Introduzione alla psicopatologia DEFINIZIONE Disciplina medica che studia diagnosi, trattamento, riabilitazione e prevenzione dei disturbi mentali: studia quindi eziopatogenesi, clinica, nosografia, epidemiologia e terapia di questi disturbi mentali. Essa si avvale, oltre che dell’indagine clinico‐terapeutica, di neurochimica, neurobiologia molecolare, psicologia, sociologia ed anche di religione e filosofia. In campo psichiatrico, l’obiettivo del medico generale deve esser quello di individuare un disturbo psichiatrico, avviando il paziente allo specialista e partecipando alla sua gestione. EPIDEMIOLOGIA L’importanza della psichiatria può evidenziarsi dall’elevata incidenza di disturbi psichiatrici nella popolazione; infatti circa il 20‐25% della popolazione generale ha sofferto almeno una volta nella vita di un disturbo mentale clinicamente significativo. In particolar modo in Italia, il 13% dei maschi ed il 27% delle femmine soffre di disturbi psichiatrici: o Disturbi affettivi: M 11% vs F 21% o Disturbi d’ansia: M 9% vs F 22% o Psicosi: M 2% vs F 0,9% Il danno economico provocato dai disturbi psichiatrici è maggiore di quello provocato dal cancro e dalle malattie respiratorie, risultando secondo solo a quello provocato dalle malattie cardiovascolari Il tasso di mortalità, diretta ed indiretta, è aumentato (fino al 15‐20% di suicidi, il tasso è massimo tra pazienti di 15‐35 anni) Si hanno un peggioramento della qualità di vita e lavorativa ed un peggioramento di altre malattie organiche STORIA DELLA PSICHIATRIA Si sono avute, inoltre, delle trasformazioni della psichiatria: Assistenziale: è iniziata grazie all’istituzionalizzazione dei dipartimenti di salute mentale (legge Basaglia del 1978). Attualmente i dipartimenti di salute mentale possono suddividersi in: o Centri di salute mentale sul territorio o Centri di servizio di diagnosi e cura ospedalieri o Servizi di Day‐Hospital o Strutture residenziali Clinico‐diagnostica: si basa su classificazione ed identificazione dei disturbi mentali. In particolare ICD‐10 e DMS‐V sono attualmente utilizzati per l’inquadramento dei disturbi psichiatrici e per l’impiego di criteri diagnostici Terapeutica: prende le mosse dall’empirismo e dalle neuroscienze, considerando la psicofarmacologia superiore alla psicopterapia In summa, la psichiatria verte attualmente su di un modello teorico‐eziologico biopsicosociale, che fonde le ipotesi biologiche, psicologiche e sociologiche: vi sarebbe una più o meno marcata vulnerabilità individuale, su cui agirebbero fattori psicologici e sociologici, con esito nella malattia mentale. WWW.SUNHOPE.IT 10 La psicopatologia si occupa della descrizione e dello studio del funzionamento anomalo delle attività psichiche, in particolare di percezione, pensiero, affettività, coscienza, attenzione, memoria, linguaggio. Comunque, la suddivisione della psiche in diverse funzioni si giustifica solo per esigenze di analisi didattica ed espositiva: è infatti arbitrario disarticolare la globalità dello psichico in funzioni indipendenti, dal momento che nessuna funzione esiste di per sé, senza essere collegata alle altre. CLASSIFICAZIONE La psicopatologia si distingue in: Psicopatologia fenomenologica: descrive in maniera oggettiva gli stati mentali patologici, così da evitare, per quanto possibile, teorie preconcette. Psicopatologia psicodinamica: descrive le esperienze mentali del pensiero e del comportamento, cercando di trovare una spiegazione nei processi mentali inconsci (è insomma la psicoanalisi) Psicopatologia sperimentale: studia le relazioni tra i fenomeni mentali patologici, inducendo modificazioni in uno di essi ed osservando i cambiamenti che si verificano negli altri La psicopatologia può, inoltre, essere: Descrittiva: si pone il fine di descrivere i fatti psicopatologici così come appaiono senza oltrepassare il livello fenomenico Strutturale: si propone di andar oltre la superficie dei sintomi per ricercare ciò che fonda ed organizza la patologia psichica, cioè le strutture FINALITA' Il campo di indagine della psicopatologia è costituito da 3 aree principali: Singoli sintomi psichici: I sintomi psichici sono anomalie psichiche e comportamentali che recano sofferenza al soggetto od anche a persone vicine. I sintomi ed i segni psichici possono essere: comportamentali, emotivi, cognitivi e/o somatici. È, comunque, più opportuno suddividerli in: Soggettivi (riferiti dal paziente): come in caso di ansia, depressione e delirio Oggettivi (riferiti dal clinico): sono i segni, come agitazione psicomotoria e comportamenti bizzarri Somatici: come tachicardia, disturbi respiratori e gastrointestinali Malattie psichiche: una sindrome è costituita da un insieme di sintomi psichici. Tra sintomi costituenti la sindrome e la diagnosi corrispondente si stabilisce una relazione politetica: la diagnosi viene stabilita dalla presenza di un certo numero di sintomi costituenti la sindrome, senza che nessuno di essi sia essenziale. Nosografia delle malattie psichiche, ovvero la loro classificazione: individua criteri efficaci per differenziare e classificare le differenti patologie Comunque, la fonte primaria della conoscenza psicopatologica è l’esperienza clinica, che si consegue attraverso il rapporto col paziente. DIAGNOSI I dati circa lo stato psichico del paziente sono rilevabili da: Semplice osservazione: aspetto, espressione, atteggiamento, comportamento ed attività psicomotoria Colloquio: eloquio, percezione, affettività, ideazione, attenzione, memoria, intelligenza, volontà. Valutazione empatica dell’esperienza soggettiva: l’empatia, infatti, può definirsi come la capacità di immedesimarsi nella condizione di un’altra persona e di sentire se stesso nella situazione del paziente. 10 Vi sono, inoltre, due punti di vista principali circa la natura dei fenomeni patologici: Continuità: vede i fenomeni patologici come variazioni quantitative del funzionamento mentale (es.paura>ansia) Discontinuità: questo punto di vista si basa sul presupposto che alcuni sintomi siano troppo bizzarri perché si posso rintracciare un equivalente nel comportamento normale. Quindi, sarebbero variazioni qualitative del funzionamento mentale, completamente estranee all’esperienza normale AFFETTIVITÀ L’insieme dinamico di fenomeni soggettivi di significato, durata, intensità e tonalità variabili ( sentimenti, emozioni, passioni) che caratterizzano le tendenze più o meno stabili dell’individuo e le sue reazioni psichiche agli eventi della realtà interna ed esterna. È quindi la capacità di provare emozioni di significato, durata, intensità e tonalità assai variabili (paura, dolore, simpatia, amore, rabbia). Differisce nel singolo individuo in relazione allo stimolo causale e soprattutto, in relazione all’ umore. Le emozioni possono essere considerate stati affettivi intensi e di breve durata, suscitati da stimoli interni od esterni, che prescindono dalla volontà ed a cui conseguono reazioni più o meno intense di adattamento che coinvolge diversi livelli, da quello neurofisiologico a quello viscerale, da quello espressivo‐ comportamentale a qullo psicologico‐emotivo. I sentimenti, invece, possono esser definiti stati affettivi di più lunga durata e stabilità, che caratterizzano l’atteggiamento emotivo individuale nei confronti di se stessi e della realtà esterna, motivando o favorendo (spinta all’azione) decisioni o inducendo comportamenti corrispondenti . Tra i DISTURBI DELL’AFFETTIVITÀ si ricordano: 1.ANSIA: stato emotivo spiacevole, che consiste in un sentimento di penosa aspettativa e di allarme di fronte ad un pericolo reale o potenziale, immediato od imminente, associata a sintomi fisici di iperattività neurovegetativa (tachicardia, tachipnea, tensione muscolare, cefalea etc.) ed ad un comportamento di evitamento. I correlati somatici (preparano alla fuga od all’attacco) sono gli stessi della paura, nella quale hanno un significato finalistico; nell’ansia, inoltre, contribuiscono all’aggravarsi ed al perpetuarsi dello stato ansioso. Distinguiamo diversi tipi di ansia: ANSIA NORMALE: emozione di difesa sperimentata da ogni essere umano in condizioni fisiologiche di fronte a situazioni che rappresentano un pericolo oggettivo, è caratterizzata da: Comprensibile reattività: reazione adeguata allo stimolo ansiogeno Transitorietà: la reazione termina alla sospensione dello stimolo ansiogeno Funzione adattativa: fornisce all’individuo le risposte psicologiche, somatiche e comportamentali funzionali al superamento dell’ostacolo ANSIA PATOLOGICA: L’ansia è definita patologica quando è invece caratterizzata da: Incomprensibile reattività: intensità e durata della reazione d’ansia inappropriate allo stimolo Polarizzazione dell’attenzione sulla preoccupazione per se stessi: lo stimolo ansiogeno è percepito come minaccia alla propria integrità 10 WWW.SUNHOPE.IT Compromissione della performance del soggetto: anziché ottimizzare le risorse, ne determina un blocco polarizzante. L’ansia patologica è caratterizzata da: manifestazioni psichiche nervosismo paura insicurezza distraibilità Neurovegetative palpitazione ipersudorazione nausea senso di soffocamento (nodo alla gola) Motorie tremori agitazione cefalea irrequietezza contratture muscolari 2.PAURA: emozione principale reattiva di fronte ad un pericolo esterno, definito e chiaramente riconoscibile dal soggetto (“ansia da oggetto”). La principale differenza con l’ansia, in aggiunta alla presenza di un oggetto definito, è la temporalità: l’ansia è proiettata nel futuro, la paura, invece, è attuale e riguarda un oggetto (o una situazione) chiaramente percepito. ANSIA PAURA Attesa di pericolo o disagio Attesa di pericolo o disagio analogie Apprensione e tensione Apprensione e tensione Arousal elevato: aumento dell’intensità Arousal elevato: aumento dell’intensità di di attivazione dell’organismo attivazione dell’organismo Stato emozionale negativo Stato emozionale negativo Orientamento verso il futuro Orientamento verso il futuro Presenza di sensazioni corporee Presenza di sensazioni corporee Non definita Differenze: fonte di minaccia: specifica ed identificabile incerto nesso minaccia/paura prolungata e persistente disagio pervasivo temporalità quadro solitamente episodica, diminuisce con l’allontanarsi della minaccia tensione circoscritta incerto termine identificabile indefinibile area della minaccia circoscritta nel futuro minaccia imminente aumentata vigilanza sensazioni corporee carattere di emergenza sconcertante comprensibilità razionale tra incomprensibile 3.FOBIA: è il correlato psicopatologico della paura, della quale conserva il rapporto con l’oggetto scatenante, che rimane chiaro e conosciuto dal soggetto. È quindi una paura, marcata e persistente, eccessiva e irragionevole, provocata dalla presenza o attesa di un oggetto o situazioni specifiche che normalmente non provocano tale reazione. Risulta in una reazione di timore, ripugnanza, raccapriccio, disgusto, fino al terrore. Il soggetto è consapevole del carattere assurdo della reazione, ma questa non è controllabile volontariamente né eliminabile con argomenti razionali. ( Per questo le patologiche nevrotiche come l’attacco di panico, le fobie, le crisi d’ansia si differenziano dalle psicosi ove il pz non ha consapevolezza!) Vengono messe in atto condizioni di 10 evitamento e/o di rassicurazione nei confronti dell’oggetto fobico. Il grado di evitamento va da livelli moderati (il soggetto può, in caso di necessità, affrontare l’oggetto) a gravi (il soggetto non può affrontare neanche le rappresentazioni grafiche o mentali dell’oggetto) Esistono vari quadri di fobia: 1)FOBIA SPECIFICA: il soggetto manifesta paura marcata e persistente, eccessiva od irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici; il soggetto riconosce che la paura è eccessiva od irragionevole. L’esposizione allo stimolo fobico provoca nel soggetto una risposta ansiosa, simile ad un attacco di panico. Il soggetto evita lo stimolo o lo sopporta con estremo disagio Acarofobia: fobia degli insetti Acrofobia: fobia delle altezze Ereutofobia: paura di arrossire Claustrofobia: paura di luoghi chiusi Patofobia: paura delle malattie Odinofobia: fobia del dolore Idrofobia: paura dell’acqua Sitofobia: paura di alimentarsi Ginofobia: paura delle donne 2)FOBIA SOCIALE: il soggetto manifesta paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazioni, nelle quali il soggetto è esposto al possibile giudizio degli altri (paura di partecipare ad una festa, di parlare con persone di sesso opposto, di parlare in pubblico, di sostenere un esame ) 3)AGORAFOBIA: è la fobia di tutte le situazioni o luoghi nelle quali il soggetto pensa sia difficile o impossibile scappare o ricevere aiuto nell’eventualità di una crisi d’ansia. Associazione :attacchi di panico. 4.PANICO è una reazione d’ansia di particolare intensità, intollerabile, di fronte ad un pericolo, reale o potenziale, vissuto come catastrofico e quindi terrorizzante. Secondo Henry Ey è “una crisi acuta di angoscia, cui partecipa tutto l’organismo, in cui l’unità psicosomatica è sconvolta, momentaneamente compromessa, in una sorta di lotta anarchica per la conservazione”. Secondo Vella e Siracusano, inoltre, “se nell’ansia la possibilità di fuga è ancora possibile, nel panico essa è preclusa, sopraggiunge la paralisi e si perde il controllo dell’avvenimento”. Può distinguersi in: Reazione di panico spontanea: inattesa, come nel disturbo di panico Situazionale: attesa, come in corso di fobie specifiche Predisposto dalla situazione: una determinata situazione aumenta le probabilità del’insorgenza di un attacco di panico ATTACCO DI PANICO: episodio acuto e improvviso di ansia che si manifesta con sintomi cognitivi (paura della perdita di controllo, di malattie, di morte imminente) e sintomi somatici ( fame d’ansia, palpitazioni, dispnea, cefalea,nausea) e manifestazioni di derealizzazione e depersonalizzazione . Sono comunque possibili attacchi di panico paucisintomatici. L’attacco raggiunge l’acme in pochi minuti e si esaurisce rapidamente, lascia operò testa vuota e senso di spossatezza. Altri disturbi dell’affettività sono: 5.APPIATTIMENTO AFFETTIVO: è una riduzione (affettività coartata)significativa fino alla scomparsa dell’intensità degli affetti, clinicamente manifesta con: immutabilità dell’espressione facciale, diminuzione dei movimenti spontanei, povertà della gestualità espressiva, scarso contatto visivo, perdita delle inflessioni vocali, mancanza di partecipazione affettiva. È uno dei tre sintomi negativi della schizofrenia. 6.AFFETTIVITÀ INAPPROPRIATA: è una condizione in cui il tono emozionale non è in armonia con idee o parole che l’accompagnano 7.AMBIVALENZA AFFETTIVA: è la presenza o coesistenza di sentimenti di atteggiamento di polarità opposta, antitetici, rivolti verso lo stesso oggetto (odio‐amore, paura‐desiderio). Il soggetto attribuisce, spesso inconsapevolmente, allo stesso soggetto, significato di attrazione e repulsione. È tipica della schizofrenia ed è vissuta con sofferenza dal soggetto, sperimentata come incapacità di prendere una decisione, di assumere posizioni chiare di fronte a richieste esterne 10 WWW.SUNHOPE.IT 8.DISSOCIAZIONE AFFETTIVA: tipica della schizofrenia, riguarda lo scollegamento tra l’avvenimento‐ stimolo e la risonanza emotivo‐affettiva. E’ il grado estremo dell’incongruenza affettiva, cioè della discordanza tra l’espressione affettiva ed il contenuto dei discorsi o dell’ideazione (es: “ridere a notizie di morte”) 9.LABILITÀ AFFETTIVA: è un’anomala variabilità degli affetti, con notevole instabilità del tono dell’umore, facilmente e rapidamente modificabile da stimoli incongrui o di scarsa importanza 10.ANEDONIA: è la diminuzione della capacità di provare piacere per qualsiasi tipo di esperienza vitale. È frequente nelle sindromi depressive (“sentimento della perdita del sentimento”): è uno dei due criteri obbligatori per la diagnosi di depressione maggiore 11.ATIMIA: apparente indifferenza affettiva verso sé e verso gli altri 12.APATIA: mancanza di risposte affettive a stimoli esterni ed interni 13.ALESSITIMIA: umore senza parol UMORE L’umore può esser definito come la tonalità di fondo dell’affettività, colora l’intera vita psichica del soggetto ed è quindi lo stato emotivo globale ed unitario con cui il mondo viene percepito (atmosfera emotiva pervasiva e durevole). E’ la risultante di un insieme di caratteristiche della persona , di esperienze, apprendimenti ed abitudini acquisite . L’umore è quindi un’entità complessa, contemporaneamente stabile e dinamica (modificabile dall’ambiente), che facilita od inibisce, in modo congruo od incongruo, ogni possibile vissuto. Di conseguenza, recepisce, ed entro certi limiti seleziona, e sempre fonda in modo peculiare, stimoli di diversa provenienza e connotazione (endogeni, psicogeni, esogeni). E’condizionato da fattori costituzionali, biologici e biografici (somma di esperienza, apprendimento ed abitudini acquisite), che spesso sfuggono all’osservazione, e non è accessibile all’esperienza, ma influenza le reazioni emotive agli avvenimenti. L’umore può essere: Normale od eutimico: il soggetto reagisce e risponde in modo equilibrato, flessibile e congruo agli stimoli ambientali Patologico: è caratterizzato da rigidità ed immodificabilità rispetto ai mutamenti di circostanze, agli stimoli ed ai loro significati. Il soggetto, infatti, non differenzia i significati in rapporto alla variabilità degli stimoli, ma li percepisce sempre rigidamente ed in modo stereotipato, sulla base della patologia dominante, arrivando, infine, ad avere una falsa coscienza della realtà interna ed esterna. L’umore patologico si distingue da quello fisiologico per: • Intensità spesso maggiore • Mancanza di fattori scatenanti o sproporzione tra questi e l’entità del disturbo • Decorso indipendente da avvenimenti esterni • Persistenza nel tempo • Frequente concomitanza di sintomi somato‐vegetativi e cognitivi • Spettro: le alterazioni patologiche dell’umore sono considerate lungo una sola dimensione ai cui estremi vengono inquadrate le manifestazioni psicopatologiche (mania e depressione) I disturbi dell’umore sono condizioni psicopatologiche caratterizzate da un'alterazione del tono dell'umore tanto nel senso di una sua depressione quanto di un suo innalzamento. L’innalzamento configurerà o la fase maniacale o la fase ipomaniacale, l’ abbassamento la depressione. 10 4. disturbi della psicomotricita’:Eccitamento: iperattività, avventatezza,agitazione e furore: questi fattori possono portare a gravi conseguenze 3.UMORE IPOMANIACALE: L’alterazione dell’umore in senso ipomaniacale è un innalzamento del tono dell’umore ( simile alla mania) ma di entità tale da non comportare una rilevante alterazione delle capacità funzionali del paziente che, pertanto, continua normalmente a svolgere le sue abituali attività; tuttavia deve essere un chiaro cambiamento del modo di agire che non è abituale del soggetto quando è asintomatico; tale cambiamento è chiaramente percepito dagli altri (viene fuori soprattutto l’irritabilità nel rapporto con gli altri, quindi l’irritabilità è il tipico elemento che ci fa pensare alla fase ipomaniacale) 4.AFFLIZIONE: è la tristezza appropriata nei confronti di una perdita reale 5.TRISTEZZA VITALE: è l’impressione di malessere fisico vitale, di dolore di pena irriducibili, avvertiti in tutto l’organismo 6.DISFORIA: stato d’animo in cui non prevale un chiaro orientamento dell’umore, ma vi è una miscela di diversi sentimenti: irrequietezza, insoddisfazione, irritabilità, ansia, malumore, aggressività, euforia. Questi provocano disagio e sofferenza e sono vissuti in rapida ed inestricabile successione 7.IRRITABILITÀ: reazione emotivo‐affettiva caratterizzata da scarso controllo dei sentimenti di rabbia, noia, impazienza ed insofferenza, e scatenata da stimoli di secondaria importanza NORMA Esistono diversi TIPI DI UMORE PATOLOGICO, tra quelli più frequenti: 1.DEPRESSIONE: depressione del tono dell’umore con possibile ipofunzione delle altre facoltà psichiche. La depressione del tono dell'umore è un aspetto comune a molte malattie psichiatriche ed anche a condizioni non psichiatriche ( sog. anoressico, sog. con attacchi di panico che va in contro a una fase depressiva o un sog. schizofrenico); è una reazione del tutto fisiologica, che si realizza allorquando l'individuo è sottoposto ad un lutto o ad una "perdita" nel senso più ampio del termine. Bisogna saper distinguere la tristezza che può accompagnar le nostre emozioni rispetto alla reazione patologica dell’umore, c’è una differenza qualitativa e quantitativa tra la depressione del tono dell’umore e la reazione depressiva o tristezza fisiologica a un evento di vita o a una condizione della nostra esistenza. Quando si parla di malattia depressiva si intende una situazione psicopatologica, in cui la depressione del tono dell’ umore non solo non appare giustificata da eventi di perdita e/o di lutto , ma è un dolore che non si attenua col passare del tempo, esagerato in rapporto al presunto evento precipitante o inappropriato . E’ caratterizzata da alterazioni: 1.dell’umore: tristezza, infelicità, malinconia, dolore, pessimismo, colpa, avvilimento, accompagnati da inibizione e rallentamento di tutta l’attività psichica. Questi pz non hanno prospettive future. 2.cognitivi:, deficit di concentrazione, di attenzione, di apprendimento, di memoria ed alterazione dei contenuti del pensiero fino al delirio: temi di perdita, indegnità, idee suicide, 3. somatici ( peggiorano al mattino): disturbi del sonno( soprattutto insonnia), perdita dell’appetito e/o calo ponderale,facile affaticabilità, disturbi sessuali. Molto spesso questi ammalati localizzano la loro tristezza nel corpo, nella fronte, nel petto, nell’epigastrio. 