1 L’energia potenziale gravitazionale 1.1 Il lavoro di una forza non costante L’ approccio sinora seguito per lo studio della dinamica di un punto materiale è consistito nello studio di grandezze che variano: lo spostamento, la velocità e l’accelerazione. Un approccio complementare consiste nella ricerca di grandezze che durante il moto rimangono costanti: di esso ci occuperemo nel seguito. Vedremo che lo studio del moto di un punto materiale risulta notevolmente semplificato se si individuano tali costanti del moto. Iniziamo con il rilevare come l’osservazione del mondo mostri sussistere una profonda differenza fra i due fenomeni seguenti: a) Su di un punto materiale in movimento è applicata una forza costante b) Su di un punto materiale che rimane fermo è applicata una forza costante Esiste cioè una differenza negli effetti di una forza quando il punto di applicazione di tale forza si sposta durante l’azione della forza stessa, oppure se non lo fa. Al primo caso corrisponde infatti il conferimento di alcune proprietà al corpo stesso, proprietà che possono essere legate alla nuova posizione che esso assume rispetto ad un prefissato riferimento, allo stato di moto in cui esso si porta, oppure allo stato termodinamico in cui esso si viene a trovare successivamente all’azione della forza. G Esempio 1: mantenere una macchina ferma in salita tirando il freno a W >0 F mano non richiede alcun consumo di carburante, mentre lo richiede G lo spostamento del punto di applicazione della forza che agisce sulla α ∆s macchina. Quanto più si vorrà far salire l’automobile tanto maggiore sarà l’impiego richiesto di risorse. Trasportare un corpo in alto G richiede l’applicazione di una forza che abbia una componente | F | cos α lungo la direzione dello spostamento, ed in conseguenza il corpo G W <0 acquista la proprietà di accelerare verso il basso, cioè di cadere. F Esempio 2: in modo analogo, portare una macchina da ferma fino α G alla velocità di 80 Km/h richiede consumo di carburante, ed in ∆s seguito a tale consumo essa ha acquistato la proprietà di muoversi con una velocità non nulla rispetto al riferimento della Terra. G Esempio 3: strofinare una gomma su di un foglio di carta comporta | F | cos α l’applicazione della forza dovuta all’attrito parallelamente allo G W =0 spostamento della gomma. In conseguenza di tale strofinio la F gomma subisce un incremento di temperatura acquisendo così le G proprietà del nuovo stato termodinamico in cui essa si è portata. α ∆s Parallelamente a questi fatti, l’osservazione del mondo fisico porta anche a concludere che nessuna nuova proprietà viene conferita ad un punto materiale che pur sotto l’azione di una forza si spostasse figura 1.1 perpendicolarmente alla retta di azione della forza stessa. 1 Esempio 4: nessun dispendio di risorse è richiesto per mantenere la Luna in una orbita approssimativamente circolare con velocità di modulo costante attorno alla Terra. In un tale moto la traiettoria è in ogni punto perpendicolare alla retta lungo cui agisce la forza di gravità. Da queste e da molte altre osservazioni si ricava la necessità di quantificare, tramite una opportuna grandezza fisica, la seguente evidenza: l’effetto di una forza su di un punto materiale che si sta spostando è differente se la forza in questione ha una componente diretta lungo lo spostamento oppure se è perpendicolare allo spostamento stesso. Tale necessità conduce alla definizione della grandezza fisica nota come lavoro nella maniera seguente. G Quando un punto materiale, sottoposto all’azione di una forza costante F , subisce uno G G spostamento rettilineo individuato da un vettore ∆s , diremo che la forza F , in relazione G allo spostamento ∆s ha compiuto il lavoro elementare: G G | F || ∆s | cos α dove con α si intende l’angolo formato dalla forza e dallo spostamento. Indicheremo il lavoro elementare con il simbolo ∆L , e per esprimerlo useremo anche la scrittura G G G G G sintetica F ⋅ ∆s ≡| F || ∆s | cos α , che prende il nome di prodotto scalare fra i due vettori F G e ∆s . Il prodotto scalare di due vettori ha per risultato la moltiplicazione dell’intensità di uno qualunque dei