Le forme dell’esclusione (e della possibile inclusione)
*Dentro/fuori: L’inclusione rispetto all’integrazione vuole favorire l’accettazione e la partecipazione sociale, puntando l’attenzione
non sulla riduzione ma alla valorizzazione delle differenze dei soggetti per capire il concetto di esclusione.
E’ importante capire quali sono le regole culturali che determinano l’appartenenza o meno ad un certo gruppo sociale. Le regole
variano da contesto a contesto.
Durkheim(mette in luce come il grado di integrazione degli individui rappresenti un elemento centrale per la strutturazione della
società in cui vivono) individua due tipi di società:
-solidarietà meccanica (scarsa mobilità dei singoli rispetto al loro ruolo)
- solidarietà organica (maggiore dinamicità di realzioni e ruoli)
La prima è basata su una forte adesione delle persone a valori e credenze condivise , tipica delle società tradizionali, la seconda è più
accentuata sull’individualismo, tipica delle società contemporanee.
Proprio quest’ultima ha due diversi orientamenti, il primo verso la perdita di legami sociali fondamentali (anomia), e il secondo
invece ha dei confini normativi sfumati e quindi maggior integrazione dello straniero e dell'altro. L’evoluzione da meccanica a
moderna non è fissa, quindi a volte troviamo presenza sia del vecchio che del nuovo.
Nella solidarietà meccanica c’è una stretta integrazione a patto di dure regole, poca tolleranza verso il nuovo e il diverso; l’individuo
ne è parte integrante (anche chi ha un deficit o una menomazione), e può far parte della società a patto di non pretendere un
cambiamento di status o posizione e rinunciare all’emancipazione (es nano pag 51).
Oggi è largamente diffusa l’idea che anche chi è diverso ha diritto a una vita lavorativa e affettiva però il problema è che gli spazi,
strumenti, mezzi di trasporto... sono costruiti per l’uomo medio (media altezza,peso,età costituzione e abilità). In questi tipi di società
o si è dentro o si è fuori: chi è dentro è riconosciuto e collocato in un contesto sociale,chi è fuori è semplicemente emarginato,infatti
nella solidarietà meccanica il concetto di uomo medio non esiste ma c’è il concetto di ruoli/gerarchia non modificabili (chi è nel
gruppo rimane in quel gruppo, non si può cambiare).Le società a solidarietà organica invece sono aperte, e accettano la diversità
all’interno della propria struttura.
Il ruolo degli indicatori nei contesti formativi
*Indicatori e organizzazione formative:Nel corso degli ultimi anni l’uso degli indicatori si è affermato anche in Italia in diversi
contesti.
Questo però porta a una confusione, ad esempio, nella molteplicità dei termini utilizzati in questo campo (sociali, quantitativi, di
impatto, di risultato utilizzati tutti in modo indifferente).
Nell’ambito della formazione (in particolare scuola), l’elaborazione è sempre rimasta un’attività di nicchia, l’avvento vero e proprio
si ha con il fenomeno della certificazione di qualità che ha trovato larga applicazione soprattutto dalla norma che introduce
l’autonomia delle scuole rispetto all’amministrazione centrale o regionale.
Nonostante la portata decisionale del singolo istituto sia limitata, l’abolizione dei vincoli nella scelta della scuola ha portato a una
vera e propria concorrenza, come direbbe Bordieu si è passati da un sistema di comparazione sfumata e informale tra istituti a un
regime formalmente strutturato sulla distinzione che viene garantita con la certificazione.
Chi è certificato vale di più perché garantisce l’efficacia delle strategie attraverso l’individuazione di indicatori; inoltre questa
competizione è negativa per gli alunni con BES perché le scuole privilegiano l’iscrizione degli alunni “dotati”(x far apparire la scuola
+ rigorosa e d'elite) così che si torna ad una separazione tra scuole. Bisogna tener conta che la propagazione è partita dal basso
(istituti tecnici e professionali) all’alto, e attraverso questo percorso è avvenuto l’ingresso degli indicatori. Una scuola può essere
oggi perfettamente certifica, ma molto poco inclusiva. Non occorre quindi aggiungere nuovi indicatori ma pensare a quali strumenti
usare per realizzare l’inclusione.
*Le caratteristiche degli indicatori:Un indicatore è un segnale di riferimento per esempio per chi gestisce una mensa l'indicatore
"tempo" è molto importante: tempo di scandenza degli alimenti,tempo di cottura..eccGrazie a questo indicatore il gestore può
ottimizzare le vendite in previsione della data di scadenza.Gli indicatori si trasformano anche in numeri che testimoniano l'efficenza
del servizio mensa (se servo entro 3 minuti raggiungo l'obbiettivo, se servo dopo i 5 no perchè la pasta diventa immangiabile ecc)
Sembra che sia sufficiente creare un indicatore e una scala numerica per valutare la qualità di un servizio, ma invece occorre indicare
anche la modalità di raccolta dei dati (contesto). L’indicatore ha significato solo nel contesto, da solo non ha significato (non è suff
che il pasto sia servito in tempo, deve essere anche sufficente nutriente e gustoso. McDonald= tempi veloci,pasto non sano,
Nouvellecousine=piatti ottimi ma poche porzioni)
*Numeri e lettere:Si tende a minimizzare la realtà trasformandola in cifre, senza ragionare sul significato di queste cifre. Gli
indicatori sono frutto di un’elaborazione, non bisogna solo lavorare con gli indicatori come se fossero numeri, ma bisogna saper
riflettere e cercare di interpretarli. Alcuni indicatori dell’inclusione sono misurabili, altri no. Non vuol dire che i primi siano più
importanti: occorre creare il mix corretto fra entrambi i tipi (accoglienza alunni stranieri=ragionare sui numeri cioè quanti alunni
stranieri?per quante ore?)ragionare sulle relazioni (conosce qualcuno? Esprime disagio?) occorre quindi lavorare su indicatori di tipo
quantitativo e qualitativo.
