Il test DFU (Disegno della Figura Umana)

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Il test DFU (Disegno della Figura Umana) valutato mediante
le reti neurali in pazienti borderline
DAP (Draw a Person) test evaluated by neural networks
in borderline patients
FRANCO BURLA, LEONARDO CONTRERAS, PAOLO GENTILI
Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica, Università di Roma, La Sapienza
RIASSUNTO. Introduzione. Il presente lavoro utilizza una rete neurale (con funzionamento Back Propagation) che analizza
i tratti del Disegno della Figura Umana (DFU), per la risoluzione di un problema complesso quale l’individuazione di configurazioni borderline. Per la fase di apprendimento della rete sono stati utilizzati i disegni di 60 pazienti, divisi in tre gruppi di
20, caratterizzati rispettivamente, da patologie borderline, nevrotiche e psicotiche. Per la valutazione del disegno è stato messo a punto e utilizzato un modello articolato in 112 segni DFU, ciascuno dei quali indicativo di tratti di personalità rilevanti per
le patologie in esame. È stato quindi richiesto alla rete neurale di classificare, sulla base dell’apprendimento eseguito, i disegni
di 81 nuovi pazienti: 27 borderline, 27 nevrotici e 27 psicotici. Risultati. La rete è riuscita a classificare correttamente l’81% dei
pazienti borderline ed inoltre l’89% dei nevrotici e il 74% degli psicotici, che componevano il gruppo degli 81 nuovi pazienti.
Il disegno di figura umana sembra quindi contenere informazioni utili per l’individuazione di pazienti borderline e la rete neurale in grado di impiegarli al meglio, associandole e assegnando loro pesi diversi in funzione del ruolo da svolgere nella classificazione.
PAROLE CHIAVE: disegno della figura umana, disturbo Borderline di personalità, reti neurali
SUMMARY. Introduction. Present study use a Neural Network (with operation Back Propagation) that analyze the features
of the Draw a Person Test, for the resolution of a complex problem, the individuation of borderline configurations. For the
phase of learning of the network the designs of 60 patients have been used, divided in three groups of 20 patients, characterized by borderline, neurotics and psychotics pathologies. For the appraisal of designs has been put to point and used an articulates model in 112 signs DAP, everyone of which indicative of important features of personality for the pathologies in examination. Therefore has been demanded at the neural network to classify, on the base of the learning executed, the design
of 81 new patients: 27 borderlines, 27 neurotics, 27 psychotics. Results. The network has succeeded to classify the 81% of the
borderline patients and moreover the 89% of neurotics and the 74% of the psychotics, that they compose the group of the 81
new patients. Therefore Draw a Person Test seems to contain useful information for the individuation of borderline patients
and the neural network in a position to employing them, associating them and assigning them various weights in function of
the role to carry out in the classification.
KEY WORDS: draw a person test, Borderline personality disturbance, neural networks
INTRODUZIONE
In ambito di valutazione della personalità il presupposto del test Disegno della Figura Umana, è che attraverso il DFU l’individuo proietti la propria immagine corporea e l’immagine di sé entro lo spazio delimi-
tato dal foglio bianco (Lis, 1998) (1). Il disegno di una
figura umana rappresenta così una espressione della
personalità tale da consentire di trarre inferenze su
aspetti della stessa, quali il vissuto del corpo, identità
sessuale, l’ansia, l’aggressività, l’autostima, ecc... Dopo
la pubblicazione della Machover, il DFU si diffuse ra-
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pidamente e divenne il test proiettivo più usato dopo il
Rorschach, anche per la facilità e rapidità della sua applicazione. Anche se il concetto che il disegno della figura umana sia una proiezione dell’immagine corporea è comunemente accettato, esiste tuttavia una notevole divergenza di opinioni sulla sua validità ed attendibilità. In primo luogo le ipotesi interpretative alla
base del test, sorte in ambito clinico, hanno trovato solo parziali conferme nella ricerca quantitativa e sperimentale. Ad esempio, Swensen, nel 1957 (2), e Robach
nel 1968 (3), hanno confutato la teoria “dell’immagine
corporea” della Machover. Inoltre i tentativi di validazione del test hanno prodotto risultati contrastanti e,
troppo spesso, la valutazione clinica appare fondata su
interpretazioni personali dell’osservatore. Altre ricerche, anche queste con risultati contrastanti, si sono focalizzate sulle correlazioni tra DFU e autostima o concetto di sé, con gli indicatori emozionali di Koppitz o
valutando indici come la dimensione o la posizione sul
foglio della figura disegnata (Prytula e Thompson,
1973 /4); Nathan 1973 (5)).
