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TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
LIBRO I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
CAPO I
DEL GIUDICE
SEZIONE I
DELLA GIURISDIZIONE
E DELLA COMPETENZA IN GENERALE
1. Giurisdizione dei giudici ordinari. – La giurisdi-
zione civile, salvo speciali disposizioni di legge (25, 102,
103 Cost.; 585 c.n.), è esercitata dai giudici ordinari (1)
secondo le norme del presente codice (37).
(1) Si vedano gli artt. 1 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario); 2907, 2908 c.c.
l In materia di giurisdizione, le clausole di
proroga della competenza giurisdizionale devono
interpretarsi in senso rigorosamente restrittivo,
e vanno distinte dall’accordo che è alla base del
rapporto cui una tale clausola accede, spettandone, poi, al giudice nazionale dinanzi al quale essa
è invocata l’interpretazione al fine di determinare
le controversie che rientrano nel suo ambito di
applicazione. * Cass. civ., Sezioni Unite, ord. 19
gennaio 2017, n. 1311, F. c. R.. [RV612003 - 02]
l La pretesa azionata in via cautelare dai titolari delle azioni di una società quotata nei confronti della CONSOB, avente ad oggetto non già
il risarcimento del danno subito, ma la condanna
della menzionata autorità ad esercitare i poteri di
vigilanza alla stessa attribuiti dall’ordinamento
per assicurare la correttezza e la trasparenza dei
mercati finanziari, al fine di elidere il rischio di
danni futuri paventati, rientra nell’ambito della
giurisdizione del giudice amministrativo, non
essendo qualificabile come diritto soggettivo, ma
eventualmente come interesse legittimo. Spetta,
infatti, al giudice amministrativo stabilire, in
concreto e nel merito, se l’interesse del privato
volto ad ottenere o a conservare un bene della
vita quando esso viene a confronto con un potere attribuito dalla legge all’Amministrazione non
per la soddisfazione proprio di quell’interesse
individuale, ma di un interesse pubblico che lo
ricomprende e per la cui realizzazione è dotata
di discrezionalità nell’uso dei mezzi a sua disposizione, costituisca un interesse meritevole di tutela ovvero rientri tra gli interessi di mero fatto. *
Cass. civ., Sezioni Unite, ord. 18 maggio 2015, n.
10095, Minigrilli ed altri c. Consob [RV635334]
l La controversia vertente tra un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e dei soggetti privati,
inerente alla restituzione di beni immobili situati
nel territorio italiano, ha carattere civile patrimoniale e non confessionale poiché non riguarda la
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Art. 1
materia ecclesiastica - unico ambito nel quale lo
Stato riconosce la giurisdizione della Chiesa cattolica ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del
18 febbraio 1984, reso esecutivo con la legge di
autorizzazione alla ratifica del 25 marzo 1985, n.
121 - giacché non investe l’esercizio della potestà
spirituale, né di quella disciplinare nei confronti
degli appartenenti alla confessione religiosa, sicché resta devoluta alla giurisdizione del giudice
ordinario. * Cass. civ., Sezioni Unite, ord. 31 marzo 2015, n. 6496, Carriero ed altri c. Istituto Delle
Povere Figlie Delle Sacre Stimmate. [RV634863]
l Qualora il giudice ordinario abbia, in primo
grado, dichiarato la propria "incompetenza" in favore del giudice straniero, la relativa sentenza non
è impugnabile con il regolamento di competenza,
né con il ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di una decisione sulla "competenza internazionale" che attiene non alla ripartizione interna
della competenza tra i giudici dell’ordinamento
italiano, ma ad una questione di giurisdizione tra
i giudici di diversi Stati. * Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2014, n. 19004, S. E. A. c. C. C. [RV631963]
l Appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario la controversia avente ad oggetto la
domanda di restituzione di un finanziamento o
di una sovvenzione, erogata con fondi pubblici
a fini agevolativi a piccole o medie imprese, rientrando nella comune disciplina dei rapporti di
debito e credito l’inadempimento dell’obbligo di
restituzione di quanto ricevuto a titolo di pubblica erogazione. * Cass. civ., Sezioni Unite, 7 maggio 2014, n. 9826, Credito Etneo Banca Credito
Cooperativo Scarl c. Banca Mezzogiorno Medio
Credito Centrale Spa. [RV630876]
l A norma dell’art. 13 del d.l.vo 18 agosto
2000, n. 267, spettano ai Comuni tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione
e il territorio comunale, fra l’altro nei settori dei
servizi alla persona e alla comunità. Nell’ambito
di tale competenza devono essere ricondotti anche
i provvedimenti finalizzati a tutelare la salubrità
e l’igiene del territorio comunale e dei suoi cittadini, eventualmente contemperando il diritto allo
svolgimento di un’attività imprenditoriale con l’interesse pubblico al mantenimento di un ambiente
integro; in questo caso, ove i provvedimenti influiscano sulla qualità di vita dei cittadini in rapporto
alla salubrità del territorio, essi incidono sui diritti
soggettivi dei singoli degradandoli a interessi legittimi, sicché l’impugnazione di tali provvedimenti
è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo. (Fattispecie relativa a provvedimento col
quale l’amministrazione comunale aveva imposto
ad un privato coltivatore di funghi di confinare in
luogo chiuso le attività di preparazione e movimentazione dello stallatico, per evitare esalazioni
moleste). * Cass. civ., Sezioni Unite, 23 gennaio
2012, n. 833, Fungorobica S.r.l. Società Agricola
c. Comune di Cenate Sotto ed altri. [RV621104]
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Art. 2
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
l Spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’impugnazione proposta da un
giudice di pace avverso l’ordinanza con cui il presidente del tribunale abbia accolto un’istanza di
ricusazione proposta nei sui confronti, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, il riconoscimento
da parte dello stesso ricusato dell’inammissibilità
dell’impugnazione, in quanto la non impugnabilità dell’ordinanza da parte del giudice ricusato
non giustifica il trasferimento della giurisdizione
al giudice amministrativo. * Cass. civ., Sezioni
Unite, 9 febbraio 2010, n. 2790, Gadeddu c. Presidente Tribunale Sassari ed altri. [RV611377]
l Le questioni inerenti all’esistenza nell’ordinamento di norme o principi che astrattamente
contemplino o tutelino la posizione soggettiva
fatta valere in giudizio attengono al fondamento
nel merito della domanda e non alla giurisdizione,
spettando al giudice adito, a qualunque giurisdizione esso appartenga, stabilire se la pretesa azionata in giudizio trovi o meno fondamento in una
norma giuridica e, in caso di esito negativo di tale
indagine, respingere la pretesa come infondata,
dovendo soltanto in caso contrario accertare, ai
fini della giurisdizione, quale sia la natura di quella norma e, quindi, la consistenza della situazione
tutelata, se di diritto soggettivo o di interesse legittimo. * Cass. civ., Sezioni Unite, 21 marzo 2001,
n. 121, Com. Venezia c. Com. Taormina ed altri.
l La competenza giurisdizionale a conoscere
di una domanda di risarcimento del danno spetta,
in linea di principio, al giudice ordinario poiché,
facendo valere la parte istante in giudizio un diritto soggettivo, rientra nella sfera di competenza di
quel giudice lo stabilire tanto se tale diritto esista
e sia configurabile, o meno, in concreto, quanto se
la situazione giuridica soggettiva (dalla cui lesione
la parte sostenga esserle derivato danno) sia tale
da determinare, a carico dell’autore del comportamento illegittimo, l’insorgere di una obbligazione
risarcitoria. Ne consegue che la questione della
natura della situazione soggettiva concretamente
lesa, e della sua correlata idoneità a connotare il
pregiudizio come danno risarcibile, si presta ad essere considerata sotto l’aspetto della giurisdizione
solo qualora, a conoscere di quella situazione soggettiva, sia chiamato un giudice speciale dotato di
giurisdizione esclusiva, mentre la questione della
natura della situazione soggettiva lesa (sollevata
onde trarne, come conseguenza, che l’ordinamento
non attribuisce diritto al risarcimento del pregiudizio risentito dalla parte), è vicenda che attiene al
merito e non alla giurisdizione, e ciò tanto in ipotesi di controversie tra privati quanto di controversie che vedano contrapposta, al privato, la P.A., e si
discuta dell’esercizio, da parte di questa, di poteri
autoritativi. * Cass. civ., Sezioni Unite, 23 ottobre
1997, n. 10453, Porta c. Ferr. Stato. [RV509194]
2. (1) [Inderogabilità convenzionale della giurisdizione. – La giurisdizione italiana non può essere con-
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venzionalmente derogata a favore di una giurisdizione
straniera, né di arbitri (810 ss.) che pronuncino all’estero (832 ss.), salvo che si tratti di causa relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino
non residente né domiciliato (43 c.c.) nella Repubblica
e la deroga risulti da atto scritto].
(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 maggio 1995, n.
218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si veda l’art. 4 della
citata L. n. 218/1995.
3. (1) [Pendenza di lite davanti a giudice straniero.
– La giurisdizione italiana non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa
(39) o di altra con questa connessa (31 ss., 40)].
(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 maggio 1995, n.
218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si veda l’art. 7 della
citata L. n. 218/1995.
4. (1)
[Giurisdizione rispetto allo straniero. – Lo
straniero può essere convenuto davanti ai giudici della
Repubblica:
1) se quivi è residente o domiciliato (43 c.c.) anche
elettivamente (47 c.c.) o vi ha un rappresentante (1387
c.c.) che sia autorizzato a stare in giudizio a norma
dell’art. 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili
(812 c.c.) situati all’estero (37);
2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o successioni ereditarie di cittadino italiano o
aperte (456 ss. c.c.) nella Repubblica, oppure obbligazioni (1173 ss. c.c.) quivi sorte (1182 c.c.) o da eseguirsi
(1326 ss. c.c.);
3) se la domanda è connessa (31 ss.) con altra
pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda
provvedimenti cautelari (669 bis ss.) da eseguirsi nella
Repubblica o relativi a rapporti dei quali il giudice italiano può conoscere (14 c.n.);
4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al
quale lo straniero appartiene può conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano].
(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 maggio 1995, n.
218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si vedano gli artt. 3 e
10 della citata L. n. 218/1995.
5. (1) Momento determinante della giurisdizione e
della competenza. – La giurisdizione e la competenza
si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della
domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 2 della L. 26 novembre
1990, n. 353, a decorrere dall’1 gennaio 1993.
