Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
INTRODUZIONE
Lo studio degli enti geometrici e delle leggi che regolano i fenomeni naturali si
traducono analiticamente nello studio di determinate funzioni. L’esaminare il modo
di comportarsi di tali funzioni, il metterne in rilievo le proprietà essenziali,
l’esprimere numericamente certi elementi ad esse connessi, richiedono metodi che la
matematica elementare non pone a nostra disposizione. Questi metodi e questi
strumenti sono dati, invece, dal calcolo infinitesimale. Le concezioni infinitesimali, le
cui lontane origini possono farsi risalire alla scuola eleatica, trovano il loro
fondamento, da un lato, nella continuità delle grandezze geometriche e nel principio
della loro indefinita divisibilità, e, dall’altro, nella legge di continuità (che, nel
pensiero di Leibniz, regola tutta la natura) secondo cui le cose naturali variano per
gradi insensibili, che sfuggono a qualunque misura. Tali concezioni assumono forma
di dottrina nel calcolo differenziale e nel calcolo integrale, che insieme costituiscono
il calcolo infinitesimale. Nel primo di essi, si apprestano i mezzi analitici necessari
per fissare le condizioni locali delle funzioni, vale a dire, per fissare il
comportamento di una determinata curva o superficie nelle vicinanze di un dato
punto, oppure il comportamento di un determinato fenomeno in prossimità di un dato
istante. Il calcolo differenziale si presta ottimamente come strumento per lo studio di
circuiti elettrici ad elementi discreti nei quali si manifestano fenomeni transitori.
CIRCUITI IN CORRENTE CONTINUA
CIRCUITI RC
Si definisce circuito RC un circuito nel quale sono collegati in serie, ad una
sorgente di f.e.m., una resistenza R ed un condensatore di capacità C. In un siffatto
circuito la corrente non è costante nel tempo in quanto, considerando trascurabile la
resistenza interna del generatore, la differenza di potenziale  ai suoi capi risulta in
parte applicata alla resistenza ed in parte al condensatore. In ogni caso se indichiamo
1
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
con VR la tensione ai capi della resistenza e con VC quella ai capi del condensatore,
dovrà essere in ogni istante:
 VR + VC
Per fornire un esempio pratico di sistema RC si pensi al funzionamento di un
flash per macchine fotografiche. In esso un generatore (normali batterie) carica,
attraverso una resistenza, un condensatore. Quando il condensatore è carico, il flash è
pronto per l’uso. Nel momento in cui è scattata la fotografia, il condensatore viene
fatto scaricare rapidamente sulla resistenza della lampadina, che attraversata dalla
carica posta sulle armature del condensatore immediatamente si riscalda divenendo
sorgente di radiazione luminosa.
Fase di carica
Si supponga il condensatore inizialmente scarico. Nell’istante in cui
l’interruttore viene chiuso (T=0) la carica q sulle armature del condensatore è nulla e
quindi sarà anche:
V
C

Q
0
C
In questa condizione l’intera f.e.m.
 fornita dal generatore è applicata ai capi della
resistenza R per cui nell’istante iniziale questa è attraversata da una corrente
massima:
I
max

VR 

R R
(per t = 0)
A seguito del passaggio della corrente il condensatore comincia a caricarsi per
cui la tensione VC tra le armature aumenta progressivamente facendo così diminuire
la tensione VR ai capi della resistenza. La diminuzione di VR provoca una
diminuzione della corrente che si annullerà quando il condensatore sarà
completamente carico. Raggiunta questa condizione sulle armature del condensatore
sarà disposta una carica:
Qmax = C · VC = C · 
2
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
In un circuito RC dunque, nella fase di carica, la corrente i, e le tensioni V C e
VR, sono variabili nel tempo e precisamente:
VR  0
VC  
i 0
Vediamo di tradurre quantitativamente le precedenti considerazioni applicando
il secondo principio di Kirchhoff alla maglia rappresentata in un generico istante t:
  VR  VC  i  R 
q
C
(1)
Se a partire da questo istante dell’intervallo di tempo dt fluisce sulle armature
la successiva quantità di carica dq, nel circuito si ha una corrente la cui intensità
istantanea è:
i
dq
dt
Quindi la (1) diventa:

dq
q
R
dt
C
(2)
L’equazione, nota come equazione differenziale a variabili separabili in cui
l’incognita è la funzione q=f(t), che esprime la carica in funzione del tempo, può
essere scritta nella forma:
dt
dq

