NORBERTO BOBBIO E I FONDAMENTI DEI DIRITTI UMANI:
UNA POSIZIONE “PLURALISTA”
di Ilario Belloni
SOMMARIO: 1. L’“antiriduzionismo” di Bobbio. – 2. Lo scetticismo sulla questione del
fondamento. – 3. I “diritti storici” e il “consensus omnium gentium”. – 4. Le esigenze
giusnaturalistiche e l’“appello ai valori”. – 5. I “vari fondamenti possibili”.
1. L’“antiriduzionismo” di Bobbio
Nel presentare l'edizione italiana della Teoria dei diritti fondamentali di
Gregorio Peces-Barba, così scriveva Bobbio, a proposito della questione dei
fondamenti dei diritti umani: «Peces-Barba è un antiriduzionista. Ebbene, a
torto o a ragione, lo sono anch’io. Questo atteggiamento ha la sua più
conseguente manifestazione nel superamento del secolare scontro, rispetto al
fondamento dei diritti, tra giusnaturalismo e positivismo giuridico»1. Questa
professione di antiriduzionismo vale a rendere il contributo teorico di Bobbio
sui fondamenti dei diritti umani come una delle più originali proposte per
cercare di uscire dalla stringente alternativa suesposta. Un contributo che
oltretutto, come si vedrà, può ben rappresentare una proposta quanto mai attuale
nell'ambito della problematica odierna sull'universalità dei diritti umani.
Cerchiamo di capire come e perché, ripercorrendo alcuni tra i momenti più
salienti del pensiero bobbiano per l'elaborazione di una sua riflessione sul tema
dei fondamenti dei diritti umani.
Che una concezione del diritto, la quale sia rigidamente o giusnaturalista
o giuspositivista o realista, dia comunque luogo ad una “teoria riduzionistica” è
una convinzione che Bobbio nutriva fin dalle sue lezioni torinesi della fine degli
anni Cinquanta, le quali sono state poi raccolte nella sua Teoria generale del
diritto2. In quest’opera si legge espressamente: «Chi vuol comprendere
l’esperienza giuridica nei suoi vari aspetti, dovrà tener conto che essa è quella
1
N. BOBBIO, Presentazione a G. PECES–BARBA, Teoria dei diritti fondamentali, cit.
2
N. BOBBIO, Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino, 1993, pp. 31 e ss.
2
parte dell’esperienza umana i cui elementi costitutivi sono ideali di giustizia da
realizzare, istituzioni normative per realizzarli, azioni e reazioni degli uomini di
fronte a quegli ideali e a queste istituzioni»3. Tuttavia Bobbio professava poi,
sul versante della teoria del diritto, un’adesione ad “un punto di vista formale”,
a partire dal quale si dovrebbe studiare e comprendere il fenomeno giuridico;
anche se, è bene precisarlo, questo punto di vista serve a considerare una norma
giuridica «indipendentemente dal suo contenuto, ovvero nella sua struttura»4, e
perciò non deve essere confuso, per Bobbio, col “formalismo giuridico” tout
court5.
Se questa è l’impostazione del pensiero di Bobbio nel campo della teoria
del diritto, è difficile poter affermare che essa permei tutta la riflessione
successiva dell’Autore su argomenti che oltretutto non si possono restringere al
campo della teoria generale, bensì implicano altri piani di considerazione che lo
stesso Bobbio non ha mai rifiutato di trattare, quali quello della filosofia
politica e della sociologia del diritto6. Così è avvenuto, appunto, per la
riflessione dell’Autore sui diritti dell’uomo; una riflessione che difficilmente si
può presentare come strettamente giuspositivista e formalistica, pur essendo
influenzata
inevitabilmente
da
alcuni
presupposti
positivisti
che
contraddistinguono il pensiero teorico complessivamente inteso di Norberto
Bobbio.
In altre parole, se c’è un Bobbio teorico del diritto, c’è anche, accanto ad
esso, un Bobbio filosofo politico che si è confrontato con i principali argomenti
di discussione contemporanei attinenti alla democrazia, alla pace e ai diritti
3
Ivi, pp. 30-31.
4
Ivi, p. 45.
