Scienza della nutrizione Dietetica Plicometria

Scienza della nutrizione
La scienza della nutrizione oppure trofologia è una scienza naturale, collocata tra medicina e
biochimica. Cerca, con metodi scientifici, di capire i processi digestivi e metabolici,
prevalentemente dell'essere umano.
Lo studio propedeutico si estende su quattro semestri con principali materie di chimica e fisica.
Durante lo studio principale sono trattati materie come biochimica, dietologia clinica e
farmacologia. Le professioni del trofologo si estendono dalla ricerca biochimica pura, p. es.
nell'industria farmaceutica, fino allo sviluppo di nuovi prodotti nell'industria alimentare e chimica.
La trofologia è da distinguere dalla dietologia applicata (consigli sulla qualità e quantità di cibo da
assumere), praticata da dietisti, come pure dall'ecotrofologia, che si dedica maggiormente alle
esigenze dell'economia domestica (da casalinghe a ospedali e mense ecc.) relativo all'agricoltura e
al commercio di alimentari, nonché a domande ecologiche e di assicurazione della qualità e di
effetti collaterali di alimentari e della loro preparazione.
Dietetica
La dietetica è una branca della scienza della nutrizione che studia gli effetti degli alimenti sui
processi metabolici dell'organismo, considerandone anche le implicazioni digestive. Viene talvolta
definita dietologia.
Inoltre ricerca le razioni alimentari più idonee all'individuo, tenuto conto delle sue caratteristiche
fisiologiche e/o patologiche, al fine di assicurare il miglior stato di salute possibile. Il fine ultimo di
questa pratica è la formulazione di un regime alimentare/stile di vita adatto alla situazione
(patologica e non) dell'individuo, in base a canoni plicometrici, Bioimpedenziometrici e di Body
Mass Index.
Plicometria
La plicometria è un metodo di misurazione del grasso corporeo. Si attua mediante uno strumento
chiamato plicometro che permette di rilevare lo spessore delle pliche cutanee.
La misurazione si effettua prendendo la plica tra pollice ed indice ed applicando lo strumento. Per
evitare errori, si effettuano misurazioni su entrambi i lati del corpo poiché potrebbero esserci delle
asimmetrie e si effettuano tre rilevamenti sullo stesso punto per poi ricavarne una media.
Le pliche cutanee interessate alle misure sono quattro:
I.
bicipitale (punto medio della parte anteriore del braccio);
II.
tricipitale (punto medio della parte posteriore del braccio);
III.
sottoscapolare (trasversale all'angolo inferiore della scapola);
IV.
sovrailiaca (poco sopra la cresta iliaca sulla linea medioascellare).
Queste misurazioni permettono di valutare, mediante gli schemi plicometrici di Durnin, la massa
grassa, la massa magra ed il peso ideale.
Impedenziometria
L'impedenziometria è una metodica utilizzata per la determinazione della composizione corporea
(massa grassa, massa magra, acqua totale).
Misura la resistenza elettrica del corpo ("bioimpedenza" o "bioresistenza") al passaggio di una
corrente elettrica a bassa potenza e alta frequenza (50 kHz).
L'apparecchiatura utilizzata è costituita da 4 elettrodi, da applicare, rispettivamente, sul dorso della
mano e sul dorso del piede; ad essi vengono collegati dei fili conduttori, attraverso cui viene fatta
circolare la corrente; la corrente, attraversando le strutture corporee subirà un calo della sua
intensità dovuta all'impedenza associata alle strutture corporee; il segnale risultante (ovvero la
risposta in termini di intensità elettrica) viene trasmesso ad un apparecchio trasduttore, che
raccoglie i dati traducendoli in misure corporee.
Indice di massa corporea
L'indice di massa corporea (abbreviato IMC o BMI, dall'inglese body mass index) è un dato
biometrico, espresso come rapporto tra il peso e l'altezza di un individuo ed è utilizzato come un
indicatore dello stato di peso forma.
L'indice di massa corporea è definito come:
dove il peso è espresso in chilogrammi e l'altezza in metri. L'indice di massa corporea
dimensionalmente è una densità di superficie ed è misurata in kg/m^2: la superficie del corpo è
approssimata come un quadrato di lato pari all'altezza.
L'indice di massa corporea consigliato dipende maggiormente da età e sesso, ma anche da fattori
genetici, alimentazione, condizioni di vita, condizioni sanitarie e altre.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), la medicina nutrizionale convenzionale, l'opinione
pubblica e in parte anche la medicina generica usa delle tabelle come la seguente per definire
termini da "magrezza" fino a "obesità" in diverse sfumature. Ritengono che questa indicazione sia
un importante indicatore per la mortalità (fattore rischio).
Situazione peso
Min
Max
Alcune organizzazioni diverse dalla WHO hanno introdotto
altre suddivisioni come quella del Super obeso (BMI ≥ 50)
Obeso classe III
≥ 40,00
Obeso classe II
35,00
39,99
Giappone e la Cina hanno dovuto ridefinire i valori BMI di
Obeso classe I
30,00
34,99
obesità in base al differente sviluppo di conseguenze
Sovrappeso
25,00
29,99
negative sullo stato di salute, abbassandoli rispettivamente
Regolare
18,50
24,99
a 25 e 28.
Sottopeso
16,00
18,49
Grave magrezza
o Super super obeso (BMI ≥ 60), inoltre nazioni come il
<16,00
Massa magra
Per massa magra si intende la parte di massa (peso) di un organismo costituita da sostanze non
lipidiche (acqua, proteine, minerali, glucidi) del peso corporeo. Si esprime in percentuale quando è
intesa come riferimento rispetto al peso complessivo dell'organismo, escludendo la massa grassa.
La maggior parte della massa magra è costituita da acqua, che in funzione di variabili quali sesso ed
età rappresenta tra il 40 ed il 70% del peso corporeo.
La quantificazione della massa magra è quantomeno difficile, pertanto il termine non è
generalmente usato in medicina. Per rilevare dati biometrici in merito si usa l'indice di massa
corporea (che tuttavia è un valore medio che non considera differenza individuali anche importanti
quali muscolatura o ossatura) o la formula di Broca. È invece usata spesso come "dato biometrico"
nella pubblicità dietetica, salutistica, culturistica e così via.
Con l'avvento di tecniche più precise e meno empiriche di quelle attuali (quali la plicometria,
considerata inaffidabile) inizia ad essere possibile una misurazione più precisa, sebbene richieda
l'uso di tecniche complesse o apparecchiature costose (le economiche bilance impedenzometriche
reperibili ormai anche nei supermercati forniscono dati molto approssimati).
Massa grassa
Per massa grassa si intende la parte di massa (peso) di un organismo costituita dall'organo adiposo,
ovvero dal grasso corporeo. La parte restante di massa è definita massa magra.
La massa grassa si definisce per la quantità di adipociti e il loro grado di riempimento. La quantità
di adipociti in un organismo dipende di fattori genetici e ormonali, mentre il riempimento varia
(secondo le funzioni di scorta) a seguito di stati di nutrizione ipo- o ipercalorica. Fattori che
promuovono la proliferazione degli adipociti, a lungo andare, portano a sovrappeso, fattori che
fanno deperire gli adipociti portano invece a sottopeso.
La percentuale di massa grassa ideale varia in funzione del sesso e, in maniera minore, dell'età. La
misurazione della massa grassa è importante in dietologia, perché permette di determinare con
precisione una condizione di sovrappeso o di sottopeso. Il solo peso corporeo (espresso come indice
di massa corporea), infatti, non tiene conto dell'ossatura e della muscolatura: un soggetto dotato di
muscolatura e/o ossatura possente potrebbe apparire sovrappeso pur essendo in effetti normopeso.
