1 MESE IN 10 IMMAGINI

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1 MESE IN
10 IMMAGINI
Febbraio 2016
Con “1 mese in 10 immagini” SYZ Asset
Management presenta una panoramica
mensile
dell’attività
economica
mondiale. Visto che un’immagine può
valere più di mille parole, selezioniamo
10 grafici che presentano i dati più
significativi dell’attualità economica
e finanziaria del mese precedente,
corredati da un breve commento
esplicativo.
Index
1. Dall’ottimismo (misurato) al pessimismo (eccessivo?). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
2. Eccesso di debolezza (temporaneo?) dell’economia americana. . . . . . . . . . . . . 2
3. Stati Uniti – Torna lo spettro di una nuova crisi finanziaria. . . . . . . . . . . . . . . . 2
4. Eurozona – Forti aspettative sulla BCE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
5. China – Lo yuan cala, ma resta ancora forte, forse fin troppo . . . . . . . . . . . . . . 3
6. L’anello debole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
Pubblicazione curata dal team Ricerca e analisi
Autori:
Adrien Pichoud, Chief Economist
7. Obbligazioni – Calo del debito ad alto rendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
8. Materie prime – Nuova attrattiva per l’oro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Wanda Mottu, Senior Analyst
Maurice Harari, Analyst
SYZ Asset Management (Suisse) SA
Tel. +41 (0)58 799 19 05
[email protected]
9. Banca centrale – La Banca del Giappone sorprende con l’adozione dei tassi
negativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
10. Tasso di cambio – Il dollaro di Hong Kong nel mirino degli speculatori. . . . . 6
1. Dall’ottimismo (misurato) al pessimismo (eccessivo?)
–– A gennaio, l’FMI ha ancora rivisto al ribasso le prospettive
di crescita mondiale: le attuali stime prevedono un
aumento del PIL mondiale nel 2016 pari al 3,4%, contro
il 3,6% precedentemente annunciato. Sfortunatamente
questo tipo di correzioni sono abituali: alla fine del
2014 l’FMI prevedeva una crescita mondiale del 3,8%,
prima di ridurre il dato al 3,5% e poi al 3,1%. L’incapacità
dell’economia mondiale di accelerare considerevolmente
è all’origine dei numerosi picchi di volatilità che si sono
registrati sui mercati negli ultimi anni.
–– Ancora una volta, il misurato ottimismo della fine dell’anno
basato sull’apparente stabilizzazione dell’attività nelle
economie emergenti e sugli effetti positivi derivanti dal
calo del prezzo del petrolio, a gennaio ha lasciato spazio
ai timori legati al ritmo della crescita e alla perennità
della crescita americana. È necessario precisare che
la maggior parte degli indicatori economici si sono
rivelati inferiori alle aspettative (cfr. indici delle sorprese
economiche a fianco).
–– Tuttavia, le statistiche sull’attività continuano a mostrare
una dinamica generalmente positiva della domanda
interna nelle economie sviluppate, che dovrebbe bastare
a mantenere la crescita al 3%, la soglia stabilita da quattro
anni. Ma il dissiparsi del potenziale di accelerazione e il
rialzo dei rischi di degrado hanno ravvivato, ancora una
volta, il disincanto degli investitori.
Indici Citi delle sorprese economiche per economia
100
80
60
40
20
0
-20
-40
-60
-80
-100
Jan-14 Apr-14
US
Jul-14
Oct-14 Jan-15 Apr-15
EURO AREA
JAPAN
Jul-15
Oct-15 Jan-16
Source: Citi, Bloomberg
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2. Eccesso di debolezza (temporaneo?) dell’economia americana
–– Nel 2015 l’economia americana è stata caratterizzata da
un marcato scarto, raramente compensato, tra l’attività
del settore manifatturiero e quella dei servizi. L’industria
ha discretamente sofferto del crollo dei prezzi del
petrolio e delle sue ripercussioni sugli investimenti, così
come del rialzo del dollaro che ha penalizzato le aziende
esportatrici. Nel contempo, il settore dei servizi ha
continuato a essere sostenuto dalla forza dei consumi.
