FORUM 506
(12 gennaio 2017)
http://www.koinonia-online.it
Convento S.Domenico – Piazza S.Domenico, 1 – Pistoia
Tel. 0573/307769
I – IN CORRISPONDENZA
“Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa
tendendo a lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,15)
Da Angela Ales Bello (Roma)
Caro P. Alberto,
per favore, non cedere! Ho letto il messaggio di Papa Francesco, è in sintonia con
quello che vai dicendo da tempo. E’ vero che non tutti lo seguono, ma mi sembra una
cosa straordinaria che ci sia! D’altra parte noi dovremmo sentirci come il sale della
terra e non la minestra! Ci sono stati e ci sono quelli che hanno capito e che capiscono
che cosa sia il massaggio evangelico, non scoraggiamici, non serve il successo, ma la
testimonianza, grazie, a presto e buona Epifania,
Angela
Da Laura Caffagnini (Parma)
Caro Alberto, grazie per l'invio.
Una realtà come Koinonia è una possibilità di dialogo e di gestazione di nuovi pensieri
per una chiesa riformata, perciò grazie e buon 2017! Un abbraccio
Laura
Da Stefano Frilli (Firenze)
Carissimo Alberto,
dopo aver spiegato con iconografia splendente la creazione dell'universo e dell'uomo,
le Scritture ci propongono il contrasto tra l'essere celesti vicini a Dio ed essere terreni,
capaci di donare, si, la vita ai nostri figli, ma anche di donare loro il seme del peccato
originale. Il fatto sta proprio nella scelta di tentare di raggiungere gli oceani della
sapienza di Dio usando il nostro secchiello di sapienza, di paragonare la visione
universale di Dio con la nostra che è già inferiore a quella di certi uccelli.
Io credo che Koinonia non abbia un senso legato alle contingenze storiche, ai momenti
in cui il cristianesimo sembra solo una fazione nelle lotte religiose, un argomento da
inchieste televisive (possibilmente scandalistiche) su tutta la storia, da Gesù stesso ai
Papi dei nostri giorni. Il cristianesimo ha un senso perché è la soluzione, il sistema, la
via, la verità, l'insieme di insegnamenti dati da Dio stesso (fatto uomo per
testimoniare la concreta possibilità di vivere quel messaggio) agli uomini per donare ai
figli, insieme al peccato, anche la via per vincerlo.
Koinonia è un respiro comune: per questo era nata, per poter condividere un cammino
a braccetto con coi tanti amici fisicamente lontani, mentre condividevamo il nostro
respiro intorno al tavolo dove costruivamo materialmente foglio dopo foglio il nostro
messaggio ciclostilato. Per me le caratteristiche del peccato non ci sono in questo, non
c'è tradimento, superbia, invidia, odio ... io vedo Koinonia adatta a questo momento e
vorrei dire che addirittura ha anticipato questo momento.
Concludo ponendomi una domanda, frutto dell'osservazione serena e non maniacale di
certi eventi e di certa storia: sarà questo il post-cristianesimo o ci sono stati due
millenni di pre-cristianesimo? Un abbraccio e un caro augurio di buon anno
Stefano
Da Raniero La Valle (Roma)
Caro padre Alberto,
poiché è cominciato l’anno nuovo, anche le parole devono essere nuove e dobbiamo
confrontarle tra noi per essere sicuri che diciamo le stesse cose. Cercherò quindi di
dirti in breve le mie reazioni alla tua lettera dell’Epifania.
1) Certo che Koinonia deve continuare. Non indugio neanche a motivarlo, tanto è
evidente il suo servizio e la sua necessità.
2) Non capisco lo scoramento che traspare dalla lettera. Abbiamo tanto detto che
bisognava “forzare l’aurora a nascere” ed ora che è arrivata l’aurora vogliamo essere
imbronciati?