Bobbio intende, qui, per “formalismo giuridico” «una considerazione esclusiva del diritto
come forma» (ivi, p. 46), la quale si esprimerebbe, poi, nelle tre diverse teorie del formalismo
etico (che riduce la giustizia alla legge positiva), del formalismo giuridico propriamente inteso
(che prescrive il modo e le forme in base a cui ciascuno deve agire per raggiungere i propri
scopi) e del formalismo scientifico (che prescrive alla scienza giuridica un compito meramente
dichiarativo e ricognitivo del diritto già posto).
5
6
Oltretutto sembra potersi anche rilevare una evoluzione ed un'apertura dell'impostazione
originaria kelseniana del pensiero di Bobbio a nuove prospettive e interpretazioni della norma
fondamentale e del rapporto tra diritto e potere. Su ciò cfr. S. COTTA, Bobbio: un positivista
inquieto, in U. SCARPELLI (a cura di), La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze
attuali, Edizioni di Comunità, Milano, 1983, pp. 41-55.
3
umani7. E riguardo a questi argomenti è evidente come non possa bastare la
lezione giuspositivista, occorrendo necessariamente anche l’adesione a (e la
professione di) certi valori etici di riferimento e considerazioni non meramente
formalistiche di un fenomeno ma sostanziali, ovvero valutative, per non dire
anche politiche8. D’altra parte, se costante è stata, nell’opera di Bobbio, la
critica di ogni eccesso giusnaturalista, ciò non significa che l’Autore non sia
riuscito, o peggio ancora, non abbia voluto sottolineare e anche recepire (in
riferimento ad alcuni temi ricorrenti) certi importanti aspetti e contributi del
giusnaturalismo9.
Forse
anche
tutto
questo
è
da
considerare
un
“antiriduzionismo” (in senso lato) di Bobbio.
2. Lo scetticismo sulla questione del fondamento
La riflessione principale dell’Autore sui diritti umani si trova esposta nel
volume L’età dei diritti, che raccoglie una serie di saggi, scritti nel corso di
diversi anni, sui temi dei diritti dell’uomo, della democrazia, della pace e della
pena di morte.
7
Cfr. T. GRECO, Norberto Bobbio. Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Donzelli,
Roma, 2000, in part. pp. 29 e ss.
E’ noto, infatti, come Bobbio abbia preso posizioni decise e forti contro la pena di morte, la
guerra e l’oppressione, e si sia da sempre schierato a favore delle idee liberali e di tolleranza che
ne contraddistinguono perciò la sua opera. Cfr. N. BOBBIO, L’età dei diritti, cit.; nonché, con
riferimento alle tematiche della guerra e del pacifismo, cfr. ID., Il problema della guerra e le
vie della pace, Il Mulino, Bologna, 1979, in cui, soprattutto a fronte della possibilità di guerre
nucleari, Bobbio si schierava decisamente a favore di un’“obiezione di coscienza” e contro
qualsiasi logica dell’uso delle armi (cfr. T. GRECO, Norberto Bobbio…, cit., in part. pp. 249 e
ss.). Recentemente però, Bobbio, ritornando su questi argomenti, ha legittimato l’uso della forza
militare nell’ottica di un rimedio alle gravi violazioni del diritto internazionale compiute da
regimi totalitari. L’occasione è stata data dapprima dalla guerra del Golfo (su cui si veda N.
BOBBIO, Una guerra giusta? Sul conflitto del Golfo, Marsilio, Venezia, 1991) e
successivamente dall’intervento della NATO nei Balcani, riguardo al quale Bobbio è
intervenuto con una serie di articoli giornalistici in cui ha sostenuto la legittimità sostanziale di
tale intervento pur in assenza di una legittimità formale (mancando, come è noto, l’esplicita
autorizzazione da parte dell’ONU). Su questi articoli si veda ora la raccolta di saggi di G.
BOSETTI (a cura di), L’ultima crociata. Ragioni e torti di una guerra giusta, Libri di RESET,
Roma, 1999.
8
9
Sulla funzione storica del diritto naturale e sul suo valore interno alla dimensione giuridica
nella riflessione di Bobbio cfr. T. GRECO, Norberto Bobbio..., cit., pp. 165 e ss.