Stati Uniti – Incide ISM composite dell’attività e
variazione annua del PIL
–– A gennaio, mentre l’attività sembra stabilizzarsi per
l’industria, è considerevolmente rallentata per i servizi,
pur restando in espansione, il suo ritmo è meno
sostenuto. Ciò suggerisce un rallentamento generale
dell’economia, in quanto fino a ora i servizi costituivano
il principale se non l’unico, motore della crescita.
–– Sebbene questa flessione abbia preoccupato gli
investitori, non è obbligatoriamente sintomo di un
abbandono dell’economia americana. I fattori favorevoli
ai consumi, infatti, sono ancora presenti: tasso di
disoccupazione basso e in calo, prezzo del carburante
al minimo storico da sette anni, immobiliare in rialzo e
tassi dei crediti interessanti. Tali elementi dovrebbero
permettere alla crescita di restare positiva, soprattutto
se il dollaro e il prezzo del petrolio si stabilizzano e
attenuano la pressione sull’industria. Tuttavia, affinché
si realizzi tale scenario, le turbolenze dei mercati
finanziari non devono portare a un inasprimento delle
condizioni di finanziamento dell’economia reale, con il
rischio di frenare una crescita che, sebbene positiva, è
stata comunque indebolita negli ultimi mesi.
3. Stati Uniti – Torna lo spettro di una nuova crisi finanziaria
–– Nonostante la crescita americana abbia sofferto
particolarmente gli ultimi mesi, resta positiva e si
appoggia su un clima ancora favorevole della domanda
interna. Ma allora, qual è l’origine dei timori legati alla
recessione che sono emersi in queste ultime settimane?
Condizioni di credito & investimenti (YoY%)
–– Senza dubbio la paura di una ripetizione del meccanismo
che ha portato alla recessione del 2008/2009: una crisi
inizialmente finanziaria che si propaga all’economia reale
attraverso una stretta generalizzata delle condizioni di
credito. Invece dell’immobiliare, questa volta l’origine
del problema sarebbe l’eccessivo indebitamento
delle aziende, soprattutto nell’industria e nel settore
energetico. Il forte aumento del dollaro e il crollo dei
prezzi del petrolio spingono le banche e gli investitori
a maggiore prudenza nell’erogazione dei prestiti, non
soltanto alle aziende dei settori più coinvolti. Questo
fenomeno provoca un rallentamento negli investimenti
e potenzialmente negli impieghi, che potrebbe finire per
avere un impatto sull’attività reale.
–– Il rischio di contagio dalla sfera finanziaria all’economia
reale non è da sottovalutare considerato il forte
indebitamento delle economie e la grande dipendenza dal
credito. A tal proposito, l’inasprimento delle condizioni
di credito alle aziende costituisce un segnale piuttosto
preoccupante. Per il momento tale stretta non riguarda
le famiglie e gli impieghi, grazie ai quali i consumi
continuano ad aumentare. Non è certo che si arrivi al
peggior scenario, ma il rischio di una trasmissione delle
tensioni finanziarie verso l’economia reale resta una
spada di Damocle da non sottovalutare.
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4. Eurozona – Forti aspettative sulla BCE
–– Lo scorso dicembre, la Banca centrale europea aveva
deluso gli investitori allentando solo marginalmente la
sua politica monetaria. Mario Draghi e gli altri decision
maker pensavano di aver fatto la maggior parte del lavoro
a inizio anno con il tanto atteso lancio di un programma
di quantitative easing su scala europea e la tendenza
piuttosto incoraggiante degli indicatori economici hanno
reso meno evidente il bisogno di sostegno da parte della
banca centrale.
Eurozona – Variazione annua del credito erogato al settore
privato e tasso medio dei prestiti alle aziende per paese
–– Dopo alcune settimane, data l’evoluzione della
situazione, un nuovo aiuto da parte della BCE sembra
sempre più indispensabile: a gennaio tutti gli indicatori di
attività sono rallentati, il credito del settore privato, che
era tornato ad aumentare nel 2015, è improvvisamente
calato e gli anticipi dell’inflazione sono crollati scendendo
al di sotto del loro punto più basso del gennaio 2015. Le
previsioni di crescita e d’inflazione rischiano di essere
ancora riviste al ribasso.
