Calcolo della relazione di dispersione del grafene

RELAZIONE di DISPERSIONE
FERMIONICA RELATIVISTICA
nel GRAFENE
LAUREANDO
Lorenzo Papini
RELATORE
Prof. Gianluca Grignani
Anno accademico 2014/2015
A Giovanni, Rocco, Sara e Francesco,
perché tutti per uno ed uno per tutti
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Indice
Introduzione
1) Il grafene come composto del carbonio
1.1
L'atomo di carbonio ed i suoi composti
1.2
Struttura cristallina del grafene
1.3
Fabbricazione del grafene
1.3.1 Grafene esfoliato
1.3.2 Grafene epitassiale
2) Relazione di dispersione ed analisi delle eccitazioni a
basse energie nel grafene
2.1
Tight-binding model
2.1.1 Il teorema di Bloch
2.1.2 Il caso di più atomi per cella unitaria
2.2
Calcolo della relazione di dispersione del grafene
2.3
Le eccitazioni a bassa energia nel grafene
2.3.1 Analisi al primo ordine in |q|a
2.3.2 Analisi al secondo ordine in |q|a
2.4
Elettroni come particelle prive di massa
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INTRODUZIONE
Lo studio del grafene, che sia teorico o sperimentale, è uno dei campi di ricerca in crescita più
rapida della Fisica della materia condensata e non solo. A testimonianza di ciò basta evidenziare che
a partire dagli esperimenti condotti nel 2005 dai gruppi di Manchester, guidato da Andre Geim, e di
Columbia-Princeton, coordinato da Philip Kim e Horst Stormer, che evidenziarono un particolare
tipo di effetto Hall quantistico nel grafene, i lavori che contengono all'interno del loro titolo la
parola "grafene" sono in continuo aumento.
Le ragioni di un così elevato interessamento scientifico sono molte, sottolineeremo ora soltanto
alcune tra le più importanti.
Per cominciare il grafene ha un importante potenziale utilizzo nel campo dell'elettronica. E' noto
infatti che la moderna elettronica al silicio abbia pressoché raggiunto i suoi limiti in fatto di
miniaturizzazione dei componenti, con questi ultimi che presentano dimensioni tipiche di circa 50
nm. E' stato invece provato che un campione di grafene di dimensioni più piccole di circa un ordine
di grandezza può essere utilizzato come transistor, che, com'è noto, è uno dei componenti elettronici
di base. Quindi sembrerebbe che, continuando su questa strada, usando un'elettronica basata sul
grafene e non più sul silicio, si possano ridurre le dimensioni dei componenti di circa un ordine di
grandezza, avendo così la possibilità di migliorare le prestazioni degli apparecchi elettronici.
Ci sono ovviamente anche dei motivi prettamente fisici per i quali la ricerca sul grafene è molto
importante e per i quali questo materiale riveste un ruolo speciale. Infatti il grafene è il primo
cristallo 2D effettivamente osservato in natura: questo fatto è assolutamente degno di nota poiché
l'esistenza di cristalli 2D è stata sovente messa in dubbio in passato. Inoltre gli elettroni nel grafene
hanno un comportamento relativistico e presentano una relazione di dispersione della stessa natura,
questo particolare li rende degli ideali candidati per testare e verificare i modelli teorici delle
moderne teorie quantistiche dei campi. Ma non solo: questi elettroni possono anche essere visti
come dei fermioni relativistici privi di massa che vivono in uno spazio bidimensionale. Questo fatto
è molto rilevante perché nel mondo tridimensionale in cui viviamo non abbiamo la possibilità di
incontrare queste particelle; inoltre suddetti elettroni hanno la particolarità di essere
contemporaneamente visibili come privi di massa e carichi, al contrario di tutte le altre particelle
prive di massa più comuni, come il fotone ed il neutrino, che sono neutre.
Quindi la ricerca sul grafene è molto importante e rilevante sia da un punto di vista tecnologico, sia
per la Fisica della materia condensata, sia per la Fisica delle alte energie; si può dire che questo
materiale costituisca un ponte tra le ultime due aree perché unisce gli interessi degli scienziati
specializzati nell'una e nell'altra disciplina.
In questo lavoro non tratteremo tutti gli aspetti sopra citati e tutte le possibili applicazioni del
grafene, ma ci soffermeremo ed analizzeremo nel dettaglio la relazione di dispersione che gli
elettroni che lo costituiscono presentano, evidenziando le conseguenze che sono da essa deducibili.
Questa analisi verrà svolta in dettaglio nel capitolo 2.
Nel capitolo 1 forniremo invece le informazioni necessarie per capire ed aver chiaro che cosa sia il
grafene. Partiremo quindi da una breve analisi dell'atomo di carbonio e delle sue ibridizzazioni, per
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capire quali molecole esso forma e quali proprietà esse hanno, successivamente descriveremo la
grafite e vedremo come l'elemento costitutivo di quest'ultima sia il grafene. Esamineremo come nel
formare il grafene tre dei quattro elettroni del carbonio formino dei legami forti di tipo σ, mentre
l'ultimo elettrone formi un legame più debole di tipo π: saranno proprio questi ultimi elettroni, legati
più debolmente e quindi più mobili ed eccitabili, a formare l'unica banda energetica degna di
interesse, che analizzeremo esplicitamente più avanti. Vedremo poi, e sarà un fatto importantissimo
per il successivo studio che svilupperemo, che il grafene è un reticolo esagonale, in inglese detto
"honeycomb" perché la sua forma ricorda in effetti il reticolo prodotto dal miele delle api. Quello
esagonale non è un reticolo di Bravais, ma è facilmente riconducibile a due reticoli triangolari di
Bravais sovrapposti. Infine ci soffermeremo brevemente sui due diversi tipi di grafene che è
possibile produrre in laboratorio, il grafene esfoliato ed il grafene eptassiale, e descriveremo per
sommi capi come questa produzione avvenga nei due diversi casi, evidenziando le differenze,
qualora ce ne siano, tra il primo ed il secondo tipo. Questi sono sommariamente tutti i temi che
saranno trattati nel capitolo 1.
Nel capitolo 2, invece, svolgeremo il calcolo e l'analisi della relazione di dispersione degli elettroni
nel grafene. Prima di tutto introdurremo brevemente il teorema di Bloch ed il tight-binding model,
quindi daremo soluzione formale di quest'ultimo e passeremo ad utilizzarlo per calcolare la
relazione di dispersione degli elettroni π considerando l'interazione con i primi vicini, in inglese
abbreviati "nn", cioè "nearest neighbours", ed i punti più vicini a questi, in inglese "nnn", cioè "next
nearest neighbours". Scopriremo che la relazione di dispersione produce due bande: una di valenza,
denominata π, ed una di conduzione, denominata π*; i due punti ove queste si incontrano sono
denominati "punti di Dirac" e, come vedremo, sono particolarmente importanti e corrispondono alle
uniche due situazioni in cui l'energia ricavata dalla relazione di dispersione è nulla. Il successivo
paragrafo del capitolo sarà dedicato ad un'analisi delle proprietà che hanno gli elettroni del grafene
a basse energie, questo si tradurrà essenzialmente in un'analisi condotta in un intorno dei due punti
di Dirac. Infine mostreremo esplicitamente, mediante l'uso dell'equazione di Dirac, che gli elettroni
nel grafene sono visibili come fermioni relativistici e privi di massa.
