Studi biblici – Past. Francesco Zenzale La grazia: tra fondamentalismo e libertà “Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c'è lo Spirito del Signore, lì c'è libertà” – 2 Corinzi 3:17 “Le religioni sono come le lucciole: per splendere hanno bisogno delle tenebre” -­‐ Arthur Schopenhauer “Gesù e i discepoli entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?’ Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio” (Lc 9: 51-­‐55). In questo episodio i due discepoli dimostrano certamente un tangibile atteggiamento fondamentalista. Giacomo e Giovanni «erano stati poco prima con lui sul monte della trasfigurazione; lo avevano visto mentre la gloria di Dio scendeva su lui e riceveva gli onori di Mosè ed Elia. Pensarono che si doveva punire severamente quel disprezzo così apertamente manifestato. Riferirono a Gesù che quei samaritani si erano rifiutati di ospitarlo anche per una sola notte. Ritenevano che gli fosse stato fatto un grave torto e, scorgendo in distanza il monte Carmelo dove Elia aveva sgozzato i falsi profeti, chiesero: «Vuoi tu che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi?» (v. 54). Si stupirono vedendo il dolore di Gesù per quelle parole e più ancora per il suo rimprovero: «Voi non sapete di quale spirito voi siete».1 Con il pretesto di difendere la verità, convinzioni o idee religiose, come Giacomo e Giovanni, molti zelanti credenti fanno soffrire altri, mentre Cristo dimostra sempre misericordia e cerca di conquistare gli uomini con l’affetto e la comprensione. La condanna di coloro che hanno una fede diversa è uno dei tanti aspetti del fondamentalismo e ciò rivela l’incapacità di accettare e rispettare colui che è diverso. Gesù Cristo «il Figlio dell'uomo, è venuto, non per perdere le anime degli uomini, ma per salvarle» (Lc 9:56). Egli non costringe mai gli uomini ad accettarlo e non impone “il suo credo” ma li invita, nell’amore, a seguirlo nonostante le rispettive percepibilità teologiche o spirituali. Il fondamentalismo All’interno del Cristianesimo, del Giudaismo, dell’Islamismo e di altre fedi, il termine fondamentalismo2 è utilizzato per indicare l’ala più conservatrice della religione. In essa si evidenziano alcuni aspetti: l’affermarsi dell’autorità religiosa come olistica,3 assoluta e intransigente; chiusura verso tutto ciò che può destabilizzare le loro convinzioni religiose; incapacità di ammettere critiche e limitazioni; lotta contro i nemici interni alla comunità religiosa,4 ed infine la tendenza ad imporre specifiche norme religiose anche 1 2 E. G. White, “La Speranza dell’uomo”, p. 370, Ed. AdV -­‐ Falciani -­‐ Impruneta (Fi), 1998 fondamentalismo s. m. [dall’ingl. fundamentalism]. – La paternità della parola è da attribuire a Reuben Torrey e A. C. Dixon, autori di alcuni opuscoli divulgativi intitolati, appunto, Fundamentals. La lettura fondamentalista ha avuto la sua origine, all’epoca della Riforma, da una preoccupazione di fedeltà al senso letterale della Scrittura. Dopo il secolo dei lumi, essa si è presentata, nel protestantesimo, come una salvaguardia contro l’esegesi liberale. Il termine “fondamentalista” si ricollega direttamente al Congresso Biblico Americano tenutosi a Niagara, nello stato di New York ne 1895. A cavallo del 1910-­‐12, due pastori battisti diffusero il «manifesto di Niagara Falls» tramite una serie di pubblicazioni intitolate The Fundamentals. Nel 1919, i promotori del manifesto fondamentalista decisero di dare vita all’”Associazione mondiale fondamentalista cristiana” con un progetto culturale ben definito: riconquistare il mondo moderno secolarizzato e scristianizzato, ricorrendo ai linguaggi moderni della comunicazione di massa. Un progetto che avrebbe dovuto investire più piani di azione: 1) ripresa di egemonia all’interno delle diverse e più influenti chiese protestanti 2)·∙ occupazione di posizioni influenti nel mondo dei media 3) organizzazione di gruppi di pressione politica per ottenere fondi statali per finanziare scuole confessionali o altre attività religiose. 