BREAK EVEN POINT Il punto di pareggio in volumi: prima di considerare la teoria consideriamo un’esempio per capire a cosa si riferisce bene il termine “punto di peggio”. esmepio: prendiamo il caso di una panetterie e consideriamo che ci sono: • Paga 700 affitto • Paga 800 lavoro. • Paga 300 pubblicità. • Vende pane a 8 euro/kg. • La farina costa 1 euro/kg di pane. • Lieviti e altri ingredienti costano 2 euro/kg di pane. Quanti kg deve produrre e vendere il panettiere per non essere in perdita? Ogni kg di pane ricava 8 euro, ma allo stesso tempo ogni kilo costa 2 euro + 1 euro, dunque il guadagno al kg risulta essere 8-3=5 euro; questi 5 euro non sono però tutto utile perché deve pagare l’affitto, la pubblicità e il lavoro. Quante volte deve dunque “mettere via 5 euro” per coprire queste altre spese? il risultato è dato da (700+800+300)/5=360. Questa questione nelle aziende è molto importante e si riferisce al punto di pareggio, detto break even point, che esprime il valore o u la quantità tale per cui l’azienda ha un utile pare a zero. Parlando teoricamente possiamo dire che la determinazione del punto di pareggio è uno degli elementi più importanti dell’analisi costi-volumi-risultati. Il punto di pareggio è l’ammontare di vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali. Il punto di pareggio può essere inteso come il numero di pezzi da produrre e vendere per andare a pareggio (punto di pareggio in volumi) o come fatturato da conseguire per andare a pareggio (punto di pareggio in fatturato). Ora analizziamo l’ammontare di vendite che occorre conseguire per coprire tutti i costi di gestione caratteristica, ossia il punto di pareggio operativo, mentre dopo analizzeremo il punto di pareggio complessivo, da conseguire per coprire i costi di gestione caratteristica, i costi finanziari e fiscali. Vediamo i passaggi matematici che consentono di determinare i volumi di prodotto da produrre e vendere per coprire tutti i costi di gestione caratteristica: Abbiamo detto che il punto di pareggio (nella dimostrazione rappresentato da q) è rappresentato dal volume di produzione per il quale i ricavi totali sono uguali ai costi totali di gestione caratteristica, dunque scriviamo che: RT (ricavi totali) = CT (costi totali) che è uguale a dire: RT (ricavi totali) = CF (costi fissi) + CV (costi variabili) ma sia i ricavi che i costi variabili totali dipendono dalla quantità prodotta, dunque possiamo riscrivere entrambi come: RVu x q = CF + (CVu x q) dove Ru= ricavi unitari (prezzo del prodotto). (RVu x q ) — (CVu x q) = CF q( RVu — CVu ) = CF CF q = Ru — CVu La differenza tra ricavi unitari e costi variabili unitari viene comunemente denominata margine di contribuzione unitario (MDCu). Al fine di ottenere un indicatore relativo, è utile esprimere il margine di contribuzione in percentuale dei ricavi (MDC%). Questo può essere ottenuto in due modi: • Rapportando il margine di contribuzione unitario ai ricavi unitari (MDCu/Ru). Il margine di contribuzione percentuale è utilizzato per calcolare il fatturato di pareggio in valore, detto anche punto di pareggio in fatturato, che si identifica con il fatturato minimo per non essere in perdita e che si utilizza quando nell’azienda ci sono più prodotti. Questo si calcola dividendo i costi fissi totali (CF) per il margine di contribuzione espresso in percentuale dei ricavi (MDC%): RP (ricavi di pareggio) = CF / mdc % La versione in fatturato del punto di pareggio è molto utile in tutti i casi in cui non si conoscono i costi unitari e nei casi in cui il concetto di quantità di pareggio non ha senso in quanto l’azienda che si sta analizzando vende una gamma di prodotti e servizi molto eterogenei.