universita` degli studi di napoli “federico ii”

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VII. IL PROCESSO DI COMBUSTIONE
Cuore di un motore termico convenzionale è la camera di combustione. In essa avviene il
processo chimico esotermico che fornisce energia termica al propellente. Tale sistema è quello
più conveniente, in termini di Energia specifica (Energia per unità di massa), per fornire
energia ad un propellente elettricamente neutro, in quanto non aggiunge massa strutturale al
sistema propulsivo ma converte, in energia termica. energia già presente nel propellente stesso
sotto forma di Energia di legame molecolare.
Questa caratteristica rappresenta però anche il limite di tale sistema in quanto il massimo
valore di energia ottenibile dipende dalle proprietà reattive del propellente stesso.
Una qualsiasi reazione esotermica è utilizzabile ai fini propulsivi ma, fra queste, la reazione
che sviluppa una maggiore energia termica è quella di ossido-riduzione.
Nei motori air-breathing la scelta non si pone in quanto dovendo utilizzare l’aria come
propellente l’unica possibile reazione esotermica è quella di ossido-riduzione dell’aria con un
combustibile. La scelta si pone quindi solo sul tipo di combustibile che potrà essere liquido o
solido ( non gassoso per problemi di ingombro).
Negli endoreattori si potrebbe anche trovare conveniente talvolta utilizzare un altro tipo di
reazione esotermica ad esempio una reazione di decomposizione esotermica provocata in un
propellente che quindi da solo è capace di sviluppare una certa energia termica : in tal caso si
può usare tale propellente da solo e si parla allora di motori monopropellenti (ad esempio
motori ad idrazina o a perossido di idrogeno).
E’ indubbio il vantaggio di utilizzare un propellente al posto di due propellenti ma è anche
vero che l’energia sviluppata da una reazione di dissociazione è nettamente inferiore a quella
di ossido-riduzione (in termini di temperatura si ha una temperatura di 800°K al massimo in
un motore a semplice Idrazina contro una temperatura di 3000° – 3500°K di una combustione
Idrogeno-Ossigeno).
Qualsiasi sia la natura dei propellenti, nella fase finale i reagenti sono sempre allo stato
gassoso e in uno stato che definiremo di equilibrio dinamico, quindi quanto andiamo ora a
dire è valido in tutti i motori convenzionali (aeroreattori ed endoreattori).
VII.1 Efficienza del processo di combustione
Abbiamo già detto che, in un Sistema propulsivo, la pressione di ristagno a monte
dell’ugello assume una particolare importanza in quanto indice della sfruttabilità cinetica
della energia termica posseduta dai gas combusti. Quindi è necessario che nelle varie
conversioni di energia non si abbiano perdite di pressioni di ristagno, non ci siano
dissipazioni, in poche parole che i processi di conversione avvengano con una elevata
efficienza, definita come il rapporto:

p 02
p 01
(VII.1)
fra i due livelli 1 e 2 di energia.
Ma quali possono essere le cause di dissipazione di energia in un processo di
combustione?
Ci viene in aiuto la teoria dei flussi in presenza di combustione, assimilabile al moto di
un fluido in un condotto a sezione costante con adduzione di calore descritto dal modello
75
di moto unidimensionale detto moto alla Rayleigh. In tale modello varia l’entalpia del
fluido ma restano costanti il flusso di massa, G, e la quantità di moto non dissipativa, I,
detta anche Funzione Impulso.
L’ equazione della curva è la seguente:
I  p
G2

(VII.2)
ricavata dalle due equazioni che descrivono il moto in oggetto:
G  V  cos t
I  p  V 2  cos t
(VII.3)
E così ricaviamo l’equazione della tangente:
c p  T  M 2  1


T  s  M 2  1
(VII.4)
Dalle (VII.2) (VII.3) e (VII.4) si ricava che:




La tangente è positiva per 1/γ > M2 > 1
La tangente è negativa per 1/γ < M2 < 1
La tangente è parallela all’asse x e abbiamo un massimo per la temperatura quando
M2 = 1/γ
La tangente è parallela all’asse y e abbiamo un massimo per l’entropia quando M2=1
In Fig. VII.1 sono riportate nel piano T-s alcune curve per diversi valori di G ed I.
76
Figura VII.1
In questo contesto ci stiamo occupando di combustione subsonica quindi il tratto che ci
interessa è quello superiore di ogni curva. Notiamo che per M = 0, dalla seconda delle
(VII.3) si ricava p = cost.
Sul diagramma si possono tracciare le isobare corrispondenti alle pressioni statiche e
quelle relative alle pressioni di ristagno. Per non avere perdite di pressione di ristagno e
quindi una elevata efficienza, si nota che è necessario rimanere, durante tutto il percorso,
dall’ingresso all’uscita dalla camera in un tratto della curva che possa essere considerato
nell’intorno di M = 0. (Fig. VII.2)
M
Figura VII.2
In tale tratto possiamo considerare la curva di Rayleigh coincidente con una isobara. Ciò
è tanto più verosimile quanto più la curva è grande e cioè quanto più è piccolo il flusso
di massa.
Nelle camere di combustione in cui è possibile realizzare una sezione di attraversamento
molto grande (razzi a propellenti liquidi, ramjets, camere di post-combustione) il flusso
di massa, a parità di portata di propellente richiesta, sarà piccolo e il moto lo si potrà
considerare isobaro. Altrimenti (razzi a propellenti solidi e ibridi, turboreattori e
turboeliche) si dovrà valutare la perdita di efficienza durante l’attraversamento della
camera di combustione.
Una prima ipotesi quindi che possiamo fare in una combustione ideale è che
dall’ingresso all’uscita della camera di combustione:
M 0
p  p0  cos t
e
(VII.5)
Con questa ipotesi l’equazione di conservazione dell’energia, considerando il
propellente un unico gas piuccheperfetto e la camera di combustione adiabatica, diventa:
h  h0  cos t
Ma cosa avviene allora nella camera di combustione?
VII.2
Entalpia di Formazione
77
(VII.6)
Per comprenderlo dobbiamo riconsiderare una ipotesi appena fatta: il propellente non è
un gas piuccheperfetto ma è una miscela di gas perfetti. Pertanto per ognuno di essi
l’integrazione del differenziale dell’entalpia:
dh  c p dT
(VII.7)
porta alla relazione:

  c
T
hk  H 0f
k
pk
(VII.8)
dT
Trif
nella quale la costante di integrazione rappresenta la cosiddetta Entalpia di formazione
della specie k in esame, definita come l’energia richiesta per formare una mole della
specie k a partire dalle sue specie elementari nelle condizioni standard di pressione e
temperatura). L’entalpia di formazione delle specie elementari è per definizione uguale
a zero.
L’entalpia di formazione è quindi una caratteristica della specie, rappresenta, in un certo
senso, l’energia di legame molecolare.
Quando si vuole rompere una molecola è necessario fornire ad essa una energia pari
all’energia di legame, viceversa quando la molecola si forma la stessa energia viene
ceduta dalla molecola. Quindi se la molecola ha una elevata energia di legame, quando
si forma cede all’ambiente una elevata energia che porta il segno negativo perché è
una perdita per la molecola. Per avere un elevato Calore di reazione in una reazione è
necessario quindi che i reagenti abbiano una bassa energia di legame mentre i prodotti
debbono avere una elevata energia di legame negativa, cioè si debbono “ formare” con
reazioni esotermiche.
La miscela di r (reagenti) specie presenti nella camera all’inizio del processo di
combustione avrà quindi una Entalpia specifica totale iniziale pari a:
r
r

N
hi   hk k   hk nk   nk  H 0f
Mt

1
1
1

r
  c
Ti
k
Trif


dT
pk

(VII.9)
nella quale:
hk = entalpia di 1 mole della specie k
Nk = numero di moli della specie k
nk = concentrazione massica della specie k
Ti = temperatura dei reagenti all’inizio del processo di combustione
Trif = temperatura di riferimento a cui è calcolata l’entalpia di formazione
Un processo di ossido-riduzione è un processo nel quale spariscono le r specie e ne
compaiono p diverse (in parte o completamente).
Per la miscela di p (prodotti) specie presenti in camera di combustione alla “fine del
processo” possiamo scrivere una relazione analoga alla precedente con poche ovvie
modifiche:
p
p

N
h f   hk k   hk nk   nk  H 0f
Mt

1
1
1

p
78
Tf
  c
k
Trif


dT
pk

(VII.10)
Il processo è esotermico e parliamo in tal caso di processo di combustione. In questo
processo, pur essendo uguali l’entalpia totale iniziale e quella finale (il processo è
adiabatico, non c’è alcun apporto di energia dall’esterno), le specie sono cambiate ed è
quindi cambiata l’entalpia di formazione della miscela e quindi di conseguenza
l’entalpia sensibile della miscela.
Abbiamo implicitamente introdotto quello che comunemente viene indicato come
Calore di reazione. E’ ovviamente il risultato del processo e abbiamo già collegato tale
concetto con l’entalpia di formazione delle specie partecipanti al processo. Il calore di
reazione ideale è quello che si ottiene in una reazione completa, quando cioè tutti i
reagenti, presenti in rapporto stechiometrico, sono spariti e alla fine del processo sono
presenti solo prodotti.. Per meglio mettere in evidenza il ruolo giocato da ogni
parametro in questo complesso meccanismo e introdurre nel gioco anche un altro
parametro di fondamentale importanza: la temperatura iniziale dei propellenti, facciamo
la seguente
VII.3
Schematizzazione del processo di combustione
E’ possibile suddividere logicamente il processo di combustione in tre fasi come
illustrato in Fig. VII.3:
Figura VII.3
79
Se i reagenti sono alla temperatura iniziale Ti (che può essere > oppure < della Trif ) è
possibile, ipoteticamente, portarli alla temperatura di riferimento con un trasferimento di
calore pari in valore assoluto a
hs r
 H 0f r  hi
(VII.11)
Alla temperatura di riferimento avvengono le reazioni che mutano la composizione della
miscela. Ciò avviene con sviluppo di energia sensibile (il calore di reazione).
Successivamente i prodotti sono portati alla temperatura Tf con un altro scambio
termico pari a
hs  p  h f  H 0f p
(VII.12)
Complessivamente lo scambio di energia fra i reagenti a Ti e i prodotti a Tf è dato dallo
somma algebrica dei tre termini:
(VII.13)
Q  hs r  hs  p  QR
Se il processo è adiabatico Q = 0 per cui hi = hf. Pertanto risulta:

QR  H 0f
  H 
0
f
r
p
(VII.14)
Lo stesso schema logico è riportato su un diagramma h-T rispettivamente nel caso di
Ti<Tst (Fig. VII.4) e Ti > Tst (Fig. VII.5) nell’ipotesi di calore specifico costante.
Figura VII.4
80
Figura VII.5
Nelle Figg. VII.4 e VII.5 si possono fare diverse considerazioni importanti:



Avendo cambiato nei due diagrammi solo la temperatura iniziale e non i propellenti,
le Entalpie di Formazione rimangono le stesse.
La Ti condiziona la Tf , non il Calore di Reazione che dipende solo dall’Entalpia di
Formazione delle specie partecipanti al processo di combustione.
Nella maggior parte dei casi l’Entalpia di formazione dei reagenti è nulla o poco
positiva per cui il Calore di Reazione risulta essere molto grande se l’Entalpia di
Formazione dei prodotti è molto grande e negativa.
VII.4 Calore di Reazione
In base a quanto detto finora, si deduce che in un propulsore bipropellente, fissato uno
dei propellenti (l’ossidante ad esempio), è possibile scegliere il combustibile sulla base
del valore del Calore di reazione sviluppato dalla loro reazione.
Ricordiamo che il processo di combustione di cui abbiamo parlato finora è un processo
ideale, isobaro, adiabatico e, aggiungiamo, completo.
Cosa vuol dire completo? Che il rapporto di miscelamento è quello stechiometrico; che il
Grado di avanzamento della reazione è uguale ad 1 cioè che dopo un certo tempo tutti i
reagenti sono scomparsi e sono comparsi i prodotti. In tal caso il Calore di Reazione è
massimo.
In Fig. VII.6 è riportato il Calore di Reazione per unità di massa di tutti gli elementi con
caratteristiche riducenti della tavola Periodica in ordine di numero atomico crescente, per
combustione completa con l’Ossigeno.
Questo diagramma, estratto dalle lezioni che I. Glassmann, allora professore alla
Princeton University, tenne alla nostra Università negli anni ’60, è estremamente
interessante perché mette in luce una “scoperta” che ha segnato una tappa importante
nella ricerca sui sistemi propulsivi di tipo chimico.
81
Figura VII.6
Una osservazione fondamentale su questo diagramma che segnò una tappa
fondamentale nella storia della propulsione spaziale è la seguente:
Il Calore di Reazione sviluppato da un composto è sempre compreso fra quelli
sviluppati dagli elementi che lo compongono.
Facciamo un esempio: il Calore di Reazione sviluppato dalla reazione di un Idrocarburo
con Ossigeno è intermedio fra quello sviluppato dalla reazione dell’Idrogeno con
l’Ossigeno e quello della reazione del Carbonio con l’Ossigeno.
Quindi dalla Fig. VII.5 si deduce che se si considera il calore di reazione per unità di
massa, il miglior combustibile è l’Idrogeno.
Se però si considera il calore di reazione per unità di volume la situazione cambia
(Fig.VII.7)
Figura VII.7
L’idrogeno ha una densità molto bassa per cui in tale diagramma un idrocarburo
svilupperà un calore di reazione più elevato dell’idrogeno.
Queste osservazioni danno la spiegazione della scelta dei propellenti che si fa in un
motore che deve fornire una grande Spinta come gli aeroreattori e gli endoreattori che
operano in atmosfera. In questi motori le masse di propellente necessarie sono molto
82
grandi e quindi la densità, che determina il valore del volume dei serbatoi e di
conseguenza l’ingombro e il peso della struttura, ha un ruolo molto importante.
Per questo motivo la scelta cade sul combustibile che fornisce il più elevato Calore di
Reazione per unità di volume: quindi un Idrocarburo con l’Ossigeno o l’Aria o un
Propellente solido (Polibutadiene con Perclorato di ammonio, ad esempio)
Nella realtà il Calore di Reazione che si ottiene in un processo di combustione non è
mai quello definito sopra, per due motivi fondamentali:
 Il primo motivo è che il rapporto di miscelamento non è quasi mai quello
stechiometrico
 Il secondo è dovuto al fatto che una combustione non è mai completa.
VII.5 Rapporto di miscelamento
Il rapporto di miscelamento stechiometrico è quello per cui il Calore di reazione è
massimo. Ma raramente questa condizione coincide con quanto richiesto ad un motore.
In un motore a turbina il fattore condizionante è, come abbiamo visto in precedenza, la