4. psicomotori: rallentamento ( arresto motorio), tensione muscolare, e l’espressione triste del volto .In alcune forme c’è agitazione. 2. MANIA: è caratterizzata da un abnorme e stabile innalzamento del tono dell’umore in senso esaltato o euforico. Un certo grado di umore euforico è un'esperienza del tutto normale in occasione di eventi felici o di fortune inattese(es. se vinciamo il superenalotto sembriamo euforici agli occhi di chi ci incontra). L'innalzamento del tono dell'umore proprio degli stati maniacali, invece, si inserisce in un quadro sintomatologico i cui aspetti più salienti sono rappresentati da iperattivitá, aumento ingiustificato dell'autostima, idee di grandezza, irritabilitá. La mania è caratterizzata da alterazioni: 1. dell’umore: ansia, disforia, irritabilità, quadro affettivo 2. cognitivi: accelerazione delle idee(idee fugaci, ma non incalzanti fuga delle idee: rallentamento!), distraibilità, labilitià attetiva, deliri, allucinazioni ,Ideazione espansiva del contenuto: religioso, politico, finanziatio, genealogico 3. disturbi somatici: Iperstenia,insensibilità a stimoli dolorosi,appetito variabile, possibile ingestione di alimenti bizzarri, dimagrimento complessivo,insonnia anche totale, ipersessualità. 10 WWW.SUNHOPE.IT Il pensiero è quell’attività operativa della psiche che, attraverso processi di astrazione, associazione, correlazione, integrazione e simbolizzazione dei dati informativi, consente di relazionarsi con la realtà, derivare concetti dalla realtà e produrre giudizi sulla realtà. Il pensiero: si comunica col linguaggio. L’intelligenza e la memoria costituiscono attività di fondo indispensabili al processo del pensiero opera mediant le IDEE (idee= concezione mentale o nozione che si forma nella mente) Il processo di ideazione, alla base del pensiero si compie in virtù di: Processo di astrazione: gli elementi comuni a diverse rappresentazioni vengono isolati, liberati dai caratteri specifici delle singole rappresentazioni, ed acquisiscono il valore e l’autonomia di concetti. Che cos’è l’astrazione? la rappresentazione mentale; per esempio se penso a una bottiglia, una cosa è vedere la bottiglia nella realtà e una cosa è averne la rappresentazione mentale. Se avessi davanti una bottiglia di acqua Lete, la vedo verde, con un’etichetta bianca e rossa, se invece penso alla rappresentazione mentale della bottiglia, cioè l’idea che io mi sono fatto posso immaginare qualsiasi altra bottiglia. Una cosa è la rappresentazione, un’altra la resentazione della realtà di quell’oggetto che ho pensato. Processo di associazione: una rappresentazione, un ricordo o un’idea richiamano altre rappresentazioni o idee 10 che hanno elementi in comune con quella. Quindi, il pensiero opera mediante idee, che rappresentano astrazioni intellettuali non riconducibili a stimoli attuali, né ad alcun oggetto concreto. Ma cosa si intende per ideazione? Per ideazione si intende una funzione (cognitiva) che relazionando tra loro singole idee (per somiglianza, contrasto, contiguità spaziale e temporale) conferisce un determinato ordine formale al corso del pensiero. L’ideazione è soggetto alle leggi del ragionamento e della critica. Perché ci deve essere una logica in quello che comunichiamo e anche una critica in quello che voglio dire. non bisogna dire sciocchezze anche se qualcuno le dice. Il ragionamento è un’attività che collega le idee secondo determinate strutture logiche: la deduzione (partendo da a un’idea generale si giunge ad una particolare, alla prima collegata da un vincolo di necessità); Esempio: Tutti gli esseri umani sono mortali Mario è un essere umano Quindi Mario è mortale Questo è il classico sillogismo aristotelico. Se a=b e b=c, sarà a=c. l’induzione (da fatti particolari è possibile trarre un’idea generale). Esempio: Hitler era un dittatore ed era crudele Stalin era un dittatore ed era crudele Saddan era un dittatore Quindi, Saddan era probabilmente crudele Dal particolare siamo arrivati ad applicare una categoria più ampia La critica (cioè formulazione di giudizi) permette di discernere il vero dal falso, il reale dall’irreale. Molti pazienti psichiatri come gli schizzofrenici non hanno più questa critica del giudizio sia di sè che delle realtà e delle altre persone quindi non distinguono più il vero dal falso il reale dall’irreale. L’immaginazione e la fantasia rappresentano modalità particolari di pensiero nelle quali non vengono rispettate le consuete sequenze logiche. Quando noi ragioniamo o diciamo qualcosa di fantastico anche nelle pause che corrispondono alla realtà proprio perche seguiamo una logica che è completamente diversa e avulsa da quella della logica che applichiamo nella realtà. L’immaginazione è un attività indipendente dai modelli logici convenzionale, tesa alla risoluzione creativa di specifici problemi. La fantasia costituisce una libera ed afinalistica attività di pensiero disancorata dalla realtà e dal controllo cosciente. La fantasia ha dei canoni propri che sono sempre più staccati da quelli della realtà. Non per questo è patologica ma dovete sapere che alla fantasia appartengono categorie diverse da quelle che noi applichiamo alla realtà. I DISTURBI DEL PENSIERO SONO CLASSIFICATI IN 1. DISTURBI DEL CONTENUTO del pensiero si riferiscono alla presenza di singole idee patologiche 2. DISTURBI DELLA FORMA si riferiscono alle alterazioni di quelli che sono i principi generali di strutturazione del pensiero (successione, articolazione, ecc.). Modalità patologiche attraverso le quali le idee vengono poste in relazione. WWW.SUNHOPE.IT 10 1. Disturbi del contenuto del pensiero Andiamo ad osservare: A. IDEE PREVALENTI B. IDEE OSSESSIVE C. IDEE DELIRANTI (DELIRIO) Normalmente, il contenuto del pensiero ed il comportamento i un individuo è articolato intorno ad un sistema di credenze che influenzano le aspettative di un individuo. Il pensiero normale, quindi, è spesso illogico e fondato su numerose credenze e pregiudizi. Infatti, il sistema di credenze, imposto da etica, morale, religione, politica, legge e superstizione, Il contenuto del pensiero, inoltre, può essere: Egosintonico: è coerente con il senso di sé dell’individuo Egodistonico: è in contrasto con aspetti essenziali del suo sistema di valori A. IDEE PREVALENTI Idea o gruppi di idee che: Si formano in dipendenza di e sono sostenuti da stati emotivi particolari e molto intensi. Per esempio io faccio un esame il prof mi boccia perché io non so alcune cose, io mi alzo e mi resta questa idea costante dell’esame di tutto quello che ho risposto, che ho detto, che non ho detto ecc questo perché c’è uno stato emotivo particolare che mi ha indotto questa idea prevalente, cioè un’idea o gruppo di idee che prevalgono su tutto il pensiero, che rimmarrà per un certo tempo, poi se incontro un amico che mi fa ridere questa idea svanisce e quindi è temporale l’idea prevalente non è continua. Assumono un carattere di importanza e di priorità rispetto agli altri contenuti mentali Dominano, in maniera temporanea o permanente, l’intera vita psichica del soggetto (tutta l’intera vita viene a svolgersi intorno a questa idea) qualche volta possiamo avere un gruppo di idee prevalenti permanenti che durano per tutta la vita psichica del soggetto, ansi a volte tutta la vita è determinata intorno a questa idea, come un’idea politica, etica, morale. Si elaborano su eventi possibili o reali Sono comprensibili nella loro motivazione affettiva ed accessibili alla critica. Se un mio amico mi fa ragionare sul fatto che non ho saputo rispondere l ‘idea se ne va via . Non corrispondono a contenuti irragionevoli, impossibili o inaccettabili. Esempi: ipotesi scientifiche, convinzioni etiche o religiose, gelosia, dismorfofobie. Questo è importante perché differenzierà le idee dominanti dalle ossessive. Ideazione Prevalente (Idea normale che viene privilegiata ad occupare il campo della coscienza in ragione di una forte carica affettiva ad essa collegata: es. amore, hobby,...). Come i deliri, le idee prevalenti non possono essere corrette da argomentazioni logiche, a volte non sono neppure completamente false. Possono essere persistenti e la loro importanza viene esagerata. Il paziente si accorge dell’investimento emotivo, ma lo giustifica. Le idee prevalenti si incentrano intorno a temi quali l’ingiustizia, la discriminazione, il tradimento, la gelosia, piani grandiosi. Ideazione Dominante (Idea che occupa il campo della coscienza del soggetto in modo quasi coattivo, senza possedere una particolare tonalità affettiva e senza essere “errata”) (convinzione meno ferma del delirio) 10 B.IDEE OSSESSIVE Idee che : Insorgono con un senso di obbligatorietà, vincolo, pressione. Nella nostra mente in maniera obbligata anche se non vogliamo pensare a questa cosa. Supponiamo che io ho fatto un tragitto e durante sto tragitto vengo punto da una siringa, questo pensiero mi si affaccia continuamente, quanto più cerchi di scacciarlo, continuamente viene alla mia mente anche se io non voglio, quindi c’è questo senso di obbligatorietà di pressione di vincolo di questo pensiero nella mente. Sono ricorrenti e persistenti Non sono eliminabili con la volontà ed il ragionamento. Per quanto mi sforzi questo pensiero non ci riesco. Quindi anche se ci ragiono che c’è la scarpa quindi la siringa non ha toccato direttamente la mia pelle e qualunque sia ha usato la siringa possa avermi infettato ma non è possibili perché c’è la scarpa che ha fatto da intermediario quindi la mia pelle non è venuta a contatto. Nonostatne questo ragionamento però passa un po’ di tempo ma il pensiero mi ritorna e ripenso alla siringa che ho urtato. Quindi ho questa sensazione che occupa il mio pensiero. Sono riconosciute dall’individuo come proprie, ma considerate inaccettabili e rifiutate perché vissute come estranee (egodistoniche) determinano sentimenti di fastidio, ansia o disagio marcato Tutti i pensieri che sono lontani dal nostro modo di pensare vengono chiamati egodistoniche cioè in contraddizione col mio io. Se io ho toccato la siringa penso di essermi preso una malattia infettiva, ma se ci ragiono sopra capisco che nonn è possibile che l’ago mi abbia punto. Il soggetto tenta di ignorare o di sopprimere o di neutralizzare con altri pensieri o azioni questo pensiero dominante e obbligatorio. I soggetti che soffrano di disturbi di idee ossessive come il disturbo ossessivo compulsivo hanno idee ossessive e anche dei comportamenti che mettono in atto per cercare di soppprimere neutralizzare quindi mandare via queste idee ossessive comportamenti che chiamiamo COMPULSIONI. Per esempio se io penso diessere stato punto dall’ago vado a casa mi metto sotto la doccia e cerco i lavarmi il più possibile per evitare ogni possibile contaminazione che potrei aver contratto. Quel comportamento di lavaggio ripetuto più volte diventa una conpulsione. ALCUNI ESEMPI DI OSSESSIONI “NORMALI” A vole capita a tutti noi di aver avuto pensieri che ricorrono nella nostra mente ma ciò non significa necessariamente che sono patologiche per esempio: a) Impellente necessità di verificare di aver chiuso a chiave l’auto parcheggiata pochi minuti prima. A chiunque è capitato questo b) Esigenza di controllare di non aver lasciato acceso l’elettrodomestico n cucina. c) Timore di poter contrarre una malattia usando un bagno pubblico o toccando delle banconote. Quante persone dopo ciò vanno soggette a lavaggi compulsivi che portano anche ad abrasioni della pelle dove il dermatologo non può fare piu nulla. d) Impulso improvviso a rubare qualcosa o a danneggiare qualcosa. e) Paura di poter far male ad una persona cara qualche volta questo pensiero viene ma lo scacciamo rapidamente. Il paziente ossessivo ha questa idea e qualche volta prede qualcosa per danneggiare e di usarli verso i figlie e fargli del male, ma diventa un pensiero così alterante per queste mamma perché hanno paura di poter perdere il contatto con la realtà e reagire a questo pensiero improvviso e la quindi hanno una crisi perche spesso non riescono a controllarsi. Questo esempio è un’idea ossessiva distonica cioè non appartiene normalmente al nostro modo di pensare. WWW.SUNHOPE.IT 10 Quale è la differenza che dobbiamo considerare tra l’idea ossessiva e l’idea prevalente IDEA OSSESSIVA Vissuta come estranea alla personalità (il soggetto si rende conto che è critico rispetto all’idea ma non la riesce a scacciare. L’obbligatorietà di quella idea dà la qualità ossessiva a quella idea)´ Non ha rapporti diretti con l’affettività Non viene accettata dal paziente (è distonica e non appertine al modo di pensare del paziente) Criticata come assurda IDEA PREVALENTE Vissuta come parte integrante della personalità Sostenuta da un fondo affettivo Viene accettata anche se spiacevole Criticabile, ma non ritenuta assurda C.IDEE DELIRANT 3. IDEE DELIRANTI (DELIRIO) Convinzione falsa, basata su di un’inferenza non corretta riguardante la realtà esterna, che è fermamente sostenuta nonostante quello che quasi tutti gli altri credono, e senza tener conto di ciò che costituisce un’incontrovertibile e chiara evidenza del contrario. Se io sono convinto di essere perseguitato dal kgb, ma nessuno ha mai visto questi agenti che la rincorrono per tutta la giornata è una convinzione falsa che è basata su una via di emissione che non è corretta ma riguarda la via esterna. Io continuo a credere nonostante tutti gli altri non ci credono. E' importante il livello socio‐culturale: posso pensare di credere al malocchio nonostante appartengo ad un livello socio‐culturale alto e le persone intorno a me non credono a questa cosa; prima di definire un idea delirante bisogna individuare il livello socio‐culturale di quella persona. Se ad esempio è un contadino a credere al malocchio non è idea delirante se questa idea è condivisibile da altri membri della società cui appartiene. I deliri sono idee o un sistema di idee che presentano le seguenti caratteristiche: 1. Non corrispondono alla realtà ( son assurdità o impossibilità del contenuto) se io dico che sono sotto l’influsso degli extraterrestri e che mi fanno muovere loro attraverso un’antenna che mi telecomandano. Inanzitutto dovremmo dimostrare che esistono e poi che loro possono avere influenza sulla vita e che io mi muovo perché ho capacità di fare tutto quello che faccio della mia vita, ma perché c’è l’effetto diretto degli extraterrestri. 2. Sono sostenute con ferma convinzione (certezza soggettiva) cioè solo il soggetto ci crede ed è fermamente convinto gli altr no 3. Sono incorreggibili, cioè resistono ad ogni tentativo di critica (incorreggibilità) una caratterristica fondamentale è la incorreggibilità. 4. Non sono condivise dalla cultura o subcultura cui il paziente appartiene. 10 I deliri possono essere classificati in : PRIMARI (inderivabili, psicologicamente indeducibili ed incomprensibili). Il delirio primario può scaturire da un intenso ed indecifrabile stato d'animo con caratteristiche di turbamento. tipico della schizofrenia e si esprime soprattutto come alterazione di giudizio di verità). Spesso l’insorgenza dell’idea delirante è preceduta da una particolare esperienza detta umore delirante o di sensazione di fine del mondo o di mutamento pauroso. Si tratta di un’esperienza di mutamento minaccioso del mondo circostante: il soggetto ha l’impressione che la realtà che lo circonda sia cambiata, non la riconosce più. Non si tratta di un cambiamento grossolano, ma di qualcosa di impalpabile, di catastrofico. Si tratta di un’esperienza penosa, sgradevole per il soggetto, per cui per lui rappresenta un sollievo sviluppare l’idea delirante, perché non si tratterà più di qualcosa di impalpabile, indefinibile. Questa esperienza delirante rimane e si sviluppa verso una rielaborazione, verso un ‘idea delirante vera e propria. Il deliri possono essere classificati in: • LUCIDI associati a stato di coscienza vigile, sono organizzati in idee con vario grado di complessità e sistematizzazione • CONFUSI si verificano in condizioni di compromissione dello stato di coscienza, sono sempre frammentari, sconnessi, mutevoli) LE PRINCIPALI TEMATICHE DELIRANTI 1. MINACCIA DI PERICOLO DELLA PROPRIA INTEGRITA’ • • • SECONDARI O DELIROIDI sono deliri comprensibili (nel senso che è facile comprenderne la genesi), sulla base di: Stato affettivo del soggetto (umore depresso o maniacale) esempio paziente depresso può avere un delirio di colpa, cioè la sua depressione lo porta a pensare in maniera ricorrente non corrispondente alla realtà che lui ha colpa di una serie di mali. Ad esempio una mia paziente depresssa quando ci fu lo tzunami era convinta di essere stata lei a determinare questo cataclisma e della morte delle persone. Delirio maniacale: delirio di grandezza pensi di essere discendente del re di inghilterra ma non è dimostrambile. Posso fare una ricerca enealogica per dimostrare che è impossibile, ma se io non ho questa prova è un’idea delirante. Questo è concorde sincorde all’umore spastico che genera il paziente cosìcome il delirio di colpa era congruo consono all’umore ababssato che osservviamo nel paziente depresso Condizione attuale del soggetto (risposta ad avvenimenti traumatici o a particolari situazioni ambientali: ad esempio, isolamento forzato) in questo caso nei carcerati ad isolamento forzato tramite la legge 62 bis molte persone deprivati dagli stimoli sensoriali possono presentare una situazione delirante a questa deprivazione totale. oppure Carattere del soggetto (personale timide, condizionate da un senso di inferiorità, inclini a dare risalto ad atteggiamenti negativi nei loro confronti). Si esprimono soprattutto come errore del giudizio della realtà.ESEMPI In un paziente depresso si possono avere deliri di rovina (stato affettivo) In un paziente in fase maniacale si possono avere deliri di grandezza (Stato affettivo) Gli emigrati (stato di isolamento) possono presentare deliri di persecuzione (stato attuale del soggetto) Un paziente sensibile può presentare deliri di riferimento: questi pazienti hanno difficoltà nei rapporti interpersonali, pensano di essere perseguitati da altri, riferiscono a sé stessi tutto ciò che accade intorno a loro (deliroide caratterogeno) I deliri possono essere classificati in: DELIRI STRUTTURATI O SISTEMATIZZATI (è presente una stabilità ed una coerenza interna nel contenuto del delirio). Se io ho un delirio di persecuzione, ovvero penso di essere l’oggetto della persecuzione di altre persone penso tutte le volte che esco di casa iniziando dal portiere che quello non è un portiere ma è un’agente del kgb che si è travestito, poi esco e vedo che tutte le altre persone ferme alla fermata dell’autobus ad aspettare me per vedere come sono vestito perché se porto l’ombrello significa che ho delle armi con me se non lo porto significa che quel giorno non le ho quindi significa che i pensieri le idee si strutturano si sistemano a formare un grande delirio. DELIRI NON STRUTTURATI O FRAMMENTARI (i contenuti sono mutevoli nel tempo, non coerenti, scarsamente articolati) 10 WWW.SUNHOPE.IT • • Persecuzione : convinzione di essere oggetto di molestie, attacchi, persecuzioni o cospirazioni da parte di figure definite o non ben determinate, isolate o appartenenti ad organizzazioni di varia natura Veneficio : convinzione di essere avvelenati mediante veleni o farmaci Influenzamento: convinzione che le sensazioni, gli impulsi, i pensieri o le azioni non sono proprie, ma imposte da una forza esterna o attraverso mezzi esterni misteriosi o fisici Riferimento: convinzione che eventi esterni o comportamenti di altre persone nell’ambiente circostante siano connessi, di solito in termini negativi, con il soggetto o con sue qualità o attributi. (Incrocio un gruppo di persone che parlano per i fatti loro ma sono convinto che parlano di me) Di rivendicazione: convinzione di aver subito un’ingiustizia e ricerca conseguente di una riparazione per via legale e tramite comportamenti antisociali. (Quante persone nei condomini iniziano a litigare con altre persone nell’adunanza e che pensano che il proprio vicno gli metta apposta la cacca di colombi nel suo balcone quindi sta in continuazione a rivendicare queste denuncie non solo al condominio ma anche al commissariato.) 2. DELIRI ESPANSIVI (nel paziente maniacale) • Di grandezza o megalomanico: delirio il cui contenuto implica un sentimento esagerato della propria importanza, potere, conoscenza o identità. • Genealogico: convinzione di essere discendente di un personaggio illustre • Di onnipotenza • Mistico: il soggetto è conviento di essere investito da una missione religiosa. 3. DELIRI DEPRESSIVI • • • • Ipocondriaci: convinzione di avere una malattia grave ed incurabile. (malumore che fa stare giu. Abbastanza tipico del depresso anziano. Riferisce di avere mal di testa e pensa di avere un tumore) Di colpa: convinzione di aver commesso colpe, omissioni o azioni riprovevoli, per le quali si è indegni di vivere o che meritano di essere punite. Di rovina: convinzione che il soggetto o la propria famiglia sono in miseria, e che ogni possibilità di progresso economico e sociale è compromessa Di negazione: delirio in cui il paziente nega l’esistenza della propria realtà corporea (assenza di funzioni, assenza o trasformazione di organi), paziente che credeva che lo stomaco non esisteva e non si convincono di quello che tu dici e della realtà esterna (il mondo non esiste; gli altri sono morti) 4. DELIRI A TEMA SESSUALE • • Erotomanico: convinzione di essere amato da una persona o di essere oggetto di interesse sessuale da parte di una persona estranea Di gelosia: convinzione irriducibile di un tradimento erotico da parte del partner 10 5. DELIRI MISTICI convinzione di vivere o essere in contatto o in comunicazione con una Divinità. Molti pazienti schizofrenici con allucinazioni si buttano giù perché vedono la modonna che gli dice di andare verso di lei. 6. DELIRI BIZZARRI: INFLUENZAMENTO, LETTURA, DIFFUSIONE, INSERZIONE E FURTO DEL PENSIERO. Bizzaro, per definizione significa che non può corrispondere alla realtà es: un asino che vola, dire che al posto del cuore ho una radio. Delirio di influenzamento. c’è una forza estranea che mi condiziona e mi fa fare quello che vuole lei, anche se io non lo voglio. Delirio di lettura del pensiero, diffusione: la forza sa i miei desideri, conosce i miei pensieri, li amplifica e così li sanno tutti. Ne parla anche la televisione. Se una cosa la penso, subito lo dicono per radio. Delirio di furto: altre volte me li portano via i pensieri e resto senza niente o mi infilano dentro i loro, che io non voglio, perché sono estranei (delirio di inserzione) e la gente ride quando passo con queste idee non mie nella testa. Se ne accorgono tutti, sono come trasparente. Devo trovare una corazza molto robusta. 