–– A tali sviluppi macroeconomici si sono aggiunte
le preoccupazioni sul settore bancario europeo,
soprattutto su alcune banche italiane, che hanno ancora
aumentato la pressione sui costi dei finanziamenti.
Per il momento, queste turbolenze non sembrano aver
avuto delle ripercussioni sui tassi dei prestiti bancari,
che erano già fortemente scesi sotto la spinta delle BCE
per la quale è fondamentale evitare che le condizioni
di credito si inaspriscano ancora, neppure in maniera
limitata. La combinazione di una dinamica di crescita, di
un’inflazione meno pronunciata e di uno stress proprio
al settore bancario, potrebbero costringere la BCE ad
annunciare nuove misure durante la riunione del 10
marzo.
5. China – Lo yuan cala, ma resta ancora forte, forse fin troppo
–– Le fluttuazioni della valuta cinese hanno coinciso o sono
state all’origine dei due grossi movimenti di calo degli
indici azionari mondiali degli ultimi mesi. Dopo una prima
svalutazione del 4% rispetto al dollaro in agosto, lo yuan
ha ancora ceduto circa il 4% contro il biglietto verde tra
inizio dicembre e inizio gennaio (di cui il -2% i primi giorni
del 2016).
Evoluzione dello yuan contro il dollaro US e contro un paniere
di valute
130 125 –– Se il fenomeno può sembrare di scarsa portata rispetto ai
movimenti sulle altre valute, quelli della valuta cinese sono
importanti in quanto vengono interpretati come il segno
delle crescenti difficoltà incontrate dalla seconda economia
mondiale a causa del rallentamento della crescita e delle
importanti fughe di capitali, ma anche come veicolo di
trasmissione delle pressioni deflazionistiche cinesi verso il
resto del mondo e il suo impatto negativo sulla redditività
delle aziende.
120 –– Nonostante lo yuan si trovi al minimo storico dal 2010
contro il dollaro a causa di tali movimenti, non significa
che sia diventato una valuta debole. Infatti, dal 2013
all’estate 2015, la valuta cinese è rimasta stabile contro
un biglietto verde che in maniera generale si apprezzava
fortemente. In altre parole, rispetto alla maggior parte delle
valute mondiali, anche lo yuan si è fortemente apprezzato
(oltre il 20% negli ultimi 5 anni). Ciò spiega l’accento messo
recentemente dalle autorità cinesi sul tasso di cambio dello
yuan contro tutte le valute (indice CFETS) e non solo contro
il dollaro, con l’obiettivo di relativizzare il deprezzamento
degli ultimi mesi rispetto al biglietto verde.
100 115 110 105 95
2010 2011
2012 YUAN INDEX (CFETS) 2013
2014
2015
2016
CNY vs USD
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6. L’anello debole
–– Al di là del crollo del prezzo del barile, delle incertezze
sulla crescita mondiale, delle difficoltà dei paesi
emergenti e delle vicissitudini della valuta cinese, la
rovina del settore bancario, soprattutto in Europa,
costituisce la vera brutta e preoccupante notizia di
questo inizio anno. Non che il settore sia stato in una
posizione comoda in questi ultimi mesi, ma il recente
crollo non faceva parte dello scenario ideale.
–– In retrospettiva, le ragioni sembrano evidenti: i loro
risultati per il quarto trimestre 2015 sono stati più che
deludenti, l’attività sempre più forte della BCE (QE e tassi
negativi) erode i margini di interesse delle banche, i flussi
e le commissioni di gestione si prosciugano, mentre le
spese e il costo del capitale s’impenna. Se a questo si
aggiungono le preoccupazioni sull’esposizione ai settori
dell’energia e delle materie prime, un grosso numero di
prestiti dubbiosi che giacciono all’interno delle piccole
banche italiane, una regolamentazione che inceppa più
che fluidificare il sistema bancario, si ottiene un cocktail
esplosivo, o per meglio dire, un circolo vizioso nel quale
il calo porta a un nuovo calo. Ne consegue che il credito,
unico ossigeno per le nostre economie sviluppate (cioè
vecchie e indebitate) e cinghia di trasmissione della
politica monetaria, finirà per subire una stretta.