3) In che senso la barca di Pietro sembra affondare nonostante il timoniere? E’ in atto
una riforma del papato che sta riscattando lo scempio del papato e della Chiesa durato
un millennio a partire dal “Dictatus papae” di Gregorio VII; è in atto una riforma del
magistero pontificio che dal “deliramentum” della libertà di coscienza della “Mirari Vos”
di un altro Gregorio, attraverso la “Pacem in terris” di papa Giovanni, la “Nostra
aetate” del Concilio e la “non ingerenza” e la denuncia del proselitismo di papa
Francesco giunge, dopo quasi due secoli, alla “Misericordia et misera” che fonda l’etica
non sulla condanna ma sulla coscienza e sull’amore; abbiamo un papa che si proclama
gesuita, che si chiama Francesco ma che in vera sostanza è un domenicano, perché
tutto, tutto – continuità e riforma, tradizione e “casino” – è affidato alla stoltezza della
predicazione del Vangelo, dalle 7 del mattino fino alla notte; e abbiamo un Vangelo
che non è chiuso, perché dopo che “sono passati più di duemila anni”, abbiamo ancora
da “raccontare” quei “molti altri segni” di Gesù che”non sono stati scritti” (Gv. 20, 30),
come dice la “Misericordia et misera”
al n. 18, e che quindi sono nuovi e
contemporanei anche per noi; il che vuol dire che la rivelazione non è chiusa, benché
definitiva, non sta in un “deposito della fede”, sta nell’umanità in cammino abitata da
Dio.
4) In che senso “non c’è da dubitare” che il cristianesimo è finito? È vero che tanti
amici ce lo dicono, ma è la sciatta lingua del tempo, e non possiamo in questo dar loro
ragione. Altrimenti perché evangelizzare? E perché pubblicheremmo il discorso di La
Pira, per il quale invece proprio adesso esso comincia, anzi si attua? È vero che
neanche La Pira coglieva il punto della situazione quando identificava il trionfo della
Chiesa con la sovranità divina realizzata sul mondo (pace, unità, abbondanza sulla
terra, e Firenze come sua profezia), ma certo La Pira è l’antitesi del postcristianesimo. Ed è verissimo, come dici, che non si può nemmeno immaginare un
ritorno a prima che il cristianesimo esistesse: forse che il Verbo potrebbe
disincarnarsi?
5) Invece a me pare che ora le cose siano chiare. Quella che è finita è la cristianità, e
ormai questa non è più la verità “dei modernisti”, ma di tutta la Chiesa. Il premio
Carlo Magno, con la sua corona, se ne può stare a casa sua. E la fine della cristianità
vuol dire tutte le cose che sappiamo (fine del composto tra religione, potere, culture,
istituzioni, diritto), ma soprattutto vuol dire ritrovare la dualità (alterità) tra Chiesa e
Regno di Dio, del quale la Chiesa non è la miniatura, il bozzetto, o addirittura il “già”
che si è intanto realizzato, ma è il segno, la discepola, l’ “ospedale da campo”. Noi non
facciamo altro che parlare interminabilmente della Chiesa, mentre la questione è
quella di Dio. Come hanno detto concordemente papa Francesco e il patriarca
Bartolomeo le Chiese si sono divise perché si sono dimenticate di essere definite come
il “mysterium lunae”, e non hanno fatto che guardare se stesse, invece di rimandare
al sole, di cui erano semplice riflesso. E così non solo si sono divise, ma per il mondo
sono state una perdita. Quello che oggi accade è che mentre per la Chiesa si è chiuso
il regime di cristianità, per il cristianesimo e per tutte le religioni del mondo si è aperta
la questione di Dio. Di quale Dio parliamo quando parliamo di lui?
6) Se cade la cristianità non è pensabile che ciò accada senza far rumore e sollevare
molta polvere. È quello che tu dici “avere un mondo tutto da decifrare e allo sbando”.