3 olismo s. m. [der. del gr. ὅλος «tutto, intero, totale». 4 La loro prima significativa vittoria politica fu la condanna di John T. Scopes, un maestro elementare dello stato del Tennessee, colpevole di aver insegnato le teorie di Darwin nella scuola pubblica. Siamo a metà degli anni Venti. Trentacinque anni dopo il regista Stanley Kramer racconterà questo storico processo nel magnifico film “E l’uomo creò Satana” (Inherit the Wind, Usa, 1960) con Spencer Tracy e Gene Kelly. 1 Studi biblici – Past. Francesco Zenzale attraverso la politica inducendo i governi a emanare leggi e regolamenti che diano al proprio credo la forza di una legge secolare, con la quale convincere tutti a vivere secondo i loro precetti morali. 5 Ad esempio, nelle elezioni di Ronald Regan, nel 1980, a presidente degli Stati Uniti ha avuto un peso determinante una forza nuova che si era autodenominata «Moral Majority» (Maggioranza morale). Si tratta di una coalizione di nuove chiese che propugnano un cristianesimo integralista. Questa forza ha determinato che non è esagerato definire «storica» nella vita politica americana, una svolta di segno radicalmente conservatore e anti liberale. Moral Majority si contrapponeva alle chiese storiche americane e alla teologia liberale e rinnegando il principio della separazione della Chiesa e dello Stato che da sempre ha informato la politica interna americana, propugnava energicamente una politica di unione dei poteri temporali e spirituale e di forzata «cristianizzazione» della Nazione. Un portavoce di Moral Majority, Robert Grant, ha dichiarato: «Se ci uniremo come cristiani, nulla ci sarà impossibile... Potremo riformare la Costituzione, eleggere il presidente, emanare nuove leggi e riformare quelle esistenti, ed è nostro dovere fare tutto ciò». L'autorevole United States News and World Report ha scritto nella edizione del 15 settembre 1980 che «una guerra santa politica è in atto in questo paese». Il presidente della Yale University, Partlett Giammatti ha dichiarato nel 1981: «Un'ondata di nuovo bigottismo minaccia le istituzioni americane». Altro esempio riguarda l’elezione alla presidenza di George W. Bush, nel 2001, sostenuto dalla “Christian Coalition”. a. Il fondamentalismo e la sacre Scritture Nei cristiani fondamentalisti pur variando da gruppo a gruppo, il sistema di credenze s’incentra su i seguenti aspetti dottrinali: l’inerranza verbale della Scrittura, la divinità di Cristo, la sua nascita verginale, la dottrina dell’espiazione vicaria e la risurrezione corporale in occasione della seconda venuta di Cristo.6 Indubbiamente, l’assoluta inerranza del testo sacro costituisce l’aspetto più controverso, essendo ispirato da Dio, si da per certo che sia esente da errore e pertanto deve essere letto e interpretato letteralmente in tutti i suoi dettagli. Ciò esclude cioè ogni sforzo di comprensione della Bibbia che tenga conto della sua crescita nel corso della storia e del suo sviluppo. Si oppone perciò anche all’utilizzo dei semplici essenziali principi ermeneutici.7 5 Tra il 1925 e il 1975 i movimenti fondamentalisti divennero negli Stati Uniti sempre più visibili nella sfera pubblica. L’obiettivo finale, in particolare, era lottare contro una concezione dello stato neutrale in campo etico, lassista e tollerante nei confronti di atteggiamenti e comportamenti giudicati in contrasto con la rivelazione biblica. Lo sforzo maggiore compiuto dalle organizzazioni fondamentaliste per acquisire maggiore visibilità e presenza sociale soprattutto lungo gli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta può essere misurato non solo guardando alla fitta rete di scuole, seminari per futuri pastori, stazioni radio e televisive (diffusione dei telepredicatori), ospedali rigorosamente antiabortisti, ma anche valutando la quantità di amministratori locali e di uomini politici nazionali che i movimenti in questione reclutarono prima