2. Disturbi della forma del pensiero Sono rappresentati da modificazioni della produzione e del fluire delle idee; riguardano quindi il modo in cui il pensiero si struttura e si svolge nel tempo, nelle caratteristiche associative e nelle formulazioni rappresentative, cioè come il paziente associa tra di loro i vari pazienti e anche come formula le varie rappresentazioni mentali. DISTURBI DEL FLUSSO DEI PENSIERI (QUANTITA' E VELOCITA') abbiamo: • il rallentamento ideativo detto anche bradipsichismo in questo caso il flusso del pensiero rappresenta un flusso rallentato difficoltoso però ha ancora una sua logica, quindi non è illogico per cui l’attività del pensiero appare rallentata, impigrita, quasi spenta e si può esprimere anche come eloquio poco fluente. Quindi quando andremo a fare l’esame psichico diremo che il pz presenta un eloquio poco fluente, se addirittura è un soggetto depresso che non parla per niente parleremo di bradipsichismo per indicare che c’è questo rallentamento nell’ideazione. Poi col tempo la latenza delle risposte sarà molto allungata, nel senso che il pz non è che non capisce le domande ma elabora la risposta molto più tardivamente: se chiedo “dove abiti?” lo sa e ne è consapevole però mi risponderà tardi perché il suo pensiero è rallentato. In alcuni casi quindi è talmente rallentato il pensiero del pz che si arriva al blocco mentale quindi al blocco mutacico. Spesso vedrete un pz depresso o schizofrenico che non parla affatto, in quest’ultimo poiché è presente nella sua mente o allucinazioni o voci o perché pensa ad altre cose all’esterno apparirà completamente bloccato e mutacico. [blocco=interruzione brusca e inaspettata dell'eloquio. Il soggetto non ricorda più cosa voleva dire] • Il tachipsichismo o accelerazione ideativa è l’opposto del bradipsichismo. In questo caso Il flusso delle idee è accelerato, continuo; si esprime all’esterno con eloquio logorroico ed è tipico del pz maniacale, fino ad arrivare alla fuga delle idee per cui parla talmente veloce che i pensieri fuggono dalla mente del soggetto e lo stesso pz non riesce a capire a quello che sta pensando a causa dell’elevata velocità con cui produce i propri pensieri. Qualche volta il pz può essere mutacico pur avendo una fuga delle idee, proprio perché non essendo capace di comprendere quello che sta pensando no parla e rimane mutacico‐>dunque non è detto che il pz mutacico abbia sempre bradipsichismo. I consueti nessi associativi fra le diverse idee sono allentati e/o sostituiti da associazione per assonanza verbale, per somiglianza alla parola che ha pensato. Molto spesso fanno delle correlazioni non perché c’è una logica in quello che dicono ma perché il suono è 10 uguale alla parola che hanno pensato prima. Facciamo un esempio: se noi chiediamo“D. Cosa l’ha spinta a WWW.SUNHOPE.IT venire qui?R. Non so…(pausa)…Forse…(pausa)…Sto male…(pausa)…Non so…(pausa)…Sto male…(pausa)…” Oppure nel secondo caso: “D. Cosa l’ha spinta a venire qui? R. Sono venuto a piedi. Ma mi sono fatto male mentre facevo jogging. Lei crede che il jogging mi faccia male? Forse non serve per l’infarto, l’aspirina funziona meglio. Però non mi vanno le droghe. Droga e violenza vanno insieme.” Cioè si dicono una serie di cose che non hanno necessariamente una logica tra di loro. Impoverimento: l’ideazione e l’eloquio sono solitamente scarni e ridotti, sia dal punto di vista quantitativo (contenuti) che qualitativi (modalità formali dell’espressione); inoltre, a causa della sua indeterminatezza, il pensiero è scarsamente informativo. Può ritrovarsi in disturbi schizofrenici o dementigeni. Altri possibili quadri sono: • Mutismo: il paziente non risponde alle domande e non proferisce parola • Povertà dell’eloquio: il paziente risponde con monosillabi o con frasi ridotte al minimo • Povertà di contenuto: il paziente risponde con un adeguato numero di parole, ma senza dire praticamente nulla • Alogia: povertà dell’eloquio + povertà di contenuto + blocco del pensiero + aumentata latenza di risposta DISTURBI DEI NESSI ASSOCIATIVI cioè le correlazioni e i collegamenti con cui i vari pensieri si associano tra di loro: • Circostanzialità= eloquio dispersivo, ridondante, ripetitivo, esitante nel giungere a conclusione • incoerenza. I nessi associativi tra le idee sono compromessi (allentati o rotti) con alterazione della continuità logica o finalistica. I pensieri vengono espressi in maniera sconnessa, bizzarra, caotica, tanto che il discorso risulta spesso inadeguato o apparentemente incomprensibile.Esempio: D. Che cosa l’ha spinta a venire qui?R. L’Occidente. Tutto quello che dal caldo va verso il freddo. Io sono alla deriva. Una gran bella giornata! L’auto è parcheggiata fuori. Deragliamento: Nel deragliamento (come il treno può deragliare dai binari, così il pensiero può deragliare dalla sua logica) , vi è il passaggio improvviso da un tema di pensiero ad un altro in funzione dell’emergenza di un contenuto ideico non pertinente al tema originale. Esempio “D. Che cosa l’ha spinta a venire qui? R. Ne ho parlato con i vicini e hanno cominciato a… (pausa). Nessuno dovrebbe sostenere il sindaco.” Innanzitutto non ha dato risposta alla domanda fatta e quella data non è stata pertinente, inoltre mentre stava affrontando un argomento passa a tutt’altro argomento e quindi deraglia. Tangenzialità: Risposta obliqua o non pertinente ad una domanda precisa. Il pz dà una risposta che si avvicina quasi, ma non è la risposta che ci si aspetta a quella domanda. Esempio: “D. Che cosa l’ha spinta a venire qui? R. Ho questa sensazione. E’ sempre presente. E’ tutto il rumore che mi circonda. Si immagina come ci si sente quando si diffonde ovunque? All’inizio era sul posto di lavoro. Poi nel vicinato. E adesso sembra che sia quasi dappertutto.” Innanzitutto ha dato una risposta non pertinente alla domanda fatta, ma nel suo discorso ha una sua logica, non c’è una distorsione. Illogicità: il pensiero raggiunge le proprie conclusioni senza che venga seguito un percorso logico comprensibile Perseverazione: il pz ripete in maniera stereotipata parole o idee, pur avendoli enunciati poco prima 10 Tra i DISTURBI DEL LINGUAGGIO si ricordano: • Assonanze: le parole vengono scelte in funzione del loro suono anziché del loro significato. Rientrano in questa categoria anche i giochi di parole ed il parlar in rima • Ecolalia: è la ripetizione di parole o frasi pronunciate da altri, spesso con tono derisorio, ironico o sarcastico. Va distinta dalla perseverazione, che è la ripetizione di idee o parole proprie • Neologismo: è una parola nuova prodotta dal paziente, spesso attraverso la combinazione di sillabe di altre parole o di parole, che assume significato solo per chi la pronuncia • Paralogismo: è l’utilizzo di parole con significato diverso da quello comune • Risposte di traverso: sono risposte date a caso, di getto, assurde e contrastanti con altre risposte date immediatamente prima. Caratteristiche sono la rapidità e l’aumento di frequenza col protrarsi dell’eloquio • Disturbi della referenzialità: sono disturbi della comunicazione, in cui il soggetto si esprime in modo tale da mettere in difficoltà l’ascoltatore, che si trova di solito costretto a chiedere chiarimenti. Sono tipici degli schizofrenici e rappresentati da frasi vaghe e confuse, informazioni mancanti, uso di parole con significato ambiguo o di parole sbagliate, frasi con oscurità strutturale Tra i disturbi intrinseci del pensiero, infine, vanno ricordati: • Concretismo: è la tendenza del soggetto a selezionare una qualità fisica di un concetto o di una cosa, a spese del significato globale • Iperinclusioni: è l’inclusione di aspetti falsi o irrilevanti in un concetto o categoria. Risulta, quindi, in un ampliamento inappropriato dei confini di un concetto o categoria, dovuto alla mancata soppressione di aspetti marginali La percezione è il risultato finale di una complessa attività organizzativa ed integrativa degli stimoli provenienti dal mondo esterno, attraverso la mediazione degli organi di senso. Se tocco il tavolo, attraverso la mediazione del tatto, io posso percepire che questo tavolo è freddo; quindi c’è il risultato finale di un’attività organizzativa che parte dai recettori che stanno nei miei polpastrelli, le fibre nervose che arrivano alla fine alla corteccia e c’è poi una risposta che viene mandata, se fosse bollente il tavolo io ritirerei la mano e sarebbe una risposta allo stimolo percepito. La percezione è un’attività psichica complessa atta ad integrare le sensazioni attuali elaborate dagli organi di senso, con l’esperienza appresa. Gli stimoli vengono, tramite un’attività elaborativa in cui entrano in gioco altre funzioni (memoria, affettività‐ >quello che ho provato emotivamente quando ho fatto l’esperienza, intelligenza, ecc.), integrati in termini tali da consentire in sintesi la conoscenza della realtà esterna ed interna. Quindi quando parliamo di percezione non ci riferiamo soltanto a quello che ci viene dall’esterno, ma anche da quello che proviene dall’interno del nostro corpo: voi avete costantemente la sensazione di come sta il vostro stomaco, di come batte il vostro cuore ecc.La percezione quindi non è il risultato della semplice sommatoria delle afferenze periferiche, ma rappresenta il frutto di complessi processi mentali selettivi che permettono all’individuo di divenire consapevole dell’ambiente. La coscienza è un altro elemento importante dal punto di vista psicologico, questa è la percezione della realtà intorno a noi ed è sia esterna che interna; il soggetto in coma ha alterazione della percezione della realtà, ma anche gli schizofrenici o chi ha attacchi di panico. La percezione è quindi un’attività conoscitiva, in parte a carattere recettivo perché abbiamo bisogno degli organi sensori periferici e in parte costruttivo, che consente di cogliere la realtà e di strutturarla sulla base dei dati dell’esperienza che noi già abbiamo. A differenza della percezione, c’è la rappresentazione ovvero la riattivazione di percezioni passate, in assenza degli stimoli che le avevano provocate. Riproduzione di immagini o sensazioni che si richiamano attraverso la memoria di una percezione del passato. Se io penso alla bottiglia e quindi la rappresento mentalmente, potrebbe avere caratteristiche completamente diverse rispetto alla bottiglia che posso vederla sulla cattedra ‐> magari la immagino di vetro verde col collo allungato senza tappo e sulla cattedra può esserci una in plastica bianca col tappo. Dunque una cosa è la percezione dello stimolo reale ed una cosa è la rappresentazione mentale di un oggetto, di una persona che io posso rappresentarmi mentalmente. PERCEZIONI RAPPRESENTAZIONI Sono situate nello spazio esterno Si collocano nello spazio interno rappresentativo Hanno carattere di obiettività e di concretezza Hanno carattere di soggettività e di immagine contorni precisi e sono evidenti in ogni dettaglio Sono imprecise ed incomplete, spesso vaghe e fluttuanti Sono costanti e possono facilmente essere Sono fugaci e debbono essere continuamente rievocatO mantenute nello spazio percettivo (stabilità) Non dipendono dalla volontà, non possono venir Dipendono dalla volontà e possono venir ricreate e create e modificate a piacere modificate a piacere. WWW.SUNHOPE.IT 10 20 ANOMALIE DELLA PERCEZIONE: 1. intensità 2. qualità cromatica forma/volume 1. INTENSITA' (varia in funzione dello stato emotivo e del livello di coscienza) Iperestesia (suoni, colori e odori percepiti come più intensi) Mania Stati d’ansia Intossicazioni (fenomeni di “hangover”) Ipertiroidismo Cefalea Ipostesia, di attenuazione dello stimolo sensoriale (colori sbiaditi; rumori ed odori attenuati) Depressione Schizofrenia Sindromi demenziali Precarie condizioni psico‐fisiologiche (sonnolenza), che noi tutti possiamo avere e non sono indizi di malattia mentale. 2.QUALITA’ 2.1. cromatica Xantopsia (cambiamento del colore) Intossicazioni da sostanze Tumori o lesioni cerebrali (emisfero destro o sinistro, lobo frontale, lobo occipitale, o temporale) 2.2. proporzioni/volume Micropsie come nelle cosiddette allucinazioni lillipuziane (dimensioni inferiori) Macropsie (dimensioni maggiori) Entrambe si possono avere: Nelle fasi iniziali della schizofrenia Nell’ epilessia Nelle patologie organiche cerebrali temporo‐parietali DISTURBI DELLA PERCEZIONE Oltre alle alterazioni della qualità e della quantità, abbiamo delle vere e proprie patologie che ritroviamo nelle malattie mentali. ALLUCINAZIONI: presenti soprattutto nella schizofrenia. L'allucinazione è definita come una percezione senza oggetto, (come nell'esempio precedente della bottiglia presente sulla scrivania, voi direte ma il professore non sta bene perché la bottiglia non c'è. Questa è un'allucinazione visiva: per me la bottiglia esiste, per voi no). Se io colgo il percetto all'esterno di me, noi definiremo quell'allucinazione ALLUCINAZIONE PROPRIAMENTE DETTA. Per esempio, supponiamo che io senta la voce di mio padre defunto, però la sento nella stanza affianco, in questo caso quindi obiettivizzo ciò che sento, ovvero la voce di mio padre, nel mondo esterno e in questo caso il pz presenta allucinazioni che colloca nel mondo esterno. 20 WWW.SUNHOPE.IT 6. Le ALLUCINAZIONI FISIOLOGICHE non sono patologiche dunque anche noi, che non abbiamo una malattia mentale, potremmo avere questi fenomeni dispercettivi; possono presentarsi: durante i sogni allucinazioni ipnagogiche (che compaiono nella fase di addormentamento) allucinazioni ipnopompiche (compaiono nella fase del risveglio) Le ALLUCINAZIONI IN STATI PATOLOGICI NON PSICHIATRICI saranno presenti: allucinazioni uditive dell'otite allucinazioni visive del glaucoma (per cui aumenta la pressione all'interno dell'occhio) allucinazioni in corso di patologie del SNC, quali tumori cerebrali, epilessie allucinazioni da uso di sostanze stupefacenti come LSD (visive), amfetamina (uditive) e sono soggetti che non fanno largo uso e per un tempo prolungato. TIPI PIU' COMUNI DI ALLUCINAZIONI: UDITIVE possono essere: elementari: rumori, cigolii, ronzii, suoni inanimati complesse: voci, bisbigliate, urlate, multiple, note o sconosciute, maschili o femminili Le riscontriamo: ‐ nel paziente schizofrenico: voci che commentano le azioni, i pensieri, i desideri del soggetto con tono benevolo o insultandolo; voci che dialogano tra loro, riferendosi al soggetto in terza persone; eco del pensiero, cioè voce che ripete il pensiero del soggettonel paziente depresso: voci che ordinano di uccidersi. ‐ nel paziente maniacale: voci che lo acclamano o lo esaltano VISIVE. Le allucinazioni visive sono frequenti nella scf, nella depressione (sopratutto scheletri, cadaveri, scene di morte), ma anche nelle patologie su base organica (glaucoma, tumori e traumi cerebrali, cerebrovasculopatie) e nelle patologie da abuso di sostanze (con l’alcol si hanno microzoopsie, con LSD e droghe sintetiche sono frequenti sensazioni molto vivide e peculiari, di incorporeità, di levitazione). Possono essere: elementari: lampi di luce, bagliori, colori, corpi luminosi o opachi complesse: scene statiche o dinamiche → macropsie (figure di dimensioni maggiori rispetto all'oggetto originale); micropsie (figure di dimensioni minori rispetto all'oggetto originale)(allucinazioni lillipuziane); allucinazioni dismorfiche (figure deformate rispetto all'oggetto originale)(ad es. vedersi la mandibola più grande); allucinazioni zooptiche (animali e insetti)(è capitato ad una paziente di sentirsi un topo camminarsi sulla pelle. È anche tipico degli alcolisti). OLFATTIVE: rare ma tenaci. Odori sgradevoli o comunque inconsueti TATTILI O SOMESTESICHE sentirsi bagnato in alcune parti del corpo scosse elettriche in alcune parti del corpo sensazioni di caldo‐freddo allucinazioni zooptiche (avvertire sulla cute toccamenti di animali che camminano sopra o sotto la pelle) allucinazioni relative alla sfera genitale (essere violentati, essere eccitati) sensazione di coltelli infissi nel corpo o di movimenti di organi interni 20 Se invece sento la voce di mio padre morto nella testa, dentro di me, in questo caso avremo un tipo di allucinazione definita PSEUDO‐ALLUCINAZIONE in questo caso uditive. Questo le colloca all'interno di sé: nella testa, nella pancia, nello stomaco ecc l'importante è che l'oggetto della percezione è all'interno del soggetto stesso. Si tratta di un’allucinazione in cui l’oggetto anziché essere localizzato nello spazio esterno, è localizzato nello spazio interno soggettivo. Possono essere considerate intermedie tra le allucinazioni e le rappresentazioni mentali. •Le pseudoallucinazioni condividono con le rappresentazioni alcune caratteristiche comuni: sono localizzate nello spazio interno, è spesso priva di corporeità, è priva di freschezza sensoriale, non è completa, è priva di dettagli. •La rappresentazione è vissuta con sentimento di attività (il soggetto si rende conto di crearla), la pseudoallucinazione viene vissuta con un sentimento di passività (il soggetto la vive non legata alla attività mentale). Allucinazioni e pseudo‐allucinazioni si possono verificare soprattutto nella schizofrenia ma anche nella depressione: qualche volta il pz depresso può vedere, sentire o odorare cose sgradevoli consone allo stato emotivo che sta vivendo. Quando parliamo di alterazione della percezione, ci riferiamo a alterazioni che possono riguardare tutti e 5 i nostri sensi ovvero udito, vista, olfatto, gusto e tatto. Anche nei tumori ci possono essere allucinazioni che sono dovute ad un danno di determinate aree nel cervello, mentre nella schizofrenia si hanno questi sintomi ma non si sa a cosa sono dovuti, poi parleremo di alcune teorie ma sono tutti criteri ex adiuvantibus cioè a cui noi arriviamo perché dando certi farmaci riusciamo a bloccare determinate vie ma non perché sappiamo cosa succede nel cervello (conosciamo le funzioni di una parte millesimale ma non di tutto il nostro cervello). Un altro tipo di fenomeno dispercettivo è L'ILLUSIONE cioè una percezione distorta di un oggetto realmente esistente. Supponiamo che entro in questa stanza, completamente buia, e sulla scrivania è presente un computer e dallo schermo c'è una luce rossa che viene fuori; quindi entrando vedo qualcosa che sta bruciando sul tavolo, poi man mano che entro e la mia vista scatta all'oscurità, riesco a vedere che si tratta di una luce e di un computer quindi ho avuto un'illusione inizialmente perché ho visto un fuoco e non il computer ma poi adattando la vista ho corretto la mia dispercezione. Dunque l'illusione ha la capacità di essere corretta a differenza dell'allucinazione, l'illusione al contrario della prima può essere legata ad uno stato che posso avere momentaneo e non permanente. •E’ la percezione di un oggetto esistente che viene recepito in maniera errata. E’ facilmente e rapidamente correggibile. •L’illusione è una percezione e come tale è stabile, localizzata nello spazio esterno, vissuta con passività e dotata di freschezza sensoriale. •L’illusione può verificarsi in differenti situazioni normali (particolari stati affettivi, momenti di disattenzione, situazioni ambientali confusive) o in condizioni patologiche che comportino un disturbo dell’affettività (depressione, ansia) o alterazioni modeste dello stato di coscienza. Le PAREIDOLIE sono dei fenomeni illusionari dove c'è la percezione dell'oggetto reale in cui io però faccio un'elaborazione fantastica. Non è sempre patologica 20 WWW.SUNHOPE.IT L’ansia è uno stato emotivo spiacevole,caratterizzato da paura*/apprensione, in assenza di un pericolo o minaccia chiaramente riconosciuti e tali da far ritenere appropriata la reazione. Ha il significato di una seppur ingiustificata reazione istintiva di difesa , accompagnata da aumento della vigilanza e sintomi fisici come tremore, sudorazione, palpitazioni . *La paura vera e propria è associata ad una causa chiara, nell’ansia tale associazione manca. Verso un esame c’è paura o ansia? Ansia, perché il pericolo non è reale! Bisogna distinguere l’ansia patologica da quella fisiologica. Un certo grado di ansia migliora le nostre prestazioni mentali, ma questo succede fino ad un certo punto..se l’ansia è in eccesso infatti la nostra mente si blocca ! E’ questo il confine tra ansia patologica e ansia fisiologica. Inoltre, se l’ansia interferisce con la vita quotidiana, con la realizzazione di obiettivi ed il soddisfacimento di desideri significa che è già stato superato il confine. L’ansia ha una sua gradazione può andare da 0 a 100 Prestazione cognitiva ansia L’ansia ha due componenti predominanti : PSICHICA: sentimenti di paura e di tensione. L’ansia può avere un contenuto specifico o essere legata di volta in volta ad un motivo aspecifico (es. una mamma ansiosa che sta in ansia per vari motivi di volta in volta diversi: ansia libera). Diverso dalla fobia che ha sempre un motivo specifico. FISICA: le manifestazioni somatiche dell’ansia sono legate solitamente ad iperattività della sezione simpatica del SNA, ne derivano sintomi neurovegetativi, quali sudorazione, bruciore allo stomaco, diarrea, ritenzione urinaria, cefalea muscolo tensiva, instabilità nella marcia, vertigini, tremori, cardiopalmo, lipotimie. Sono sintomi molto frequenti, spesso proprio questi sono messi in evidenza dal pz , e possono manifestarsi in maniera opposta (alternanza di stipsi e diarrea) VEDI TUTTI I SINTOMI IN DAG! Dal punto di vista epidemiologico: L’ansia ha la prevalenza più alta di tutti gli altri disturbi psichiatrici ,in passato era detta “piccola psichiatria” per differenziarla dai disturbi gravi. Oggi questa visione è cambiata, una persona su 4 ne soffre. Ha un impatto marcatamente negativo sulla qualità di vita e sul funzionamento psicosociale, anche nelle forme sottosoglia .