RC
C  q
Per mezzo del calcolo integrale

dt

RC
dq
q
 C
otteniamo:

t
 log( C  q)  log k
RC

e
t
RC
 C  q k
Per ottenere il valore della costante di integrazione k, basta ricordare che
all’istante iniziale t=0, la carica è nulla; quindi:
Esplicitando q, l’integrale particolare sarà:
3
k
1
C
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
t



q  C 1  e RC 


(3)
La grandezza RC ha le dimensioni fisiche di un tempo e viene detta costante di tempo
 del circuito in quanto dipende unicamente dalle caratteristiche fisiche degli elementi
componenti il sistema. Ricordando che Qmax = C ·  la (3) diventa:
q Q
t
 

1 e  

max


(4)
Dopo un tempo t=RC= la quantità di carica sulle armature è minore di Qmax e
precisamente dalla (4) si ha:


1 

Q  Qmax 1  e 1  Qmax 1 
  0.63Qmax
2.718 

 è quindi l’intervallo di tempo nel quale la carica raggiunge un valore pari al 63%
del valore massimo.
Dalla (3) si ottiene che la d.d.p. tra le armature del condensatore è:
t



VC   
1

e


Calcolando la derivata




dq
della funzione (4) si ricava l’intensità di corrente.
dt
Eseguendo il calcolo si trova senza alcuna difficoltà:
t

dq
1
i 
 Ce  
dt

cioè:
i 

R
e

t

Fase di scarica
Supponiamo che ad un istante t0 che la f.e.m.  sia soppressa e che la differenza
di potenziale tra le armature del condensatore sia V0. In tutti gli istanti che seguono a
t0 abbiamo allora:
4
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
iR 
q
0
C
dq
q
R 0
dt
C
dalla quale per integrazione si ha:
dq
dt
 q    RC
ln q  
t
k
RC
q e e
k

t
RC
Le condizioni iniziali sono: per t  0 q  CV0  q 0  CV0  e k  1 ...
... q  CV0  e

t

 q0  e

t

Notiamo che ponendo t=RC= si ottiene Q  Qmax e 1  Qmax
1
 0.37Qmax ; ossia
2.718
 rappresenta il tempo impiegato dalla carica e dalla corrente per diminuire fino al
37% del valore iniziale.
L’intensità di corrente, calcolata analogamente a come fatto durante la fase di carica,
risulta:
t

VC

i 
e
,
R
differendo solo per il verso dalla corrente di carica.
La differenza di potenziale tra le armature è:

t
VC  V 0  e  .
CIRCUITI LR
La corrente indotta in un circuito non è sempre dovuta ad un campo magnetico
esterno. Consideriamo il seguente circuito.
bobina o induttanza
A
V
R
5
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
Nel momento in cui si chiude il circuito, questo viene attraversato da una corrente che
tende a passare in maniera relativamente brusca da zero al valore massimo
V
.
R
Dunque la bobina viene attraversata da una corrente variabile che a sua volta crea un
campo magnetico variabile e quindi un flusso variabile, il quale genera una corrente
indotta (extra corrente di chiusura) che per la legge di Lenz ha verso opposto
rispetto alla corrente primaria. Ciò farà sì che la corrente primaria tenderà
asintoticamente al valore massimo
V
, detto anche valore di regime.
R
In modo analogo, quando si apre il circuito, si origina una forza elettromotrice
autoindotta che ostacola la diminuzione dell’intensità di corrente dal valore di regime
a zero. Quindi nella bobina si determina una corrente indotta (extra corrente di
apertura) che avrà lo stesso verso della corrente primaria.
Questa volta la causa che ha generato una corrente autoindotta è stata una
diminuzione della corrente primaria.
6
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
I fenomeni delle extracorrenti sono transitori, limitati cioè a piccoli intervalli di
tempo alla chiusura e all’apertura del circuito, in quanto solo allora il circuito è
percorso da una corrente di intensità variabile.
Partiamo dalla legge di Neumann-Lenz.