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Capitolo 1
Il grafene come composto del carbonio
Capitolo 1.1 - L'atomo di carbonio e i suoi composti:
Il carbonio è l'elemento costituente del grafene. Esso è il sesto elemento della tavola periodica e
pertanto presenta 6 protoni, 6 elettroni e un numero di neutroni che può essere 6,7 o 8, con le prime
due possibilità che danno origine ad atomi stabili, mentre l'ultima produce il ben noto e instabile
carbonio 14, spesso utilizzato per datare reperti archeologici e storici a causa delle sue proprietà
radioattive. L'isotopo più comune è il carbonio 12 che costituisce circa il 99% di tutti gli atomi di
carbonio terrestri. Sebbene il carbonio abbia la nota configurazione elettronica 1s2 2s2 2p2 , in
presenza di altri atomi uno dei due elettroni dell'orbitale 2s viene eccitato e trasferito nell'orbitale
vuoto di tipo p: così facendo il carbonio è in grado di formare legami di tipo covalente, che sono
molto stabili. Nello stato eccitato del carbonio abbiamo quindi quattro stati quantisticamente
equivalenti: |2s>, |2px>, |2py> e |2pz>; la sovrapposizione quantistica dello stato |2s> con n degli
altri tre da vita alla così detta ibridizzazione spn, che è il meccanismo fondamentale con cui l'atomo
di carbonio forma legami covalenti.
Trascureremo completamente l'ibridizzazione sp1 perché non è di particolare interesse ai fini di
questo lavoro, mentre dovremo senz'altro parlare dell'ibridizzazione sp2 che è quella che dà vita al
grafene ed alla grafite. In questo tipo di ibridizzazione uno stato di tipo s viene sovrapposto a due
stati di tipo p, che senza perdita di generalità possiamo supporre siano il |2px> ed il |2py>, in questo
modo otteniamo tre stati dati da:
Gli orbitali giaccono nel piano xy e sono orientati in modo da formare angoli di 120°. Il rimanente
orbitale 2pz è perpendicolare al piano.
Un importante esempio di molecola che si forma con questa ibridizzazione è il benzene, che
consiste in un esagono, con atomi di carbonio ai vertici, collegati da legami forti di tipo σ. Ogni
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atomo di carbonio è poi legato sempre covalentemente ad un atomo di idrogeno; la struttura
globalmente forma una sorta di stella, come si può vedere dalla figura sottostante (Figura 1.1):
Figura 1.1: La struttura del Benzene, molecola formata da più atomi di carbonio ibridizzati sp2 e idrogeni legati covalentemente.
Rimangono fuori, da questa descrizione, 6 orbitali di tipo 2pz: è lecito aspettarsi che questi formino
nel complesso tre legami di tipo π in modo che legami singoli e doppi si alternino nella molecola; in
questo modo ci sono due diverse configurazioni in cui possono alternarsi legami singoli e doppi.
Dalle misure sperimentali delle lunghezze dei legami della molecola di benzene si scoprì però che
tutti i legami sono uguali e non esiste la distinzione tra legame singolo e legame doppio: ciò fu
spiegato da Linus Pauling nel 1931 supponendo che in realtà il benzene sia il risultato della
sovrapposizione quantistica dei due diversi modi in cui possono ripartirsi i legami singoli e doppi.
In questo modo i tre legami π non appartengono all'una o all'altra coppia di atomi, ma sono da
pensare come delocalizzati in tutto l'esagono del benzene (Figura 1.2):
Figura 1.2: la sovrapposizione quantistica delle due configurazioni possibili per i legami doppi dà origine ad un legame
delocalizzato su tutta la molecola.
Una descrizione così accurata del benzene è utile in quanto a partire da esso si può immaginare e
capire com'è fatto il grafene: esso è formato da nient'altro che una miriade degli stessi esagoni del
benzene tutti collegati l'uno all'altro. Così ogni carbonio al vertice di uno degli esagoni costituenti il
grafene, oltre che agli altri due atomi di carbonio ai vertici dello stesso esagono, non è collegato,
come nel caso del benzene, ad atomi di idrogeno, ma ad altri atomi di carbonio, che saranno a loro
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volta ai vertici di altri esagoni. Da tutto ciò se ne deduce essenzialmente come il grafene sia un
reticolo esagonale, una parte del quale è riportato in figura a pagina seguente (Figura 1.3):
Figura 1.3: parte del reticolo esagonale che complessivamente costituisce il grafene. In ciascun vertice di ogni esagono c'è un
atomo di carbonio.
come e se tale reticolo sia riconducibile ad uno di Bravais verrà discusso successivamente.
Così come il benzene ed il grafene, anche la grafite è formata grazie ad un ibridizzazione di tipo sp2.
Poiché il grafene ha una struttura piana e reticolare esso è visibile come un "foglio"; la grafite è
nient'altro che l'impilamento di tantissimi fogli di grafene tenuti insieme dalle interazioni di van der
Waals , che, com'è noto, sono molto più deboli dei legami di tipo covalente. Ciò spiega le proprietà
fisiche della grafite: quando si scrive con un pezzo di grafite, e quindi utilizzando una matita, questa
viene strofinata su una superficie abbastanza ruvida, come un foglio di carta, la quale fa sì che i
legami che tengono insieme i vari fogli di grafene si rompono e così questi ultimi si depositano
sulla superficie. Questo è possibile a causa del fatto che le interazioni di van der Waals sono deboli:
se così non fosse l'attrito esercitato non sarebbe sufficiente a separare i vari fogli di grafene.
Può esser curioso notare che, sebbene il grafene sia il costituente della grafite, è stato possibile
effettuare misure sperimentali dirette su di esso solo a partire dal 2005, mentre la grafite risulta il
più antico composto del carbonio mai scoperto: il primo ritrovamento risale al 16° secolo in una
miniera dell'Inghilterra e subito il suo possibile utilizzo per scrivere e marcare venne evidenziato e
sfruttato. Il nome "grafite" deriva in effetti dal verbo greco "graphein" che significa "disegnare" o
appunto "scrivere". Che la grafite sia fatta da atomi di carbonio fu però scoperto molto più tardi,
precisamente a metà del XVIII secolo. La grafite può presentarsi in diverse forme che riportiamo
qui sotto in figura (Figura 1.4):
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Figura 1.4: varie forme in cui la grafite può presentarsi.
la (a) è semplicemente un frammento di grafite naturale che viene estratta per esempio nelle
miniere;
la (b) mostra la struttura della grafite, vista come una serie di fogli di grafene tenuti insieme da
legami di van der Waals;
la (c) mostra un'altra delle possibili forme assunte dalla grafite, la così detta forma 0D, precisamente
nella foto si vede una molecola di C60 che consiste in un foglio di grafene in cui alcuni esagoni sono
stati sostituiti da pentagoni e questo fatto crea un collasso della struttura a foglio che diviene una
sfera;
la (d) e la (e) infine rappresentano la così detta forma 1D della grafite, che è un tubo costituito
essenzialmente da fogli di grafene arrotolati.
Può essere importante e curioso, per concludere questa carrellata sul carbonio e sulla struttura dei
suoi composti e per sottolineare la differenza con la grafite, considerare brevemente anche il
diamante, e quindi l'ibridizzazione sp3. Essa si ottiene quando l'unico orbitale 2s viene sovrapposto
con tutti gli altri tre orbitali 2p, in questo modo si formano quattro orbitali che hanno angoli mutui
di 109,5° e sono nel complesso disposti come un tetraedro. Un esempio di molecola che si forma
con questa ibridizzazione è il metano CH4, in cui i quattro orbitali vengono utilizzati per legare
covalentemente quattro atomi di idrogeno.