I tratti del DFU più spesso valutati per la loro validità sono stati: la misura della figura e la sua posizione
sul foglio, la posizione del corpo, la qualità del tratto, le
ombreggiature e le cancellature, le omissioni, le distorsioni e le trasparenze, la simmetria, il sesso della figura
disegnata per prima. Swensen (1957) (2) riferisce che
alcuni di questi indici hanno avuto delle verifiche di
validità ma anche dei risultati negativi. Per l’autore i
fattori globali e l’impressione generale sul disegno sono molto più validi dei singoli tratti. Conclusioni analoghe sono raggiunte da Roback (1968) (3). Klopfer e
Taulbee (1976) (6), in una rassegna sulla validità delle
tecniche proiettive più usate, tra cui il DFU, arrivano a
conclusioni piuttosto pessimiste. In particolare è stato
dimostrato che psicologi esperti non riescono a distinguere con accuratezza superiore al puro caso i disegni
di schizofrenici da quelli di soggetti normali (Whitmyre, 1953 (7); Wanderer, 1969 (8); Cvetkovich 1979 (9)).
Hammer (1978) (10) ha analizzato due aree sulle
quali si concentrano le maggiori difficoltà tra chi usa i
disegni come strumenti diagnostici:
a) diagnosi differenziale tra la condizione schizoide e
quella borderline e tra la schizofrenia e le condizioni schizofreniche conclamate;
b) diagnosi differenziale dei soggetti con le lesioni cerebrali organiche. Le sue conclusioni sono state che
gli indici del DFU differenziano molto bene sani e
nevrotici da psicotici, mentre sono molto meno validi nel differenziare i portatori di deficit mentali organici dalle altre categorie. Gli indici di organicità
infatti, non sono sempre presenti nei disegni di sog-
getti con deficit neurologico, anche se una buona organizzazione del disegno della figura umana serve
da sola ad escludere un deficit organico grave.
Da una rassegna della letteratura sul DFU si ricava
che la maggior mole di dati è concentrata in ambito
evolutivo, con un 3% dei lavori complessivi che si è occupata di adolescenti con comportamento antisociale,
mentre solo il 5% dei lavori complessivi sul DFU ha riguardato la psicopatologia dell’adulto.
Tra questi ultimi lavori alcuni autori hanno messo in
relazione un singolo tratto presente nel disegno con
aspetti della personalità mentre altri si sono orientati
sullo studio di configurazioni di tratti che sono in relazione con alcuni aspetti o tipi di personalità come ad
esempio le personalità narcisistiche, paranoiche, schizoidi, o i pazienti schizofrenici Roback 1968 (3); Urban
1963 (11); Wildman 1963 (12), o soggetti con immaturità psicosessuale Levi, 1958 (13) o pazienti con disturbi ossessivo-compulsivo Buck 1977 (14).
Per il Disturbo Borderline di Personalità diversi autori hanno da molto tempo ritenuto che le tecniche
proiettive potessero apportare un utile contributo alla
diagnosi.
Già Rapaport nel 1946 (15) e nel 1967 avanzava l’ipotesi che i borderline presentassero disturbi del pensiero nei test non strutturati. Secondo la sua ipotesi, in
particolare, i protocolli Rorschach dei borderline (egli
considera in questa categoria soggetti “preschizofrenici”) sarebbero meno patologici di quelli degli schizofrenici.
Kernberg nel 1975 (16) afferma che la testologia
rappresenta uno strumento indispensabile per la diagnosi del Disturbo Borderline della Personalità.
Tra i test utilizzati i più noti sono il Rorscach Test e
il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (Wallace e Martin, 1988 (17); Garter, Hurt e Garter, 1989
(18); Zalewski e Archer, 1991 (19)) e appunto il “Disegno della Figura Umana” (DFU), (Maloney e Glasser,
1982 (20); Sims, Dana e Bolton, 1983 (21)). Per quest’ultimo test l’utilizzazione è però particolarmente
complessa quando consideriamo un elevato numero di
variabili DFU in associazione tra loro. Questa difficoltà costituisce una limitazione importante per una
affidabile valutazione del test che riduce di fatto le sue
possibilità di impiego nella routine. Una possibile strada da percorrere per la soluzione di questo problema è
l’impiego dell’intelligenza artificiale come supporto
decisionale.