 B
C E 
t
 
(5)
Nel caso dell’autoinduzione il flusso magnetico che il circuito autoconcatena è
direttamente proporzionale all’intensità i di corrente.
 B   L  i
(6)
dove L è una costante di proporzionalità che dipende dalla forma del circuito. Alla
costante L si dà il nome di coefficiente di autoinduzione o induttanza. Ecco la sua
unità di misura:  L  henry .
Per determinare l’espressione della f.e.m. autoindotta osserviamo che una
variazione i della corrente che attraversa un circuito, per la (6), essendo L una
costante, produce una variazione  del flusso autoconcatenato espressa dalla
relazione:
Li
Se t è l’intervallo di tempo in cui si è avuta la variazione i di corrente nel
circuito si origina una f.e.m. data da:
i  
 B
 L  i 
i

 L
t
t
t
i   L
i
t
L’ultima formula è l’espressione della f.e.m.autoindotta media nel tempo t ; quella
istantanea, utilizzando il concetto di derivata, è    L
Neumann-Lenz nel caso dell’autoinduzione.
7
di
e rappresenta la legge di
dt
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
Come esempio di corrente autoindotta esaminiamo ora il fenomeno delle
extracorrenti di chiusura e di apertura dal punto di vista matematico.
Fase di chiusura di un circuito.
V = iR
f . e. autoindotta   L
di
dt

Applicando il secondo principio di Kirchhoff (Teorema della maglia) al
circuito in oggetto possiamo scrivere:
  f .e.aut.  i  R
di
iR
dt
di
 iR L
dt
 L
di
dt

  iR L
1 d   iR 
dt


R   iR
L
Integrando ambo i membri:

d   iR 
R
   dt
  iR
L
Posto  
L
(costante di tempo):
R
ln   iR   

t

 c da cui passando dai logaritmi ai numeri:
t
e C 
i 
e
R R
Consideriamo le condizioni iniziali: per t  0 i  0 : 0 
8

R

ec
 ec  
R
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
i
 
1 e
R 

t





Questa è la corrente che attraversa il circuito in relazione al tempo t. Essa è la
 

differenza di due termini: , che rappresenta la corrente di regime e e  , che
R
R
t
rappresenta l’extracorrente di chiusura del circuito. Per t=3 l’intensità di corrente
raggiunge approssimativamente il suo valore di regime.
Fase di apertura
R
L
In modo analogo, applicando il teorema della maglia al circuito considerato, essendo
la f.e.m. nulla, abbiamo:
di
0
dt
1
R
 i di    L dt
R
log i   t  c
L
iR  L
Passando dai logaritmi ai numeri:
ie
R
 t
L
 ec
Consideriamo le condizioni iniziali: per t  0 i 
.
9