SOMMARIO:
a) La domanda come elemento determinante
della giurisdizione;
b) La domanda come elemento determinante
della competenza; b-1) In genere; b-2) Competen-
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TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
za per valore (rinvio); b-3) Competenza per materia; b-4) Competenza per territorio;
c) Mutamenti successivi; c-1) Nello stato di fatto;
c-2) Nella legislazione; c-3) Giurisdizione o competenza sopravvenuta.
a) La domanda come elemento determinante
della giurisdizione.
l Al fine di determinare l’ambito della giurisdizione italiana, ai sensi dell’art. 6, n. 1, della
Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968
(resa esecutiva con legge 21 giugno 1971, n. 804),
rileva non già la prospettazione delle parti, bensì
il "petitum" sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della "causa petendi", sicché, ove
sia invocata l’applicazione dell’art. 2112 cod. civ.,
non può prescindersi dalla connessione esistente fra le posizioni del cedente e del cessionario. *
Cass. civ., Sezioni Unite, 9 febbraio 2015, n. 2360,
D’Alterio c. Chevron Nigeria Limited. [RV634455]
l In caso di pronuncia declinatoria della
giurisdizione, il processo, tempestivamente riassunto innanzi al giudice indicato come munito
di giurisdizione, non è nuovo ma costituisce, per
effetto della "translatio judicii", la naturale prosecuzione dell’unico giudizio. Ne consegue che,
in applicazione dell’art. 5 c.p.c., assume rilievo,
ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente, la legge vigente e lo stato
di fatto esistente al momento della proposizione
dell’originaria domanda, senza che rilevino i mutamenti successivi. (Nella specie, in relazione ad
una controversia di pubblico impiego, la S.C., in
applicazione dell’anzidetto principio, ha cassato
l’ordinanza del giudice di merito che aveva declinato la propria competenza poiché aveva preso
in considerazione la sede di lavoro in atto al momento della riassunzione, mutata in epoca anteriore alla declaratoria di difetto di giurisdizione,
e non, invece, l’originario luogo di lavoro esistente al momento della proposizione del ricorso al
TAR). * Cass. civ., sez. VI, 21 febbraio 2013, n.
4484, Innamorati c. Agenzia Entrate. [RV625563]
l La giurisdizione, come si desume dal principio di cui all’art. 5 c.p.c., si determina sulla base
della domanda proposta dall’attore, e non anche
del contenuto delle eventuali eccezioni sollevate
dal convenuto, a meno che le stesse non evidenzino che la pretesa giudiziale avversa, già come
"ab initio" formulata, implichi l’accertamento di
situazioni soggettive esulanti dalla cognizione del
giudice adito; ne consegue che, nella controversia
instaurata davanti al giudice ordinario ed avente
ad oggetto la domanda di pagamento dei canoni
per una concessione di servizio pubblico, rimane
ininfluente, ai fini della giurisdizione, l’eccezione
di inadempimento formulata dal convenuto in
relazione alla condotta mantenuta dall’amministrazione concedente. * Cass. civ., Sezioni Unite,
12 novembre 2012, n. 19600, Mongelli c. A.U.S.L.
Forlì ed altro. [RV623972]
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Art. 5
l Il principio sancito dall’art. 5 c.p.c., alla
stregua del quale la giurisdizione si determina
«con riguardo alla legge vigente e allo stato di
fatto esistente al momento della proposizione
della domanda» non opera quando la norma che
detta i criteri determinativi della giurisdizione è
successivamente dichiarata costituzionalmente
illegittima, salvo il limite dei rapporti esauriti
al momento della pubblicazione della decisione.
(Fattispecie, successiva alla sentenza n. 204 del
2004 della Corte costituzionale, in materia di costituzione di società mista per la gestione di un
impianto di incenerimento rifiuti). * Cass. civ.,
Sezioni Unite, 16 febbraio 2006, n. 3370, Smal
Srl ed altro c. Azienda Municipalizzata Igiene Urbana Am. Nello stesso senso, con riguardo a norme determinatrici della competenza, Cass., sez. I,
11 maggio 2007, n. 10875. [RV587347]
l La giurisdizione si determina sulla base
della domanda e in particolare in base al cosiddetto petitum sostanziale, il quale si identifica,
oltre che dalla concreta statuizione chiesta al giudice, anche e soprattutto in funzione della causa
petendi, ossia dei fatti indicati a fondamento della
pretesa fatta valere con l’atto introduttivo del
giudizio. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso con cui era stata
dedotta, nell’ambito di una controversia avente
ad oggetto la determinazione dell’ammontare dei
contributi previdenziali dovuti per legge, una questione di giurisdizione fondata sulla mancanza di
una pronuncia delle Commissioni provinciali per
l’artigianato sull’iscrizione dell’impresa nell’apposito albo). * Cass. civ., Sezioni Unite, 23 febbraio
2001, n. 64, Mandalà c. Inps. Conforme, Cass.,
Sezioni Unite, 27 giugno 2003, n. 10243.
b) La domanda come elemento determinante
della competenza.
b-1) In genere.
l In applicazione del principio della "perpetuatio iurisdictionis" di cui all’art. 5 cod. proc.
civ., la proposizione, in via riconvenzionale, da
parte del convenuto dinanzi alla sezione specializzata agraria, di una domanda di accertamento
della esistenza di un rapporto di affittanza agraria, ovvero la prospettazione, in via di mera eccezione, della ricorrenza dei presupposti per l’applicabilità delle norme speciali in tema di rapporti
agrari, è idonea a radicare la competenza di quel
giudice anche se il tenore della domanda attorea
inizialmente poteva legittimamente escluderla,
senza che alcun rilievo assuma la circostanza che
in corso di causa la domanda riconvenzionale
venga dichiarata improponibile o rigettata, ovvero l’eccezione venga ritenuta infondata. * Cass.
civ., sez. VI-III, 19 settembre 2014, n. 19833, Colucci c. Colucci. [RV632430]
l La determinazione della competenza deve
essere fatta in base al contenuto della domanda
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Art. 5
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta appaia prima facie artificiosa e
finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della
causa al giudice predeterminato per legge. Detto
principio, valevole anche per la competenza per
territorio, non può essere derogato dalle contestazioni del convenuto circa la sussistenza del rapporto, né dalla domanda riconvenzionale, che, a
norma dell’art. 36 c.p.c., è conosciuta dal giudice
competente per la causa principale, purché non
ecceda la sua competenza per materia o valore.
Anche nell’ipotesi di connessione di cause ai sensi
dell’art. 40 la proposizione di domanda riconvenzionale non può determinare lo spostamento di
tutta la causa ad altro giudice per ragioni di competenza territoriale, in quanto la norma prevede
soltanto che nei casi di cui agli artt. 31, 32, 34, 35
e 36, le cause cumulativamente proposte o successivamente riunite, siano trattate e decise con rito
ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale
quando una di esse rientri tra quelle indicate negli
artt. 409 e 442 dello stesso codice. (Nella specie,
relativa a controversia instaurata per l’adempimento di un contratto d’agenzia, la S.C. ha cassato, regolando la competenza, la sentenza di merito
che aveva declinato la competenza territoriale a seguito della riconvenzionale del convenuto, il quale
aveva chiesto l’accertamento della simulazione del
contratto di agenzia dedotto dalla attrice e aveva
chiamato un terzo in causa per far affermare che
il rapporto era incorso con quest’ultimo). * Cass.
civ., sez. lav., 17 maggio 2007, n. 11415, Comsa Srl
c. Tego Becker Srl ed altro. [RV597283]
l Il principio di cui all’art. 5 c.p.c., secondo
cui la competenza si determina con riguardo alla
legge vigente al momento della proposizione della
domanda, non opera quando la norma che regola
la competenza è dichiarata costituzionalmente illegittima, data l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità della Corte costituzionale, salve
l’avvenuta formazione del giudicato e la presenza
di preclusioni processuali già verificatesi. (Principio espresso con riferimento alla sentenza n. 147
del 2004, in tema di competenza nei procedimenti
civili in cui è parte un magistrato). * Cass. civ.,
sez. I, 11 maggio 2007, n. 10875, Proietti c. Galluzzo. [RV597019]
l La determinazione della competenza deve
essere fatta in base al contenuto della domanda
giudiziale, la quale fissa l’oggetto della causa, e
non sulla scorta delle contestazioni sollevate dal
convenuto in relazione agli elementi posti a fondamento della domanda, né in base all’indagine
di merito che il giudice deve compiere per la
decisione, poichè tale attività non assume alcun
rilievo in ordine all’individuazione del giudice
competente. * Cass. civ., sez. lav., 4 agosto 2005,
n. 16404, Bortolotto c. Vodafone omnitel spa.
[RV582773]
l Ai fini della determinazione della competenza, l’art. 5 c.p.c., anche nella nuova formulazione
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introdotta dall’art. 2 legge n. 353 del 1990, attribuisce valenza determinante non già al decisum
bensì al deductum o, meglio, al disputandum, e
perciò alla valutazione della domanda, con ogni
suo accessorio, al momento della relativa proposizione; ne consegue che, proposta dinanzi al
tribunale per i minorenni domanda di dichiarazione giudiziale di paternità e di condanna del
genitore naturale al mantenimento del minore, la
competenza del tribunale per i minorenni resta
ferma anche nell’ipotesi in cui venga successivamente dichiarata la cessazione della materia del
contendere in relazione alla richiesta di dichiarazione giudiziale di paternità. * Cass. civ., sez.
I, 16 giugno 2000, n. 8243, Natalicchio c. Malta
Laudelina. [RV537701]
l Il principio, secondo il quale la competenza
si determina in relazione allo stato di fatto esistente al momento della domanda, si riferisce alle
circostanze attinenti ai presupposti di fatto della
competenza medesima, e non osta, pertanto, a
che quest’ultima debba essere riscontrata tenendo conto anche delle modifiche dell’originaria
domanda, ritualmente introdotte in corso di causa. * Cass. civ., Sezioni Unite, 13 dicembre 1983,
n. 7346.
b-2) Competenza per valore (rinvio).
u Si veda sub art. 10.
b-3) Competenza per materia.
l La competenza per materia si determina, ai
sensi dell’art. 10 c.p.c. (dettato per la competenza
per valore ma esprimente un principio generale
e, come tale, applicabile anche in riferimento agli
altri tipi di competenza), con criterio «a priori»
secondo la prospettazione fornita dall’attore nella
domanda. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la competenza per materia del Tribunale, e non del giudice di pace, atteso che l’attrice
lamentava di subire gravi turbative nell’esercizio
del proprio diritto di proprietà su una cisterna da
parte di alcuni comproprietari, ritenendo irrilevante a questi fini che i convenuti riconoscessero
il diritto di proprietà dell’attrice sul bene, atteso
che rimaneva comunque da accertare l’avvenuto compimento degli atti impeditivi, in tutto o
in parte, del godimento e che il riconoscimento
del diritto dominicale da parte dei convenuti non
fosse idoneo a far inquadrare la controversia tra
quelle relative «alla misura e alle modalità d’uso
dei servizi di condominio di case» devolute alla
competenza del giudice di pace). * Cass. civ., sez.