Un esempio più significativo è il diamante: il carbonio liquido condensa nel diamante quando è
sottoposto ad alta pressione e quest'ultimo è costituito da due reticoli cubici a facce centrate (fcc)
sovrapposti l'uno all'altro, come riportato nella figura seguente (Figura 1.5):
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Figura 1.5: la struttura reticolare del diamante, formato da due reticoli FCC sovrapposti.
il fatto più significativo è che, sebbene grafite e diamante siano materiali solidi e formati da un
unico elemento, il carbonio, le loro proprietà fisiche sono agli antipodi in quanto la grafite, come
già detto, è un materiale molto soffice e debolmente legato dalle forze di van der Waals, mentre il
diamante è un materiale estremamente duro a causa del fatto che è costituito da tutti legami
covalenti di tipo σ, dunque molto forti. Per il fatto che tutti gli elettroni del diamante formano
legami σ, tale materiale è un isolante perché gli elettroni sono fortemente legati e dunque
impossibilitati a muoversi e condurre, invece la grafite, grazie agli elettroni π legati debolmente
presenta proprietà di conduzione.
Capitolo 1.2 - Struttura cristallina del grafene:
Nello studio di un materiale e delle sue proprietà, fornisce un grande vantaggio il fatto che esso sia
cristallino piuttosto che amorfo perché in questo caso abbiamo molti più strumenti che è possibile
utilizzare, come il teorema di Bloch, in quanto la struttura del materiale è periodica e quindi
simmetrica rispetto a delle traslazioni discrete. Come abbiamo già anticipato nella sezione
precedente, il grafene forma un reticolo di tipo esagonale. Questo non è un reticolo di Bravais
perché viola la richiesta di essere esattamente uguale da qualunque punto del reticolo lo si osservi,
che invece è condizione necessaria e sufficiente per avere un reticolo di Bravais. Prendendo come
riferimento la figura sottostante (Figura 1.6):
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Figura 1.6: reticolo esagonale che compone il grafene. Esso è pensabile come due reticoli triangolari sovrapposti: il reticolo A
composto dai punti neri ed il reticolo B composto dai punti bianchi. La distanza tra primi vicini del reticolo esagonale, cioè tra un
punto nero ed un punto che siano adiacenti, è pari ad "a" e vale a = 0.142 nm
si può vedere facilmente, considerando i punti A e B ad esempio, che il punto A ha i primi vicini
(locuzione che a volte nella trattazione sarà abbreviata "nn" dall'inglese "nearest neighbours") nelle
direzioni nordest, nordovest e sud, mentre il punto B ha nn nelle direzioni sudest, sudovest e nord.
Pertanto questo reticolo non è sicuramente un reticolo di Bravais. Però è possibile vederlo come due
reticoli triangolari sovrapposti: sempre prendendo come punto di riferimento la figura i punti neri
compongono il primo reticolo triangolare di Bravais ed i punti bianchi il secondo. In alternativa a
ciò è possibile pensare al reticolo esagonale come ad un unico reticolo triangolare con una base di
due vettori che tenga conto del fatto che ci sono due atomi all'interno della cella unitaria del reticolo
D'ora in poi chiameremo i due reticoli triangolari sovrapposti con le lettere A, che sarà il reticolo
con i punti colorati di nero, e B che sarà quello con i punti colorati di bianco.
Con questa notazione, i vettori primitivi di base del reticolo B sono a1 ed a2 ed hanno le seguenti
espressioni:
invece i vettori che connettono un sito del reticolo A con i primi vicini del reticolo B sono δ1, δ2 e
δ3, aventi espressione:
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Da questi dati si vede subito che, essendo la cella unitaria un triangolo equilatero, essa ha un'area
pari a:
dove si è posto:
considerando ora che per ogni atomo di carbonio c'è solo un elettrone non coinvolto in legami di
tipo σ che forma quindi un legame di tipo π e che questi soli elettroni, poiché legati più debolmente
degli altri, sono elettroni di valenza, ne segue che ci sono tanti elettroni di valenza quanti atomi di
carbonio; quindi la loro densità è:
che però non è equivalente alla densità dei portatori di carica del grafene, misurabile
sperimentalmente.
Il reticolo reciproco, definito rispetto al reticolo triangolare di Bravais è rappresentato nella figura
seguente (Figura 1.7):
Figura 1.7: porzione di reticolo reciproco del grafene. La parte più scura, assieme ad i suoi bordi in grassetto, costituisce la prima
zona di Brillouin. I punti K e K' sono i punti di Dirac.
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esso ha per base l'insieme di vettori:
Come sappiamo da definizione e proprietà del reticolo reciproco e come si può verificare facilmente
dai calcoli, tra i vettori primitivi del reticolo di Bravais ed i vettori di base del reticolo reciproco
sussiste la relazione:
La zona più scura della figura rappresenta la prima zona di Brillouin, che è la cella unitaria del
reticolo reciproco; di essa fanno parte anche i bordi marcati in grassetto. In particolare è importante
distinguere due dei sei vertici della zona di Brillouin, precisamente il vertice ovest, indicato con K'
ed il vertice est, indicato con K, questi due distano dal centro:
Non ci preoccupiamo di considerare gli altri vertici poiché si può giungere a questi partendo dal
vertice K o dal vertice K' mediante una traslazione di un vettore di reticolo reciproco, pertanto tutti
gli altri vertici risultano punti equivalenti a K o K'. Come vedremo in dettaglio nel capitolo
successivo, i punti K e K' sono molto importanti e si riveleranno essere proprio i punti di Dirac: è in
questi punti che le eccitazioni a bassa energia degli elettroni nel grafene hanno centro. Pertanto essi
giocano un ruolo essenziale nello studio delle proprietà degli elettroni nel grafene.
Capitolo 1.3 - Fabbricazione del grafene:
In questa sezione descriviamo brevemente le due tecniche principali utilizzate per la produzione del
grafene, che danno origine al grafene esfoliato ed al grafene epitassiale. I due materiali in questione,
nonostante siano entrambi lo stesso composto, hanno proprietà fisiche simili ma non totalmente
identiche, quindi è importante descrivere separatamente i due sistemi e, nel riportare una misura,
indicare chiaramente su quale o con quale tipo di grafene è stata effettuata. Una comparazione
sistematica dei due tipi di grafene è ancora oggi oggetto di ricerca ed in ogni caso esula dagli scopi
di questa trattazione.
Capitolo 1.3.1 - Grafene esfoliato:
La tecnica meccanica dell'esfoliazione, elaborata principalmente dal gruppo di Manchester, consiste
nell'applicazione di una forza altamente orientata alla superficie di cristalli di grafite per staccare e
dispiegarne gli strati cristallini fino ad ottenere un singolo strato, che sarà quindi un foglio di
grafene. Il principio che sta alla base di questa tecnica è praticamente uguale a quello che ci
permette di scrivere usando la matita con la punta di grafite ed in effetti, quando scriviamo, per la
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maggior parte le linee che compongono il testo sono composte da decine o centinaia di fogli di
grafene, ma alcuni tratti consistono in un singolo foglio. In particolare il metodo del gruppo di
Manchester è universalmente noto con il nome di "scotch-tape" perché usa del semplice nastro
adesivo per esfoliare la grafite. La tecnica consiste nel porre la superficie di un cristallo di grafite
sul nastro adesivo, quindi staccare il nastro e pelare così alcuni strati di materiale. Questo
procedimento viene ripetuto ed ogni volta i fiocchi deposti si dividono in strati sempre più sottili.