*Il ruolo del contesto:E’ importante il rapporto tra indicatore (per esempio un voto scolastico come 3 in italiano) e contesto (perchè
ho preso 3? Perchè non stavo bene,perchè non ho studiato,perchè tanto il prof mi ha inquadrato come uno da 3). L’indicatore ci serve
per studiare un fenomeno, non è possibile usare gli indicatori “così come sono”: due realtà sono diverse e se un sistema di indicatori
è buono per una realtà solitamente è inadeguato per le altre. E’ possibile però prendere spunto da sistemi di indicatori già esistenti
(come quelli di di Booth e Ainscow). Un indicatore non è applicabile ad ogni scuola perchè le scuole sono diverse non solo a livello
internazionale ma anche da classe a classe. Ogni scuola deve tracciare la propria strada verso l’inclusione. I sistemi di indicatori sono
funzionali se insieme agli indicatori viene riportato anche il contesto dove questi sono stati misurati.
*Come funzionano gli indicatori: L’inclusione è un percorso che vede coinvolte diverse figure nel ruolo educativo quotidiano, è
necessario però porsi in un’ottica di apertura cioè di individuare dimensione “nascoste” perché non sempre ci basta ciò che abbiamo,
questo come dice Canevaro, non è semplice perché non si sa dove cercare. Gli indicatori di qualità rappresentano una sorta di bussola
per orientare gli educatori nella realizzazione di strategie inclusive.
Per spiegare cosa è un indicatore usiamo il “paradigma Lazarsfeld”:
La funzione primaria di un indicatore è dare una specificazione operativa rispetto a concetti generali . Esempio: il benessere può avere
tante dimensioni
-fisico: "essere in buona salute",
-psichico: "star bene con se stessi"
-relazionale: "star bene con gli altri" e si suddivide in relazioni con familiari, amici e colleghi; a questo punto entrano in gioco gli
indicatori. Esempio: il benessere al lavoro è la possibilità di avere momenti formali e informali di scambio con i colleghi.
"Benessere"-->"con gli altri"-->"nel contesto di lavoro"-->"nei momenti di pausa"
Per far questo bisogna partire dal concetto iniziale e poi scomporre le varie componenti finché non vengono individuati elementi
misurabili ovvero gli indicatori.
Successivamente vengono stabilite delle definizioni operative che individuano lo stato di ogni operatore ai fini della rilevazione.
Esempio: se ritengo che la comunicazione durante la pausa caffè sia un indicatore importante del clima di lavoro, allora devo
precisare se viene effettuato, ogni quanto, chi partecipa.
Riassumiamo i tratti introdotti:
Concetto: tipo di espressione utilizzata da una determinata cultura per identificare per un’area di significato socialmente condiviso
(inclusione, benessere, accoglienza,partecipazione)
Dimensione: elemento intermedio tra il concetto (caratterizzato da ampiezza e complessità) e l’indicatore che si colloca su un livello
di definizione specifica, concreta e operativa.
Indicatore: livello direttamente osservabile/misurabile delle dimensioni, fornisce informazioni dirette o indirette e consente di
mettere a fuoco un concetto stabilendo punti di riferimento condivisi, basati su dati e situazioni precise.
I requisiti di un indicatore sono:
- legame con il contesto, che ne orienta il significato e l’utilità precisa;
- la natura stipulativa e convenzionale della sua formulazione, che è legata alla conoscenza del ricercatore;
-rapporto semantico del concetto a cui rimanda: indicatore legato al contesto.
Nel nostro caso gli indicatori rappresentano tutti gli elementi utili per descrivere l’effettiva realizzazione dei processi di inclusione,
per mostrarne l’efficacia e l’impatto per verificare la corrispondenza fra obiettivi e risultati.
Un’altra nozione importante è la modalità di rilevazione, la procedura da utilizzare. Indice e indicatore sono cose differenti: l’indice è
un insieme di indicatori aggregati per scopi specifici, indicatori che fanno riferimento a dimensioni diverse possono essere connessi
in un indice che determina un aspetto particolare, ad esempio: pausa caffè,pausa pranzo,intervallo possono costituire l'indice
"comunicazione durante le pause".
(Fig pag 78)= Prendendo il concetto di "ambiente" inteso come ambiente scolastico è possibile scomporre il concetto in 3
dimensioni: funzionalità, confortevolezza e gradevolezza. Ognuna di queste dimensioni può essere divisa in sottodimensioni che
riguardano gli spazi gli arredi(banchi non trp grandi o trp piccoli per l'età degli alunni),le attrezzature(maneggevoli e non complicate)
che danno forma al contesto scolastico, una volta rintracciate queste sottodimensioni possiamo rilevare gli indicatori che ci indicano
quale sia la qualità dell'ambiente. (ad es gli spazi devono essere ampi,luminosi x svolgere le attività ecc ecc). L'ambiente oltre ad
essere funzionale deve essere anche confortevole. L'ambiente deve essere gradevole: non spoglio o trascurato ma colorato e
accogliente per non demoralizzare i sensi.
*Alcune questioni sull'utilizzo degli indicatori Esempio di alcuni indicatori dell’ambiente scolastico, possiamo notare che alcuni
possono essere facilmente espressi attraverso dati numerici (numero di computer con internet) altri invece devono essere misurati da
un punto di vista “qualitativo”.
Il termine qualità può essere applicativo a tre contesti nel mondo della scuola:
- strumenti (osservazione ed interviste per la raccolta dei dati);
- procedure (sistemi di controllo delle procedure standard nella fornitura di servizi, esempio mensa);
- elementi relazionali del servizio (cose non misurabili che riguardano le relazioni fra insegnanti ed alunno).