due per la proiezione dell’altro su di esso e per il segno di cos α , che indica se questa proiezione punta nello stesso verso dell’altro vettore oppure in verso opposto. Come si vede in figura 1.1 il segno del lavoro elementare ha un significato fisico: G G una forza F che, relativamente ad uno spostamento ∆ s , compie lavoro elementare positivo, sta contribuendo al moto nella direzione dello spostamento, mentre se compie G un lavoro negativo sta contrastando il moto nella direzione di ∆ s . Un lavoro positivo è detto anche lavoro motore, mentre un lavoro negativo è detto lavoro resistente. E’ importante notare che: 1. Il lavoro elementare ∆L , benché sia una grandezza costruita a partire da due vettori, è uno scalare e non un vettore G 2. La forza F in esame non è necessariamente la sola ad agire sul punto materiale G 3. La forza F in esame non è necessariamente la causa dello spostamento La definizione data non è tuttavia di molta utilità nel caso generale. Infatti abbiamo supposto uno spostamento rettilineo ed una forza costante per poter esprimere il lavoro elementare, mentre di solito si ha a che fare con spostamenti più complessi, che seguono traiettorie curve, e con forze che variano la loro direzione e la loro intensità in ogni punto dello spazio. 2 G Per poter rendere operativo il concetto di lavoro in Fi αi questi casi, dovremo immaginare di suddividere la G B traiettoria in tanti spostamenti elementari ∆si , così G G F4 piccoli da poter essere considerati rettilinei. Gli ∆si spostamenti elementari dovranno inoltre essere così G G F 3 minuti rispetto alla scala sulla quale varia F , che G G gli eventuali cambiamenti di direzione ed intensità ∆s3 F2 G della forza al loro interno possano essere trascurati. α2 F1 G G Ad ognuno dei ∆si potremo così associare un α1 ∆s2 G G vettore costante Fi , che rappresenti la forza F nel G ∆s1 tratto interessato da quello spostamento A G G elementare, ed un angolo αi fra ∆si ed Fi . figura 1.2 Con questi accorgimenti possiamo definire come G lavoro L compiuto dalla forza F , in relazione allo spostamento di un punto materiale da una posizione A nello spazio ad una posizione B, la somma dei lavori elementari ∆Li che G la forza compie durante gli spostamenti elementari ∆si nei quali può essere scomposta la traiettoria che il punto segue per andare da A verso B: G G L = ∑ ∆Li = ∑ | Fi || ∆si | cos αi i i In effetti questa definizione contiene un certo grado di approssimazione: non ci viene detto in che modo, nella pratica, dobbiamo effettuare la scomposizione in spostamenti elementari della traiettoria! In generale, infatti, si potranno avere valori differenti del G lavoro a seconda di quanto si scelgono grandi i vettori ∆si . Sarebbe bene avere una definizione di lavoro più accurata, che non dipendesse da tale scelta. G Quello che possiamo ragionevolmente ritenere è che, quanto più sono piccoli i ∆si , tanto più nel dettaglio descriviamo l’azione della forza. Osservando la definizione di L si nota però che quando gli spostamenti elementari si avvicinano ad assumere un valore nullo, il lavoro si riduce ad una sommatoria di numeri prossimi a degli zeri. Si potrebbe pensare che il risultato di tale sommatoria sia zero, ma non è così. Infatti, più piccoli scegliamo i G ∆si , più finemente stiamo suddividendo la traiettoria, e maggiore sarà il numero degli addendi che dovremo includere. Detto diversamente, quando la lunghezza degli spostamenti elementari si approssima a zero, il loro numero si approssima ad essere infinito, e questo in qualche modo impedisce che la sommatoria dia un risultato nullo. Stiamo sommando addendi sì di entità microscopica, ma in numero infinito; è un po’ come scomporre una torta nelle sue briciole G e poi ricomporle: otterremo di nuovo la torta completa! Quindi, mentre il singolo ∆si va perdendo di significato facendosi piccolissimo, così non è per l’intera sommatoria che ci dà L: essa andrà stabilizzandosi attorno ad un valore ed accadrà che ad un certo punto, per quanto possiamo fare piccoli gli spostamenti elementari, il valore del lavoro G corrispondente non cambierà più. L’ambiguità di risultato dovuta alla scelta dei ∆si che 3 avevamo evidenziato, si elimina assumendo come lavoro il numero attorno a cui la sommatoria che dà L si stabilizza. Questo è il criterio rigoroso di calcolo da seguire per ottenere il lavoro di una forza non costante lungo una traiettoria curva. Applicarlo praticamente, cioè quantificare il fatto che infittire indefinitamente la suddivisione della traiettoria, comporta uno stabilizzarsi del valore della sommatoria che dà L intorno ad un numero, è una operazione che prende il nome di passaggio al limite. Tuttavia nei casi in cui la forza si mantenga costante in direzione e verso e la traiettoria che il punto segue è rettilinea, la definizione è priva di ambiguità ed il calcolo diviene semplice. 1.2 Richiami sulla forza gravitazionale m2 L’esperienza mostra che due masse puntiformi, poste nel vuoto a distanza r, interagiscono con una forza attrattiva diretta lungo la retta congiungente i due punti, la cui r intensità è tanto maggiore quanto più le masse sono vicine e m 1 tanto maggiore quanto maggiore è il valore di ciascuna di esse: figura 1.3 G m1m2 F =G r2 Con m1 e m2 abbiamo indicato i valori delle rispettive masse espressi in Kg, ed r ed F sono ovviamente espressi in metri e Newton. G è una costante di proporzionalità che nel Nm2 Sistema Internazionale vale G = 6.67 × 10−11 , e le sue unità di misura sono quelle che Kg2 occorrono per far tornare Newton al primo membro. Rimarchiamo il fatto che la legge sopra esposta, detta legge di gravitazione universale, vale esclusivamente per oggetti puntiformi1 oppure oggetti estesi di dimensioni molto minori della loro distanza. Per avere una espressione della legge di gravitazione in termini vettoriali, che contenga cioè anche informazioni sul verso della forza, dovremo aggiungere il simbolo di un versore rˆ12 . Intendendo con rˆ12 un vettore di modulo 1 orientato dalla prima massa, m1 verso la seconda m2 , ed eliminando il modulo, si ottiene: G mm F12 = −G 1 2 2 rˆ12 r 1 Va detto anche che nel momento in cui assumiamo che le masse siano puntiformi, e che tutte le loro proprietà possano essere individuate da una grandezza scalare m, anche solo da motivi di simmetria si potrebbe dedurre che la loro interazione deve essere diretta lungo la congiungente, in quanto in uno spazio vuoto con le sole due masse in studio, non si potrebbe definire nessun’altra direzione in modo univoco. 4 m1 G G m2 La formula ora fornisce, oltre all’intensità, F21 F12 anche la direzione attrattiva della forza che la G massa m1 esercita su m2 . Si noti che F12 va figura 1.4 G pensata applicata su m2 mentre F21 applicata su m1 , come si vede in figura 1.4. Riflettere anche sul fatto che, a norma del principio di G G azione e reazione, è sempre e comunque F12 = −F21 anche se m1 e m2 sono molto differenti in valore, ad esempio la Terra e la Luna2. A completamento di quanto detto va enunciata l’altra fondamentale proprietà dell’interazione elettrica, che va sotto il nome di principio di sovrapposizione. Nel caso in cui si avesse a che fare con tre o più masse puntiformi, vincolate a stare in prefissate posizioni, ci si potrebbe chiedere se la presenza di m3 accanto a m1 e m2 impedisca di utilizzare la legge di gravitazione nella stessa forma, o per dire meglio dire in che modo m3 modifica la forza che le altre due si scambiano quando essa non c’è. L’esperienza mostra che vale una regola additiva degli effetti: la forza che m2 e m3 esercitano su m1 è pari alla somma vettoriale delle forze che m2 eserciterebbe su m1 come se m3 non ci fosse, e della forza che m3 eserciterebbe su m1 come se m2 non ci fosse. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE: IN UN INSIEME DI TRE O PIÙ MASSE PUNTIFORMI, LA FORZA CON LA QUALE INTERAGISCONO DUE QUALUNQUE DI LORO PUÒ ESSERE CALCOLATA COME SE LE ALTRE NON CI FOSSERO, E LA FORZA RISULTANTE SU UNA QUALUNQUE DI ESSE È LA SOMMA VETTORIALE DI TUTTE LE FORZE CALCOLATE IN QUESTO MODO. Un oggetto rigorosamente puntiforme è una entità solo teorica, tuttavia le particelle elementari possono essere considerate puntiformi, ma a patto che la distanza r che è coinvolta nella legge di gravitazione sia molto grande rispetto alle loro dimensioni. Per oggetto non puntiforme e di morfologia irregolare come quello a forma di patata in figura 1.5 l’espressione della forza gravitazionale è complessa e va calcolata ogni volta immaginando di suddividerlo in tanti punti materiali (ad esempio le molecole che lo costituiscono). La sua azione gravitazionale su di una massa puntiforme nello spazio, si calcola attraverso una successiva applicazione della regola del parallelogramma per figura 1.5 sommare l’interazione della massa esterna con ciascuno dei punti della patata. 