Ma con quali risorse affrontarlo? Mi pare che qui venga il momento della nostra
decisione. Non si tratta più di essere solo destinatari della predicazione. Si tratta di
decidere il Dio predicato, e di eleggere il nostro Dio tra quelli predicati. Perché su
questo c’è il conflitto. C’è il conflitto nel mondo, che continuamente ci propone una
scelta nel politeismo degli idoli (dal denaro al potere), c’è il conflitto nell’Islam, tra il
Dio degli islamisti e il Dio degli islamici, e c’è il conflitto nella Chiesa tra il Dio della
condanna, che è stato predicato finora (aveva spiegato san Bernardo al papa Eugenio
III che il suo potere poggiava non sulle ricchezze, ma sui peccati : “in criminibus, non
in possessionibus potestas vestra”) e il Dio della misericordia predicato e testimoniato
da papa Francesco: incompatibile con le scomuniche, a cominciare dalle donne! Dove
misericordia non è un complimento più accentuato fatto a Dio, ma è l’alternativa, è “il
Vangelo annunziato in modo nuovo” come voleva il Concilio e come Francesco sta
eseguendo. Lo scontro, quello visibile e quello dissimulato che c’è oggi nella Chiesa
non è sulla riforma della Chiesa o su singole dottrine, è sulla stessa figura e forma di
Dio. Che vuole anche dire tra il Dio violento della tradizione anche biblica (frutto, dice
ora la Congregazione del card. Muller, di un “fraintendimento” della fede), e il Dio
nonviolento, perché “il Dio di guerra non esiste” (Francesco).
Credo che dovremmo prendere atto che di questo si tratta e che dunque noi, come
fedeli (ma anche come potenziali predicatori) oggi siamo chiamati a fare una scelta,
un’ “elezione”. Quale Dio vogliamo servire? A Sichem Giosuè propose la scelta tra gli
Dei di là del fiume e il Dio di Israele. Il popolo stipulò il patto di servire il Dio di
Israele. A Sicar Gesù propose alla samaritana la scelta tra il Dio adorato sul monte
Garizim o a Gerusalemme e “il Padre” da adorare in spirito e verità. La samaritana in
ciò riconobbe il Messia e, come poi la Chiesa, lo andò a raccontare a tutti, svelò la
scelta da fare. L’ipotesi è che ora, dopo molti altri secoli, all’avvento della
secolarizzazione e di un mondo indiviso (globalizzato), la scelta esplicita che ci è
chiesto di rinnovare è tra il Dio della cristianità e del potere e il Dio della misericordia
e dell’unità umana; nella speranza che questa scelta cristiana induca nel tempo ogni
religione o cultura a uscire dalla propria forma di “cristianità” per convertirsi al Dio
della misericordia e della totalità umana assunta da lui. È questa l’ipotesi su cui mi
piacerebbe si potesse lavorare.
Grazie, caro padre Alberto, della tua indefessa fedeltà e dell’aiuto che ci dai per
continuare a pensare e ad andare avanti. Un abbraccio
Raniero
II - LA MEMORIA DI CHRISTIAN ALBINI CI ACCOMPAGNI NELLA
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
Da Koinonia Gennaio 2011
Caro Alberto,
mi è spiaciuto non averti incontrato il 20 novembre a Bologna. So che eri impegnato
per l’incontro con Raniero La Valle.
Sarai al corrente che a me era stato chiesto di condurre un momento di preghiera
laicale. Ti mando la traccia che ho preparato, mi sembra che nelle riflessioni
introduttive ci siano delle considerazioni che possono andare bene anche per Koinonia,
se credi. In attesa di un’altra occasione di incontro, ti abbraccio nel Signore che
viene.
Christian
PER UNA PREGHIERA LAICALE
Perché un momento di preghiera a conclusione di questa giornata? Fin dal seminario
di fondazione dei “Viandanti”, si era detto che questa iniziativa non vuole essere
soltanto un contesto di riflessione culturale o di dibattito ecclesiale, ma dare vita a
un’autentica esperienza di Chiesa. Il momento della preghiera ci fa fermare, ci fa
guardare oltre le nostre opinioni e visioni individuali, ci orientare lo sguardo a quella
presenza dello Spirito che si dona a noi in ogni momento e situazione della nostra
storia. Secondo l’ispirazione dei “viandanti”, la preghiera andrebbe riscoperta
nell’orizzonte di una spiritualità laicale.
Viviamo una stagione ecclesiale in
cui l’accompagnamento all’interiorità, alla
contemplazione, al rapporto personale con Dio è sovrastato dal formalismo liturgico e
dalla fusione nella folla degli appuntamenti di massa. Entro uno scenario del genere,
con le spinte di nuovo clericalismo che oggi abbiamo ampiamente esaminato, la
preghiera è approcciata secondo modalità e linguaggi che sono propri degli ordinati e
dei consacrati.
