossero i campi di Yang-Mills
associati al colore stesso.
Con argomenti semiquantitativi, Han
e Nambu [17] mostravano che gli stati
che non sono singoletti di colore, ad
esempio un quark o un gluone isolati,
avrebbero un’energia infinita rispetto ai
singoletti di colore. Questo era dovuto
al fatto che i campi vettoriali di YangMills hanno massa nulla, se il colore
non è rotto spontaneamente, e quindi
generano delle forze a lunga distanza
che impediscono ai quark e ai gluoni di
“venire fuori” dagli adroni singoletti di
colore: un meccanismo di confinamento
permanente del tutto inatteso. Una
visione più moderna del confinamento
è illustrata nella fig. 5.
Han e Nambu pensavano a gluoni
dotati di carica elettrica e a quark con
cariche elettriche intere. All’inizio degli
anni settanta fu presa in considerazione
una soluzione alternativa, in cui i quark
hanno cariche elettriche frazionarie
e il numero quantico di colore è
completamente indipendente dal
sapore. Un quark di un dato sapore si
presenta in tre varianti che possiamo
caratterizzare con tre “colori” diversi:
rosso, verde e blu. I valori delle
cariche elettriche attribuite ai quark
u, d, ed s per i tre diversi colori sono
quelle convenzionali 2/3, –1/3, –1/3
l. maiani: sessant’anni di yang-mills
Fig. 5 All’interno degli adroni, i campi condensano in “stringhe”
che possono andare da un quark ad un antiquark (mesoni)
o confluire in vertici a tre stringhe (barioni). L’energia della
stringa è proporzionale alla sua lunghezza. Se applichiamo una
forza su un quark, la stringa si estende, assorbendo energia, ed
eventualmente si rompe, dando luogo a due mesoni, in cui i
quark sono ancora confinati.
rispettivamente e i gluoni sono completamente neutri.
Questa teoria [18] fu chiamata dai suoi proponenti, H. Fritzsch
e M. Gell-Mann, Cromodinamica Quantistica14, la teoria
quantistica di Yang-Mills basata sul colore.
7 Una svolta inattesa: libertà asintotica
La svolta decisiva per l’affermazione della teoria di YangMills come elemento centrale delle interazioni fondamentali
è nata dai risultati di un calcolo, apparetemente di routine,
effettuato nel 1973 da David Gross e Franck Wilczek [19] e,
indipendentemente, da David Politzer [20].
Il calcolo riguardava la determinazione dell’andamento ad
alto momento trasferito, q2, della costante effettiva di una
teoria non abeliana come la QCD. Il risultato mostrava che la
costante effettiva, g2, tende asintoticamente a zero al crescere
di q2:
(29)
Le interazioni tra quark, estremamente intense alle energie
e momenti trasferiti dell’ordine di q2 ~ 1 GeV 2, decrescono in
intensità e tendono asintoticamente ad una situazione in cui
i quark si comportano come se fossero liberi, una proprietà
cui è stato dato il nome suggestivo di “libertà asintotica” delle
interazioni forti (asymptotic freedom). Il risultato, al tempo
completamente inatteso, giustifica le relazioni di scala nelle
sezioni d’urto, che erano state osservate alla fine degli anni
sessanta e nei primi anni settanta nei processi di diffusione
elettrone-protone e neutrino-protone ad alto momento
trasferito.
Le leggi di scala, identificate in precedeza da J. D. Bjorken,
erano state interpretate da R. Feynman come indicative del
fatto che i costituenti elementari del protone (che Feynman
aveva chiamato genericamente partoni) si comportano, nella
diffusione dell’elettrone o del neutrino, come se fossero liberi
da interazione.
Lo stesso Feynman aveva osservato che circa il 50% del
momento del protone è portato da particelle elettricamente
neutre, che nella QCD sono naturalmente associate ai gluoni.
L’investigazione sperimentale dei processi di diffusione a
grandi momenti trasferiti (deep inelastic scattering) di elettroni
e neutrini ha portato a concludere che il protone (ed ogni
altro adrone) partecipa ai processi a grande momento
trasferito come se fosse costituito da un insieme incoerente
di gluoni, quark e antiquark dei diversi sapori, ciascuno
caratterizzato da una funzione, Pi (x), che dà la probabilità
di trovare nel protone un partone di un dato tipo i = u, d, s,
…, g, con una frazione x del momento del protone stesso.
Le funzioni Pi (x) prendono il nome di funzioni di struttura del
protone (o dell’adrone in considerazione).
L’approccio logaritmico alla libertà asintotica, eq. (29),
fa sì che le relazioni di scala siano affette da correzioni
logaritmiche, che sono state accuratamente calcolate da
diversi autori [21] e confrontate con i dati sperimentali ad
energie via via crescenti.
L’accordo straordinario tra previsioni teoriche e osservazioni
sperimentali costituisce oggi una solida prova a favore della
QCD come teoria delle interazioni forti [22].
14
in inglese, Quantum Chromo Dynamics, QCD.
vol31 / no5-6/ anno2015 >
31
8 Y-M, sessant’anni dopo
Sessant’anni dalla sua pubblicazione, l’idea che le
interazioni siano generate da una simmetria locale è
diventato il paradigma centrale della fisica fondamentale.
Gravità, interazioni elettrodeboli e interazioni forti sono
descritte, con vari gradi di precisione ma senza alcun reale
conflitto con le osservazioni, da interazioni “di gauge”
generate dalla sostituzione minimale.
