FORUM 506 (12 gennaio 2017) http://www.koinonia-online.it Convento S.Domenico – Piazza S.Domenico, 1 – Pistoia Tel. 0573/307769 I – IN CORRISPONDENZA “Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,15) Da Angela Ales Bello (Roma) Caro P. Alberto, per favore, non cedere! Ho letto il messaggio di Papa Francesco, è in sintonia con quello che vai dicendo da tempo. E’ vero che non tutti lo seguono, ma mi sembra una cosa straordinaria che ci sia! D’altra parte noi dovremmo sentirci come il sale della terra e non la minestra! Ci sono stati e ci sono quelli che hanno capito e che capiscono che cosa sia il massaggio evangelico, non scoraggiamici, non serve il successo, ma la testimonianza, grazie, a presto e buona Epifania, Angela Da Laura Caffagnini (Parma) Caro Alberto, grazie per l'invio. Una realtà come Koinonia è una possibilità di dialogo e di gestazione di nuovi pensieri per una chiesa riformata, perciò grazie e buon 2017! Un abbraccio Laura Da Stefano Frilli (Firenze) Carissimo Alberto, dopo aver spiegato con iconografia splendente la creazione dell'universo e dell'uomo, le Scritture ci propongono il contrasto tra l'essere celesti vicini a Dio ed essere terreni, capaci di donare, si, la vita ai nostri figli, ma anche di donare loro il seme del peccato originale. Il fatto sta proprio nella scelta di tentare di raggiungere gli oceani della sapienza di Dio usando il nostro secchiello di sapienza, di paragonare la visione universale di Dio con la nostra che è già inferiore a quella di certi uccelli. Io credo che Koinonia non abbia un senso legato alle contingenze storiche, ai momenti in cui il cristianesimo sembra solo una fazione nelle lotte religiose, un argomento da inchieste televisive (possibilmente scandalistiche) su tutta la storia, da Gesù stesso ai Papi dei nostri giorni. Il cristianesimo ha un senso perché è la soluzione, il sistema, la via, la verità, l'insieme di insegnamenti dati da Dio stesso (fatto uomo per testimoniare la concreta possibilità di vivere quel messaggio) agli uomini per donare ai figli, insieme al peccato, anche la via per vincerlo. Koinonia è un respiro comune: per questo era nata, per poter condividere un cammino a braccetto con coi tanti amici fisicamente lontani, mentre condividevamo il nostro respiro intorno al tavolo dove costruivamo materialmente foglio dopo foglio il nostro messaggio ciclostilato. Per me le caratteristiche del peccato non ci sono in questo, non c'è tradimento, superbia, invidia, odio ... io vedo Koinonia adatta a questo momento e vorrei dire che addirittura ha anticipato questo momento. Concludo ponendomi una domanda, frutto dell'osservazione serena e non maniacale di certi eventi e di certa storia: sarà questo il post-cristianesimo o ci sono stati due millenni di pre-cristianesimo? Un abbraccio e un caro augurio di buon anno Stefano Da Raniero La Valle (Roma) Caro padre Alberto, poiché è cominciato l’anno nuovo, anche le parole devono essere nuove e dobbiamo confrontarle tra noi per essere sicuri che diciamo le stesse cose. Cercherò quindi di dirti in breve le mie reazioni alla tua lettera dell’Epifania. 1) Certo che Koinonia deve continuare. Non indugio neanche a motivarlo, tanto è evidente il suo servizio e la sua necessità. 2) Non capisco lo scoramento che traspare dalla lettera. Abbiamo tanto detto che bisognava “forzare l’aurora a nascere” ed ora che è arrivata l’aurora vogliamo essere imbronciati? 