R


R
 e c . Ponendo  
L
, si ha:
R
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
CIRCUITO OSCILLANTE: INDUTTANZA, CONDENSATORE E RESISTENZA
IN SERIE.
La resistenza in un circuito non può essere identicamente nulla: per questo il
caso di una induttanza e di un condensatore in serie non può presentarsi nella realtà.
Lo considereremo quindi come un caso limite di quello che tratteremo, ove sono posti
in serie una induttanza L, un condensatore C e una resistenza R.
La somma delle differenze di potenziale ai capi dei tre elementi deve essere
uguale a zero:
q
di
 Ri  L  0
C
dt
Poiché la corrente è la derivata della carica rispetto al tempo si ha :
q
dq
d 2q
 R
 L 2 0
C
dt
dt
(7)
Siamo in presenza di una equazione differenziale del 2° ordine, lineare
e omogenea a coefficienti costanti il cui metodo risolutivo è illustrato nel paragrafo
successivo.
COMPLEMENTO DI MATEMATICA
Le equazioni lineari del secondo ordine a coefficienti costanti sono della forma
particolare :
10
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
ay’’+by’+cy=f(x)
dove a , b , c sono delle costanti qualsiasi.
Se la funzione f(x) risulta nulla, cioè se l’equazione si presenta nella forma
ay’’+by’+cy=0
allora l’equazione si dice lineare omogenea.
E’ facile ottenere le due soluzioni particolari dell’equazione ponendo:
y=ezx
ove z è una costante da determinare. Sostituendo nell’equazione si ha:
az2ezx+bzezx+cezx=0
Semplificando per ezx :
az2+bz+c=0
Si ottiene cioè un trinomio di secondo grado in z, detto equazione caratteristica
dell’equazione differenziale, che possiede sempre due radici z1 e z2, reali o
complesse, distinte o coincidenti. Distinguiamo i tre casi che possono presentarsi
nella risoluzione dell’equazione caratteristica.
1. >0. Le due radici sono reali e distinte e la soluzione generale dell’equazione si
scrive:
y  k1e z1x  k 2 e z2 x
dove k1 e k2 sono delle costanti qualsiasi.
2. =0. Le due radici sono reali sono reali e coincidenti e la soluzione generale
dell’equazione si scrive:
y  k1 x  k 2 e z1x
3. <0. Le due radici sono complesse coniugate e si scrivono:
z1=+i
e
z2=-i
La soluzione generale dell’equazione si scrive:


y  k1e z1 x  k 2 e z2 x  ex k1e  ix  k 2 e ix 
 ex k1 cos x  i sen x   k 2 cos x  i sen x 
Ponendo a=k1+k2 e b=i(k1-k2) si ha:
11
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
y  ex a cos x  b sen x 
Osserviamo che la funzione:
a cos x  b sen x
è una funzione sinusoidale e pertanto si può esprimere, ad esempio, nella
forma:
Acosx   
essendo A  a 2  b 2
e cos  
a
b
, sen   
A
A
La soluzione generale dell’equazione può quindi scriversi:
y  Aex cosx   
Tornando allo studio del circuito RLC in continua alla (7) è associata
l’equazione caratteristica:
Lz 2  Rz 
1
0
C
risolvendo si trovano le due soluzioni:
 R  R2  4
z1, 2 
L
C
2L
Potranno così presentarsi tre diversi casi a seconda del segno del discriminante:
1° caso. Sia >0, cioè R  2
L
.
C
L’equazione ammette due radici rea li entrambe negative che indichiamo con z1=-
e z2=-.
L’integrale generale è:
q  Ae t  Be  t
da cui:
i
dq
 Ae t  Be  t
dt
dove A e B si determinano in base alle condizioni iniziali: per t=0 si ha q=q 0 e i=0.
12
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
L’intensità di corrente è perciò:
i
q0  t

e  e t 

i  0 , l’intensità di corrente tende asintoticamente a
Si può osservare che, essendo tlim
 
zero.
2° caso. Sia <0 cioè R  2
L
.
C
L’equazione fornisce due soluzioni complesse e coniugate:
R

2L
z1, 2  
i
4L
 R2
C
2L
e, ponendo per comodità
z1, 2  
4L
 R2
C
=, si ha:
2L
R
 i .
2L
L’integrale generale sarà:
q  De

R
t
2L
cost    ,
con D e  costanti da determinare.
L’espressione dell’intensità di corrente diventa perciò:
R
  t
i   cost      sen t    De 2 L .
 2L

