Cittadini OGM di biesse Sitografia: Centro di ascolto dell’informazione radio televisiva (http://www.centrodiascolto.it/): Si vedano le statistiche sull’abuso televisivo della cronaca nera nel Biennio 2006/2008 Bibliografia: Vance Packard: I persuasori occulti (1957) Famoso saggio sulle tecniche di stimolo dei consumi, creazione di bisogni e formazione del consenso in uso negli Stati Uniti fin dal 1955… Ma la televisione è in grado di orientare la percezione del mondo e la visione delle cose di un telespettatore? Da quando sentiamo risuonare questa domanda? Prima era solo un fondato sospetto, poi via via una convinzione, confermata dai fatti (il comportamento dei telespettatori, la teledipendenza, i consumi privati, l’incidenza della pubblicità sui costumi) e spesso proprio dai toni di quanti negano con decisione che la televisione possa‘fare opinione’. Persone che, a titolo puramente casuale, sia detto per inciso, hanno strettissimi rapporti economici e professionali proprio con le strutture radiotelevisive pubbliche e private. Eppure era evidente che uno strumento di informazione e intrattenimento così potente, via via trasformatosi in sofisticato strumento di formazione del gusto e di marketing a lungo raggio temporale, non potesse non avere un impatto sulla formazione dell’opinione e quindi dello stesso consenso. Sembrava però a molti che, sul piano dialettico, affermare che la pubblica opinione potesse essere non dico formata ma anche solo orientata, condizionata, deviata, peccasse di vilipendio del popoloconsumatore. In una parola affermarlo equivarrebbe a dire – questa è infatti l’argomentazione che viene immediatamente sollevata nei sempre più banali dibattiti …….televisivi – che il telespettatore e il cittadino (oramai incarnati nella stessa maschera del consumatore) sia persona incapace di pensare con la propria testa, condizionabile e psico-labile. Il problema è evidentemente male impostato. Questo artificio garantisce infatti a chi nega l’influenza della TV sulla formazione del gusto e del consenso il titolo di ‘liberali’. Il loro argomento principale è che le scelte dei consumatori siano libere proprio perché espresse senza apparente costrizione. L’argomento qui nasconde ciò che invece il ragionamento dovrebbe rivelare. E lo fa con l’uso dell’aggettivo ‘apparente’. Perché il fatto che non appaia non significa che il controllo non esista, anzi. Innanzitutto: perché coloro i quali negano l’influenza della televisione sulle coscienze, si affannano poi a farlo come se si trattasse di un problema di ‘lesa maestà’ , di ‘negazione della libertà’ di espressione dei propri gusti ’ invece di ribattere con argomenti e dati? Non è forse sotto gli occhi di tutti la capacità della pubblicità di creare modelli, di imporre mode, di orientare i comportamenti? E perché quegli stessi esperti tendono a chiamare i cittadini e gli elettori con l’apparente sinonimo di ‘telespettatori’ o ‘consumatori’? Solo un vezzo dettato da una moda dialettica passeggera o una deformazione linguistico-concettuale più profonda che rivela le origini stesse delle loro argomentazioni? In secondo luogo: se davvero la televisione non è importante per la formazione di modelli culturali, mode, bisogni e in definitiva del consenso, perché coloro i quali la controllano non rinunciano, essi per primi, alla comunicazione televisiva ma, anzi , ne cercano il controllo totale? Infine: se il marketing, inteso come somma di regole ormai raffinatissime per il controllo del gusto dei consumatori, non fosse efficace (qualunque sia la merce da vendere, sapone, detersivo, alimenti, idee..) e veramente efficace, perché le aziende impegnerebbero quote così rilevanti del proprio budget per la pubblicità, la propaganda, la promozione del marchio e la creazione del brand? Dunque deve concludersi per pura deduzione (finora non ho fatto che argomentare attraverso un semplice rovesciamento delle proprosizioni note) che: -Il marketing è terribilmente efficace e giustifica l’investimento di somme ingentissime destinate a condizionare o creare ex-novo il gusto dei potenziali soncumetori, orientandone le scelte e strutturandone il gusto in base a raffinate tecniche di persuasione più o meno occulta -Gli stessi che negano l’importanza del mezzo radio televisivo nella formazione del consenso non solo lo usano in modo continuativo e spregiudicato ma ne sono addirittura i proprietari o partecipano al suo controllo azionario -Le tecniche di persuasione commerciale, che trovano nello strumento televisivo la migliore realizzazione possibile, possono essere usate indifferentemente per qualunque prodotto: posto che idee e sensazioni lo siano possono essere vendute anch’esse con successo. -Le tecniche di persuasione occulta e di psicologia del profondo hanno creato ormai più di una generazione di cittadini ‘geneticamente modificati’ e profondamente pervasi da un modello culturale vistosamente etero-diretto, governato dai creatori di pubblicità di maggiore successo: chiunque se ne rende conto osservando le abitudini naturalmente ‘consumistiche’ dei giovani e dei giovanissimi, nei quali questi atteggiamenti vengono giustificati dai genitori perché si rivelano quasi come un atteggiamento spontaneo, genuino, istintivo e in definitiva innocuo: mentre questo presunto istinto non è altro che il risultato di un profondo condizionamento operato sulla mente dei più giovani, soprattutto quelli lasciati incustoditi davanti alla TV in balìa della pubblicità senza scrupoli ad essi indirizzata. Se non ne siete ancora convinti portate un bambino di 2/3 anni in un supermercato e chiedetegli di trovare la cioccolate: lui/lei la troverà perché conosce i colori (il rosso, il bianco, il marrone e il nero) che ha visto in TV nella pubblicità dedicata proprio ai bambini nei ‘cartoni’ o nei programmi ‘istruttivi’ per i più piccoli. Qualora i creatori di pubblicità e gli specialisti di psicologia del profondo si mettano al servizio della politica, come è stato fissato dalle regole del marketing (che è ormai una scienza, non lo si dimentichi) dopo il 1955 e la campagna presidenziale che portò alla vittoria dei repubblicani americani, chi non usa le tecniche di psicologia del profondo per creare un ‘marchio politico’ e per impostare la propria campagna è destinato al sicuro insuccesso. Ma chiunque lo voglia fare deve avere i mezzi necessari per gestire una campagna lunga e costosa. L’elezione del presidente degli USA ha insegnato che Internet può essere una fonte di microfinanziamenti individuali forniti a questo scopo: e probabilmente, con tutte le dovute cautele anche il luogo nuovo dell’iniziativa e della pratica della partecipazione politica. Per quanto ancora i luoghi del social networking saranno liberi dagli specialisti della formazione del consenso? In Italia intanto c’è già chi vorrebbe imbrigliare internet con una bella legge, orientare la navigazione. Come in Cina. In una vera dittatura mediatica. Come difenderci? Noi, intanto, potremmo invece spegnere la fonte principale del guadagno e del potere moderni: la TV. Ma ne saremo capaci o la nostra dipendenza è ormai irreversibile?