Sessant’anni di Yang-Mills Luciano Maiani Dipartimento di Fisica, Sapienza Università di Roma, Roma, Italia INFN Sezione di Roma, Roma, Italia Sessant’anni fa, Chen Nin Yang e Robert Mills pubblicavano un breve lavoro che avrebbe segnato una nuova epoca nella fisica teorica delle particelle fondamentali, quella delle teorie di gauge non abeliane. L’invarianza di gauge dell’elettromagnetismo, tradotta nella meccanica quantistica da London a da Fock come invarianza per trasformazioni di fase della funzione d’onda, aveva una caratteristica che risuonava bene nelle menti dei fisici teorici: la simmetria determina completamente la dinamica delle particelle cariche nel campo elettromagnetico. Yang e Mills estendono questo concetto ad una simmetria non commutativa (in gergo: non abeliana), quale era la simmetria che, proprio in quegli anni, emergeva dagli esperimenti sulle particelle nucleari, la simmetria che, per oscure ragioni, chiamiamo di “spin isotopico”. Ci sono voluti decenni perchè i fisici apprezzassero appieno la portata delle teorie di gauge non abeliane ma, sessant’anni dopo, possiamo dire che Yang e Mills hanno conquistato il campo: tutte le interazioni che agiscono a livello delle particelle fondamentali sono derivabili da simmetrie di gauge, abeliane e non abeliane. Questo articolo illustra le sorprese che Yang e Mills hanno incontrato sul loro cammino, le brillanti soluzioni che seguirono per aggirare ostacoli che sembravano insormontabili e il modo in cui si è arrivati a quella che chiamiamo la Teoria Standard. 1 Simmetrie locali Poche teorie hanno esercitato sui loro contemporanei un fascino pari a quello della Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein (fig. 1), apparsa nel 1915. L’invarianza delle leggi fisiche sotto trasformazioni arbitrarie di coordinate e la non superabilità della velocità della luce tolgono dalla scena ogni traccia dell’ “Azione a distanza” che caratterizzava la gravitazione di Newton. L’osservatore in un punto dello spaziotempo, x, è influenzato solo da quanto avviene nelle sue immediate vicinanze, hic et nunc. Nei suoi paraggi, lo spaziotempo appare piatto (la gravità sparisce se siamo in caduta libera come gli 22 < il nuovo saggiatore astronauti in orbita) e le trasformazioni generali di coordinate si riducono alle trasformazioni di Lorentz della Relatività Speciale. Possiamo vedere la Relatività Generale come la teoria dell’invarianza delle leggi per trasformazioni di Lorentz che dipendono dal punto. Le particelle percorrono le geodesiche dello spazio-tempo così che la dinamica delle forze gravitazionali è determinata completamente dalla geometria. Il raccordo è fornito dall’equazione di Einstein, secondo la quale il tensore di Riemann (geometria) deve essere uguale al tensore impulsoenergia (forze), a meno di un fattore determinato dalla costante della gravitazione di Newton. Ma nel mondo non ci sono solo le forze gravitazionali e, nel 1915, questo significava parlare delle forze elettromagnetiche e delle equazioni di Maxwell. Il monumentale lavoro di Lorentz, con la sua teoria dell’elettrone, e la nascente Meccanica Quantistica, i quanti di Planck e l’atomo di Bohr, indicavano che sono proprio le forze elettromagnetiche a determinare il comportamento della materia, dall’atomo in su. A quel tempo, Rutherford aveva già individuato il nucleo atomico, ma esso era visto solo come sorgente delle forze coulombiane che legano nell’atomo gli elettroni © Derek Leinweber, CSSM University of Adelaide Scienza in primo piano Fig. 1 Foto di gruppo alla conferenza in onore di Albert Einstein per il suo 70° compleanno, all’ Institute for Advanced Study, Princeton 1949. Da sinistra H. P. Robertson, E. Wigner, H. Weyl, K. Goedel, I. I. Rabi, A. Einstein, R. Ladenburg, J. R. Oppenheimer, G. H. Clemence. Fonte: Hystorical Photograph Collection, Princeton University Library. “planetari”. L’individuazione delle forze nucleari e deboli era ancora di là da venire. In questo quadro, nel 1918, Hermann Weyl [1] formula la sua teoria di gauge delle interazioni elettromagnetiche1. Weyl postula che l’invarianza per trasformazioni locali di coordinate si estenda anche alla calibrazione delle lunghezze fisiche (gauge = calibro)2: (1) , 1 un resoconto accurato sull’origine delle teorie di gauge si trova in [2] 2 è quella che termini moderni, chiamiamo invarianza di scala. con λ funzione reale delle coordinate, e mostra che il fattore di scala, λ(x), è determinato dai coefficienti di una forma differenziale, Aμ(x): (2) (4) . . L’integrale va eseguito su un cammino che, partendo dall’origine, arriva al punto x. Il cammino è arbitrario e si ottiene o meno lo stesso risultato per tutti i cammini, a seconda del verificarsi o meno della condizione di integrabilità: (3) delle nuove forze determinate da Fμν e la corrispondente equazione del moto prende la forma . Quando questo non avviene, ci sono è una equazione del tipo dell’equazione di Einstein, un ente geometrico eguagliato ad un ente dinamico, che determina le forze che si esercitano sulla materia che porta la qualità associata alla corrente J μ. Weyl identifica, ovviamente, J μ con la corrente