Quando si parla di indicatori di qualità si riferisce nel complesso dell’organizzazione scolastica, sia dal punto di vista qualitativo sia
da quello quantitativo. Quando si tratta di qualità l’indicatore diventa più complesso da analizzare, più semplici sono quelli di
quantità. Quando si cerca di misurare un indicatore qualitativo diventa difficile una sua introduzione nel contesto. Occorrono
strumenti per misurare gli indicatori, per quelli quantitativi sono strumenti di calcolo, per quelli qualitativi ci sono l’osservazione, il
colloquio e il focus group. Gli indicatori quantitativi si applicano meglio sui grandi numeri mentre quelli qualitativi si applicano
meglio su un numero limitato di casi ma significativo.
Per concludere chi usi gli indicatori deve conoscere tutti gli strumenti.
*L'utilità degli indicatori:Organizzare un sistema di indicatori vuol dire sviluppare un insieme di domande dal semplice al
complesso.
Struttura un insieme di indicatori non è solo un esercizio ma aiuta a scoprire le caratteristiche dell’apprendimento che di solito sono
difficili da vedere. Utilizzare gli indicatori ci aiuta a tradurre le nostre idee in esempi concreti.
I contesti educativi si differenziano per dimensione, età degli alunni, programmi da svolgere, forme di comunicazione, cultura e
territorio (l'asilo nido è diverso dalle superiori e due asili nidi in una città non sono uguali). Questo vale anche per gli alunni con
BES.
Esempio: partendo dall’idea di accoglienza possiamo sviluppare una serie di indicatori per valutare il percorso di accoglienza degli
alunni stranieri, tuttavia l’efficacia di quel percorso dipende dalla capacità degli educatori di adattare gli indicatori a quei bambini
stranieri.
*Standard e qualità: Lo standard: requisito minimo, soglia minima necessaria per erogare il servizio, al di sopra della soglia il
servizio funziona bene,al di sotto no. Il valore standard viene fissato a priori. Fissare una soglia significa fare una scala ordinale, che
si limita a fornirci una graduatoria qualitativa, a differenza della scala cardinale, dove misuriamo il valore quantitativo.
-Fig. Pag
85Dalla scala cardinale possiamo ricavare non solo gli standard minimi ma anche quelli intermedi e ottimali.
Lavorare con gli standard e con le scale ci permette di fare confronti tra i diversi servizi offerti da diverse scuole. Per esempio lo
standard minimo rispetto al cibo di una mensa è che sia fresco, nutritivo e di sapore gradevole.Lo standard ottimale è cibo oltre che
cucinato bene anche di vasta scelta (primo secondo terzo),la gentilezza dello staff mensa ecc
Bisogna però tener conto della storia della scuola e del contesto. Per quanto riguarda i processi di inclusione occorre costruire indici
non solo standard, questo perché i processi di inclusione si basano proprio sulla differenziazione.
Come nota Ianes spesso si incrociano delle diverse differenze, una legata alla difficoltà dell’alunno, l’altra all’eterogeneità della
classe. Questo causa negli insegnanti la sensazione di non riuscire a soddisfare i bisogni di tutti.
Occorre un radicale cambiamento nel modo di pensare: le differenze non sono ostacoli, ma risorse per l’apprendimento.
Le differenze ampliano le scelte educative e arricchiscono la realtà.
Per avere un’inclusione efficace occorre dimenticare il ragionamento al singolare (il soggetto, la persona...) e passare al plurale
specifico (quei soggetti lì, quegli alunni lì...).Importante saper asoltare e comprendere le differenze, perchè ciò sia possibile
necessitiamo della formulazione di indicatori riferiti ad un piano narrativo: le caratteristiche che il racconto deve avere per diventare
esperienza comune sono secondo Bruner: (testi pag 89)
-diacronicità: nel racconto vi è una mancanza di elementi temporali precisi: passato presente e futuro si intrecciano nella percezione
degli avvenimenti vissuti
- genere: ogni racconto deve avere una categoria in cui inserirsi (tragica,drammatica,comica) a seconda degli avvenimenti descritti,
trovata la categoria si può dividere in sottocategorie (drammatico, storia drammatica di un orfano= Oliver Twist)
- internazionalità: i personaggi agiscono secondo le loro idee e convinzioni, proprie cause personali.
- ermeneutica: una storia può avere più significati basati comunque non sulla verità, ma su una verosomiglianza;
- violazione: nel corso della storia la situazione normale subisce un cambiamento e il modo in cui il protagonista cerca di superare
questa non consuetudine rappresenta il fulcro,ciò che ci spinge a narrare e ascoltare il racconto.
- ambiguità: una storia può essere interpretata in molti modi, si introduce quindi un’ambiguità sul suo significato.La narrazione
rappresenta in questo senso lo strumento + usato per affrontare l'ignoto, le situazioni per cui non abbiamo soluzioni precostituite.
-negoziazione: la storia rappresenta un mezzo per promuovere lo scambio e il confronto rispetto alle diverse prospettive che ognuno
di noi ha nella vita reale;
-storicità e punti di svolta: una dopo l’altra le storie si susseguono e si aggregano,attraverso ciò si creano culture e tradizioni.
Attraverso gli indicatori che Bruner ha rintracciato nei racconti si ha una spiegazione della visione dei soggetti narrati. In una
prospettiva inclusiva questo tipo di analisi è importante per permettere di ascoltare vari punti di vista e aiuta a comprendere il
significato profondo dei ragionamenti,crisi,punti di svolta così come vengono vissuti e interpretati dai soggetti stessi del progetto di
inclusione.
Esempi di indicatori per l’inclusione
*Gli indicatori di Canevaro:Passiamo ad illustrare alcuni esempi di utilizzo di indicatori all’interno di un progetto educativo volto
all’inclusione.
In Italia la prima proposta è venuta dalle indicazioni di Canevaro che elenca una serie di possibili indicatori:
-Dove sono i disabili?
Gli spazi frequentati dagli alunni sono un elemento fondamentale per capire se la scuola è accogliente e non segregante.
Uno spazio inclusivo va pensato in modo che tutti stiano nella stessa classe e allo stesso tempo separati per lavori di gruppo.
-Con chi sono le persone in situazione di handicap?