Il valore di massa grassa si può ottenere con tecniche differenti, ad esempio con la plicometria o
tramite una bilancia impedenzometrica. Una misurazione precisa è tuttavia difficoltosa, e su uno
stesso individuo può variare sensibilmente in base alla tecnica di misurazione usata e persino a
seconda di chi effettua la misurazione (come nel caso della plicometria); per questo molti dietologi
preferiscono non usare questo parametro e continuano a basarsi sul solo indice di massa corporea. È
da notare tuttavia che le tecniche impedenzometriche si stanno rivelando sempre più efficaci e
precise, a patto di usare strumenti professionali e costosi: le bilance impedenzometriche a basso
costo, ormai reperibili anche nei supermercati, sono invece ancora molto imprecise.
A oggi non esistono (probabilmente perché è ancora difficile misurare con precisione questo dato
fondamentale) quantificazioni sulla correlazione di massa grassa e mortalità, sebbene sia ormai
largamente provata la correlazione tra sovrappeso e obesità all'aumento dell'incidenza di numerose
malattie
Nutrizione
La nutrizione è la scienza che studia il rapporto tra la dieta (intesa come regime alimentare) e lo
stato di salute o malattia.
L'esistenza di un legame tra ciò che si mangia e lo stato di salute o lo svilupparsi di alcune malattie
è riconosciuta fin dall'antichità. Nel 475 a.C. Anassagora sosteneva che nel cibo esistono dei
principi che vengono assorbiti dal corpo umano e usati come componenti "generativi" (una prima
intuizione dell'esistenza dei principi nutritivi); nel 400 a.C. Ippocrate diceva "Lascia che il cibo sia
la tua medicina, e la medicina sia il tuo cibo". Nel 1747 il medico inglese James Lind condusse il
primo esperimento di nutrizione, scoprendo che il succo di limone era in grado di far guarire dallo
scorbuto. Solo negli anni 1930 si scoprì che questa proprietà era dovuta alla vitamina C.
Principi di nutrizione La nutrizione si basa sul principio che lo stato di salute viene mantenuto grazie all'assunzione,
tramite gli alimenti, di principi nutritivi necessari a:
I.
fornire energia per il mantenimento della funzioni vitali e per le attività corporee (glucidi,
lipidi, proteine);
II.
fornire materiale plastico per la crescita, il rimodellamento e la riparazione dei tessuti
(proteine);
III.
fornire materiale regolatore delle reazioni metaboliche (minerali e vitamine).
Nutrizione e salute Come precedentemente detto, l'apporto dei macro e micronutrienti è fondamentale per lo
svolgimento delle funzioni vitali e quindi per permettere al corpo di mantenersi in salute. Il primo
fine della nutrizione è quindi lo studio della dieta in quanto mezzo per assumere tutti i nutrienti
necessari, oltre che per mantenere un'ottimale digestione.
La nutrizione studia inoltre il rapporto tra alcuni principi nutritivi e lo svilupparsi o la prevenzione
di alcune malattie non direttamente (o solamente) causate da carenze o eccessi di nutrienti, ma
comunque significativamente influenzate da fattori nutrizionali.
Un'alimentazione sana è quella che fornisce tramite gli alimenti assunti quotidianamente la quantità
di nutrienti che corrisponde al proprio fabbisogno. La nutrizione, come tutte le scienze, è in
continua evoluzione e l'acquisizione di nuovi dati e nuovi studi fa si che le raccomandazioni per una
dieta corretta vengano periodicamente aggiornate in funzione delle nuove scoperte o delle nuove
tendenze.
Uno schema utilizzato per visualizzare quali sono le proporzioni di alimenti che è consigliabile
assumere è quello della piramide alimentare. Si tratta di una piramide divisa da rette orizzontali che
delimitano delle aree, dalla base al vertice. Ad ogni settore coincide una tipologia di alimento, e la
sua relativa quantità. Nella nuova versione è stata introdotta anche l'attività motoria come elemento
fondamentale, complementare ed imprescindibile dalla componente alimentare. Alla base di questa
troviamo l'acqua, che precedentemente non veniva contemplata ma che come sappiamo è ben più
importante di tutti gli altri alimenti. Dunque alla base della piramide si trovano gli alimenti che
possono essere consumati in quantità maggiore. Salendo troviamo invece, quei cibi il cui consumo
deve essere limitato.
Esistono diverse versioni della piramide alimentare, che riflettono diverse teorie scientifiche in
merito. Descrivendola brevemente vediamo che alla base della piramide si trova l'acqua, poi frutta e
ortaggi, essenziali per l'apporto in vitamine e minerali, ma anche di fibra, importante non per la
funzione nutriente ma per il mantenimento della funzione digestiva dell'intestino. Al terzo piano si
trovano i cibi ricchi in carboidrati (pasta, pane, riso, cereali) che dovrebbero rappresentare la
maggiore fonte di energia. Al quarto piano si trovano gli alimenti proteici (carne, pesce, uova,
legumi). Al quinto piano si trovano latte e derivati, e al sesto i grassi (olio e burro): questi alimenti
vanno consumati in quantità limitate anche perché hanno una densità energetica maggiore (cioè a
parità di peso forniscono molte più calorie delle altre categorie di alimenti). All'apice troviamo vino
e birra, ed infine i dolci, il tutto da consumarsi con grande moderazione.
In molti casi la piramide alimentare viene combinata con consigli per un'adeguata attività fisica,
altro elemento insieme alla dieta che permette di mantenersi in salute. Questo tipo di schema viene
definito "piramide alimentare-motoria".
Nutrizione e prevenzione Una delle principali tendenze mangereccie della nutrizione moderna riguarda lo studio del ruolo che
la dieta può rivestire nella prevenzione di alcune malattie, tenendo conto il considerevole
innalzamento della soglia di longevità nelle società moderne. Questa branca della nutrizione si basa
principalmente su studi di epidemiologia, cioè sull’osservazione di relazioni tra determinati fattori
(es. un’alimentazione ricca in uno specifico alimento) e l’incidenza di alcune malattie.
L’osservazione di questi fenomeni è alla base della successiva verifica tramite esperimenti.
Sovrappeso e obesità L’obesità è una delle malattie più diffuse nel mondo moderno, e la sua diffusione è legata alla
evoluzione delle abitudini alimentari e degli stili di vita. Sebbene esistano anche dei fattori genetici
coinvolti nello sviluppo di questa patologia, l’associazione di uno stile di vita sedentario e di
abitudini alimentari quantitativamente e qualitativamente scorrette è il principale fattore causale.
Dal punto di vista nutrizionale gioca un ruolo preponderante il consumo di bibite zuccherate in
sostituzione dell’acqua (che non ha calorie) e di alimenti ad alta densità energetica come snack
dolci o salati. Il principale intervento nutrizionale per prevenire il sovrappeso e l’obesità è il
privilegiare cibi a bassa densità energetica, come frutta e verdura, e carboidrati complessi (ad
alimenti ricchi in zuccheri e amido, preferire alimenti più ricchi in fibre, a base di cereali integrali).
Queste scelte alimentari contribuiscono ad aumentare il senso di sazietà diminuendo l’apporto di
calorie, e ad aumentare l’assunzione di micronutrienti. All’intervento nutrizionale va ovviamente
associata la correzione dello stile di vita in favore di una maggiore attività fisica.
Le definizione di sovrappeso e obesità (che non sono necessariamente la medesima cosa) dipendono
da 2 importanti parametri fisici degli individui. Il primo prende il nome di indice di massa corporea
ed è un valore adimensionale funzione del peso e dell'altezza, il secondo è la percentuale di massa
grassa ed è un rapporto percentuale tra la massa grassa dell'organismo e la massa complessiva dello
stesso.