4
Per quel che riguarda più in particolare i fondamenti dei diritti umani,
categorica è l’affermazione di Bobbio contenuta in uno di questi saggi: «Dallo
scopo che la ricerca del fondamento si propone nasce l’illusione del
fondamento assoluto, l’illusione cioè che, a furia di accumulare e vagliare
ragioni ed argomenti, si finirà per trovare la ragione e l’argomento irresistibile
cui nessuno potrà rifiutare di dare la propria adesione»10. Proprio il fatto di
“dare la propria adesione” sui diritti umani rappresenta per Bobbio lo scopo e il
presupposto di una ricerca sul fondamento dei diritti stessi: l’Autore, infatti,
constata il fatto che i diritti umani siano “cose desiderabili” e che tuttavia, pur
essendo tali, non vengano ancora, dappertutto e in egual misura, condivisi e
riconosciuti. Ricercare il loro fondamento, perciò, aiuterebbe in tal senso a
trovare più facilmente un accordo sui diritti umani, dato che quel fondamento
potrebbe essere accettato da tutti e divenire, dunque, unico e universale.
Tuttavia, proprio quest’ultima strada imboccata porterebbe, per Bobbio, ad una
sorta di fondamentalismo dei diritti dell’uomo, nel senso che genererebbe
sempre l’illusione di un fondamento assoluto, e, come tale, sarebbe criticabile.
In questa prospettiva risalta molto chiaramente lo scetticismo bobbiano
circa la validità e l’utilità di qualsiasi ricerca relativa al fondamento dei diritti
umani. In altre parole, Bobbio sospetta che tali ricerche mirino sempre a trovare
un “fondamento ultimo”, il quale, per definizione, «non è ulteriormente
discutibile così come il potere ultimo deve essere ubbidito senza discutere»11.
Se questo tipo di scetticismo può dirsi ancora metodologico, esso non può
andare disgiunto da uno scetticismo gnoseologico e assiologico che risalta nel
momento stesso in cui si crede di aver trovato un fondamento assoluto. Bobbio
ritiene, infatti, quest’ultimo criticabile in quanto tale e dunque “impossibile”12.
Il perché è presto detto: innanzitutto, un fondamento assoluto dei diritti
dell’uomo non avrebbe ragione di esistere perché già non è possibile dare una
nozione precisa di “diritti dell’uomo”; questa stessa espressione risulta, infatti,
10
N. BOBBIO, Sul fondamento dei diritti dell’uomo, in ID., L’età dei diritti, cit., p. 6.
11
Ibidem.
Bobbio, infatti, si era posto la domanda, all’inizio del saggio citato, «se un fondamento
assoluto sia possibile» (ivi, p. 5).
12
5
per Bobbio, molto vaga di per sé e mal definibile. Per giunta, i tentativi più
intraprendenti di definire i “diritti dell’uomo”, a costo di non introdurre
tautologie o definizioni formali, finiscono per appellarsi a dei “valori ultimi”
(quali, ad esempio, il perfezionamento della persona umana o lo sviluppo della
civiltà). Tuttavia, scrive Bobbio, «i valori ultimi, a loro volta, non si
giustificano, si assumono: ciò che è ultimo, proprio perché è ultimo, non ha
alcun fondamento»13. Se a questo si aggiunge che «i valori ultimi, inoltre, sono
antinomici,
non
si
possono
realizzare
tutti
globalmente
e
contemporaneamente»14, si comprende bene perché Bobbio si dica scettico sulle
possibilità di trovare un fondamento certo per i diritti dell’uomo.
In secondo luogo, per Bobbio non vi sarebbero diritti per loro natura
fondamentali, e ciò in base alla considerazione del fatto che «i diritti dell’uomo
costituiscono una classe variabile, come la storia di questi ultimi secoli mostra a
sufficienza»15. Diritti che erano ritenuti assoluti alla fine del Settecento, come la
proprietà, non sono più considerati tali nelle Costituzioni contemporanee; e
d’altra parte, gli attuali diritti sociali, o molti dei cosiddetti “nuovi diritti”, non
potevano essere ritenuti così fondamentali nei secoli precedenti come lo sono
ora. Questo è uno degli argomenti più forti che Bobbio usa per criticare un
preteso fondamento ultimo dei diritti umani, vale a dire la loro relatività da un
punto di vista storico, insieme alla constatata pluralità delle concezioni
religiose, etiche e politiche che storicamente hanno favorito l’affermarsi dei
diversi diritti fondamentali. Evidentemente queste concezioni, e gli stessi diritti,
non possono essere dimostrati, per Bobbio, come veri e propri teoremi.16
Infine esistono per Bobbio altri due argomenti inappellabili che
sconsigliano la ricerca di un fondamento assoluto per i diritti dell’uomo; questi
argomenti sono talmente evidenti che la loro inevitabile considerazione porta
13
Ivi, pp. 8-9.