3) In che senso la barca di Pietro sembra affondare nonostante il timoniere? E’ in atto una riforma del papato che sta riscattando lo scempio del papato e della Chiesa durato un millennio a partire dal “Dictatus papae” di Gregorio VII; è in atto una riforma del magistero pontificio che dal “deliramentum” della libertà di coscienza della “Mirari Vos” di un altro Gregorio, attraverso la “Pacem in terris” di papa Giovanni, la “Nostra aetate” del Concilio e la “non ingerenza” e la denuncia del proselitismo di papa Francesco giunge, dopo quasi due secoli, alla “Misericordia et misera” che fonda l’etica non sulla condanna ma sulla coscienza e sull’amore; abbiamo un papa che si proclama gesuita, che si chiama Francesco ma che in vera sostanza è un domenicano, perché tutto, tutto – continuità e riforma, tradizione e “casino” – è affidato alla stoltezza della predicazione del Vangelo, dalle 7 del mattino fino alla notte; e abbiamo un Vangelo che non è chiuso, perché dopo che “sono passati più di duemila anni”, abbiamo ancora da “raccontare” quei “molti altri segni” di Gesù che”non sono stati scritti” (Gv. 20, 30), come dice la “Misericordia et misera” al n. 18, e che quindi sono nuovi e contemporanei anche per noi; il che vuol dire che la rivelazione non è chiusa, benché definitiva, non sta in un “deposito della fede”, sta nell’umanità in cammino abitata da Dio. 4) In che senso “non c’è da dubitare” che il cristianesimo è finito? È vero che tanti amici ce lo dicono, ma è la sciatta lingua del tempo, e non possiamo in questo dar loro ragione. Altrimenti perché evangelizzare? E perché pubblicheremmo il discorso di La Pira, per il quale invece proprio adesso esso comincia, anzi si attua? È vero che neanche La Pira coglieva il punto della situazione quando identificava il trionfo della Chiesa con la sovranità divina realizzata sul mondo (pace, unità, abbondanza sulla terra, e Firenze come sua profezia), ma certo La Pira è l’antitesi del postcristianesimo. Ed è verissimo, come dici, che non si può nemmeno immaginare un ritorno a prima che il cristianesimo esistesse: forse che il Verbo potrebbe disincarnarsi? 5) Invece a me pare che ora le cose siano chiare. Quella che è finita è la cristianità, e ormai questa non è più la verità “dei modernisti”, ma di tutta la Chiesa. Il premio Carlo Magno, con la sua corona, se ne può stare a casa sua. E la fine della cristianità vuol dire tutte le cose che sappiamo (fine del composto tra religione, potere, culture, istituzioni, diritto), ma soprattutto vuol dire ritrovare la dualità (alterità) tra Chiesa e Regno di Dio, del quale la Chiesa non è la miniatura, il bozzetto, o addirittura il “già” che si è intanto realizzato, ma è il segno, la discepola, l’ “ospedale da campo”. Noi non facciamo altro che parlare interminabilmente della Chiesa, mentre la questione è quella di Dio. Come hanno detto concordemente papa Francesco e il patriarca Bartolomeo le Chiese si sono divise perché si sono dimenticate di essere definite come il “mysterium lunae”, e non hanno fatto che guardare se stesse, invece di rimandare al sole, di cui erano semplice riflesso. E così non solo si sono divise, ma per il mondo sono state una perdita. Quello che oggi accade è che mentre per la Chiesa si è chiuso il regime di cristianità, per il cristianesimo e per tutte le religioni del mondo si è aperta la questione di Dio. Di quale Dio parliamo quando parliamo di lui? 6) Se cade la cristianità non è pensabile che ciò accada senza far rumore e sollevare molta polvere. È quello che tu dici “avere un mondo tutto da decifrare e allo sbando”. Ma con quali risorse affrontarlo? Mi pare che qui venga il momento della nostra decisione. Non si tratta più di essere solo destinatari della predicazione. Si tratta di decidere il Dio predicato, e di eleggere il nostro Dio tra quelli predicati. Perché su questo c’è il conflitto. C’è il conflitto nel mondo, che continuamente ci propone una scelta nel politeismo degli idoli (dal denaro al potere), c’è il conflitto nell’Islam, tra il Dio degli islamisti e il Dio degli islamici, e c’è il conflitto nella Chiesa tra il Dio della condanna, che è stato predicato finora (aveva spiegato san Bernardo al papa Eugenio III che il suo potere poggiava non sulle ricchezze, ma sui peccati : “in criminibus, non in possessionibus potestas vestra”) e il Dio della misericordia predicato e testimoniato