II, 18 gennaio 2007, n. 1122, Di Marco c. Lombardo ed altro. [RV594567]
l La competenza per materia del giudice adito si determina sulla base della domanda proposta dall’attore e dei fatti posti a suo fondamento,
mentre le eccezioni del convenuto possono, al
più, costituire fonte (residuale) di ulteriore convincimento del giudice, ma non anche condurre
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TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
all’individuazione di una diversa competenza sulla base di elementi incompatibili con la domanda.
Nella ipotesi in cui, con la domanda, l’attore chieda, poi, l’accertamento di un certo rapporto giuridico, ovvero il riconoscimento di diritti rispetto ai
quali l’esistenza di quel rapporto si pone in termini di presupposto necessario, il giudice non può,
ai fini dell’indagine sulla competenza, verificare
la concreta esistenza del rapporto così affermato
(ovvero qualificarlo in modo diverso ed incompatibile con la pretesa fatta valere), ma deve rimettersi alle sole affermazioni dell’istante, onde
pervenire alla decisione di merito (affermando, o
negando, l’esistenza del rapporto stesso). * Cass.
civ., sez. III, 23 giugno 1999, n. 6404, Balzano c.
Gest. govern. Circumvesuviana. Nello stesso senso, Cass. I, ord. 27 febbraio 2004, n. 4112.
l Ai fini della individuazione del giudice competente ratione materiae, la determinazione della
materia del contendere deve essere compiuta con
riferimento alla domanda, e cioè alla sostanza
della pretesa ed ai fatti posti a fondamento di essa,
che il giudice può peraltro liberamente qualificare sotto l’aspetto giuridico, fermo restando che
le eccezioni del convenuto, mentre non possono
comportare l’esclusione della competenza individuata secondo i criteri suddetti, possono tuttavia
concorrere alla sua individuazione quando essa
non possa radicarsi in concreto con esclusivo
riferimento al contenuto della domanda. * Cass.
civ., sez. lav., 21 marzo 1997, n. 2509, S.A.I. Spa
c. Santucci.
l La determinazione del giudice competente a decidere la causa dev’essere effettuata con
riguardo al disputatum (e non al decisum), ossia
con riguardo alle asserzioni delle parti, indipendentemente dalla loro fondatezza, con la conseguenza che un’eccezione di competenza per
materia, prevista da norme speciali (nella specie,
dall’art. 45 della L. n. 392 del 1978, essendosi dal
convenuto sostenuto che la locazione in questione
riguardava un’immobile destinato a cinematografo e non un’azienda cinematografica) può essere
respinta solo quando essa appaia infondata prima
facie. * Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1982, n. 364.
u Si veda anche, amplius, per quanto riguarda in particolare la competenza per materia del
giudice del lavoro ed i criteri per la sua determinazione, sub art. 409.
b-4) Competenza per territorio.
l Il nuovo criterio di competenza territoriale
introdotto dall’art. 4 del D.L.vo n. 168 del 2003,
istitutivo delle sezioni specializzate in materia di
proprietà industriale e intellettuale presso tribunali e corti d’appello, si applica a decorrere dal 1°
luglio 2003; restano invece assegnate al giudice
competente in base alla normativa previgente le
controversie già pendenti e iscritte al ruolo alla
data del 30 giugno 2003, quale che sia il grado
di giudizio nel quale esse si trovino al momento
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Art. 5
dell’entrata in vigore della legge. (Mass. redaz.). *
Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2007, n. 2203.
l La competenza per territorio dev’essere
determinata con riferimento alla domanda così
come proposta, prescindendo da ogni indagine
circa la relativa fondatezza nel merito. Ne consegue che, ove un professionista deduca di avere
ricevuto un incarico professionale dalla P.A., il
giudice adìto non può declinare la competenza
per il solo fatto che quest’ultima eccepisca l’invalidità del contratto. * Cass. civ., sez. III, 18 aprile
2006, n. 8950, Com. Milazzo c. Gitto. [RV591366]
l Poiché, a norma dell’art. 5 c.p.c., la competenza si determina con riguardo alla legge vigente
al momento della proposizione della domanda,
qualora la norma processuale, vigente alla data
della domanda introduttiva, preveda espressamente una competenza per territorio inderogabile, così escludendo la possibilità di un foro convenzionale, il giudice designato nell’accordo delle
parti non può essere adito, ancorché la clausola
pattizia relativa alla competenza territoriale sia
stata concordata tra le parti medesime in epoca
anteriore alla disposizione prevedente l’inderogabilità del foro. (Principio espresso in fattispecie di
controversia in materia di locazione di immobili
urbani, nella vigenza del secondo comma dell’art.
447 bis c.p.c., anteriormente alla avvenuta soppressione della norma, con decorrenza 2 giugno
1999, ad opera dell’art. 87 del D.L.vo 19 febbraio
1998, n. 51). * Cass. civ., sez. III, ord. 23 maggio
2002, n. 7566, Urbano c. Kuwait Petroleum Italia
Spa . [RV554674]
l Il criterio per la determinazione della competenza va fissato in base non solo all’oggetto della
domanda proposta dall’attore, ma anche ai fatti
posti a fondamento di esse, indipendentemente
dalla loro fondatezza, senza che abbiano, a tal fine,
rilevanza le contestazioni formulate dal convenuto
e le diverse prospettazioni dei fatti da esso avanzate. Unico limite alla rilevanza dei fatti prospettati dall’attore, ai fini della determinazione della
competenza, è costituito da una eventuale prospettazione artificiosa (cioè finalizzata a sottrarre
la controversia al giudice precostituito per legge)
o prima facie infondata. Ne consegue che nell’ipotesi in cui l’attore, qualificandosi come «consumatore», agisca per far valere un diritto previsto dal
D.L.vo n. 50 del 1992, la competenza territoriale a
decidere la controversia è da attribuire inderogabilmente al giudice del luogo di residenza o di domicilio dell’attore (in applicazione dell’art. 12 del
citato D.L.vo n. 50 del 1992), indipendentemente
dalla fondatezza o meno della prospettazione relativa alla qualificabilità dello stesso come consumatore, potendo giungersi ad un diverso risultato
solo nell’ipotesi in cui tale prospettazione risulti
artificiosa o prima facie infondata. (Nella specie la
Suprema Corte ha accolto una istanza di regolamento necessario di competenza precisando che,
essendo stato il giudizio instaurato per far valere
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Art. 5
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
un pretesto diritto di recesso dal contratto ex art.
4, D.L.vo n. 50 del 1992, l’adito giudice del luogo
di residenza dell’attore non avrebbe potuto dichiarare la propria incompetenza territoriale (considerando operativa la clausola di deroga convenzionale del foro) basandosi sul rilievo che l’attore non
era qualificabile come consumatore, in quanto la
relativa prospettazione contenuta nell’atto introduttivo del giudizio non era da ritenere prima facie
infondata). * Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 2000, n.
15367, Latorre c. Eurogames Srl.
u  Si veda per i vari criteri di attribuzione
della competenza per territorio, sub artt. 18 e ss.
c) Mutamenti successivi.
c-1) Nello stato di fatto.
l In tema di radiodiffusione sonora, la cognizione della controversia possessoria promossa,
anteriormente alla entrata in vigore della legge
6 agosto 1990, n. 223, a tutela del preuso di una
determinata frequenza, spetta alla cognizione del
giudice ordinario, a nulla rilevando che, nelle more
del giudizio, sopravvenuta detta legge, il convenuto abbia ottenuto provvedimento di concessione
per la radiodiffusione sonora, atteso che, ai sensi
del testo originario – e ratione temporis applicabile
– dell’art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina con
riguardo allo stato di fatto esistente al momento
della proposizione della domanda e non hanno
rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti
dello stato medesimo. * Cass. civ., Sezioni Unite,
12 dicembre 2001, n. 15712, Radio Universal Snc
c. Tedeschi ed altra.
l In tema di espropriazione eseguita nel quadro del programma straordinario per l’edilizia
residenziale di Napoli, l’opposizione alla stima
dell’indennità spetta alla Giunta speciale per le
espropriazioni presso la Corte d’appello di Napoli, salvo che la determinazione della medesima sia
frutto di accordo amichevole e sorga controversia
riguardo alla valutazione ed interpretazione del
patto di concordamento; peraltro, il concordamento stipulato successivamente all’introduzione del giudizio innanzi alla Giunta dà luogo ad
un mutamento dello stato di fatto, che, ai sensi
dell’art. 5 c.p.c., non rileva rispetto alla giurisdizione come originariamente determinata. * Cass.
civ., Sezioni Unite, 20 giugno 2000, n. 453, Consorzio I.ma.fi.d. c. Testa. [RV537758]
c-2) Nella legislazione.
l Le norme sopravvenute in corso di giudizio
che modifichino la giurisdizione e la competenza
trovano applicazione anche nei giudizi pendenti
se tale giurisdizione o competenza venga, per
l’effetto, attribuita ai giudici dinanzi ai quali la
causa pende, ovvero dinanzi ai quali la causa
stessa dovrebbe essere ripresa o riassunta se fosse
dichiarato che, al momento della domanda, essi
mancavano della giurisdizione o della competen-
COM_220_CodiceProceduraCivileCommentato_2017_1.indb 62
62
za che hanno esercitato. (Principio affermato con
riferimento a controversia nella quale si disputava originariamente se le domande rientrassero
nella competenza per valore del tribunale ovvero
del pretore, essendo entrate in vigore, nelle more,
le norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado). * Cass. civ., sez. II, 9 giugno
2010, n. 13882, Cambedda c. Cambedda ed altro.
Conforme, cass. civ. sez. III, 9 aprile 2001,n. 5279.