(Forme che si presentano con caratteristiche minime, sfumate, non è sempre facile diagnosticarle.) Spesso è associata o predispone ad altri disturbi come la depressione (rischio pz con ansia di evolvere in depressione 47%) o il disturbo bipolare , ne aumenta la severità e la cronicità .Oggi ci si pone speso una domanda , alla quale però ancora non c’è risposta : se avessi curato un disturbo d’ansia il pz ugualmente sarebbe evoluto verso il disturbo bipolare? Inoltre è correlata ad un rischio di abuso di sostanze (alcol, cannabis, nicotina) per una sorta di tentativo di “autoterapia”. Moltissimi soggetti non si rivolgono allo specialista perché l’ansia non presenta disturbi evidenti, ma agisce solitamente in maniera subdola, logorando la qualità di vita e lavorativa dei soggetti. Perché i disturbi d’ansia sono disturbi così frequenti? 20 1. Per carenza di figure di riferimento o di valori : es.un tempo sentirsi onesti era una buona qualità, oggi non lo è più, ci si chiede, sono buona o permetto alle persone di aproffitarsi di me? Oppure i disturbi post‐partum, legati all’assenza di aiuto in una situazione in cui il pz non sa cosa fare e ha paura. 2. Massimalità: cercare di stare sempre al top, voler essere sempre perfetti a causa di modelli che la società ci impone. 3. Accento sui risultati: ho studiato molto devo avere 30! Non è così, si studia per avere un patrimonio dentro al di là della valutazione dei prof. 4. Competitività 5. Precarietà: persone che vogliono fare un progetto di vita e non hanno un lavoro stabile si sentono sempre traballanti 6. Analfabetismo emotivo: causa disregolazione emotiva legata al dover nascondere spesso la propria vita emotiva. La società ci crede allegra ma non è così, può determinare poi una disregolazione fisica, come un’alterazione del sistema immune ed endocrino. Fattori di rischio per disturbi d’ansia: sesso femminile ( soprattutto per la continua evoluzione dei ruoli) separazione, divorzio, lutto noi siamo individui sociali, da soli ci sentiamo deboli e fragili. (Ci sono numerosi studi condotti (penso…sugli animali) che dimostrano che i piccoli separati dalla mamma possono morire. Morte o divorzi dei genitori nell’infanzia Familiarità ( l’ansia ha una eziopatogenesi multifattoriale, non esistono fattori genetici mendeliani ma è multigenetica.) Malattie che possono indurre ansia: neurologiche come epilessie, endocrinologiche come cushing e feocromocitoma, cardiache per paura di morte imminente. Eziopatogenesi I circuiti neuronali coinvolti nei disturbi d’ansia sono le vie che portano gli stimoli sensoriali esterni e viscerali dalla periferia al talamo e quelle che da qui si dipartono. Ci sono due vie, una rapida sottocorticale, che dal talamo porta rapidamente all’amigdala, ed una lenta corticale, che comprende la corteccia somato‐ sensoriale primaria, l’insula ed il giro del cingolo anteriore‐corteccia prefrontale, e che consente l’acquisizione di significati degli stimoli minacciosi attraverso l’elaborazione della corteccia. L’amigdala, quindi, riceve informazioni relative agli stimoli che inducono paura ed ansia sia in modo non elaborato, che dopo l’elaborazione della corteccia: l’ansia deriverebbe da uno squilibrio nel controllo della via corticale rispetto a quella sottocorticale. I neurotrasmettitori coinvolti sono: GABA: azione ansiolitica delle BDZ NA: implicata soprattutto nelle reazioni autonomiche e motorie tipiche dello stress ST: sembra avere un ruolo inibitorio sul rilascio di NA Cortisolo: asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene disregolato: stress WWW.SUNHOPE.IT 20 Come si possono classificare i disturbi d’ansia? I criteri classificativi OGGI in uso sono DSM5 e ICD10. Il DSM5 ha infatti sostituito il DMS4. Il DSM è un manuale che raccoglie, attualmente, la definizione e la descrizione di più di 370 disturbi mentali, individuati in base alla presenza di un profilo sintomatologico per ciascuno di essi. I criteri DSM erano inizialmente usati solo per scopi di ricerca, poi il loro uso è stato ampliato alla clinica. Differenze classificazione DSM4/5: DSM4 DSM5 1. Disturbo di Panico con Agorafobia 1. Disturbo di Panico 2. Disturbo di Panico senza Agorafobia 3. Agorafobia senza Disturbo di Panico 2. Agorafobia 4. Disturbo d’Ansia Generalizzato 3. Disturbo d’Ansia Generalizzato 5. Fobia Specifica 4. Fobia Specifica – 6. Fobia Sociale 5. Fobia Sociale – 7. Disturbo d’Ansia Non Specificato 6. Disturbo d’Ansia Non Specificato 8. Disturbo d’Ansia indotto da Sostanza/Farmaco ‐Disturbo d’Ansia dovuto ad Altre Condizioni Mediche 7. Disturbo d’Ansia indotto da Sostanza/Farmaco ‐Disturbo d’Ansia dovuto ad Altre Condizioni Mediche 9. Disturbo ossessivo‐compulsivo 8. Disturbo d’ansia da separazione e mutismo selettivo 10. Disturbo post‐traumatico da stress Quindi le novità della classificazione DMS5: ▪ Esclusione Disturbo Ossessivo‐compulsivo, Disturbo PostTraumatico da Stress, Disturbo Acuto da Stress ▪ I criteri per la Fobia Specifica e Fobia Sociale non includono la condizione che gli individui maggiori di 18 anni riconoscano la propria ansia come eccessiva e irragionevole ▪ La durata di 6 mesi è estesa a tutte le età ▪ L’Attacco di Panico può essere riportato come specificatore per tutti i disturbi del DSM‐5 ▪ Disturbo di Panico e l’Agorafobia sono a sé stanti, ciascuno con criteri distinti ▪ Il Disturbo d’Ansia da Separazione e Mutismo Selettivo sono stati classificati come Disturbi d’Ansia ICD‐10 FOBIE Agorafobia Con attacco di panico senza ADP Fobie sociali Fobie specifiche ALTRE SINDROMI ANSIOSE Sindrome da attacchi di panico ( ansia episodica parossistica) Sindrome ansiosa generalizzata Sindrome mista ansiosa‐depressiva Altre sindromi ansiose miste L’inquadramento dell’agorafobia rappresenta una delle principali differenze tra l’IC10 e il DSM5, in quanto per il DSM5 essa può essere presente o meno in comorbidità con il disturbo di panico,mentre per l’IC10 l’attacco di panico è solo espressione di maggiore gravità della fobia. Analizziamo singolarmente i disturbi dell’ansia: A. Il DAG è l’eccessiva ansia e preoccupazione che si verificano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, relative ad una serie di eventi o attività (performance lavorative o scolastiche) . B.L'individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione. C. L'ansia e la preoccupazione sono associate con tre (o più) dei seguenti sei sintomi ( nei bambini è richiesto un solo un elemento. ) Facile Faticabilità irrequietezza/sindrome delle gambe senza riposo Irritabilità Difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria Tensione muscolare Disturbi del sonno D.L'ansia, la preoccupazione, oi sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo Questi (A‐B‐C‐D) sono i criteri del DSM5 che ci permettono di fare diagnosi di disturbo d’ansia generalizzato. Ma come si presenta il pz? I sintomi caratteristici sono: ansia con esordio graduale, poi assume un andamento cronico persistente, di intensità moderata. Quindi c’è una preoccupazione eccessiva che il paziente difficilmente riesce a controllare, più duratura rispetto a come possano essere le nostre abituali preoccupazioni. Non è focalizzato su situazioni particolari, come vedremo invece nel caso dell’ansia fobica. tensione motoria, quest’ansia si esprime quindi il coinvolgimento del corpo, il soggetto apparirà irrequieto, sarà presente tremore, incapace a rilassarsi, avrà spesso cefalea di solito bilaterale di tipo gravativo frontale o occipitale, oppure può avere quelle caratteristiche a casco a cerchio, ecc. iperattività sistema nervoso autonomo, in particolare quello simpatico, quindi avremo eccessiva sudorazione, palpitazioni, bocca secca, vertigini e malessere gastrico, la versione somatica dell’ansia. Viene attivato il sistema nervoso autonomo perché quando c’è una reazione d’ansia proprio perché il soggetto dovrebbe preparare il corpo all’attacco o alla fuga, ci serve l’attivazione del sistema simpatico affinché il cuore batta più forte, arrivi più sangue al cervello, c’è la sudorazione per abbassare la temperatura corporea. Più in generale , per raggruppare TUTTI i sintomi che possono essere presenti noi riconosciamo una sintomatologia somatica, psichica, comportamentale e sintomi di confine: 1)SOMATICI Cardiovascolari: tachicardia, palpitazioni, sbalzi pressori, dolori precordiali, crisi vaso costrittive o congestizie (generalizzate o localizzate a volto, arti, dita) Respiratori: dispnea in varie forme (dal blocco del respiro alla crisi asmatiforme), tosse stizzose, singhiozzo, dolore toracico, crisi disfoniche od afoniche, sbadigli Gastro‐intestinali: sensazione di peso, ripienezza, dolore o bruciore epigastrici, nausea, difficoltà di deglutizione, anoressia, bulimia, diarrea, costipazione, tenesmo Genito‐urinari: minzione frequente, stranguria, ritenzione urinaria, impotenza o frigidità, dismenorrea e tenesmo vescicale, poliuria, pollachiuria, alterazione del ciclo mestruale Neuromuscolari: cefalea, instabilità della marcia, vertigini, visione confusa, tremore, fascicolazioni Sensitivo‐sensoriali e cutanei: iperestesie, parestesie, crisi di prurito, sudorazione profusa, acufeni Generali: affaticabilità e debolezza, lipotimie 2)PSICHICI Cognitivi:Eccesso di vigilanza ed aumento dell’attenzione, difficoltà di concentrazione, disturbi quantitativi della memoria: amnesia, ipemnesie, disturbi qualitativi della memoria: errori presente‐passato, déja vù Emotivo‐affettivi Paura di impazzire, di perdere il controllo, di morire, Sentimento di dubbio, scoraggiamento, incertezza, allarme, apprensione, Previsioni pessimistiche e paura del futuro, Irritabilità, Disturbi della WWW.SUNHOPE.IT coscienza dell’io: depersonalizzazione 3)MIMICI E COMPORTAMENTALI: Espressione mimica del volto tesa e preoccupata Segni di agitazione: irrequietezza, movimento continuo, morsica mento delle unghie Condotte di evitamento di stimoli ansiogeni Immobilizzazione di fronte allo stimolo ansiogeno (fino alla paralisi isterica) 4)SINTOMI DI CONFINE: Occupano un territorio intermedio tra quello somatico e quello psichico, mantenendo così la radice biologico‐somatica dell’ansia ed acquisendo caratteristiche di ordine ideativo‐ mentale Pensieri automatici: dominano il pensiero del soggetto come idee prevalenti. Sono costituiti da affollamento di idee involontarie, stimolate da circostanza accidentali, perseveranti, difficili da eliminare nel corso del pensiero, egosintotiche, scarsamente controllabili. I contenuti prevalenti sono pericolo, morte e malattia. Tensione nervosa: è una sensazione soggettiva di irrequietezza o apprensione interna (“nervi tesi”), accompagnata solitamente da un certo grado di tensione muscolare FOBIE Il termina fobia deriva dal greco phobeio, “ho paura”, e può essere definito come una paura intensa, inadeguata e sproporzionata rispetto allo stimolo che l’ha provocata, che spinge le persone all’evitamento della situazione scatenante (oggetto fobico). La situazione o l’oggetto esterno sono tali da non essere considerati abitualmente pericolosi. Gli stimoli fobici possono variare da situazioni sociali a luoghi, oggetti od animali : Stimolo fobico specifico: fobie specifiche Stimoli fobici aspecifici e vari: agorafobia, fobia sociale Modelli patogenetici COMPORTAMENTALI: ritengono le fobie come comportamenti appresi in risposta a stimoli ambientali 1)Modello del condizionamento classico di Pavlov: la presentazione contemporanea di uno stimolo A che elicita una risposta (paura, disagio) e di uno stimolo B neutro, comporta l’associazione dello stimolo neutro con la stessa risposta (il caso del piccolo Albert). L’associazione tra una situazione od un oggetto ed un’esperienza emozionale spiacevole sarebbe alla base della fobia. 2)Modello del comportamento operante di Skinner: i comportamenti liberamente espressi dall’individuo aumentano o si riducono in ragione delle loro conseguenze. Le conseguenze ambientali dell’azione determinano quali comportamenti saranno appresi e consolidati all’interno del repertorio individuale ▪ Rinforzo positivo: è il processo attraverso cui talune conseguenze del comportamento aumentano la probabilità che quel comportamento si verifichi di nuovo. Ha un effetto piacevole: cibo, sesso, oppiacei, barbiturici, cocaina ▪ Rinforzo negativo: è il processo attraverso cui viene rafforzato il comportamento che consente l’evitamento di un evento spiacevole ▪ Rinforzo come ingrediente fondamentale della maggior parte delle terapie MODELLO EVOLUZIONISTA: alcune fobie, per l’elevato valore adattativo nel corso dell’evoluzione della specie, persistono come schemi automatici nella nostra memoria, che possono riattivarsi in determinate condizioni (es: fobia dei serpenti). Le fobie deriverebbero da paure istintive frutto di un processo di selezione naturale finalizzato all’adattamento all’ambiente ancestrale. In quanto prodotto dell’evoluzione, i meccanismi alla base della paura sono apparentemente irrazionali, non solo perché rispondono tuttora con incontrollabile intensità a stimoli ancestrali, ma anche perché ignorano situazioni certamente dannose ma evolutivamente nuove. isolamento pressoché completo. Il fattore scatenante è il timore di sentirsi esposto al giudizio degli altri, che provoca una sensazione di imbarazzo, ridicolaggine od inopportuna presenza: la situazione fobica provoca, quasi invariabilmente, una risposta d’ansia che spinge il paziente ad evitare la situazione od a sopportarla con notevole sofferenza. Il paziente riconosce che la paura è eccessiva ed irragionevole, ma non riesce a superarla. Le reazioni ansiose, inoltre, sono molto intense, iniziano molto prima dello stimolo e non si attenuano nel tempo. Le situazioni sociali più temute sono: conversare o parlare in pubblico (15%), partecipare anche a piccoli gruppi (14%); mangiare, bere o scrivere in pubblico; parlare con persone autorevoli; partecipare ad una festa od esibirsi in pubblico. La sintomatologia è caratterizzata da: palpitazioni, tremore, sudorazione, rossore al volto, malessere gastro‐\intestinale con diarrea, tensione muscolare. Manifestazioni associate sono:Ipersensibilità alla critica, alla valutazione negativa oda al rifiuto,Difficoltà ad essere assertivi, Bassa autostima e sentimento di inferiorità,Scarse capacità sociali e segni evidenti d’ansia,Difficoltà scolastiche o lavorative Con il termine “agorafobia” Westphal indicava la paura di strade l arghe, spazi aperti e piazze: era quindi una paura psicologicamente immotivata, cioè un’idea di pericolo strana ed irrazionale per l’individuo, che domina il suo comportamento quando si avvicina all’area temuta. Attualmente, invece, il concetto di agorafobia è esteso anche all’ansia che insorge in altre situazioni, come usare i trasporti pubblici, essere fuori casa da soli, essere in mezzo alla folla ,essere in luoghi dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di attacco di panico inaspettato o con difficoltà di trovare rapidamente rifugio in un posto sicuro. Le situazioni agorafobiche sono accomunate da temi principali come: lontananza da casa, affollamento, sentimento di prigionia in un posto, assenza di via di uscita. Queste situazioni sono evitate o tollerate con molto disagio,spesso è richiesta la presenza di un compagno (soprattutto il partner, un amico od un medico) L’agorafobia è un disturbo che predispone agli AP o li peggiora, infatti in 90‐95% dei soggetti coesistono attacchi di panico. Da alcuni è considerato un momento che precede gli attacchi di panico, ma solo 1/3 di questi è in realtà preceduto dall’agorafobia. E’ un disturbo dalla durata di almeno 6 mesi,può essere ingravescente Il soggetto riduce gli spostamenti, fino alla necessità di rimanere a casa. Colpisce circa il 7% della popolazione generale e maggiormente le donne. TROVA SU INTERNET IL DSM5 La sintomatologia dell’agorafobia riconosce: (non c’è nelle slides!) Sintomi vegetativi: Palpitazioni od accelerazione del ritmo cardiaco,sudorazione,tremore,bocca secca (non dovuta all’effetto di farmaci o a disidratazione) Somatici:Difficoltà del respiro e sensazione di soffocamento, Dolore o fastidio al torace,Nausea o sensazione di fastidio all’addome Psichici :sensazioni di vertigini, instabilità, mancamento o testa vuota,Sensazione che gli oggetti siano irreali (de realizzazione) o che la propria persona sia distante (de realizzazione), Paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire Generali Vampate di calore o sudore freddo, Sensazioni di intorpidimento o di formicolio Criteri diagnostici per la fobia sociale (DSM5) A. Marcata paura o ansia rispetto a una o più situazioni sociali in cui l'individuo è esposto al possibile giudizio degli altri. Gli esempi includono le interazioni sociali (nel corso di una conversazione, conoscere persone non familiari), di essere osservato (mangiare o bere) e le performance di fronte ad altri (un discorso) Nei bambini, l'ansia deve manifestarsi con i coetanei e non solo durante le interazioni con gli adulti B. L’individuo teme di mostrare i sintomi di ansia e che verranno valutati negativamente (umiliazione, imbarazzo) C. Le situazioni sociali provocano quasi sempre paura o ansia Nota: Nei bambini la paura o l'ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, freezing o stare in disparte in situazioni sociali D. Le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia E. La paura o ansia è sproporzionata alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e al contesto F. La paura, l'ansia o l'evitamento sono persistenti, di solito della durata di 6 mesi o più G. La paura, l'ansia o l'evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento H. La paura, l'ansia o l'evitamento non è imputabile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un'altra condizione medica I. La paura, l'ansia o l'evitamento non sono meglio spiegati con i sintomi di un altro disturbo mentale, come il Disturbo di Panico, Disturbo da Dismorfismo Corporeo o da un Disturbo dello Spettro Autistico J. Se è presente un’altra condizione medica (morbo di Parkinson, l'obesità o lesioni), la paura, l'ansia o l'evitamento è chiaramente non correlata o eccessiva . Sentirsi nervosi o “ansiosi” quando si incontrano nuove persone, quando ci si presenta o si conosce una persona autorevole, è un problema comune: quest’ansia riflette il semplice fatto che tutti gli incontri sociali, soprattutto quelli con persone familiari od autorevoli, hanno dei rischi. La fobia sociale, invece, è una paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali, in cui la persona è esposta a persona non familiari od al possibile giudizio degli altri. È un disturbo molto frequente, secondo tra le fobie solo all’agorafobia: diversamente da quest’ultima, più frequente nel sesso femminile, è più frequente nel sesso maschile. Il pattern di evitamento, inoltre, si sviluppa più rapidamente che negli agorafobici: l’evitamento è spesso marcato e può condurre ad un WWW.SUNHOPE.IT C’è una relazione tra fobia sociale e dipendenza da mariujana (associati nel 37%) e alcool (associati nel 18% dei casi). Comincia prima la fobia sociale poi la dipendenza. La fobia sociale inoltre precede spesso la comparsa di: altri disturbi d’ansia, disturbi dell’umore,disturbi correlati al comportamento alimentare. È una paura marcata e persistente, provocata da situazioni od oggetti specifici: l’esposizione allo stimolo fobico provoca, quasi invariabilmente, una risposta ansiosa immediata, che può prendere la forma di un attacco di panico. Il concetto di fobie specifiche include diverse condizioni, caratterizzate dalla paura irrazionale di oggetti o situazioni specifiche: animali (ragni, serpenti, topi), altezze, sangue, temporali, buio, malattie (AIDS), volo. La paura è mista a sentimenti di repulsione e disgusto e giudicata sproporzionata ed irrazionale. Può raggiungere, in alcuni casi, il livello di attacco di panico, ma, a differenza di questo, può essere controllata dal soggetto con l’allontanamento dello stimolo fobico. Spesso, inoltre, la paura non è determinata dal soggetto in sé, ma dalle conseguenze spaventose che il paziente immagina possano derivare dal contatto con esso. Le condotte di evitamento, comunque, saranno più o meno invalidanti in rapporto con la diffusione degli oggetti e delle situazioni temute.Per alcune di queste condizioni sono state osservate remissioni spontanee (buio, sangue, temporali), altre invece presentano un decorso cronico senza remissioni spontanee. Il decorso cronico è più frequente nelle donne e può render ragione della maggior frequenza riportata per il sesso femminile. L’esordio è solitamente nella prima infanzia o nell’adolescenza. L’esposizione