Negli ultimi anni si è sviluppata una nuova tecnologia di elaborazione dell’informazione che si differenzia
profondamente dall’intelligenza artificiale classica.
Questo approccio viene anche definito “connessioni-
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sta” e si parla di “reti neurali” per sottolineare l’analogia di funzionamento con le reti neurofisiologiche reali che costituiscono il sistema nervoso. Le reti neurali
sono impiegate, in particolare, nei problemi caratterizzati da informazioni complesse, incomplete e vaghe
dove è molto difficile sviluppare, in partenza, un algoritmo adeguato che specifichi tutti i passi del programma di elaborazione.
Gli Psychological Abstracts riportano, dal 1987 al
2000, circa 800 articoli che hanno come oggetto la costruzione o l’impiego delle “reti neurali”. In particolare il 40% di questi articoli descrive la progettazione di
diverse architetture di rete o lo sviluppo di diversi algoritmi di apprendimento. Tra le applicazioni le più
frequenti si riferiscono alla visione artificiale o al riconoscimento di pattern visivi (25%); all’organizzazione
spaziale e al movimento spesso collegati allo sviluppo
della robotica (10%); ai processi cognitivi con particolare riferimento al linguaggio, alla memoria, al problem solving, alle immagini mentali (10%). Il restante
campo di applicazioni riguarda aspetti più vari quali la
simulazione di danni cerebrali (per lo studio dell’epilessia e la dislessia), lo studio delle catecolamine, lo
stress, i processi decisionali quali le decisioni politiche
o la stima di terapie adeguate ecc.
Tra le applicazioni, di particolare interesse in ambito psichiatrico, c’è l’uso delle reti neurali per la simulazione di alcuni aspetti delle più note patologie psichiatriche come la Schizofrenia (Cohen e Servan-Schreiber, 1992 (22)) e il disturbo maniacale (Hoffman, 1992
(23)). I dati e i sintomi di ciascun paziente sono le
informazioni in ingresso sulle unità di input di una rete neurale. Alla rete si chiede di dare in uscita, sulle
unità di output, la diagnosi corretta per ciascun paziente. Dopo una sessione di apprendimento durante
la quale la rete è stata addestrata secondo l’algoritmo
di apprendimento back-propagation. Una rete del genere può, dopo un training adeguato, istruirsi a dare la
diagnosi giusta per ciascun paziente conosciuto e può
generalizzare dando la diagnosi corretta per pazienti
nuovi.
L’applicazione delle reti neurali alla psicodiagnosi
appare, per il momento, un settore di ricerca poco sviluppato anche se le reti, proprio per la loro versatilità,
potrebbero essere particolarmente indicate per l’interpretazione dei test.
Lo scopo della presente ricerca è di verificare se una
“rete neurale”, dopo un training di apprendimento
adeguato, sia in grado di differenziare con successo i
disegni di pazienti diagnosticati come borderline da
quelle di pazienti diagnosticati come psicotici e nevrotici.
MATERIALI E METODI
È stato impiegato per la ricerca il software Neuroshell, una rete neurale che utilizza un modello di funzionamento Back-propagation, per il quale sono state predisposte le seguenti caratteristiche: unità di entrata 112,
nodi nascosti 80, unità di uscita 3, soglia di output 0,50,
ritmo di apprendimento 0,70.