Alla fine del processo i sottili strati rimasti trasferiti in maniera semplice su un substrato isolante, di
solito SiO2, e quando il nastro adesivo viene tolto il materiale prodotto rimane incollato al substrato.
Il problema principale di questa tecnica consiste nell'identificare poi quali degli strati effettivamente
prodotti è un singolo foglio, e dunque del grafene; per superare tale ostacolo si usano di solito
miscroscopi a forza atomica. E' bene segnalare che la tecnica dell'esfoliazione non si usa solamente
per la produzione di grafene, ma può essere impiegata anche per estrarre singoli fogli di molti altri
cristalli, come per esempio BN, NbSe2, MoS2 ed altri; pertanto essa è molto importante per lo studio
e la fabbricazione di cristalli bidimensionali.
Capitolo 1.3.2 - Grafene epitassiale:
Un metodo alternativo al precedente per la produzione di grafene fu sviluppato dal gruppo di
Atlanta, diretto da Walt de Heer e Claire Berger. Consiste nell'esporre ad alte temperature, circa
1300° per esempio, un cristallo esagonale di SiC in modo che gli atomi di silicio, meno legati,
evaporino dalla superficie. In questo modo gli atomi di carbonio rimanenti costituiscono nel loro
complesso un foglio di grafene, le cui proprietà fisiche dipendono dal cristallo di SiC scelto in
precedenza. Più precisamente si formano vari fogli di grafene impilati l'uno sull'altro, dove il
numero dipende ancora dal cristallo di SiC. Si possono infatti usare cristalli "a silicio terminato" ed
"a carbonio terminato". Usando i primi il processo può essere molto lento e così è possibile
controllare il numero di fogli di grafene prodotti, che solitamente sono due o tre, tuttavia la mobilità
degli elettroni del grafene così ottenuto sarà piuttosto bassa. Si preferisce del grafene avente
caratteristiche opposte quando si ha la necessità di usarlo per misure fisiche relative alla
conducibilità, cioè si vuole che il grafene abbia una mobilità elettronica molto alta. Questo tipo di
grafene può essere prodotto usando un cristallo di SiC "a carbonio terminato", tuttavia il processo di
fabbricazione sarà molto veloce e risulterà pertanto più difficile controllare il numero di fogli di
grafene prodotti, che solitamente sono circa un centinaio o più.
Possiamo vedere un'immagine del processo che porta alla produzione di grafene epitassiale nella
figura a pagina seguente (Figura 1.8):
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Figura 1.8: lo schema di produzione del grafene con la tecnica epitassiale. Si può vedere come le distanze tra i vari fogli di
grafene siano più grandi delle distanze tra gli stessi nella grafite cristallina (pari a 0.34 nm in media).
Da questa si vede anche un fatto molto importante: le distanze tra i vari fogli di grafene prodotti non
sono tutte uguali e non sono nemmeno uguali alla distanza tipica tra fogli di grafene nella grafite
cristallina, pari a 0.34 nm. Infatti la distanza tra il primo foglio e il substrato di SiC è pari a 0.20 nm
(o 0.17 nel caso si usi un cristallo "a carbonio terminato"), mentre quella tra il secondo ed il primo
foglio è di 0.38 nm, le successive altre distanze sono tutte di 0.39 nm. Questa distanza è circa il
20% maggiore di quella tipica nella grafite cristallina, quindi ci si aspetta che nel nostro sistema i
fogli di grafene siano più debolmente legati l'uno all'altro rispetto a quelli che compongono il solido
cristallino. Tutti questi valori numerici delle distanze sono stati confermati da misurazioni a raggi
X.
Inoltre la diffrazione a raggi X ha rilevato un certo grado di disordine rotazionale nell'impilamento
dei fogli di grafene e questo fatto, connesso con l'evidenza della maggior distanza tra i fogli rispetto
al caso cristallino, avvalora l'ipotesi che il grafene ottenuto vada pensato come indipendente l'uno
dall'altro piuttosto che legato in una struttura grafitica. Tuttavia è molto importante sottolineare che
non c'è una distribuzione di carica omogenea tra i diversi fogli, con quelli più vicini al substrato
meno carichi di quelli più lontani.
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Capitolo 2
Relazione di dispersione e analisi delle
eccitazioni a bassa energia nel grafene
Capitolo 2.1 - Tight-binding model:
Come anticipato nell'introduzione, all'interno del capitolo 2 ricaveremo esplicitamente le bande
energetiche degli elettroni π e trascureremo quelli σ poiché le loro bande energetiche sono molto
lontane dal livello di Fermi e solo il primo tipo di elettroni è rilevante per lo studio delle proprietà a
basse energie e della relazione di dispersione. Per svolgere questo calcolo dei livelli energetici
abbiamo bisogno però, per prima cosa, di introdurre il tight-binding model per elettroni in un
reticolo esagonale.
L'idea di base del tight-binding model è quella di costruire una funzione d'onda di prova a partire
dalle funzioni d'onda orbitali Φ(a)(r - Rj) degli atomi costituenti un particolare reticolo di Bravais e
connessi quindi da vettori del tipo Rj = mj a1 + nj a2 dove mj e nj devono essere interi. Abbiamo
considerato una situazione bidimensionale poiché questo è il caso del grafene, ovvero quello di
nostro interesse principale. La funzione d'onda di prova dovrà anche riflettere la simmetria del
reticolo in questione, ovvero dovrà essere invariante per traslazione di un arbitrario vettore del
reticolo Rj.
Per semplicità partiremo considerando il caso di un solo elettrone per cella unitaria e un solo
elettrone per sito reticolare, poi analizzeremo il caso del grafene ove invece ve ne sono due per cella
unitaria. Allora per un arbitrario elettrone, indicato con l avremo l'Hamiltoniana:
dove ovviamente rl = (xl,yl) è la posizione dell'elettrone, m è la sua massa ed N è il numero di siti
reticolari. Ovviamente, data la periodicità del reticolo, il potenziale sarà periodico per traslazione
arbitraria di un vettore del reticolo. L'Hamiltoniana totale è la somma delle Hamiltoniane di tutti gli
elettroni:
avendo supposto che, come prima annunciato, sia presente un solo elettrone per sito.
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L'approccio del tight-binding model è basato ora sull'assunzione che l'elettrone l sia originariamente
legato al particolare ione collocato nel sito reticolare Rl, questo equivale a supporre che sia descritto
con grande accuratezza da uno stato legato dell'Hamiltoniana atomica:
e quindi da nient'altro che la funzione d'onda atomica Φ(a)(r - Rj) citata in precedenza. Il contributo
al potenziale dato da:
, ovvero dagli altri ioni posti nei siti reticolari Rj
con j ≠ l, viene trattato in maniera perturbativa.
Capitolo 2.1.1 - Il teorema di Bloch:
Come abbiamo detto, la funzione d'onda di prova, indipendentemente dalla forma della funzione
atomica su cui è costruita, deve essere rispettare la simmetria per traslazioni discrete del reticolo.