Quanti e quali contatti la scuola consente agli studenti con BES. Occorre rafforzare la positività e una molteplicità di relazioni, non
sempre con le stesse persone (prof di sostegno,stessi compagni,educatori..)
-Perché una persona in situazione di handicap?
La risposta è quella di conoscere le differenze per permettere di elaborare delle strategie di apprendimento e non solo per una fattore
di socializzazione.
-Come vivono l’esperienza scolastica le persone con situazione di handicap?
La domanda va rivolta ai disabili e a tutti quelli che frequentano la scuola.
Approfondendo inoltre le conoscenze degli insegnanti sulla disabilità e lo sforzo di un miglioramento continuo delle proposte
curricolari.
-Con quali diritti, con quali doveri?
Qui gli indicatori riguardano la conoscenza delle normative sull’integrazione; importante anche evidenziare la qualità dei rapporti tra
i diversi soggetti e il disabile (famiglia, insegnanti, educatori...) in modo da raggiungere una chiarezza condivisa rispetto ai processi
di progettazione educativa.
-Quanto costa: costi previsti o incerti
due criteri: uno la continuità per le risorse destinate all’integrazione scolastica, l’altro la possibilità di investire per il miglioramento.
-tabella pag 95Le indicazioni di Canevaro sono interessanti in quanto rappresenta una forte sollecitazione allo sviluppo di specifiche aree per il
lavoro degli indicatori, evidenziando come gli interventi di sostegno non possono essere risolti con disponibilità e generosità, ma
occorre una strutturazione puntuale ed efficace di strumenti.
*Gli indicatori dell'UNESCO: Un altro esempio di indicatori è quello messo a punto dall’UNESCO.
L’elemento fondamentale è il principio dell’educazione inclusiva, questo non è orientato sull’integrazione degli alunni disabili, ma si
propone di rispondere ai bisogni di apprendimento di tutti i bambini, giovani e adulti con un’attenzione specifica per chi è a rischio di
esclusione.
L’obiettivo è di raggiungere la formazione ottimale di ogni singolo alunno, in rapporto alle sue possibilità e ai suoi bisogni. Le
differenze sono viste come forme di arricchimento. Tutti devono essere rispettati.
A partire da queste riflessioni l’UNESCO suggerisce l’adozione di tre concetti: partecipazione, condivisione e uguaglianza. Questi
rappresentano gli indicatori di base per la qualità nell’educazione.
Accanto a questi vengono evidenziate tre dimensioni cruciali:
-comprensione delle situazioni di handicap in relazione alle richieste dell’ambiente;
-la visione olistica dell’alunno;
-il principio di non-separazione.
Le tre dimensioni vengono tradotte dall’UNESCO attraverso alcune indicazioni specifiche:
- considerare il livello per cui un certo alunno può essere considerato in situazione di handicap;
- abolire la diagnosi come strumento per evidenziare la mancanza, ma guardare invece all’alunno come persona abile e creativa.
Compito della scuola creare un ambiente dove le potenzialità possano svilupparsi in base alle capacità differenti di ogni bambino;
-affermazione del principio di non-segregazione, ovvero la scuola normale è il contesto migliore per affrontare i problemi. Per questo
i problemi educativi degli alunni vanno approfonditi.
Un ulteriore passo avanti nella costruzione di indicatori è stata l’elaborazione di Open-file on inclusive education che l’UNESCO ha
preparato come materiale di supporto per amministratori e dirigenti delle scuole.
Il documento formula una serie di riflessioni e domande specifiche per orientare la scuola in funzione di interventi inclusivi. tabella pag 98Gli indicatori open file inquadrano ambiti cruciali per lo sviluppo di pratiche inclusive, mettendo a fuoco in particolare:
-pensare all’inclusione in modo strategico e integrato, come un cambiamento che coinvolge l’apparato scolastico nel suo complesso;
-pianificare la formazione iniziale e continua di tutti gli insegnanti rispetto ai temi dell’inclusione;
-organizzazione dell’attività di sostegno e un efficace lavoro di rete insieme ai servizi esterni;
-mettere a punto strumenti di valutazione condivisi;
-coinvolgimento delle famiglie e dell’intera comunità;
-riorganizzazione dei percorsi curricolari in funzione di una loro inclusività;
-efficace pianificazione della raccolta e gestione e gestione delle risorse finanziarie;
-favorire l’effettiva continuità nei passaggi da una classe all’altra, da una scuola all’altra e verso il mondo del lavoro.
Recentemente l’UNESCO ha proposto un approfondimento attraverso le Guidelines for inclusion:ensuring access to education for
all(2005) in cui vengono presentati due strumenti operativi che integrano e sviluppano elementi già presenti nell’open file, ovvero
una serie di domande e una matrice per una progettazione degli interventi inclusivi. L’utilizzo di queste due consente di fare il punto
del proprio sistema scolastico nei riguardi dell’inclusione, e di identificare le lacune. -tabelle pag 103/104Le domande permettono di evidenziare quali dimensioni inclusive bisogna tener presente.
La matrice rappresenta uno strumento per delineare la situazione attuale. Questi indicatori si indirizzano a un contesto molto ampio,
quindi orientata verso uno sviluppo di primo livello, che aiuta a sviluppare la sensibilità degli operatori nei confronti della tematica
dell'inclusione ai servizi di istruzione.
La preoccupazione è quella di fornire anche i paesi in via di sviluppo alcuni elementi fondamentali per l’analisi.
Come ricorda Lindquist (referente della disabilità): tutti i bambini del mondo con i loro punti di forza e di debolezza hanno diritto
all’educazione.
*Gli indicatori di Gherardini e Nocera
Si occupano di integrazione scolastica degli alunni con sindrome di Down.