14
Ibidem.
15
Ivi, p. 9.
16
Del resto, ci esorta Bobbio, «non bisogna avere paura del relativismo» (ivi, p. 10); e subito
dopo egli aggiunge: «Non si vede come si possa dare un fondamento assoluto di diritti
storicamente relativi. […] La constatata pluralità delle concezioni religiose e morali è un fatto
storico, anch’esso soggetto a mutamento. Il relativismo, che da questa pluralità deriva, è
anch’esso relativo» (ibidem).
6
necessariamente sulla strada dello scetticismo e del relativismo. I diritti umani,
in sostanza, si presentano spesso come incompatibili tra loro se non addirittura
come antinomici: alcuni diritti di libertà (economica e proprietaria) possono
facilmente entrare in contrasto con alcuni diritti sociali fondamentali, e nelle
alternative che ne conseguono è inevitabile che, a volte, debba essere soppressa
una pretesa fondamentale a favore di un’altra ugualmente importante. Tutto
questo si comprende meglio, per Bobbio, se si considera il fatto che, prima
ancora dei diritti, sono antinomici e spesso incompatibili tra loro i valori
fondanti i diversi diritti. Perciò, «due diritti fondamentali ma antinomici non
possono avere, gli uni e gli altri, un fondamento assoluto, un fondamento cioè
che renda un diritto e il suo opposto, entrambi, inconfutabili e irresistibili»17.
Queste sono, dunque, le ragioni che secondo Bobbio valgono a rendere
vana qualsiasi ricerca sul fondamento ultimo dei diritti dell’uomo. Da questo
punto di vista, il bersaglio che tale scetticismo intende raggiungere per criticare
è rappresentato dal razionalismo etico, il quale ha trovato espressione nelle
correnti giusnaturalistiche più intransigenti. Il razionalismo etico, secondo
Bobbio, «accanto al dogma della dimostrabilità dei valori ultimi […], sostiene
anche che la dimostrata razionalità di un valore è condizione non solo
necessaria ma sufficiente della sua attuazione»18; in altre parole, i diritti
dell’uomo sarebbero meglio attuati se venissero fondati su quei valori ultimi
che il razionalismo etico è in grado di dimostrare. Anche questo assunto,
tuttavia, «è smentito dall’esperienza storica»19: paradossalmente, infatti, i diritti
umani sono maggiormente garantiti e attuati nella nostra epoca nonostante la
crisi sui loro fondamenti, che non nelle epoche in cui si riteneva di aver trovato
un argomento irresistibile per fondarli. Per questo Bobbio esorta a prendere
come punto di riferimento necessario la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo del 1948, la quale, da un lato, ha fatto perdere al problema dei
fondamenti dei diritti umani gran parte della sua importanza, ma, dall’altro, ha
generato un nuovo problema, ben più serio del precedente, ovvero quello delle
17
Ivi, p. 13.
18
Ivi, p. 14.
19
Ivi, p. 15.
7
condizioni e degli strumenti per garantire meglio i diritti dell’uomo così
proclamati. Di fronte a questo problema, quello dei fondamenti perde, se non
d’interesse e di validità, quanto meno di attualità, tanto che Bobbio è indotto a
concludere il suo saggio affermando notoriamente: «Il problema di fondo
relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto
quello di proteggerli. E’ un problema non filosofico ma politico»20.
