Diagnosi e lotta contro i parassiti delle piante arboree negli impianti ornamentali Appunti per gli studenti Paolo Capretti Dipartimento di Biotecnologie Agrarie Sezione Patologia vegetale P.le delle Cascine, 28 - 50144 – Firenze Tel. 055 3288275 [email protected] Nella gestione di un impianto con specie arboree ornamentali, uno dei maggiori rischi è quello che il valore economico o l'aspetto estetico delle piante sia compromesso da "malattie", ovvero, da processi fisiologici anormali che impediscono alle piante di esprimere al meglio il loro potenziale genetico. Queste anomalie (malattie) possono essere dovute a cause abiotiche, di origine edafico-ambientale, o biotiche, di tipo infettivo. In questo ultimo caso, nella patologia vegetale delle piante arboree, si considerano principalmente quelle causate dai funghi, seguite da quelle di origine batterica e virale. Affrontando i problemi fitopatologici di questi impianti, si dovrà tenere conto del fatto che la presenza di un "parassita" (organismo che si nutre a spese di altri esseri viventi), in un determinato ambiente, non necessariamente significa che si potrà avere una "malattia" che consiste nella diminuzione della funzionalità di un organismo (pianta-ospite). Difatti, ad esempio, le maculature e necrosi sulle foglie del tiglio causate da Apiognomonia tiliae possono essere tollerate dalle piante senza apparente danno per quanto riguarda la funzionalità dell’individuo. Il problema della presenza di parassiti in un determinato ambiente, dovrà essere definito sotto vari aspetti individuando, oltre alla causa, la gravità (porzione di chioma, fusto, rametti, fiori, colpiti) e l'incidenza del fenomeno (numero di individui colpiti / superficie - ha) e, in chiave economica, valutando il valore attuale del popolamento, dell'impianto a maturità ed il costo di eventuali interventi di ripristino. A questo proposito poiché le piante arboree ornamentali vivono spesso in un contesto poco naturale si deve tener conto dell'impatto che qualsiasi tipo di intervento potrà avere sull'ambiente. Per questo motivo l'ideale sarebbe quello di prevenire le malattie piuttosto di fermarle quando sono diffuse. La facilità e la frequenza di movimento di materiale di propagazione fra varie nazioni, aumentano il rischio di importazione di patogeni in luoghi dove gli ospiti non hanno sviluppato resistenza. Seiridium cardinale Ceratocystis fimbriata f. sp. platani Ophiostoma ulmi Cryphonectria parasitica Talvolta questi patogeni sono causa di gravi epidemie, come è accaduto nel caso di Seiridium cardinale, agente del cancro del cipresso, o di Ophiostoma ulmi, agente della grafiosi dell'olmo, Ceratocystis fimbriata fs platani, agente del cancro colorato del platano e di Cryphonectria parasitica, agente del cancro corticale del castagno.. Con l'applicazione di norme legislative di quarantena, l'ispezione fitosanitaria, la certificazione (passaporto verde) e l'applicazione della lotta obbligatoria si riduce il rischio di introduzione e diffusione di patogeni estranei all'ambiente. Nel caso di presenza di patogeni indigeni, i pericoli di danni e di malattie potranno essere ridotti anche mediante la scelta di un ambiente favorevole alle piante (evitando la piantagione in zone contaminate dalla presenza di un determinato patogeno, anche su specie spontanee) e l'utilizzo di materiale sano (semi esenti da damping-off, materiale da innesto di origine certa, pioppelle non infettate da virus o funghi, olmi esenti da fitoplasmi e nematodi, noci non contaminati da batteri). Qualora, invece, si debba intervenire in seguito alla manifestazione di malattie infettive, si dovrà innanzi tutto dedicare del tempo al riconoscimenti gli agenti di danno e a valutarne il grado di pericolosità, cercando poi di pianificare gli interventi in modo da ridurre la possibilità che si verifichino eventi epidemici. Il riconoscimento della natura della malattia viene fatto generalmente in base ai sintomi osservati in campo e/o con l'aiuto di tecniche di laboratorio. Cancro del cipresso da Seiridium cardinale Nel campo delle piante arboree ornamentali e del vivaismo, tale attività, considerati gli investimenti, dovrà essere particolarmente accurata. Una volta diagnosticata la causa della malattia e valutato l'esito nel tempo, si può stabilire un eventuale rimedio o una cura (intervento terapeutico) tenendo conto che negli impianti arborei spesso l'esigenza primaria è quella della salvaguardia dell'intero popolamento e non solo di un singolo individuo. Interventi di potatura su piante di grandi dimensioni. Nel caso di malattie causate da agenti infettivi i sintomi potranno riguardare parti specifiche di una pianta (solo una porzione o un organo) e mostrare una progressione nell'invasione dei tessuti; l'intensità dei sintomi potrà essere assai varia fra individui in relazione alla loro variabilità genetica. Sugli organi colpiti potranno svilupparsi