elettromagnetica, la costante e con la carica elettrica elementare, e F μν con il tensore di Maxwell, che riassume in sé i campi elettrici e magnetici. vol31 / no5-6/ anno2015 > 23 scienza in primo piano che permette di rendere l’equazione di Schroedinger invariante per le sostituzioni (8) (9) sulla funzione d’onda dell’elettrone e sul campo elettromagnetico. Weyl, nel 1929, accettò la cruciale introduzione dell’unità immaginaria nell’esponente e propose, anzi, che l’invarianza per le trasformazioni (8) e (9) dovesse essere il principio da cui derivare le leggi dell’elettrodinamica, principio cui attribuì il nome di principio di gauge o principio minimale. Il lavoro di H. Weyl del 1929 segna l’inizio delle moderne teorie di gauge. Chen Nin Yang (fig. 2) venne a conoscenza delle idee di Weyl attraverso un articolo illustrativo di W. Pauli che aveva letto da studente a Chicago. 2 Fisica delle particelle negli anni cinquanta Fig. 2 Chen Ning Yang. Einstein fece subito notare, tuttavia, che le leggi della fisica non sono invarianti sotto trasformazioni di scala3, e l’elegante teoria del campo elettromagnetico dovette essere abbandonata. Come avrebbe detto molto più tardi un altrettanto eminente fisico, Richard Feynman, “it doesn’t matter how beautiful your theory is, it doesn’t matter how smart you are. If it doesn’t agree with experiment, it’s wrong”. Con l’avvento della Meccanica Quantistica, V. Fock, 1926, in relazione all’equazione di Schroedinger per l’elettrone, e F. London, 1927, nel formulare la teoria della superconduttività, osservarono che la sostituzione minimale dell’elettromagnetismo classico [3] (5) dà luogo, nell’equazione di Schroedinger, alla sostituzione (6) (7) Nel frattempo, il clima nella fisica era completamente cambiato. All’inizio degli anni cinquanta, l’attenzione era concentrata sulle interazioni nucleari, le interazioni forti, e sulle interazioni deboli, le nuove forze individuate da Fermi negli anni trenta nei decadimenti β dei nuclei e di cui adesso si cominciavano ad osservare nuovi esempi nei decadimenti delle nuove particelle, il muone, il pione, le particelle strane. Nei primi esperimenti con fasci di pioni, al Ciclotrone di Chicago, Fermi aveva osservato la prima “risonanza” barionica e ottenuto la sorprendente conferma di una nuova simmetria, la simmetria dello spin isotopico, che caratterizza le particelle sensibili alle interazioni forti (“adroni” dal greco adros = forte). La simmetria di spin isotopico (in breve: isospin) era stata introdotta da Werner Heisenberg negli anni trenta, in relazione alla sorprendente similarità delle masse del protone e del neutrone (i “nucleoni”)4 e consisteva nel supporre che le forze nucleari fossero simmetriche per la sostituzione di protone e neutrone con arbitrarie sovrapposizioni lineari di questi due stati. Naturalmente, questa simmetria non è rispettata dalle forze elettromagnetiche, che distinguono il protone (carica elettrica +e) dal neutrone (carica elettrica 0). Ma le forze nucleari sono molto più intense delle forze elettromagnetiche e con Heisenberg si poteva supporre che la simmetria ci desse informazioni sulla degenerazione dei livelli nucleari, 3 l’osservazione che le leggi della fisica non sono invarianti per trasformazioni di scala risale a Galileo Galilei; in una teoria invariante di scala, tutte le particelle dovrebbero avere massa nulla come il fotone. 24 < il nuovo saggiatore 4 si trova: Mn – Mp ~ +1.4 · 10–3 Mp . l. maiani: sessant’anni di yang-mills almeno per nuclei abbastanza leggeri da poter trascurare le repulsioni coulombiane tra protoni. In analogia con quanto avviene per lo spin delle particelle (di qui il nome della simmetria) la simmetria implicava che i nuclei si presentassero in multipletti di spin isotopico I, con 2I +1 stati e cariche elettriche distanziate di una unità, secondo la regola un risultato che non dipende dall’ordine in cui abbiamo eseguito le due trasformazioni. Al contrario, l’applicazione di due trasformazioni di isospin, prima U e poi V conduce alla trasformazione complessiva: (14) (10) , dove Q è la carica elettrica in unità della carica del protone, B il numero barionico5 e I3 la terza componente dello spin isotopico, analoga al numero quantico magnetico del momento angolare. La sorpresa degli anni cinquanta era che anche gli adroni recentemente scoperti rispettavano la simmetria di isospin e si presentavano in multipletti, ciascuno caratterizzato da un valore I dello spin isotopico e da cariche elettriche date da una formula analoga6: (11) ; S è un nuovo numero quantico introdotto da M. Gell-Mann per caratterizzare le particelle strane (S = 0 per nucleoni e pioni, S = +1 per K +,K 0, S = –1 per l’iperone Λ, etc.). Le osservazioni di Fermi al Ciclotrone di Chicago, mostravano in modo convincente che la simmetria non era qualcosa di accidentale, ma si riferiva ad una proprietà fondamentale delle interazioni forti, di validità generale. La regola base della simmetria di isospin si può riassumere nelle sostituzione (12) , dove U è una qualsiasi matrice complessa7 2 × 2. La sostituzione (12) è simile a quella illustrata nella (8), con due importanti differenze. In primo luogo, il prodotto di matrici non gode della proprietà commutativa come il prodotto dei fattori di fase che compaiono nella (8). Se eseguiamo nella (8) due trasformazioni in sequenza caratterizzate dalle fasi λ e ρ, otteniamo (13) , 5 Pari al numero totale dei nucleoni (protoni e neutroni). 