Il movimento dello vita spirituale è la nascita di Cristo in noi, il prendere la sua forma
nel divenire della nostra vicenda, fino a che il suo stile di esistenza diventa il nostro
stile, nel “qui e ora” che appartiene soltanto a noi. «Inutilmente Cristo nasce in
Betlemme se non nasce in te», dice Angelo Sileus nel suo libro Il pellegrino cherubico.
E Giovanni Vannucci, monaco e mistico, citandolo aggiunge: «Siamo noi che dobbiamo
diventare coscienti che nella nostra grotta c’è il bambino divino che vuole crescere,
illuminarci e trasformarci, e deve nascere in noi»1.
Si può parlare di una spiritualità propria del laico cristiano che non sia ripetizione di
modelli mutuati da altri carismi? È difficile rispondere, perché non esiste una
riflessione articolata in proposito. Le dinamiche dell’interiorità hanno una portata
universale, dal momento che è l’umanità il terreno comune fecondato dallo Spirito.
Ma, allo stesso tempo, cambia il modo di disporsi ad accogliere il dono e gli effetti che
produce, cambiano i frutti, al variare della vita che li riceve. Dio si incarna sempre in
una storia, con i suoi luoghi, la sua lingua, i suoi sapori, le sue situazioni. E noi siamo
tempo, siamo storia. Dio, allora, prende forma in noi facendosi presenti nei nostri
luoghi, lingua, sapori e situazioni… La storia di un laico cristiano, con il suo vissuto
famigliare, civile, lavorativo, non è evidentemente la stessa di un ordinato!
Quello di oggi è un tentativo di preghiera nello stile laicale, non una modalità definita
e compiuta. Penso sia importante non avere la presunzione di inventare tutto da zero,
ma riprendere quanto di positivo è già stato proposto in tal senso. Il nuovo volto di
Chiesa che cerchiamo ha già una storia alle spalle, con i suoi “padri” e “madri”, che
non va dimenticata, bensì ripresa e continuata. Uno di loro è stato sicuramente il
biblista Giuseppe Barbaglio. Nel 1987, in un prezioso libro, aveva spiegato come la
Bibbia presenti una visione laica (e laicale) del mondo, delle relazioni sociali e della
Chiesa (La laicità del credente. Interpretazione biblica, Cittadella). La sua ipotesi era
che la fede biblica sia il fondamento di una vera e radicale laicità, intesa come
l’atteggiamento di chi vive autenticamente la sequela di Gesù.
A partire dallo spunto di Barbaglio è possibile allora pregare la Parola non per atto
devozionale o per ricavarne una dottrina, ma per rileggere alla sua luce il nostro
quotidiano personale e collettivo. La Bibbia non come messaggio soprannaturale che si
sovrappone ai nostri vissuti, creando uno spazio sacro separato dal profano, ma come
buona notizia che ci consente di riconoscere il Risorto in ogni ambiente e momento
profano. Secondo Raimon Panikkar, il messaggio che il Risorto ci rivolge è: «“Sono
risuscitato e ancora sto con te”, e ora questa a mio parere è la parte più importante.
Si tratta della nostra risurrezione. Se noi non siamo risorti non serve a niente». Il
nostro intimo, la nostra vita, la nostra prassi risorgono. Non è un altro mondo, è
questo mondo: le realtà e i momenti che viviamo. Questo momento di preghiera,
seguendo il testo di Barbaglio, comprende tre testi biblici, seguiti da una breve
meditazione, un momento di silenzio e la preghiera di un salmo.
La fede nella creazione desacralizza il mondo
Davvero vani per natura tutti gli uomini
che vivevano nell’ignoranza di Dio,
e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è,
né esaminandone le opere, riconobbero l’artefice.
Ma il fuoco o il vento o l’aria veloce,
la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo
essi considerano come dèi, reggitori del mondo.
Se affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro sovrano,
perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza.
Infelici anche coloro le cui speranza sono in cose morte
E che chiamarono dèi le opere di mani d’uomo,
oro e argento, lavorati con arte,
e immagini di animali,
oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
(Sapienza 13,1-3.10)
«Dunque la fede creazionistica della Bibbia libera l’homo biblicus e, più in particolare,
l’homo christianus dall’idolatria del mondo, del denaro, della potenza di ogni realtà
mondana appetibile e seducente. E qui si deve ricordare il detto di Gesù secondo cui
Dio e mammona sono padroni inconciliabili: o si serve all’uno o si opta per l’altro (Mt
6,24 e Lc 16,13). La fede creazionistica fonda una radicale laicità intesa come
mondanità del mondo, sua costituiva e strutturale creaturalità, o anche sua autonomia
totale dagli dèi e autonomia qualificata dal Dio di Gesù Cristo» (Barbaglio).