In luce di ciò si può quindi determinare il sovrappeso e l'obesità come segue:
I.
sovrappeso: situazione fisica per cui il valore di Indice di Massa Corporea è superiore a 25.
In sostanza il sovrappeso, come dice la parola, è un eccesso di peso. Esso può essere causato
non solo da una sovrabbondanza di grassi, ma anche da un surplus di muscoli;
II.
obesità: situazione fisica per cui il valore percentuale di massa grassa va oltre i limiti
suggeriti da alcune tabelle salutistiche nelle quali mediamente il confine è 20%-25%.
Se ne conviene che non tutte le persone in sovrappeso sono anche obese e non tutte le persone obese
sono in sovrappeso.
Diabete Il diabete di tipo 2, è la forma di diabete più diffusa nel mondo. Tra le cause predisponenti figurano
il sovrappeso e l’obesità e il consumo elevato di alimenti grassi e dolci. Per prevenirlo viene
raccomandata una riduzione dei grassi nella dieta, in particolare di quelli saturi, e la sostituzione
degli alimenti ricchi in zuccheri e amido con alimenti integrali più ricchi in carboidrati strutturali.
Malattie cardiovascolari Le malattie del cuore e dei vasi sanguigni sono una delle maggiori cause di mortalità a livello
mondiale (l’OMS ha calcolato che rappresentano un terzo delle cause di morte, circa 15.3 milioni) e
rappresentano uno dei maggiori settori di interesse dal punto di vista nutrizionale. Numerose
abitudini alimentari sono considerate alla base dello sviluppo di queste patologie, in particolare
l’elevato consumo di alimenti ricchi di grassi saturi e colesterolo, di sale e di zuccheri e il limitato
consumo di frutta e verdura.
I grassi nella dieta sono stati estensivamente studiati in relazione alle malattie cardiovascolari e in
particolare coronariche. Gli acidi grassi saturi, in particolare quelli contenuti nei grassi di origine
animale, aumentano il cosiddetto “colesterolo cattivo” nel sangue (quello legato alle lipoproteine
LDL). Per questo le fonti di grassi nella dieta dovrebbero essere prevalentemente vegetali: gli oli
infatti hanno un alto contenuto in acidi grassi polinsaturi, che non hanno effetti negativi in relazione
a queste malattie. Tra gli acidi grassi insaturi , quelli in configurazione trans hanno ugualmente
effetti negativi sulla salute. Questi tipi di grassi sono prodotti nella idrogenazione dei grassi di
origine vegetale (che viene fatta a livello industriale per la preparazione di sostituti del burro, come
le margarine) e nel processo di frittura degli alimenti. Per agire su questi fattori di rischio, si
raccomanda un ridotto consumo di alimenti fritti, un elevato consumo di pesce, che è una fonte di
acidi grassi protettivi omega 3 e omega 6, e di oli vegetali che forniscono acido alfa linolenico.
Questi acidi grassi hanno un effetto protettivo sulle arterie. Inoltre la recente scoperta delle
proprietà dei fitosteroli (estratti principalmente dalla soia) di ridurre il colesterolo cattivo, ha
notevolmente aumentato la disponibilità di alimenti arricchiti di questi composti.
La fibra dietetica, costituita da una serie di carboidrati che vengono solo limitatamente o per niente
digeriti dall’uomo, è in grado di ridurre il colesterolo nel sangue, anche se i meccanismi alla base di
questo fenomeno non sono ancora del tutto chiariti. Le fonti di fibra dietetica sono soprattutto i
cereali integrali, la frutta e la verdura.
La riduzione dell’assunzione di sale è un altro fattore nutrizionale importante nella prevenzione
delle malattie vascolari, in quanto l’alta pressione sanguigna è uno dei principali fattori associati
all’infarto. Una dieta iposodica (a basso contenuto di sale) deve tener conto non solo della riduzione
del sale aggiunto, ma anche del sale intrinseco contenuto nei cibi e nell’acqua.
Alcune sostanze presenti nei vegetali, in particolare i flavonoidi e il folato sembrano avere un
effetto protettivo contro le malattie cardiovascolari. Tuttavia le osservazioni epidemiologiche sono
state largamente disattese dalle sperimentazioni cliniche.
Cancro Esistono moltissimi fattori, identificati e non, che contribuiscono allo svilupparsi del cancro. Tra
quelli identificati i più importanti sono il fumo, la dieta, il consumo di alcool, l’attività fisica,
infezioni, fattori ormonali e radiazioni. L’OMS ritiene che i fattori dietetici possono spiegare circa il
30% dei casi di cancro nei Paesi industrializzati. Tra i fattori che aumentano l’incidenza di cancro
c’è il sovrappeso/obesità, il consumo di alcool e il consumo di carni conservate e salate (come gli
insaccati), mentre il fattore preventivo più importante è il consumo di frutta e verdura.
Osteoporosi L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una demineralizzazione delle ossa lunghe e
conseguente suscettibilità alle fratture. Anche se la dieta ha un ruolo minore nello svilupparsi di
questa patologia, alcuni micronutrienti come calcio e vitamina D appaiono importanti in particolare
nell’età adulta. La carenza di vitamina D causa rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti.
Altri micronutrienti giocano un ruolo nella promozione della salute delle ossa, come zinco, rame,
manganese, vitamine A, C, K, B, potassio e sodio. La maggiore fonte alimentare di calcio è
rappresentata da latte e latticini, ma in diete in cui questi sono carenti l’apporto può essere garantito
da adeguati sostituti come broccoli e cavoli, legumi e sottoprodotti di alcuni legumi (come il tofu).
Disordini alimentari Esistono una serie di disturbi caratterizzati da una alterazione del normale comportamento
alimentare, con sintomi che variano dall'eccessiva e/o incontrollata assunzione di cibo al rifiuto di
alimentarsi. Molti di questi disordini sono riconosciuti come disturbi psichici, tra i quali si possono
citare:
I.
Anoressia;
II.
III.
Bulimia;
Ortoressia.
Fabbisogno energetico umano
Per fabbisogno energetico umano (o fabbisogno calorico) si intende la quantità di calorie che un
essere umano dovrebbe assumere per svolgere le sue tipiche funzioni:
I.
fisse (quali le attività cardiache, respiratorie, epatiche, intestinali, riparazione dei tessuti,
mantenimento del calore interno);
II.
variabili (quali le attività muscolari, l'accrescimento, la gravidanza).
Il fabbisogno per le attività fisse tende a diminuire con l'avanzare degli anni, ed è in genere minore
per le donne.
Secondo degli studi effettuati esistono innumerevoli indicazioni, basate per di più su formule
empiriche, che cercano di approssimare il fabbisogno energetico. Tuttavia questi sono spesso
contestati in quanto i dati concreti riguardanti il fabbisogno individuale non sono rilevabili per i
seguenti motivi:
I.
Il fabbisogno energetico metabolico di base individuale non è determinabile; esso dipende
da troppi fattori (connessi al metabolismo individuale) per essere misurato in modo
sufficientemente affidabile;
II.
Il fabbisogno energetico, durante uno sforzo, non è quantificabile. Non solo perché in una
giornata si susseguono fasi di sforzi diversificate fra di loro, ma anche per il semplice fatto
che ognuno usa il proprio organismo con una economia variabile.
Anche i dati apparentemente "scientifici", concernenti il contenuto energetico di alimenti per il
metabolismo umano non sono né affidabili né applicabili all'individuo per i seguenti motivi:
Il contenuto energetico rilevante di alimenti che serve al metabolismo umano è difficilmente
misurabile. Inoltre la composizione di alimenti composti da diverse sostanze più o meno digeribili,
è talmente variabile, che è impensabile determinare valori per una normale alimentazione (anche di
pochi giorni).