R
D e si determinano considerando le condizioni iniziali q=q0 e i=0 per t=0.
Sostituendo tali valori nell’equazione dell’intensità di corrente e semplificando si
ottiene:
i
q 0  2RL t
e
sen t .
LC
13
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
Si ha così che, essendo la resistenza sufficientemente piccola, la corrente di scarica è
una corrente alternata con intensità decrescente in modo esponenziale.
3°caso. =0, cioè R  2
L
.
C
La carica q varia nel tempo secondo la legge:
q  a  bt e

R
t
2L
.
La carica sul condensatore decresce tendendo asintoticamente a zero.
L’intensità di corrente sarà perciò:
R   2Lt
 R
i  a
bb
t e
2L 
 2L
R
ossia, tenendo conto delle condizioni iniziali:
R
i  q0
R 2  2Lt
te
.
4 L2
i  0 , anche in questo caso l’intensità di corrente tende asintoticamente
Essendo il tlim
 
a zero.
14
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
CIRCUITI IN CORRENTE ALTERNATA.
Consideriamo un circuito alimentato da una f. e. m. alternata del tipo:
f  V0 sen   t
V0 = ampiezza
T = periodo =
2
v = frequenza =


2
Circuito Ohmico.
Un circuito Ohmico alimentato da una tensione alternata circola una corrente
alternata:
I 0  ampiezza

V0

I 0  R
i  I 0 sen t
con lo stessa fase, periodo e frequenza della tensione.
Circuito induttivo.
Si consideri un circuito nel quale un elemento induttore risulta collegato in
serie con un generatore di corrente alternata. Al variare della corrente nell’induttanza
si genera una f.e.m. indotta dovuta alla variazione del flusso magnetico attraverso
l’elemento considerato. Supponiamo che il valore di detta f.e.m. indotta sia molto
maggiore della caduta di tensione dovuta al passaggio della corrente nell’elemento
15
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
induttore, per cui il circuito nel suo complesso possa essere valutato come puramente
induttivo. In altri termini, la resistenza interna dell’elemento induttore può essere
considerata del tutto trascurabile. Applicando il secondo principio di Kirchhoff al
circuito in esame, possiamo scrivere:
V0 sen t  L
di 
t
 di 
0
di
dt
V0
sen t  dt
L
V0
L
i  i0  
Ponendo i0  
t
 sen t  dt
0
V0
V
cos t  0
L
L
V0
L
Si ha:
i
V0
cos t
L
Poiché:




cos t  sen   t    sen  t  
2
2


i
V0


sen  t  
L
2

I0 
V0
L
L  reattanza induttiva
Questo dimostra che la corrente ha lo stesso periodo e la stessa frequenza della
tensione ma è rispetto a questa sfasata di

.
2
16
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
Circuito capacitivo.
Si consideri ora il circuito consistente in un condensatore di capacità C
collegato in serie ad un generatore di corrente alternata nel caso ideale di resistenza
nulla.
V 
q
c

V0 sen t
V0 sen t 
q
C
q  V0 C  sen t
Essendo: i 
dq
dt
derivata
della carica rispetto al tempo   V0 C  cos t