Gli autori propongono l’elaborazione di una serie di indicatori a partire dalla rilevazione della qualità dell’integrazione scolastica,
effettuata attraverso questionari rivolti al dirigente e agli insegnanti della scuola. La qualità dell’integrazione è analizzata secondo 3
dimensioni fondamentali:
Struttura: diversi tipi di risorse di cui la scuola può disporre nell’attività di sostegno alla disabilità e sono suddivisi in 3
sottodimensioni: risorse umane, risorse strutturali e risorse finanziarie. (es lentezza con cui si provvede alla nomina dell’insegnante di
sostegno o la sua presa di servizio a scuola è un elemento chiave per garantire l’effettiva qualità dell’integrazione dell’alunno Down).
Processo: sono le modalità attraverso cui interventi educativi e di sostegno vengono realizzati e si dividono in 6 categorie:
-diagnosi funzionale,
-profilo dinamico funzionale,
-convocazione del GLHO(docenti, org socio sanitari e dalla famiglia deldisabile)e verifiche
-programmazione educativa e didattica,
organizzazione didattica,
-continuità progettuale/scolastica e
-organizzazione didattica.
Esempio l’indicatore di processo dell’organizzazione didattica permette di individuare la collocazione dell’alunno down rispetto ai
vicini di banco.
Risultato: riguarda gli esiti che l’attività di integrazione riesce a raggiungere in relazione agli alunni(competenze base) e agli
insegnanti( competenze professionali)
In conclusione questi indicatori presentano sia pregi che difetti: Tra i pregi va sottolineata la chiarezza e l’organizzazione che
permette di mettere in atto un confronto e una condivisione, sia sulle idee rispetto all’inclusione che le pratiche concrete.
I limiti sono riferiti invece al suo impianto concettuale e metodologico; è focalizzata su un carattere descrittivo- normativo e risulta
assente la dimensione di partecipazione.
Nell’intervento prevale sempre un taglio positivista e si tende a far prevalere le caratteristiche procedurali e la definizione di standard
degli indicatori trascurando quindi elementi inattesi e la possibilità di esplorare a fondo il tema della disabilità.
Questo è evidente quando si cerca di passare dalla teoria al processo e quindi al risultato; queste tre fasi vengono spesso mischiate e
si tende a confondere il processo con il risultato.
E’ più facile misurare la qualità di una struttura (persone, aule, apparecchiature) attraverso una misurazione oppure attraverso
l’applicazione di una definizione; è difficile invece misurare l’efficienza (correttezza teorica) e l’efficacia (reale correttezza) di un
processo.
Questo perché per misurare una struttura basta fare una foto istantanea e osservarla. Per misurare un processo dobbiamo tener conto
di elementi che possono cambiare con il tempo.
Questo problema si verifica anche quando analizziamo i dati.
Quando parliamo di risultato dobbiamo valutare tre aspetti:
- output: intervento effettivamente realizzato;
- outcome: valuta il rapporto tra costi e benefici;
- impatto: valuta la reale utilità dell’intervento.
(es. un bambino down si interessa alla lettura ma non sappiamo quale intervento è stato più utile tra cambio d’occhiali, intervento di
un gruppo di lettura o lettura di un libro interessante), inoltre dobbiamo misurare l’intervento anche all’interno (parlando con
familiari ed amici) per valutare l’impatto inclusivo.
Nell’integrazione l’alunno con bes non viene considerato nell’inclusione, invece il punto di vista dell’alunno con bes è il punto di
vista fondamentale.
*Indice per l’inclusione
Un altro esempio di indicatori sono quelli di Booth e Ainscow nel volume indice per l’inclusione.
Principi chiave:
-coinvolgimento attivo: processo di inclusione riguarda tutti i soggetti che frequentano la scuola;
-ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione: analoghi ai bes;
-risorse implicite: occorre sollecitare le risorse della scuola e della comunità;
-cambiamento: le scuole devono essere sempre in movimento e cercare un miglioramento dei processi;
-sostegno alla diversità: ridurre le pressioni all’esclusione.
Secondo gli autori il volume non deve essere utilizzato passo passo ma gli insegnanti sono invitati a integrare il volume con le loro
conoscenze, la loro esperienza.
L’indice si sviluppa in tre sezioni che riguardano l’organizzazione scolastica:
-creare culture inclusive;
-produrre politiche inclusive;
-sviluppare pratiche inclusive.
Ogni sezione si divide in sottodimensioni e ciascuno contiene più indicatori. Per ogni indicatore vengono proposte una serie di
domande che ne aiutano a capirne il significato (es l’indicatore ciascuno deve sentirsi bene- il primo contatto delle persone con la
scuola è amichevole e accogliente? la scuola è accogliente per tutti i genitori, operatori di sostegno e altri membri della comunità
locale?).
La formulazione sotto forma di domanda risulta essenziale, e come sottolineano gli autori e nel momento in cui si comincia a
rapportarsi alle domande che si inizia a cogliere il pieno significato dello strumento, e al termine di ognuno compare l’invito ad
elaborarne altre.
L’indice va adattato al contesto scolastico e risulta positivo se c’è l’intento di migliorare in senso inclusivo la realtà esistente.
Booth e Ainscow evidenziano l’opportunità di creare un gruppo di coordinamento di cui facciano parte non solo alcuni insegnanti,
ma anche rappresentanti degli studenti, delle famiglie, del personale non docente e della comunità locale. Il lavoro in gruppo prevede
una strutturazione in 12 tappe (Le fasi dell’indice)
-tabella pag 116-.
La novità dell’indice è che considera il processo di inclusione come un’attività aperta: il processo non ha un
inizio e una fine, ma i suoi risultati servono per migliorare l’analisi; la stessa analisi deve essere effettuata guardando a tutto
l’ambiente scolastico (dagli alunni al personale).
Unodei principali limiti dell’indice è proprio il gruppo di coordinamento: una delega troppo forte finisce per diminuire la
partecipazione e quindi l’inclusione; un altro problema è l’autocelebrazione, chi valuta il processo di inclusione è interno alla scuola
(es dirigente) e si corre il rischio di arrivare a una conclusione positiva molto velocemente, per evitare questo problema gli autori
consigliano di introdurre nel gruppo di coordinamento un “amico critico“ che deve essere una persona esperta del contesto e molto
critica verso la scuola.