Questo fatto è l'essenza del teorema di Bloch. Una traslazione di un vettore reticolare Ri è descritta
in meccanica quantistica dall'operatore:
dove l'operatore è solitamente chiamato quasimomento o quasi-impulso e deve essere
appropriatamente definito per il cristallo. Poiché l'operatore di cui sopra descrive una simmetria
effettiva del sistema, esso deve commutare con l'Hamiltoniana totale e quindi gli autostati di H sono
necessariamente anche autostati dell'operatore di traslazione discreta e il momento p, autovalore di
, è un buon numero quantico. Dalla relazione:
valida per i vettori della base del reticolo diretto e reciproco, si può intuire che è definito a meno
di un vettore del reticolo reciproco Gj = mj*a1*+ nj*a2* ,dove mj* e nj* sono interi; cioè scegliendo
un momento
invece di ed usandolo nella definizione (2.3) si ottiene un operatore
identico, in quanto non abbiamo fatto altro che moltiplicare per exp(i Gj Rj) = exp(i 2π n) = 1
avendo indicato con n la quantità n = mj*mi + nj*ni , che è intera per definizione. Quanto appena
detto ci consente di limitarci a considerare tutti e soli i momenti contenuti nella prima zona di
Brillouin poiché qualunque altro momento è equivalente ad uno di essi essendo ottenibile da una
traslazione discreta di un vettore di reticolo reciproco. Il momento quando è limitato nella prima
zona di Brillouin è chiamato, come già anticipato, quasi momento.
A questo punto la funzione d'onda di prova:
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costruita a partire dalla funziona d'onda orbitale atomica Φ(a)(r - Rj), soddisfa tutti i requisiti sopra
menzionati, cioè è un autostato dell'operatore di traslazione (2.3). Che la (2.4) sia effettivamente un
autostato dell'operatore si può vedere facilmente:
dove nella prima riga si sfrutta la definizione dell'operatore di traslazione discreta di un vettore
reticolare Ri ed in seguito per svolgere la dimostrazione si è posto Rm = Rj - Ri.
Capitolo 2.1.2 - Il caso di più atomi per cella unitaria:
Tutto quanto abbiamo esposto si basa però sull'ipotesi di un solo atomo per cella unitaria, che non è
il nostro caso. Infatti nel grafene, ovverosia nel reticolo esagonale, ne abbiamo due; questo fa sì che
la descrizione fin qui presentata vada in qualche maniera modificata. Innanzitutto è opportuno
notare che tale reticolo è costituito in realtà da due reticoli triangolari A e B, e una traslazione di un
generico vettore che unisce un sito del reticolo A con un sito del reticolo B non è una simmetria del
sistema. Quindi i diversi sottoreticoli A e B vanno trattati a parte.
Nel caso di due atomi per cella unitaria, è possibile scrivere la funzione di prova in questa maniera:
dove ak e bk sono funzioni complesse del quasi momento k , mentre ψk(A)(r) e ψk(B)(r) sono funzioni
di Bloch molto simili alla (2.4):
18
con j=A/B che specifica a quale dei due sottoreticoli A o B ci si riferisce e δj è il vettore che
connette il sito del reticolo di Bravais con il sito dell'atomo j all'interno della cella unitaria.
Tipicamente si sceglie uno dei due reticoli A o B in modo che i suoi siti coincidano con quelli del
reticolo di Bravais, ma sono possibili anche della altre scelte.
Ora, avendo scritto le funzioni d'onda di prova, il prossimo passo è cercare, con il loro aiuto, le
soluzioni dell'equazione di Schrӧdinger:
che possiamo moltiplicare a destra e sinistra per ψk* e riscrivere in forma matriciale con l'aiuto
delle equazioni (2.5) e (2.6) in questo modo:
dove la matrice Hamiltoniana è data da:
mentre la matrice di sovrapposizione:
tiene conto del fatto che le funzioni d'onda di prova non sono ortogonali. Ora gli autovalori εk
dell'equazione di Schrӧdinger rappresentano le bande energetiche e, in quanto autovalori, sono
ottenibili dall'equazione secolare:
che deve essere soddisfatta da una soluzione non nulla delle funzioni d'onda, cioè. si deve avere ak ≠
0 e bk ≠ 0. Nell'equazione secolare l'indice λ distingue le bande energetiche: è chiaro che ci sono
tante bande energetiche quante sono le soluzioni dell'equazione secolare, cioè nel caso che stiamo
considerando di due atomi per cella unitaria abbiamo due bande energetiche. E' evidente, da quanto
abbiamo detto, che nel caso generale di n atomi per cella unitaria la matrice Hamiltoniana e quella
di sovrapposizione saranno di tipo n x n e si avranno così n bande energetiche. In generale ci sono
dunque tante bande quanti sono gli atomi per cella unitaria. In prima approssimazione, solitamente
si trascurano le correzioni dovute alla sovrapposizione, cioè si assume che le funzioni d'onda siano
19
ortogonali, in questo modo la matrice di sovrapposizione diviene diagonale. Tuttavia in alcuni casi,
ed il grafene è uno di questi, è bene tenere conto, magari a volte anche in seconda battuta, di queste
correzioni che, come vedremo, nel nostro caso producono un contributo che è dello stesso ordine di
grandezza delle correzioni nnn.
Prima di passare al caso specifico del grafene è bene dare una soluzione formale all'equazione
secolare nel caso generale in cui si abbiano n atomi per cella unitaria. Allora, come anticipato, sia la
matrice Hamiltoniana che la matrice di sovrapposizione sono di tipo n x n ed in particolare,
cominciando dalla prima:
dove abbiamo posto δij = δi - δj, per la matrice di sovrapposizione invece:
ed infine abbiamo definito la matrice di hopping:
Si osservi che l'ultima linea dell'equazione per la matrice Hamiltoniana è stata ottenuta ricordando
che le funzioni d'onda atomiche Φ(i)(r) sono autofunzioni dell'Hamiltoniana atomica Ha con
autovalori che corrispondono alle energie atomiche ε(i). Con queste posizioni, l'equazione secolare
diviene:
e se tutti gli atomi dei diversi reticoli hanno la stessa configurazione elettronica, allora ε(i) = ε0 per
ogni i; in questo caso è possibile trascurare questo autovalore in quanto esso si limita a traslare
l'energia di una costante e perciò non è rilevante dal punto di vista fisico.
20
Capitolo 2.2 - Calcolo della relazione di dispersione del grafene:
Ora procediamo con l'applicazione di quanto descritto nel paragrafo precedente al caso di nostro
interesse, ovvero il grafene. Vedremo come il tight-binding model applicato al suo reticolo
esagonale ci fornisca con grande accuratezza le bande energetiche π. Innanzitutto è bene ricordare
che tutti gli elettroni coinvolti si trovano in orbitali pz, poiché sono proprio questi a formare i legami
di tipo π; questo significa che è possibile omettere le energie atomiche ε0.
Successivamente scegliamo come reticolo di Bravais il sottoreticolo triangolare A, in questo modo
ogni vettore che unisce due siti del reticolo A è un vettore reticolare, mentre i siti del reticolo B si
possono ottenere mediante traslazione di un vettore δB = δAB = δ3; quanto appena detto è
schematizzato nella figura sottostante (Figura 2.1):
Figura 2.1: il tight-binding model applicato al reticolo esagonale.
In questo modo si vede facilmente, ricordando anche la trattazione formale svolta nel precedente
capitolo, che l'ampiezza di hopping tra primi vicini è data dall'espressione:
mentre l'hopping tra nnn, cioè quello tra primi vicini dello stesso sottoreticolo, è dato da:
Ovviamente si ricordi che tutte le funzioni d'onda sono normalizzate ad 1; dovremo poi considerare
anche la correzione derivante dalla sovrapposizione tra orbitali degli atomi primi vicini:
21
così con questa trattazione sostanzialmente trascuriamo ogni correzione derivante dalla
sovrapposizione tra orbitali che non sono primi vicini e ogni correzione derivante dall'hopping per
distanze più grandi di quelle che connettono gli nnn.