i  V0 C  cos t  V0 C  sen  t  
2

I 0  VoC 
V0
1
C
1
 reattanza capacitiva
C
17
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
Circuito RLC
Dopo aver analizzato separatamente il comportamento degli elementi
fondamentali (resistenze, induttori e condensatori) costituenti i circuiti elettrici,
possiamo affrontare lo studio di un generico circuito in corrente alternata, contenente
contemporaneamente tutti gli elementi citati, detti anche elementi passivi.
Applichiamo ai capi di un circuito di questo tipo una tensione alternata
sinusoidale della forma:
V  V0 sen   t
Sappiamo che quando si dà tensione, si producono dei fenomeni transitori, ma
il termine di resistenza, inevitabile in tutti i circuiti non fosse per i fili di
collegamento, ci permette di essere certi che il regime transitorio si attenua e tende a
zero al crescere del tempo: questi fenomeni sono del tutto paragonabili a quelli che
18
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
abbiamo incontrato per gli oscillatori meccanici nei quali il termine di smorzamento
riduce sempre l’ampiezza del moto al crescere del tempo.
Supponiamo che il circuito funzioni dopo un tempo assai lungo in modo da
poter trascurare i fenomeni transitori ed avremo quindi da ricercare la sola soluzione
stazionaria che deve essere una corrente di stessa pulsazione della tensione
sinusoidale applicata e che si scrive quindi:
i  I 0 sen t   
dove la quantità  viene detta differenza di fase tra tensione applicata e corrente.
Il problema che vogliamo risolvere consiste nella determinazione dei valori di i
e  in funzione degli altri parametri del circuito.
Notiamo innanzi tutto che essendo gli elementi costituenti il circuito collegati
in serie, la corrente ha lo stesso valore, in ogni istante, in tutti i punti del circuito.
Avvalendosi poi dei risultati ottenuti studiando separatamente i circuiti
elementari contenenti un solo elemento, possiamo dedurre lo sfasamento della
tensione rispetto alla corrente ai capi di ciascun elemento e precisamente sarà:
V R  I max R sen t  V R , max sen t
V L  I max X L sen t   / 2   V L , max cos t
VC  I max X C sen t   / 2   VC , max cos t
Dove con VR,max , VC,max e VL,max abbiamo indicato i valori massimi delle
Fig. 1 Relazioni di fase tra
le tensioni in un circuito
RLC in serie
tensioni a i capi dei vari elementi.
19
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
La somma dei tre termini sopra riportati deve necessariamente essere uguale
alla tensione V erogata dal generatore.
La figura 1 mostra la rappresentazione grafica dei tre vettori che definiscono le
tensioni, tenuto conto dello sfasamento tra corrente e tensione ai capi di ciascun
elemento. Dal diagramma si deduce che il modulo del vettore risultante V è dato da:
V  V R2,max  V L ,max  VC ,max  
2
I max R 2  I max X L  I max X C 2
e quindi:
V  I max R 2   X L  X C 
2
Questa relazione ci permette di ricavare il valore Imax della corrente ossia:
I max 
V
R  X L  X C 
2
2
La grandezza che compare al denominatore della precedente equazione viene detta
I max 
impedenza Z del circuito. Per cui:
V
Z
che possiamo pensare come ad una generalizzazione della legge di Ohm per i circuiti
in corrente alternata.
Analizzando il diagramma dei vettori siamo infine in grado di determinare il valore
dell’angolo  che definisce la differenza di fase tra la corrente e la tensione. Dal
triangolo rettangolo rappresentato in figura 1 si deduce infatti:
tg 
V L , max  VC , max
V R , max
da cui semplificando si ottiene:
tg 
XL  XC
R
L’ultima relazione permette di fare le seguenti considerazioni:
 Se XL>XC la differenza che compare al numeratore, e quindi l’angolo , risultano
essere positivi. In questo caso la corrente è in ritardo rispetto alla tensione.
 Se XL<XC l’angolo  risulta negativo per cui la corrente è in anticipo rispetto alla
tensione.
20
Le Equazioni Differenziali nello studio dei Circuiti Elettrici : Giovanni Metta
 Se poi XL=XC segue =0. In questo caso l’impedenza del circuito è pari al valore
della resistenza R, mentre la corrente ha un valore massimo dato da V max/R. La
frequenza alla quale si verifica quest’ultima condizione viene detta frequenza di
risonanza:
1
0
C
L 


quindi:
1
LC
1
2 LC
Dal momento che nell’elemento induttore e nel condensatore non viene dissipata
energia, ne consegue che solo nella resistenza si ha dissipazione di energia per effetto
joule. Il valore medio della potenza è dato da:
P
1
I max Vmax cos 
2
dove il termine cos prende il nome di fattore di potenza. In condizione di risonanza
è =0 per cui il fattore di potenza vale 1.
21