Non si sa bene quanto, dell'alimento, viene metabolizzato energeticamente e quanta energia lascia il
corpo con le feci. Esistono poche verifiche in merito.
Bilancio energetico Il Basic metabolic rate o BMR viene espresso in funzione di sesso, peso ed età (kcal/d)
A tale riguardo, i fattori che influenza il BMR sono:
I.
il metabolismo, con tutte le sue variabili individuali, compresi gli stati straordinari e
patologici;
II.
l'attività e la resa fisica con tutte le sue variabili individuali e giornaliere;
III.
la quantità e la composizione di alimenti;
IV.
l'attività e la resa digestiva.
Le formule approssimanti Dipende in primo luogo da moltissimi fattori metabolici, di spesa energetica e di alimentazione.
Una grossolana approssimazione per il fabbisogno metabolico basale è data con la formula del
Harris-Benedict che tiene in considerazione (almeno) il sesso, la statura, il peso corporeo e l'età:
I.
Per donne: BMR = 655,095 + ( 9,5634 * Peso in kg) + (1,8496 * Statura in cm) - (4,6756 *
Età in anni);
II.
Per uomini: BMR = 66,473 + (13,7516 * Peso in kg) + (5,0033 * Statura in cm) - (6,775 *
Età in anni);
III.
Per bambini: BMR = 22,10 + (31,05 * Peso in kg) + (1,16 * Statura in cm).
La differenza delle medie statistiche tra uomini e donne è del 10-15% e con la differenza di età (tra
20 e 70 anni) ancora del 15%. Poi la statistica stessa indica che la metà delle persone è al di sopra e
l'altra metà al di sotto di questa percentuale. Questo solo per i dati del metabolismo basale, quindi
assolutamente rilevato in un ambiente di ca. 20º C.
Ovviamente sarà ancora più difficile proporre una approssimazione attendibile per lo sforzo fisico,
il contenuto di alimenti e il rendimento digestivo (energia nelle feci).
Il fabbisogno per lo sforzo fisico è normalmente molto minore. Esistono delle tabelle (di istituti
sportivi), che danno un'approssimazione abbastanza fedele. Il problema individuale è dato dal
determinare la somma di diversi sforzi in 24 ore e la stima della resa degli sforzi che evidentemente
è diversa in persone allenate o meno. E tenendo in considerazione l'abbigliamento e le variabili
temperature ambientali, qualsiasi stima risulta aleatoria.
La terza grande sconosciuta è la resa digestiva. Esistono pochissime misure che rilevano l'energia
degli alimenti che non viene sfruttata e che lascia il corpo attraverso le feci. Ma pare che le
differenze individuali siano notevoli.
Valutazione di dati calorici alimentari Tabelle alimentari danno un'idea statistica approssimativa riguardo il contenuto energetico
(calorico) degli alimenti. Come detto prima, essendo esse approssimative, non hanno una
affidabilità sufficiente.
Anche i consigli dietetici sul fabbisogno energetico individuale non sono affidabili; oggigiorno è
impossibile infatti determinare il fabbisogno individuale concreto con strumenti accessibili, al
massimo è fattibile un' approssimazione statistica aleatoria della rata metabolica basilare,
considerando sesso, peso corporeo ed età. La stima della rate metabolica di sforzo non è fattibile
con strumenti accessibili e la resa digestiva non è nota per singole persone.
Per quanto detto prima i consigli di personale non adeguatamente preparato concernenti il consumo
calorico sono solo delle indicazioni di massima e a volte hanno lo stesso valore di un oroscopo in un
giornale.
L'appetito: funzione e disturbi La regolazione energetica, cioè l'equilibrio tra spesa e fabbisogno energetico umano non viene
gestita scientificamente, ma dall'appetito. In questa primitiva sensazione sono integrate tantissimi
elementi, non solo biologici, ma anche economici e socioculturali.
L'appetito è una delle pulsioni primitive previste a garantire l'autoconservazione. Come tutte le
pulsioni può essere compromessa da fatti biologici, pretesti socioculturali / economici ed esperienze
personali. Disturbi di appetito si manifestano clinicamente in casi di enorme obesità oppure in casi
di eccessivo rilevante sottopeso (anoressia). Ambedue portano a un notevole rischio letale.
Per scoprire se la regolazione energetica (tramite l'appetito) funziona bene, basta osservare il peso
corporeo: in adulti, sbalzi oltre ca. il 5% annuo (in su o in giù) sono patologicamente sospetti e
vanno analizzati. Sbalzi in su sono un indicatore per un'alimentazione iperenergetica (ipercalorica),
sbalzi in giù per alimentazione ipocalorica
Metabolismo basale
Il metabolismo basale è il dispendio energetico di un organismo a riposo, e comprende l'energia
necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione,
attività del sistema nervoso, ecc..)
Il valore del metabolismo basale si esprime in chilocalorie, e per essere calcolato solo necessarie le
seguenti condizioni, dette condizioni basali:
I.
il soggetto deve essere a riposo, ma nello stato di veglia;
II.
deve essere a digiuno da almeno 12 ore;
III.
deve aver trascorso una notte riposante;
IV.
non deve aver praticato una attività fisica intensa nell'ora precedente alla misurazione;
V.
devono essere rimossi tutti i fattori che possono provocare eccitazione fisica e/o mentale.
Poiché anche la temperatura ambientale influenza il metabolismo basale, il valore è normalizzato
per una temperatura ambientale compresa tra 20 °C e 27 °C.
Il metabolismo basale è influenzato da fattori individuali, nonché dal sesso e dall'età. Inoltre
possono intervenire anche stati patologici, l'assunzione di farmaci, il regime alimentare, l'attività
sportiva ecc.
Calcolo del metabolismo basale Si può calcolare un valore medio del metabolismo basale moltiplicando il peso in kg per un
coefficiente che varia in funzione del sesso e dell'età. Questo valore tuttavia non è corretto per chi è
in una condizione di sovrappeso. Un calcolo più preciso si ottiene sostituendo il peso totale con il
peso della sola massa magra, utilizzando però dei coefficienti modificati tenendo presente la
percentuale ideale di massa grassa, che varia in funzione di età e sesso. In ogni caso non bisogna
dimenticare che il valore reale varia da individuo a individuo.
Fabbisogno sostanziale umano
In merito al fabbisogno esistenziale umano in sostanze essenziali ci sono pochissimi studi
scientifici. Per questo motivo, in stati industrializzati, gruppi di esperti elaborano raccomandazioni
che riguardano il fabbisogno di dette sostanze. In Italia è competenza dell'istituto INRAN (Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), in Germania della DGE (Deutsche
Gesellschaft für Ernährung), negli Stati Uniti il FNIC RDA (Food and Nutrition Information Center
RDA) e così via. Questa procedura di consenso di esperti è sociopoliticamente utile, ma ben
distante da conoscenze scientifiche.
Le sostanze essenziali sono sostanze indispensabili che il metabolismo umano non riesce a
sintetizzare in quantità sufficiente e che devono quindi essere somministrate con il cibo. Si presume
che ca. 50 sostanze, contenute nei pasti, siano essenziali per la sopravvivenza a lungo termine
dell'essere umano:
I.
II.
ossigeno dall'aria respirata;
acqua, contenuta in tutti i pasti;
III.
proteine con ca. 10 amminoacidi essenziali (di ca. 20);
IV.
lipidi con almeno 2 gruppi essenziali di acidi grassi;
V.
glucidi di diversi tipi (si presume nessuno essenziale);
VI.
ca. 16 minerali / oligoelementi;
VII.
ca. 14 vitamine / provitamine;
VIII.
un indefinito numero di altre sostanze che potrebbero essere altrettanto indispensabili.