6 nota come formula di Gell-Mann e Nishijima. che in genere è diversa dalla trasformazione ottenuta eseguendo prima V e poi U, che è pari a (15) , poiché, in genere, VU ≠ UV. Un gruppo commutativo, quale quello formato dalle traformazioni di fase (8), è comunemente indicato con il termine gruppo abeliano8. Il gruppo SU(2) delle trasformazioni (14), per confronto, è un gruppo non abeliano. In secondo luogo, le trasformazioni (12) sono trasformazioni globali. Al contrario della fase attribuita a ψ(x) nella (8) che è diversa da un punto all’altro, gli stati p e n definiti nella (12) si riferiscono ad una definizione di protone e neutrone che deve essere condivisa, ad un dato istante di tempo, da tutti gli osservatori dell’Universo e che è trasformata dalla matrice U in tutti i punti dell’Universo, simultaneamente. 3 Yang-Mills Nel 1953, C. N. Yang e R. Mills si proposero di formulare una teoria delle simmetria di isospin che non suggerisse, per dirla con Einstein, alcuna “spooky action-at-a-distance”. Sembra che questo (il concetto di simmetria globale) non sia consistente con il concetto di campi localizzati alla base delle usuali teorie fisiche. Nel presente lavoro, vogliamo esplorare la possibilità di richiedere che tutte le interazioni siano invarianti sotto trasformazioni indipendenti di spin isotopico in tutti i punti dello spazio-tempo, in modo tale che l’orientamento relativo dello spin isotopico in due punti dello spazio tempo divenga una quantità priva di significato fisico (se ignoriamo i campi elettromagnetici). Questo il programma, enunciato in apertura dell’articolo [4]. Si trattava, in sostanza, di estendere la costruzione della teoria di gauge abeliana di London e Weyl, sintetizzata nella sostituzione minimale (7), ad una teoria di gauge nonabeliana. La sostituzione minimale coinvolge adesso diversi 7 per semplicità si richiede che la matrice U abbia determinante pari all’unità; l’insieme delle matrici di questo tipo forma un gruppo in cui vale la regola di moltiplicazione definita dal prodotto tra matrici righe × colonne. è il gruppo SU(2), le matrici Speciali e Unitarie in 2 dimensioni. 8 dal nome del matematico norvegese Niels Henrik Abel. vol31 / no5-6/ anno2015 > 25 scienza in primo piano Fig. 3 Chen Ning Yang e Robert Mills, al simposio in onore di C. N. Yang, University of New York, Stony Brook, 1999. © Nu Xu, Brookhaven National Lab. (http://www-rnc.lbl.gov/~nxu/photo/yangpicture/p5220211.jpg) campi vettoriali, tanti quanti sono i generatori del gruppo (tre, nel caso di SU(2)), analoghi al potenziale vettore elettromagnetico. Gli sviluppi successivi dell’articolo mantengono quanto promesso e presentano una elegante teoria dell’elettrodinamica non abeliana, che mantiene molte delle proprietà della elettrodinamica che conosciamo, con qualche sorpresa ed un serio problema. Nella teoria di Yang-Mills, come in elettrodinamica e in Relatività Generale, la simmetria (invarianza sotto trasformazioni non abeliane locali) determina l’interazione dei campi vettoriali con la materia (i nucleoni). L’intensità dell’interazione è fissata da una costante, g, del tutto analoga alla carica elettrica e che appare nella (8). A differenza dell’elettrodinamica, tuttavia, i campi vettoriali sono essi stessi sensibili alle trasformazioni non abeliane e quindi interagiscono tra loro in un modo anch’esso determinato completamente dalla simmetria e dalla costante di interazione g. Anche in assenza di materia, la teoria di Yang-Mills descrive un mondo complicato di campi vettoriali in interazione tra loro. Si riproduce la situazione della gravità in cui il campo 26 < il nuovo saggiatore gravitazionale esercita un’attrazione anche sulle onde gravitazionali che lo attraversano. La teoria di YangMills è una versione enormemente semplificata, ma assolutamente non triviale, della teoria della gravità di Einstein. Il problema è quello della massa delle particelle associate ai campi vettoriali. Nell’approssimazione g=0, queste particelle hanno tutte massa zero, proprio come avviene per il fotone in elettrodinamica e in conflitto con l’osservazione che in Natura non ci sono altre particelle di massa zero oltre al fotone. In elettrodinamica la massa del fotone è zero nel limite e =0 e tale si mantiene anche in presenza di interazione, proprio a causa dell’invarianze di gauge. Yang e Mills arguiscono che questo argomento non si può estendere alla loro teoria, mantenendo così aperta la possibilità che le correzioni di ordine g2 possano spingere la massa dei campi vettoriali a valori diversi da zero. Oggi sappiamo che la soluzione del problema non è questa, ma dobbiamo dare atto a Yang e Mills (fig. 3) di aver intuito che c’erano dei lati oscuri nel problema della massa dei campi vettoriali, tali da giustificare ulteriori approfondimenti (si dice che Pauli avesse scoperto per suo conto le teorie di gauge non abeliane, ma non avesse pubblicato i risultati proprio perchè pensava che la questione della massa fosse un ostacolo insuperabile). 