3. I “diritti storici” e il “consensus omnium gentium”
A questo punto ci si potrebbe chiedere: davvero, o meglio fino a che
punto, Bobbio ritiene il problema del fondamento dei diritti umani così poco
influente? E poi, il suo scetticismo è effettivamente così radicale come sembra
trasparire dai suoi contributi teorici sinora esaminati? Già precedentemente si è
anticipato come, in realtà, il pensiero di Bobbio sulle grandi questioni giuridicopolitiche del nostro tempo (quali i diritti umani sicuramente sono) non possa
interpretarsi in maniera stringente e univoca, dato che lo stesso Autore tende a
renderlo aperto anche ad un certo sistema di valori. E a ben guardare, in tema di
diritti umani è già notevole nella riflessione di Bobbio la loro caratterizzazione
in senso storicistico: uno dei punti fermi, dal quale Bobbio stesso dichiara di
non essersi mai allontanato21, è la convinzione che i diritti naturali siano, in
realtà, “diritti storici”, che nascono e si affermano nell’età moderna insieme con
la concezione individualistica della società e sono essi stessi uno dei maggiori
indicatori del progresso storico. Già questa visione dei diritti dell’uomo, e il
contestuale affidamento ad una filosofia della storia per certi versi
progressista22, contribuiscono a non rendere lo scetticismo di Bobbio uno
20
Ivi, p. 16.
21
Cfr. N. BOBBIO, Introduzione a L’età dei diritti, cit.
Bobbio, pur non ritenendosi un “cieco assertore del progresso” (cfr. N. BOBBIO, L’età dei
diritti, in ID., L’età dei diritti, cit., pp. 45-65), non disdegna, pur nella sua convinzione che la
storia sia ‘ambigua’, di considerare come indicatori del progresso verso il meglio, alla maniera
22
8
scetticismo rigido o, peggio ancora, nichilista, e d’altra parte sembrano
introdurre nella riflessione dell’Autore una sorta di fondamento storicistico dei
diritti umani, che non per forza costituisce un elemento di assoluto relativismo.
Bobbio sa bene, infatti, che «i diritti dell’uomo, per fondamentali che
siano, sono diritti storici, cioè nati in certe circostanze, contrassegnate da lotte
per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti in
una volta e non una volta per sempre»23; e tuttavia, questi stessi diritti vengono
poi così a stratificarsi, e a quelli che diventano ‘vecchi’ diritti se ne affiancano
dei ‘nuovi’, a volte anche incompatibili coi ‘vecchi’. In altre parole, il catalogo
dei diritti fondamentali e i loro stessi fondamenti restano, per Bobbio, sempre
“aperti” e su di un piano storico, senza mai diventare assoluti o definitivi; né si
relativizza, in tutto questo, ciò che la storia ha già acquisito e ciò che gli uomini
hanno strenuamente rivendicato e difeso, su tutto ciò anzi formandosi una sorta
di consensus omnium gentium che vale a rendere ancora più saldi e condivisi
generalmente certi diritti fondamentali.
A ben vedere, quest’ultimo argomento introduce un altro elemento
importante nella riflessione di Bobbio sui fondamenti dei diritti umani. Il
consenso generalizzato che storicamente si è formato su certi diritti
fondamentali degli uomini è rappresentato al meglio, per l’Autore,
dall’adesione della gran parte dei governi mondiali alla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo del 1948. Questa adesione ha reso ancor meno
rilevante il problema dei fondamenti dei diritti umani, spostando l’attenzione
sulle soluzioni pratiche più efficaci per garantire e tutelare effettivamente i
diritti così sanciti. Bobbio considera fondamentale questa Dichiarazione e ne
enfatizza il valore e i gli intenti, se non altro perché essa rappresenta realmente
un punto d’incontro decisivo sulla questione dei diritti umani. L’Autore, però, si
kantiana, determinati segni storici, ispirati al celebre signum prognosticum della filosofia della
storia di Kant (su cui si veda I. KANT, Se il genere umano sia in costante progresso verso il
meglio, in ID., Scritti di storia, politica e diritto, Laterza, Roma-Bari, 1995, pp. 223-239,
nonché N. BOBBIO, Kant e la Rivoluzione francese, in ID., L’età dei diritti, cit., pp. 143-155).
Uno di questi segni è rappresentato, secondo Bobbio, proprio dall’attuale dibattito sempre più
ampio sui diritti dell’uomo a seguito della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del
1948 (cfr. N. BOBBIO, L’età dei diritti, cit., pp. 49-50).
23
N. BOBBIO, Introduzione a L’età dei diritti, cit.
9
spinge ancora più in là quando, in un altro saggio, non esita ad affermare che la
Dichiarazione «rappresenta la manifestazione dell’unica prova con cui un
sistema di valori può essere considerato umanamente fondato e quindi
riconosciuto: e questa prova è il consenso generale circa la sua validità. I
giusnaturalisti avrebbero parlato di “consensus omnium gentium” o “humani
generis”»24.