Bilancio sostanziale umano L'organismo umano si ristruttura continuamente e necessita di energia per le sue varie funzioni
(battito cardiaco, respirazione, digestione, movimenti degli arti). Per svolgere questi compiti sono
necessari innumerevoli processi biochimici, che a loro volta necessitano di sostanze, ne forniscono,
consumano o producono energia.
Inoltre, l'organismo in "tempi buoni" elabora delle scorte che consuma in "tempi meno buoni".
Anche questo richiede trasformazioni biochimiche con le relative sostanze. Certe sostanze come p.
es. il manganese (Mn) possono essere immagazzinate solo in piccolissime dosi, mentre altre, come
p. es. il ferro (Fe), calcio (Ca) o i grassi possono essere immagazzinate in notevoli quantità.
Inoltre, l'organismo per svolgere i suoi compiti deve sintetizzare moltissime sostanze "funzionali"
come p. es. enzimi, ormoni, neurotrasmettitori a partire da relative altre sostanze. Tutti questi
processi biochimici si raggruppano sotto il nome di metabolismo.
Fra queste migliaia di sostanze, l'organismo non riesce a sintetizzarne ca 50. Deve far capo
all'alimentazione. I residui dei processi in parte servono per processi metabolici (strutturali,
funzionali o di scorta) susseguenti. Il resto, se contiene ancora energia sfruttabile viene prima
chimicamente "bruciato" (metabolismo energetico) e lascia poi l'organismo attraverso feci, urina e
sudore.
Funzioni ed economia di sostanze In contrasto all'opinione pubblica vigente, le sostanze consumate con il cibo non servono
principalmente alla produzione energetica, ma alla crescita, allo sviluppo e alla manutenzione
dell'organismo. Il metabolismo energetico fa evidentemente parte di queste funzioni ma non è
centrale: alla fine di tutti i processi metabolici strutturali, funzionali e di scorta, le sostanze
utilizzabili vengono trasformate in energia. Esse sono poche: glucidi, lipidi, proteine, alcool, acidi
organici.
Proteine e amminoacidi Le proteine sono composte da lunghissime catene di -NH-C-CO- (amminoacidi) con uno dei ca. 20
tipi di amminoacidi legato al C (carbonio). La variabilità delle combinazioni di amminoacidi in una
catena lunga è immensa. Una determinata proteina (di decine di migliaia di tipi) viene costruita
(sintetizzata) dai ribosomi in base alle istruzioni della corrispondente mRNA.
Gli amminoacidi non essenziali di proteine animali e vegetali (ca. 10), hanno per lo più funzioni
strutturali: sintetizzati con l'aiuto di enzimi (proteine funzionali), formano specialmente tessuti
organici e tessuto connettivo: muscoli, tessuto connettivo lasso e denso, struttura ossea, ... . Si
chiamano "non essenziali", perché il corpo li sintetizza anche a partire da altri amminoacidi o
sostanze azotate.
Gli amminoacidi essenziali nel metabolismo hanno anzitutto dei compiti funzionali: sono parte di
enzimi (proteine funzionali) e di certi ormoni e neurotrasmettitori.
Si stima che il fabbisogno proteico umano sia compreso tra 1 - 1.5 gr/kg di peso corporeo; aumenta
in fasi di crescita, gestazione, allattamento e di rigenerazione organica.
Negli alimenti, gli amminoacidi proteici essenziali sono distribuiti in modo eterogeneo. Nell' uovo
sono ripartiti proprio secondo il fabbisogno umano per cui è da ritenere un alimento molto
importante.
Nell'alimentazione umana, le proteine si trovano per lo più:
I.
II.
III.
in alimenti animali come carne e pesce, gelatina, insaccati e salumi;
in prodotti animali come uova, formaggi, latte, yogurt;
ma anche in vegetali: in Fabaceae come fagioli, piselli, lenticchie, soia, in dosi paragonabili
alla carne e in dosi minori nelle Poaceae come frumento, avena, farro, usate per pane e
pasta. Ovviamente, a parità di peso le graminacee integrali (più fibre) contengono
leggermente meno proteine rispetto alle graminacee brillate.
Bilancio dell'azoto Il bilancio dell’azoto è un parametro clinico ottenuto dalla differenza tra l'azoto introdotto e l'azoto
perso. Consente di valutare in modo indiretto lo stato catabolico di una persona: in tal modo si
possono valutare sia le perdite proteiche che la quantità di proteine che sono utilizzate per la sintesi
proteica.
Dal punto di vista dei fenomeni di trasporto, si tratta di un bilancio di materia.
Tenendo presente che le proteine contengono il 16% di azoto (100 g di proteine / 16 g di azoto =
6,25), possiamo ottenere la corrispondente quantità di proteine in grammi, moltiplicando i grammi
di azoto per 6,25. Viceversa, sapendo quanti grammi di proteine ci sono in un certo alimento,
possiamo ricavare l'azoto introdotto dividendo per 6,25. L’azoto viene perso con le feci, con le
urine e con il sudore e la somma di queste uscite è sottratta dal quantitativo ingerito.
Bilancio dell'azoto = (grammi di proteine introdotte / 6,25) − (Nureico urinario + 3)
L’azoto introdotto viene valutato dividendo per 6,25 le proteine consumate, per i motivi suddetti.
Le perdite di azoto si calcolano sommando l’azoto urinario (90%), l’azoto fecale e le perdite di
azoto da altre vie (cute, peli, unghie, sangue mestruale); in situazioni patologiche si hanno perdite
attraverso vomito, drenaggi, fistole, superfici ustionate ecc. È possibile approssimare questo valore
a 3 g, che spiega il numero tre alla fine dell'equazione.
L’azoto ureico urinario si ottiene moltiplicando l’urea urinaria (g/24 ore) per 0,46.
La quantità di proteine assunte con la dieta dipende dal bilancio dell'azoto. L’equilibrio nel bilancio
dell’azoto significa che l’azoto assunto con la dieta giornalmente bilancia quello perso, cioè:
Nin = Nout
Nella persona sana il bilancio è nullo. In caso di malattia o denutrizione diventa negativo, a causa
del catabolismo proteico causato da sostanze note come citochine infiammatorie. Durante la crescita
e negli sportivi che seguono un'alimentazione equilibrata, il bilancio tende ad essere positivo.
Se: Nin > Nout allora si è in fase di sintesi proteica a livello tissutale (bilancio dell'azoto positivo)
Se: Nin < Nout allora si è in fase catabolica delle proteine (bilancio dell'azoto negativo)
Per mantenere un bilancio dell'azoto nullo o tendente al positivo, occorre assumere, nel soggetto
normale, 0,75-1 g di proteine per kg di peso ideale al giorno, secondo le indicazioni dell'OMS.
Lipidi alimentari I lipidi sono composti da acidi grassi, organizzati in molecole di:
I.
trigliceridi => tre acidi grassi legati al glicerolo;
II.
fosfolipidi => due acidi grassi legati al fosfato.
I lipidi nutrizionali hanno una composizione eterogenea in acidi grassi, sia saturi e che insaturi e
molti contengono nel medesimo tempo trigliceridi e fosfolipidi. I fosfolipidi sono nel medesimo
tempo ottimi fornitori di fosforo (ossa, ATP, ...) nonché diretto materiale di costruzione per le
membrane cellulari.
Gli acidi grassi non essenziali (saturi) servono maggiormente per:
I.
II.
il mantenimento delle guaine mieliniche del sistema nervoso centrale e periferico;
per la sospensione di organi (p. es. reni);
III.
come ammortizzatori e protettori di ossa (p. es. palmi di piedi e mani);
IV.
come isolatore termico sottocutaneo;
V.