fruttificazioni dovute agli agenti causali e la concentrazione dell'inoculo sarà maggiore attorno alle piante malate o morte. Pollone di castagno colpito da Cryphonectria parasitica, agente di cancro corticale I danni da cause edafico-ambientali, invece, potranno essere distribuiti casualmente all’interno della popolazione dell'ospite, riguardare vari ospiti spesso non aventi alcuna relazione fra loro ed essere caratterizzati da sintomi distribuiti uniformemente sulla pianta. La metodologia di diagnosi prevede di esaminare la pianta in campo nel suo insieme, rilevando le caratteristiche stazionali, prelevando solo successivamente campioni dalle parti sintomatiche. Getti di pino colpiti da Sphaeropsis sapinea Nel caso di danni alla chioma, su foglie e branche potranno essere osservati tessuti necrotici e/o presenza di strutture del patogeno. Isteroteci (fruttificazioni ascofore) di Lophodermium seditiosum agente del disseccamento degli aghi di pino. Problemi radicali si ripercuotono invece sulla funzionalità di tutta la pianta: in questo caso le condizioni e la consistenza delle radici vengono esaminate rimuovendo piccole porzioni di corteccia e osservando la presenza di essudati o resina. Il rischio che un agente patogeno si diffonda rapidamente su vari individui in una area estesa, causando "epidemie", dipende essenzialmente dall'interagire di tre fattori: la pianta-ospite, il parassita e l'ambiente. Ospite, parassita, ambiente: aumentando la conoscenza di queste componenti aumenta la capacità di predire la possibilità di diffusione di una epidemia e di controllarla. Per ciò che riguarda l'ospite sono da considerarsi variabili importanti: - il livello di resistenza o di suscettibilità a un determinato patogeno, - il grado di uniformità genetica della popolazione, - il tipo di coltivazione e - l'età delle piante. Difatti, molte epidemie si diffondono piuttosto lentamente nelle popolazioni naturali, mentre i popolamenti più suscettibili sono quelli artificiali derivanti da propagazione vegetativa (cloni). Va inoltre considerato che la suscettibilità in fase giovanile è di solito maggiore che non in fase adulta: nel caso di ruggini (malattie da funghi basidiomiceti) e di virus, le piante giovani possono essere suscettibili e quelle adulte resistenti. Fra le caratteristiche del parassita si valutano, invece: - il livello di virulenza, - il tipo di riproduzione, - la quantità di inoculo prodotta nei pressi dell'ospite e - le modalità di diffusione. Infatti, i patogeni più virulenti, capaci di infettare rapidamente l'ospite, producono masse di inoculo più velocemente dei patogeni poco virulenti. Maggiore sarà la quantità di inoculo in vicinanza dell'ospite, più alto sarà il tasso di diffusione di un epidemia; organismi che svolgono più cicli in una stagione vegetativa causano una maggiore diffusione della malattia. Altri aspetti riguardano l'ecologia del patogeno. Le ruggini, gli oidi e gli agenti di malattie fogliari che disperdono l'inoculo per via anemofila, possono coprire distanze molto ampie e diffondere gravi epidemie. Seguono, per l'importanza dei danni, i parassiti che si affidano a vettori alati (virosi, fitoplasmi, batteri). Hanno una diffusione locale, invece, i parassiti che si affidano a correnti aeree umide (goccioline di pioggia) come gli agenti di antracnosi (seccume delle foglie e dei rametti) e i batteri. Apiognomonia veneta, agente dell’antracnosi del platanol Patogeni che vivono nel suolo o su radici, causano epidemie locali, anche gravi, ma di lenta diffusione. Fra i fattori ambientali hanno un ruolo importante: - l'umidità e - la temperatura che possono favorire o meno lo sviluppo di processi infettivi, influenzando le attività sia del patogeno che della pianta ospite. L'umidità abbondante e prolungata favorisce lo sviluppo di tessuti succulenti nell'ospite, aumenta la sporulazione nei funghi, la moltiplicazione dei batteri, la mobilità dei nematodi e delle spore batteriche e la germinazione di queste ultime. L'assenza di umidità, al contrario, riduce o arresta la diffusione delle epidemie. Anche virus e fitoplasmi risentono indirettamente dell'umidità, che può influenzare la vita dei vettori. Le alte temperature, invece, causano stress e riducono il livello di resistenza delle piante; anche i patogeni sono sensibili alle variazioni di temperatura durante vari stadi della patogenesi, in particolare durante le fasi di germinazione delle spore e della penetrazione nell'ospite. Tenendo presente che il controllo delle malattie si attua principalmente attraverso la prevenzione, i metodi di lotta possono essere vari ed articolati. Una volta evidenziati i fattori che consentono lo sviluppo di una malattia infettiva si potrà intervenire, anche attraverso le normali pratiche colturali, su: - l'ospite, rendendolo meno suscettibile, - l'ambiente, modificando le condizioni favorevoli allo sviluppo della malattia, - il patogeno, riducendone