4 Un’idea in cerca di applicazione Pubblicata nel 1954, la teoria di Yang e Mills è rimasta a lungo un’idea elegante in cerca di applicazione. Il successo della simmetria di spin isotopico ha fatto pensare che la teoria delle Interazioni Forti fosse il suo campo di applicazione naturale e i mesoni di spin 1 scoperti nel 1961 (i mesoni ρ, ω e K*) sono stati per un certo tempo identificati con i campi di gauge delle Interazioni Forti. Tuttavia, la teoria della dominanza dei mesoni vettoriali (vector meson dominance) non è mai andata oltre un limitato successo fenomenologico. Una seconda linea di pensiero, iniziata da J. Schwinger, indicava le interazioni deboli ed elettromagnetiche come il campo naturale di applicazione delle idee di Yang e Mills. Queste idee furono rinforzate dagli sviluppi della teoria delle interazioni di Fermi intervenuti verso la metà degli anni cinquanta. l. maiani: sessant’anni di yang-mills Nel 1958, Feynman e Gell-Mann e altri [5] proponevano che le interazioni di Fermi fossero di natura vettoriale, quindi dovute allo scambio di una particella elettricamente carica e di spin 1, il cosiddetto bosone vettoriale intermedio, W ±. Inoltre, per spiegare la quasi eguaglianza delle costanti di Fermi dei decadimenti beta del neutrone e del muone, valida entro qualche percento, avanzavano l’ipotesi che la corrente vettoriale che interviene nel decadimento del neutrone fosse proprio la corrente associata alla simmetria dello spin isotopico. Una corrente conservata dalle interazioni forti, “proprio come vorrebbe una teoria di gauge”. La simmetria di spin isotopico, così prominente nei fenomeni nucleari, sarebbe stata dunque la base per una teoria di gauge delle interazioni deboli ed elettromagnetiche! Lo schema su cui adattare queste idee è diverso da quello della (12), e sarebbe basato su doppietti di materia (materia adronica e materia leptonica9, che si trasformano tutti allo stesso tempo, sotto le trasformazioni di un nuovo gruppo SU(2), indicato col nome di isospin debole: (16) (17) L’ ostacolo principale su questa linea è rappresentato dalla massa dei bosoni intermedi che, lungi da essere nulla come faceva sospettare la teoria di Yang-Mills, deve essere abbastanza grande affinchè queste particelle non diano effetti visibili nei decadimenti deboli del neutrone, del muone e delle altre particelle. Inoltre lo schema (16) non permette di includere i decadimenti beta delle particelle strane, sui quali in quegli anni si cominciavano a raccogliere dati precisi. Nel 1961, Sheldon Glashow, che era stato uno studente 9 col nome leptoni si indicano le particelle insensibili alle interazioni forti, come l’elettrone, il muone e i loro neutrini. Il termine deriva dal greco leptos = leggero, che ricorda che tutte le particelle appena citate sono più leggere del nucleone. Questa denominazione si applica tuttavia anche al terzo leptone, la particella τ, nonostante essa sia più pesante del protone.) di Schwinger, proponeva una prima teoria unificata delle interazioni deboli ed elettromagnetiche [6] basata sulla teoria di Yang-Mills. Per superare la seconda delle difficoltà appena enunciate, Glashow proponeva di limitare le sue considerazioni ai soli doppietti leptonici. Inoltre, come soluzione provvisoria ma efficace, proponeva di inserire nella lagrangiana dei termini di massa ad hoc per i bosoni vettori, assumendo che la simmetria di gauge potesse essere violata esplicitamente da queste masse (come la simmetria di spin isotopico è violata dalla differenza di massa protone-neutrone) senza per questo perdere le sue principali virtù. Anche se questa speranza si è rivelata infondata (a posteriori la teoria risulta non rinormalizzabile e quindi matematicamente inconsistente) la teoria di Yang-Mills con termini di massa aggiunti ad hoc è stata uno strumento importante per esplorare le proprietà fenomenologiche dell’unificazione elettrodebole. Glashow ha identificato per primo il gruppo di gauge appropriato per descrivere le interazioni elettrodeboli, il gruppo SU(2) ⊗ U(1), con la conseguente necessità dell’esistenza di un bosone intermedio neutro, lo Z 0, in aggiunta ai bosoni carichi W ± e al fotone. è rimasto a lungo misterioso come si potesse “dare una massa” ai bosoni vettori in una teoria con accoppiamento debole (g ~ − e). Il problema è stato risolto in modo soddisfacente solo verso la metà degli anni ‘60, con la scoperta del cosiddetto meccanismo di Brout-Englert-Higgs, legato alla rottura spontanea della simmetria di gauge [7], nella seconda metà degli anni sessanta. La teoria formulata da Steven Weinberg [8] e da Abdus Salam [9] incorporava il meccanismo di Brout-Englert-Higgs risolvendo il problema della massa dei bosoni vettoriali, ma era ancora limitata ai doppietti leptonici, lasciando in sospeso il problema della materia strana. Mancava ancora qualcosa. Sul piano formale, il problema veniva chiuso nel 1972 dai lavori di Gerardt ‘t-Hooft e Martinus Veltman [10], che