VI.
come solubile delle vitamine liposolubile A, D, E, K;
il resto serve per la produzione energetica.
Gli acidi grassi essenziali (insaturi) dei gruppi ω-6 e ω-3 servono per lo più alla sintesi degli ormoni
sessuali e di certi ormoni tessutali (p. es. prostaglandine). Il fabbisogno di acidi grassi ω-9 è
sconosciuto mentre per gli ω-6 si stima sia ca. di 1.5 gr/dì e per gli ω-3 di ca. 0.5 gr/dì. ω-x indica
un gruppo di acidi grassi sintetizzabili e deperibili dagli stessi enzimi.
Si stima che il fabbisogno lipidico umano giornaliero sia situato tra 0.8 - 1.2 gr/kg di peso corporeo.
I lipidi rappresentano un'ottima scorta energetica (ca. 9 kcal/gr), per cui l'organismo trasforma
sostanze energeticamente non direttamente sfruttabili (proteine, glucidi, lipidi, alcool, acidi
organici) in "grasso chiaro" (acido palmitinico C16:0) nelle cellule lipidiche (lipociti).
Nell'alimentazione umana, si trovano lipidi un po' ovunque ad eccezione che nella frutta, nella
verdura e negli ortaggi bulbosi come patate, carote, ... e funghi. Da tempi immemorabili la razza
umana:
I.
II.
estrae grassi puri da animali (strutto);
da prodotti animali( burro);
III.
da semi e nocispecie (oli: d' oliva, di girasole, ...);
IV.
oggigiorno anche da margarine vegetali o meno.
Tanti alimenti come nocispecie (noci, mandorle, noccioline, ...), diversi semi, formaggi, uova,
carne, pesce marittimo contengono notevoli dosi di lipidi.
In contrasto all'opinione pubblica, grassi animali e oli vegetali si differenziano poco nella loro
composizione in acidi grassi, sia essenziali (non saturi) o meno (saturi).
Omega­3 Gli Omega-3 (o PUFA n-3) sono una categoria di acidi grassi essenziali (ai quali appartengono
anche gli Omega 6), indispensabili per il corretto funzionamento dell'organismo. Sono noti
soprattutto per la loro presenza ed il mantenimento dell'integrità delle membrane cellulari. Talvolta
sono raggruppati come vitamina F (dall'inglese fatty acids)
Origine del nome Il nome di questi composti deriva dalla posizione del primo doppio legame iniziando il conteggio
dal carbonio terminale (Carbonio ω ovvero Carbonio n). Contando dal carbonio ω, il primo doppio
legame che si incontra occupa il terzo rango, da cui il termine Omega-3.
Chimica Gli acidi grassi omega-3 sono detti polinsaturi a causa del fatto che la loro catena comprende vari
doppi legami.
I principali acidi grassi del gruppo omega-3 sono :
I.
L'acido α-linolenico o ω3α (18:3; ALA);
II.
L’acido eicosapentaenoico (20:5; EPA);
III.
L'acido docosaesaenoico (22:6; DHA).
I numeri tra parentesi stanno a indicare che questi tre acidi hanno rispettivamente a 3,5 e 6 doppi
legami nella loro catena composta da 18, 20 e 22 atomi di carbonio. Questi doppi legami sono in
configurazione cis, ciò significa che i loro due atomi di idrogeno si trovano dalla stessa parte del
piano formato dal doppio legame.
Questi legami cis separati da un gruppo metilene danno una forma elicoidale alle molecole di
omega-3.
Gli acidi EPA e DHA possono essere sintetizzati dall'organismo umano a partire dall'acido ALA,
ma solamente in piccole quantità. In pratica, il tasso di DHA non varia nonostante l'aumento di
apporto di ALA.
Fonti alimentari Gli omega-3 sono presenti in diverse varietà di pesci (aringa, salmone, sgombro, pesce spada,
acciuga, trota), negli olii di origine vegetale (soia, girasole, oliva, lino, canapa), nelle noci e nei
legumi.
Effetti sulla salute Un importante studio sugli eschimesi della Groenlandia ha evidenziato in questi soggetti una ridotta
incidenza di patologie cardiovascolari dovuta probabilmente alla dieta essenzialmente a base di
pesce. Da allora, vari gruppi di ricerca si sono occupati del fenomeno, facendo emergere l'ipotesi
che alti livelli di acidi grassi polinsaturi del tipo omega-3, contenuti in alcuni pesci quali il salmone,
il pesce spada, le sardine, lo sgombro e l'acciuga, possano proteggere dall'insorgenza di eventi
cardiovascolari.
Le patologie sensibili ai benefici degli omega-3 sarebbero:
I.
II.
ipertensione;
diabete;
III.
depressione;
IV.
Ipertrigliceridemia;
V.
VI.
VII.
VIII.
psoriasi;
artrite reumatoide;
malattie cardiovascolari;
aritmie.
Studi clinici L'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) in collaborazione con l’Istituto
Mario Negri (Consorzio Mario Negri sud) ha esaminato in uno studio un campione di 11.324
persone colpite da infarto del miocardio, suddividendole in quattro sottogruppi. Dopo un follow up
di 4 anni, i pazienti trattati con omega-3 presentavano riduzione degli infarti, della morte
improvvisa, ictus e della mortalità totale maggiore rispetto a quelli che non avevano ricevuto alcun
trattamento. Questi dati confermano le ipotesi che erano state formulate da due importanti studi
americani il primo effettuato su medici volontari, il secondo effettuato su quasi 85 mila infermiere,
durato 16 anni e pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American Medical Association
(JAMA).
L’Italia ha recepito gli indirizzi rendendo mutuabili tutti i farmaci a base di omega-3.
Farmaci a base di Omega­3 In commercio si possono reperire numerosi composti a base di Omega-3, molti di questi
contengono Omega-3, Omega-6, precursori degli Omega-3 variamente mescolati tra di loro o con
associazioni vitaminiche, tutti questi composti appartangono alla categoria degli integratori
alimentari. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) riconosce come farmaco (rimborsato dallo Stato,
nei casi previsti dalla nota 13) solo ed esclusivamente gli "Esteri Etilici di acidi grassi poliinsaturi
con un contenuto in EPA e DHA non inferiore all'85% ed in rapporto tra loro di 0,9 - 1,5" (nomi
commerciali in Italia: Esapent; Eskim; Seacor).
Glucidi Nell'intestino tutti i glucidi (amidi, zuccheri) per poter essere assorbiti vengono trasformati in
monosaccaridi (glucosio, fruttosio, galattosio, mannosio e ribosio). Non si conoscono glucidi
essenziali.
I glucidi hanno una funzione strutturale che riguarda la sintetizzazione della matrice basale del
tessuto connettivo. Il resto va usato per la produzione energetica nei mitocondri.
La scorta di glucidi nell'organismo umano in forma di glicogeno insolubile è intorno ai 100 grammi,
ma anche i liquidi corporei (sangue, linfa, liquido interstiziale) contengono piccole dosi insolute. La
concentrazione nel sangue si chiama glicemia.
Si stima che il fabbisogno glucidico umano sia 100 - 150 gr al giorno, indipendente dal peso
corporeo. Servono per lo più al fabbisogno energetico di eritrociti e neuroni, cellule che non sono in
grado di catabolizzare acidi grassi.
I glucidi (carboidrati digeribili) sono contenuti maggiormente in alimenti vegetali: come amidi in
ortaggi (patate, ...), graminacee (frumento, ...), leguminacee (fagioli, ...) e come zuccheri in frutta e
in certi ortaggi (barbabietole, carote, ...).
Ma anche tessuti animali contengono piccole dosi di amido insolubile, chiamato glicogeno: scorta
carboidratica in tessuti animali (muscoli, fegato, ...) in dosi di ca. 1... 2 grammi per kg.