In riferimento alla figura 2.1, considerando un arbitrario sito A del sottoreticolo A, si vede
facilmente che i termini non diagonali della matrice di hopping (2.11) consistono in tre termini
correlati ai primi vicini B1, B2 e B3, i quali hanno la stessa ampiezza t di hopping; tuttavia solo il sito
B3 è descritto dallo stesso vettore reticolare del sito A, seppur però traslato di δ3. Così questo
produce un contributo nella matrice di hopping pari ad una fase con esponente nullo, cioè pari ad 1.
Invece i siti B1 e B2 corrispondono a vettori reticolari traslati rispettivamente di a1 e a3 = a2 - a1, così
questi contribuiscono nella matrice di hopping con due fattori di fase che sono exp(ik a1) e exp(ik
a3). Così per gli elementi non diagonali della matrice di hopping si può scrivere che:
dove l'elemento di matrice tkAB corrisponde all'hopping da un sito del reticolo B ad uno del reticolo
A e dove abbiamo definito la somma di tutti i fattori di fase dei primi vicini:
Per quanto riguarda invece la matrice di sovrapposizione, basta ricordare che per gli elementi s kAA e
skBB si ha che skAA = skBB = 1 a causa della normalizzazione delle funzioni d'onda atomiche; mentre
per gli altri elementi:
.
Gli hopping nnn costituiscono invece i termini diagonali della matrice di hopping:
in questo modo si ottiene l'equazione secolare:
22
con le due soluzioni, distinte dal segno di λ:
Questa espressione costituisce già una relazione di dispersione energetica, in quanto esprime gli
autovalori dell'energia in funzione di k, ma può essere ulteriormente manipolata e posta in una
forma che ne semplifica lo studio. Infatti questa espressione può essere espansa sotto le ragionevoli
assunzioni s << 1 e tnnn << 1, che successivamente giustificheremo, in questo modo:
dove abbiamo definito l'effettiva ampiezza di hopping nnn come:
ed abbiamo omesso la costante -3tnnn che non è rilevante da un punto di vista fisico.
Dall'espressione precedente si nota facilmente che l'effetto delle correzioni di sovrapposizione è
semplicemente quello di produrre una nuova normalizzazione dell'ampiezza di hopping nnn.
L'ampiezza di hopping nnn può essere determinata attraverso un fit tra la relazione di dispersione
(2.12) ottenuta con l'approssimazione derivante dal tight-binding model e quella calcolata
numericamente con metodi numerici sofisticati. Così si trova un valore di t ≈ -3 eV per le ampiezze
di hopping di tipo nn, mentre per le nnn si trova t'nnn ≈ 0.1 t; questi valori giustificano pienamente
l'espansione in serie utilizzata. D'ora in avanti, per non appesantire la trattazione, smetteremo di
distinguere tra ampiezza effettiva e ampiezza di hopping nnn, differenza che tra l'altro non si riesce
ad apprezzare nei calcoli numerici; tuttavia è sempre bene tenere a mente che una tale differenza
esiste ed è dovuta al contributo delle correzioni di sovrapposizione.
Per prima cosa riportiamo nella figura successiva (Figura 2.22) la relazione di dispersione
dell'energia, ottenuta supponendo che tnnn = 0.1 t:
23
Figura 2.2: Relazione di dispersione ottenuta con l'approssimazione tight-binding supponendo tnnn = 0.1 t. Si distinguono la
banda di conduzione π e la banda di valenza π*; il livello di Fermi corrisponde alla retta che unisce i due punti in cui esse si
toccano. L'energia è misurata in unità di t e i vettori d'onda in unità di 1/a.
essa è formata da due bande, distinte dal segno di λ, ognuna delle quale contiene lo stesso numero
di stati. Poiché ogni atomo di carbonio fornisce un unico elettrone π ed ogni elettrone può trovarsi o
in uno stato di spin up o in uno stato di spin down, la banda energetica più bassa con λ = - , che
successivamente denoteremo come "banda di valenza" o "banda π" è completamente piena, mentre
quella con λ = +, che successivamente denoteremo come "banda di conduzione" o "banda π*" è
completamente vuota. Da queste considerazioni se ne deduce immediatamente che il livello di
Fermi è situato nei punti in cui la banda π tocca la banda π*. E' rilevante notare che se fosse tnnn = 0,
allora la relazione di dispersione sarebbe simmetrica; questo significa che l'hopping nnn e le
correzioni derivanti dalle sovrapposizioni nn rompono tale simmetria. I punti in cui la banda π e
quella π* si toccano sono detti punti di Dirac e si trovano risolvendo l'equazione:
perché in tali punti si ha proprio che l'energia è nulla. Questa equazione è soddisfatta quando γkD =0,
cioè quando valgono contemporaneamente:
e:
24
,
la seconda equazione è soddisfatta ad esempio dalla scelta kyD = 0, ed allora la prima, quella riferita
alla parte reale, diviene:
Ricordando quanto abbiamo detto in merito al reticolo esagonale nel capitolo 1.2, si ha che esistono
due punti di Dirac D e D' che non sono equivalenti, cioè non sono ottenibili l'uno a partire dall'altro
mediante una traslazione di uno o più vettori di Bravais, che coincidono con i punti K e K'; si ha
quindi:
Nonostante siano situati nelle stesse posizioni nella prima zona di Brillouin, è utile mettere in risalto
la grande differenza concettuale tra i punti di Dirac, definiti come i punti in cui le due bande π e π*
si toccano l'una con l'altra, ed i punti puramente cristallografici K e K', che altro non sono che i
vertici della prima zona di Brillouin. Da questa distinzione risulta evidentemente chiaro come ci
possano essere, ed in effetti ci sono, delle situazioni in cui i punti di Dirac non coincidono con i
punti K e K', per esempio quando le ampiezze degli hopping nn non sono più uguali nelle tre
direzioni δ1, δ2, δ3. Tuttavia noi considereremo sempre il caso naturale per il grafene, ovvero quello
in cui i punti di Dirac sono situati esattamente ai vertici della prima zona di Brillouin, perciò per
essi useremo abitualmente le notazioni K e K'.
E' bene notare che a causa della simmetria εk = ε-k i punti di Dirac sono necessariamente in numero
pari poiché se kD è una soluzione di εk = 0, allo stesso modo lo è -kD. Nel grafene c'è solo una
coppia di punti di Dirac e così gli stati di energia zero sono doppiamente degeneri; questa
degenerazione sopravvive anche quando si considerano eccitazioni elettroniche a bassa energia che
sono limitate nella vicinanza dei punti di Dirac, come vedremo nel capitolo 2.3.
Prima di procedere alla considerazione delle eccitazioni a bassa energia, è utile definire una
Hamiltoniana di tight-binding efficace in questo modo:
25
dove il primo termine è ovviamente moltiplicato per la matrice identità 2 x 2.
Questa Hamiltoniana risolve efficacemente il problema della non ortogonalità delle funzioni d'onda
grazie ad una semplice rinormalizzazione delle ampiezze di hopping nnn, come abbiamo visto poco
sopra.