allo stimolo fobico come terapia è un buon metodo, ma: Deve essere accettata dal soggetto Deve essere compresa Non deve essere traumatica (soprattutto nei bambini) DSM5 FOBIA SPECIFICA A. Marcata paura o ansia rispetto a un oggetto o situazione specifici (volare, altezze, animali, punture, vedere il sangue) Nota: Nei bambini, la paura o l'ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, freezing B. L' oggetto o la situazione fobica provoca quasi sempre paura immediata o ansia C. L'oggetto o la situazione fobica viene attivamente evitata o sopportata con intensa paura o ansia D. La paura o ansia è sproporzionata al pericolo reale rappresentato dall'oggetto o situazione specifici e rispetto al contesto socio‐culturale E. La paura, l'ansia o l'evitamento sono persistenti, di solito della durata di 6 mesi o più F. La paura, l'ansia o l'evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nella area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento G. Il disturbo non è meglio spiegato da sintomi di un disturbo mentale, tra cui la paura, l'ansia e l’evitamento di situazioni associate con i sintomi tipo panico o altri sintomi invalidanti (come nell’agorafobia): oggetti o situazioni relativi a ossessioni (come nel disturbo ossessivo‐compulsivo), i ricordi di eventi traumatici (come nel Disturbo da Stress Post‐traumatico); separazione da casa o dalle figure di attaccamento (come nel Disturbo d'Ansia da Separazione) o situazioni sociali (come nel Disturbo d'Ansia Sociale) WWW.SUNHOPE.IT Differenze con il DSM4 : DSM4: classificazione degli AP in tre tipologie:inaspettati, sensibili alla situazione, causati dalla situazione DSM5: classificazione in attesi e inattesi DSM4:Incluso il Disturbo di panico con o senza agorafobia DSM5: Diagnosi separate di agorafobia e attacchi di panico. L’ATTACCO DI PANICO può considerarsi un periodo discriminato di intensa paura o malessere, in cui 4 o più dei seguenti sintomi si sviluppano improvvisamente (la comparsa improvvisa può avvenire da una condizione di calma o di ansia) e culminano in circa 10 minuti: Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia Sudorazione Tremori fini o a grandi scosse Dispnea, soffocamento od asfissia Dolore o fastidio al petto Nausea o disturbi addominali Parestesie: sensazioni di torpore o di formicolio Brividi o vampate di calore Derealizzazione o depersonalizzazione* Paura di impazzire o di perdere il controllo Paura di morire Epidemiologia DAP Ha una prevalenza nella popolazione generale dall’1 al 4%, che aumenta nei contesti di medicina generale, soprattutto pronto soccorso. Più frequente nelle donne, spesso ha comorbilità con i disturbi dell’umore , abuso di sostanze e malattie internistiche:BPCO, asma, problema coronarico. Importante risulta proprio la DIAGNOSI DIFFERENZIALE tra un attacco di panico inquadrabile in DAP ed attacco di panico secondario ad altre condizioni, quali: attacco di panico in altri disturbi d’ansia, o in patologie non psichiatriche come abuso di sostanze, ipertiroidismo, feocromocitoma, ischemia coronarica, aritmie, asma, pneumotorace, embolia polmonare, epilessia temporale. In particolare, la diagnosi differenziale tra attacchi di panico dovuti a DAP ed attacchi di panico dovuti a crisi epilettiche, in particolare temporali, per la presentazione clinica simile (dovuta in ultima analisi al coinvolgimento delle medesime strutture limbiche), risulta molto complicata e si basa su: DAP crisi epilettiche flusso ematico cerebrale NON aumentato flusso ematico cerebrale aumentato *Le reazioni fisiologiche di difesa in situazioni estremamente stressanti sono: Depersonalizzazione: sentimento di distacco e di estraneità rispetto ai propri pensieri od al proprio corpo, come ad esempio sentirsi come un osservatore, un automa, un robot, o sentirsi come in un sogno Derealizzazione: alterata percezione del mondo esterno, ad esempio le persone sembrano meccaniche o morte, le cose sembrano modificate, diverse, non familiari o come inserite in un sogno. È praticamente il contrario del déja vù Il 50‐60% dei soggetti ha almeno 4 sintomi, i soggetti con meno di 4 sintomi sono considerati paucisintomatici. Inoltre, la severità dell’attacco di panico è funzione del numero dei sintomi presenti. L’ATTACCO DI PANICO,quindi, è un sintomo che, oltre che caratterizzare il disturbo d’attacco di panico, può presentarsi nei vari disturbi d’ansia (DAG, DOC, DPTS, agorafobia, fobia sociale, fobie specifiche) ed avere una notevole comorbidità con depressione maggiore, disturbo bipolare ed abuso di sostanza (circa del 30‐40% in queste condizioni).Inoltre, può essere un sintomo di numerosi disturbi non psichiatrici come: Abuso di sostanze: caffeina, THC, cocaina,Ipertiroidismo,ipoglicemia,Feocromocitoma, Ischemia coronarica od aritmie, Asma, pneumotorace od embolia polmonare, Epilessia. Quand’è che si parla di: DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO (DAP)? Criteri DSM5: A. attacchi di panico inaspettati e ricorrenti B. Almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno o di entrambi i seguenti: 1. Preoccupazioni persistenti relative al verificarsi degli attacchi di panico o alle loro conseguenze (perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, "impazzire ") 2. Alterazione del comportamento ( evitare ad. es situazioni specifiche) C. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza o di un'altra condizione medica ('ipertiroidismo, disturbi cardiorespiratori) D. Il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale (es. gli attacchi di panico non si verificano solo in risposta a situazioni sociali temute, come nel Disturbo d'Ansia Sociale; in risposta a oggetti o situazioni fobiche circoscritte, come nella Fobia Specifica;) WWW.SUNHOPE.IT 30 Progressione verso sintomi più classici: aura olfattoria, afasia, amnesia, disturbi autonomini Presentazione iniziale con sintomi epilettici Presenza di lesini nel lobo temporale nelle crisi epilettiche Alterazioni EEG nelle crisi epilettiche Alterazioni MRI nelle crisi epilettiche Attacco di panico più associato ad agorafobia ed a stress Alcuni trattamenti per attacchi di panico possono peggiorare l’epilessia (antidepressivi triciclici) Decorso del DAP Età d’esordio 15‐35 anni. L’evoluzione è verso la remissione senza ricadute a breve termine nel 30% dei casi, verso il miglioramento parziale con decorso caratterizzato da remissioni e recidive nel 35% dei casi, nel restante % la sintomatologia è grave in modo continuo . Per quanto riguarda l’evoluzione del quadro clinico questa passa attraverso varie fasi: 1.Richiesta d’aiuto medico/specialistico: il paziente solitamente richiede aiuto, ma non pensa ad una patologia psichiatrica e si rivolge ad altri specialisti (cardiologo, pneuomologo, gastroenterologo, ginecologo, neurologo, oncologo, endocrinologo, etc.) e solo raramente o dopo molto tempo allo psichiatra. Compito del medico generale sarebbe quello, oltre che di escludere malattie organiche ed individuare il disturbo, di spiegare perché è necessario andare dallo specialista psichiatra 2.Il pz riceve risposte solitamente insoddisfacenti 3.Entra in un circolo di “Ansia anticipatoria “per paura del ripetersi degli attacchi 4.Evitamento ingravescente 30 Fattori di rischio Test di provocazione dell’attacca di panico: causa un attacco di panico in soggetti predisposti, ma non nei controlli. È testimoniato dall’aumento di flusso nelle aree cerebrali coinvolte: giro cingolato, amigdala, corteccia occipitale sinistra, corteccia orbito‐frontale Infusione di lattato di sodio, NA od isoprotenerolo Somministrazione orale di caffeina o yoimbina Inalazione di alte concentrazioni di CO2/O2 (35%‐65%) Ereditari: alterazioni di COMT, A2A receptor, CCK, CCKRB, 5HT2A, MAO‐A 40% Familiari: ambientali condivisi 10% Ambientali specifici: >50% Traumi, abusi sessuali e maltrattamenti in epoche prenatali Temperamento ansioso Eventi stressanti, soprattutto di separazione, come la perdita di un genitore Conflitti interpersonali e lavorativi o problemi di salute Clinica I soggetti con disturbo da attacchi di panico presentano un’alterazione nella elaborazione delle emozioni: Elevata frequenza di alessitimia: deficit della capacità di decodificare ed esprimere le emozioni Tendenza ad interpretare come spaventosi stimoli a diverso contenuto emotivo od ambigui Accentuata tendenza a cogliere segnali fisici e di pericolo Ridotta integrazione dei vissuti emozionali: in definitiva, vi sarebbe una “cecità corticale per le emozioni”, per cui gli stimoli emotivi possono produrre modificazioni comportamentali ed autonomi che che non vengono integrate a livello corticale, con ridotta consapevolezza . Eziopatogenesi ( da internet!!!) Nel tentativo di chiarire meglio il meccanismo di insorgenza dell’attacco di panico molti studiosi si sono dedicati alla ricerca degli aspetti biochimici e delle aree neuroanatomiche potenzialmente coinvolte Teoria del soffocamento: esisterebbe un sistema di allarme anti‐soffocamento, sensibile alle variazioni di pCO2, cui i soggetti affetti da DAP sarebbero ipersensibili. L’attivazione indotta da questo sistema si configurerebbe come un attacco di panico, indotto però nei soggetti predisposti da stimoli parafisiologici Modello cognitivo del DAP Primo AP come “falso allarme”, ossia risposta autonomica amplificata a fattori stressanti psicosociali Fattori precipitanti: stimolanti, ipervigilanza, condizioni benigne, stress Ne deriverebbe la percezione dei cambiamenti nello stato del proprio corpo, con risposta di paura mediata da malinterpretazione dello stimolo interno Condizionamento enterocettivo con ulteriore amplificazione delle sensazioni somatiche Tale risposta è più probabile in individui vulnerabili per iperattività autonomica o per amplificazione cognitiva (interpretazioni catastrofiche) delle sensazioni somatiche, particolarmente di quelle vegetative Condizionamento ambientale con apprensione ansiosa ed ipervigilanza:sviluppo dell’agorafobia Ipotesi noradrenergica: vi sarebbe un controllo NA sul locus coeruleus che scatenerebbe l’attacco di panico: fattori come l’aumento della pCO2, gli alfa2‐agonisti e la stimolazione elettrica attiverebbero il agire in senso eccitatorio sui vari organi producendo i sintomi quale tachicardia sudorazione agitazione…. Nei locus coeruleus e genererebbero l’attacco Il DAP nel corso dello sviluppo: la prevalenza del DAP è bassa nei bambini e negli adolescenti e considerevolmente al di sotto di quella osservata per tutti gli altri disturbi d’ansia che si manifestano in queste età. La frequenza di DAP mostra poi un aumento durante l’adolescenza, in particolare nelle femmine e dopo la pubertà soggetti che soffrono di attacchi di panico i recettori del locus coeruleus si attivano in condizioni non motivate nel Terapia concreto (normale attivazione per aumento co2). Altri studi inoltre hanno evidenziato una riduzione, nella corteccia I farmaci utilizzati per il trattamento dei disturbi d’ansia sono: Antidepressivi SSRI: citalopram, escitalopram, paroxetina, sertralina SNRI: venlafaxina ATC: clomipramina NaSSA: mirtazapina IMAO RIMA (inibitori reversibili delle MAO‐A) Ansiolitici BDZ: alprazolam, diazepam Azapironi: buspirone Terapia cognitivo‐comportamentale (CBT): esposizione, ristrutturazione cognitiva, apprendimento di strategie di elaborazione individuale nella genesi dell’attacco di panico. Ritengono che nell’attacco di panico siano coinvolti diversi sistemi di neurotrasmettitori ,a prova di ciò il fatto che si possano ottenere riduzioni significative della sintomatologia dell’attacco di panico agendo attraverso farmaci che influenzano circuiti neuronali che usano neurotrasmettitori diversi quali noradrenalina, serotonina e gaba . L’ipotesi più accreditata vede un’attivazione spontanea e incontrollata del “locus coeruleus” che determina un grande rilascio del neurotrasmettitore noradrenalina che va ad prefrontale occipitale e temporale, dei recettori benzodiazepinici. Le “benzodiazepine” sono sostanze che aumentando la disponibilità di neurotrasmettitori come il gaba, la serotonina e l’adrenalina, che hanno il potere di diminuire l’attivazione del locus coeruleus. Per quanto riguarda invece gli aspetti di ordine psichico implicati nella valutazione cognitiva degli stimoli ambientali o interni all’organismo e rappresentati dalla paura di impazzire, di morire e di perdere il controllo, le strutture che sembrano più coinvolte sono: 1)L’ippocampo sembra avere la funzione di attribuire significato alle informazioni che provengono dall’ambiente e nel determinare la conseguente risposta comportamentale. Uno squilibrio nel suo funzionamento può provocare una reazione di allarme o di difesa sproporzionati alla situazione. 2) L’amigdala partecipando a processi di recupero e di estinzione di ricordi traumatici, può favorire la comparsa di reazioni di allarme in maniera autonoma ed irrazionale. Infatti i soggetti che soffrono di attacchi di panico presentano una grande facilità nel ricordare eventi legati alla paura. 3) La corteccia prefrontale sembrerebbe responsabile della ideazione ossessiva che pone il soggetto in una condizione di allarme costante. 4)la sostanza grigia periacqueduttale può essere attivata da stimoli minacciosi o da sensazioni di mancanza d’aria e dare luogo a reazioni comportamentali intense di fuga o di blocco. WWW.SUNHOPE.IT 30 30 Trattamento del disturbo di panico: Reazioni avverse L’uso di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), inibitori della ricaptazione serotonina‐ noradrenalina (SNRI9, antidepressivi triciclici (TCA) , benzodiazepine (in ionoterapia solo in assenza di un disturbo dell’umore concomitante) o della terapia cognitivo‐comportamentale (CBT) nel trattamento iniziale del disturbo di panico (DP) è fortemente suffragato dalla dimostrazione di efficacia in numerosi studi controllati. Non si dispone di sufficienti evidenze per considerare uno di tali trattamenti superiore agli altri, o per raccomandare una combinazione di trattamenti rispetto alla monoterapia. Sebbene, la politerapia non sia considerata superiore della monoterapia, psichiatri e pazienti possono scegliere tale opzione sulla base di circostanze particolari I fattori influenzanti la scelta di una modalità iniziale di trattamento sono: • preferenza del paziente • rischi e benefici per un particolare paziente (es. donne in gravidanza) • anamnesi del paziente • condizioni fisiopatologiche e psichiatriche associate • costi e disponibilità dei diversi trattamenti • risposta a precedenti trattamenti • Disfunzioni sessuali: ostacolano l’aderenza al trattamento 1)SINDROME SEROTONINERGICA: si verifica diverse ore dopo l’assunzione di un nuovo SSRI o dopo un incremento rapido della dose. La forma grave è in relazione ad interazioni farmacologiche (IMAO, anfetaminici) Fasi della terapia 1. 2. 3. 4. Forma lieve Irrequietezza fino all’agitazione Confusione Palpitazioni e dilatazione pupillare Mioclonie Sudorazione Cefalea Diarrea 2)SINDROME DA SOSPENSIONE DEL TRATTAMENTO: insorgenza entro 24 ore dalla sospensione brusca del trattamento, con picco in circa 5 giorni e risoluzione in 2 settimane circa. Si manifesta con:Vertigini soggettive,Parestesie (formicolii), ipoestesie, Disturbi GI: nausea e vomito, Cefalea, Sudorazione ,Ansia insomnia. Trattamento acuto: nei primi 6 mesi Riduzione dose Terapia di mantenimento per un anno Tapering Forma grave Febbre Convulsioni Aritmie gravi Coma e rischio per la vita WWW.SUNHOPE.IT 30 30 Il DOC, pur classificato tra i disturbi dell’ansia, è da molti considerato un’entità autonoma, con un definito nucleo psicopatologico, con un decorso ed una sintomatologia peculiari e con correlati biologici in definizione. Epidemiologia Ha una prevalenza dell’1‐3% nella popolazione generale, ma sarebbe largamente sottostimato: infatti, per la natura personale del disturbo e per via della paura di esser giudicati, potrebbero esistere molte persone che nascondono questo disturbo. C’è una eguale distribuzione tra i due sessi, ma nei casi adolescenziali più frequente nei maschi. Inoltre, vi è un’elevata percentuale di pazienti che non soddisfano i criteri classificativi per questo disturbo, che hanno cioè dei quadri subclinici: soggetti che, pur presentando tipici sintomi ossessivo‐ compulsivi, non soddisfano i criteri diagnostici per il DOC relativi a gravità (resistenza, durata, frequenza, disagio soggettivo) od all’interferenza con il funzionamento sociale o lavorativo. Caratteristiche di esordio evoluzione nel tempo personalità premorbosa L’ESORDIO è in età giovanile, nell’adolescenza o nella prima età adulta (10‐25 anni), solo nel 15% dei casi in età infantile e nel 5% dei casi oltre i 40 anni. L’esordio è generalmente graduale ed insidioso, nel 30‐70% dei casi in conseguenza di evento psicosociale stressante (lutto, separazione, gravidanza, malattia somatica, problemi sessuali) Il DOC ha un impatto decisamente negativo sul funzionamento sociale e lavorativo e sulla qualità di vita del paziente, ha gravi implicazioni per il contesto familiare e comporta costi sociali e sanitari. La modalità di presentazione può essere diversa, prevalentemente c’è associazione di ossessioni e compulsioni (91%), in meno del 10% ci sono ossessioni prevalenti, solo nello 0,5% ci sono compulsioni prevalenti.Le caratteristiche della personalità premorbosa sono: Perfezionismo e l’eccessiva dedizione al lavoro, con esclusione delle attività di svago e delle amicizie, Eccessiva attenzione per dettagli ed organizzazione e Insistenza perché altri si sottomettano al suo volere, Necessità di mantenere costantemente il controllo delle proprie emozioni (espressione dell’affettività coartata) e indecisione, Eccessiva inflessibilità in tema di moralità, etica o valori, mancanza di generosità L’IMPATTO SULLA VITA SOCIALE / FAMILIARE È NOTEVOLE!!! Il pz mostra problemi psicologici come ansia e depressione, c’è interferenza nella vita sociale, relazionale e nelle scelte di vita, si associano problemi di salute fisica, ed eventualmente difficoltà lavorative e economiche. C’è elevata comorbilità con: Fobia sociale, fobie specifiche, DAP od altri disturbi d’ansia, Depressione od altri disturbi dell’umore, Disturbi della personalità Evoluzione dei sintomi nel tempo La maggior parte dei pazienti sperimenta modifiche nel pattern dei sintomi nel corso dell’evoluzione del disturbo, tali modificazioni sono particolarmente frequenti nell’infanzia e nell’adolescenza e nei primi mesi di malattia, meno frequenti in età adulta. Si ha un progressivo allargamento del quadro sintomatologico: nuovi sintomi si aggiungono a quelli precedenti o si sovrappongono ad essi, superandoli per gravità o per intensità. Il decorso della malattia può essere : 30 WWW.SUNHOPE.IT Cronico con fluttuazione più o meno accentuata della sintomatologia: 75%. I sintomi sono incostanti nel tempo, con miglioramenti e peggioramenti, senza mai scomparire completamente, e risentono molto dei livelli di stress Cronico ingravescente: 15%. È il più grave: i sintomi iniziano in modo graduale, ci sono periodi di peggioramento e periodi di stabilità, seguiti da nuovi peggioramenti Cronico stabile: 5%. I sintomi si manifestano in maniera graduale, ma poi rimangono stabili Episodico con periodi di remissione completa della sintomatologia: 10%. Talvolta, il disturbo può non esser proprio diagnosticato. Il PROBLEMA DELLA DEPRESSIONE Il 30‐80% dei pazienti presenta sintomi depressivi, la comparsa di sintomi depressivi è più frequente dopo l’esordio di DOC. La depressione insorta tende a configurarsi come un quadro di demoralizzazione secondaria, conseguenza della continua frustrazione nel tentativo di controllo della sintomatologia ossessivo‐ compulsiva e/o della compromissione delle capacità lavorative e delle relazioni sociali ed affettive indotte dagli stessi sintomi . La comparsa di depressione può modificare alcune caratteristiche dei fenomeni ossessivi, in particolare la resistenza e la coscienza di malattia, che può determinare una maggior invasività delle ossessioni, che possono, infine, perdere il carattere ego distonico La comparsa di depressione ha importanti implicazioni terapeutiche (scelta del trattamento, interferenza con terapie comportamentali Eziologia Il DOC è riconosciuto come un disordine psichico serotoninergico: infatti, in questi pazienti vi è una disfunzione nella trasmissione ST cerebrale, causata da fattori prevalentemente biologici o dall’azione di fattori ambientali su soggetti geneticamente predisposti. La componente genetica, comunque, è ben testimoniata da vari studi. Inoltre, un’interessante associazione è stata proposta dall’ipotesi autoimmune e di connessione con la sindrome di Tourette: ci sarebbe, secondo quest’ipotesi, un’infezione, prevalentemente nell’infanzia e da streptococco beta‐ emolitico di gruppo A, provocherebbe in seguito, per mimetismo molecolare, risposte di autoimmunità (nel DOC a livello cerebrale, in maniera simile a quanto avviene per la corea di Sydenham).Il DOC, infatti, presenterebbe comparsa precoce, prima dei 14 anni, tic ed altre alterazioni motorie. La frequente associazione con sindrome di Tourette, in aggiunta, suggerirebbe il coinvolgimento dei nuclei della base Accanto a questi fattori neurobiologici, i fattori psicopatologici comprendono: anomalo rapporto con i genitori (ipo‐ od iper‐protettivi), stress psicofisici eccessivi o traumi. Quadro clinico Risulta in una sindrome caratterizzata dalla presenza di anancasmo, sintomatologia costituita da: 30 Ossessioni: pensieri, idee, immagini od impulsi ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi ed Principali tipi di ossessioni inappropiati, che causano ansia o disagio marcato, di natura violenta, oscena o