Minerali alimentari I minerali alimentari hanno moltissime funzioni metaboliche sia strutturali che funzionali. Minerali
come calcio, fosforo, formano la struttura ossea e dentaria.
Un altro gruppo è coinvolto in tutti i processi idroelettrolitici, osmotici e di regolazione acida –
basica. Essi sono sodio, cloro, potassio, calcio, magnesio, zolfo e fosforo.
Un altro gruppo, come il ferro nell'emoglobina o lo iodio nell'ormone tiroideo è coinvolto in
processi biochimici primordiali: trasporto di ossigeno e regolazione del catabolismo energetico.
Gli altri minerali fanno maggiormente parte di specifici enzimi per le più di svariate funzioni
metaboliche e immunitarie.
Il fabbisogno minerale giornaliero varia molto a seconda dell'elemento considerato: si esprime da
un ordine di grammi per sodio, cloro, calcio, sino ad un ordine di microgrammi (millionesimi di
grammi) per iodio, cromo, selenio.
Nell'alimentazione umana, i minerali essenziali non sono contenuti in un singolo alimento, ma
ripartiti in diversi alimenti sia animali che vegetali. La frutta non contiene rilevanti dosi di minerali;
verdura e ortaggi ne contengono pochi tipi; leguminacee e graminacee circa la metà dei vari tipi e i
prodotti animali circa l'altra metà. Due, il sodio e il cloro, sono facilmente reperibili tramite il sale
da cucina.
Vitamine Le vitamine sono sostanze molto eterogenee tra di loro. In genere assistono gli enzimi nel
sintetizzare o catabolizzare determinate sostanze. Le vitamine sono "vitamine" per l'essere umano:
la vitamina C p. es. non è una vitamina per le mucche, perché (come la maggior parte di piante e
animali),è sintetizzata nel loro organismo e quindi per loro non è essenziale.
Il fabbisogno umano delle singole vitamine varia tra milligrammi e microgrammi.
Nell'alimentazione umana, la ripartizione delle vitamine è molto eterogenea. L'uovo le contiene
tutte ad eccezione della vitamina C. Gli alimenti vegetali sono carenti di vitamina A (in parte
sostituita dalla provitamina beta-carotene), vitamina D, B3 e B12.
In contrasto all'opinione pubblica, pesce, carne e prodotti animali (uova, formaggio, burro, ...)
contengono più vitamine che non frutta e verdura, le quali contengono in dosi rilevanti solo
vitamina C, acido folico e biotina.
Peso corporeo umano
Il peso corporeo umano è il peso corporeo di un essere umano. È determinato dalla massa di tessuti,
di organi e di liquidi nel sistema. Il peso corporeo, o meglio lo spostamento del peso corporeo oltre i
limiti ideali (peso forma), è un parametro importante in medicina e dietologia.
Un primo indicativo è dato dalla statura: il peso si sviluppa approssimativamente in proporzione al
cubo della statura.
Il secondo indicativo è dato dalla quantità di liquidi ritenuti. Questo dipende essenzialmente da
ormoni (ADH, aldosterone) e dal funzionamento del sistema linfatico.
Il terzo indicativo è dato dalle scorte energetiche (grasso bianco) che un organismo ha accumulato.
La quantità di grasso dipende dalla quantità di cellule lipidiche (adipociti) che possiede al momento
e dal loro riempimento. A seconda del regime alimentare seguito possono riempirsi o svuotarsi,
mentre è ormai assodato che in età adulta non vengono generate nuove cellule lipidiche (adipociti).
Determinanti del peso corporeo Fattori determinanti che influenzano il peso corporeo umano:
I.
II.
genetica: peso dei genitori;
anatomia e fisiologia individuale;
III.
metabolismo individuale;
IV.
gestazione, peso alla nascita;
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
infezioni (p.es. l'adenovirus 36 e altri 6 microrganismi sono noti per creare adiposità);
malattie e disfunzioni ormonali;
età;
ambiente psicosociale;
stile di vita.
A oggi non è affatto chiara l'importanza dei vari fattori sul peso; da alcuni si sostiene che il ruolo
principale è dato da fattori ormonali, ma la maggioranza dei ricercatori è propensa a credere che una
cattiva alimentazione e la mancanza di attività fisica siano i maggiori responsabili dell'incremento
ponderale.
Normopeso, sovrappeso, obesità, sottopeso Sul peso corporeo esistono innumerevoli pareri, ma di scientificamente provato esiste poco. Alcuni
studiosi si impegnano a studiarlo secondo un indice di mortalità, ma tali studi sono spesso inficiati
dal fatto che i portatori di malattie croniche nel periodo precedente la morte sono stati oggetto di un
evidente calo ponderale; inoltre è a tutti evidente il fatto che la maggior parte dei soggetti che
superano gli 80 anni di età sono "magri", almeno secondo la definizione più convenzionale del
termine. Altri studiosi utilizzano tabelle come quella dell'OMS che sotto riportiamo. In ogni caso,
sembra prendere sempre più piede la strada di valutare il peso corporeo in relazione alla qualità
della vita del soggetto, con particolare riferimento alla diminuzione del rischio di malattie croniche
più o meno invalidanti.
Indicativamente, rispetto al Peso forma si può fare la seguente classificazione:
I.
- 50 %: Morte per fame
a. 50 %: Inedia gravissima (si raggiunge dopo 60-80 giorni di digiuno totale)
b. 25 %: Inedia (si raggiunge dopo 30-40 giorni di digiuno totale)
c. 10 %: Sottopeso (nel Terzo mondo è dovuto a denutrizione o malnutrizione)
II.
100 %: Peso forma
III.
+ 10 %: Sovrappeso
IV.
+ 25 %: Obesità
V.
VI.
+ 50 %: Obesità grave
+ 50 %: Obesità gravissima
Sottopeso A livello sanitario essere "sottopeso" (IMC < 16) è critico, perché c'è un forte sospetto di:
I.
anoressia o ortoressia, malattie mentali (provenienti di iperproduzione endorfinica) che
finiscono spesso in modo letale per cachessia;
II.
III.
deperimento organico patologico;
tossicodipendenza: cocaina, morfina, anfetamina, alcol, che sfasano la percezione
dell'appetito come regolatore del peso corporeo.
Dopo aver chiarito le cause, occorrono interventi medici / psichiatrici.
Obesità L'obesità non è definita in modo uniforme. In psicologia è classificata come disturbo
dell'alimentazione. Sono comunque più importanti il fattore circonferenziale (> 1.1) e gli sbalzi di
peso (> +/- 10% all'anno) dell'IMC. Secondo le tabelle di mortalità per adulti, i seguenti valori IMC
sono ritenuti come limite all'obesità:
I.
in donne: IMC > 36;
II.
in uomini: IMC > 32.
L'obesità è meno letale del sottopeso, ma va tenuta sotto controllo. Dopo aver chiarito le cause, si
tenta di modificare le condizioni psicosociali e di mantenere il peso attuale, cosa che con gli anni
abbassa il rischio cardiovascolare.
Diete restrittive e cure dimagranti Se per alcuni studiosi il tentativo di cambiare a lungo termine l'indice di massa corporea non ha
senso, perché, biologicamente, il numero di cellule lipidiche può solo aumentare nel tempo e mai
diminuire e quindi il raggiunto è raggiunto, per altri è fondamentale che lo riempimento delle
cellule lipidiche (e quindi il grasso corporeo) resti limitato per evitare patologie vascolari,
ortopediche e metaboliche.
La definizione di una dieta dimagrante è molto complessa; di fronte al riscontro che alcuni soggetti
diminuiscono il loro peso e restano magri per il resto della loro vita, mentre altri continuano a
dimagrire e a ingrassare nuovamente (effetto yo-yo) con grave danno per la salute.
