Economia Politica e Istituzioni Economiche

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Economia Politica e
Istituzioni Economiche
Barbara Pancino
Lezione 7
I mercati dei beni e i mercati finanziari:
il modello IS-LM
Il modello IS-LM: equilibrio
Ogni punto della curva IS corrisponde all’equilibrio sul mercato
dei beni.
Curva IS:
Y = C (Y − T ) + I (Y , i) + G
Ogni punto della curva LM corrisponde all’equilibrio sui mercati
finanziari.
Curva LM:
M
= YL(i )
P
Il modello IS-LM: equilibrio
Il modello IS-LM: equilibrio
L’equilibrio sul mercato dei beni richiede che un aumento del
tasso di interesse sia accompagnato da una riduzione della
produzione. Questo è rappresentato dalla curva IS.
L’equilibrio sui mercati finanziari richiede che un aumento della
produzione sia accompagnato da un aumento del tasso di
interesse. Questo è rappresentato dalla curva LM.
Solo nel punto A, che è su entrambe le curve, entrambi i mercati
– dei beni e finanziari – sono in equilibrio.
Politica fiscale, produzione e tasso di
interesse
Riduzione di (G-T) à stretta fiscale
Aumento di (G-T) à espansione fiscale
Si consideri una riduzione del disavanzo di bilancio attraverso un
aumento delle imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica.
Una politica di questo tipo è chiamata stretta o contrazione
fiscale.
L’incremento delle imposte influenza l’equilibrio sul mercato dei
beni, cioè muove la curva IS.
Poiché le imposte non compaiono nell’equazione della LM, esse
non influenzano la condizione di equilibrio. La LM non si sposta.
Un aumento delle imposte sposta la curva IS verso sinistra, e
provoca una riduzione del livello di produzione di equilibrio e del
tasso di interesse di equilibrio.
Effetti di un aumento delle imposte
Effetti di un aumento delle imposte
L’incremento delle imposte provoca una riduzione del reddito
disponibile, che a sua volte induce gli individui a consumare di
meno.
Il risultato, attraverso l’effetto del moltiplicatore, corrisponde ad
una diminuzione della produzione e del reddito.
Allo stesso tempo, la diminuzione del reddito riduce la domanda
di moneta, causando una riduzione del tasso d’interesse.
La diminuzione del tasso d’interesse mitiga, ma non compensa del
tutto, l’effetto delle maggiori imposte sulla domanda di beni.
Effetti di un aumento delle imposte
Cosa succede all’investimento?
Da un lato, una produzione inferiore significa meno vendite e
investimenti più bassi.
Dall’altro, un tasso di interesse inferiore stimola l’investimento.
Senza saperne di più circa la forma esatta dell’equazione degli
investimenti, non possiamo stabilire quale effetto sia dominante.
Pertanto, una riduzione del disavanzo pubblico non conduce
necessariamente a un aumento degli investimenti. Nel breve
periodo, la diminuzione del disavanzo potrebbe ridurre gli investimenti.
Ridurre il disavanzo: un bene o un male per gli
investimenti?
“Il risparmio privato è destinato a finanziare il disavanzo di bilancio oppure
gli investimenti. Non bisogna quindi essere dei geni per concludere che la
riduzione del disavanzo di bilancio permette di liberare parte del risparmio, e
aumenta gli investimenti”.
Questo ragionamento è piuttosto semplice e pare pure convincente.
Ma come lo conciliamo con quanto visto finora, e cioè che la riduzione
del disavanzo può ridurre invece che aumentare gli investimenti?
Ricordiamo che possiamo pensare all’equilibrio sul mercato dei beni
come alla condizione:
I = S + (T-G)
investimento = risparmio privato + risparmio pubblico
L’investimento deve essere uguale al risparmio totale – cioè al
risparmio privato meno il disavanzo di bilancio (che equivale a un
risparmio negativo da parte del governo).
Ridurre il disavanzo: un bene o un male per gli
investimenti?
È quindi sempre vero che, a parità di risparmio privato, se il governo
riduce il suo disavanzo – aumentando le imposte o riducendo la spesa
pubblica – gli investimenti devono necessariamente aumentare.
Il punto cruciale di questa argomentazione è “a parità di risparmio
privato”.