temperatura massima sopportabile dalla turbina. Questa temperatura (dell’ordine di 1000°
- 1500°K) è molto minore di quella raggiungibile da una combustione stechiometrica fra
aria e idrocarburo (intorno ai 3500°K). Pertanto in tali motori, facendo riferimento al
diagramma di Fig. VII.8, si sceglierà un rapporto di miscelamento molto elevato
(interessa risparmiare combustibile) e cioè, come si dice in tal caso, una miscela povera
di combustibile.
In uno statoreattore la temperatura massima ammissibile è più elevata e possiamo
scegliere un rapporto di miscelamento più basso e più vicino a quello stechiometrico
tenendo sempre d’occhio i consumi.
Figura VII.8
In un motore a pistoni il rapporto di miscelamento è stechiometrico perché in tal modo
abbiamo la massima potenza, inoltre succedendosi le varie fasi del processo di
83
combustione nello stesso cilindro è necessario mettersi nelle condizioni in cui
l’accensione e la combustione avvengano nel migliore dei modi (il rischio è di una
mancata accensione). D’altra parte la temperatura elevata non è un problema in questo
caso perché si ha, immediatamente dopo la combustione, la espansione e l’immissione di
miscela fresca.
In un endoreattore il discorso è un po’ diverso e più complicato. In questi motori le
temperature sopportabili sono molto elevate potendo ricorrere anche a sistemi di
raffreddamento delle pareti. Ciononostante anche in tali propulsori non si adotta il
rapporto di miscelamento stechiometrico ma per un motivo diverso. Abbiamo detto che si
ha un Impulso specifico maggiore se con la stessa Energia disponibile nel propellente si
accelera un gas a minore massa molecolare. Se osserviamo nel diagramma di Fig. VII.8
l’andamento con il rapporto di miscelamento della Temperatura di combustione e della
massa molecolare, si deduce un andamento per l’Impulso specifico come quello riportato
in tale Figura.
Quindi, allo scopo di ottimizzare l’Impulso specifico, è bene scegliere un rapporto di
miscelamento minore di quello stechiometrico.
Nel caso in cui si voglia invece ottimizzare il prodotto densità x Impulso specifico come
accade per endoreattori operanti in atmosfera (negli endoreattori i propellenti
rappresentano più della metà dell’intera massa, il fattore densità è molto importante) e
utilizzare una coppia Ossigeno-Idrogeno come propellenti, si può optare per un rapporto
di miscelamento maggiore di quello stechiometrico per prediligere il propellente a più
elevata densità.
Esistono motori a Rapporto di Miscelamento Variabile per poter utilizzare a quote
differenti la stessa coppia di propellenti (Ossigeno – Idrogeno) e aggiustare il rapporto di
miscelamento in modo da ottimizzare il profilo di combustione per un largo “range” di
quote. Un tale motore (denominato VMR) può equipaggiare ad esempio una navetta
spaziale.
VII.6 Condizioni di equilibrio chimico
Sappiamo che nella realtà la combustione non è mai completa e che le migliori
condizioni realizzabili sono quelle di equilibrio. Nella camera di combustione sono
presenti specie chimiche caratterizzate da strutture molecolari diverse; in seguito a
collisioni tra di esse o con altri corpi, le particelle presenti reagiscono modificando la loro
struttura e formando nuove molecole.
Tutto ciò avviene in un tempo finito per cui si definiscono una velocità di reazione diretta
(Kd) e una di reazione inversa (Kr).
Facciamo un esempio: consideriamo una reazione di ossido-riduzione fra due classici
reagenti, Idrogeno e Ossigeno:
Kd
1
H 2  O2  H 2 O
2
Kr
(VII.15)
La reazione avviene, nel tempo, nei due versi con velocità dipendenti da molteplici
fattori: il numero di collisioni, il grado di agitazione delle molecole ,nonché il libero
cammino medio molecolare rapportato alla lunghezza di riferimento, cioè il numero di
Knundsen (Kn=λ/L ).
La variazione della concentrazione delle specie partecipanti alla reazione (Fig. VII.9) è
regolata dalla Legge di azione di massa (VII.16)
84
1
d
n H 2O  K d n H 2 nO22  K r n H 2O
dt
(VII.16)
Figura VII.9
Nella (VII.15) il rapporto è stechiometrico e se la combustione dopo un certo tempo si
completasse, cioè fosse tutta spostata verso destra, il calore di reazione QR definito
come:

QR  H 0f
  H 
r
0
f
p
(VII.17)
sarebbe il massimo: il calore di reazione ideale
Ma, come si può notare dalla Fig. VII.9, tale condizione non si verifica in quanto la
variazione delle concentrazioni dei reagenti è asintotica e l’asintoto rappresenta la
condizione di equilibrio: la condizione nella quale non ci sono più variazioni nelle
concentrazioni delle specie reagenti. Il tempo al quale si raggiunge la condizione in cui
non ci sono variazioni apprezzabili nella concentrazione dell’ H2O è il tempo di reazione
τ. In tali condizioni sarà:
d
nH O  0
dt 2
(VII.18)
e quindi, dalla (VII.16), possiamo definire una costante di equilibrio K uguale a:
K
n H 2O
Kd

K r n n 12
H 2 O2
(VII.19)
In una reazione chimica, quando si raggiungono le condizioni di equilibrio esiste quindi
una ben determinata relazione fra il numero di moli per unità di massa dei prodotti e
quello dei reagenti.
85
Potendo considerare valida la legge di Dalton e, per ciascun a specie, la seconda
equazione di stato dei gas perfetti, si può esprimere la (VII.5) in termini di pressioni
parziali. Definiamo, così, una costante di equilibrio Kp data da:
p H 2O
Kp 
1
(VII.20)
2
p H 2 pO2
Dimostreremo ora, introducendo i potenziali termodinamici, in particolare quello di
Gibbs, che la costante di equilibrio Kp è una funzione solo della temperatura
Costanti di Equilibrio
Per ritrovare una qualche relazione fra la costante di equilibrio K e i parametri
termofluidodinamici che regolano il processo di combustione, ricorriamo ad una proprietà
dei Potenziali termodinamici: quella di avere il differenziale nullo in condizioni di
equilibrio. Fra i Potenziali termodinamici prendiamo in considerazione quello di Gibbs in
quanto è quello che tiene in conto la presenza di una miscela di n specie reagenti.
Per ricavarlo, ripartiamo dalla 1a equazione di Eulero della Termodinamica per una
miscela di gas perfetti:
U  TS  pV    k N k
(VII.21)
Da cui si ricava e si definisce l’Energia libera di Gibbs:
G  U  TS  pV    k N k
(VII.22)
Dal 2° Teorema di Eulero per l’Energia interna si ha:
dU  TdS  pdV    k dN k
(VII.23)
Mentre differenziando la (VII.22) si ottiene:
dG  dU  TdS  SdT  pdV  Vdp
(VII.24)
Sostituendo in questa la (VII.23) si ottiene:
dG  SdT  Vdp    k dN k
(VII.25)
In condizioni di equilibrio, i differenziali dei potenziali termodinamici sono nulli, per cui:
dU S ,V
dG T , p
0
0
(VII.26)
il che comporta :
  dN
k
k
0
che rappresenta quindi la condizione di equilibrio.
86
(VII.27)
Cosa rappresenta il termine dNk? La variazione del numero di moli di una specie k in
una reazione chimica.
Una generica reazione chimica può essere scritta nel modo seguente:
r
p
1
1
 k' xk   k'' xk
(VII.28)
dove xk è la frazione molare (Nk/N) della specie k e νk il coefficiente stechiometrico della
specie k.
La (VII.28) mette in evidenza che in una reazione chimica la variazione del numero di
moli è legata ai coefficienti stechiometrici. Inoltre la presenza della doppia freccia, come
già abbiamo avuto modo di dire, sta a ricordare che le reazioni avvengono nei due sensi.
In ogni istante noi possiamo definire un grado di avanzamento della reazione che è
massimo quando la reazione è completa, è il massimo ottenibile quando la reazione è in
equilibrio.
Se indichiamo con ξ il grado di avanzamento della reazione (non è altro che la forza
generalizzata associata al flusso dNk/dt):


dN k   k'   k'' d   k d
(VII.29)
Pertanto la condizione di equilibrio (VII.27) diventa:
  dN
k
k
  dk k  0  d   k k  0
(VII.30)
che, dovendo essere verificata per qualsiasi grado di avanzamento della reazione,
comporta:
 
k
k
   k k'    k k''  0
(VII.31)
che rappresenta quindi la condizione di equilibrio per la reazione chimica in esame.
Ritorniamo alla equazione (VII.25) e la integriamo rispetto alla pressione, mantenendo la
temperatura costante e il numero di moli costante, otteniamo:


p
G T , p, N   G 0 T , p 0 , N   Vdp
p
(VII.32)
0
nella quale G0 è il potenziale della miscela alla pressione di riferimento p0 per gli stessi
valori di N e T.
Se i gas della miscela possono essere considerati perfetti, per ognuna delle specie k
possiamo scrivere la 2a equazione di stato:
pk 
Nk
R0T
V
e la (VII.33) può essere scritta, per ogni specie k, nel modo seguente:
87
(VII.33)



pk
0

p
dp
 G 0 T , p 0 , N k  N k R0T ln k0 (VII.34)
p
p
p0
G T , p k , N k   G T , p , N k  N k R0T 
0
Notando dalla (VII.25) che per fissati valori di p e T si ha:
dGT , p    k dN k
(VII.35)
da cui:
 G 

 k  

N
k

T , p
(VII.36)
possiamo, derivando la (VII.34) rispetto ad Nk, per dati valori di temperatura e pressione,
ottenere la seguente:
 k   k0  R0T ln
nella quale:
 k0 T  
pk
p0