da papa Francesco: incompatibile con le scomuniche, a cominciare dalle donne! Dove misericordia non è un complimento più accentuato fatto a Dio, ma è l’alternativa, è “il Vangelo annunziato in modo nuovo” come voleva il Concilio e come Francesco sta eseguendo. Lo scontro, quello visibile e quello dissimulato che c’è oggi nella Chiesa non è sulla riforma della Chiesa o su singole dottrine, è sulla stessa figura e forma di Dio. Che vuole anche dire tra il Dio violento della tradizione anche biblica (frutto, dice ora la Congregazione del card. Muller, di un “fraintendimento” della fede), e il Dio nonviolento, perché “il Dio di guerra non esiste” (Francesco). Credo che dovremmo prendere atto che di questo si tratta e che dunque noi, come fedeli (ma anche come potenziali predicatori) oggi siamo chiamati a fare una scelta, un’ “elezione”. Quale Dio vogliamo servire? A Sichem Giosuè propose la scelta tra gli Dei di là del fiume e il Dio di Israele. Il popolo stipulò il patto di servire il Dio di Israele. A Sicar Gesù propose alla samaritana la scelta tra il Dio adorato sul monte Garizim o a Gerusalemme e “il Padre” da adorare in spirito e verità. La samaritana in ciò riconobbe il Messia e, come poi la Chiesa, lo andò a raccontare a tutti, svelò la scelta da fare. L’ipotesi è che ora, dopo molti altri secoli, all’avvento della secolarizzazione e di un mondo indiviso (globalizzato), la scelta esplicita che ci è chiesto di rinnovare è tra il Dio della cristianità e del potere e il Dio della misericordia e dell’unità umana; nella speranza che questa scelta cristiana induca nel tempo ogni religione o cultura a uscire dalla propria forma di “cristianità” per convertirsi al Dio della misericordia e della totalità umana assunta da lui. È questa l’ipotesi su cui mi piacerebbe si potesse lavorare. Grazie, caro padre Alberto, della tua indefessa fedeltà e dell’aiuto che ci dai per continuare a pensare e ad andare avanti. Un abbraccio Raniero II - LA MEMORIA DI CHRISTIAN ALBINI CI ACCOMPAGNI NELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI Da Koinonia Gennaio 2011 Caro Alberto, mi è spiaciuto non averti incontrato il 20 novembre a Bologna. So che eri impegnato per l’incontro con Raniero La Valle. Sarai al corrente che a me era stato chiesto di condurre un momento di preghiera laicale. Ti mando la traccia che ho preparato, mi sembra che nelle riflessioni introduttive ci siano delle considerazioni che possono andare bene anche per Koinonia, se credi. In attesa di un’altra occasione di incontro, ti abbraccio nel Signore che viene. Christian PER UNA PREGHIERA LAICALE Perché un momento di preghiera a conclusione di questa giornata? Fin dal seminario di fondazione dei “Viandanti”, si era detto che questa iniziativa non vuole essere soltanto un contesto di riflessione culturale o di dibattito ecclesiale, ma dare vita a un’autentica esperienza di Chiesa. Il momento della preghiera ci fa fermare, ci fa guardare oltre le nostre opinioni e visioni individuali, ci orientare lo sguardo a quella presenza dello Spirito che si dona a noi in ogni momento e situazione della nostra storia. Secondo l’ispirazione dei “viandanti”, la preghiera andrebbe riscoperta nell’orizzonte di una spiritualità laicale. Viviamo una stagione ecclesiale in cui l’accompagnamento all’interiorità, alla contemplazione, al rapporto personale con Dio è sovrastato dal formalismo liturgico e dalla fusione nella folla degli appuntamenti di massa. Entro uno scenario del genere, con le spinte di nuovo clericalismo che oggi abbiamo ampiamente esaminato, la preghiera è approcciata secondo modalità e linguaggi che sono propri degli ordinati e dei consacrati. Il movimento dello vita spirituale è la nascita di Cristo in noi, il prendere la sua forma nel divenire della nostra vicenda, fino a che il suo stile di esistenza diventa il nostro stile, nel “qui e ora” che appartiene soltanto a