Ultimo rischio è la tenuta degli attori sul lungo periodo: un progetto di inclusione richiede tempo ed energie per molto tempo e quindi
è importante capire cosa fare in ambito organizzativo
Iniziano analizzando il piano dell’offerta formativa della scuola e tracciano un percorso di graduale messa a fuoco della nozione di
inclusione, vengono individuati gli ostacoli e le buone prassi presenti nella scuola, si sviluppano indicatori mediante domande
specifiche e si individuano infine gli interventi atti a identificare e superare le barriere e a ottimizzare le risorse che favoriscono
l’inclusione.
E’ importante la raccolta delle opinioni degli studenti in funzione dell’individuazione di quelle che sono le barriere
all’apprendimento e alla partecipazione.. I questionari rappresentano il punto di partenza per una successiva discussione con gli
alunni sull’inclusione e la forumalzione di indicatori condivisi.Questi due autori hanno suggerito l’utilità di aprire il team di
progettazione a un “Amico critico”: che deve essere una persona esperta del contesto e molto critica verso la scuola. Ultimo rischio è
la tenuta degli attori sul lungo periodo: un progetto di inclusione richiede tempo ed energie per molto tempo e quindi è importante
capire cosa fare in ambito organizzativo.
Gli indicatori organizzativi
La riorganizzazione investe la totalità della struttura scolastica, in particolare ciò che riguarda i contenuti del curricolo, lo stile di
decisione, la didattica in classe, il sostegno all’apprendimento e lo sviluppo del lavoro di gruppo. A tal proposito Wolger sostiene che
occorre un cambiamento organizzativo che influenzi soprattutto l’approccio dei singoli insegnanti.
Gli elementi chiave di questo cambiamento organizzativo (che coinvolge tutti gli alunni e non solo quelli con bisogni speciali)
possono essere identificati in:
-
Condizioni: (direzione, coordinamento, cooperazione, analisi, formazione)
-
Dimensioni: (regolativa, organizzativa, pedagogica/curricolare, culturale, professionale)
-
Aree di cambiamento: (prospettiva personale e leadership, collegamento e coinvolgimento organizzativo, collaborazione e
progettazione, ricerca e riflessione, preparazione e sviluppo del personale) SCHEMA PAG 122 (TAB. 5.1)
Le + importanti sono le Aree di cambiamento che possono essere analizzate per condurre un esame + dettagliato del tipo di azione
che può essere intrapresa dalla dirigenza scolastica per promuovere i progetti di educazione inclusiva.
Prospettiva personale e leadership : è un elemento molto forte di cambiamento e come suggerisce Ainscow, è unita a una
leadership trasformativa diffusa e condivisa da tutta la scuola ( una leadership ben distribuita può condurre allo sviluppo processi di
gruppo positivi ed efficaci, all’interno di un clima aperto alla soluzione dei problemi e che riconosce il potere dell’azione
individuale).Aumentano la collaborazione e consentono una nascita di un clima aperto alla
soluzione di problemi per soddisfare prontamente i bisogni degli alunni
Collegamento e coinvolgimento organizzativo: è la capacità del personale di coordinare le risposte in funzione dei bisogni dei
singoli alunni, in particolare la capacità di far fronte alla diversità degli alunni dovrebbe essere al centro di ogni cambiamento
organizzativo. Per ottenere successo nel processo inclusivo risultano importanti sia il collegamento della scuola con il territorio
circostante( es con altre scuole impegnate nello stesso processo di cambiamento), sia il supporto esterno da parte di gruppi
multidisciplinari, servizi sanitari e di comunità e la collaborazione sul piano scientifico con strutture universitarie. Gli insegnanti
devono assumere un atteggiamento proattivo nei confronti dei bisogni formativi, superando l’ideologia della concezione “speciale”
dell’educazione. Secondo Slee è importante affrontare tre false condizioni radicate nella mente degli insegnanti :
-Opinione che non sia possibile affrontare l’inclusione fino all‘arrivo di maggiori risorse
-Idea che l’inclusione dipenda dall’intervento di esterni, occorre invece vedersi come esperti
-Idea che l’introduzione degli alunni con BES tolga energie e faccia diminuire la qualità dell’attività rivolta a tutti.
Collaborazione e progettazione: è una modalità che consente agli insegnanti di favorire quelle attività di discussione e scambio che
rappresentano parte integrante del processo di inclusione. Possono assumere le funzioni di leadership all’interno del gruppo,
migliorare le proprie competenze didattiche imparando a confrontarsi con i colleghi, e possono sperimentare forme di collaborazione
per poi promuoverle nell’attività con gli alunni. Udvari –Solner e Thousand sottolineano il ruolo determinante del lavoro di gruppo
che assume una responsabilità educativa condivisa con gli alunni con bes, e ricercano delle soluzioni che consentono l’uso di risorse
umane e materiali.
Ricerca e riflessione: Gli insegnanti devono essere in grado di considerare le implicazioni del cambiamento richiesto, attraverso una
posizione chiara riguardo il tema die diritti umani e delle possibili forme di discriminazione. La riflessione va accompagnata dallo
sviluppo di strategie di indagine da parte degli educatori coinvolti nel processo di cambiamento. Le scuole che valorizzano la ricerca
e la riflessione riescono ad affrontare + facilmente i mutamenti anche in tempi di instabilità. Il successo dell’educazione inclusiva
dipende dalla motivazione di coloro che ne sono coinvolti.