2 Ciò che differisce in questo caso sono le accelerazioni dei due corpi. Se la Terra è il corpo 1 e la Luna il corpo 2, F12 F21 , quella della Terra vale a1 = . Essendo F12 = F21 per il m LUNA M TERRA principio di azione e reazione, ed inoltre essendo m LUNA M TERRA , sarà anche a1 a2 così che la Terra non la l’accelerazione della Luna vale a2 = vediamo praticamente muoversi mentre la Luna orbita intorno ad essa. 5 Tuttavia una notevole proprietà delle forza gravitazionale che studieremo, nota come teorema di Gauss, fa sì che la legge di gravitazione universale valga anche per oggetti estesi nei quali la massa sia distribuite con simmetria rigorosamente sferica, ad esempio un pianeta. Si può mostrare che se due masse sono sferiche, esse interagiscono secondo la legge di gravitazione, dove però al posto di r andrà inserita la distanza fra i loro centri. Nel caso di un corpo che si trovi sulla superficie del nostro pianeta si sfrutta questa importante proprietà per la Terra A G che ha simmetria sferica e la si tratta come ∆s1 m un punto avente la stessa massa del G G α1 ∆s2 pianeta e posto nel centro. Inoltre si F1 G F2 G α2 approssima anche il corpo con un punto, G F3 dato che le sue dimensioni sono α3 ∆s 3 trascurabili rispetto a quelle del pianeta. In questo modo la forza risultante si può α4 scrivere: α5 ⎡ ⎤ G mM M Terra Terra ⎥ F = ⎢⎢G ≡ mg 2 ⎥ ≈ mG 2 M α6 R Terra ⎢⎣ (RTerra + h ) ⎥⎦ α7 e sostituendo i valori noti, si ha g = 9.81 m/s2 , avendo trascurato l’altezza da terra h rispetto al raggio del pianeta. B figura 1.6 1.3 La forza gravitazionale è conservativa Vogliamo ora mettere in evidenza una notevole proprietà del lavoro svolto dalla forza gravitazionale. Poniamoci in una regione di spazio che sia sede di una forza gravitazionale G FG dovuta ad una massa puntiforme M. In un punto A vi sia un’altra massa puntiforme m, così piccola rispetto a M, da poter trascurare la sua azione nello spazio rispetto alla forza dovuta ad M. Supponiamo ora che la massa m si sposti dalla posizione A ad una nuova posizione B, seguendo una traiettoria qualunque. Si faccia attenzione perché non si sta dicendo che è la forza gravitazionale dovuta ad M, ad essere la causa dello spostamento. In generale potremo 1 B A m 2 M figura 1.7 6 pensare di prendere m con le nostre mani e di portala da A in B, e durante una tale operazione la forza gravitazionale potrebbe sia agevolarci che fare resistenza: dipenderà dalle reciproche posizioni A e B rispetto ad M. Durante il percorso, in ogni caso, il punto G di applicazione di FG si sposta: suddividendo la traiettoria seguita da m negli spostamenti G G G elementari ∆s1 , ∆s2 , … ∆sN , in corrispondenza dei quali la forza gravitazionale assume i G G G valori F1 , F2 , … FN , come in figura 1.6, possiamo calcolare il lavoro svolto dalla forza G G gravitazionale in relazione a tale spostamento, e cioè: LGA→B = ∑ | Fi || ∆si | cos αi . i Mostriamo adesso che se scegliamo di andare da A in B seguendo una traiettoria differente, LGA→B non cambia. Consideriamo la figura 1.7, dove sono mostrate due posizioni qualunque A e B, ed è stata costruita una quadrettatura dello spazio intorno ad M facendo uso solo di linee radiali e circolari. Supponiamo ora di muovere m da A in B spostandosi solamente lungo dei pezzettini di quadrettatura. In figura 1.7 sono evidenziate due traiettorie di questo tipo, individuate dai numeri 1 e 2, ma molte altre G sono possibili. Ora il lavoro svolto dalla forza gravitazionale FG lungo uno dei tratti G circolari è chiaramente zero dato che FG è sempre diretta lungo la direzione radiale, perpendicolare in ogni punto a