La lagrangiana di Yang-Mills, senza termini aggiuntivi di
massa, è risultata rinormalizzabile, che ci sia o no la rottura
spontanea causata da un vuoto non simmetrico. Il lato
oscuro della teoria di Yang-Mills al momento della sua
creazione, la massa associata ai quanti dei campi vettoriali,
bosoni intermedi o gluoni, è stato anche sostanzialmente
chiarito. Nel caso di rottura spontanea con riduzione ad un
gruppo di gauge abeliano, i bosoni associati alle simmetrie
spontaneamente rotte prendono una massa mentre il campo
associato alla simmetria abeliana rispettata (il fotone) resta
a massa zero. Se non c’è rottura spontanea, contrariamente
a quanto pensavano Y-M, i campi di una simmetria non
abeliana restano tutti a massa nulla, ma sono confinati,
Bibliografia
[1] H. Weyl, “The Theory of Groups and Quantum Mechanics”. Dover
Books on Mathematics (Dover Publications) 1950.
[2] L. O’Raifeartaigh, “The Dawning of Gauge Theory”, (Princeton
University Press) 1997.
[3] vedi, ad esempio, L. Maiani, and O. Benhar, O. Benhar, L. Maiani,
“Meccanica Quantistica Relativistica” (Editori Riuniti University
Press) 2012; “Relativistic Quantum Mechanics: an Introduction to
Quantum Fields” (Taylor and Francis) 2015.
[4] C. N. Yang and R. Mills, Phys., 96 (1954) 191.
[5] R.P. Feynman and M. Gell-Mann, Phys. Rev., 109 (1958) 193;
S.S. Gershtein, and J.B. Zeldovich, Sov. Phys. JETP, 2 (1957) 576.
[6] S. L. Glashow, Nucl. Phys., 22 (1961) 579.
[7] F. Englert and R. Brout, Phys. Rev. Lett., 13 (1964) 321; P.W. Higgs,
Phys. Lett., 12 (1964) 132; Phys. Rev. Lett., 13 (1964) 508.
[8] S. Weinberg, Phys. Rev. Lett., 19, (1967) 1264.
[9] A. Salam, in N. Svartholm: Elementary Particle Theory, “Proceedings
of the Nobel Symposium 1968”. Lerum Sweden (1968) pp. 367-377.
[10] G. ‘t Hooft, M. J. G. Veltman, Nucl. Phys. B, 44 (1972) 183.
[11] M. Gell-Mann, Phys. Lett., 8 (1964) 214.
insieme alle altre particelle che non sono singoletti, i quark,
all’interno dei singoletti della simmetria, gli adroni. Non
sembrano esserci altre possibilità, ma queste sono sufficienti
per riportare l’idea di Yang-Mills in accordo con il mondo
reale.
Tutti ci chiediamo, adesso, quale potrà essere il prossimo
passo.
è difficile pensare che la Natura si accontenti di
quattro interazioni, derivate dallo stesso principio,
ma permanentemente separate in capitoli differenti.
L’unificazione completa, il sogno coltivato da Einstein
quando il mondo sembrava dominato da gravità ed
elettromagnetismo, si ripropone adesso con gravità e
Yang-Mills.
Molte teorie sono state proposte, Grande Unificazione,
Supersimmetria, Technicolor, Stringhe, per superare la
barriera. Sono convinto che la risposta potrà venire solo
dall’esplorazione sperimentale della regione di energia in cui
siamo appena entrati, con il Large Hadron Collider, o in quella
immediatamente successiva. Come negli anni cinquanta,
il futuro, ancora una volta, è nascosto nelle Alte Energie.
[12] G. Zweig, “An Su(3) Model For Strong Interaction Symmetry And Its
Breaking. 2”, CERN-TH-412.
[13] K.A. Olive et al. (Particle Data Group), Chin. Phys. C, 38, (2014)
090001.
[14] N. Cabibbo, Phys. Rev. Lett., 10 (1963) 531.
[15] S. L. Glashow, J. Iliopoulos, L. Maiani, Phys. Rev., D2 (1970) 1285.
[16] M. Kobayashi, T. Maskawa, Progr. Theor. Phys., 49 (1973) 652.
[17] M. Y. Han, Y. Nambu, Phys. Rev., 139 4B (1965) B1006.
[18] H. Fritzsch and M. Gell-Mann, Proceedings of the XVI International
Conference on High Energy Physics. Chicago 1972, a cura di
J. D. Jackson, A. Roberts, eConf C 720906V2 (1972) p. 135
[hep-ph/0208010]; vedi anche S. Weinberg, Phys. Rev. Lett., 31
(1973) 494.
[19] D. J. Gross and F. Wilczek, Phys. Rev. D 8 (1973) 3633; Phys. Rev. D,
9 (1974) 980.
[20] H. D. Politzer, Phys. Rev. Lett., 30 (1973) 1346.
[21] in particolare da G. Altarelli, G. Parisi, Nucl. Phys., B126 (1977) 298;
Y.L. Dokshitzer, Sov. Phys. JETP., 46 (1977) 691.
[22] vedi ad esempio G. Altarelli, “The Development of Perturbative
QCD”, (World Scientific, Singapore) 1994.
Luciano Maiani
Luciano Maiani, fisico teorico, è Professore Emerito presso Sapienza Università di Roma.
è stato presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Direttore Generale del
CERN di Ginevra, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e presidente della
Commissione Nazionale Grandi Rischi. Autore di più di 200 pubblicazioni su riviste
internazionsi, tra i suoi contributi, la previsione, insieme a S. L. Glashow e a J. Iliopoulos,
dell’esistenza di un quarto tipo di quark, il quark charm. Per i suoi contributi, ha ricevuto
numerosi riconoscimenti, tra cui: Premio Fermi (SIF), Dirac Medal (ICTP), High Energy
and Particle Physics Prize (EPS), Bruno Pontecorvo Prize (JINR, Dubna). Maiani continua
le sue ricerche sulla fisica teorica delle particelle fondamentali alla Sapienza e al CERN.
32 < il nuovo saggiatore
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