noi. «Inutilmente Cristo nasce in Betlemme se non nasce in te», dice Angelo Sileus nel suo libro Il pellegrino cherubico. E Giovanni Vannucci, monaco e mistico, citandolo aggiunge: «Siamo noi che dobbiamo diventare coscienti che nella nostra grotta c’è il bambino divino che vuole crescere, illuminarci e trasformarci, e deve nascere in noi»1. Si può parlare di una spiritualità propria del laico cristiano che non sia ripetizione di modelli mutuati da altri carismi? È difficile rispondere, perché non esiste una riflessione articolata in proposito. Le dinamiche dell’interiorità hanno una portata universale, dal momento che è l’umanità il terreno comune fecondato dallo Spirito. Ma, allo stesso tempo, cambia il modo di disporsi ad accogliere il dono e gli effetti che produce, cambiano i frutti, al variare della vita che li riceve. Dio si incarna sempre in una storia, con i suoi luoghi, la sua lingua, i suoi sapori, le sue situazioni. E noi siamo tempo, siamo storia. Dio, allora, prende forma in noi facendosi presenti nei nostri luoghi, lingua, sapori e situazioni… La storia di un laico cristiano, con il suo vissuto famigliare, civile, lavorativo, non è evidentemente la stessa di un ordinato! Quello di oggi è un tentativo di preghiera nello stile laicale, non una modalità definita e compiuta. Penso sia importante non avere la presunzione di inventare tutto da zero, ma riprendere quanto di positivo è già stato proposto in tal senso. Il nuovo volto di Chiesa che cerchiamo ha già una storia alle spalle, con i suoi “padri” e “madri”, che non va dimenticata, bensì ripresa e continuata. Uno di loro è stato sicuramente il biblista Giuseppe Barbaglio. Nel 1987, in un prezioso libro, aveva spiegato come la Bibbia presenti una visione laica (e laicale) del mondo, delle relazioni sociali e della Chiesa (La laicità del credente. Interpretazione biblica, Cittadella). La sua ipotesi era che la fede biblica sia il fondamento di una vera e radicale laicità, intesa come l’atteggiamento di chi vive autenticamente la sequela di Gesù. A partire dallo spunto di Barbaglio è possibile allora pregare la Parola non per atto devozionale o per ricavarne una dottrina, ma per rileggere alla sua luce il nostro quotidiano personale e collettivo. La Bibbia non come messaggio soprannaturale che si sovrappone ai nostri vissuti, creando uno spazio sacro separato dal profano, ma come buona notizia che ci consente di riconoscere il Risorto in ogni ambiente e momento profano. Secondo Raimon Panikkar, il messaggio che il Risorto ci rivolge è: «“Sono risuscitato e ancora sto con te”, e ora questa a mio parere è la parte più importante. Si tratta della nostra risurrezione. Se noi non siamo risorti non serve a niente». Il nostro intimo, la nostra vita, la nostra prassi risorgono. Non è un altro mondo, è questo mondo: le realtà e i momenti che viviamo. Questo momento di preghiera, seguendo il testo di Barbaglio, comprende tre testi biblici, seguiti da una breve meditazione, un momento di silenzio e la preghiera di un salmo. La fede nella creazione desacralizza il mondo Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerano come dèi, reggitori del mondo. Se affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Infelici anche coloro le cui speranza sono in cose morte E che chiamarono dèi le opere di mani d’uomo, oro e argento, lavorati con arte, e immagini di animali, oppure una pietra inutile, opera di mano antica. (Sapienza 13,1-3.10) «Dunque la fede creazionistica della Bibbia libera l’homo biblicus e, più in particolare, l’homo christianus dall’idolatria del mondo, del denaro, della potenza di ogni realtà mondana appetibile e seducente. E qui si deve ricordare il detto di Gesù secondo cui Dio e mammona sono padroni inconciliabili: o si serve all’uno o si opta per l’altro (Mt 6,24 e Lc 16,13). La fede creazionistica fonda una radicale laicità intesa come mondanità del mondo, sua