qualunque circonferenza centrata in M. G Durante un qualunque tratto radiale, invece, FG forma sempre, con la traiettoria, un angolo che sarà di 0° se m si sta movendo verso l’interno (e quindi cos α = 1 ) oppure di 180° se m si sta movendo verso l’esterno (e quindi cos α = −1 ). G Qualunque sia la traiettoria che si segue per andare da A in B, al lavoro LG di FG contribuiranno quindi solo gli spostamenti lungo i tratti radiali. Il calcolo di LG non è G comunque immediato, perché lungo i tratti radiali l’intensità di FG varia, a norma della G Mm legge FG = G 2 , proporzionalmente all’inverso del quadrato della distanza, con una r intensità che ha una simmetria sferica. Va infatti osservato che, ponendoci ad una fissata distanza r da M, non ha nessuna importanza trovarsi sopra di essa o sotto, oppure ad est o a nord: misureremo sempre la G stessa attrazione gravitazionale e quindi, nel caso in esame, avrà la stessa intensità la FG che agisce sulla massa m che stiamo movendo. Questa proprietà permette di concludere che quando spostiamo m da A in B lungo la G traiettoria 1, il lavoro LA1 →B che FG compie è uguale al lavoro LA2 →B che compie lungo la traiettoria 2. Infatti in entrambi i casi la somma dei percorsi radiali che m segue è esattamente la stessa, ed è pari alla differenza fra il raggio della circonferenza che passa per B e quello della circonferenza che passa per A. Potremmo anche divertirci a considerare dei percorsi più complessi che da A portano in B, percorsi comprendenti delle anse, con tratti in cui m procede prima avanti, poi indietro e poi ancora avanti. Ma il risultato non cambierebbe: ogni tratto radiale percorso due volte in direzioni opposte, comporterebbe un lavoro complessivamente nullo, dato che, come si è visto, cos α = 1 quando ci si avvicina ad M e cos α = −1 quando si procede allontanandosi M. 7 Che dire però di una traiettoria qualunque, come quella in figura 1.6, che non segue tratti radiali e circolari? Scegliendo una quadrettatura sufficientemente fitta, è sempre possibile approssimare, con la precisione desiderata, una traiettoria curvilinea qualunque con un percorso fatto di tratti radiali e circolari. Con attenzione al dettaglio di ciò che succede negli spigoli, si può dimostrare che calcolare il calcolo del lavoro lungo la spezzata radiale e circolare è proprio lo stesso che calcolarlo lungo la traiettoria curva. Risulta così verificata l’importante proprietà per cui: IL LAVORO DELLA FORZA GRAVITAZIONALE DOVUTA AD UNA MASSA PUNTIFORME M, RELATIVO ALLO SPOSTAMENTO DI UNA PICCOLA MASSA m DA UN PUNTO A AD UN PUNTO B, NON DIPENDE DALLA TRAIETTORIA SEGUITA DA m PER ANDARE DA A IN B. QUESTO CONCETTO SI ESPRIME SINTETICAMENTE DICENDO CHE LA FORZA GRAVITAZIONALE È CONSERVATIVA. Grazie al principio di sovrapposizione avremo anche che, qualunque sia la configurazione che origina la forza gravitazionale: un pianeta, un asteroide, un corpo dalla morfologia irregolare, essendo questa il risultato della azione di tante masse puntiformi, ed essendo conservative tutte le singole forze gravitazionali corrispondenti, lo sarà anche la forza dovuta all’intera distribuzione di massa. Va osservato anche che la caratteristica della forza gravitazionale di essere conservativa è stata dimostrata facendo unicamente uso del fatto di essere centrale, cioè di dipendere solo dalla distanza r da un punto. In linea di principio per qualunque forza centrale, come ad esempio la forza elettrostatica, si può ripetere il ragionamento. R 1.4 L’energia potenziale gravitazionale Se siamo in una regione che sia sede di una forza G gravitazionale FG , torna particolarmente utile definire una posizione di riferimento R. In questo modo infatti, in qualunque punto dello spazio A si trovi una massa puntiforme m, potremo associare ad esso, senza ambiguità, il lavoro LGA→R che le forze 1 2 A m 3 G r gravitazionali che svolgono se qualcuno prende la figura 1.8 massa m e la porta da A nella posizione di riferimento. Sappiamo infatti che tale lavoro non dipende dalla traiettoria (ad esempio 1, 2 o 3 in figura 1.8) che si decide di seguire per portare m in R, e quindi non è necessario G specificare