Preparazione e sviluppo del personale: è necessario fornire al personale occasioni di riflessione che aiutino ad entrare nell’ottica
dell’inclusione, attraverso momenti di formazione, discussione ed esercitazione supportati da esperti,devono anche sostenersi
reciprocamente e sviluppare aspetti delle pratiche inclusive che progettano e mettono in atto; occorre quindi creare uno staff
preparato, in grado di saper sperimentare. Ainscow sottolinea due fattori: l’apertura mentale verso l’idea di nuove possibilità
educative e la disponibilità nel sostenere la sperimentazione e la riflessione. A suo parere è importante la capacità degli studenti di
partecipare attivamente ai processi di cambiamento (non bisogna dare troppa attenzione alle risorse materiali).
*Educazione inclusiva e curricolo Di tutte le aree di cambiamento, l’elaborazione di un curricolo appropriato appare la più
problematica.
Evans suggerisce l’opportunità di intendere il curricolo in modo ampio, in particolare focalizzare l’attenzione sulla sua importanza in
quanto strumento in grado di consolidare la continuità e coerenza delle attività educative volte ad accogliere e valorizzare tutti gli
alunni. Il curricolo è visto come forza positiva verso l’inclusione, è come una mappa che consente di tracciare die riferimenti e un
linguaggio comune per il cambiamento. E’ pratica comune che il curricolo venga facilitato o reso “speciale“ per gli alunni con bes,
sarebbe più corretto effettuare interventi di regolazione per rendere il curricolo accessibile a tutti,anche agli alunni con difficoltà di
apprendimento. Swann afferma che il curricolo non è una conoscenza che va veicolata, ma è un insieme di relazioni di insegnamento
e apprendimento attraverso cui la conoscenza viene veicolata. ( capacità del curricolo di fornire a tutti gli alunni effettive opportunità
di apprendimento.) E’ dimostrato che una accurata progettazione individuale e di classe, il lavoro in gruppi con abilità miste e
l’apprendimento attivo e cooperativo sono strumenti utili sia per l’affermarsi di attività inclusive sia per il cambiamento della cultura
generale della scuola: il curricolo deve essere quindi un’opportunità di apprendimento e deve soddisfare i bisogni di tutti gli alunni.
Lo scopo del curriculo è anche quello di aiutare gli allievi ad arricchire il loro potenziale oltre che a dare spazio alle differenze, è
impo anche stabilire relazioni tra pari e la collaborazione.
Ianes individua quattro coordinate per promuovere e strutturare una didattica di qualità:
-riconoscere le differenze e conoscere i bes;
-progettualità individualizzata e aperta alla vita adulta (identificare i bes di ogni alunno e progettare un percorso formativo che ne
sviluppi l’autonomia)
-efficacia relazionale e cognitiva (occorre che gli insegnanti supportino gli alunni nello sviluppo delle loro capacità relazionali,
sociali, cognitive e metacognitive)
-favorire la collaborazione tra compagni di classe (interazioni e comunicazioni dentro e fuori della classe)
Ianes afferma che un intervento educativo efficace sul piano inclusivo deve collocarsi in 3 sfondi integratori che riguardano:
La conoscenza globale, complessa e interconnessa delle capacità, deficit, disabilità, funzionamento e salute dell’alunno;
L’orientamento al progetto di vita ( progettazione + lunga)
La speciale normalità in grado di indicare la priorità nelle scelte organizzative e di insegnamento.
L’elaborazione di percorsi educativi:Un’indicazione interessante viene data dall‘autrice Hart che teorizza un nuovo modello di
rapporto insegnante-alunno
(Innovative Thinking) basato sui seguenti concetti:
-stabilire collegamenti tra gli elementi contestuali della classe e l’apprendimento degli alunni;
-contraddire i condizionamenti normativi che ritengono problematica la risposta di un alunno;
-assumere il punto di vista dell’allievo;
-analizzare le proprie sensazioni rispetto alla situazione;
-evitare i giudizi in modo da acquisire più risorse concettuali.
Secondo Hart l’intervento dell’insegnante è positivo quando si rivolge ai bisogni dell’alunno che sono rimediabili e che possono
essere trattati in modo da influire sulle acquisizioni dell’alunno. L’Innovative Thinking fornisce all’insegnante indicatori per porre
domande chiave e progettare metodologie di insegnamento con una modalità compatibile con il contesto della classe normale. L’idea
centrale è il pensiero innovativo che aumenta le attese degli insegnanti rispetto alle prestazioni di tutti gli alunni. E‘ un modo di
generare nuove idee su ciò che può essere fatto in risposta alle nostre preoccupazioni sull’apprendimento dei bambini.
Dimensioni del curriculum inclusivo
Byers: propone un’organizzazione del curricolo inclusivo articolata in numerose dimensioni e sottodimensioni, tab 5.2 pag 130.
Secondo lui alcune dimensioni (la prima ethos, spirito e atmosfera) che riguardano aspetti sociali, culturali, morali e fisici devono far
sempre parte del curricolo. Inman e Buck propongono un insieme di valori essenziali importanti per la vita a lungo termine degli
alunni, e gli insegnanti devono incoraggiare la discussione di questi valori. Inoltre si devono coinvolgere le famiglie, le forze
politiche, sociali e gli stessi studenti.
I diritti e le responsabilità (seconda dimensione)nella scuola sono oggetto di indicazioni e regole che per assicurare il buon
svolgimento delle attività devono essere esplicitate. ( Uso di lodi e critiche, premi e sanzioni, corretto e relativo all’età dell’alunno)
Clarke e Murray evidenziano che le regole dovrebbero riguardare le cose da fare, e non quelle da non fare. La costruzione di regole e
codici formali conduce ad un clima positivo all’interno della classe.
La routine e i rituali ( terza dimensione) nelle attività possono creare un senso di familiarità e sicurezza senza però creare situazioni
dove la rigida osservanza di procedure porti a dipendenza e minor autonomia degli alunni.
Byers sottolinea anche che un aspetto fondamentale riguarda la rete di relazioni e interazioni(quarta dimensione) tra insegnanti,
operatori, famiglie e alunni.