Se tutto e tutti siamo “creature”, siamo sullo stesso piano, con pari dignità. Le
sacralizzazioni di persone, idee o realtà sono idolatrie che rubano la libertà. È detto
per i cesari di oggi, che si sentono al di sopra di ogni cosa. È detto per le sicurezze
riposte nelle potenze e nei potenti del mondo, che diventano altari su cui sacrificare gli
altri e la libertà di pensare. È detto per i cedimenti alle ideologie e alle opinioni
dominanti, che restringono i nostri spazi al già pensato e al già detto. È detto per noi
quando pensiamo che le nostre tesi, le nostre immagini di Dio e di Chiesa siano le
migliori e le più vere. È detto per noi, quando nell’uso dei soldi, nei giudizi politici, nel
mondo del lavoro, siamo prigionieri degli schemi che ci siamo creati, senza fare un
discernimento alla luce della Parola, creando separazione tra il nostro quotidiano e il
Vangelo che abbiamo ricevuto. Chiediamo al Signore di liberarci dai nostri idoli e di
confidare solo in lui. Prima nel silenzio e poi in preghiera con il Salmo 115,1.
Non a noi Signore, non a noi,
ma al tuo nome da’ gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà.
Perché le genti dovrebbero dire:
«Dov’è il loro Dio?».
Christian Albini
1
Giovanni Vannucci, Il passo di Dio. Meditazioni per l’Avvento, Paoline 2005, p. 196.
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione
TESTO BIBLICO
2 Corinzi 5, 14-20
Infatti, l’amore di Cristo ci spinge, perché siamo sicuri che uno morì per tutti, e quindi
che tutti partecipano alla sua morte. Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono
non vivano più per se stessi, ma per lui che è morto ed è risuscitato per loro.
Perciò, d’ora in avanti non possiamo più considerare nessuno con i criteri di questo
mondo. E se talvolta abbiamo considerato così Cristo, da un punto di vista puramente
umano, ora non lo valutiamo più in questo modo. Perché quando uno è unito a Cristo,
è una creatura nuova: le cose vecchie sono passate; tutto è diventato nuovo.
E questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi
l’incarico di portare altri alla riconciliazione con lui. Così Dio ha riconciliato il mondo
con sé per mezzo di Cristo: perdona agli uomini i loro peccati e ha affidato a noi
l’annunzio della riconciliazione. Quindi, noi siamo ambasciatori inviati da Cristo, ed è
come se Dio stesso esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo da parte di Cristo:
lasciatevi riconciliare con Dio.
INTRODUZIONE TEOLOGICO-PASTORALE
L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione (cfr. 2 Cor 5, 14-20)
Germania: la terra della Riforma luterana
Nel 1517 Martin Lutero espresse preoccupazione per quelli che egli considerava
abusi nella chiesa del suo tempo, rendendo pubbliche le sue 95 tesi. Il 2017
marca il 500° anniversario di questo evento chiave all’interno dei movimenti di
Riforma che hanno segnato la vita della chiesa occidentale per diversi secoli.
Questo evento ha costituito un tema controverso lungo tutta la storia delle
relazioni tra le chiese in Germania, e fino ai nostri giorni. La Chiesa Evangelica
di Germania (EKD) ha cominciato a programmarlo dal 2008, focalizzando ogni
anno un aspetto particolare della Riforma, ad esempio, la Riforma e la politica,
la Riforma e la formazione. L’EKD ha anche invitato i partners ecumenici, a vari
livelli, perché contribuissero a commemorare l’evento del 2017.
Dopo ampi dibattiti, talvolta difficili, le chiese in Germania si sono trovate
d’accordo sul fatto che il modo per commemorare ecumenicamente l’evento
della Riforma fosse quello di farne una “Celebrazione di Cristo” (Christusfest).