Gli autostati di questa Hamiltoniana efficace sono gli spinori:
le cui componenti sono le ampiezze di probabilità delle funzioni di Bloch (2.5) riferite ad i due
diversi sottoreticoli A e B. Essi possono essere determinati considerando l'equazione agli
autovalori:
che non tiene conto delle correzioni di hopping di tipo nnn; d'altra parte gli autostati così ottenuti lo
sono anche dell'Hamiltoniana completa con tnnn ≠ 0 perché il termine di tipo nnn è proporzionale
alla matrice identità. Risolvendo l'equazione agli autovalori si trova:
e quindi gli autostati sono:
avendo definito l'angolo:
Come si poteva prevedere dall'inizio, lo spinore rappresenta un uguale probabilità di trovare un
elettrone nello stato ψkλ sui sottoreticoli A e B, questo è dovuto al fatto che entrambi i sottoreticoli
sono costituiti da atomi di carbonio ed hanno la stessa energia atomica; sono cioè essenzialmente
identici.
26
Capitolo 2.3 - Le eccitazioni a bassa energia nel grafene:
Per descrivere le eccitazioni a bassa energia, cioè le eccitazioni elettroniche ad un energia che è
molto più bassa dell'ampiezza della banda, è possibile limitarsi ad esaminare le eccitazioni in
corrispondenza del livello di Fermi. Questo significa limitare le eccitazioni agli stati quantici in
vicinanza dei punti di Dirac, in questo modo è possibile espandere la relazione di dispersione
dell'energia attorno ai punti ±K. Considereremo quindi vettori d'onda del tipo k = ± K+ q , dove si
ha |q| << |K| ≈ 1/a; da qui si può vedere immediatamente che il parametro piccolo che governerà
l'espansione è |q|a << 1.
E' evidente dalla forma della relazione di dispersione (2.12) e dall'Hamiltoniana efficace che l'entità
di base da espandere sarà la somma sui fattori di fase γk, e dobbiamo distinguere la somma nel
punto K da quella nel punto K'. Otteniamo:
dalla definizione dei punti di Dirac e dalla loro posizione ai vertici della prima zona di Brillouin,
abbiamo γq±(0) = γ±k = 0, ed abbiamo espanso in serie fino al secondo ordine in |q|a. Esamineremo
pertanto cosa succede al primo ordine in |q|a ed al secondo ordine in |q|a.
Capitolo 2.3.1 - Analisi al primo ordine in |q|a:
Il termine di primo ordine è dato da:
che è stato ottenuto ricordando le semplici equivalenze sin (±2π/3) =
e cos (±2π/3) = -1/2.
Questo conduce all'Hamiltoniana efficace a basse energie:
27
dove abbiamo definito la "velocità di Fermi" in questo modo:
abbiamo usato le note matrici di Pauli:
ed abbiamo introdotto il "valley isospin" ξ = ± , dove ξ = + denota il punto di Dirac K, mentre ξ = denota il punto di Dirac K'.
Con l'approssimazione al primo ordine,nell'Hamiltoniana non c'è traccia delle correzioni dovute
all'hopping nnn perchè esse sono proporzionali a |γk|2, perciò compariranno solo successivamente
quando considereremo il secondo ordine.
Quindi la relazione di dispersione (2.12) con queste approssimazioni diviene:
ed è indipendente dal valley isospin ξ. D'altronde abbiamo già detto in precedenza che è presente
una degenerazione di ordine due e che questa sarebbe sopravvissuta nelle vicinanze dei punti di
Dirac anche considerando le eccitazioni alle basse energie: questa degenerazione corrisponde
proprio a quella data dal valley isospin. Dalla (2.14) si vede anche come il limite |q|a << 1 coincida
con il limite |ε| << |t| perché:
A questo punto è conveniente invertire le componenti dello spinore nel punti K', cioè per ξ = - ; in
questo modo i due spinori sono:
e con essi, l'Hamiltoniana effettiva a basse energie è così scrivibile:
dove abbiamo introdotto la matrice 4 x 4:
28
e quindi quella che useremo d'ora in poi è una rappresentazione tramite quadrispinori:
nella quale le prime due componenti rappresentano le componenti al punto K e le ultime due quelle
al punto K'. E' ora bene far chiarezza tra i due diversi tipi di isospin rappresentati da due matrici di
Pauli indicate con lettere diverse:
 l'isospin reticolare è rappresentato dalle matrici di Pauli σj e per esso "spin up" corrisponde
alla componente su uno dei due reticoli e "spin down" a quella sull'altro;
 il valley isospin, invece, è descritto da un secondo set di matrici di Pauli τj , le cui
componenti z compaiono nell'Hamiltoniana (2.15), è collegato alla degenerazione di ordine
due ed è solo indirettamente connesso alla presenza di due sottoreticoli.
Gli autostati dell'Hamiltoniana (2.15) sono dati dai quadrispinori:
dove abbiamo introdotto:
A questo punto è necessario ed interessante calcolare la densità degli stati elettronica ρ(ε), che conta
il numero di stati quantici nelle vicinanze di un'energia fissata ε. Essa può essere ottenuta a partire
dal numero totale di stati disponibili ad energia ε:
29
dove abbiamo considerato la banda π*. Ora, derivando rispetto all'energia si ottiene la densità degli
stati:
dove A è la superficie totale, la cui presenza non stupisce affatto perché, per la definizione che
abbiamo dato di densità degli stati, essa è sempre riferita all'unità di superficie se siamo in 2D o
all'unità di volume se siamo in 3D.
Il fattore g considera la degenerazione totale presente, nel caso del grafene è g = 4 per la presenza
della degenerazione di ordine 2 dell'energia vista in precedenza ed a cui è collegato il valley isospin,
e per la degenerazione di ordine 2 dovuta allo spin elettronico.
In generale il calcolo della densità degli stati può essere complicato per il fatto che si deve calcolare
un integrale doppio su di un vettore d'onda che è funzione dell'energia; ciò significa che dobbiamo
in sostanza ricavare k invertendo la relazione di dispersione. Tuttavia, se limitiamo il calcolo in un
intorno dei punti di Dirac, esso è reso semplice dall'isotropia della relazione di dispersione (2.14).
Infatti in questo caso il membro di destra della (2.16) può essere identificato con:
e così la densità degli stati diventa:
A questo punto basta invertire la relazione di dispersione (2.14) per ricavare q(ε) e sostituirlo nella
densità degli stati; in questo modo si ottiene per la branca positiva π*:
e svolgendo un analogo calcolo per la branca π, cioè per le energie negative, si osserva che il
risultato non cambia. Perciò possiamo scrivere che, per ogni energia ε positiva o negativa che sia:
.
30
Da questo risultato si vede chiaramente che la densità degli stati è lineare rispetto ad ε nelle
vicinanze dei punti di Dirac e si annulla in questi. Questa è una conseguenza diretta della linearità
della relazione di dispersione nella vicinanza dei punti di Dirac. Quella che si ha nel grafene è una
situazione particolare che di solito non si riscontra nei metalli 2D, i cui elettroni presentano
solitamente una relazione di dispersione del tipo:
e da questa si ottiene una densità degli stati costante e pari a:
.
La densità degli stati totale, senza l'approssimazione di vicinanza ai punti di Dirac da noi utilizzata
ed in assenza delle correzioni di hopping nnn, è stata calcolata da Hobson e Nierenberger nel 1953,
essa è mostrata in maniera approssimata nella figura seguente (Figura 2.3):
Figura 2.3: Densità degli stati per elettroni nel grafene in assenza di hopping nnn. Le linee tratteggiate indicano la densità degli
stati lineare da noi ottenuta. Si osservano due evidenti divergenze a ±t, che sono chiamate "singolarità di van-Hove".