semplicemente insensata, che insorgono con un senso di obbligatorietà, vincolo e pressione. Questi pensieri sono frutto di un’ideazione egodistonica: la persona riconosce cioè tali ossessioni come un prodotto della propria mente e non come reali (in caso contrario si sfocerebbe nel delirio), ma altresì ne riconosce il carattere alieno rispetto alla propria ideazione normale e tenta di ignorarle o sopprimerle con altri pensieri od azioni; tuttavia, non sono eliminabili con volontà e ragionamento. Ci sono ossessioni “normali” come: l’ Impellente necessità di verificare di aver chiuso a chiave l’auto parcheggiata pochi minuti prima, l’esigenza di controllare di non aver lasciato acceso l’elettrodomestico in cucina, il timore di poter contrarre una malattia utilizzando un bagno pubblico o toccando le banconote, l’impulso improvviso a rubare o danneggiare qualcosa,paura di poter far male ad una persona cara. E ossessioni “patologiche “ 1.OSSESSIONI AGGRESSIVE: impulso a compiere atti sgradevoli, immorali od illegali, frequentemente riguarda una persona cara o significativa, con conseguente amplificazione dei sensi di colpa.Talvolta, c’è la paura o il dubbio di aver già compiuto l’atto. Tali ossessioni non vengono mai agite: contrariamente ai pazienti con discontrollo degli impulsi, in cui, peraltro, l’impulso è vissuto con desiderio e ricerca del paziente. Esempi: • Timore di far male a sé o ad altri , o di lasciarsi sfuggire oscenità od insulti • Timore di fare qualcosa di imbarazzante • Timore di agire sotto altri impulsi: es. derubare una banca, rubare in un negozio • Timore di essere responsabile se le cose andranno male o che possa accadere qualcosa di terribile: incendio, furto, morte 2.OSSESSIONI DI CONTAMINAZIONE: sono le più frequenti: i pazienti sono ossessionati dalla paura dello sporco, della contaminazione con sostanze infettive o disgustose, dei germi, degli insetti o di altri animali Talvolta il disagio è legato alla semplice sensazione di sentirsi sporchi,in altri casi, il timore è quello che la contaminazione possa provocare una malattia o che il paziente possa divenire il vettore di qualche malattia Preoccupazione o disgusto verso escrementi o secrezioni corporee Preoccupazione eccessiva per sporcizia o germi Preoccupazione eccessiva per la contaminazione ambientale (amianto, radiazioni, rifiuti tossici) Preoccupazione eccessiva per le cose di casa (detersivi, solventi, animali domestici) Preoccupazione di ammalarsi o di contagiare altre persone 3.OSSESSIONI SESSUALI sono pensieri, immagini od impulsi perversi, Contenuti sessuali che riguardano bambini, incesto od omosessualità, Pensieri ossessivi di comportamenti sessuali violenti 4.OSSESSIONI RELIGIOSE come la preoccupazione di sacrilegio o di blasfemia, Eccessiva preoccupazione sui problemi di moralità 5.OSSESSIONI DI ACCUMULO E RACCOLTA: necessità di conservare ed accumulare (e talvolta persino raccogliere per strada) oggetti insignificanti ed inservibili (riviste e giornali vecchi, bottiglie vuote, confezioni di alimenti etc.), per la enorme difficoltà che hanno nel gettarli 6.OSSESSIONI DUBITATIVE: riguardano le attività quotidiane (serrature, rubinetti, interruttori, finestre) 7.OSSESSIONI SOMATICHE come preoccupazioni di malattie Eccessiva preoccupazione su alcuna parti del corpo o sul proprio aspetto in toto 8.OSSESSIONI CON NECESSITÀ DI SIMMETRIA, ESATTEZZA OD ORDINE Caratteristiche formali delle ossessioni: Sono contenuti di coscienza caratterizzati da • Iteratività: persistenza e ricorrenza • Intrusività • Incoercibilità • Resistenza: capacità del paziente di lottare contro l’idea intrusiva: può variare in rapporto all’entità dell’interferenza, alla durata della malattia, all’efficacia del meccanismo di controllo compulsivo, alla presenza di un’eventuale comorbidità • Coscienza di malattia (insight): capacità del paziente di riconoscere il contenuto delle proprie ossessioni come irragionevole e prive di senso: varia nel corso della malattia, in relazione a particolari situazioni ambientali od alla presenza di comorbidità • Intensità: essenzialmente riferita all’incoercibilità ed incontrollabilità dell’ossessione, ma anche al suo livello di estraneità ed ego distonia • Interferenza con le attività psichiche: dipende sia dalla durata che dall’intensità dell’ossessione Compulsioni: comportamenti ripetitivi stereotipati (lavarsi le mani, riordinare, controllare) od azioni mentali (pregare, cantare, ripetere frasi mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione o secondo regole applicate rigidamente, ma apparentemente inspiegabili. Sono volti a prevenire o ridurre il disagio od a prevenire alcuni eventi o situazioni temute conseguenti alle ossessioni ,non sono collegati in modo realistico con ciò che sono destinati a neutralizzare od a prevenire o sono chiaramente eccessivi. Non sono di per sé piacevoli, anzi spesso provocano sofferenza od imbarazzo, causando inoltre un’elevata perdita di tempo. La resistenza a compiere queste compulsioni è inizialmente elevata, ma tende a diminuire nel tempo per una sorta di resa: la compulsione nasce laddove fallisce il tentativo di controllo volontario alla reazione emotiva scaturita dall’ossessione. Nel corso del tempo la maggior parte dei pazienti presenta sia ossessioni che compulsioni. Criteri diagnostici per il disturbo ossessivo‐compulsivo secondo il DSM5 A)Presenza di Ossessioni ‐ Compulsioni ‐ Entrambi Ossessioni sono definiti da (1) e (2): 1. Pensieri ricorrenti e persistenti o immagini che vengono vissuti, nel corso del disturbo, come intrusivi e indesiderati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o disagio marcati 2. L’individuo tenta di ignorare o sopprimere tali pensieri o immagini, di neutralizzarli con pensieri o azioni Compulsioni sono definite da (1) e (2): 1. Comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata ad eseguire in risposta ad un'ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente 2. I comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre l'ansia o disagio, o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; tuttavia, questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi B)Le ossessioni o le compulsioni implicano un dispendio di tempo (es. più di 1 ora al giorno) o causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti C)I sintomi ossessivo‐compulsivi non sono attribuibili ad una sostanza o di un'altra condizione medica D)Il disturbo non è meglio spiegato con i sintomi di un altro disturbo mentale (preoccupazioni eccessive nel Disturbo d'Ansia Generalizzato, difficoltà ad eliminare o separarsi da oggetti nel Disturbo da Accumulo) Specificare se: Con buono o sufficiente insight: L'individuo riconosce che le credenze sono sicuramente o probabilmente non vere o non possono essere vere ///Con scarso insight: L' individuo pensa che le credenze siano probabilmente vere Con assente insight/credenze deliranti: L'individuo è del tutto convinto che le credenze siano vere/// Correlato a Tic: L'individuo ha una storia attuale o passata di un Disturbo da Tic WWW.SUNHOPE.IT Differiscono dalle preoccupazione ossessive in altre sindromi psichiatriche come: La preoccupazione per il cibo: disturbo del comportamento alimentare; la preoccupazione per il proprio aspetto: disturbo del dimorfismo corporeo, la preoccupazione per le sostanze: disturbo da abuso di sostanza, la preoccupazione di avere una grave malattia: ipocondria, le ruminazioni di colpa: depressione maggiore Compulsioni 1.COMPULSIONI DI PULIRE‐LAVARE: Lavaggi delle mani eccessivi o ritualizzati,fare la doccia, il bagno, lavarsi i denti, pulirsi, in maniera eccessiva o ritualizzata,coinvolgimento nelle pulizie eccessive oggetti della casa,altri accorgimenti per rimuovere contatti con oggetti contaminati,altre misure per rimuovere i contaminanti 2.COMPULSIONI DI CONTROLLO: Controllare porte, serrature, riscaldamento, ascensori, freno a mano dell’auto, Verificare di non aver fatto o di stare per fare male ad altri od a se stessi,Controllare che non stia per accadere niente di terribile,Controllare la presenza di contaminanti 3 ALTRE COMPULSIONI: Compulsioni di calcolo‐ mettere in ordine ed organizzare: Da rituali ripetitivi: uscire‐entrare da una porta, alzarsi e sedere Da accumulo‐raccolta‐Rituali mentali ‐ Bisogno di parlare, chiedere o confessare Relazione tra ossessioni e compulsioni Ossessione: contenuti di coscienza (pensieri, immagini, impulsi) Reazione emotiva: ansia, paura, disgusto, vergogna Tentativo di controllo volontario Fallimento Compulsioni: comportamento od azioni mentali ripetitivi, stereotipati, eccessivi Sollievo: l’ansia od il disagio si riducono temporaneamente Terapia il DOC è tradizionalmente considerato un disturbo cronico ed invalidante, spesso refrattario ad ogni tipo di intervento. Oggi, comunque, la prognosi è parzialmente migliorata: come prima scelta si utilizza psicofarmacologia e terapia cognitivo‐ comportamentale. Comunemente l’esordio dei sintomi è14‐15 anni, da qui la richiesta di aiuto specialistico sopraggiunge ai 24 anni, si ha la diagnosi corretta verso i 30 anni, e dopo 1‐2 anni si comincia il giusto trattamento. Ci sono svariati fattori che possono indurre un ritardo nella diagnosi, come la ridotta consapevolezza dell’assurdità dei pensieri ossessivi o dei comportamenti compulsivi, la tendenza a mantenere nascosti tali comportamenti, ritenendoli esperienze assurde od incomprensibili dagli altri, la difficoltà di familiari, operatori, amici, a riconoscere questi comportamenti, confondendoli con i rituali frequenti in alcune fasi dello sviluppo o considerandoli espressioni tipiche del carattere, la riluttanza a rivolgersi allo specialista e tendenza a rivolgersi ad altri specialisti, il mancato riconoscimento di DOC da parte degli psichiatri con possibile confusione per frequente coesistenza di altre condizioni psichiatriche, come ansia e depressione. Ci sono poi motivazioni che inducono sia il pz sia i familiari a richiedere l’intervento. Il pz può richiederlo per : Lamentele generiche di perdita di efficienza mentale, ansia marcata, insonnia, depressione,preoccupazione a contenuto ipocondriaco sia di natura somatica che psichiatrica,preoccupazioni dismorfofobiche e sulla propria identità e ruolo sessuale,disturbi somatici e/o lesioni fisiche di natura incerta. I familiari invece possono preoccuparsi per il progressivo deterioramento del rendimento scolastico, la conflittualità nell’ambiente familiare, il cambiamento dello stile di vita ,l’abuso di ansiolitici od alcolici. WWW.SUNHOPE.IT IL TRATTAMENTO PUÒ ESSERE: Farmacologico SSRI: clomipramina, fluoxetina, fluvoxamina, sertralina, paroxetina, citalopram Vengono usati dosaggi più elevati rispetto a pazienti depressi, c’è una buona risposta al trattamento con miglioramento indipendente dall’attività antidepressiva dei SSRI, ma remissione completa solo nel 15% dei casi, e30‐40% di non responders: in questi pazienti il trattamento va protratto per 12‐24 mesi. Il miglioramento si ha dopo un periodo di latenza di 4‐6 settimane, con aumento progressivo dell’efficacia fino ad una massimo dopo 10‐12 settimane. I SSRI possono anche essere utilizzati a lungo termine per consolidare i benefici ottenuti nella fase iniziale e prevenire le ricadute. Hanno il vantaggio di avere efficacia a lungo termine e una buona tollerabilità, anche se frequenti possono essere le ricadute anche dopo molti anni (1‐4) dalla sospensione del trattamento, occorre in tali casi subito ripristinare. BDZ: spesso utilizzate come alternative od in associazione agli SSRI, sono solitamente evitate per la dipendenza, la pronta tolleranza e l’ostacolo alla terapia cognitivo‐ comportamentale Antipsicotici (aloperidolo e clopentixolo, ma anche con atipici): è consigliato un loro utilizzo in associazione agli SSRI solo in casi gravi o in pazienti con concomitante tic Psicologico‐psicoterapico con psicoterapia individuale ad orientamento analitico,psicoterapia individuale breve ad orientamento analitico,psicoterapia di gruppo ad orientamento analitico,gruppi di aiuto e mutuo soccorso,interventi psicoeducativi sulla famiglia Tecniche comportamentali: si prefiggono l’obiettivo di interrompere la sequenza ossessione‐ansia‐ compulsione, dissociando l’idea ossessiva dall’ansia con tecniche di esposizione e/o bloccando il rinforzo negativo costituito dal rituale. Si avvale di tecniche di esposizione come la desensibilizzazione sistematica, in vivo o immaginativa, la desensibilizzazione di urto (flooding), in vivo o immaginativa,l’intenzione paradossa, la saturazione. Di Terapia di blocco come l’arresto del pensiero, la prevenzione della risposta,l’avversione. L’efficacia delle tecniche di esposizione è di un miglioramento nel 30‐50% dei pazienti, soprattutto in quelli con rituali di lavaggio e con esordio recente, mentre le tecniche di blocco da sole hanno un’efficacia limitata. L’associazione di tecniche di esposizione e di blocco: costituisce il trattamento comportamentale d’elezione con un 50‐80% dei casi: risposta favorevole e miglioramenti mantenuti nel tempo. Psicoterapia cognitiva L’obiettivo della psicoterapia cognitiva è l’ individuazione o ristrutturazione del sistema di convinzione e di regole decisionali, che inducono il paziente ossessivo a valutare cognitivamente determinate situazioni come fonte di minaccia per l’integrità dell’immagine di sé, come il perfezionismo, l’esagerato senso di responsabilità, la sovrastima del pericolo. La durata è di 1‐2 incontri settimanali per 6‐24 mesi. Fattori implicati nella scelta iniziale del trattamento Sono l’età, la gravità della sintomatologia acuta, il carattere del quadro clinico: predominanza di ossessioni o di compulsioni, gravità della sintomatologia depressiva od ansiosa, compromissione dell’insight, la comorbidità con condizioni mediche o psichiatriche, le aspettative, motivazione ed orientamento del paziente, la disponibilità e costi del trattamento.E’ necessario un supporto psicoeducativo a paziente e famiglia, che prevede informazioni sulla condizione e sul trattamento e l’attuazione di un progetto terapeutico comprensibile e condiviso. La terapia solitamente è ambulatoriale, ma ci sono alcuni specifici motivi che prevedono il ricovero come l’elevato rischio di suicidio, la presenza di una grave situazione depressiva, problemi legati al trattamento, contesto familiare non supportativo. Caratteristiche principali sono: Valore: le persone resilienti si sentono amate ed apprezzate, sanno di contribuire a famiglia, scuola e Speranza ed ottimismo: le persone resilienti hanno sogni e stabiliscono progetti per il futuro, credono che le Competenza: sanno come risolvere i problemi e come comunicare con gli altri, posseggono competenze che Il trauma psichico è una lacerazione improvvisa, violenta ed imprevedibile dell’integrità psichica, capace di provocare un’alterazione permanente della capacità di adattamento del soggetto. La psicoanalisi definisce il trauma come quell’esperienza psichica che la persona non può assimilare né elaborare né tollerare, per cui l’unica difesa contro l’angoscia intollerabile è l’eliminazione totale o parziale del contenuto ideo‐ affettivo del campo di coscienza, mediante la rimozione del livello inconscio dell’apparato psichico. Generalmente riguarda pericoli di vita o relativi all’integrità fisica od uno stretto rapporto con la violenza o la morte , anche se reazioni traumatiche, comunque, possono verificarsi anche per eventi intrapsichici, conflitti interni quindi e non solo esterni. L’evento traumatico può definirsi come un’esperienza di particolare gravità che supera le normali capacità di adattamento emotivo dell’individuo ,implicando una sensazione di minaccia improvvisa ed inaspettata compromette il senso di stabilità e di continuità fisica e/o psichica della persona. Tale evento incrina le convinzioni consolidate sulla prevedibilità del mondo esterno sconvolgendo quelli che sono i normali processi di discriminazione e di filtro della mente dell’individuo. L’individuo è vulnerabile, impotente, ha paura e dolore. Un evento traumatico può causare diverse sindromi da risposta allo stress: 1. Disturbi mentali od organici secondari a traumi cranici, esposizione a sostanze tossiche, malattie o disidratazione 2. Disturbo acuto da stress 3. Disturbo d’adattamento 4. Disturbo post‐traumatico da stress (DPTS) 5. Disturbo da attacco di panico 6. Disturbo d’ansia generalizzato, sindrome depressiva maggiore, disturbo da abuso di sostanza Vari sono gli aspetti importanti nella valutazione delle sindromi da risposta allo stress: Storia degli eventi precipitanti Sintomi e problemi attuali, specialmente quelli che compaiono dopo l’evento stressante Significato degli eventi stressanti in relazione agli obiettivi ed alle principali aspettative del paziente Eventi traumatici del passato e reazioni ad essi Condizioni di comorbidità Strategie di coping che il paziente ha a disposizione Supporti e pressioni sociali, soprattutto quelli modificati dall’evento Storia di uso di sostanze o farmaci, compreso l’incremento del loro consumo in seguiot all’evento stressante Aspettative sul trattamento e sul modo in cui potrebbe funzionare o fallire ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ Ma… tutto dipende dalla persona e dal “modo di reagire!” La RESILIENZA indica la capacità di un individuo di superare eventi negativi e traumatici attraverso un adattamento alle richieste dell’ambiente e resistendo con successo a situazioni avverse, imparando così a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire. Indica, quindi, un aspetto fondamentale per l’uomo, ossia la capacità di fronteggiare situazioni di crisi attivando energie e risorse al fine di proseguire lungo una traiettoria di crescita. Non va intesa come una qualità statica (resistenza), ma come il risultato di un’interazione dinamica tra individuo ed ambiente. WWW.SUNHOPE.IT comunità in modo significativo cose andranno meglio. Per molte di loro, la fede sostiene ed alimenta la speranza nel futuro. possono usare a beneficio di sé e degli altri, fanno affidamento sulle proprie abilità e sullcompetenza per affrontare le difficoltà Bontà: sono empatiche, disponibili e compassionevoli. La loro bontà le spinge ad aiutare gli altri e questo costituisce uno dei momenti più importanti di auto‐aiuto in caso di stress Potere: credono nella loro capacità di cambiare le situazioni. Questo senso di autoefficacia consente di Comunità: sanno di non dover risolvere da soli i loro problemi, sono parte di famiglie, scuole, quartieri, intraprendere azioni positive per superare traumi o per modificare delle condizioni avverse di tipo cronico comunità religiose e questo costituisce un sostegno reciproco per risolvere i problemi Quadro della personalità resiliente: Autostima positive‐ Legami affettivi rilevanti e solidi‐ Creatività naturale‐Rete sociale e relazionale ampia‐Ideologia personale che consenta di dare un senso al dolore in modo da diminuire l’aspetto negativo di una situazione conflittuale È una reazione intensa, prolungata ed, a volte, ritardata ad un evento intensamente stressante. È definito secondo i CRITERI DEL DSM‐5: A. La persona è stata esposta ad un evento traumatico in uno o più dei seguenti modi: 1) O sono eventi accaduti direttamente alla persona come combattimenti militari, aggressione personale violenta come rapina o violenza sessuale, tortura, attacco terroristico, incarcerazione come prigionieri di guerra, gravi incidenti automobilistici, disastri naturali. 