Per la fase di apprendimento della rete sono stati utilizzati i disegni di 60 pazienti inviati presso il Servizio di
Psicologia Medica del Dipartimento di Scienze Psichiatriche dell’Università “La Sapienza” di Roma per essere
sottoposti a valutazione psicodiagnostica. Il campione
era costituito da soggetti, divisi in tre gruppi di 27, che, in
base all’anamnesi e all’esame psichico, risultavano affetti rispettivamente da patologia borderline, psicosi e nevrosi. Il gruppo di pazienti borderline era composto dai
soggetti che avevano ottenuto un punteggio uguale o
maggiore di 7 nell’intervista Diagnostica per Pazienti
Borderline (D.I.B.) (Gunderson, Singer e Austin, 1981
(24)) e che rispondevano solamente ai criteri diagnostici
del DSM-IV (A.P.A.), per il Disturbo Borderline di Personalità. Il gruppo di pazienti psicotici era formato dai
soggetti che rispondevano ai criteri del DSM-IV per la
Schizofrenia e per il Disturbo Delirante. Il gruppo di pazienti nevrotici era composto da soggetti che rispondevano solamente ai criteri per la Distimia, per i Disturbi
d’Ansia e per i Disturbi Somatoformi, sempre secondo il
DSM-IV. Nessuno dei pazienti, inclusi nei due gruppi di
controllo, raggiungeva il punteggio di 7 nell’intervista
DIB.
I gruppi di confronto sono stati confermati nella definizione rispettivamente di pazienti psicotici e nevrotici
anche in base ai risultati del test MMPI (aree nevrotiche
e psicotiche).
A tutti è stato somministrato il test del Disegno della
Figura Umana, con le consegne indicate dalla Machover.
Per la valutazione del test, effettuata in condizioni di
cieco rispetto alla diagnosi, si è fatto riferimento ad un
protocollo di 112 segni che la letteratura ricollega a tratti psicopatologici o di personalità pertinenti ai tre raggruppamenti diagnostici considerati.
Le variabili sono state considerate nei termini dicotomici di assenza o presenza.
L’apprendimento della rete è stato realizzato presentando a quest’ultima sia lo stimolo in entrata, sia lo schema desiderato di attivazione delle unità di output. Lo stimolo in entrata era rappresentato dai segni DFU di ciascuno dei 60 pazienti. Lo schema desiderato era rappresentato dalla diagnosi corretta del paziente. La rete reagiva allo stimolo, e confrontava la sua risposta con quella
fornita come paradigma di confronto; la rete poi calcolava l’errore, cioè la differenza di attivazione o inibizione di
ciascuna unità rispetto ai valori considerati come ottimali. La misura dell’errore viene usata per modificare i pesi
dell’attivazione che giungono all’unità considerata.
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Dopo la fase iniziale di apprendimento si è passati a
verificare la capacità della rete di generalizzare le informazioni apprese anche a disegni di soggetti di cui la rete
non aveva avuto precedentemente “esperienza”.
Si è così sottoposta la rete all’analisi di 81 nuovi casi;
questi ultimi erano già stati diagnosticati in precedenza
secondo i criteri sovraesposti. I gruppi erano così distribuiti: 27 pazienti con diagnosi di Psicosi; 27 pazienti con
diagnosi Disturbo Borderline di Personalità e 27 con diagnosi di Nevrosi.
I tratti del DFU di questi pazienti venivano sottoposti
alla rete e veniva annotata la diagnosi fornita dalla rete
in uscita.
RISULTATI
I risultati della fase di “generalizzazione” sono proposti nelle Tabelle 1, 2 e 3.
La prima tabella mostra le percentuali delle classificazioni della rete messe in relazione con le diagnosi
psichiatriche effettuate in precedenza.
Utilizzando esclusivamente le informazioni relative
al DFU, assimilate durante la fase di apprendimento, la
rete è riuscita a classificare correttamente l’81.48% (66
casi su 81) dei pazienti dell’intero campione. In particolare la classificazione risulta esatta nell’88.89% (24
casi su 27) degli psicotici; nell’81.48% (22 casi su 27)
dei borderline e nel 74.07% (20 casi su 27) dei nevrotici. Gli errori (15 casi su 81) pari al 18.52% riguardano esclusivamente patologie di confine, infatti
l’11.11% (3 casi su 27) degli psicotici vengono “interpretati” dalla rete come borderline; il 18.52% (5 casi su
27) dei borderline vengono classificati erroneamente
come nevrotici; il 25.93% (7 casi su 27) dei nevrotici
vengono classificati come borderline: quest’ultimo è
anche l’errore più ricorrente.
La rete presenta quindi maggiori difficoltà nella differenziazione tra borderline e nevrotici più che tra
borderline e psicotici. Infatti tutti i soggetti borderline
che la rete non riconosce vengono classificati come nevrotici mentre nessun soggetto borderline viene classificato come psicotico. Inoltre la percentuale di classificazioni corrette tra gli psicotici è la più elevata suggerendo che le caratteristiche DFU del disegno di questa
categoria vengono più facilmente riconosciute dalla
rete.