e appoggiarono poi per la loro riuscita elettorale. Per questo si parla, in riferimento alla svolta avvenuta verso una più marcata politicizzazione dell’agire religioso, di neofondamentalismo. Il neofondamentalismo non si presenta solo come un movimento di tipo religioso, ma come un vero e proprio soggetto politico che intende reagire contro il presunto smarrimento dei valori della società americana e contro la degenerazione della democrazia, inquinata dalla tolleranza lassista nei confronti dell’immoralità dilagante (i diritti ai gay, le coppie omosessuali, la legalizzazione dell’aborto…). Non si tratta solo di un fenomeno che nasce e si diffonde nel mondo protestante e che utilizza sempre più i linguaggi della comunicazione moderna, ma di qualcosa di più vasto: un contagio spontaneo fra confessioni religiose diverse, un comune pensare che circola fra ambienti cattolici, ebraici e protestanti di tendenze conservatrici. -­‐ Istituto Superiore “Duca degli Abruzzi” Dipartimento di Religione -­‐ Appunti a cura del prof. Antonio IZZO. 6 Alcuni fondamentalisti, come i dispensazionalisti, aggiunsero alla loro lista di convinzioni fondamentali il ritorno di Cristo premilleniale, e la maggior parte sottolineò l’importanza della creazione rispetto all’evoluzione. 7 Ermeneutica, dal greco hermeneutike “tecnica dell'interpretazione”, dal verbo hermeneuein “interpretare”. Leggendo la Bibbia, non possiamo ignorare la distanza enorme che ci separa dal mondo culturale dei tempi antichi. Non solo la lingua, ma i costumi, i concetti e anche la loro teologia differiscono notevolmente dai nostri. Per determinare ciò che la Bibbia significa, perciò, è prima necessario scoprire proprio ciò che significava. A questo scopo, diversi principi ermeneutici sono indispensabili. 2 Studi biblici – Past. Francesco Zenzale “Il problema di base di questa lettura fondamentalista è che rifiutando di tener conto del carattere storico della rivelazione biblica, si rende incapace di accettare pienamente la verità della stessa Incarnazione. Il fondamentalismo evita la stretta relazione del divino e dell’umano nei rapporti con Dio. Rifiuta di ammettere che la Parola di Dio ispirata è stata espressa in linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori umani le cui capacità e risorse erano limitate. Per questa ragione, tende a trattare il testo biblico come se fosse stato dettato parola per parola dallo Spirito e non arriva a riconoscere che la Parola di Dio è stata formulata in un linguaggio e una fraseologia condizionati da una data epoca. Non accorda nessuna attenzione alle forme letterarie e ai modi umani di pensare presenti nei testi biblici, molti dei quali sono frutto di una elaborazione che si è estesa su lunghi periodi di tempo e porta il segno di situazioni storiche molto diverse. Il fondamentalismo insiste anche in modo indebito sull’inerranza dei dettagli nei testi biblici, specialmente in materia di fatti storici o di pretese verità scientifiche. Spesso storicizza ciò che non aveva alcuna pretesa di storicità, poiché considera come storico tutto ciò che è riferito o raccontato con verbi al passato, senza la necessaria attenzione alla possibilità di un significato simbolico o figurativo. Il fondamentalismo tende spesso a ignorare o a negare i problemi che il testo biblico comporta nella sua formulazione ebraica aramaica o greca. È spesso strettamente legato a una determinata traduzione, antica o moderna. Omette ugualmente di considerare le “riletture” di alcuni passi all’interno stesso della Bibbia”.8 Certamente il testo sacro è stato ispirato da Dio, ma esprime la volontà di Dio in parole umane. Pertanto, la Bibbia è il frutto della collaborazione armoniosa di queste due componenti e l’ispirazione concettuale è quella che restituisce al divino e all'umano la giusta ed equilibrata importanza. Secondo questa concezione il Signore ha comunicato all'uomo un messaggio e questo l'ha messo per iscritto nella maniera consona