In questo modo, però, come ha notato Baccelli, «Bobbio finisce per
reintrodurre una forma di fondamento»25. E d’altra parte, lo stesso Bobbio
ammette che, a suo giudizio, vi sarebbero «tre modi di fondare i valori: il
dedurli da un dato obbiettivo costante, per esempio la natura umana; il
considerarli come verità di per se stesse evidenti; e infine lo scoprire che in un
dato periodo storico sono generalmente acconsentiti (la prova, appunto, del
consenso)»26. Anche quest’ultimo è considerato dunque, dall’Autore, come un
modo di fondare comunque i valori, e tutto ciò sembra attenuare visibilmente
quello scetticismo metodologico e assiologico della riflessione di Bobbio che si
era messo in luce precedentemente. Quindi si può riparlare, per Bobbio, non
solo di ‘fondamento’ ma anche, e soprattutto, di ‘valori’, in base alla
considerazione per cui «un valore sarebbe tanto più fondato quanto più è
acconsentito»27. Certo, aggiunge l’Autore, «si tratta di un fondamento storico e
come tale non assoluto: ma è l’unico fondamento, quello storico del consenso,
che può essere attualmente provato»28. Tutto questo si ricollegherebbe
comunque, in ultima istanza, ad un’esigenza latu sensu giuspositivistica, in base
alla quale, con la Dichiarazione del 1948 (espressione di un fondamento
consensuale) si è aperta una fase «in cui l’affermazione dei diritti è insieme
universale e positiva»29.
24
N. BOBBIO, Presente e avvenire dei diritti dell’uomo, in ID., L’età dei diritti, cit., pp. 18-19.
25
L. BACCELLI, Il particolarismo dei diritti.
dell’universalismo, Carocci, Roma, 1999, p. 97.
Poteri dell’individuo
26
N. BOBBIO, Presente e avvenire dei diritti dell’uomo, cit., p. 19.
27
Ivi, p. 20.
28
Ibidem.
29
Ivi, p. 23.
e paradossi
10
4. Le esigenze giusnaturalistiche e l’“appello ai valori”
Se, tuttavia, queste esigenze giuspositivistiche ritornano periodicamente
nella riflessione di Bobbio sui diritti dell’uomo, è anche vero, però, che non
possiamo non rilevare come l’Autore sia pure influenzato da alcune esigenze
giusnaturalistiche. Quando, infatti, Bobbio ribadisce il fatto che non si può
ragionare sui diritti umani in termini di assolutezza e ritenere gli stessi fondati
su valori ultimi e inconfutabili, contestualmente egli non può fare a meno di
salvare alcuni diritti (e i valori che li giustificano) dalla relatività storica, dalle
incompatibilità e dalle antinomie con gli altri diritti, così da ritenere gli stessi,
in un certo modo, “assoluti”.
E’ ciò su cui ha insistito anche Antonio Tarantino, quando ha messo in
evidenza questa che, a suo giudizio, è una incongruenza del pensiero di
Bobbio30. In realtà questa apparente incongruenza si spiega bene se si fa ancora
una volta riferimento all’ambivalenza della riflessione bobbiana e al suo
spaziare dalla teoria del diritto a campi più propri della filosofia politica. Per
Bobbio, infatti, esistono comunque alcuni diritti umani assoluti, espressioni di
quelli che egli stesso non esita a definire “valori assoluti”. A tal proposito egli
scrive: «Intendo per “valore assoluto” lo status che compete a pochissimi diritti
dell’uomo, valevoli in tutte le situazioni e per tutti gli uomini senza distinzione.
Si tratta di uno status privilegiato che dipende da una situazione che si verifica
molto raramente: è la situazione in cui vi sono diritti fondamentali che non
vengono in concorrenza con altri diritti pure fondamentali»31.
Queste parole sono emblematiche, e Bobbio, più avanti, dice di riferirsi,
in particolare, a due diritti fondamentali, i quali sono da considerarsi assoluti
perché i correlativi diritti che in teoria concorrerebbero con essi sono
assolutamente e intransigentemente da condannare, non potendo questi
richiedere alcuna attuazione o protezione e aspirare così ad essere parimenti
fondamentali e quindi incompatibili con i primi. Tali diritti (in teoria
30
Cfr. A. TARANTINO, I diritti umani fra natura e storia, in L. Lippolis (a cura di), La
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo verso il Duemila, ESI, Napoli, 2001, pp. 271294.