Performance relativa delle banche europee rispetto al DJ Stoxx
11/2/16
110
105
100
95
90
85
80
MAR
APR
EU banks rel. perf.
MAY
JUN
JUL
AUG
SEP
OCT
NOV
DEC
JAN
Source: Thomson Reuters Datastream
–– La fragilità del sistema bancario europeo è tornata a
essere il vero pericolo per le aspettative economiche del
vecchio continente.
7. Obbligazioni – Calo del debito ad alto rendimento
–– A gennaio, l’indice BofAML US High Yield ha fatto
registrare una performance negativa del -1,6% chiudendo
con il segno meno il settimo mese su otto (solo ottobre è
stato positivo). Le preoccupazioni circa il rallentamento
della crescita economica mondiale e la svalutazione della
valuta cinese unite alla debolezza dei mercati borsistici e
al crollo delle materie prime hanno fortemente inciso su
questa classe di attivi.
Performance e spread del debito ad alto rendimento
–– I mercati azionari hanno sottoperformato il debito ad alto
rendimento con, ad esempio, l’S&P 500 o l’MSCI World
in valuta locale che hanno registrato rispettivamente il
-5,1% e il -5,5%. Per contro, il debito governativo, quello
delle aziende e dei paesi emergenti hanno offerto delle
performance superiori al debito ad alto rendimento:
+2,2%, +0,4% e -0,2%.
–– Da un punto di vista settoriale, la maggior parte dei
settori del segmento High Yield (13 su 18) hanno chiuso
il mese in territorio negativo. I titoli che hanno avuto più
difficoltà sono stati l’energia (-8,3%), le assicurazioni
(-4,9%) e i trasporti (-2,9%). A gennaio, i beni di consumo
(+0,7%), la salute (+0,5%) e il commercio al dettaglio
(+0,2%) hanno registrato le migliori performance.
–– I deflussi di questa classe di attivi non hanno fatto che
peggiorare la situazione (USD -3,9 miliardi a gennaio).
Come spesso accade in questa classe di attivi, per usare
una metafora, la fuga provocata dal panico ha causato
tanti danni quanto un incendio: quando servono, le vie
di uscita (ossia la liquidità) non sono mai abbastanza
grandi.
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8. Materie prime – Nuova attrattiva per l’oro
–– In questo inizio 2016, il corso delle materie prime
ha continuato a essere molto volatile con il prezzo
dell’energia (WTI) in calo del 9%. A gennaio le sorprese
giungono dal versante dei metalli preziosi con un
apprezzamento dell’oro di oltre il 5% e di conseguenza
un aumento dell’argento (+3%).
Rapporto prezzo dell’oro e del petrolio (WTI)
–– In questo contesto il rapporto tra il prezzo del petrolio
e dell’oro non è mai stato così elevato. Infatti nel mese,
il metallo giallo ha raggiunto un picco di USD 1,117 con
un prezzo del barile in caduta libera a USD 28 a margine
di un’offerta sempre sovrabbondante.
–– L’oro ha giocato il ruolo di valore rifugio durante la
forte correzione dei mercati azionari di gennaio (-5,5%
per l’MSCI World l.c.). Rispetto ai tassi d’interesse bassi,
se non addirittura negativi, i metalli preziosi offrono
un’alternativa agli investitori soprattutto quando alcuni
paesi lasciano impennare le loro valute. Anche le recenti
dichiarazioni più accomodanti di diversi membri della
FED lasciano pensare che la politica monetaria sarà meno
restrittiva del previsto (rialzo dei tassi rivisto al ribasso
dai mercati), sostenendo di fatto il corso dell’oro.