Una stretta fiscale, infatti, influenza anche il risparmio privato, in quanto
riduce la produzione, il reddito, e quindi anche il consumo. Dal momento
che il consumo diminuisce meno che proporzionalmente rispetto al
reddito, una stretta fiscale riduce anche il risparmio privato. E nulla vieta
che diminuisca più della riduzione del disavanzo di bilancio, provocando
in tal modo una riduzione e non un aumento dell’investimento.
In sintesi, una stretta fiscale potrebbe ridurre l’investimento. Guardando
al caso opposto, un’espansione fiscale – cioè una riduzione delle imposte
o un aumento della spesa pubblica – potrebbe aumentare l’investimento.
Politica monetaria, produzione e tasso di
interesse
Un aumento dell’offerta di moneta è chiamato espansione
monetaria. Una diminuzione dell’offerta di moneta è chiamata
stretta o contrazione monetaria.
L’offerta di moneta non influenza direttamente né la domanda né
l’offerta di beni. La moneta, quindi, non sposta la curva IS.
Una espansione monetaria sposta verso il basso la LM.
Un’espansione monetaria provoca un aumento della produzione
e una riduzione del tasso di interesse.
Effetti di un’espansione monetaria
Effetti di un’espansione monetaria
L’aumento dell’offerta di moneta conduce ad un tasso di interesse
inferiore. A sua volta, un tasso di interesse più basso stimola gli
investimenti e, attraverso il moltiplicatore, fa aumentare la
domanda e la produzione.
Nel caso di un’espansione monetaria, diversamente da quello della
stretta fiscale analizzato in precedenza, possiamo stabilire
esattamente che cosa succede alle varie componenti della
domanda: con un reddito più alto e imposte invariate, il reddito
disponibile è maggiore e il consumo aumenta. Con vendite
maggiori e un tasso di interesse più basso, l’investimento aumenta
sicuramente.
Un’espansione monetaria, quindi, stimola gli investimenti più di
un’espansione fiscale.
Effetti della politica fiscale e della politica
monetaria
Spostamento
della IS
Spostamento
della LM
Variazione di
Y
Variazione di
i
Aumento delle
imposte
sx
nessuno
giù
giù
Riduzione
delle imposte
dx
nessuno
su
su
Aumento della
spesa
dx
nessuno
su
su
Riduzione della
spesa
sx
nessuno
giù
giù
Aumento della
moneta
nessuno
giù
su
giù
Riduzione della
moneta
nessuno
su
giù
su
Un mix di politica economica
Abbiamo analizzato la politica fiscale e la politica monetaria
separatamente, per mostrarne il funzionamento. In pratica, esse
sono spesso usate insieme. La combinazione di politica monetaria e
politica fiscale prende il nome di mix di politica economica.
A volte, il giusto mix richiede cha la politica fiscale e la politica
monetaria vadano nella stessa direzione.
A volte, il giusto mix richiede che politica fiscale e politica
monetaria vadano in direzione opposte.
Un mix di politica economica
Stretta fiscale ed espansione monetaria – USA anni ’90
Nel 1992 viene eletto presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Una
delle sue priorità era ridurre il disavanzo di bilancio usando una
combinazione di tagli alla spesa e aumenti delle imposte.
Tuttavia, temeva che da sola una stretta fiscale riducesse la
domanda e causasse una recessione. La strategia più corretta
prevedeva la combinazione di una stretta fiscale (per ridurre il
disavanzo) e di un’espansione monetaria (per accertarsi che la
domanda e la produzione si mantenessero elevate).
Il risultato di questa strategia fu una riduzione stabile del disavanzo
di bilancio (che è diventato un avanzo alla fine degli anni ‘90) e un
aumento stabile della produzione nel resto del decennio.
Il modello IS-LM e la trappola della liquidità
In corrispondenza di bassi libelli di produzione, la curva LM è un
segmento orizzontale con un tasso di interesse nominale uguale a zero.
In presenza di un
trappola della
liquidità, c’è un limite
alla capacità della
politica monetaria di
aumentare la
produzione.
La politica monetaria
potrebbe non essere
in grado di far
tornare la produzione
al suo livello naturale.
Il modello IS-LM descrive davvero quello
che succede nell’economia?