[RV613433]
l Il momento determinativo della competenza va fissato, ai sensi dell’art. 5 cod. proc. civ.,
sulla base della legge vigente e dello stato di fatto esistente al momento della proposizione della
domanda; ne consegue che, sull’opposizione ad
ordinanza ingiunzione riguardante una violazione amministrativa in materia di igiene di alimenti
e bevande, proposta successivamente all’entrata
in vigore del d.lgs. n. 507 del 1999, è competente il tribunale e non il giudice di pace, ai sensi
dell’art. 22 bis legge n. 689 del 1981, aggiunto
per effetto della citata innovazione legislativa, in
quanto ai fini dell’individuazione dell’organo giudiziario competente non deve farsi riferimento al
momento della commissione o dell’accertamento
della violazione amministrativa, ma al momento
della proposizione dell’opposizione al provvedimento di applicazione della sanzione, che rappresenta la domanda ed il radicamento della controversia davanti al giudice. (Nella fattispecie, la
Corte ha cassato la pronuncia del giudice di pace,
in quanto sia l’ordinanza ingiunzione sia l’opposizione erano successive alla novella normativa in
materia di competenza). * Cass. civ., sez. II, 14
gennaio 2009, n. 753, Regione Puglia c. Di Vieste.
[RV606248]
l Il principio sancito dall’art. 5 c.p.c., secondo cui i mutamenti di legge intervenuti nel corso
del giudizio non assumono rilevanza ai fini della
giurisdizione, la quale si determina con riguardo
alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, si riferisce esclusivamente
all’effetto abrogativo determinato dal sopravvenire di una nuova legge, e non anche all’effetto
di annullamento dipendente dalle pronunce di
incostituzionalità: esse, infatti, a norma dell’art.
136 Cost., dell’art. 1 della legge costituzionale
11 marzo 1953, n. 1 e della legge di attuazione
11 marzo 1953, n. 87, impediscono al giudice di
tenere conto della norma dichiarata illegittima
ai fini della decisione sulla giurisdizione, la quale non si risolve nella mera constatazione di un
evento già verificatosi, ma implica lo svolgimento
di un’attività valutativa sul contenuto della norma
dichiarata incostituzionale e sulla sua pertinenza
al caso di specie. Tale efficacia retroattiva, che si
arresta esclusivamente di fronte al giudicato o al
decorso dei termini di prescrizione o decadenza
stabiliti per l’esercizio di determinati diritti, non
contrasta con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, in quanto l’opportu-
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63
TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
nità di evitare lo spreco di attività conseguente
alla rinnovazione del processo non può prevalere
sull’esigenza di evitare, a tutela del diritto di difesa del convenuto, l’esercizio di un potere giurisdizionale che, in relazione ad una determinata controversia, sia stato ritenuto contrario alla
Costituzione. (Principio enunciato dalla S.C. in
riferimento all’applicabilità, ai fini del riparto di
giurisdizione in una controversia relativa al pagamento di prestazioni sanitarie erogate da una
struttura privata in regime di accreditamento con
il Servizio Sanitario Nazionale, dell’art. 33 del
D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, a
seguito della sentenza della Corte costituzionale
n. 204 del 2004, con cui ne è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale). * Cass. civ., Sezioni
Unite, 13 febbraio 2007, n. 3046, Ausl/7 Ragusa c.
Laboratorio Analisi Cliniche Brinch. Nello stesso
senso: Cass., Sezioni Unite, 21 dicembre 2004, n.
23645; Cass., Sezioni Unite, 16 novembre 2004, n.
21635; Cass. civ., Sezioni Unite, 16 luglio 2008, n.
19495; Cass. civ., Sezioni Unite, 2 dicembre 2008,
n. 28545. [RV594081]
l Per effetto della nuova formulazione
dell’art. 5 c.p.c. (conseguente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 2 della legge n. 353 del 1990)
il momento determinativo della giurisdizione va
fissato non soltanto con riguardo allo stato di
fatto esistente al tempo della proposizione della
domanda (come sancito dalla norma nella sua
precedente versione), ma anche con riferimento
alla legge vigente in quel momento, senza che
possano, successivamente, rilevare i mutamenti tanto dello stato di fatto quanto delle norme
(eventualmente) sopravvenute, dovendosi ritenere esteso anche allo ius superveniens il principio
della perpetuatio della giurisdizione, in precedenza non applicabile ai mutamenti di diritto
modificativi di essa, ovvero incidenti, in qualche
misura, sui suoi criteri determinativi. Con tale
previsione il legislatore ha inteso, in realtà, perseguire l’obiettivo di conservare la giurisdizione
del giudice correttamente adito in base alla legge
applicabile al momento della proposizione della
domanda giudiziale, sottraendola a successive diverse scelte legislative, senza peraltro incidere sul
più generale principio dell’immediata operatività,
in materia processuale, della legge sopravvenuta
(pure con riguardo alla giurisdizione), quando
valga invece a radicare la giurisdizione presso il
giudice dinanzi al quale sia stato comunque già
promosso il giudizio. * Cass. civ., Sezioni Unite,
20 settembre 2006, n. 20322, Enpaf c. Caprettini
Caprabianca ed altri. [RV591304]
l Il canone generale dell’art. 5 c.p.c. (come
riformulato dall’art. 2 della legge 26 novembre
1990, n. 353), secondo cui non è influente sulla
giurisdizione il mutamento della legge intervenuto successivamente alla domanda, esige, in fase di
composizione del conflitto tra giudice ordinario
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Art. 5
e giudice speciale ex art. 362 c.p.c., il riferimento
alla legge in vigore al momento della prima iniziativa processuale, ove la seconda, pur aprendo
un autonomo procedimento, esprima mera reiterazione della stessa domanda, in conformità della
decisione del giudice in precedenza adito, atteso
che l’indicato momento segna l’effettiva apertura
del dibattito, successivamente spostatosi in una
sede diversa per ragioni esclusivamente inerenti
alla questione di giurisdizione. * Cass. civ., Sezioni Unite, 7 febbraio 2002, n. 1734, Com. Canosa
di Puglia c. Gestor Spa.
l Per effetto del disposto dell’art. 5, nuovo testo, c.p.c., il momento determinativo della giurisdizione va fissato non soltanto con riguardo allo
stato di fatto esistente al tempo della proposizione della domanda (come sancito dalla norma nella sua precedente formulazione), ma anche con
riferimento alla legge vigente in quel momento,
senza che possano, successivamente, rilevare i
mutamenti tanto dello stato di fatto quanto delle
norme (eventualmente) sopravvenute, dovendosi
oggi ritenere esteso anche allo ius superveniens
il principio della perpetuatio della giurisdizione,
in precedenza non applicabile ai mutamenti di
diritto modificativi di essa, ovvero incidenti, in
qualche misura, sui suoi criteri determinativi. *
Cass. civ., Sezioni Unite, 1° luglio 1997, n. 5899,
Chicago Bridge Co. c. La Colla. Conforme, Cass.
lav., 18 marzo 1996, n. 2251.
l Il principio sancito dall’art. 5 c.p.c., alla
stregua del quale la giurisdizione si determina
«con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della
domanda» trova la sua ragion d’essere in esigenze di economia processuale e riceve applicazione
solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito. Ne deriva che la sostituzione dell’art. 33 del D.L.vo n. 80 del 1998 con
l’art. 7 della legge n. 205 del 2000 (in dipendenza
degli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 2000) non ha comportato che alle
norme nuovamente dettate sia stata attribuita
un’efficacia retroattiva, con la conseguenza che
esse sono entrate in vigore il 10 agosto 2000 e, in
virtù del citato art. 5 del codice di rito, non possono valere a spostare la giurisdizione dal giudice
ordinario a quello amministrativo nelle cause già
pendenti davanti al primo alla data di entrata in
vigore della legge. * Cass. civ., Sezioni Unite, 20
settembre 2006, n. 20315, Rtl 102.5 Hit Radio Srl
c. Finradio Srl. [RV591530]
l La norma transitoria prevista dall’art. 69,
comma settimo, del D.L.vo 30 marzo 2001, n.
165, rappresenta certamente una deroga al disposto dell’art. 5 c.p.c., ma solo nel senso che non è
sufficiente instaurare una controversia in sede di
giurisdizione ordinaria dopo la data del 30 giugno
1998 per escludere la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di rapporto di lavoro pubblico, occorrendo anche che le questioni dedotte
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Art. 5
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
in giudizio siano attinenti al periodo di lavoro
successivo alla predetta data. Per le controversie
instaurate prima, in sede di giurisdizione amministrativa, opera integralmente il disposto del
citato art. 5 c.p.c., secondo il quale la giurisdizione è determinata con riguardo alla legge vigente
e allo stato di fatto esistente al momento della
proposizione della domanda, senza che possano
rilevare i successivi mutamenti della legge o dello
stato medesimo. * Cass. civ., Sezioni Unite, 6 luglio 2006, n. 15344, Aragona c. Università Studi
Messina ed altri. [RV590195]
l La trasformazione del rapporto di lavoro
privatistico in rapporto di pubblico impiego, sopravvenuta (nella specie, per effetto della L. 24
dicembre 1979, n. 653) all’instaurazione del giudizio, non è idonea, stante il principio della perpetuatio iurisdictionis, a devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la causa
già incardinata presso il giudice ordinario, il cui
potere di cognizione permane, comunque, con
riguardo a pretese che, attenendo esclusivamente
al periodo anteriore alla detta trasformazione, si
esauriscono nell’ambito dell’originario rapporto
privatistico. * Cass. civ., Sezioni Unite, 23 agosto
1990, n. 8573, Min. Tesoro Uff. c. Rudilosso.
u Si vedano anche, con riguardo a controversie di lavoro, sub art. 413, par. e), e sub art. 428,
par. a), in fine. Vedi, inoltre, con riguardo ad ipotesi di conflitto, Cass. lav., 1 giugno 1993, n. 461,
riportata sub art. 45, par. b), in fine.
c-3) Giurisdizione o competenza sopravvenuta.
l In materia processuale, la legge sopravvenuta ha immediata operatività (anche con riguardo
alla giurisdizione o alla competenza) quando
valga a radicare la competenza presso il giudice
davanti al quale sia stato comunque promosso il
giudizio, poiché in tal caso sussistono ragioni di
economia processuale che giustificano la deroga
all’art. 5 c.p.c.; pertanto, in tema di sanzioni amministrative concernenti la violazione finanziaria
disciplinata dall’art. 195 del d.l.vo 24 febbraio
1998, n. 58, a seguito della modifica introdotta
dall’art. 16 del d.l.vo 17 settembre 2007, n. 164,
sussiste, nel caso di violazione commessa da persona fisica, anche la competenza del giudice del
luogo di domicilio dell’autore di essa, davanti al
quale deve essere giudicata l’opposizione ivi già
proposta in epoca antecedente la citata modifica
legislativa. * Cass. civ., sez. II, 16 luglio 2010, n.