31
N. BOBBIO, Presente e avvenire dei diritti dell’uomo, cit., p. 39.
11
concorrenti) sarebbero, per Bobbio, il diritto a possedere schiavi e il diritto a
torturare: due ‘diritti’ da sopprimere nella maniera più assoluta; mentre i due
diritti umani “assoluti” e che non ammettono mai eccezioni sono, perciò, il
diritto a non essere sottoposti a schiavitù e il diritto a non essere torturati.
Infine, una valenza del giusnaturalismo ritorna nella riflessione di Bobbio
quando egli enfatizza quella che definisce come una vera e propria «rivoluzione
copernicana […] nel senso kantiano, come capovolgimento del punto di
osservazione»32. Questa rivoluzione radicale attiene, in sostanza, al modo di
concepire la struttura del rapporto politico: il giusnaturalismo, per Bobbio, è
stato fondamentale per la considerazione del rapporto tra governanti e governati
non più dal punto di vista dei primi ma dal punto di vista dei secondi, non più
ex parte principis bensì ex parte civium. La teoria dei diritti naturali degli
individui che precedono lo Stato e vincolano, in quanto originari, ogni potere
politico ha il grande merito di decretare la fine di una fede cieca nel modello
aristotelico e organicista, secondo cui «il tutto (la società) è anteriore alle sue
parti»33. A questo modello Bobbio ne contrappone un altro, che è figlio delle
teorie giusnaturalistiche e, in particolare, di quella tra esse che l’Autore ritiene
più importante, ovvero il giusnaturalismo lockiano: si tratta, in pratica, della
concezione individualistica della società, come tale contrapposta a quella
organicistica e fondante il pensiero politico moderno.
Bobbio fa sua in maniera decisa questa concezione individualistica, in
base alla quale l’individuo, con i suoi diritti, viene prima del “tutto”, della
società già organizzata politicamente dal potere (la polis di Aristotele). Tanto è
fondamentale, per Bobbio, questa concezione che egli la pone alla base
dell’idea moderna di democrazia, la quale «deve essere correttamente definita
non come veniva definita dagli antichi, il “potere del popolo”, ma come il
potere degli individui presi uno per uno, di tutti gli individui che compongono
una società retta da alcune regole essenziali tra cui quella fondamentale che
attribuisce a ciascuno, alla pari di tutti gli altri, il diritto a partecipare
liberamente alla presa delle decisioni collettive […]. La democrazia moderna 32
N. BOBBIO, L’età dei diritti, cit., p. 56.
33
N. BOBBIO, L’eredità della grande Rivoluzione, in ID., L’età dei diritti, cit., p. 127.
12
precisa Bobbio- riposa sulla sovranità non del popolo ma dei cittadini»34. E
anche se, in altri scritti, Bobbio ha per lo più sempre sostenuto una concezione
procedurale della democrazia35, egli non ha mai rinunciato a quello che
significativamente definisce come un necessario «appello ai valori»36.
Quest’ultimo è sempre doveroso al fine di rispondere a delle questioni
problematiche fondamentali: «Se la democrazia -si chiede Bobbio- è
prevalentemente un insieme di regole di procedura, come può pretendere di
contare su “cittadini attivi”? Per avere dei cittadini attivi non occorrono forse
degli ideali? […] Ma come non rendersi conto quali grandi lotte ideali abbiano
prodotto quelle regole? Certo -risponde Bobbio- occorrono gli ideali»37. E non
per niente, nell’elencare questi valori imperituri, egli si riferisce all’ideale della
“tolleranza”, all’ideale della “nonviolenza”, a quello della libertà delle idee e,
infine, all’ideale della “fratellanza”38.
Tutto questo, oltre a rappresentare una riprova dell’ antiriduzionismo
bobbiano, legittima la celebre affermazione di Bobbio, che così dichiarava
altrove: «Di fronte allo scontro delle ideologie, dove non è possibile alcuna
tergiversazione, ebbene, sono giusnaturalista; riguardo al metodo, sono con
altrettanta convinzione, positivista»39. Ecco ancora una volta dimostrata la
necessità di valutare appieno la complessità del suo pensiero.