2) O sono vissuti in qualità di testimoni come assistere al ferimento grave od alla morte di un’altra persona per aggressione violenta, incidente, guerra, disastro, trovarsi di fronte, inaspettatamente, ad un cadavere od a parti di un corpo 3) O eventi di cui si è venuti a conoscenza come aggressione personale violenta, grave incidente o gravi lesioni subite da un membro della famiglia o da un amico stretto,morte improvvisa, inaspettata, di un membro della famiglia o di un amico stretto,malattie minacciose per la vita di un proprio bambino 4) Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento traumatico (es. primi soccorsi che raccolgono resti umani, agenti di polizia che si occupano di abusi su minori.) B) presenza di uno o più dei seguenti sintomi dopo l’evento traumatico: 1. ricorrenti involontari ricordi spiacevoli dell’evento 2. Ricorrenti sogni spiacevoli dell’evento 3. Reazioni dissociative ( es. flashback) in cui sembra che l’evento sta riaccadendo 4. Intensa sofferenza psicologica all’esposizione di fattori interni o esterni che ricordano l’evento. C) Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma,come evidenziato da uno o entrambi i criteri: 1) sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma 2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma D) alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all’evento traumatico, iniziate o peggiorate dopo l’evento come evidenziato da 2 o più dei seguenti criteri: 1. incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell’aspetto traumatico 2. persistenti e esagerate convinzioni o aspettative negative relative a se stessi, ad altri, al mondo 3. Distorti pensieri sulla causa dell’evento che portano a pensare di essere la causa o accusare qualcuno 4. Persistente stato emotivo negativo 5. Marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività 6. Distacco dagli altri 7. Incapacità di essere felice o provare sentimenti positivi come l’amore E) Alterazioni dell’arousal della reattività associati all’evento (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi: 1) difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno 2) irritabilità o scoppi di collera 3) difficoltà a concentrarsi 4) ipervigilanza 5) esagerate risposte di allarme F ) La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore a 1 mese. G) Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. H) l’alterazione non è attribuibile ad una sostanza Specificare se ci sono sintomi dissociativi ( depersonalizzazione, de realizzazione; o se c’è espressione ritardata : cioè se i criteri diagnostici non sono soddisfatti a pieno dopo 6 mesi dall’evento.) Questi criteri sono applicabili a bambini >6 anni. Differenze con DMS4: LA lettera B nel dsm4 indicava gli eventi in cui il trauma veniva rivissuto. Le lettere C‐D erano considerate insieme. Non era presente la H. Si doveva specificare se l’esordio acuto o ritardato. Fattori di rischio Ci sono specifici Fattori Di Rischio di sviluppare un DPTS, sia legati all’evento , questi dipendono ad esempio dal tipo di evento (individuale o collettivo), gravità e durata dell’evento, caratteristiche e conseguenze dell’evento; sia fattori di rischio Individuali: sviluppo dell’individuo, fattori socioculturali, fattori biologici, età, malattie preesistenti, precedenti esposizioni, strutture di personalità , sia Ambientali come contesto, situazione familiare ed affettiva, supporto sociale. Possono inoltre essere classificati come: Pre‐traumatici: Sesso femminile, Età <25 anni, Basso livello di istruzione ed economico, Esperienze traumatiche nell’infanzia, Problemi affettivi ed economici nell’infanzia, Disturbi psicopatologici preesistenti, Caratteristiche della personalità, Disturbi psichiatrici nei familiari,Esperienze traumatiche in età adulta Peri‐traumatici: Intensità dell’evento traumatic,Natura dell’evento traumatico Post‐traumatici: Reazione immediata post‐traumatica, Ridotto supporto sociale, Conseguenze secondarie legate a danni fisici o perdite Le cause di traumi più frequenti sono diverse per uomo/ donna: Uomini: aggressioni violente, incidenti mortali, coinvolgimento in uno scontro a fuoco Donne: stupro, molestie sessuali, aggressioni violente (anche in ambito domestico) WWW.SUNHOPE.IT In seguito ad un evento vengono poi ELABORATE RISPOSTE acute od a lungo termine, che possono essere : FISIOLOGICHE come modificazioni neurofisiologiche, come quelle dell’asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene, il coinvolgimento dell’amigdala e dell’ippocampo, specifiche reazioni somatiche come l’affaticabilità ed esaurimento fisico, i disturbi del sonno, il senso di costrizione toracica od addominale, disturbi gastro‐ intestinali, le lamentele somatiche, la cefalea, perdita dell’appetito, riduzione della libido, la compromissione della risposta immunitaria. PSICOLOGICHE come meccanismi psicologici di difesa EMOTIVO‐COMPORTAMENTALI Queste ultime consentono alla vittima di gestire o di controllare la situazione, ma sono una fonte di significativa sofferenza e disagio. Vengono infatti percepite come socialmente inappropriate e fonte di colpa, vergogna ed incapacità e diventano,prolungandosi nel tempo, elementi disfunzionali per famiglia e comunità. o Le reazioni emotive sono: Rabbia, irritabilità, risentimento,Tristezza, depressione, disperazione, mancanza di speranza,Ansia, panico, terrore, Perdita di piacere nelle attività quotidiane ed o Le reazioni comportamentali sono la facilità al pianto che indica un eccessivo livello di attività, ipervigilanza, reazioni di allarme, può portare ad isolamento e compromissione delle capacità REAZIONI COGNITIVE come confusione, disorientamento, ridotta concentrazione, ridotta capacità di assumere decisioni,disturbi della memoria,ridotta autostima, preoccupazioni eccessive,pensieri e ricordi intrusivi, sentimenti di colpa e di vergogna Qual’è la conseguenza dell’evento traumatico? Il 25‐50% degli individui esposti ad esperienze traumatiche presenta consistente segni di disagio psicologico nelle settimane o nei mesi successivi Oltre il 25% degli individui coinvolti in esperienze traumatiche presenta gravi disturbi psichiatrici a distanza di 1‐2 anni dall’evento Formazione del disturbo In seguito ad un evento scatenante , c’è una reazione di protesta con panico, spossatezza, sintomi dissociativi, pensiero irrazionale. Il pz mostra sintomi da evitamento con tentativi di suicidio, droghe, depressione, ed intrusione di fobie, angoscia, ipervigilanza, iperarousal. La fase successiva è quella dell’elaborazione, che se bloccata, conduce a reazioni psicosomatiche, comportamenti disadattavi, disturbi sintomatici, e infine la fase dell’integrazione: se non raggiunta, provoca disturbi della personalità con incapacità ad agire o ad amare Manifestazioni cliniche più frequenti … altre associate intrusivi: il paziente rivive in modo persistente l’evento: ricordi sgradevoli, sogni ricorrenti sgradevoli e sensazioni di rivivere l’esperienza, flashback, malessere psicologico intenso. Da evitamento: fuga fobica: sforzi per evitare pensieri od attività che evocano il ricordo del trauma, Amnesia dissociativa, Ottundimento affettivo: sentimenti di disagio, di mancanza di interesse, di scarsa affettività iperarousal: attivazione neurovegetativa Comportamenti impulsivi: auto‐ od etero‐aggressività Disturbi dell’affettività: depressione, ansia, attacchi di panico, ostilità, irritabilità, rabbia, labilità emotiva, problemi sessuali Comportamenti di abuso od autodistruttivi: abuso di alcool o droghe, disturbi del comportamento alimentare, gioco d’azzardo, prostituzione, incapacità di relazionarsi Sentimenti di colpa e di vergogna, di essere irreparabilmente danneggiati Lamentele somatiche: dolori cronici, ipertensione arteriosa, allergie, asma, disturbi gastrointestinali, Modificazioni persistenti della personalità: depersonalizzazione ed altri sintomi dissociativi Il decorso –caratteristiche generali Nel 25% dei soggetti con DPTS i sintomi tendono a ridursi o scomparire nel giro di giorni o settimane, consentendo al soggetto di riprendere una vita pressocchè normale;Nel 40% dei casi i disturbi persistono per più di un anno;Nel 20‐40% dei soggetti i sintomi sono stabilmente presenti per molti anni ed il disturbo tende ad assumere un andamento decisamente cronico ed invalidante. Ci sono specifici fattori implicati nell’evoluzione del disturbo come la natura dell’esperienza traumatica: più grave per soggetti che hanno ricevuto violenze ripetute, la fase della vita in cui è avvenuto il trauma: più grave se in età infantile od adolescenziale, le caratteristiche del contesto familiare: più grave in presenza di conflitti tra genitori e di relazioni scarsamente confidenziali con genitori o partner, la presenza di condizioni ambientali che possono favorire la risoluzione: migliore in presenza di una buona rete di supporto sociale ed emotivo. I DPTS rimangono generalmente misconosciuti all’interno dei nuclei familiari, sono identificati e diagnosticati con difficoltà dai medici e dagli stessi psichiatri e non sono quindi adeguatamente trattati. Hanno effetti devastanti sulla salute fisica e mentale delle vittime, modificando radicalmente la percezione dello stato di benessere dell’individuo ed inducono un deterioramento significativo della qualità di vita del soggetto e dell’ambiente familiare, ed inoltre hanno implicazioni negative in termini di sanità pubblica e di costi per la collettività. I soggetti con DPTS presentano un elevato rischio di sviluppare patologie mediche e psichiatriche associate o Disturbi depressivi con elevato rischio depressivo o Abuso di alcool o di droghe o Altro: dolori cronici, cefalee, disturbi GI, cardiovascolari o respiratoti È un disturbo che si sviluppa in un individuo che non presenta alcun disturbo manifesto mentale, in risposta ad uno stress fisico e/o mentale di eccezionale portata e che in genere regredisce nel giro di ore o giorni. La vulnerabilità e la capacità di adattamento giocano un ruolo nella comparsa e gravità delle reazioni avverse. Criteri classificativi secondo il DSM‐5 sono: A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione o violenza sessuale in uno o piudei seguenti modi: ( uguale al punto A del DPTS) B. Presenza di nove o più dei seguenti sintomi di ciascuna delle 5 categorie 1. Sintomi di intrusione: ricordi spiacevoli, sogni spiacevoli, reazioni dissociative (es. flashback), intensa sofferenza psicologica 2. Umore negativo:persistente incapacità di provare emozioni positive 3. Sintomi dissociativi: alterato senso di realtà del proprio ambiente o di se stessi, incapacità di ricordare momenti importanti dell’evento 4. Sintomi di evitamento:tentativi di evitare ricordi o situazioni esterne che evocano ricordi 5. Sintomi di arousal: difficoltà relative al sonno, comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia C. I sintomi B compaiono da 3 giorno ad un mese dopo l’esposione al trauma D. L’alterazione provoca disagio e compromissione in ambito lavorativo, sociale E. L’alterazione non è attribuibile a effetti di sostanze o altre condizioni patologiche. Alcune differenze tra disturbo acuto da stress (DAS) e DPTS sono: Burn out: rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali. Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa. I sintomi di burn out sono: Durante e dopo nel DAS Da 2 gg a 4 settimane Entro4 settimane Sintomi dissociativi Durata del disturbo Esordio sintomatologico Non nel DTPS DP più di un mese In qualsiasi momento Terapia Disturbi trauma‐correlati nei soccorritori DPTS, Sindromi depressive, Disturbi d’ansia: DAG, DAP, Disturbo di somatizzazione, Abuso di alcool o di droghe Aumentato rischio di comportamenti antisociali e di suicidio, Aumentato incidenza di malattie somatiche Gli obiettivi della terapia sono sia a breve termine: gestione della crisi e contenimento dei sintomi più eclatanti, sia a lungo termine: risoluzione dei vissuti emotivi ansiogeni e delle distorsioni cognitive legate all’evento traumatico. La remissione dei sintomi è strettamente legata alla capacità del soggetto di ricostruire e rielaborare l’esperienza traumatica. Ci sono alcuni fattori essenziali per il successo della terapia, come l’espressione delle emozioni legate ai ricordi dell’evento traumatico,l’elaborazione dei ricordi collegati all’esperienza traumatica, la riorganizzazione e ristrutturazione delle distorsioni cognitive relative al mondo, al sé ed al futuro indotte dal trauma. Si possono attuare INTERVENTI PSICOLOGICI come: Tecniche di addestramento alla gestione dello stress: sono volte a fare acquisire al soggetto capacità di gestione degli effetti dell’evento traumatico Terapia ad orientamento cognitivo: ha lo scopo di modificare i pensieri, le convinzioni e gli assunti irrazionali legati od indotti dall’esperienza traumatica Terapia ad orientamenti comportamentale: si propone di aiutare il soggetto a confrontarsi con ricordi e situazioni legate al trauma, in maniera immaginaria o reale, sdrammatizzando il vissuto delle esperienze traumatiche e rinforzando l’innocuità nel ricordarle Eccessiva stanchezza e difficoltà di concentrazione Disturbi somatici e del sonno Eccessiva stima di sé e delle proprie capacità: impegno in attività “eroiche” ma avventate, non curanza per la propria sicurezza e per i proprio bisogni essenziali Cinismo, inefficienza, conflittualità con i colleghi WWW.SUNHOPE.IT Psicoterapia ad orientamento psicodinamico: focalizzano l’attenzione sul significato dell’evento traumatico e sui meccanismi difensivi responsabili della trasformazione dei ricordi rimossi del trauma nei sintomi di disfunzione del disturbo O interventi INTERVENTI FARMACOLOGICI o SSRI: sertralina, fluoxetina, paroxetina, fluvoxamina o BDZ: alprazolam, clonazepam o Stabilizzanti dell’umore: carbamazepina, valproato, lamotrigina, litio o Antipsicotici: clorpromazina, aloperidolo ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ FARMACI ANSIOLITICI ED IPNOTICI Riguardo gli ansiolitici in generale è opportuno ricordare la loro estesa area critica di utilizzo ed il fenomeno di autoprescrizione: psichiatri, neurologici, specialisti di altra branca, medici di base, su propria iniziativa o su consiglio di familiari o conoscenti, se li “autoprescrivono”, al bisogno od in maniera cronica. Inoltre, è bene considerare come le BDZ siano gli unici farmaci psichiatrici ad azione rapida (3‐5 ore). Gli ansiolitici li classifichiamo in base alla struttura chimica Benzodiazepine (BDZ) Generalità conclusive sullo stress Lo stress è una reazione dell’organismo a sollecitazioni provenienti dall’esterno: gli stressors sono di natura psicologica o fisica. La mente umana valuta il significato dello stimolo (reazione cognitiva) e vi fa seguire un’attivazione emozionale più o meno intensa, l’attivazione emozionale induce le modificazioni biologiche e comportamentali proprie della reazione da stress. Sindrome generale da disadattamento Fase di allarme: vi sono modificazioni biologiche ed ormonali Shock: perdita del tono muscolare, aumento della frequenza cardiaca, caduta della pressione arteriosa e della temperatura (“effetto sorpesa”) Contro‐shock: mobilità dei meccanismi di difesa che ribaltano le reazioni fisiologiche della fase di shock Fase di resistenza: l’organismo si organizza funzionalmente in senso difensivo Miglioramento e scomparsa dei sintomi iniziali Diminuzione della resistenza ad altri stimoli nocivi Fase di esaurimento: crollo delle difese ed incapacità di adattarsi ulteriormente Fase di perdita graduale della capacità di adattamento allo stressor Insorgenza di patologie psicosomatiche di altro tipo Legge di Yerkes‐Dodson: si basa sul presupposto che lo stress è uno stato fisiologico normale ed è anzi una condizione capace addirittura di migliorare le capacità prestazionali dell’individuo. Lo stress è una condizione fisiologica dell’organismo, anche se in alcune circostanze può produrre patologia, come quando lo stimolo agisce con grande intensità o per periodi prolungati. Quindi, un individuo sottoposto a livelli fisiologici di stress migliora le prestazioni, anche quelle che riguardano l’apprendimento. Di conseguenza la legge di Yerkes‐Dodson postula che l’organismo, per raggiungere livelli ottimali di efficienza, ha bisogno di operare in rapporto a quantità di stress non estreme: sollecitazioni eccessive o carenza di stimoli hanno effetti negativi sull’efficienza. Risposte allo stress A breve termine: variazioni adattative per migliorare la risposta allo stress: mobilizzazione risorse energetiche A lungo termine: variazioni antiadattative: ulcera gastrica, aumento suscettibilità ad infezioni, malattie reumatiche ed autoimmunitaria, sindrome del colon irritabile, ipertensione ed aterosclerosi, coronaropatie, diabete mellito, morbo di Cushing Ansiolitici glicocolici: meprobamato Ansiolitici difenilmetanici Ansiolitici indoazolici: queste due classi si utilizzavano in passato 1.Composti ansiolitici ed ipnotici Sedativo‐ipnotici BDZ ‐ Barbiturici . Meprobamato Sedativo‐neurovegetativi Antistaminici‐ Antidepressivi triciclici‐ Antipsicotici 2.Composti ansiolitici non sedativi Agonisti 5HT‐1A‐ Beta‐bloccanti 3.Composti ipnotici non ansiolitici Zolpidem‐ Zaleplon BENZODIAZEPINE‐‐>ANSIOLITICI ED IPNOTICI Sono composti il cui nucleo di base è formato da una anello a 7 atomi di C. Classificazione su base chimica (NON CHIESTA ALL'ESAME, CHIESTA QUELLA SULL'EMIVITA) o BDZ propriamente dette: 1‐4, 1‐5 BDZ: diazepam, bromazepam, clordesmetildiazepam, clorazepam, oxazepam, lorazepam, flurazepam, lormetazepam, clobazam. Nitro‐BDZ: nitrazepam, flunitrazepam o Triazolo‐BDZ: triazolam, alprazolam o Tieno‐BDZ: etizolam, clotiazepam o Meccanismo d’azione Su quali sistemi neurotrasmettitoriali agiscono le BDZ? Sul GABA Gli effetti terapeutici sono: o o o o WWW.SUNHOPE.IT Ansiolitici a struttura varia: buspirone Inoltre, si ha una classificazione in baso all’utilizzo: Ansiolitico: per un’ azione sul sistema limbico: clordiazepossido, diazepam, lorazepam, oxazepam, bromazepam Ipnoinducente: per un’ azione su ipotalamo posteriore, sostanza reticolare bulbo‐ pontina: flurazepam, nitrazepam, triazolam Miorilassante: per un’ azione su corteccia motoria, gangli della base, midollo spinale: diazepam Anticonvulsivante: per un’azione su sostanza reticolare meso‐diencefalica, corteccia cerebrale: clorazepam, diazepam Le BDZ agiscono potenziando la trasmissione GABAergica. Il GABA, neurotrasmettitore inibitorio più importante tra quelli presenti nel cervello, controlla l’eccitabilità di tutte le aree cerebrali regolate dall’equilibrio tra input eccitatori ed inibitori. Le BDZ si legano ad un recettore specifico (sito per le BDZ), parte integrante del complesso macromolecolare GABA‐A del recettore GABA associato al canale del Cl‐: l’interazione delle BDZ col proprio sito recettoriale facilita, tramite un meccanismo allosterico, il legame del GABA al suo recettore. L’interazione del GABA col proprio recettore produce l’apertura del canale al Cl‐con afflusso di cloro con effetto inibitorio generalizzato sull’attività nervosa Come sono fatti questi Recettori GABA‐A? Una caratteristica molto importante di questi recettori è la presenza di diversi siti modulatori che, interagendo con i loro ligandi specifici, possono modulare il sito di legame e l’attività del GABA. Tra questi siti modulatori i più importanti sono quelli delle BDZ e quello dei barbiturici, i quali agiscono in maniera simile alle BDZ, potenziando la funzione del recettore GABA‐A (aumento della frequenza di apertura) attraverso un sito di legame indipendente. Il complesso macromolecolare, comunque, è ritenuto un punto critico per l’azione di molti altri composti come neurosteroidi, etanolo, anestetici e composti ad azione anticonvulsivante come la picrotossina Subunità proteiche che delimitano il canale al cloro: il canale recettoriale consiste di almeno 5 subunità intorno ad un polo centrale che attraversa la membrana e che, se aperto, risulta permeabile agli ioni cloro. Le subunità di cui è costituito il recettore GABA‐A possono essere classificate in famiglie in base alla similarità strutturale (alfa, beta, gamma, delta, epsilon). Le diverse combinazioni di assemblamento delle varie subunità danno luogo a differenti sottotipi di recettori GABA‐A localizzati in diverse aree cerebrali Sottotipi di recettori alle BDZ: le BDZ classiche sono attive su tutti i sottotipi, mentre quelle di III generazione hanno attività solo per i sottotipi ω1: BDZ1 o ω1: mediano l’azione ansiolitica ed ipnoinducente e sarebbero localizzati in particolar modo nel cervelletto, nel sistema limbico e nell’ipotalamo BDZ2 o ω2: sono responsabili dello sviluppo dell’assuefazione e della dipendenza, avrebbero inoltre un ruolo nelle facoltà cognitive e nel controllo motorio (azione miorilassante) PBR (periferic BDZ receptor) o ω3: sembra implicato nella steroidogenesi e, probabilmente, nella risposta allo stress. Esprimono il PBR in maniera molto abbondante organi come ipotalamo, corteccia surrenalica, rene, testicolo, placenta. La localizzazione di tale recettore è citoplasmatica a livello della membrana mitocondriale Farmacocinetica ASSORBIMENTO: IM: assorbimento meno rapido e completo, forse per precipitazione del farmaco nel sito di inoculazione Rettale: valida alternativa alla somministrazione orale, quando questa non può essere praticata (es. bambini con convulsioni febbrili‐‐>DIAZEPAM) EV: solo in emergenza, nell’epilessia ed in anestesia Data la loro elevata liposolubilità, presentano un buon assorbimento GI, tuttavia lento e variabile DISTRIBUZIONE Data la loro elevata liposulibilità, si distribuiscono bene in tutti i tessuti, passano attraverso la placenta, sono escreti nel latte e nella saliva o Legame farmaco‐proteica: 80‐90% o Picco plasmatico: 1‐3 ore, ma il picco, a causa del ricircolo enteroepatico, dura anche 8 ore Stady state: è raggiunto in circa 2 settimane: gli effetti tossici possono però sopravvenire anche dopo soli 7 giorni di trattamento o Emivita variabile: lunga, media, breve, brevissima: dipende anche dalla formazione di metaboliti attivi Classificazione delle BDZ in base alla loro emivita od a quella dei loro metaboliti o o o o o BDZ a lunga emivita: sono quelle la cui emivita, o quella dei metaboliti attivi, supera le 48 ore: diazepam (Valium), clordesmetildiazepam, flurazepam. BDZ ad emivita media: sono quelle la cui emivita è compresa tra 24 e 48 ore: flunitrazepam, nitrazepam BDZ ad emivita breve: sono quelle la cui emivita è inferiore alle 24 ore: bromazepam (Lexotan), lorazepam BDZ ad emivita brevissima: sono BDZ senza metaboliti attivi o con un’emivita minore di 10 ore: midazolam, triazolam, Assorbimento più lento (picco in ≥ 3 h):, oxazepam, Assorbimento intermedio: clordiazepossido, lorazepam, trazolam, alprazolam METABOLISMO È prevalentemente epatico, con reazioni di demetilazione, idrossilazione, glucuronazione, solfoconiugazione (meno frequentemente acetilazione, riduzione, deiidrogenazione, deaminazione) Si formano metaboliti attivi ed inattivi: ad esempio, il desmetildiazepam, metabolita attivo del diazepam Il metabolismo è aumentato in caso di associazione con barbiturici, diminuito nell’anziano e nell’epatopatico. Rapporto tra metabolismo ed emivita 1. BDZ con emivita medio‐lunga: queste BDZ vanno incontro, prima di esser coniugate con acido glucuronico e quindi eliminate, ad una serie di tappe metaboliche, con formazione di metaboliti attivi, di cui la più importante è la demetilazione con successiva idrossilazione (o la nitroriduzione nel caso di nitrazepam e flunitrazepam). L’idrossilazione epatica è il processo metabolico che rende ragione della lunga emivita di queste BDZ e del conseguente accumulo di farmaco nell’organismo dopo uso prolungato. Nell’anziano e nel paziente epatopatico questi farmaci vengono, di conseguenza, sconsigliati proprio perché in questi soggetti i processi di idrossilazione epatica sono