altro. Individuando quindi ogni posizione dello spazio con un vettore r , G avremo così la possibilità di costruire una funzione U (r ) , alla quale diamo il nome di 8 energia potenziale gravitazionale della massa puntiforme m rispetto alla posizione di riferimento R: G S I CHIAMA ENERGIA POTENZIALE GRAVITAZIONALE U (r ) , DI UNA MASSA PUNTIFORME m, G CHE SI TROVI IN UN PUNTO DELLO SPAZIO INDIVIDUATO DA UN VETTORE r , IL LAVORO CHE LA FORZA GRAVITAZIONALE COMPIE QUANDO m SI SPOSTA, DA DOVE STA, IN UNA POSIZIONE SCELTA COME RIFERIMENTO. Chiaramente ad una scelta differente della posizione di riferimento corrisponderà un valore differente dell’energia potenziale. L’energia potenziale è un po’ come la distanza: non possiamo dire semplicemente “la mia distanza è 4 km”, dobbiamo riferirci a qualcosa. In base alla nostra definizione avremo che l’energia potenziale nella posizione di riferimento A B R dovrà essere zero perché, se la massa m già si trova in R, evidentemente nessuno spostamento m deve essere fatto per portarcela e quindi nessun lavoro viene compiuto dalla forza gravitazionale. figura 1.9 Spostiamo ora la massa m dalla posizione A ad una posizione B: la forza gravitazionale compirà il lavoro LGA→B . Supponiamo poi di eseguire lo stesso spostamento seguendo la via più lunga: portiamo prima m da A in R e poi, successivamente, da R in B, come in figura 1.9. E’ una via scomoda, è come se per andare da Roma a Firenze decidessimo di passare per Milano: tuttavia alla fine saremo comunque giunti a Firenze. In questo caso la forze gravitazionale compirà prima il lavoro LGA→R e poi il lavoro LGR→B . Ma sappiamo che, per quanto articolata sia la traiettoria che si segue, essendo una forza conservativa ad operare, il lavoro complessivamente svolto deve essere lo stesso di prima, e cioè: LGA→B = LGA→R + LGR→B Dalla definizione che abbiamo dato risulta che LGA→R = U A mentre LGB →R = U B . Ma percorrere al contrario la traiettoria da R verso B significa solamente invertire la direzione G di tutti i ∆si e quindi cambiare il segno di tutti i cos αi , con il risultato che avremo cambiato di segno a tutto il lavoro: LGR→B = −LGB →R = −U B . Si ottiene dunque: LGA→B = U A −U B = −(U B −U A ) = −∆U dove – lo ricordiamo‐ il simbolo delta ( ∆ ) davanti ad una grandezza indica il valore finale meno il valore iniziale. Abbiamo così mostrato l’utilità pratica della funzione energia G potenziale U (r ) : quando una massa m si sposta da una posizione A individuata dal 9 G G vettore rA , ad una posizione B individuata dal vettore rB , possiamo ottenere il lavoro LGA→B svolto dalle forze del campo gravitazionale senza effettuare materialmente il calcolo suddividendo la traiettoria in spostamenti elementari, ma semplicemente facendo la differenza fra il valore che l’energia potenziale gravitazionale assume nella posizione iniziale quello che assume nella posizione finale: G G LGA→B = U (rA ) −U (rB ) 1.5 L’energia potenziale della forza gravitazionale in prossimità della Terra Abbiamo visto che in prossimità della superficie terrestre una buona approssimazione della forza gravitazionale è G G FG = mg . Fissiamo un riferimento con l’asse delle ordinate verticale orientato verso l’alto: vogliamo ora ricavare una espressione per l’energia potenziale gravitazionale nelle stesse condizioni. Bisognerà innanzitutto scegliere una posizione di riferimento. Solitamente conviene prenderla pari al livello del suolo, dove l’altezza y è zero. In base alla definizione, l’energia potenziale gravitazionale di un punto materiale che si trova ad altezza y > 0 è pari al lavoro fatto dalla forza gravitazionale quando il punto si porta nella posizione di riferimento. In questo caso si tratta di calcolare del lavoro motore, dato che è proprio la forza gravitazionale a portarcelo, e pertanto l’energia potenziale sarà positiva, e pari a: U (y ) = FG ∆s cos α = mg y y α = 0° G FG G ∆s 0 G ∆s α = 180° G FG essendo chiaramente α = 0° e quindi cos α = 1 . Se invece la particella si trovasse in una buca a quota y < 0 avremmo α = 180° , da cui cos α = −1 , e quindi l’energia potenziale sarebbe negativa. Infatti la forza gravitazionale si