16667, Iride s.p.a. c. Comm. Naz. Società La Borsa ed altro. [RV614756]
l Il principio sancito dall’art. 5 cod. proc. civ.,
alla stregua del quale la giurisdizione si determina "con riguardo alla legge vigente e allo stato di
fatto esistente al momento della proposizione
della domanda", trova la sua ragion d’essere in
esigenze di economia processuale e riceve applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza
della giurisdizione del giudice adito e non anche
COM_220_CodiceProceduraCivileCommentato_2017_1.indb 64
64
quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto comporti l’attribuzione della giurisdizione
al giudice che ne era privo, dovendosi in questo
caso confermare la giurisdizione di esso. Pertanto, nel caso in cui il giudice amministrativo sia
stato adito con domanda di risarcimento danni
da occupazione appropriativa allorché (nella specie, nel luglio 2000), ai sensi dell’art. 34 del d.lgs.
31 marzo 1998, n. 80, apparentemente era fornito
di giurisdizione esclusiva, venuta meno con effetto retroattivo in conseguenza della sentenza della
Corte costituzionale n. 281 del 2004 (dichiarativa
dell’illegittimità costituzionale dell’art. 34), la sua
giurisdizione esclusiva dev’essere confermata,
per essergli stata, in pendenza del giudizio, nuovamente attribuita, a seguito della sostituzione
del citato art. 34 operata dall’art. 7 della legge 21
luglio 2000 n. 205, essendo stato dotato dalla nuova legge, al momento della pronuncia, del potere
di decidere sulla domanda. * Cass. civ., Sezioni
Unite, ord. 16 aprile 2009, n. 8999, Giglio c. Com.
Palermo. [RV607446]
l L’art. 5 c.p.c., anche nel testo novellato
dall’art. 2 della legge 26 novembre 1990, n. 353,
che esclude la rilevanza dei mutamenti in corso
di causa della legge – oltre che dello stato di fatto
– in ordine alla determinazione della competenza,
va interpretato in conformità alla sua ratio che è
quella di favorire, non già di impedire, la perpetuatio iurisdictionis sicché, ove sia stato adito un
giudice incompetente al momento della proposizione della domanda, non può l’incompetenza
essere dichiarata se quel giudice sia diventato
competente in forza di legge entrata in vigore
nel corso del giudizio. (Fattispecie relativa a un
giudizio di risarcimento danni in cui, tra gli altri,
era stata convenuta anche l’ANAS; la S.C., rilevato che la trasformazione dell’ANAS in ente pubblico economico, con conseguente sottrazione al
foro erariale delle controversie in cui il predetto
ente è convenuto, disposta con D.L.vo n. 143 del
1994, ha avuto luogo con d.p.c.m. 26 luglio 1995
e, quindi, in data successiva alla notificazione
dell’atto introduttivo del giudizio, ha dichiarato
la competenza del tribunale adito, inizialmente
privo della stessa ma diventato competente nel
corso del giudizio per l’intervenuto mutamento
legislativo). * Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2008,
n. 857, Chiappone c. ANAS ed altri. [RV601257]
l In materia di integrazione salariale, le posizioni di diritto soggettivo nascenti, a favore
dei privati, dal provvedimento di ammissione
dell’impresa alla cassa integrazione guadagni degradano, di nuovo, a posizioni di interesse legittimo – con conseguente devoluzione delle relative
controversie al giudice amministrativo – qualora
intervengano atti amministrativi di annullamento o di revoca di tale provvedimento, trattandosi
di atti che sono espressione del potere discrezionale esercitato dall’Amministrazione nell’ambito
della tutela dell’interesse pubblico ad essa affida-
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65
TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
to. Qualora il provvedimento di ritiro intervenga
(come nella specie) nel corso di un giudizio che
la parte privata abbia instaurato correttamente
– in quanto titolare di un pregresso diritto soggettivo – dinanzi al giudice ordinario, viene a
radicarsi la giurisdizione e la competenza a decidere la controversia da parte dello stesso giudice,
ai sensi dell’art. 5 c.p.c. Ove venga denunciata
davanti al medesimo giudice l’illegittimità del
provvedimento sopravvenuto, non può venire in
questione l’istituto della disapplicazione, poiché
ciò che, sostanzialmente, diviene oggetto di discussione è l’esercizio del potere di autotutela e
oggetto dell’azione del privato è non già la tutela
di una sua posizione di diritto soggettivo tuttora
perdurante ma la rimozione dell’atto amministrativo (di annullamento o di revoca), di modo che
sia reintegrata, a tutti gli effetti, la posizione di
diritto soggettivo (venuta meno) della quale era
precedentemente titolare. In tale contesto, pertanto, il giudice ordinario non può dichiarare il
proprio difetto di giurisdizione, ma solo decidere sulla base della situazione attuale di fatto e di
diritto (sopravvenuto annullamento o revoca del
decreto di concessione della C.I.G. e, dunque, insussistenza in capo al privato delle posizioni di
diritto soggettivo delle quali chiede la tutela sulla base del provvedimento autorizzativo), salva
l’eventuale sospensione del processo, ex art. 295
c.p.c., in caso di avvenuta impugnazione dell’atto
di annullamento (o di revoca) dinanzi al giudice
amministrativo. * Cass. civ., sez. lav., 27 gennaio
2006, n. 1732, Colangiuli c. Inps. [RV586324]
l L’irrilevanza, ai fini della giurisdizione, dei
mutamenti legislativi successivi alla proposizione
della domanda, sancita dall’art. 5 c.p.c., opera nel
caso in cui il sopravvenuto mutamento dello stato
di diritto privi il giudice della giurisdizione che
egli aveva quando la domanda è stata introdotta, non già nel caso, inverso, in cui esso comporti
l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne
era inizialmente privo; a quest’ultimo riguardo è
indifferente che la norma attributiva sopravvenga
nel corso del giudizio di appello, in ogni caso trovando applicazione il principio della perpetuatio
iurisdictionis di cui il citato art. 5 è espressione.
(Principio espresso in relazione alla nuova disciplina di cui all’art. 9 del decreto legge 3 aprile
1995, n. 101, che ha equiparato, ai fini della tutela
giurisdizionale, le concessioni in materia di lavori
pubblici agli appalti). * Cass. civ., Sezioni Unite,
19 febbraio 2002, n. 2415, Amm. infrastrutture
e dei trasporti c. Società Adriatica Costruzioni
Ancona a rl ed altre. Conformi, sul principio generale: Cass., Sezioni Unite, 13 settembre 2005,
n. 18126; Cass., Sezioni Unite, 7 marzo 2005,
n. 4820; Cass., Sezioni Unite, ord. 12 novembre
2002, n. 15885. Nello stesso senso, Cass. civ., sez.
II, 8 ottobre 2014, n. 21221.
l A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 31
bis della L. 11 febbraio 1994, n. 109 (introdotto
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Art. 6
dall’art. 9 del D.L. 3 aprile 1995, n. 101, convertito
con modificazioni nella L. 2 giugno 1995, n. 216),
le controversie relative alla concessione di sole
costruzioni di opere pubbliche sono assoggettate
agli ordinari criteri di riparto giurisdizionale in
tema di appalto di opere pubbliche e sono pertanto devolute alla giurisdizione del giudice ordinario
quando si controverta su posizioni di diritto soggettivo; poiché esigenze di economia processuale
impongono di attribuire rilevanza alla giurisdizione (così come alla competenza) sopravvenuta
anche alla luce del nuovo testo dell’art. 5 c.p.c.
(come risultante dalla L. n. 353 del 1990), in caso
di giudizio su diritti pendente alla data di entrata
in vigore dell’art. 31 bis citato innanzi al giudice
ordinario, questi, sebbene originariamente sfornito di giurisdizione, non deve dichiararne il difetto
ma decidere nel merito dato il sopravvenire per
effetto della nuova legge di un criterio di collegamento tra la controversia e l’ufficio giudiziario
adito. * Cass. civ., Sezioni Unite, 27 luglio 1999, n.
516. Conforme, Cass. civ., 12 giugno 1997, n. 5299.
6. Inderogabilità convenzionale della competen-
za. – La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge
(28-30, 339, 360).
SEZIONE II
DELLA COMPETENZA
PER MATERIA E VALORE
7. (1) Competenza del giudice di pace. – Il giudice di
pace è competente per le cause relative a beni mobili
(812 c.c.) di valore non superiore a cinquemila euro (2)
(10), quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause
di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione
di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi ventimila euro (3).
[Il giudice di pace è inoltre competente, con il limite di valore di cui al secondo comma, per le cause
di opposizione alle ingiunzioni di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, salvo che con la sanzione pecuniaria
sia stata anche applicata una sanzione amministrativa
accessoria. Resta ferma la competenza del pretore in
funzione di giudice del lavoro e per le cause di opposizione alle ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.] (4)
È competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini
(951 c.c.) ed osservanza delle distanze stabilite dalla
legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (892 ss. c.c.);
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità
d’uso dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o
detentori di immobili adibiti a civile abitazione in ma-
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Art. 7
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
teria di immissioni (844 c.c.) di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che
superino la normale tollerabilità;
3 bis) per le cause relative agli interessi o accessori
da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o
assistenziali (5).
[4) per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate in base all’art. 75 del testo unico
approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309] (6).
(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 17 della L. 21
novembre 1991, n. 374, recante l’istituzione del giudice di pace, a
decorrere dal 1° maggio 1995.
(2) Le originarie parole: «lire cinque milioni» sono state così
sostituite dall’art. 45, comma 1, lett. a), della L. 18 giugno 2009,
n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1,
della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
(3) Le originarie parole: «lire trenta milioni» sono state così
sostituite dall’art. 45, comma 1, lett. b), della L. 18 giugno 2009,
n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1,
della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.
(4) Questo comma è stato abrogato dall’art. 1 del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni, nella L. 20 dicembre 1995, n. 534. In materia di competenza del giudice di pace nel
giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, si veda l’art. 22
bis della L. 24 novembre 1981, n. 689.
(5) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 45, comma 1,
lett. c), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009.
Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata
in vigore.
(6) Questo numero è stato abrogato dall’art. 1 del D.L. 18
ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni, nella L. 20
dicembre 1995, n. 534.