Per evidenziare meglio i risultati sono state messe a
confronto le classificazioni della rete rispetto alla classificazione clinica mediante due tabelle a doppia entrata: borderline vs psicosi e borderline vs nevrosi. Tutti i risultati sono riportati rispettivamente nelle Tabelle 2 e 3. Entrambi i confronti sono risultati statisticamente significativi (p<0.0001) con l’applicazione del
test del 2.
CONCLUSIONI
Il Disegno di Figura umana rappresenta uno strumento testologico molto rapido e semplice nella sua
applicazione e non richiede l’impiego di personale
Tabella 1. - Classificazione della rete neurale in relazione alla classificazione clinica (in grassetto le classificazioni corrette).
Classificazione di rete
(Percentuali)
Classificazione
Clinica
Psicosi
Borderline
Nevrosi
Psicosi
Borderline
Nevrosi
Totale
88.89%
0%
0%
11.11%
81.48%
25.93%
0%
18.52%
74.07%
100%
100%
100%
Tabella 2. - Classificazione della rete neurale in relazione alla classificazione clinica tra gruppi di psicotici e borderline
(in grassetto le classificazioni corrette).
Tabella 3. - Classificazione della rete neurale in relazione alla classificazione clinica tra gruppi di borderline e nevrotici
(in grassetto le classificazioni corrette).
Classificazione di rete
(Frequenze)
Classificazione di rete
(Frequenze)
Classificazione
Clinica
Psicosi
Borderline
Psicosi
Borderline
Totale
24
0
3
22
27
22
Classificazione
Clinica
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Borderline
Nevrosi
Borderline
Nevrosi
Totale
22
7
5
20
27
27
Il test DFU (Disegno della Figura Umana)
ad alta qualificazione professionale. La valutazione
del test può avvalersi di griglie messe progressivamente a punto mediante l’inserimento di variabili
dicotomiche DFU rilevanti e più ricorrenti. È possibile ipotizzare anche la costruzione di griglie speciali per particolari problemi di diagnosi differenziali.
Per queste caratteristiche il test può rappresentare
un valido ausilio allo screening di condizioni psicopatologiche meno immediatamente evidenti sul piano clinico, al fine di procedere ad una valutazione
anche testologica più approfondita ed impegnativa.
Per tale motivo la presente ricerca ha preso in considerazione il problema della diagnosi differenziale
di configurazioni borderline che spesso si manifestano con sintomi pseudo-nevrotici o con manifestazioni transitorie di livello psicotico. Il limite posto attualmente dall’impiego del test è rappresentato dalla necessità corretta sul piano metodologico e sempre più rappresentata in letteratura, di considerare
anziché singole variabili come indicative di singoli
tratti psicologici, l’insieme delle variabili di una intera griglia di valutazione nelle varie configurazioni
che possono assumere a seconda del tipo di disegno
raffigurato.
In questa direzione avendo assemblato una griglia
di 112 variabili, selezionate su più di 300 variabili descritte in letteratura, abbiamo diretto la nostra attenzione verso la possibilità d’impiego di sistemi di intelligenza artificiale come le reti neurali, ormai da tempo
a disposizione dei ricercatori e ancora poco valutate in
campo psicologico clinico.
È stato impiegato inizialmente un modello di rete
piuttosto semplice per la realizzazione di questo lavoro preliminare, anche nell’ottica di valutare la proponibilità di un sistema integrato di screening, ai fini clinici, facilmente utilizzabile anche da operatori meno
esperti.
Dai risultati espressi dalla corretta classificazione
della rete neurale emerge che i tratti DFU analizzati
con l’ausilio della rete neurale convergono in maniera
rilevante a differenziare i pazienti borderline dai pazienti psicotici e nevrotici.
Il DFU, abbiamo detto, è uno strumento di rapido
e semplice impiego, interessante sul piano metodologico e grazie alla tecnica delle reti neurali si intravede la possibilità di un suo utilizzo più ampio e affidabile.
I risultati ottenuti inducono a proseguire nella ricerca attraverso un ampliamento della casistica, sviluppando ulteriori confronti con i dati clinici e metodologie statistiche avanzate ed eventualmente verificando l’efficacia di modelli alternativi di reti neurali.
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