mostravano che la teoria di Weinberg e Salam, con la massa dei bosoni intermedi associata alla rottura spontanea di simmetria, è rinormalizzabile come l’elettrodinamica, aprendo la strada alle moderne verifiche di precisione della teoria. vol31 / no5-6/ anno2015 > 27 scienza in primo piano 5 Quark, angoli e ancora quark L’inizio degli anni sessanta segna una vera e propria rivoluzione nella fisica delle particelle. M. Gell-Mann [11] e G. Zweig [12], indipendentemente, propongono che gli adroni siano semplicemente degli aggregati di costituenti più fondamentali, cui Gell-Mann dà il nome suggestivo di quark [11]. Bastano tre tipi di quark per riprodurre gli adroni osservati fino ad allora e giudiziosamente catalogati, anno per anno, dal Particle Data Group [13]. I primi due tipi (oggi diciamo sapori) di quark portano l’unità dello spin isotopico +1/2 (su) e –1/2 (giù e vengono indicati in inglese con le lettere u =up (carica elettrica e stranezza: Qu = +2/3, S = 0) e d =down (carica elettrica e stranezza: Qd = –1/3, S = 0); il terzo sapore porta l’unità di stranezza ed è indicato con s = strange (carica elettrica e stranezza: Qs = –1/3, S = –1)10. Le regole che danno la composizione in quark dei vari adroni sono straordinariamente semplici: • barioni=(qqq); esempi: p=(uud), n=(udd), Λ=(uds), etc.; • mesoni=(q q–); esempi: π+ =(u–d), π–=(d–u), K +=(u–s), K 0 =(ds–), etc. Gli anni sessanta vedranno arricchirsi il catalogo con nuove particelle, che andranno a collocarsi all’interno del nuovo paradigma, senza eccezioni. La classificazione sotto l’isospin debole nella (16) si aggiorna, in prima approssimazione, nello schema (18) (19) Tuttavia, il decadimento beta delle particelle strane, ad esempio sia una sovrapposizione dei quark d ed s con un angolo di mescolamento, da allora noto col nome di angolo di Cabibbo. In questo caso, lo schema dell’isospin debole sarebbe (21) Confrontando i decadimenti dei barioni con stranezza con il decadimento del neutrone, si ricava il valore: (22) che riproduce bene anche la deviazione dall’unità del rapporto delle costanti di Fermi del muone e del neutrone: (23) , un rapporto che, nella semplice teoria della corrente vettoriale di Feynman e Gell-Mann, sarebbe esattamente pari all’unità. La classificazione in (21) non è ancora soddisfacente per estendere la teoria di Cabibbo ad una teoria di Yang-Mills unificata. Se lo facciamo, il bosone neutro, Z 0, produrrebbe dei processi con cambiamento di stranezza, del tipo (24) , che sono osservati procedere con probabilità assai inferiori ai processi mediati dal W, ad esempio il decadimento (20). Peraltro, questo era il motivo che aveva impedito a Glashow e, successivamente, a Weinberg e Salam, di includere gli adroni nelle loro teorie unifcate. Nel 1970, S. Glashow, J. Iliopoulos e L. Maiani [15] mostravano che l’introduzione di un quarto sapore di quark, il quark charm, c, avrebbe evitato il conflitto. Lo schema ipotizzato da Cabibbo si doveva modificare nello schema più simmetrico (20) corrisponde alla transizione uds → uud, ovvero s → u e non potrebbe avvenire in questo schema perché s avrebbe isospin 0 e non sarebbe accoppiato a W –. Nicola Cabibbo [14] osservava che le interazioni deboli potrebbero non rispettare la classificazione (18) ma piuttosto richiedere che il quark down con isospin definito 10 il valore negativo di S è dato per consistenza con la classificazione della stranezza dei diversi adroni introdotta originalmente da Gell-Mann. 28 < il nuovo saggiatore (25) La struttura delle (26) indica che quark e leptoni si devono presentare in due “generazioni” identiche tra loro, con una simmetria perfetta tra quark e leptoni. Glashow, Iliopoulos e Maiani mostravano inoltre che l’esistenza del quarto quark avrebbe soppresso i processi con scambio dello Z e cambiamento di stranezza (meccanismo GIM) e deducevano, dai limiti su questi processi, una l. maiani: sessant’anni di yang-mills previsione per la massa del quarto quark, (26) . Era una previsione sorprendente, che conduceva ad un quark con una massa decisamente superiore a quella dei quark conosciuti fino ad allora e portava a prevedere numerose particelle di un nuovo tipo, associate ad un numero quantico, il charm, C, conservato dalle interazioni forti. Come avviene per le particelle strane, le particelle più leggere con C ≠ 0, mesoni e barioni, avrebbero dovuto decadere tramite le interazioni deboli. Nel 1972, con l’introduzione del charm e la prova della rinormalizzabilità della teoria di Weinberg e Salam data da ‘t-Hooft e Veltman, la costruzione di una teoria unificata elettrodebole teoricamente consistente poteva dirsi conclusa. Ma mancava ancora qualcosa per la fisica: lo schema (25) non permette di introdurre alcuna violazione della simmetria 𝒞𝒫, la simmetria tra materia e antimateria11, nelle interazioni deboli. In questo modo si doveva rimandare la spiegazione della violazione osservata nei decadimenti dei mesoni K neutri ad una nuova interazione, da introdurre ad hoc. Nel 1973, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa [16], estendendo la costruzione di Cabibbo, mostravano che l’esistenza di un’ulteriore