SOMMARIO:
a) Cause relative a beni mobili;
b) Apposizione di termini;
c) Distanze;
d) Misura e modalità di uso dei servizi di condominio di case;
e) Immissioni moleste;
f) Circolazione stradale.
a) Cause relative a beni mobili.
l La competenza del giudice di pace per le
cause "relative a beni mobili" di valore non superiore a cinquemila euro è comprensiva delle domande di risarcimento del danno comprese nel
suddetto valore, a nulla rilevando che il credito
risarcitorio scaturisca dalla violazione di un diritto fondamentale della persona. (In applicazione
del suddetto principio, la S.C. ha ritenuto erronea la sentenza con la quale il giudice di pace,
sul presupposto che la salute non fosse un "bene
mobile", aveva declinato la propria competenza
a conoscere di una domanda di risarcimento del
danno biologico compresa nella sua competenza
per valore). * Cass. civ., sez. VI, ord. 16 ottobre
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2013, n. 23430, Castaldo c. Comune di Torre Del
Greco. [RV629126]
l È competente il giudice di pace (nei limiti
della sua competenza per valore) in ordine alle
controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di
fatto, riguardante un bene immobile, salvo che
la questione proprietaria non sia stata oggetto di
una esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta
non appaia, "ictu oculi", alla luce delle evidenze
probatorie, infondata e strumentale - siccome
formulata in violazione dei principi di lealtà processuale - allo spostamento di competenza dal
giudice di prossimità al giudice togato. (Principio
di diritto enunciato ai sensi dell’art. 363 c.p.c.).
* Cass. civ., Sezioni Unite, 19 ottobre 2011, n.
21582, Cond. Parco Marte Gallico in Reggio Calabria c. Zaffino Francesco & figli di Enrico e Pietro
Zaffino s.a.s.. [RV619008]
l Il risarcimento del danno subito da un immobile è assoggettato alla competenza per valore
del giudice di pace - ove il "petitum" sia compreso
nel limite previsto dall’art. 7, primo comma, c.p.c.
- posto che la domanda ha ad oggetto una somma
di danaro, senza che rilevi, ai fini della competenza per valore il titolo di godimento del bene. *
Cass. civ., sez. III, 20 luglio 2010, n. 17039, Lops
c. Marulli ed altri. [RV614410]
l La competenza dei giudici di pace subisce,
in base alla disposizione dell’articolo 7 del codice di procedura civile, una limitazione radicale,
riproduttiva del precedente testo dell’articolo,
solo con riguardo ai beni immobili e non anche
alle azioni di risarcimento del danno rispetto alle
quali sussistono due diversi limiti di valore quello
generale di euro 2.582,28 e quello speciale di euro
15.493,71 per i danni provocati dalla circolazione
di veicoli o natanti; depongono in tal senso la lettera della norma e la ratio consistente nell’intento
di attribuire alla decisione del giudice di pace le
controversie caratterizzate da una serialità delle
questioni trattate. * Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27142, Cortese c. Alvetta Costr. Gen.
Dott. Francesco Alve. [RV595324]
u Si veda sub art. 10 e ss. Per i criteri di determinazione del valore della domanda.
b) Apposizione di termini.
l Ai sensi dell’art. 7, comma terzo n. 1, c.p.c.,
il giudice di pace è competente, senza limite di
valore, per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla
legge, dai regolamenti e dagli usi riguardo al
piantamento degli alberi e delle siepi, sempre che
non sorga controversia sulla proprietà o sui confini, atteso che, in questo caso, rientrando la causa
tra quelle relative a beni immobili, la competenza
va determinata sulla base del valore della parte
controversa dell’immobile, ai sensi dell’art.15
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67
TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
c.p.c. * Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2006, n. 451,
Di Mattia c. Barbacane. [RV585893]
l La domanda diretta all’eliminazione dell’incertezza del confine tra due fondi e, in via meramente conseguenziale, all’apposizione dei relativi
termini costituisce azione di regolamento di confini, e non azione per apposizione di termini (postulante che i termini siano certi e pacifici e tendente,
quindi, solo a renderli visibili e riconoscibili), e,
pertanto, ai fini della competenza, non è soggetta
al criterio di cui all’art. 8, n. 2 c.p.c., bensì al criterio generale della competenza per valore. * Cass.
civ., sez. II, 23 novembre 1982, n. 6341.
c) Distanze.
l Il conferimento al giudice di pace della
competenza senza limiti di valore per le cause,
tra proprietari confinanti, relative – oltre che
all’apposizione di termini – all’osservanza delle
distanze riguardo al piantamento degli alberi e
delle siepi (vigente art. 7 c.p.c.), cioè per la materia sul piano sostanziale disciplinata dall’art. 892
c.c., non implica la competenza di questo giudice
anche per le controversie promosse per ottenere
la recisione di rami (o radici) che si protendano
(o addentrino) da un fondo in quello confinante,
in riferimento alla disciplina sostanziale di cui
all’art. 896 c.c., poiché, il collegamento tra la finalità delle due discipline di carattere sostanziale
non ha sufficiente rilievo rispetto ad un giudice
che, diversamente dal pretore – a cui precedentemente era attribuita, con formula analoga, la
competenza sulle distanze degli alberi e siepi dal
confine – ha in linea generale competenza solo
per cause mobiliari, tenuto anche presente che
la violazione dell’art. 896 implica la lesione di un
diritto reale e che le domande relative alla recisione di rami protesi sul fondo altrui possono dar
luogo ad eccezioni basate sulla deduzione della
sussistenza al riguardo di una servitù costituita
per destinazione del padre di famiglia. * Cass.
civ., sez. II, 26 gennaio 2000, n. 859, Perugini c.
Perugini. [RV533186]
l Ai fini della distanza dal confine, l’art. 892
c.c., distingue le siepi formate da arbusti, da piante basse, da canneti, con esclusione degli alberi di
alto e medio fusto, dalle siepi costituite da alberi
di alto e medio fusto – purché oggetto di periodica
recisione vicino al ceppo, che impedisce la crescita in altezza e la favorisce in larghezza, rendendo,
così possibile l’avvicinamento dei rami e dei vari
alberi e la formazione della protezione o barriera
contro gli agenti esterni – le quali devono osservare
la distanza di un metro dal confine. * Cass. civ., sez.
II, 10 novembre 1994, n. 9368, Maggioli c. Vedelago. Conforme, Cass. II, 25 marzo 1999, n. 2830.
l Appartengono alla competenza per materia
[del pretore] sia le controversie insorte fra proprietari di fondi confinanti in ordine alla mancata
osservanza delle distanze stabilite dalla legge relativamente al piantamento degli alberi, che le cau-
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Art. 7
se nelle quali fra proprietari di fondi confinanti si
controverta se ricorra o non ricorra la situazione
in presenza della quale chi abbia piantato gli alberi è esonerato dall’osservanza delle distanze stabilite, in via generale, dalla legge, atteso che, anche
in tale ipotesi, la controversia riflette, sia pure in
negativo, una questione di distanze per gli alberi,
rientrante, per quanto concerne la competenza a
conoscerne, nelle previsioni dell’art. 8, n. 2 c.p.c. *
Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 1984, n. 6417.
d) Misura e modalità di uso dei servizi di condominio di case.
l La controversia sulla legittimità dell’uso a
parcheggio di un’area condominiale appartiene
alla competenza del tribunale e non a quella del
giudice di pace, risultando oggetto di contestazione il diritto ad un certo uso del bene comune
e non soltanto le relative modalità di esercizio. *
Cass. civ., sez. VI, 10 agosto 2015, n. 16650, Costanzo c. Pietrocola ed altri. [RV636170]
l Tra le cause inerenti le modalità di uso dei
servizi e dei beni condominiali, di cui all’art. 7,
comma 3, numero 2, cod. proc. civ., rientrano anche quelle promosse nei confronti di coloro che,
pur non essendo condòmini, siano comunque legittimati all’uso delle parti comuni del fabbricato
condominiale. (In applicazione del principio, la
S.C. ha ritenuto passivamente legittimato rispetto
alla domanda di accertamento delle modalità d’uso d’un cortile condominiale anche il mero titolare d’una servitù di passaggio). * Cass. civ., sez. II,
21 febbraio 2012, n. 2483, Panzini ed altri c. Eredi
Barboni ed altri. [RV621579]
l In tema di condominio, qualora venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di
competenza deve avvenire in base al principio
contenutistico, ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l’attore si
duole; ne consegue che è devoluta alla competenza per materia del giudice di pace - in quanto
attinente alle modalità di uso dei servizi condominiali, ai sensi dell’art. 7, quarto comma, n. 2), cod.
proc. civ. - la controversia relativa alle modalità
di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l’attore abbia dedotto
come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell’ordine del giorno
dell’assemblea condominiale. * Cass. civ., sez. VI,
ord. 28 marzo 2011, n. 7074 [RV616899]
l La controversia relativa al diritto di utilizzazione del pianerottolo comune, che si assume
leso dall’apertura verso l’esterno (in sostituzione
di quella verso l’interno) di una porta di accesso
all’appartamento di proprietà di un condomino,
non rientra fra le cause relative alla misura e alle
modalità di uso dei servizi condominiali, attribuite dall’art.7 terzo comma n. 2 c.p.c. al giudice di
pace, giacchè essa ha ad oggetto la tutela, ex art.
1102 c.c., del diritto al pari uso della cosa comune
ed alla libertà del suo esercizio (il comodo e sicu-
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Art. 7
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
ro passaggio per il pianerottolo). Essa è, pertanto,
devoluta alla cognizione del tribunale. * Cass. civ.,
sez. II, 21 aprile 2005, n. 8376, Fucci c. Longo.
[RV581268]
l In tema di controversie tra condomini, a
seguito della modifica introdotta all’art. 7 c.p.c.,
appartengono alla competenza per materia del
giudice di pace le cause relative alla misura ed
alle modalità di uso dei servizi di condominio.
Rientrano, tra le prime, quelle che riguardano le
riduzioni o le limitazioni quantitative del diritto
dei singoli condomini ed hanno ad oggetto quei
provvedimenti degli organi condominiali che,
esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura
del godimento riconosciuto ai singoli condomini;
appartengono alle seconde, quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà
comprese nel diritto di comunione ossia quelle
relative al modo piú conveniente ed opportuno
con cui tali facoltà debbono esercitarsi, nel rispetto delle facoltà di godimento riservate agli altri
condomini, in proporzione delle rispettive quote,
secondo quanto stabilito dalla legge o dalla volontà della maggioranza oppure da eventuali disposizioni del regolamento condominiale. Restano
escluse da entrambe le categorie quelle cause in
cui si controverta circa l’esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune. (Fattispecie relativa alla misura del
godimento del servizio comune di riscaldamento,
in relazione alla quale la Corte ha ritenuto che il
giudice di pace avesse erroneamente declinato la
propria competenza in favore di quella del Tribunale). * Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2004, n.