le possibilità di diffusione. Gli interventi sull'ospite comprendono, oltre al miglioramento delle condizioni di vita delle piante, anche il miglioramento genetico per una maggiore resistenza verso i patogeni, pratica che è molto efficace nel campo delle fitopatie delle colture arboree industriali. Tale metodo può comprendere l'impiego di provenienze, varietà o cloni resistenti a determinati patogeni. Gli sforzi compiuti in questa direzione hanno portato alla produzione di cloni di pioppo resistenti alle defogliazioni, cloni di olmo resistenti alla grafiosi, cloni di cipresso tolleranti verso il cancro e di alcune specie di pino resistenti alle ruggini. Si potrà creare un ambiente sfavorevole al patogeno favorendo la circolazione dell'aria attraverso le chiome, mediante sesti di impianto adeguati o successivi diradamenti. Ridurre, poi, il tenore di umidità, aumentando la ventilazione e l'illuminazione delle parti verdi, diminuisce il rischio di sviluppo di malattie della chioma negli impianti e nei vivai. Nello stesso modo, un adeguato drenaggio del terreno riduce le possibilità di diffusione di Armillaria su pino e piante ornamentali. Anche la conservazione in ambiente asciutto, tramite disidratazione o refrigerazione, mentre da un lato risulta utile per la conservazione del seme e del materiale vivaistico (piantine, talee, materiale per innesti), dall’altro rallenta i processi metabolici dei microrganismi, diminuendo le occasioni di infezione. Nel caso di gravi rischi di diffusione di epidemie a partire da focolai di infezione di accertata pericolosità, si consiglia in genere di eliminare tutte le piante, anche sane, che possono diventare possibili ospiti. Questa pratica, di fare "terra bruciata", è raccomandata soprattutto in vicinanza di vivai o impianti giovani con specie pregiate, come nel caso della diffusione della grafiosi dell’olmo. Nello stesso modo, le ripuliture periodiche riducono la quantità di inoculo nell'ambiente. Ciò può essere ottenuto anche attraverso l'eliminazione di tronchi e ceppaie colonizzati da agenti di marciume radicale. In questo contesto, anche le "rotazioni", o l'avvicendamento fra varie specie, costituiscono una pratica molto utile nel prevenire il diffondersi di malattie dovute a organismi che colonizzano i residui dei turni precedenti (apparati radicali), sui quali molti funghi, come Armillaria sp. e Rosellinia necatrix, producono organi di conservazione. Anche la rimozione delle piante morte e/o delle branche secche e l'esecuzione delle potature in tempi e modi corretti, evitano lo sviluppo di cancri dei rami e del fusto. Al contrario, monocoltura, impiego ripetuto della stessa specie o varietà, alti livelli di concimazione azotata, mancata lavorazione, irrigazione dall'alto, e poche cure sanitarie aumentano la severità e la gravità delle epidemie. Negli ultimi anni, fra i metodi che eradicano o riducono l'inoculo, vengono indicati sempre più spesso quelli biologici. La maggior parte delle applicazioni riguarda l'ambiente vivaistico e quello della arboricoltura. In vivaio sono da qualche tempo in uso i terreni repressivi, terricci con torba acida contenenti microrganismi antagonisti verso i patogeni agenti del dampig-off. Bacillus subtilis viene impiegato con successo nella concia del seme e nella protezione degli innesti. Innesto di castagno attaccato da C. parasitica Mastice per innesti specifico per castagno E’ anche noto che i funghi micorrizici proteggono le piante dai funghi del suolo, conferendo loro maggior vigoria e maggior resistenza verso i patogeni. Fra i casi di lotta biologica più conosciuti troviamo, negli impianti di conifere, quello di Phlebiopsis gigantea, che viene utilizzata su pino (ma anche su douglasia e sugli abeti) per prevenire la colonizzazione delle ceppaie e i marciumi radicali delle piante in piedi dovuti a Heterobasidion annosum (fungo agente di carie e marciume). Ceppaia di pino trattata con P. gigantea Confezione di spore concentrate di P. gigantea La lotta contro le malattie attraverso l'impiego di fitofarmaci, è una pratica che riguarda in gran parte l'ambiente vivaistico, ed ha lo scopo di proteggere le superfici delle piante o di eradicare o ridurre l'inoculo dei patogeni, anche attraverso l'impiego di trattamenti al terreno con prodotti chimici. La distribuzione di anticrittogamici, negli impianti ornamentali, non è un evento ordinario e comunque non può prescindere da una attenta valutazione: - dell'incidenza della malattia nel popolamento (numero di piante o porzioni di pianta ammalate o con sintomi), - della gravità dei danni (porzioni di tessuti infetto), - delle perdite economiche stimate per il diffondersi dell'eventuale patogeno e, non ultimo, - delle conseguenze sull'ambiente dovute alla dispersione di prodotti chimici. Riferimenti Bibliografici Agrios G.N., 1998. Plant Pathology. 4th Edition. 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