generazione di quark e leptoni avrebbe permesso l’introduzione di coefficienti complessi nella corrente debole e dato ragione della violazione di 𝒞𝒫. Lo schema nella (25) si doveva estendere alla (27) t e b indicano la nuova famiglia di quark e DW = (dW , sW , bW ) sono le tre combinazioni lineari dei campi dei quark D = (d, s, b) ottenute con una matrice unitaria che generalizza la costruzione di Cabibbo: (28) . Con tre generazioni, UCKM , la matrice di Cabibbo-Kobayashi- 11 ottenuta combinando la coniugazione di carica, 𝒞, che cambia ogni particella nella sua antiparticella, e la trasformazione di parità, 𝒫, che inverte l’orientamento degli assi coordinati. Maskawa, può includere coefficienti complessi che producono la violazione della simmetria 𝒞𝒫. Negli anni ancora successivi, sono state ottenute evidenze decisive per la teoria unificata elettrodebole con tre generazioni di quark e leptoni. La prima evidenza favore dell’esistenza del charm risale 1974, con la scoperta, a Brookhaven e SLAC (USA), della particella J/ψ, interpretata come uno stato legato cc–. A conferma della natura adronica della J/ψ, sono state osservate subito dopo altre particelle della stessa famiglia, nella stessa regione di massa, che rappresentano i diversi stati legati di una coppia di quark pesanti. Nel 1976, sono state ottenute le prime evidenze per • le particelle con charm C = ± 1, • un nuovo leptone pesante, il leptone τ, che portava a tre le famiglie leptoniche, • un nuovo quark di tipo “down”, il quark indicato con la lettera b, per beauty. Diversi esperimenti hanno ottenuto evidenze dirette per l’appartenenza a doppietti elettrodeboli del τ e del b, confermando così lo schema nella (28), fino all’osservazione diretta, al Tevatron, del quark t, per top, 1994, e del neutrino ντ , 2000. Nel 2001, esperimenti condotti a KEK (Giappone) e a SLAC (USA), hanno mostrato un ottimo accordo tra la violazione di 𝒞𝒫 osservata nei decadimenti dei mesoni con beauty e quanto calcolabile a partire dalla fase prevista da Kobayashi e Maskawa. Queste scoperte giustificano ampiamente la convenzione, ormai universale, di associare i nomi di Cabibbo, Kobayashi e Maskawa alla matrice UCKM che caratterizza il mixing dei quark nella teoria con tre famiglie. La struttura di Yang-Mills della teoria elettrodebole è stata ampiamente verificata con gli esperimenti al collisore Spp–S del CERN12, cui è dovuta la prima osservazione dei bosoni intermedi W ± e Z 0 nel 1983, e successivamente ai collisori LEP del CERN, HERA di DESY (Germania) Tevatron di FermiLab (USA), che hanno messo in evidenza, in particolare, le interazioni a tre bosoni vettoriali tipiche della teoria di YangMills. Infine, nel 2012, gli esperimenti ATLAS e CMS, al Large Hadron Collider del CERN (fig. 4), hanno messo in evidenza una particella di spin zero, che tutto fa pensare sia associata al bosone di Brout-Englert-Higgs e alla rottura spontanea della simmetria di gauge elettrodebole. 12 l’acronimo sta per Super Proton-antiProton Synchrotron. vol31 / no5-6/ anno2015 > 29 scienza in primo piano Fig. 4 Rappresentazione grafica dei laboratori CMS e ATLAS al CERN. © CERN. 6 Il colore dei quark Verso la fine degli anni sessanta, si poteva ben affermare che il modello dei quark rendesse conto elegantemente dei mesoni e dei barioni più leggeri e delle risonanze scoperte fino ad allora. Tuttavia, persistevano dubbi sulla reale natura dei quark, da alcuni considerati come un mero artificio matematico, utile per descrivere lo spettro degli adroni ma privo di un’effettiva rispondenza nella realtà. I dubbi erano dovuti in gran parte al problema della simmetria della funzione d’onda dei quark nei barioni ed al fallimento dei tentativi fatti fino ad allora per osservare i quark nelle collisioni di alta energia o in Natura, come particelle stabili13, residuo del Big Bang originario del nostro Universo. Per quanto riguarda il primo punto, è un fatto che, per descrivere la struttura complessiva di spin e di carica dei barioni, è necessario che lo stato di tre quark sia completamente simmetrico per lo scambio dei quark stessi, in contrasto con la relazione spin-statistica 13 dato il valore frazionario della carica elettrica, il quark più leggero deve essere assolutamente stabile. 30 < il nuovo saggiatore che richiede che le particelle di spin 1/2 obbediscano alla statistica di FermiDirac e quindi abbiano una funzione d’onda completamente antisimmetrica. Ignorando questi dubbi, c’erano stati dei tentativi di descrivere le interazioni forti primarie tra quark come dovute allo scambio di una particella vettoriale elettricamente neutra, analoga al fotone, cui era stato dato il nome di gluone, nome derivato dall’inglese “glue = colla”, per il suo ruolo di legare i quark all’interno degli adroni. Il problema della simmetria della funzione d’onda dei barioni, per spin e sapore, trova una soluzione naturale se assumiamo che un quark di un dato sapore possieda un ulteriore numero quantico che prende tre valori. è possibile soddisfare il principio di Pauli, se assumiamo che i barioni, siano nello stato completamente antisimmetrico nei nuovi numeri quantici, una configurazione