9. Banca centrale – La Banca del Giappone sorprende con l’adozione dei tassi negativi
–– A fine gennaio, la Banca del Giappone ha creato la
sorpreso riducendo il suo tasso ufficiale e portandolo
in territorio negativo a -0,10%. Dopo aver dichiarato,
qualche giorno prima, che non intendeva adottare tassi
negativi, il governatore dell’istituto ha fatto dietro front
prendendo in contropiede i mercati. Il Giappone ha così
raggiunto l’eurozona, la Danimarca e la Svizzera nel
club delle economie che praticano una politica di tassi
ufficiali inferiori a zero.
–– Dal punto di vista dei fondamentali, la decisione della
Banca del Giappone è meno sorprendente. Il paese si
batte ancora contro il rischio di un’importante deflazione
e l’economia non fa che alternare tra debole contrazione
e modesta espansione, nonostante l’ambizioso
programma (“Abenomics”) lanciato alla fine del 2012 dal
suo primo ministro. Dinnanzi all’ansia che riconquista
i mercati, alle incertezze sull’impatto del rallentamento
dell’economia cinese e al significativo apprezzamento
dello yen che funge da bene rifugio, la banca centrale
era obbligata a intervenire.
Evoluzione dei tassi di cambio USD/JPY e dell’indice Nikkei 225
128
20'500
124
18'500
120
16'500
116
14'500
12.15
112
01.16
02.16
Nikkei 225
Source: Bloomberg/SYZ AM
–– Dopo l’annuncio, i mercati si sono rivelati piuttosto
euforici: lo yen è crollato del 2% rispetto al dollaro,
il mercato giapponese ha guadagnato circa il 3% e
la maggior parte delle piazze lo hanno seguito con
performance superiori al 2%. Tuttavia, l’adozione dei
tassi negativi resta, a questo stadio, di natura simbolica
in quanto riguarda unicamente una categoria di depositi,
il cui importo totale può essere considerato irrisorio.
L’impatto della misura dovrebbe essere temporaneo,
i mercati aspettano quindi ulteriori disposizioni di
allentamento da parte della Banca del Giappone.
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10. Tasso di cambio – Il dollaro di Hong Kong nel mirino degli speculatori
–– Il dollaro di Hong Kong ha subito forti pressioni a gennaio
in quanto gli investitori speculano sull’abbandono del
legame con il biglietto verde. Se il suo corso è legato al
dollaro da circa trent’anni, oggi i timori attorno alla Cina
e l’ipotesi sempre più probabile di una forte svalutazione
dello yuan hanno spinto gli investitori a scommettere
sull’incapacità di Hong Kong di mantenere un regime di
cambio fisso contro il dollaro americano.
–– Il mantenimento del cambio fisso implica che la politica
monetaria di Hong Kong segua quella degli Stati Uniti.
Secondo il regime del cambio fisso, il cambio USD/
HKD può fluttuare tra 7,75 e 7,85. Tuttavia, con
l’accelerazione dell’avvicinamento economico di questi
ultimi anni di Hong Kong alla Cina, le speculazioni di
un deprezzamento dello yuan hanno spinto, quasi
naturalmente, gli investitori a rimettere in causa questa
politica e a scommettere su un rialzo del tasso di cambio
USD/HKD.
–– Nella terza settimana di gennaio, le pressioni ribassiste
sul dollaro di Hong Kong sono state intense, portando il
tasso di cambio USD/HKD a 7,83 e il forward a 12 mesi a
7,90. Sul mercato delle opzioni, la volatilità è rimbalzata
di oltre il 200% da dicembre, indicando una probabilità
superiore all’80% che il tasso di cambio superi il tetto
del 7,85 nel corso del primo trimestre. Nonostante
l’indebolimento delle pressioni, in funzione delle
politiche monetarie statunitensi e cinesi si potrebbe
manifestare un nuovo attacco.
Evoluzione del tasso di cambio USD/HKD, del tasso forward a
12 mesi e della volatilità implicita a 12 mesi
5.0%
7.89
4.5%
4.0%
7.85
3.5%
3.0%
7.81
2.5%
2.0%
7.77
1.5%
1.0%
7.73
Jan-15
0.5%
Apr-15
Jul-15
Oct-15
USD/HKD 1Y Volatility Impl. (R.H.S)
USD/HKD spot
USD/HKD 1Y Fwd
Jan-16
Source: Bloomberg/SYZ AM
6
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