costituiva e strutturale creaturalità, o anche sua autonomia totale dagli dèi e autonomia qualificata dal Dio di Gesù Cristo» (Barbaglio). Se tutto e tutti siamo “creature”, siamo sullo stesso piano, con pari dignità. Le sacralizzazioni di persone, idee o realtà sono idolatrie che rubano la libertà. È detto per i cesari di oggi, che si sentono al di sopra di ogni cosa. È detto per le sicurezze riposte nelle potenze e nei potenti del mondo, che diventano altari su cui sacrificare gli altri e la libertà di pensare. È detto per i cedimenti alle ideologie e alle opinioni dominanti, che restringono i nostri spazi al già pensato e al già detto. È detto per noi quando pensiamo che le nostre tesi, le nostre immagini di Dio e di Chiesa siano le migliori e le più vere. È detto per noi, quando nell’uso dei soldi, nei giudizi politici, nel mondo del lavoro, siamo prigionieri degli schemi che ci siamo creati, senza fare un discernimento alla luce della Parola, creando separazione tra il nostro quotidiano e il Vangelo che abbiamo ricevuto. Chiediamo al Signore di liberarci dai nostri idoli e di confidare solo in lui. Prima nel silenzio e poi in preghiera con il Salmo 115,1. Non a noi Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria, per il tuo amore, per la tua fedeltà. Perché le genti dovrebbero dire: «Dov’è il loro Dio?». Christian Albini 1 Giovanni Vannucci, Il passo di Dio. Meditazioni per l’Avvento, Paoline 2005, p. 196. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione TESTO BIBLICO 2 Corinzi 5, 14-20 Infatti, l’amore di Cristo ci spinge, perché siamo sicuri che uno morì per tutti, e quindi che tutti partecipano alla sua morte. Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per lui che è morto ed è risuscitato per loro. Perciò, d’ora in avanti non possiamo più considerare nessuno con i criteri di questo mondo. E se talvolta abbiamo considerato così Cristo, da un punto di vista puramente umano, ora non lo valutiamo più in questo modo. Perché quando uno è unito a Cristo, è una creatura nuova: le cose vecchie sono passate; tutto è diventato nuovo. E questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi l’incarico di portare altri alla riconciliazione con lui. Così Dio ha riconciliato il mondo con sé per mezzo di Cristo: perdona agli uomini i loro peccati e ha affidato a noi l’annunzio della riconciliazione. Quindi, noi siamo ambasciatori inviati da Cristo, ed è come se Dio stesso esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo da parte di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. INTRODUZIONE TEOLOGICO-PASTORALE L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione (cfr. 2 Cor 5, 14-20) Germania: la terra della Riforma luterana Nel 1517 Martin Lutero espresse preoccupazione per quelli che egli considerava abusi nella chiesa del suo tempo, rendendo pubbliche le sue 95 tesi. Il 2017 marca il 500° anniversario di questo evento chiave all’interno dei movimenti di Riforma che hanno segnato la vita della chiesa occidentale per diversi secoli. Questo evento ha costituito un tema controverso lungo tutta la storia delle relazioni tra le chiese in Germania, e fino ai nostri giorni. La Chiesa Evangelica di Germania (EKD) ha cominciato a programmarlo dal 2008, focalizzando ogni anno un aspetto particolare della Riforma, ad esempio, la Riforma e la politica, la Riforma e la formazione. L’EKD ha anche invitato i partners ecumenici, a vari livelli, perché contribuissero a commemorare l’evento del 2017. Dopo ampi dibattiti, talvolta difficili, le chiese in Germania si sono trovate d’accordo sul fatto che il modo per commemorare ecumenicamente l’evento della Riforma fosse quello di farne una “Celebrazione di Cristo” (Christusfest). Se, infatti, l’enfasi viene posta su Gesù Cristo e la sua opera di redenzione quale centro della fede cristiana, allora tutti i partners ecumenici dell’EKD (cattolici, ortodossi, battisti, metodisti, mennoniti e altri) potranno partecipare alle festività dell’anniversario. Dato il fatto che la storia della Riforma è stata segnata da dolorose divisioni, si è trattato di un traguardo notevole. La Commissione luterano-cattolica sull’unità ha lavorato instancabilmente per giungere ad una comprensione comune della commemorazione. Il suo importante rapporto Dal conflitto alla comunione riconosce che entrambe le tradizioni si accostano a questo anniversario in un’epoca ecumenica, con i risultati di cinquant’anni di dialogo al loro attivo, e con una rinnovata comprensione della loro storia e della loro teologia. Distinguendo gli aspetti polemici dagli stimoli teologici della Riforma, i cattolici sono ora in grado di ascoltare la sfida di Lutero alla Chiesa di oggi, riconoscendolo un “testimone del vangelo” (Dal conflitto alla comunione n. 29). E così, dopo secoli di reciproche condanne e vilipendi, nel 2017 i cristiani luterani e cattolici, per la prima volta, commemoreranno insieme l’inizio della Riforma. Da questo accordo, e in considerazione del più ampio contesto ecumenico, emerge il forte tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5, 14-20). Il Consiglio delle chiese in Germania (ACK) e l’anniversario della Riforma Il Consiglio delle chiese in Germania ha lanciato molti progetti per commemorare il 1517. Uno di questi, intitolato: “Discover Anew the Bible’s Treasures” (Riscoprire i tesori della Bibbia) ha prodotto una piccola pubblicazione in cui tutte le chiese membro dell’ACK hanno descritto il proprio approccio alla Bibbia, memori dell’importanza che Martin Lutero attribuiva alla Bibbia. L’ACK ha inoltre condotto un “pellegrinaggio” simbolico nelle varie chiese membro di Wittenberg; ogni comunità visitata ha espresso e celebrato il proprio specifico modo di relazionarsi alla Bibbia. Nell’aprile del 2015 l’ACK ha anche organizzato una conferenza intitolata: “Irreparably Divided? Blessed Renewal? – 500 Years of Reformation in Various Ecumenical Perspectives” (Una divisione irreparabile? O un rinnovamento benedetto? – 500 anni di Riforma secondo varie prospettive ecumeniche), di cui sono stati pubblicati gli atti. È stato nel contesto di questo anniversario che il Consiglio delle chiese in Germania (ACK), su invito del Consiglio ecumenico delle chiese, ha accettato l’incarico di redigere il testo del materiale per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2017. Una Commissione composta da dieci rappresentanti di diverse chiese si è riunita tre volte nel biennio 2014-2015 per stilare il testo. Un’attenzione particolare è stata posta sulla preparazione del testo per la comune liturgia della Settimana. Il materiale intende servire lo scopo generale della Settimana di preghiera, e allo stesso tempo commemorare la Riforma luterana. Il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2017 Quando il Comitato organizzativo nazionale tedesco si riunì nell’autunno del 2014, risultò subito chiaro che il materiale per la Settimana di preghiera 2017 doveva avere due punti focali: da una parte doveva esserci una celebrazione dell’amore e della grazia di Dio, la “giustificazione dell’umanità solo per grazia”, che rifletteva l’istanza cruciale delle chiese marcate dalla Riforma di Martin Lutero. Dall’altra parte il materiale doveva anche riconoscere il dolore della conseguente profonda divisione che ha segnato le chiese, chiamando per nome le colpe, e prospettando opportunità per offrire passi di riconciliazione. È stata, infine, l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium (La gioia del vangelo) che ha suggerito il tema per quest’anno con la citazione, al paragrafo n.9, “L’amore di Cristo ci spinge”. Con questo versetto (2 Cor 5, 14), preso nel contesto dell’intero quinto capitolo della Seconda Lettera ai Corinzi, il Comitato tedesco ha formulato il tema della Settimana di preghiera del 2017.