(VII.37)


G 0 T , p0 , N k 
N k
(VII.38)
è funzione esclusivamente della temperatura.
Se riprendiamo a questo punto la condizione di equilibrio (VII.32) e in essa sostituiamo la
(VII.37), otteniamo:
p
r
r

1

  k k'    k k''   k'   k0  R0T ln
1
1
p
r
 
0
k
pk  p ''  0
p 
   k   k  R0T ln k0   0
0 
p  1 
p 
'
k
   k0 k''
1
1
R0 T
p
  k'' ln
1
r
pk
p

 k' ln k0

0
p
p
1
(VII.39)
considerando la pressione di riferimento uguale ad 1 bar (solo per semplificare i calcoli)
si ottiene con facili passaggi:
p
p
r
  k0 k'    k0 k''
1
1
R0T
 ln
 p
''
k
k
1
r
p
(VII.40)
 k'
k
1
Nella (VII.40) il termine al numeratore del primo membro rappresenta la variazione del
potenziale di Gibbs fra prima e dopo la reazione nelle condizioni di pressione standard,
quindi esso dipende solo dalla temperatura, il secondo membro non è altro che il
88
logaritmo naturale di una costante di equilibrio già definita nella (VII.20) come rapporto
fra le pressioni parziali delle specie reagenti invece che delle concentrazioni di massa.
Abbiamo chiamato questa costante di equilibrio Kp.
Con queste considerazioni la (VII.40) fornisce la relazione, nota come Legge di
Arrhenius:
 G 0 

(VII.41)
K p T   exp  
 R0T 
E’ semplice ricavare una relazione fra le due costanti di equilibrio definite, introducendo
la 2a equazione di stato dei gas perfetti:
 i 1
 p
K T   K p  
n
(VII.42)
dove abbiamo posto:
r
p
1
1
 k   k'   k''
(VII.43)
Calcolo della temperatura di combustione in condizioni di equilibrio
Vediamo ora come possiamo calcolare i parametri termofluidodinamici incogniti in un
processo di combustione quando siano state raggiunte le condizioni di equilibrio.
La miscela di gas reagenti, lo abbiamo detto, è una miscela di gas perfetti con p + 3 gradi
di libertà, e quindi per definirne lo stato occorre conoscere p + 3 parametri: le p
concentrazioni delle specie presenti e la Temperatura incognite mentre gli altri due, la
pressione e la velocità sono stati imposti dalle ipotesi fatte di n.ro di Mach = 0 durante
tutto il processo di combustione (flusso di massa molto piccolo).
Negli aeroreattori la Temperatura non è una incognita perché è imposta dal limite di
Turbina. In tal caso è una incognita il rapporto di miscelamento per il quale si ottiene la
temperatura imposta.
Se QR è il calore di reazione per unità di massa di combustibile e di tempo possiamo
scrivere il seguente bilancio energetico:
m f QR b  m a (1  f )c p T04  T03 
(VII.44)
nella quale l’incognita è T04 se è fissato il rapporto di miscelamento (endoreattori), è il
rapporto di miscelamento se è fissata la Temperatura massima sopportabile dalla turbina
T04 (motori con turbina a gas).
La soluzione di tale equazione presuppone la conoscenza del QR che dipende, come
abbiamo detto, dalla composizione della miscela nelle condizioni di equilibrio. Pertanto si
impone il seguente procedimento di soluzione del problema.
Esso è sempre lo stesso per qualsiasi motore: si scelgono i propellenti e quindi si
assegnano i loro parametri iniziali. Si ipotizza un rapporto di miscelamento, diverso a
seconda del propulsore che si sta esaminando. Si fissa un valore di pressione, anche esso
opportuno per lo specifico propulsore. A questo punto è necessario scrivere p + 1
equazioni nelle incognite Tf e nk con 1 < k < p
L’unica equazione del bilancio utilizzabile è quella di conservazione dell’energia :
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hi  h f
(VII.45)
dove hi e hf , per una miscela di gas perfetti, sono rispettivamente date dalle relazioni:
Ti
r
r
r