34
Ivi, pp. 128-129.
Cfr. N. BOBBIO, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1984, ove l’Autore precisa che
«l’unico modo d’intendersi quando si parla di democrazia […] è di considerarla caratterizzata
da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è autorizzato a prendere
le decisioni collettive e con quali procedure» (ivi, p. 4).
35
36
Ivi, p. 28.
37
Ivi, p. 29.
38
Cfr. ivi, pp. 29-30.
39
N. BOBBIO, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Comunità, Milano, 1972, p. 146.
13
5. I “vari fondamenti possibili”
Questa complessità si ritrova tutta anche nel particolare contributo che
Bobbio ha dato in tema di fondamenti dei diritti umani. Se per certi versi, come
si è visto in precedenza, si può validamente rilevare uno scetticismo circa la
problematica del fondamento di tali diritti, valutando poi complessivamente la
riflessione dell’Autore non si può non prendere atto di un antiriduzionismo di
Bobbio sui fondamenti. E questo antiriduzionismo vuol dire pure pluralismo.
Bobbio, infatti, non ha intenzione di eludere sic et simpliciter la questione del
fondamento dei diritti umani in quanto ormai irrilevante; suo intento è anche (e
soprattutto) problematizzare tale questione al fine di vedere se ci sono possibili
vie d’uscita, per quanto relative esse possano poi essere. L’Autore sa bene,
anzi, che il vero problema è rappresentato oggi proprio da una «crisi dei
fondamenti»40; e tuttavia non bisogna «tentare di superarla cercando altro
fondamento assoluto da sostituire a quello perduto. Il nostro compito, oggi, osserva Bobbio- è molto più modesto, ma anche più difficile. Non si tratta di
trovare il fondamento assoluto […] ma, di volta in volta, i vari fondamenti
possibili»41. Ecco il messaggio finale che lancia Bobbio, un messaggio che
certamente non può più dirsi scettico nel senso stretto del termine. Se poi si va a
vedere anche la strada che Bobbio traccia per la ricerca dei vari fondamenti
possibili non si può non apprezzare l’attualità e il valore della sua proposta,
nonché l’integrazione tra i vari campi di ricerca e l’apertura al pluralismo dei
contributi storici, filosofici, sociologici e giuridici.
Bobbio conclude infatti affermando che «anche questa ricerca dei
fondamenti possibili […] non avrà alcuna importanza storica se non sarà
accompagnata dallo studio delle condizioni, dei mezzi e delle situazioni in cui
questo o quel diritto possa essere realizzato. Tale studio è compito delle scienze
storiche e sociali. Il problema filosofico dei diritti dell’uomo non può essere
dissociato dallo studio dei problemi storici, sociali, economici, psicologici,
inerenti alla loro attuazione: il problema dei fini da quello dei mezzi. Ciò
40
N. BOBBIO, Sul fondamento dei diritti dell’uomo, cit., p. 16.
41
Ivi, p. 16.
14
significa che il filosofo non è più solo»42. Il filosofo, in altre parole, dovrà
confrontarsi e operare col sociologo, con lo storico, col giurista, con lo
economista e con lo scienziato in genere. Solo questa collaborazione potrà
portare a dare fondamenti più concreti e sensati ai diritti dell’uomo43. Ecco il
senso ultimo della riflessione di Bobbio; anche perché, è bene precisarlo, «il
filosofo, che si ostina a restar solo, finisce per condannare la filosofia alla
sterilità. Questa crisi dei fondamenti è anche un aspetto della crisi della
filosofia»44.
42
Ibidem.
E’ ciò che Bobbio ha sostenuto anche nel saggio Diritti dell’uomo e società, dove l’Autore si
rivolge, in particolare, proprio ai sociologi del diritto e auspica una proficua collaborazione tra
la filosofia e la sociologia al fine di comprendere meglio la complessa questione dei diritti
umani nel loro rapportarsi con la realtà sociale. Cfr. N. BOBBIO, Diritti dell’uomo e società, in
ID., L’età dei diritti, cit., pp. 67-86.
43
44
N. BOBBIO, Sul fondamento dei diritti dell’uomo, cit., p. 16.