alle sue capacità letterarie e stilistiche, alla sua cultura e secondo i bisogni dei suoi destinatari. Scrive J. C. Verrecchia: «Dio…. non ha cercato uno scrivano da poter manipolare a proprio piacimento, ma un essere umano che accetti di inserirsi nel suo progetto di comunicazione. L’autore ha il suo linguaggio (con le differenze nella padronanza della lingua, gli errori di grammatica e di ortografia, ecc.); sceglie personalmente il suo genere letterario (discorso, epopee, salmi, ecc.); si esprime in funzione del suo ambiente di origine, tenendo conto di coloro a cui rivolge la sua opera». Fondamentalismo e libertà della persona Florien Wineriter, capo di un Istituto Umanista a New York, in risposta al libro Defenders of God di Bruce B. Lawrence, parlando del fondamentalismo evangelico, afferma: “I fondamentalisti combattono contro nemici interni. Il loro grido di richiamo è ‘Commenta e comunica’. Il fondamentalismo storico è l’interpretazione letterale di tutte le affermazioni e di tutti i comportamenti contenuti nella Bibbia e la denuncia militante di tutte le affermazioni e di tutti i comportamenti non biblici”. Infine conclude dicendo: “Il successo del fondamentalismo annienterebbe i diritti di auto-­‐espressione, di libertà di scelta, di uguaglianza, di giustizia e di ricerca della realizzazione individuale”. 9 Un tale atteggiamento non solo viola il primo e il secondo articolo della dichiarazione dei diritti universali dell’uomo,10 ma in primis è in netta opposizione alla grazia, al modo in cui Gesù si rapportava con le variegate sensibilità spirituali e nei confronti dei suoi nemici. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA – DOCUMENTO -­‐ L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa fondamentalismo -­‐ approfondimento di Luciano Pellicani: http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Enciclopedia_online/F/ENCICLOPE DIA_UNIVERSALE_3_VOLUMI_VOL2_012324.xml 10 Articolo 1 -­‐ Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 -­‐ 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. 8 9 3 Studi biblici – Past. Francesco Zenzale Nell’evangelo di Marco troviamo un illuminante episodio che ci aiuta a capire il modo in cui Gesù rispettava l’altro che operava, nel suo nome, ai margini del cerchio apostolico: «Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome, [e che non ci segue;] e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque vi avrà dato da bere un bicchier d'acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa» (Mc 38-­‐41). L’errore degli apostoli, con un marcato accento fondamentalista, consiste nel fatto che questo «noi» tende a sostituirsi a Cristo, al punto da vietare di operare nel nome di Gesù, perché non era uno di loro: «non ci seguiva» . «Questa sostituzione dei ruoli ci fa perdere l’unico Maestro, e distrugge il nostro essere tutti suoi discepoli […] Il termine di confronto della sequela non siamo quindi «noi», ma è il suo «nome» (v. 39); gli altri devono seguire solo lui, che anche noi tutti dobbiamo seguire [...] Quando il «noi» ecclesiale vuole sostituire il «nome» di Gesù, abbiamo la più grave eresia, anzi l’apostasia stessa della fede in Gesù, c’è l’ecclesiolatria!» 11 In altra occasione Gesù ci invita a «Non contrastate il malvagio» ad «amare i nostri nemici» e a pregare «per quelli che ci maltrattano e ci perseguitano» (Mt 5:43). «Gli ebrei pensavano che Dio amasse soltanto coloro che gli erano fedeli -­‐ secondo il loro punto di vista coloro che soddisfacevano le richieste dei rabbini -­‐ e il resto dell’umanità vivesse sotto la sua maledizione. Gesù precisò che non era vero e che tutti godono della luce del suo amore. Questa verità egli la illustrò tramite esempi tratti dalla natura: «... Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Matteo 5:45)».12 Molti credenti hanno un’idea sbagliata della vita e del carattere di Gesù: lo immaginano privo di calore umano, pessimista, severo, intransigente, fondamentalista e pensano che anche l’esperienza religiosa sia così e che non si deve in alcun modo rispettare la sensibilità spirituale del prossimo. In questa limitata prospettiva la sensibilità spirituale dei singoli e i rispettivi bisogni sono subordinati e adattati a quelli della comunità. L’importante è che ognuno realizzi i ruoli attribuitigli dall’alto13 e si conformi ad essi. La preoccupazione è garantire l’unità anche a spese della differenziazione delle identità personali, delle percettibilità spirituali ed anche, a volte, della verità. Si stabiliscono così delle regole quali: ognuno deve rispettare e realizzare le aspettative che gli altri hanno su di lui; le divergenze non sono ammissibili, anzi sono viste come deviazioni scandalose. É la comunità che dice come interpretare, leggere e vivere la realtà alla luce della Parola di Dio; come i Farisei al tempo di Gesù. Queste regole tendono a salvare l’unità ma non tollerano l’individualità, l’auto-­‐espressione o uno stile di vita cristiano diverso. Si crea una «pseudo-­‐mutualità»: un senso di appartenenza molto forte, una coesione di gruppo apparentemente robusta, una comunità che sembra perfetta, tutta strutturata intorno a delle dottrine, a delle regole, con un ruolo per ciascuno e con lo stesso ideale di fondo apparentemente condiviso. Manca però l’identità personale, vista come minaccia al sistema: prima o poi verrà il disorientamento. L’identità di gruppo non può supplire o annullare l’identità personale; l’individuo andrà in crisi quando, costretto dalle circostanze della vita, incomincerà a usare la propria testa, allora rischia di allontanarsi da Cristo. 11 AA. VV. Una comunità legge il vangelo di Marco, EDB, Bologna, p. 75-­‐76 E. G. White, Con Gesù sul monte delle Beatitudini, p. Ed. Adv, Falciani – Impruneta (FI), p. 73. 13 Comitato esecutivo, di Chiesa, anziani, pastore, ecc. 12 4 Studi biblici – Past. Francesco Zenzale In una comunità fondamentalista, d’osservanza e formalista, dove tutto è in funzione della struttura e della dottrina, la persona che vi abita si sente circondata da regole (o di specchi giudicanti) che lei non ha contribuito a sviluppare. Sono regole fatte da «loro». «Loro» conoscono cose che lei non conosce. «Loro» sanno cosa fare, glielo dicono in continuazione, e ripetono sempre più che quello che a lei sembra un’intuizione geniale e sofferta è invece una stupidaggine. In questo clima la persona si sentirà debole, piccola e, quindi, psicologicamente predisposta a vedersi come inferiore in rapporto alle figure di autorità verso le quali mostrarsi deferente come atteggiamento esterno ma non come segno di una collaborazione che nasce dal cuore: «Figlio mio dammi il tuo cuore». In un altro modello in opposizione a quello fondamentalista e d’osservanza la comunità è vista nella prospettiva dei bisogni e non degli atteggiamenti: si pone un accento indiscriminato sull’individuo a scapito dell’istituzione e della professione di fede. É il rovesciamento del modello precedente. Il gruppo esiste non per il bene della comunità, ma esclusivamente per il bene e la crescita della persona. La direttiva base diventa questa: la comunità deve far sì che ciascun individuo realizzi tutti i propri bisogni personali. L’attività pastorale deve sempre rispecchiare e valorizzare le doti personali. La comunità funziona se rende felici i suoi abitanti. Il valore sommo è la differenziazione delle identità dei singoli, il rispetto a oltranza dell’individualità. Il grosso vantaggio di questo modello è di avere messo in crisi la comunità di osservanza fondamentalista per favorire la comunità di vita: ognuno va trattato in modo personale secondo i suoi ritmi di crescita, la persona conta molto più dell’istituzione della verità. Ma se questa tendenza diventa esclusiva, può portare alla decadenza del senso di appartenenza all’istituzione, la quale rimane credibile solo se si mette al nostro servizio e ratifica le «nostre» scelte, le «nostre» regole, le «nostre» cose. Nelle due prospettive sopraccitate – degli atteggiamenti e dei bisogni – il dilemma di fondo è: la comunità è per la persona o la persona è per la comunità? Messa in questi termini la questione non si risolve mai perché è fuorviante. Il buon punto di partenza è invece questo: la comunità è per i valori; è un luogo che serve per internalizzare meglio i valori del Regno. Sono questi che giustificano e fondano il nostro stare insieme (Lc 17: 20-­‐21). Secondo l’apostolo Paolo, la comunità deve essere luogo di trascendenza (Col 3). Lo scopo della comunità non è solamente lo stare insieme, ma stare insieme per approfondire l’impegno vocazionale e promuovere il regno di Dio. La comunità è efficace nella misura in cui favorisce l’auto-­‐trascendenza: mettere l’uomo di fronte ai valori liberi e oggettivi (Giosuè 24: 14-­‐15). In una parola, la comunità è luogo di trascendenza. Stimola le persone ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la volontà e per questo impegnare il loro io (Mt 22: 34-­‐40). Grazia e libertà La redenzione ha la sua origine, il suo percorso e il suo punto d’arrivo nell’amore di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo. Ecco il fondamento sul quale il Vangelo intero è costruito e proclamato. Chi crede in Gesù è salvato, e chi non crede è condannato. Il “Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede...poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, come è scritto: ‘Il giusto per fede vivrà’” (Romani 1:16,17). Ma il semplice fatto che la salvezza s’intrecci con l’amore di Dio ci mostra che la prima limitazione alla grazia di Dio si trova nella risposta umana. “Dio è amore” (1 Giovanni 4:8), e l’amore non può costringere alla fedeltà. Tutto quello che fa Dio, il suo piano creativo, la provvidenza, la redenzione, la relazione, la restaurazione e il giudizio, procede dall’amore. Se non allontana alcun peccatore che possa venire a lui (Giovanni 6:37), non può neanche forzare nessuno a venire a lui contro il suo volere. La libertà di scelta è essenziale nella salvezza: se questa venisse da una fedeltà obbligata a Dio, non sarebbe più l’atto di un Dio amorevole, ma la misura disperata di un supertiranno, qualcosa del tutto diverso dal vero carattere divino. Perciò la grazia di Dio, abbondante, gratuita e onnipotente, non può salvare un peccatore 5 Studi biblici – Past. Francesco Zenzale che non voglia accettare, attraverso la fede, la redenzione che Dio ha offerto in Gesù. La nostra libera scelta può effettivamente limitare l’azione della grazia. Bisogna dunque fare attenzione a non confondere il diritto della verità con quello della libertà. È vero che “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2:4), ma è altrettanto vero che non forza nessuno ad accettare la verità evangelica. Troppo a lungo, infatti, le Chiese hanno dato la preferenza “ai diritti della verità” piuttosto che a quelli della persona. Spesso, non hanno esitato a imporre con la forza quello che esse consideravano come vero. Il diritto alla libertà religiosa è essenzialmente il diritto alla libera ricerca di Dio. Anche quando gli uomini non hanno ancora trovato Dio, quando reputano di doverlo rigettare o manifestano indifferenza nei suoi riguardi, la libertà sociale o civile, l’immunità da ogni costrizione e il rispetto della dignità sono loro dovuti. Un versetto del Corano afferma: “Se il tuo Signore volesse, tutti gli uomini sulla terra avrebbero la fede, ma forzeresti tu le persone a credere?” (Sura 10, 99). Per i credenti, diffondere la fede, battezzare tutte le nazioni nel nome del Cristo, vuol dire, prima di tutto, presentare alla libertà degli uomini un modello di vita il più evangelico possibile, non vergognarsi delle proprie convinzioni, saper assumere la responsabilità delle proprie decisioni e rispettare più di tutto la libertà degli interlocutori. “La fede è una corda alla quale si rimane appesi, quando non ci si impicca” -­‐ Sören Kierkegaard 6