N
hi   hk k   hk nk   nk  H 0f k   c pk dT 
Mt


1
1
1
Trif
(VII.46)
Tf
p
p
p


N
h f   hk k   hk nk   nk  H 0f k   c pk dT 
Mt


1
1
1
Trif




nelle quali:
hk = entalpia di 1 mole della specie k
Nk = numero di moli della specie k
nk = concentrazione massica della specie k
Ti = temperatura dei reagenti all’inizio del processo di combustione
Trif = temperatura di riferimento a cui è calcolata l’entalpia di formazione
Per avere altre p equazioni per la risoluzione del problema facciamo ricorso alle
equazioni di conservazione degli atomi: nelle reazioni cambiano le strutture molecolari
delle specie presenti ma il numero di atomi di una specie si mantiene sempre costante.
Fissato il numero degli atomi diversi presenti è fissato il numero di equazioni che si
possono scrivere.
Esempio: in una reazione fra Idrogeno e Ossigeno si possono scrivere 2 equazioni di
conservazione degli atomi. In una reazione fra Perclorato di Ammonio (KClO4) e
Polibutadiene (CH2)n le tipologie di atomi presenti sono 5 e quindi potremo scrivere 5
equazioni di conservazione degli atomi e così via…
Una tale equazione per ogni atomo j assume la seguente espressione:
r
 
jk N k     jk N k 
1
1
p
(VII.47)
nella quale abbiamo indicato con βjk il numero di atomi del tipo j presenti nella specie k.
Indicando con c il numero dei tipi di atomi presenti potremo scrivere c equazioni uguali
alla (VII.47). A questo punto occorrono, per chiudere il sistema, altre p–c equazioni.
Ricordiamo che abbiamo fatto l’ipotesi di essere, alla fine della camera di combustione,
in condizioni di equilibrio. Fra tutte le reazioni che avvengono in queste condizioni
possiamo isolare quelle dette di formazione di tutte le specie dagli atomi. Questa scelta è
dettata solo dal fatto che è comoda e semplice in quanto ci fornisce facilmente il numero
di equazioni, linearmente indipendenti fra loro, necessarie alla risoluzione del problema.
Una reazione di formazione è una reazione nella quale a sinistra è presente la specie
formata con coefficiente stechiometrico pari ad 1 mentre a destra sono presenti solo gli
elementi che formano la specie ognuno con il proprio coefficiente stechiometrico.
Se si scelgono come elementi gli atomi c, le specie formate in condizioni di equilibrio
sono p – c.
Una reazione di formazione può essere la seguente:
c
xi   ij x j
1
dove c+1 < i < p.
90
(VII.48)
Esempio: la reazione di formazione dell’acqua da ossigeno e idrogeno atomici è la
seguente:
(VII.49)
H 2 O  2H  O
Abbiamo detto, nel paragrafo precedente, che in condizioni di equilibrio, per ogni
reazione è possibile definire una relazione fra le concentrazioni delle specie coinvolte
nella reazione e una costante di equilibrio.
Applichiamo questo concetto ad una reazione di formazione. Otteniamo la seguente
equazione per la generica specie i:
n
(VII.50)
K i T   c i
 ij
nj
1
A questo punto il problema è relativamente di facile soluzione.
Noti i propellenti, il loro rapporto di miscelamento e la pressione in camera di
combustione, si possono immaginare le specie che in condizioni di equilibrio
probabilmente saranno presenti (p). Si suddividono queste in c atomi e p-c specie
formate. A questo punto, le p + 1 equazioni che permettono di calcolare le incognite T e
nk per 1< k < p sono le seguenti:

n
1 k  H 0f

r

 p 
  c pk dT    nk  H 0f
 1

Trif

Ti
k
r
p
1
c 1
  jk nk  n j    ij ni
K i T  
ni
c
n
 ij

Tf
  c
k
Trif


dT
pk

per
1<j<c
per
c+1 < i < p
(VII.51)
j
1
I termini che compaiono nel 1° membro in ogni equazione sono noti. In particolare
ricordiamo che Ki (T) è una funzione da definire servendosi della relazione di Arrhenius
(VII.41). Per quanto riguarda le nk presenti nella fase iniziale, esse sono facilmente
esprimibili in funzione del rapporto di miscelamento che è un parametro fissato.
Il sistema non è lineare e va risolto con metodi numerici. Esistono comunque molti codici
commerciali (STANJAN, CEA) che risolvono il problema.
Per un calcolo approssimato della temperatura T04 negli aeroreattori, essendo l’ossidante
obbligato, si usa riferire il Calore di reazione all’ unità di massa di combustibile e inoltre,
essendo la miscela molto povera di combustibile, si usa identificare il propellente con
l’ossidante. Con queste precisazioni, in un aeroreattore la (VII.44) diventa, riferita a tutta
la portata di propellente:
m f QR b  m a c p T04  T03 
(VII.52)
Essendo, a parità di ossidante, il calore di reazione funzione solo del combustibile e del
grado di avanzamento della reazione si può, in caso di rapporto di miscelamento
stechiometrico e combustione completa, tabellare il calore di reazione per ogni
combustibile e quindi calcolare semplicemente dalla (VII.52) il rapporto di miscelamento
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che realizza la temperatura T04 imposta dalla turbina. E’ ovvio che il rendimento dovrà
essere valutato con opportune prove sperimentali o ipotizzato da esperienze pregresse.
Abbiamo detto: I termini che compaiono nel 1° membro in ogni equazione sono noti
Non è sempre facile determinarli in quanto dipendono dalla cinetica chimica cioè dai
meccanismi di trasformazione dei propellenti dallo stato in cui si trovano fino alla
condizione di equilibrio alla quale avvengono le reazioni di cui abbiamo detto finora.
Fase transitoria nel processo di combustione
Fino a raggiungere le condizioni di equilibrio, numerose e diverse fenomenologie si
susseguono in camera di combustione a seconda della tipologia del propulsore e dello
stato fisico dei propellenti.
In un aeroreattore l’ossidante è allo stato gassoso e l’unico problema è quello di farlo
giungere in camera a velocità molto bassa. Inoltre il rapporto di miscelamento è molto
elevato per cui si corre il rischio di non innescare la reazione, cioè di capitare fuori dal
dominio imposto dal diagramma di Fig. VII.10 per l’ accensione.
Figura VII.10
Questo richiederà degli accorgimenti particolari nel disegno della camera e nelle modalità
di immissione dell’aria.
Per quanto riguarda il combustibile si dovrà fare attenzione sia alla velocità di iniezione
che dovrà essere elevata per non rendere elevato il ritardo all’accensione. Tale ritardo può
compromettere il raggiungimento delle condizioni di equilibrio, e quindi l’ottenimento
del massimo calore di Reazione, così come può dar luogo a fenomeni di cracking del
combustibile con formazione di particolato fine e ossidi molto inquinanti e dannosi per
l’efficienza del processo.
In un endoreattore a propellenti liquidi in dipendenza del propellente adoperato, avremo
una fase più o meno lunga di induzione, cioè un diverso ritardo all’accensione e un
grande ruolo giocano gli iniettori che sono un elemento molto delicato nella
progettazione di un tale propulsore. Inoltre la temperatura di ingresso dei propellenti può
avere valori molto diversi da un caso all’altro. Ciò dipende dal tipo di propellente che può
essere criogenico o conservabile, può essere inviato direttamente in camera di
combustione oppure può essere usato come refrigerante prima dell’iniezione. Tutto ciò
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influenza sia il ritardo all’accensione sia, di conseguenza, i valori finali di entalpia del
propellente.
In alcuni casi si può adoperare un propellente come l’acqua ossigenata o l’idrazina che
dissociano esotermicamente nell’attraversare un letto catalitico. In tal caso abbiamo un
altro fenomeno da prendere in considerazione: la dissociazione catalitica che introduce un
ulteriore difficoltà nel valutare le condizioni iniziali nel processo di combustione.
In un endoreattore a propellenti solidi i propellenti sono intimamente mescolati e una
volta innalzata la temperatura della superficie al valore di autoaccensione, il processo
comincia e prosegue fino all’esaurimento del propellente stesso. In questo processo la
velocità con cui si consuma il propellente è influenzata principalmente dalla natura dello
stesso propellente, dalla pressione nella camera, dalla temperatura, dalla presenza di
metalli nel propellente, etc.. In tal caso il ritardo può essere condizionato dal sistema di
accensione oltre che dalla natura del propellente e il raggiungimento delle condizioni di
equilibrio può dipendere dalla velocità di consumo del propellente (velocità di
regressione). Per lo stesso motivo anche la determinazione della portata di combustibile
durante la fase stazionaria risulta inoltre di grande complessità.
In un endoreattore a propellenti ibridi la combustione avviene fra i gas provenienti dalla
vaporizzazione del liquido iniettato e quelli provenienti dalla ablazione del solido. Mentre
La combustione è lontana dalla superficie, in una zona all’interno dello strato limite che
si crea al di sopra della superficie solida, e il consumo del combustibile è condizionato da
molteplici parametri quali il flusso di ossidante, la pressione, la natura del combustibile,
etc., tutto ciò che può influenzare il flusso termico alla parete, sia convettivo che
radiativi. Oltre quindi ad una difficoltà a valutare la portata di combustibile, e quindi il
rapporto di miscelamento, durante la fase stazionaria del processo, risulta anche molto
complesso determinare in questo caso il valore dell’entalpia del propellente nella fase
iniziale del processo di combustione in quanto legata al processo di pirolisi del
combustibile, molto difficile da modellizzare, ancor più che nei solidi.
Abbiamo solo accennato alla tipologia di problemi che debbono essere affrontati di volta
in volta senza entrare nel dettaglio. Se ne parlerà in un altro contesto.
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