In accordo con il risultato dal noi trovato, la densità totale tende effettivamente a 0 nei punti di
Dirac e procede linearmente nelle loro vicinanze. Le due divergenze a ±t sono chiamate "singolarità
di van-Hove" e sono dovute ai punti di sella che la relazione di dispersione presenta ai bordi della
prima zona di Brillouin. Questa divergenza può essere capita qualitativamente dal nostro calcolo per
la densità degli stati: la derivata della relazione di dispersione si trova a denominatore in tale calcolo
e quindi causa una divergenza ogni volta che essa diviene nulla, come per esempio in un punto di
sella o di massimo o di minimo della relazione di dispersione.
31
Capitolo 2.3.2 - Analisi al secondo ordine in |q|a:
Sebbene la maggior parte delle proprietà del grafene emerga già dal modello appena sviluppato in
cui si considera l'espansione al primo ordine della relazione di dispersione, è utile ed istruttivo
vedere cosa succede quando si considerano anche i termini di grado secondo. Questi termini
includono la correzione di hopping nnn e i contributi diagonali del secondo ordine ottenuti
dall'espansione di γk. Proprio questi ultimi daranno origine alla così detta "curvatura trigonale", che
consiste in un'anisotropia della relazione di dispersione vicino ai punti di Dirac. Il termine diagonale
di secondo ordine che deriva dall'hopping nnn si ottiene facilmente a partire dall'espressione già
ricavata:
e risulta essere:
invece i termini non diagonali sono più difficili da ricavare perché è necessario calcolare i moduli
dei γqξ ; questi ultimi risultano:
Per la parte reale si trova che:
e quindi sostituendo nella relazione sopra si ottiene l'espressione troncata al secondo grado:
avendo usato le parametrizzazioni qx = |q| cos φq e qy = |q| sin φq. Così otteniamo la relazione di
dispersione espansa fino al secondo ordine in |q|a:
32
Come già detto nel capitolo 2.2 e come si può vedere dall'ultima espressione per la relazione di
dispersione, l'effetto delle correzioni nnn è quello di rompere la simmetria ελq,ξ = - ε-λq,ξ ; tuttavia
questo termine è solo una correzione piuttosto piccola, precisamente di ordine |q|atnnn/t,
all'Hamiltoniana efficace di primo ordine (2.15). Invece l'espansione al secondo ordine della somma
dei fattori di fase γq, cioè l'ultimo termine della (2.17) produce una correzione molto più rilevante,
di ordine |q|a >> |q|atnnn/t, dipendente esplicitamente dal valley isospin ξ e che rende la relazione di
dispersione anisotropa in q attorno ai punti di Dirac K e K'. Il fatto che il periodo sia triplicato,
come si vede dall'argomento del coseno della (2.17), è una conseguenza della simmetria del reticolo
ed è chiamata comunemente "curvatura trigonale", come detto in precedenza. La curvatura trigonale
della relazione di dispersione è visualizzata nella figura a pagina seguente (Figura 2.4):
Figura 2.4: (a) plot della relazione di dispersione completa. I contorni rappresentano le zone in cui l'energia si mantiene costante;
(b) comparazione delle zone ad energia costante ottenute dalla relazione di dispersione completa (linee nere) e da quella
ottenuta al secondo ordine in questa trattazione (linee grigie).
dove i contorni rappresentano le linee in cui l'energia è costante. I contorni chiusi attorno ai punti K
e K' di Dirac sono separati dalle linee che rappresentano le alte energie attorno al punto Γ dalle linee
tratteggiate; i punti in cui queste ultime si incontrano corrispondono ai punti di sella della relazione
di dispersione, che, come abbiamo detto precedentemente, sono all'origine delle singolarità di vanHove nella densità degli stati. Nella figura 2.4 (b) compariamo i risultati della relazione di
dispersione totale ai risultati ottenuti con quella calcolata fino al secondo ordine (2.17) da noi
ricavata. Come si può vedere i contorni sono indistinguibili fino a energie di ε = t/3 ≈ 1 eV, mentre i
risultati del calcolo approssimato sono più che accettabili fino ad energie dell'ordine di 2 eV. Se si
considera che oggi, al grafene esfoliato, si possono fornire energie fino a circa 100 meV, si può
intuire l'utilità e la portata della relazione da noi ricavata, seppur non esatta e limitata al secondo
ordine.
33
Capitolo 2.4 - Elettroni come particelle prive di massa:
Come abbiamo anticipato nell'introduzione, gli elettroni all'interno del grafene sono visibili come
fermioni relativistici privi di massa. Questo è dovuto al fatto che l'Hamiltoniana a bassa energia
(2.13):
ha una forma corrispondente a quella che si ricava dall'equazione di Dirac che descrive particelle
relativistiche e con massa nulla. In questa sezione mostreremo essenzialmente questo fatto.
Innanzitutto introduciamo brevemente l'equazione di Dirac. E' noto che l'equazione di Schrӧdinger:
descrive correttamente i fenomeni quantistici solo se le particelle coinvolte procedono a velocità
basse rispetto a quella della luce, essendo essa basata sulla fisica non relativistica. Infatti un metodo
per derivarla consiste nel partire dall'Hamiltoniana non relativistica:
e sostituire energia e momento con gli operatori:
ed in questo modo si ottiene appunto l'equazione di Schrӧdinger. Si può pensare allora di procedere
in maniera simile per ricavare un'equazione che valga anche nel caso relativistico. Poiché in
relatività la relazione di dispersione dell'energia è data da:
un primo tentativo per ricavare un'equazione relativistica potrebbe essere quello di quadrare la
relazione di cui sopra ed usare le sostituzioni operatoriali prima viste. In questo modo si ottiene
l'equazione di Klein-Gordon:
34
la quale ha però la caratteristica di presentare più problemi di quanti ne riesca a risolvere. Infatti:
 essa possiede soluzioni ad energia negativa, che non sono accettabili in meccanica
quantistica;
 conduce ad una definizione di densità di probabilità che non è più necessariamente positiva
come nel caso non relativistico, questo potrebbe in linea di principio condurre ad una
probabilità negativa che non è fisicamente accettabile.
Per risolvere questi due problemi, Dirac propose un'altra equazione relativistica per la funzione
d'onda. Per l'esattezza essa risolve da sola solamente il secondo dei due problemi, mentre per la
soluzione del primo è necessario introdurre il concetto di "antiparticella", ma ciò esula dagli scopi
di questo trattato e quindi non ne parleremo. Per eliminare l'eventualità di densità di probabilità
negative, Dirac intuì che bisogna produrre un'equazione che sia lineare nell'energia, cioè contenga
derivate temporali solo di primo ordine. Per ragioni dimensionali, l'unica possibile forma di tale
equazione è:
dove β e α sono oggetti adimensionali le cui proprietà matematiche sono fissate dalla richiesta che il
quadrato dell'equazione di Dirac da noi ottenuta deve soddisfare la relazione di dispersione:
Analizzando le proprietà che devono avere β e α, si vede che nel caso del grafene, in cui le
dimensioni spaziali sono 2, una possibilità per β e α sono le tre matrici di Pauli:
con le identificazioni:
,
in questo modo si ottiene l'Hamiltoniana bidimensionale di Dirac:
.
Identificando ora c con la velocità di Fermi si vede immediatamente che ponendo m = 0, si ottiene
un'Hamiltoniana che ha esattamente la stessa forma della (2.13) che descrive le eccitazioni a bassa
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energia nel grafene nel punto di Dirac K'. Facilmente, cambiando i segni di β e α si può trovare
anche l'Hamiltoniana che descrive le eccitazioni nel punto K.
Quindi effettivamente, come abbiamo detto in precedenza, gli elettroni nel grafene sono visibili
come fermioni relativistici privi di massa.
36