Se, infatti, l’enfasi viene posta su Gesù Cristo e la sua opera di redenzione
quale centro della fede cristiana, allora tutti i partners ecumenici dell’EKD
(cattolici, ortodossi, battisti, metodisti, mennoniti e altri) potranno partecipare
alle festività dell’anniversario.
Dato il fatto che la storia della Riforma è stata segnata da dolorose divisioni, si
è trattato di un traguardo notevole. La Commissione luterano-cattolica
sull’unità ha lavorato instancabilmente per giungere ad una comprensione
comune della commemorazione. Il suo importante rapporto Dal conflitto alla
comunione riconosce che entrambe le tradizioni si accostano a questo
anniversario in un’epoca ecumenica, con i risultati di cinquant’anni di dialogo al
loro attivo, e con una rinnovata comprensione della loro storia e della loro
teologia. Distinguendo gli aspetti polemici dagli stimoli teologici della Riforma, i
cattolici sono ora in grado di ascoltare la sfida di Lutero alla Chiesa di oggi,
riconoscendolo un “testimone del vangelo” (Dal conflitto alla comunione n. 29).
E così, dopo secoli di reciproche condanne e vilipendi, nel 2017 i cristiani
luterani e cattolici, per la prima volta, commemoreranno insieme l’inizio della
Riforma.
Da questo accordo, e in considerazione del più ampio contesto ecumenico,
emerge il forte tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di
quest’anno: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5,
14-20).
Il Consiglio delle chiese in Germania (ACK) e l’anniversario della
Riforma
Il Consiglio delle chiese in Germania ha lanciato molti progetti per
commemorare il 1517. Uno di questi, intitolato: “Discover Anew the Bible’s
Treasures” (Riscoprire i tesori della Bibbia) ha prodotto una piccola
pubblicazione in cui tutte le chiese membro dell’ACK hanno descritto il proprio
approccio alla Bibbia, memori dell’importanza che Martin Lutero attribuiva alla
Bibbia. L’ACK ha inoltre condotto un “pellegrinaggio” simbolico nelle varie
chiese membro di Wittenberg; ogni comunità visitata ha espresso e celebrato il
proprio specifico modo di relazionarsi alla Bibbia. Nell’aprile del 2015 l’ACK ha
anche organizzato una conferenza intitolata: “Irreparably Divided? Blessed
Renewal? – 500 Years of Reformation in Various Ecumenical Perspectives” (Una
divisione irreparabile? O un rinnovamento benedetto? – 500 anni di Riforma
secondo varie prospettive ecumeniche), di cui sono stati pubblicati gli atti.
È stato nel contesto di questo anniversario che il Consiglio delle chiese in
Germania (ACK), su invito del Consiglio ecumenico delle chiese, ha accettato
l’incarico di redigere il testo del materiale per la Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani del 2017. Una Commissione composta da dieci
rappresentanti di diverse chiese si è riunita tre volte nel biennio 2014-2015 per
stilare il testo. Un’attenzione particolare è stata posta sulla preparazione del
testo per la comune liturgia della Settimana. Il materiale intende servire lo
scopo generale della Settimana di preghiera, e allo stesso tempo
commemorare la Riforma luterana.
Il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2017
Quando il Comitato organizzativo nazionale tedesco si riunì nell’autunno del
2014, risultò subito chiaro che il materiale per la Settimana di preghiera 2017
doveva avere due punti focali: da una parte doveva esserci una celebrazione
dell’amore e della grazia di Dio, la “giustificazione dell’umanità solo per grazia”,
che rifletteva l’istanza cruciale delle chiese marcate dalla Riforma di Martin
Lutero. Dall’altra parte il materiale doveva anche riconoscere il dolore della
conseguente profonda divisione che ha segnato le chiese, chiamando per nome
le colpe, e prospettando opportunità per offrire passi di riconciliazione.
È stata, infine, l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium
(La gioia del vangelo) che ha suggerito il tema per quest’anno con la citazione,
al paragrafo n.9, “L’amore di Cristo ci spinge”. Con questo versetto (2 Cor 5,
14), preso nel contesto dell’intero quinto capitolo della Seconda Lettera ai
Corinzi, il Comitato tedesco ha formulato il tema della Settimana di preghiera
del 2017.