17660, Laffi c. Cond. via Remorsella 13 Bologna.
Nello stesso senso, Cass., sez. II, ord. 18 febbraio
2008, n. 3937. [RV576615]
l Le cause relative alle «modalità di uso dei
servizi condominiali», appartenenti alla competenza del giudice di pace a norma dell’art. 7,
comma terzo, n. 2, c.p.c., sono quelle nelle quali si
disputi dei limiti qualitativi o quantitativi dell’esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione, e non comprendono quelle nelle quali
si controverta dell’esistenza, anche parziale, del
diritto di comproprietà del singolo condomino,
ovvero si neghi in radice un diritto vantato dallo stesso sulla cosa comune. (In applicazione di
tale principio, la S.C., in una controversia insorta
a seguito della domanda di un condomino che
tendeva a negare il diritto di proprietà esclusiva
dell’altro, il quale aveva recintato la parte di terreno controversa e costruito sopra di essa vari manufatti, ha accolto il regolamento di competenza
richiesto dal Giudice di pace di Roma – davanti
al quale era stata riassunta la causa, a seguito di
sentenza del tribunale che aveva declinato la propria competenza – affermando la competenza del
tribunale). * Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2002, n.
5448, Necci G. c. Necci M.
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l Non è devoluta alla competenza, per materia, del giudice di pace (quale causa relativa alla
misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case) la controversia avente a oggetto la
legittimità della delibera assembleare che neghi
in radice il diritto dei condomini a una determinata utilizzazione della terrazza comune, in particolare per stendere i panni e battere i tappeti. Una
tale controversia, infatti, concerne il contenuto
stesso del diritto di comproprietà dei condomini,
vale a dire l’inclusione o meno di una specifica facoltà relativa all’uso del bene comune e come tale
– essendo estranea alla competenza del giudice di
pace – è devoluta alla competenza del tribunale. *
Cass. civ., sez. II, 10 maggio 2000, n. 5989.
l Per «cause relative alle modalità di uso dei
servizi di condominio di case» (già di competenza
del conciliatore) devono intendersi quelle concernenti i limiti qualitativi di esercizio di facoltà
contenute nel diritto di comunione, nelle quali,
cioè, si controverte sul modo più conveniente ed
opportuno in cui tali facoltà devono essere esercitate, mentre le cause relative alla misura di detti
servizi (già di competenza del pretore) si identificano con quelle riguardanti una limitazione o
riduzione quantitativa del diritto dei singoli condomini. Da queste cause, ora attribuite entrambe
alla competenza per materia del giudice di pace
a norma dell’art. 7 c.p.c., come sostituito dall’art.
17 della legge 21 novembre 1991 n. 374, vanno
tenute distinte, però, le controversie che vedono
messo in discussione il diritto stesso del condomino ad un determinato uso della cosa comune e
che, quindi, rimangono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore. * Cass. civ., sez.
II, 5 gennaio 2000, n. 25, Massagrande c. Condominio Fogagnuolo Verona. Nello stesso senso:
Cass. II, ord. 15 aprile 2002, n. 5448; Cass. II, 22
maggio 2000, n. 6642. Nello stesso senso, Cass.
civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23297. [RV532686]
l Le cause relative alle modalità di uso dei
servizi condominiali (appartenenti alla competenza per materia del conciliatore ai sensi dell’art.
7 c.p.c. prima della riforma introdotta con la legge 21 novembre 1991, n. 374, che le ha attribuite
al giudice di pace) sono solo quelle riguardanti i
limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente e opportuno in cui
tali facoltà debbono essere esercitate, nel rispetto
della parità di godimento in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt.
1102 e 1118 c.c., nonché in conformità del volere
della maggioranza e delle eventuali disposizioni
del regolamento condominiale, mentre le cause
relative alla misura degli stessi servizi (anch’esse
attribuite dalla menzionata legge n. 374 del 1991
alla competenza del giudice di pace, ed anteriormente rientranti nella competenza del pretore ex
art. 8 c.p.c.) riguardano le riduzioni o limitazioni
quantitative del diritto dei singoli condomini e si
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TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
identificano quindi con quelle aventi per oggetto
provvedimenti dell’assemblea o dell’amministratore che, trascendendo dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai
singoli condomini. Alle sopraindicate categorie
è estranea invece ogni controversia nella quale
sia in discussione l’esistenza stessa del diritto del
condomino a fruire della cosa o del servizio comune, che resta attribuita al giudice competente
secondo gli ordinari criteri del valore della causa.
(Nella specie la S.C. adita in sede di regolamento
di competenza ex art. 43 c.p.c. ha dichiarata la
competenza del tribunale sulla domanda di riduzione in pristino proposta da un condomino nei
confronti di altro condomino, che aveva chiuso
una parte del pianerottolo e di un bagno comuni
con una porta munita di chiave, fornita anche agli
altri condomini, rilevando che non veniva in contestazione l’uso particolare e speciale del pianerottolo ma il diritto del convenuto di appropriarsi
dei suddetti beni comuni). * Cass. civ., sez. II, 14
giugno 1996, n. 5467, Spinelli c. Labonia. Conforme, Cass. II, 15 ottobre 1994, n. 8431, la quale
aveva ritenuto la competenza del conciliatore per
una controversia relativa alla legittimità di una
delibera dell’assemblea dei condomini che aveva vietato l’uso dell’ascensore per il trasporto di
animali domestici prevedendo, in caso di inosservanza, una sanzione di lire diecimila. Conforme,
altresì, Cass. II, 23 aprile 1991, n. 4441, la quale aveva ritenuto la competenza del conciliatore
per una causa in cui si deduceva che la disposta
chiusura con transenne mobili recava pregiudizio
all’esercizio del diritto su tali beni. [RV498079]
l La controversia relativa alla rimozione di
un’insegna apposta sulla facciata dell’edificio condominiale in violazione del regolamento di condominio, deve essere compresa tra quelle aventi
ad oggetto le modalità e l’uso dei servizi condominiali, ora di competenza del giudice di pace. *
Giud. pace Bari, 12 febbraio 1996, Condominio
Viale Unità d’Italia n. 13/A in Bari c. Magazzini
del Faraone, in Arch. loc. e cond. 1996, 267.
l La controversia nella quale l’attore, deducendo la turbativa del proprio diritto di proprietà
sulla rampa e sullo Spazio di accesso e manovra
di un suo garage, chieda la cessazione del passaggio, esercitato nei predetti luoghi dal convenuto
per accedere ad un locale di cui sia proprietario
(domanda che introduce un’azione negatoria, ex
art. 949 c.c., diretta a far dichiarare l’inesistenza
del diritto di servitù di passaggio invocato dalla
controparte), ed il convenuto spieghi domanda
riconvenzionale rivolta all’accertamento di tale
servitù, costituita per contratto od acquisita per
usucapione, ovvero alla costituzione di una servitù di passaggio coattiva, appartiene alla competenza del tribunale, trattandosi di causa concernente diritti reali immobiliari, non già a quella
del conciliatore, non essendo riferibile al sempli-
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Art. 7
ce regolamento di uso di un’area condominiale.
* Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1995, n. 12093,
Pandolfi ed altri c. Guadalupi ed altri.
l La competenza sulla domanda proposta dal
condominio per impedire ad uno dei condomini l’occupazione, con beni mobili (nella specie,
sedie e tavolini), dell’area comune antistante l’edificio, quando siano in discussione solo le modalità dell’uso e non il diritto di comunione del
condominio o la misura delle relative facoltà,
appartiene al conciliatore, cui è riservata dall’art.
7 comma 2 c.p.c., la cognizione di tutte le cause
relative alle modalità di uso dei servizi e dei beni
condominiali, e, cioè, le controversie sui limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute
nel diritto di comunione. * Cass. civ., sez. II, 28
giugno 1995, n. 7295, Champagneria Caffè «La
Gaffe» Snc c. Condominio Massa e Cozzile Via A.
Moro e Bellini.
l Le cause aventi ad oggetto con la formazione delle tabelle millesimali la ripartizione di
spese attinenti all’uso e al godimento dei servizi
condominiali e dei beni comuni (nella specie spese di spurgo della fossa biologica e di pozzetti)
non rientrano tra le controversie relative alle modalità di uso e alla misura dei servizi condominiali
[rispettivamente di competenza del conciliatore
(art. 7, capoverso, c.p.c.) e del pretore (art. 8, n. 4,
c.p.c.)] in quanto la patrimonialità del thema decidendum prevale sull’accertamento della misura
e delle modalità dell’uso, che costituisce soltanto
un presupposto necessario per la determinazione
delle singole quote di spesa. * Cass. civ., sez. III, 23
giugno 1993, n. 6936, Piccirillo c. Cartaro ed altri.
e) Immissioni moleste.
l L’art. 7, terzo comma, n. 3, cod. proc. civ. attribuisce alla competenza per materia del giudice
di pace tutte le controversie che attengono a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione nelle quali si lamentino immissioni che oltrepassino la soglia della normale
tollerabilità e ciò non solo quando la domanda è
diretta ad ottenere l’inibitoria di cui all’art. 844
cod. civ., ma anche ove l’azione sia proposta, in
via accessoria o esclusiva, per conseguire il risarcimento del danno sofferto a causa delle immissioni. * Cass. civ., sez. VI-II, ord. 10 aprile 2015, n.
7330, Cazzaniga c. Riches. [RV635190]
l Le cause relative a rapporti tra proprietari o
detentori di immobili adibiti a civile abitazione in
materia di immissioni, che l’art. 7, terzo comma,
n. 3, c.p.c. affida alla competenza per materia del
giudice di pace, sono quelle che in cui al giudice,
un applicazione dell’art. 844 c.c., è chiesto di valutare il superando della normale tollerabilità;
si è, invece, al di fuori di tale ambito, e la causa
rientra nella competenza del tribunale, allorché
si verta in tema di opponibilità della clausola di
un regolamento condominiale che, imponendo
limitazioni al godimento degli appartamenti di
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Art. 7
LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI
proprietà esclusiva, vieti in essi l’esercizio di certe
attività lavorative, e si invochi, a sostegno dell’obbligazione di non fare, non la norma codicistica
sulle immissioni, ma il rispetto della più rigorosa
previsione regolamentare, costitutiva di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù
reciproca. * Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2011, n.