oppone ad uno spostamento di m nella posizione di riferimento, compiendo lavoro resistente, e così dobbiamo agire con una forza esterna. A titolo di esempio calcoliamo il lavoro fatto dalla gravità su di un bambino di massa m = 34.0 Kg , che scende lungo uno scivolo alto 3.00 metri. Se la forza di gravità non fosse conservativa ci occorrerebbe il dettaglio della traiettoria ricurva seguita dal bambino, per poi scomporla in tratti elementari e calcolare così il lavoro. Ma sappiamo che LGA→B = U A −U B , e così: LA→B = mgyA − mgyB = 34.0 × 9.81 × 3.00 − 0.00 = 1.00 × 103 J . Dove J sta per Joule, ed indica l’unità di misura del lavoro e quindi dell’energia potenziale: [J] = [N ][ m ] . 10 2 Il teorema dell’energia cinetica 2.1 L’energia cinetica G at Se un punto materiale si sta movendo con una velocità di JG modulo v1 , per portarlo ad un valore di velocità di modulo JG maggiore v2 , è necessario accelerarlo. Ricordiamo che il G an G G F a = m vettore accelerazione ha due componenti, una normale alla G traiettoria, responsabile della variazione di direzione di v , ed G una tangenziale alla traiettoria, responsabile della variazione di intensità di v . Per conferire al punto un’accelerazione che cambi il modulo della velocità, il risultante JG complessivo F di tutte le forze applicate ad esso deve avere un componente parallelo alla velocità, cioè deve essere in grado di conferire accelerazione tangenziale al punto. Secondo la definizione data , tale forza compie del lavoro L = ∑ ∆Li dove: i G G ∆Li = Fi ∆si cos αi ≡ Fi ⋅ ∆si . G avendo suddiviso la traiettoria in tratti elementari ∆si , all’interno dei quali la forza G G G assume tanti diversi valori costanti Fi . L’ultima scrittura sintetica Fi ⋅ ∆si prende il nome G G di prodotto scalare fra i due vettori Fi e ∆si . Calcoliamo il valore di tale lavoro esplicitamente. Dalla seconda legge della dinamica in forma vettoriale, all’interno di G ciascuno dei tratti elementari ∆si si ha (omettendo l’indice i per non appesantire): G G G G F = ma = m (at + an ) da cui: G G G G G ∆L = F ⋅ ∆s = m (at + an ) ⋅ ∆s = G G G G = m (at ⋅ ∆s + an ⋅ ∆s ) = = m at ∆s cos 0° + m an ∆s cos 90° = = m at ∆s G Ricordiamo ora che la componente tangenziale dell’accelerazione a t è quella responsabile G della variazione del modulo della velocità, mentre quella normale a n della variazione di direzione. Possiamo applicare le leggi orarie dello spazio e della velocità lungo l’ascissa curvilinea s che segue la traiettoria, della quale allora ∆s = s − s 0 rappresenta la variazione di posizione, v1 , v2 i moduli della velocità all’inizio ed alla fine del tratto ed indichiamo at semplicemente con a : 1 ∆s = s − s 0 = v1t + at 2 2 e: v2 = v1 + at 11 JG G così il lavoro compiuto dalla forza F nel tratto ∆si si scrive: ⎛ 1 ⎞ ∆L = ma ∆ s = ma ⎜⎜v1t + at 2 ⎟⎟⎟ ⎝ 2 ⎠ Dalla legge oraria della velocità si ricava, come al solito il tempo: t = v2 − v1 , e a l’espressione diventa: ⎛ 1 ⎞ ∆L = ma ⎜⎜v1t + at 2 ⎟⎟⎟ = ⎝ 2 ⎠ 2 ⎛ v −v 1 (v2 − v1 ) ⎞⎟⎟ ⎜ 2 1 ⎜ = ma ⎜v1 + ⎟⎟ = a a 2 ⎜⎝ ⎠⎟ ⎛ ⎞ 1 1 1 1 = m ⎜⎜ v1v2 − v12 + v22 + v12 − v1v2 ⎟⎟⎟ = mv22 − mv12 ⎝ ⎠ 2 2 2 2 Nella sommatoria dei lavori elementari i termini si elidono a coppie: L = ∆L1 + ∆L2 + ... + ∆LN = 1 1 1 1 1 mv22 − mv12 + mv32 − mv22 + ... + mvN2 = 2 2 2 2 2 1 1 2 2 = mv finale − mviniziale 2 2 = Se poi la velocità iniziale era nulla, cioè se il punto stava fermo, si ha che il lavoro compiuto dalla forza per portarlo fino alla velocità v vale: 1 L = mv 2 ≡ EC 2 Questa grandezza prende il nome di energia cinetica EC . SI CHIAMA ENERGIA CINETICA DI UN PUNTO MATERIALE CHE SI MUOVE CON VELOCITÀ v, IL LAVORO CHE È NECESSARIO COMPIERE PER PORTARE IL PUNTO MATERIALE DA FERMO FINO ALLA VELOCITÀ v. Si noti che la forza F non compare più nella espressione dell’energia cinetica, la quale rappresenta una proprietà del punto. Il suo valore ci informa del fatto che se un punto materiale si muove con velocità v, per portarlo da fermo fino a quella velocità è stato 1 compiuto del lavoro, e questo lavoro vale mv 2 indipendentemente dall’intensità della 2 forza che ha accelerato il punto, di cui non si ha più traccia. Se poi, invece di partire