invariante per trasformazioni di colore (color singlet). Nel 1965, Han e Nambu [17] hanno dato una formulazione elegante di questa ipotesi, introducendo una simmetria SU(3) che opera sugli indici di colore e ipotizzando che la simmetria del colore fosse una simmetria di gauge e i gluoni fossero i campi di Yang-Mills associati al colore stesso. Con argomenti semiquantitativi, Han e Nambu [17] mostravano che gli stati che non sono singoletti di colore, ad esempio un quark o un gluone isolati, avrebbero un’energia infinita rispetto ai singoletti di colore. Questo era dovuto al fatto che i campi vettoriali di YangMills hanno massa nulla, se il colore non è rotto spontaneamente, e quindi generano delle forze a lunga distanza che impediscono ai quark e ai gluoni di “venire fuori” dagli adroni singoletti di colore: un meccanismo di confinamento permanente del tutto inatteso. Una visione più moderna del confinamento è illustrata nella fig. 5. Han e Nambu pensavano a gluoni dotati di carica elettrica e a quark con cariche elettriche intere. All’inizio degli anni settanta fu presa in considerazione una soluzione alternativa, in cui i quark hanno cariche elettriche frazionarie e il numero quantico di colore è completamente indipendente dal sapore. Un quark di un dato sapore si presenta in tre varianti che possiamo caratterizzare con tre “colori” diversi: rosso, verde e blu. I valori delle cariche elettriche attribuite ai quark u, d, ed s per i tre diversi colori sono quelle convenzionali 2/3, –1/3, –1/3 l. maiani: sessant’anni di yang-mills Fig. 5 All’interno degli adroni, i campi condensano in “stringhe” che possono andare da un quark ad un antiquark (mesoni) o confluire in vertici a tre stringhe (barioni). L’energia della stringa è proporzionale alla sua lunghezza. Se applichiamo una forza su un quark, la stringa si estende, assorbendo energia, ed eventualmente si rompe, dando luogo a due mesoni, in cui i quark sono ancora confinati. rispettivamente e i gluoni sono completamente neutri. Questa teoria [18] fu chiamata dai suoi proponenti, H. Fritzsch e M. Gell-Mann, Cromodinamica Quantistica14, la teoria quantistica di Yang-Mills basata sul colore. 7 Una svolta inattesa: libertà asintotica La svolta decisiva per l’affermazione della teoria di YangMills come elemento centrale delle interazioni fondamentali è nata dai risultati di un calcolo, apparetemente di routine, effettuato nel 1973 da David Gross e Franck Wilczek [19] e, indipendentemente, da David Politzer [20]. Il calcolo riguardava la determinazione dell’andamento ad alto momento trasferito, q2, della costante effettiva di una teoria non abeliana come la QCD. Il risultato mostrava che la costante effettiva, g2, tende asintoticamente a zero al crescere di q2: (29) Le interazioni tra quark, estremamente intense alle energie e momenti trasferiti dell’ordine di q2 ~ 1 GeV 2, decrescono in intensità e tendono asintoticamente ad una situazione in cui i quark si comportano come se fossero liberi, una proprietà cui è stato dato il nome suggestivo di “libertà asintotica” delle interazioni forti (asymptotic freedom). Il risultato, al tempo completamente inatteso, giustifica le relazioni di scala nelle sezioni d’urto, che erano state osservate alla fine degli anni sessanta e nei primi anni settanta nei processi di diffusione elettrone-protone e neutrino-protone ad alto momento trasferito. Le leggi di scala, identificate in precedeza da J. D. Bjorken, erano state interpretate da R. Feynman come indicative del fatto che i costituenti elementari del protone (che Feynman aveva chiamato genericamente partoni) si comportano, nella diffusione dell’elettrone o del neutrino, come se fossero liberi da interazione. Lo stesso Feynman aveva osservato che circa il 50% del momento del protone è portato da particelle elettricamente neutre, che nella QCD sono naturalmente associate ai gluoni. L’investigazione sperimentale dei processi di diffusione a grandi momenti trasferiti (deep inelastic scattering) di elettroni e neutrini ha portato a concludere che il protone (ed ogni altro adrone) partecipa ai processi a grande momento trasferito come se fosse costituito da un insieme incoerente di gluoni, quark e antiquark dei diversi sapori, ciascuno caratterizzato da una funzione, Pi (x), che dà la probabilità di trovare nel protone un partone di un dato tipo i = u, d, s, …, g, con una frazione x del momento del protone stesso. Le funzioni Pi (x) prendono il nome di funzioni di struttura del protone (o dell’adrone in considerazione). L’approccio logaritmico alla libertà asintotica, eq. (29), fa sì che le relazioni di scala siano affette da correzioni logaritmiche, che sono state accuratamente calcolate da diversi autori [21] e confrontate con i dati sperimentali ad energie via via crescenti. L’accordo straordinario tra previsioni teoriche e osservazioni sperimentali costituisce oggi una solida prova a favore della QCD come teoria delle interazioni forti [22]. 