In campo medico molto duro è il dibattito di chi sostiene l'utilità delle diete e chi invece la nega;
entrambi i partiti adducono ricerche contraddittorie e non ancora definitive.
Valore biologico
Il valore biologico è un parametro di valutazione degli alimenti in base alla qualità delle proteine
contenute in essi. Esso dipende dalla composizione in amminoacidi di un alimento e dalla sua
digeribilità, ed è definito come il rapporto tra l'azoto (N) trattenuto e l'azoto assorbito. Esso è
misurato con la formula:
In questa formula al numeratore figura la differenza tra l'azoto alimentare consumato (Nalim) e
l'azoto perduto (con feci e urine), cioè l'azoto trattenuto dall'organismo, mentre al denominatore
figura l'azoto alimentare consumato e l'azoto non digerito contenuto nelle feci, cioè l'azoto
assorbito. Il valore biologico così calcolato andrebbe in realtà depurato da due fonti di azoto
endogeno: l'azoto metabolico fecale (azoto di costituzione degli enzimi digestivi, degli acidi biliari,
degli epiteli di sfaldamento del canale alimentare, delle spoglie della microflora intestinale) e
l'azoto endogeno urinario (azoto derivante non dal catabolismo degli amminoacidi assunti con
l'alimento, ma dal catabolismo degli amminoacidi e delle basi puriniche che provengono dal
ricambio tissutale, l'azoto cioè che si troverebbe nelle feci anche con una dieta completamente priva
di proteine).
Il valore biologico di una proteina dipende dalla sua composizione in amminoacidi: infatti una
proteina è utilizzata meglio tanto più la sua composizione amminoacidica si avvicina a quella della
proteina da sintetizzare da parte dell'organismo animale. Le proteine animali hanno una
composizione amminoacidica molto più vicina a quella del corpo animale (e quindi anche umano)
di quanto non abbiano le proteine vegetali. La carenza di un solo amminoacido rispetto alla quantità
richiesta (amminoacido limitante) è responsabile del basso valore biologico di una proteina
alimentare, valore che può quindi essere migliorato integrando con l'amminoacido mancante. In
generale il valore biologico è alto nelle proteine animali (il valori più alti sono quelli dell'uovo e del
latte crudo), minore in quelle batteriche e basso in quelle vegetali.
Principi nutritivi
I principi nutritivi sono sostanze indispensabili alla vita e al metabolismo e in particolare a:
I.
fornire energia per il mantenimento della funzioni vitali e per le attività corporee (glucidi,
lipidi, proteine);
II.
fornire materiale plastico per la crescita, il rimodellamento e la riparazione dei tessuti
(proteine);
III.
fornire materiale regolatore delle reazioni metaboliche (minerali e vitamine).
I principi nutritivi vengono classificati in macronutrienti e micronutrienti in funzione della quantità
che deve essere assunta giornalmente. L'insieme delle quantità di macro e micronutrienti necessarie
per mantenere lo stato di salute è definito fabbisogno sostanziale. Quando l'apporto di questi
nutrienti con la dieta non è adeguato si verificano delle situazioni di carenza che possono portare a
malattie (malnutrizione). Anche l'apporto in eccesso di taluni nutrienti può ugualmente avere effetti
negativi sulla salute.
Macronutrienti I macronutrienti sono sostanze necessarie per la produzione di energia e per fornire materiale
plastico per la crescita e la rigenerazione del corpo. In particolare:
I.
i carboidrati, o glucidi, sono la fonte energetica principale in quanto vengono rapidamente
metabolizzati in glucosio che viene usato come "carburante" per lo svolgersi di tutte le
funzioni delle cellule e dei tessuti. Le maggiori fonti alimentari di carboidrati sono gli
alimenti farinacei (pasta, pane), le patate, la frutta e il latte;
II.
le proteine sono il principale materiale plastico che serve per la costruzione dei tessuti e
degli organi. I muscoli per esempio sono principalmente costituiti da proteine. L'assunzione
di proteine è quindi molto importante nei bambini in crescita, poiché devono "costruire" il
proprio corpo, ma sono indispensabili anche in età adulta per la rigenerazione dei tessuti. Le
proteine inoltre hanno una funzione importante per il sistema immunitario e ormonale, e
possono essere usate per produrre energia in carenza di glucidi. Le maggiori fonti alimentari
di proteine sono la carne, il pesce, il latte e le uova, ma anche i legumi (soia, fagioli, piselli)
ne sono molto ricchi. Nella scelta degli alimenti proteici è importante considerarne il valore
biologico;
III.
i lipidi sono una importante fonte di energia e possono servire come riserva in quanto
vengono utilizzati più lentamente che i glucidi. Sono inoltre fondamentali per il
mantenimento delle membrane cellulari e per l'assorbimento di alcune vitamine (A, D, E, e
K). I lipidi sono contenuti soprattutto nei condimenti grassi (burro e olio), ma anche nella
carne, nel pesce e nella frutta secca (noci, mandorle ecc.). La qualità e gli effetti sulla salute
dei lipidi sono direttamente correlati al loro contenuto in acidi grassi, che differisce molto
tra grassi di origine animale e vegetale.
Micronutrienti
I micronutrienti sono sostanze nutritive che devono necessariamente essere assunte, anche in
piccola quantità, dall'organismo, in quanto indispensabile ai fini del metabolismo.
Definizione In campo nutrizionale si definiscono micronutrienti le sostanze ingerite dall'organismo, la cui
funzione non è direttamente correlata alla produzione di energia e alla crescita. Per tali funzioni
l'organismo utilizza i macronutrienti (proteine, lipidi e carboidrati). Tali sostanze si trovano negli
alimenti e devono essere assunte giornalmente in quantità superiori alle decine di grammi. In
contrapposizione ai macronutrienti si definiscono i micronutirienti, generalmente assunti in quantità
inferiori al grammo giornaliero. Anche i micronutrienti sono presenti nei normali alimenti, ma una
dieta non equilibrata può causarne la ridotta assunzione e quindi i problemi e le malattie dovuti alla
carenza di uno o più micronutrienti. Per ciascun micronutriente è stata definita la RDA, razione
giornaliera raccomandata.
Suddivisione I micronutrienti si suddividono in vitamine e minerali. I minerali, a loro volta, si suddividono in
macroelementi e oligoelementi.
Vitamine Le vitamine più importanti sono le seguenti
I.
A;
II.
B;
III.
C;
IV.
D;
V.
E;
VI.
K.
Macroelementi Devono essere assunti dall'organismo umano nell'ordine di grammo/giorno.
I.
calcio;
II.
fosforo;
III.
potassio;
IV.
sodio;
V.
cloro;
VI.
magnesio.
Oligoelementi Si suddividono a loro volta in elementi traccia ed elementi ultra-traccia.
Elementi traccia Sono elementi traccia (assunti dall'organismo umano nell'ordine di milligrammo/giorno):
I.
ferro;
II.
zinco;
III.
rame;
IV.
cobalto;
V.
iodio;
VI.
fluoro;
VII.
cromo;
VIII.
manganese;
IX.
molibdeno;
X.
selenio;
XI.
vanadio;
XII.
silicio.
Elementi ultra­traccia Sono elementi ultra-traccia (assunti dall'organismo umano nell'ordine di microgrammo/giorno):
I.
II.
III.
litio;
nickel;
arsenico.
Funzione I micronutrienti sono necessari per la produzione di enzimi e ormoni e quindi intervengono nella
regolazione della crescita, nello sviluppo, nella regolazione dell'apparato immunitario e nella
regolazione dell'apparato riproduttivo.