Politica fiscale
§  aggiustamento lento della produzione sul mercato dei beni
§  le fonti della dinamica nel mercato dei beni:
–  la produzione si aggiusta lentamente alla domanda
–  il consumo si aggiusta lentamente al reddito
–  l’investimento si aggiusta lentamente alla produzione
Politica monetaria:
§  aggiustamento veloce del tasso di interesse sul mercato
finanziario
Approfondimenti
La recessione statunitense del 2001
Nel 1992, l’economia degli Stati Uniti è entrata in una lunga fase di
espansione. Per tutti gli anni Novanta, la crescita del PIL è stata
positiva ed elevata.
Nel 2000, però, sono comparsi i primi segnali che l’espansione
sarebbe presto giunta al termine: nel terzo trimestre la crescita
del PIL è stata negativa, sebbene sia ritornata positiva nel
trimestre successivo.
Nel 2001, la crescita del PIL è rimasta negativa per i primi tre
trimestri, per poi tornare positiva nell’ultimo.
Tasso di crescita del PIL dal primo trimestre del
1999 al quarto trimestre del 2002
La recessione statunitense del 2001
Il National Bureau of Economic Research (noto come NBER),
un’organizzazione non profit che da sempre misura le fasi di
espansione e di recessione degli Stati Uniti, ha concluso che nel
2001 gli Stati Uniti erano effettivamente entrati in recessione, da
marzo a dicembre.
Ciò che ha provocato la recessione non è stato – come nel
1990-1991 – un calo della domanda di consumi, ma un crollo della
domanda di investimenti. L’investimento non immobiliare – la
domanda di stabilimenti e macchinari da parte delle imprese – in
quell’anno è diminuito del 4,5%. La causa è stata la fine del
periodo che Alan Greenspan (governatore della Fed) aveva
definito di “euforia irrazionale”.
La recessione statunitense del 2001
Nella seconda parte degli anni Novanta, le imprese erano state
estremamente ottimiste circa il futuro, e di conseguenza il tasso
di investimento aveva raggiunto livelli molto elevati.
Tra il 1995 e il 2000, il tasso di crescita medio annuo degli
investimenti aveva superato il 10%.
Tuttavia, nel 2001 era divenuto evidente che le imprese erano
state eccessivamente ottimiste e avevano investito troppo. Ciò le
ha portate a tagliare gli investimenti, causando un calo della
domanda e, attraverso il moltiplicatore, un calo del PIL. La
recessione sarebbe potuta anche essere più grave, ma fu
contrastata da un’appropriata risposta di politica economica, che
ne ha indubbiamente limitato la gravità e la durata.
La recessione statunitense del 2001
Consideriamo innanzitutto la politica monetaria.
Dall’inizio del 2001, la Fed, nel timore che l’economia stesse
rallentando, ha iniziato ad aumentare l’offerta di moneta e a
ridurre fortemente il tasso di interesse sui federal funds.
Ha continuato a farlo per tutto l’anno. Il tasso sui federal funds,
che in gennaio era pari al 6,5%, alla fine dell’anno era sceso a
meno del 2%, un livello molto basso per gli standard storici.
Andamento del tasso di interesse sui federal funds tra il
primo trimestre del 1991 e il quarto trimestre del 2002
La recessione statunitense del 2001
Passiamo alla politica fiscale.
Durante la campagna elettorale del 2000, il candidato George
Bush ha promesso un programma di riduzione delle imposte. Egli
sosteneva che il bilancio federale era in avanzo, e pertanto c’era
spazio per ridurre le imposte senza compromettere il bilancio.
Nel 2001, quando il presidente è entrato in carica, era chiaro
che l’economia stava rallentando e ciò gli ha fornito un ulteriore
motivo per ridurre le imposte: aumentare la domanda e
combattere la recessione. I bilanci del 2001 e del 2002
includevano forti tagli fiscali. Dal lato della spesa, gli eventi dell’11
settembre del 2001 hanno causato un aumento delle uscite,
soprattutto per la difesa interna ed estera.
Andamento delle entrate e della spesa del governo federale
tra il primo trimestre del 1999 e il quarto trimestre del
2002 (% sul PIL)
La recessione statunitense del 2001
Anche senza tagli delle imposte, le entrate sarebbero comunque
diminuite durante la recessione: un prodotto e un reddito più
bassi riducono automaticamente le entrate fiscali.