14 in inglese, Quantum Chromo Dynamics, QCD. vol31 / no5-6/ anno2015 > 31 8 Y-M, sessant’anni dopo Sessant’anni dalla sua pubblicazione, l’idea che le interazioni siano generate da una simmetria locale è diventato il paradigma centrale della fisica fondamentale. Gravità, interazioni elettrodeboli e interazioni forti sono descritte, con vari gradi di precisione ma senza alcun reale conflitto con le osservazioni, da interazioni “di gauge” generate dalla sostituzione minimale. La lagrangiana di Yang-Mills, senza termini aggiuntivi di massa, è risultata rinormalizzabile, che ci sia o no la rottura spontanea causata da un vuoto non simmetrico. Il lato oscuro della teoria di Yang-Mills al momento della sua creazione, la massa associata ai quanti dei campi vettoriali, bosoni intermedi o gluoni, è stato anche sostanzialmente chiarito. Nel caso di rottura spontanea con riduzione ad un gruppo di gauge abeliano, i bosoni associati alle simmetrie spontaneamente rotte prendono una massa mentre il campo associato alla simmetria abeliana rispettata (il fotone) resta a massa zero. Se non c’è rottura spontanea, contrariamente a quanto pensavano Y-M, i campi di una simmetria non abeliana restano tutti a massa nulla, ma sono confinati, Bibliografia [1] H. Weyl, “The Theory of Groups and Quantum Mechanics”. Dover Books on Mathematics (Dover Publications) 1950. [2] L. O’Raifeartaigh, “The Dawning of Gauge Theory”, (Princeton University Press) 1997. [3] vedi, ad esempio, L. Maiani, and O. Benhar, O. Benhar, L. Maiani, “Meccanica Quantistica Relativistica” (Editori Riuniti University Press) 2012; “Relativistic Quantum Mechanics: an Introduction to Quantum Fields” (Taylor and Francis) 2015. [4] C. N. Yang and R. Mills, Phys., 96 (1954) 191. [5] R.P. Feynman and M. Gell-Mann, Phys. Rev., 109 (1958) 193; S.S. Gershtein, and J.B. Zeldovich, Sov. Phys. JETP, 2 (1957) 576. [6] S. L. Glashow, Nucl. Phys., 22 (1961) 579. [7] F. Englert and R. Brout, Phys. Rev. Lett., 13 (1964) 321; P.W. Higgs, Phys. Lett., 12 (1964) 132; Phys. Rev. Lett., 13 (1964) 508. [8] S. Weinberg, Phys. Rev. Lett., 19, (1967) 1264. [9] A. Salam, in N. Svartholm: Elementary Particle Theory, “Proceedings of the Nobel Symposium 1968”. Lerum Sweden (1968) pp. 367-377. [10] G. ‘t Hooft, M. J. G. Veltman, Nucl. Phys. B, 44 (1972) 183. [11] M. Gell-Mann, Phys. Lett., 8 (1964) 214. insieme alle altre particelle che non sono singoletti, i quark, all’interno dei singoletti della simmetria, gli adroni. Non sembrano esserci altre possibilità, ma queste sono sufficienti per riportare l’idea di Yang-Mills in accordo con il mondo reale. Tutti ci chiediamo, adesso, quale potrà essere il prossimo passo. è difficile pensare che la Natura si accontenti di quattro interazioni, derivate dallo stesso principio, ma permanentemente separate in capitoli differenti. L’unificazione completa, il sogno coltivato da Einstein quando il mondo sembrava dominato da gravità ed elettromagnetismo, si ripropone adesso con gravità e Yang-Mills. Molte teorie sono state proposte, Grande Unificazione, Supersimmetria, Technicolor, Stringhe, per superare la barriera. Sono convinto che la risposta potrà venire solo dall’esplorazione sperimentale della regione di energia in cui siamo appena entrati, con il Large Hadron Collider, o in quella immediatamente successiva. Come negli anni cinquanta, il futuro, ancora una volta, è nascosto nelle Alte Energie. [12] G. Zweig, “An Su(3) Model For Strong Interaction Symmetry And Its Breaking. 2”, CERN-TH-412. [13] K.A. Olive et al. (Particle Data Group), Chin. Phys. C, 38, (2014) 090001. [14] N. Cabibbo, Phys. Rev. Lett., 10 (1963) 531. [15] S. L. Glashow, J. Iliopoulos, L. Maiani, Phys. Rev., D2 (1970) 1285. [16] M. Kobayashi, T. Maskawa, Progr. Theor. Phys., 49 (1973) 652. [17] M. Y. Han, Y. Nambu, Phys. Rev., 139 4B (1965) B1006. [18] H. Fritzsch and M. Gell-Mann, Proceedings of the XVI International Conference on High Energy Physics. Chicago 1972, a cura di J. D. Jackson, A. Roberts, eConf C 720906V2 (1972) p. 135 [hep-ph/0208010]; vedi anche S. Weinberg, Phys. Rev. Lett., 31 (1973) 494. [19] D. J. Gross and F. Wilczek, Phys. Rev. D 8 (1973) 3633; Phys. Rev. D, 9 (1974) 980. [20] H. D. Politzer, Phys. Rev. Lett., 30 (1973) 1346. [21] in particolare da G. Altarelli, G. Parisi, Nucl. Phys., B126 (1977) 298; Y.L. Dokshitzer, Sov. Phys. JETP., 46 (1977) 691. [22] vedi ad esempio G. Altarelli, “The Development of Perturbative QCD”, (World Scientific, Singapore) 1994. Luciano Maiani Luciano Maiani, fisico teorico, è Professore Emerito presso Sapienza Università di Roma. è stato presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Direttore Generale del CERN di Ginevra, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e presidente della Commissione Nazionale Grandi Rischi. Autore di più di 200 pubblicazioni su riviste internazionsi, tra i suoi contributi, la previsione, insieme a S. L. Glashow e a J. Iliopoulos, dell’esistenza di un quarto tipo di quark, il quark charm. Per i suoi contributi, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui: Premio Fermi (SIF), Dirac Medal (ICTP), High Energy and Particle Physics Prize (EPS), Bruno Pontecorvo Prize (JINR, Dubna). Maiani continua le sue ricerche sulla fisica teorica delle particelle fondamentali alla Sapienza e al CERN. 32 < il nuovo saggiatore