1064, Cond. Le Torri via Alassio 226 Modena ed
altri c. Gianaroli ed altro. [RV616331]
l Le propagazioni nel fondo del vicino che
oltrapassino il limite della normale tollerabilità
costituiscono un fatto illecito perseguibile, in via
cumulativa, con l’azione diretta a farle cessare
(avente carattere reale e natura negatoria) e con
quella intesa ad ottenere il risarcimento del pregiudizio che ne sia derivato (di natura personale),
a prescindere dalla circostanza che il pregiudizio
medesimo abbia assunto i connotati della temporaneità e non della definitività. * Cass. civ., sez. II,
2 giugno 2000, n. 7420, Ambrosino ed altri c. Sirti
Spa. [RV537210]
l Nel caso di immissioni moleste eccedenti la
normale tollerabilità, di cui all’art. 844 c.c., l’alienazione del fondo, verificatasi nel corso del giudizio diretto ad ottenere il risarcimento dei danni,
non spiega alcuna influenza sulla legittimazione
dell’originario proprietario a proseguire tale giudizio, almeno limitatamente ai danni prodotti
all’immobile prima del suo trasferimento, sempre
che non risulti che sia stato ceduto all’acquirente
anche il diritto di credito al ristoro dei danni stessi. * Cass. civ., sez. I, 29 novembre 1999, n. 13334,
Cementir Cementerie Tirreno Spa c. Troilo e altri.
l La disposizione dell’art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condomino nell’ipotesi
in cui un condomino nel godimento della propria
unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo
ad immissioni moleste o dannose nella proprietà
di altri condomini. Nell’applicazione della norma
deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il
criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti
condominiali e alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in
cui il fabbricato non adempia ad una funzione
uniforme e le unità immobiliari siano soggette a
destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione
ed ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità
sociale, cui è informato l’art. 844 citato, impone
di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di
natura personale ed economica dei condomini,
privilegiando, alla luce dei principi costituzionali
(v. Cost., artt. 14, 31 e 47) le esigenze personali
di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio
di attività commerciali. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito
la quale aveva ordinato la rimozione dal muro
perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve distanza dalle
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70
finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire
le esalazioni di fumo, calore e gli odori prodotti
dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel
fabbricato condominiale). * Cass. civ., sez. II, 15
marzo 1993, n. 3090, Cannata c. Pizzo.
l L’art. 844 c.c., il quale riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale
tollerabilità, deve essere interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all’azione anche
il superficiario, l’enfiteuta, il titolare di usufrutto,
di uso o di abitazione e, inoltre, è applicabile per
analogia a chi sia titolare di un diritto personale
di godimento sul fondo, come il conduttore ovvero il promissario di vendita immobiliare che
abbia ricevuto la consegna del bene in anticipo rispetto alla conclusione del contratto definitivo. In
quest’ultima ipotesi, peraltro, se gli accorgimenti
tecnici da adottare per ricondurre le immissioni
nei limiti della normale tollerabilità comportino
la necessità di modificazioni di strutture dell’immobile da cui le propagazioni derivano, si deve
escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, salva restando la reclamabilità d’indennizzo. * Cass. civ., sez. II, 11 novembre 1992,
n. 12133, Santosuosso c. Carbonara.
f) Circolazione stradale.
l La cognizione in materia di opposizione
all’intimazione di pagamento relativa alla riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per
violazioni del codice della strada, configurata come
opposizione all’esecuzione, spetta alla competenza
del giudice di pace, avuto riguardo ai criteri di competenza per materia stabiliti dall’art. 7 del D.L.vo
1° settembre 2011, n. 150, al pari della cognizione
relativa all’opposizione al verbale di accertamento
ed alla cartella esattoriale presupposti, e ciò anche
qualora venga fatto valere un precedente giudicato di annullamento di tali ultimi atti, poiché, in tal
modo, si contesta comunque il diritto dell’agente
della riscossione di procedere esecutivamente ai
sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. * Cass. civ., sez. VI,
ord. 18 febbraio 2015, n. 3283, Paganelli c. Equitalia Sud Spa, in Arch. giur. circ. n. 6/2015 [RV634340]
l La domanda di risarcimento del danno da
circolazione stradale proposta dinanzi al giudice
di pace senza determinazione del "quantum", si
presume, in difetto di tempestiva contestazione,
di competenza del giudice adito ai sensi dell’art.
14 cod. proc. civ., e, quindi, pari all’importo massimo previsto dall’art. 7, secondo comma, cod.
proc. civ. Ne consegue che la sentenza emessa dal
giudice di pace è impugnabile, ai sensi dell’art.
339 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche apportate
dall’art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), con
l’appello, senza che assuma rilievo l’eventuale
riduzione del "petitum" nei limiti del valore per
la pronuncia secondo equità, operata dall’attore
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TITOLO I – DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
in corso di causa, in quanto il momento determinante ai fini della individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda. *
Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2014, n. 12900, Petricca c. Allianz Spa ed altri. [RV631583]
l Deve escludersi che l’espressione circolazione di veicoli, contenuta nell’art. 7, secondo
comma, cod. proc. civ., in funzione della individuazione della relativa regola di competenza,
vada intesa nel senso di circolazione dei veicoli
solo su strade pubbliche o di uso pubblico o comunque su strade private con situazione di traffico equiparabile a quello di una strada pubblica,
perché la regola di competenza è applicabile anche nel caso di circolazione su qualunque strada
o area privata. * Cass. civ., sez. VI, ord. 14 febbraio 2014, n. 3538, Ciaccia c. Mininni ed altri, in
Arch. giur. circ. n. 6/2014. [RV629844]
l Il rinvio alle norme processuali riguardanti
il rito del lavoro, stabilito nell’art. 3 della legge n.
102 del 2006 per le cause di risarcimento danni da
morte o lesioni derivanti da fatti di circolazione
stradale, non si applica alle controversie instaurate davanti al giudice di pace, in quanto già regolate, ai sensi degli artt. 319, 320, 321 e 322 cod.
proc. civ., da un procedimento speciale ispirato
dagli stessi obiettivi di concentrazione e celerità
propri del rito del lavoro e senza che il citato art.
3 contenga un’espressa previsione - come imposto, in via generale, dall’art. 311 cod. proc. civ. - di
estensione del rito del lavoro anche al procedimento dinanzi al giudice di pace. Pertanto, alla
stregua dell’"intentio legis" sottesa alla suddetta
norma di cui all’art. 3 della legge 102 del 2006,
si deve ritenere che la stessa sia riferita solo all’ipotesi di causa riguardante la specificata materia
quando ricadono nella competenza del Tribunale.
* Cass. civ., sez. III, ord. 7 agosto 2008, n. 21418,
Morabito c. Hdi Assic Spa. [RV604891]
l La disciplina dell’art. 7, secondo comma,
c.p.c., che prevede la competenza del giudice di
pace per le cause di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti,
purché il valore della controversia non superi
trenta milioni di lire, attiene a materia che non è
suscettibile di interpretazione estensiva od analogica, per essere stato previsto uno specifico nesso
causale tra il fatto della circolazione stradale ed il
danno, nel senso che il primo elemento deve essere causa efficiente del secondo e non costituirne,
invece, semplice occasione come nel caso in cui
quest’ultimo trovi la sua causa nella c.d. “insidia
stradale”. * Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2002, n.
14564, Amm. Prov. Benevento c. Ignelzi. Conforme, Cass., sez. III, 20 gennaio 2005, n. 1147, per il
caso in cui il danno: «... trovi la sua causa nel trasporto del veicolo da parte di un altro automezzo
e la controversia sia stata instaurata prospettando i fatti relativi al titolo contrattuale (contratto
di trasporto) intercorrente tra il danneggiato e il
danneggiante. Né rileva la connessione oggettiva
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Art. 8
o soggettiva con altre parti coinvolte nel procedimento per fatti concernenti la circolazione stradale, atteso che se una causa di competenza del
giudice di pace sia connessa con altra causa di
competenza del tribunale, le relative domande
devono essere decise dal tribunale nello stesso
processo. (Nella specie il proprietario di un veicolo trasportato da un automezzo di soccorso aveva
agito per ottenere il risarcimento dei danni subiti dai veicoli in occasione di un tamponamento
subito dal mezzo di soccorso e il trasportatore
convenuto aveva chiamato in causa il conducente
dell’autovettura tamponante). [RV557863]
l La competenza per materia con un limite di
valore, che l’art. 7, comma secondo, c.p.c. attribuisce al giudice di pace per le cause di risarcimento
del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e
natanti, non si esaurisce nelle ipotesi contemplate
dall’art. 2054 c.c. ma concerne anche i casi che,
pur non essendo suscettibili di essere disciplinati
da tale articolo, tuttavia rientrano nella nozione
di fatti illeciti prodotti dalla circolazione stradale
di veicoli. * Cass. civ., sez. III, 11 dicembre 2000,
n. 15573, Simonetta Gemma c. Noghera. Nel senso che essa comprende anche le controversie per
il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli su rotaie (tram), Cass. III, 28 marzo 2006, n. 7072.
8. (1) [Competenza del pretore. – Il pretore è compe-
tente per le cause, anche se relative a beni immobili, di
valore non superiore a lire cinquanta milioni, in quanto non siano di competenza del giudice di pace (7) (2).
È competente qualunque ne sia il valore (10):
1) per le azioni possessorie (1168 ss. c.c.), salvo il
disposto dell’art. 704, e per le denunce di nuova opera
e di danno temuto, salvo il disposto dell’art. 688, secondo comma;
2) per le cause relative ad apposizione di termini
e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai
regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli
alberi e delle siepi (3);
3) per le cause (447 bis) relative a rapporti di locazione (1571 c.c.) e di comodato (1803 c.c.) di immobili
urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non
siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie;
4) per le cause relative alla misura e alle modalità di
uso dei servizi di condominio di case] (3).
(1) Articolo dapprima sostituito dall’art. 3 della L. 26 novembre 1990, n. 353, a decorrere dal 30 aprile 1995 e poi abrogato
dall’art. 49 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione
del giudice unico, a decorrere dal 2 giugno 1999.
(2) Comma così sostituito dall’art. 18 della L. 21 novembre
1991, n. 374, recante l’istituzione del giudice di pace, a decorrere
dal 1° maggio 1995 e poi di nuovo così sostituito dall’art. 2 del D.L.
18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni, nella L. 20
dicembre 1995, n. 534.
(3) Numero abrogato dall’art. 47 della L. 21 novembre 1991,
n. 374, recante l’istituzione del giudice di pace, a decorrere dal 1°
maggio 1995.
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