Tuttavia, a causa dei tagli fiscali, nel 2001 e nel 2002 la riduzione
delle entrate è stata molto maggiore di quanto fosse dovuto alla
sola recessione. Si noti anche il modesto ma costante aumento
della spesa iniziato all’incirca nello stesso periodo.
Di conseguenza, l’avanzo di bilancio – la differenza tra entrate e
spesa – è diventato negativo nel 2001, e ancor di più nel 2002,
dopo essere stato positivo fino al 2000.
La recessione statunitense del 2001
Gli effetti della riduzione iniziale della domanda di investimento e
le risposte di politica fiscale e monetaria possono essere
rappresentati in uno schema IS-LM.
A
A’’
A’
•  La riduzione dell’investimento ha fatto spostare la curva IS verso
sinistra, da IS a IS″. In mancanza di interventi di politica economica,
l’economia si sarebbe spostata nel punto A″, con una produzione Y″.
•  L’aumento dell’offerta di moneta ha fatto spostare la curva LM verso il
basso, da LM a LM′.
•  La riduzione delle aliquote fiscali e l’aumento della spesa hanno
entrambe causato uno spostamento della curva IS verso destra, da IS″
a IS′.
La recessione statunitense del 2001
Come conseguenza del calo della domanda di investimento e
delle due risposte di politica economica, nel 2001 l’economia si
trovava nel punto A’, con un calo di produzione e un tasso di
interesse di gran lunga inferiore.
Il livello di produzione associato ad A’ era molto più basso di
quello associato ad A – a causa della recessione – ma molto più
alto di quello associato ad A’’, il livello che avrebbe prevalso in
assenza di interventi di politica economica.
Concludiamo rispondendo a tre domande che, a questo punto,
vi starete ponendo:
Perché la politica fiscale e quella monetaria non
sono state usate per evitare, invece che solo per
ridurre, la recessione?
La ragione è che le variazioni di politica economica hanno effetto
sulla domanda e sulla produzione solo nel corso del tempo.
Quindi, nel momento in cui è diventato chiaro che l’economia
statunitense stava entrando in recessione, era già troppo tardi
perché la politica economica potesse evitarlo.
Ciò che la politica economica ha potuto fare è ridurre la gravità e
la durata della recessione.
Gli eventi dell’11 settembre hanno contribuito
a causare la recessione?
La risposta, in breve, è no. Come abbiamo visto, la recessione è
iniziata ben prima dell’11 settembre, ed è finita poco dopo.
In effetti, nell’ultimo trimestre del 2001 la crescita del PIL è stata
positiva. Ci si sarebbe potuto aspettare – ed effettivamente
molti economisti se lo aspettavano – che gli eventi dell’11
settembre avessero un forte impatto sulla produzione, causando
soprattutto il ritardo delle decisioni di spesa da parte delle
imprese e dei consumatori. Ma, di fatto, il calo della spesa è stato
modesto e di breve durata. I tagli dei tassi sui federal funds dopo
l’11 settembre – e i forti sconti praticati dai produttori di
automobili nell’ultimo trimestre del 2001 – sono stati cruciali
per mantenere elevate la fiducia e la spesa dei consumatori in
quel periodo.
Il mix di politica fiscale e monetaria usato per
combattere la recessione è un buon esempio di
come condurre la politica economica?
Su questo, gli economisti non sono d’accordo tra loro. La
maggior parte di essi apprezza la Fed per aver fortemente
ridotto i tassi di interesse non appena l’economia ha iniziato a
decelerare. Ma pensa anche che i tagli fiscali del 2001 e 2002
abbiano causato disavanzi di bilancio ampi e duraturi. Essi
sostengono che i tagli delle imposte avrebbero dovuto essere
temporanei, per aiutare l’economia a uscire dalla recessione, ma
che subito dopo sarebbero dovuti terminare.
Invece, i tagli fiscali sono stati permanenti; nonostante l’economia
statunitense sia oggi nel bel mezzo di una forte espansione, il
disavanzo di bilancio è ancora elevato e si calcola che rimarrà
tale per almeno tutto il resto del decennio. Questo in futuro
causerà molti problemi.
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