Le politiche e linee guida del curricolo e la soddisfazione dei bisogni individuali (quinta dimensione) si articolano secondo tre fasi
progettuali:
--> a lungo termine (occorre decidere quanto tempo dedicare e come ai programmi nazionali di lavoro);
--> a medio termine (il progetto educativo deve prevedere esperienze per i singoli alunni, inoltre occorre inserire nel progetto i
risultati attesi);
--> a breve termine (occorre tradurre il curricolo a medio/lungo termine in interventi, metodi, lavori di gruppo...da attuare per la
classe e ai singoli alunni).
La sesta dimensione di Byers riguarda l’insegnamento e l’apprendimento: nel curricolo occorre inserire un insieme bilanciato di
strategie ed approcci metodologici (insegnamento individuale, discussioni, lavori di gruppo,...).
La settima dimensione riguarda l’osservazione e la raccolta: permettono di attivare una ricognizione continua del processo di
inclusione e di valorizzare le acquisizioni positive. È presente un dialogo e una negoziazione tra insegnanti e alunni, che sono
coinvolti in un processo chiamato decision making, e possono partecipare attivamente alla valutazione. Gli alunni vanno aiutati.
L’ultima dimensione riguarda il monitoraggio e la valutazione(revisione): il loro scopo è quello di riprogettare il curricolo e
modificare i suoi obiettivi in base all’esperienza di insegnanti e alunni.
Per coinvolgere gli alunni in questo processo è possibile utilizzare: interviste, forme di verifica, analisi di foto e video, verifiche tra
pari.
Questo schema di lavoro proposto da Byers produce un curricolo che può divenire uno strumento adatto sia a gestire i bisogni degli
alunni sia l’intera comunità scolastica.
Da tempo la formazione degli docenti è stata individuata come elemento chiave per il successo dell’inclusione ed esistono numerose
proposte rivolte a dirigenti e insegnanti.
La formazione all’inclusione
L’UNESCO ha sviluppato una serie di materiali interessanti come:
l’open file on inclusive education ( indirizzato ad amministratori e dirigenti e dedicato alla conoscenza pratica degli indicatori per
l’inclusione all’interno del sistema scolastico);
le guide teacher education resource pack (forniscono agli insegnanti metodologie e strumenti per la valutazione die bisogni
individuali),
le guidelines for inclusion( tema del diritto di tutti all’accesso alla formazione e alla qualità dell’educazione) ,
il documento welcoming school( illustra casi specifici di buone prassi di inclusione attraverso testimonianze e i percorsi educativi
realizzati nelle strutture scolastiche di diversi paesi del mondo).
L’insegnante “esperto di inclusione” è una figura professionale diversa da quella tradizionale dell’insegnante di sostegno, in quanto
l’intervento inclusivo non si concentra solo sull’alunno con difficoltà ma comprende anche la famiglia, gli altri alunni e lo staff
docente, in un’ ottica di “sostegno distribuito”. Porter e Stone sottolineano che ci sono delle figure esperte(psicologi, neurologi,
psichiatrim assistenti sociali ecc) che hanno dei linguaggi in codice necessari, invece gli insegnanti normali non hanno sufficenti
competenze per occuparsi degli alunni speciali. Per assicurare all’alunno con bisogni speciali l’acquisizione e lo sviluppo di fiducia
nell’apprendere è necessaria la presenza di insegnanti di sostegno, assistenti educatori e mediatori. Se questo supporto viene
utilizzato nel modo sbagliato può condurre l’alunno ad allontanarsi dall’insegnante di classe. Per agevolare una suddivisione +
efficace del supporto è necessario l’adeguato uso della gestione dell’aula, che prevede ruoli tra insegnanti(individual helpers) che si
occupano dell’assistenza individuale a singoli alunni in funzione di specifici obiettivi e altri(activity managers) che gestiscono
l’attività in gruppi con il resto della classe.
Dyson e Milward affermano ke tutti gli insegnanti possono concentrarsi sui bisogni individuali di tutti gli alunni solo se le strategie di
miglioramento scolastico si sono sviluppate.
Jones sostiene che il rapporto tra alunni e operatori di sostegno non dovrebbe diventare inclusivo. Secondo lui questo rapporto
finisce per aumentare la dipendenza dell’alunno dall’attività di supporto, e poi l’esclusività del rapporto può impedire all’insegnante
di classe di riuscire a conoscere gli alunni abbastanza bene da progettare la loro inclusione in attività curricolari. Inoltre l‘uso di un
supporto ben costruito porta un‘ esperienza gratificante e utile per tutti,insegnanti e alunni.
Tilstone afferma l’importanza del rapporto tra i docenti stessi. Egli elenca le condizioni essenziali per l’attività efficace nel team:
relazione basata su fiducia reciproca, percezione di comunanza di status, esperienza delle modalità di lavoro reciproche, capacità di
informazione e progettazione condivisa, e costruzione di strumenti valutativi comuni ed efficaci.
Questo quadro appare in contrasto con il fatto che gli insegnanti ricevono una preparazione sui contenuti disciplinari piuttosto che
sulle competenze a lavorare con gli alunni.
La progettazione inclusiva offre attraverso indicatori un modo x ricostruire un percorso fondato sulla progressiva comunicazione e
condivisione delle responsabilità all’interno del gruppo di lavoro rispetto alla progettazione, realizzazione e valutazione degli
interventi inclusivi.
Conclusioni: Realizzare un progetto di educazione inclusiva mediante indicatori è un percorso complesso che si struttura in:
-allargamento delle competenze della scuola che potrà così accogliere alunni molto diversi tra loro,
-approfondimento dei bisogni specifici degli alunni,
-promuovere percorsi di ricerca per migliorare gli interventi educativi,
-coinvolgere nelle scelte,tutti quelli che partecipano alla vita scolastica
Il senso della proposta inclusiva risiede nella sua capacità di indirizzare la scuola su una strada attraverso cui essa riesca ad affrontare le tante differenze (alunni stranieri,allunni con bes) presenti nella nostra modernità, tali differenze saranno utili per la
crescita sociale e culturale dell'intera comunità.