da fermo, il punto materiale aveva già una velocità iniziale (e quindi una energia cinetica iniziale), il lavoro compiuto da una forza su di esso per accelerarlo fino ad un valore finale di velocità (e quindi ad un valore finale dell’energia cinetica), è pari alla variazione di energia cinetica, cioè: 12 L= 1 1 2 2 mv finale − mviniziale = (EC )f − (EC )i = ∆EC 2 2 Un tale risultato è noto come: TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA: IL LAVORO COMPLESSIVO SVOLTO DA TUTTE LE FORZE APPLICATE AD UN PUNTO MATERIALE È PARI ALLA VARIAZIONE DELLA SUA ENERGIA CINETICA L’energia cinetica, in quanto lavoro compiuto per portare il punto materiale fino alla velocità v ha le dimensioni fisiche di un lavoro, quindi la sua unità di misura sono ancora i Joule. 2.2 Un’altra interpretazione dell’energia potenziale gravitazionale Come abbiamo più volte sottolineato, l’energia potenziale di una massa puntiforme m esprime il lavoro delle forze del campo gravitazionale in relazione ad uno spostamento di m in una prefissata posizione di riferimento R . Abbiamo anche detto che nel caso in cui le forze gravitazionali si opponessero a tale spostamento compirebbero un lavoro LG negativo, e quindi l’energia potenziale di m sarebbe negativa, e nel caso in cui lo agevolassero, un lavoro LG positivo, ed in corrispondenza avremmo una energia potenziale positiva. Dovremo quindi considerare il caso generico in cui possa essere necessario l’intervento di una forza esterna per guidare la massa m nella posizione R che abbiamo scelto, ed anche questa forza esterna compirà del lavoro in relazione allo spostamento di m in R. Nel caso più generale, supporremo una tale forza non conservativa, e la indicheremo con G G FNC : se volessimo conoscere il lavoro LNC che FNC compie dovremmo effettuarne il calcolo esplicito. Ma dal teorema dell’energia cinetica sappiamo che se su di un corpo puntiforme di massa m viene complessivamente svolto il lavoro LTOT , tale lavoro è pari alla variazione di energia cinetica: 1 1 2 LTOT = mvfin − mvin2 2 2 ma essendo LTOT = LG + LNC , e potendo esprimere LG come: LG = −∆U = U in −U fin , si ha: LG + LNC = U in −U fin + LNC e sostituendo otteniamo: 1 1 2 U in −U fin + LNC = mv fin − mv in2 2 2 13 Da questa relazione si vede che se non c’è variazione di energia cinetica, e quindi G 1 1 2 mvfin = mvin2 , il lavoro di FNC ha lo stesso valore di quello delle forze campo 2 2 gravitazionale, ma segno opposto: LNC = U fin − U in = −LG Pertanto l’energia potenziale ha anche una interpretazione differente: supponiamo che, in una regione sede di forze gravitazionali, la massa m si trovi ferma nella posizione di riferimento, e la si voglia portare in una certa posizione A dove alla fine sarà ferma. Il lavoro che dovremo fare per portarla in A, sarà l’opposto del lavoro LNC sopra considerato, quando m veniva portata da A nella posizione di riferimento, dato che stiamo percorrendo la stessa traiettoria semplicemente in verso opposto a prima. Dato che il lavoro di prima valeva −LG , questo nuovo valore del lavoro sarà uguale a LG , e cioè all’energia potenziale nella posizione A. Va sottolineato, però, che questa interpretazione dell’energia potenziale come lavoro di una forza esterna per portare m da R in A, è corretta solo se non c’è variazione di energia cinetica, vale a dire se m parte ferma in R ed arriva ferma in A, oppure, se la sue velocità iniziale e finale sono uguali, altrimenti il lavoro della forza esterna risulta indeterminato. 1 1 2 Prendendo poi l’equazione U in −U fin + LNC = mv fin − mv in2 , nel caso in cui le forze non 2 2 conservative non compiono lavoro (potrebbero essere assenti oppure perpendicolari alla traiettoria), abbiamo l’importante risultato: 1 1 2 U in + mvin2 = U fin + mvfin 2 2 che prende il nome di teorema di conservazione dell’energia per un punto materiale, dove: 1 2 SI CHIAMA ENERGIA DI UN PUNTO MATERIALE DI MASSA M LA GRANDEZZA E = U + mv , 2 SOMMA DELL’ ENERGIA POTENZIALE (SE È SOGGETTO A FORZE CONSERVATIVE) E DELL’ ENERGIA CINETICA DI TRASLAZIONE3. 3 Più in generale per un corpo rigido esteso dovremo includere anche l’energia cinetica di rotazione. 14