di per sé alterati. Le conseguenze cliniche di un accumulo di BDZ a livello del SNC possono esser rappresentate da: eccessiva sedazione, astenia, alterata performance psicomotoria e cognitiva, ipotensione ortostatica. Comunque, la lunghezza dell’emivita in questi composti è, di fatto, determinata dalla formazione di un prodotto metabolico attivo, il nordiazepam (BDZ pronordiazepam‐simili: diazepam, clordesmetildiazepam, clordiazepossido). Nitrazepam e flunitrazepam, che hanno un’emivita tra le 24 Somministrazione: per os, i.m, ev, per via rettale Orale: Assorbimento rapido (picco in 1‐2 h): diazepam, midazolam WWW.SUNHOPE.IT e le 48 ore, vanno invece considerate nitro‐BDZ. 2. BDZ con emivita breve‐brevissima: si distinguono in composti che vanno incontro a fenomeni di idrossilazione epatica (alprazolam, bromazepam, triazolam, estazolam) e che possono presentare interazioni farmacocinetiche con altri farmaci o modificazioni cinetiche nel soggetto anziano ed in quello epatopatico 3. Composti coniugati direttamente con acido glucuronico (lorazepam, oxazepam: BDZ oxazepam‐ simili) e quindi eliminati: la loro cinetica non si modifica nel paziente anziano ed epatopatico e non danno luogo a fenomeni di farmacoaccumulo né di interazioni farmacologiche o o ▪ Condizione di ansia cronica o di rilevante entità ▪ Insonnia intermedia o terminale, specie con ansia diurna associata ▪ Necessità di evitare somministrazioni ripetute ▪ Strategie terapeutiche di breve durata BDZ ad emivita breve: ▪ Condizioni di ansia di non grave entità od occasionale ▪ Insonnia di addormentamento su base ansiosa ▪ Condizioni generali compromesse ▪ Trattamenti prolungati BDZ ad emivita breve senza metaboliti attivi (composti oxazepam‐simili) ▪ ESCREZIONE E' per l'80% urinaria INTERAZIONI Farmacoinduttori: barbiturici, carbamazepina, fenitoina, desametasone, ormoni steroidei, macrolidi Farmacoinibitori: amiodarone, ciprofloxacina, eritromicina, fluoxetina, ketoconazolo, verapamil Indicazioni e scelta delle BDZ Le BDZ hanno indicazioni terapeutiche meno specifiche e più ampie rispetto ad altre categorie di psicofarmaci, dato che un effetto ansiolitico od ipnotico può essere richiesto per il trattamento farmacologico di diverse condizioni cliniche: in particolare, l’impiego delle BDZ può essere considerato razionale sia come somministrazione al bisogno sia continuativa nel trattamento di alcuni disturbi d’ansia (DAP, DAG, disturbo d’ansia sociale). Inoltre, tali composti possono esser utilizzati nella fase di latenza dell’azione di farmaci antidepressivi. Caratteristiche implicate nella scelta Velocità di assorbimento e liposolubilità Più rapido è l’assorbimento intestinale, più rapido è il raggiungimento di un’adeguata concentrazione plasmatica Più alta è la liposolubilità, più rapido è l’attraversamento della BEE Maggior rapidità d’azione: BDZ ad azione più rapida, come diazepam e clorazepato, sono consigliabili in tutte le condizioni di ansia acuta o con necessità di rapida sedazione Scelta della BDZ in base all’emivita plasmatica ed alla presenza/assenza di metaboliti attivi o BDZ ad emivita medio‐lunga WWW.SUNHOPE.IT Anziani, epatopatici (farmaci di scelta) ▪ Associazione con farmaci inibitori: cimetidina, propanololo, contraccettivi orali ▪ Rischio di iperdosaggio a scopo suicidario ▪ Hanno un rischio di dipendenza più elevato INDICAZIONI Ansia: a causa della tolleranza non sono più il farmaco di prima scelta nel trattamento a lungo termine, sostituite dagli antidepressivi; utilizzate invece in trattamenti sub‐cronici (2‐4 settimane), in cui migliorano la sintomatologia sin dalla prima somministrazione Insonnia: si danno diverse BDZ a seconda del tipo di disturbo; Difficoltà ad addormentarsi: BDZ a breve emivita (triazolam); risvegli mattutini precoci: BDZ a emivita intermedia (nitrazepam, flunitrazepam); insonnia ed ansia diurna: BDZ a lunga emivita (quazepam, flurazepam) Le BDZ ed emivita brevissima sono utilizzate prevalentemente come ipnoinducenti, in quanto la rapidità di eliminazione consente di evitare gli effetti hangover, cioè di malessere, sonnolenza e cefalea al risveglio Epilessia e convulsioni: non utilizzate nel trattamento cronico per tolleranza Diazepam: stato di male epilettico, controllo e prevenzione delle convulsioni di natura febbrile dell’età pediatrica (in somm. rettale) Altre BDZ impiegate: lobazam, lorazepam, nitrazepam, clonazepam, midazolam Anestesia (soprattutto midazolam): sedazione nel periodo perioperatorio ed in corso di procedure diagnostiche a bassa invasività; riducono il disagio ambientale e fisico nei pz in terapia intensiva Alcolismo: farmaci di scelta nel trattamento della sindrome da astinenza alcolica (non nel mantenimento dell’astinenza a LT) Disturbi neurologici: controllo dell’ipertonia e della spasticità muscolare SCHEMI POSOLOGICI Devono essere sempre individualizzati e la frequenza di assunzione dipende dall'emivita. La durata dipende dalle esigenze del pz. Eistono, inoltre, delle strategie di trattamento flessibili. La sospensione di una terapia con BDZ, a meno che non emergano motivi che giustifichino una brusca interruzione del trattamento (reazioni idiosincrasiche, sovradosaggio), deve sempre avvenire in modo graduale, per evitare i sintomi da sospensione. Più lunga è la durata del trattamento e più elevato è il dosaggio, tanto più lungo deve essere il periodo previsto per la sospensione SITUAZIONI CRITICHE ALL'USO DELLE BDZ o o Anziano: il decremento della funzionalità epatica, soprattutto dei processi ossidativi, determina la possibilità di fenomeni di accumulo in caso di somministrazioni ripetute. Inoltre, le BDZ hanno effetti negativi sulle funzioni cognitive e sulla marcia, con atassia, frequenti cadute e rischio di rottura del femore Gravidanza ▪ I trimestre: malformazioni fetali ▪ Nell’ultima fase di gravidanza possono insorgere problemi a carico del neonato, con un quadro caratterizzato da stato soporoso, ipotonia muscolare, suzione inadeguata, asfissia e depressione respiratoria. In alcuni casi è stata segnalata una sindrome d’astinenza (sindrome perinatale) con vomito, diarrea, ipertono, iperreflessia, tremori, convulsioni o EFFETTI COLLATERALI CONTROINDICAZIONI o Intossicazione alcolica acuta: rischio di depressione respiratoria o Insufficienza respiratoria o Demenza: riduzione prestazioni cognitive Astenia o Diminuzione delle prestazioni psicomotorie e cognitive o Effetti residui (hangover): malessere generale, cefalea, senso di stordimento e di confusione Sintomi paradossi (tipici di pazienti anziani): aumento dell’ansia, aggressività, ostilità, irrequietezza, irritabilità, insonnia, confusione mentale Sintomi più gravi e rari: atassia, disartria, diplopia, ipotensione, tremori, disturbi della memoria (amnesia anterograda) o Allattamento: le BDZ passano nel latte, provocando sedazione eccessiva, suzione inadeguata e deficit alimentari COMPLICANZE Abuso E' un uso eccessivo, persistente o sporadico, incongruente con una pratica medica accettabile, caratterizzato da: aumento spontaneo della dose, richiesta insistente da parte del paziente, spesso associata ad abuso di altre sostanza. La potenzialità d’abuso è più alta per composti ad azione più rapida (flunitrazepam, lorazepam) Assuefazione o tolleranza Il soggetto, in corso di trattamento, non risponde più alla dose sufficiente a produrre l’effetto desiderato: può essere all’effetto euforizzante (rapido), sedativo (1‐2 settimane), ipnotico (6‐12 settimane), ansiolitico (dubbio) Dipendenza E' un bisogno intenso di assumere il farmaco, con comparsa di disagio psicologico o di una sindrome somatica se esso non viene assunto. Dipede dalla dose, dalla durata, dalle caratteristiche farmacologiche, dall'emivita. Infatti con le BDZ ad emivita breve la sindrome insorge più precocemente (in genere entro 1‐2 giorni), presenta una maggior intensità e regredisce più velocemente (entro 5‐6 giorni). Con le BDZ ad emivita lunga, invece, l’insorgenza è più tardiva (entro 4‐8 giorni), l’intensità dei sintomi minore e la remissione avviene in un periodo maggiore (10‐15 giorni) Sindrome d’astinenza E' un quadro clinico caratterizzato da insonnia, ansia, irrequietezza, sudorazione, cefalea, nausea, tremore, tachicardia e palpitazioni. Nei casi più gravi, inoltre, si presentano dolori muscolari, vomito, fotofobia, convulsioni, fenomeni allucinatori e di depersonalizzazione. Insorge bruscamente a distanza di ore o giorni, più spesso dopo 4‐5 giorni. Dipende da durata, dose ed emivita delle BDZ in questione. Si risolve spontaneamente in 4‐12 settimane, si può prevenire evitando l'uso prolungato delle BDZ e considerando la sospensione periodica. Alcool o Sinergismo farmacodinamico: fenomeni di depressione cardiorespiratoria fino al coma o Sinergismo farmacocinetico In acuto: inibizione metabolica dei composti pronordiazepam‐simili: ritarda l’assorbimento delle BDZ e ne prolunga il tempo di eliminazione ▪ Negli etilisti: induzione metabolica: accelera il metabolismo delle BDZ e provoca fenomeni di tolleranza Farmaci che deprimono il SNC (barbiturici, analgesico‐narcotici, narcolettici, antistaminici): sinergismo farmacodinamico: si determina un aumento degli effetti di entrambi i farmaci Farmaci che inibiscono il metabolismo ossidativo (quindi, i composti oxazepam simili vengono risparmiati dall’interazione): cimetidina, propanololo, contraccettivi orali, SSRI: ne risulta un rallentamento dell’eliminazione con possibile insorgenza di fenomeni di accumulo Le BDZ, da parte loro, inibiscono il metabolismo di digossina, warfarin e fenitoina Sostanze d’abuso o Eccessiva sedazione o ▪ o Miastenia: azione miorilassante INTERAZIONI Sintomi lievi e frequenti: sono praticamente un’accentuazione delle proprietà farmacologiche delle BDZ o e buspirone). Il clonazepam, comunque, risulta più maneggevole di alprazolam, diazepame e lorazepam Alcool ed oppiacei: l’interazione di queste sostanze con le BDZ è gravata dal rischio di grave depressione cardiorespiratoria. L’assunzione contemporanea di alcool e BDZ potenzia, inoltre, grandemente gli effetti sedativi per un’azione sinergica sui recettori GABAergici Eroina: in questi casi, le BDZ sono farmaci da usare con molto cautela per il loro potenziale d’abuso. Non sono utili per disintossicare il paziente o per limitare le dosi di farmaci agonisti nei programmi di disintossicazione o di mantenimento (in alternativa utilizzare AD WWW.SUNHOPE.IT Terapia Controllare i sintomi da astinenza ed iniziare un regime di sospensione più tollerabile Può esser utile usare una BDZ con un’emivita più lunga od uguale a quella della BDZ interrotta Spesso è stata raccomandato il clonazepam come BDZ con emivita relativamente lunga, che può coprire l’astinenza da un’altra BDZ Altri farmaci utilizzati: beta‐bloccanti (propanololo), anticonvulsivanti (carbamazepina) e clonidina Overdose Tutte le BDZ possono esser considerate sicure in overdose: l’ingestione acuta, accidentale o volontaria, di dosi molto elevate di BDZ non provoca, se non in associazione ad altri farmaci deprimenti il SNC, fenomeni tossici tali da compromettere le funzioni vitali. La contemporanea assunzione di alcolici o di farmaci deprimenti il SNC (barbiturici, analgesici, antidepressivi) può risultare fatale Può essere accidentale o volontaria a scopo suicidario Il quadro clinico risulta caratterizzato da profondo torpore ed astenia accentuata, più raramente da atassia, ipotensione, ipotermia, disartria, coma Terapia: flumazenil: è una sostanza in grado di spiazzare le BDZ dai siti recettoriali specifici, richiesto quando la frequenza respiratoria scende sotto i 10 battiti/ min. Va somministrato ev lentamente, in quanto può dare arresto respiratorio Controindicazioni: epilessia, insufficienza epatica Effetti collaterali al risveglio: agitazione, ansia, paura Sintomi da rimbalzo Non presuppongono l’esistenza di una dipendenza fisica e si osservano in seguito a sospensione brusca del farmaco. Consistono nel peggioramento transitorio dei sintomi iniziali, quindi di insonnia ed ansia, e sono in genere di breve durata BDZ di seconda generazione‐‐>ipnotici non ansiolitici zolpidem e zopiclone Meccanismo d’azione: hanno un’affinità maggiore per i recettori ω1 presenti nel cervelletto e nella corteccia cerebrale Uso clinico: ipnoinduzione: riducono il tempo di addormentamento e lo zolpidem allunga anche il tempo di sonno totale Effetti collaterali: amnesia retrograda ed ansia il giorno seguente la somministrazione, vomito, disforia Controindicazioni: gravidanza, allattamento, epatopatici, nefropatici Altri Buspirone: Meccanismo d’azione: non si lega ai recettori delle BDZ, ma è un antagonista della ST sia pre‐ che post‐ sinaptico; inoltre, presenta attività DA‐agonista con aumento della prolattina. Farmacodinamica: presenta un’attività ansiolitica selettiva, seppur non immediata. È privo di attività anticonvulsivante e miorilassante ed ha scarsi effetti sedativi ed ipnotici WWW.SUNHOPE.IT Indicazioni: disturbi d’ansia e depressivi (in associazione con SSRI: non approvato in Italia, questo trattamento si utilizza comunque off‐label) Farmacocinetica: Buon assorbimento GI Picco plasmatico dopo 60‐90 minuti Emivita di 2‐11 ore Metabolismo epatico Escrezione renale Effetti collaterali: cefalea, astenia, effetti paradossi (insonnia, nausea, xerostomia, diarrea) Meprobamato: introdotto come sedativo‐ipnotico, può deprimere i riflessi polisinaptici del midollo spinale senza interferire su quelli monosinaptici, con effetto miorilassanti (a dosi terapeutiche quest’effetto è minimo). Presenta una ben descritta sindrome d’astinenza ed una caratteristica gamma di effetti collaterali: atassia, disturbi dell’apprendimento, ipotensione, porpora acuta non trombocitopenica. Generalità L’umore va inteso come una dimensione complessa della vita psichica dell’uomo, nella quale confluiscono aspetto emozionali, affettivo‐sentimentali, cognitivi, temporali, motivazionali e motori, che colora di sé tutta la vita dell’individuo, costituendo una sorta di griglia percettiva ed elaborativa con cui si dà significato alla realtà. È profondamente alterata nella depressione. La tristezza è il dolore che coglie l’essere umano quando un avvenimento avverso colpisce la sua esistenza precaria o quando la discrepanza tra la vita com’è e come potrebbe essere diventa il centro della sua fervida riflessione (demoralizzazione). Essa colpisce fino al 70% della popolazione e può considerarsi una conseguenza di eventi sfavorevoli, di cui rappresenta una risposta proporzionata per durata ed intensità all’evento. La tristezza, tuttavia, è sostanzialmente diversa dalla depressione, ed in particolare dal dolore depressivo: la qualità che fa traghettare dolore e tristezza nella depressione può essere riconosciuta nella loro pervasività, nell’interessare soma e psiche allo stesso modo, nella loro fissità, nel non essere più modificabili dalle situazioni esterne, tristi o liete, nell’intensità del dolore, che tende a congelare vissuti psichici e somatici in un unico blocco, privo di spinta evolutiva. Dunque, la depressione risulta una patologia dell’umore, caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi, nel loro insieme in grado di diminuire in maniera da lieve a grave il tono dell’umore, compromettendo la qualità di vita, lavorativa e sociale del soggetto. La depressione non è quindi un semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano, anche in maniera consistente, il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri ed il mondo esterno, risultando di conseguenza, come detto, profondamente differente dalla tristezza normale. Inoltre, la depressione può insorgere a ciel sereno o come risposta sproporzionata ad un evento per durata ed intensità. La distimia, invece, è la presenza di un umore cronicamente depresso, per un periodo di almeno due anni: in questo caso, i sintomi depressivi, nonostante la loro cronicità, sono meno gravi e non si perviene mai ad un episodio depressivo maggiore. In realtà, comunque, non esiste un’unica depressione, ma una gamma di condizioni che nascono, si manifestano e si curano in maniera differente (formano quindi le “sindromi depressive”, ossia un insieme di sintomi e segni psichici e somatici caratteristici): Depressione maggiore o melanconica: i sintomi sono tali da compromettere l’adattamento sociale Depressione minore o ansiosa Episodio singolo o ricorrente Disturbo depressivo non altrimenti specificato Forme intermedie o miste Dati epidemiologici La depressione è la prima causa di disfunzionalità tra soggetti di 14‐44 anni, precedendo quindi malattie cardiovascolari e neoplastiche. WWW.SUNHOPE.IT C' è una maggior vulnerabilità del sesso femminile: riconducibile, oltre che a fattori psicosociali, anche a fattori biologici legati a variazioni fisiologiche dell’equilibrio ormonale (post‐partum, fase premestruale) o ad assunzione di anticoncezionali La depressione può potenzialmente colpire tutte le fasce d’età, ma l’esordio si esprime generalmente in un picco bimodale: 15‐19 anni e 25‐29 anni La prevalenza della depressione, in costante aumento negli ultimi anni, fenomeno accompagnato da una riduzione dell’età d’insorgenza, aumenta, fino ad un certo punto, con l’età: Prevalenza puntiforme: è la prevalenza della malattia in una certa popolazione in un certo periodo Età prescolare: 0,3% Età scolare: 3% Età adolescenziale: 6‐8% Donne in età adulta: 10‐25% Uomini in età adulta: 5‐12% Prevalenza lifetime: è il rischio di svilupparla patologia nel corso di tutta la vita Depressione Donne: 10‐25% Uomini: 5‐12% Disturbo distimico: 6% Probabilità di avere almeno un episodio depressivo durante la vita nelle donne: 45% negli uomini: 27% La depressione peggiora la prognosi di varie patologie organiche (malattie cardiovascolari; DM, in cui aumenta il rischio di complicanze quali neuropatia, retinopatia, patologie cardiovascolari, disfunzione erettile) I singoli episodi possono durare anche anni Dopo un episodio depressivo, la percentuale di ricadute è di circa il 50%, ancor più elevata se il paziente ha avuto episodi multipli Se non trattata, è associata ad un’elevata mortalità da suicidio Inoltre, il 20‐40% dei pazienti depressi esibisce comportamenti suicidari, anche se non fatali Il 15% dei depressi ospedalizzati tenta il suicidio Il 15% dei pazienti con depressione grave della durata di almeno 1 mese mette in atto un tentativo di suicidio La depressione non trattata ha dei costi per la società: elevata mortalità, elevato numero di suicidi e di incidenti mortali dovuti a difficoltà di concentrazione e riduzione dell’attenzione, elevata mortalità dovuta a conseguenze della depressione, come l’alcolismo, perdita del lavoro, mancanza di progressione nella carriera o negli studi, abuso di sostanza, disfunzione familiare, assenteismo, ridotta produttività In generale i costi delle depressioni sono distinti in: o o Diretti: visite mediche, ospedalizzazione, acquisto di farmaci, sedute di psicoterapia Indiretti: aumentata mortalità, aumento del rischio di altre patologie, assenteismo, ridotta produttività di pazienti e familiari Intangibili: ridotta qualità di vita del paziente e dei familiari, conflitti coniugali e familiari, emarginazione sociale L’efficacia di ogni trattamento antidepressivo si fonda, innanzitutto, sulla cooperazione tra paziente e terapeuta. Il paziente deve essere informato su diagnosi, prognosi e modalità di trattamento , sui loro costi. Sulla loro durata e sui possibili eventi avversi. In particolare, occorre enfatizzare le seguenti informazioni: La depressione è una malattia medica e non una debolezza del carattere o della volontà del paziente La guarigione è la regola, non l’eccezione I trattamenti sono efficaci e molteplici, quasi per ogni paziente è possibile individuare un trattamento efficace. Lo scopo del trattamento è la guarigione dell’episodio depressivo e non soltanto il miglioramento della sintomatologia Il rischio di ricaduta, comunque, è consistente: 50% dopo il primo episodio, 70% dopo due episodi, 90% dopo tre episodi. Il paziente ed i suoi familiari devono stare attenti a segnalare al medico ogni sintomo indicativo di un’imminente ricaduta, in modo tale da iniziare immediatamente una terapia. Che differenza c'è tra ricaduta e recidiva? Se c'è una ripresa prima dei 9 mesi‐‐‐‐‐‐> parliamo di ricaduta. Fattori di rischio di ricaduta: molteplicità degli episodi precedenti, severità e cronicità dell’episodio, aspetti di bipolarità, presenza di sintomi psicotici Se c'è una ripresa dopo i 9 mesi‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐>parliamo di recidiva Quando parliamo di risposta e remissione al trattamento farmacologico intendiamo due eventi diversi: Risposta: è la riduzione dei Remissione: è uno stato clinico sintomi di depressione di almeno globale di benessere (assenza di il 50% rispetto alla loro entità psicopatologia), cui corrisponde un iniziale; i responders hanno punteggio della scala di Hamilton comunque sintomi residui. La inferiore a 10. Un paziente in risposta è un criterio utile per i remissione non ha sintomi residui: trials clinici, ma non per la pratica la remissione è il target clinica appropriato della pratica clinica Tempistica di mantenimento Fase acuta: 6‐12 settimane Fase di continuazione: 4‐9 mesi: previene le ricadute Fase di mantenimento: più di un anno: previene nuovi episodi Criteri per la terapia di mantenimento Due o più episodi precedenti negli ultimi 3 anni Un solo episodio precedente, ma associazione con anzianità o sintomi psicotici Episodio cronico Episodio con remissione incompleta WWW.SUNHOPE.IT Classificazione dei farmaci antidepressivi Sono composti che agiscono prevalentemente attraverso l’inibizione della ricaptazione delle monoamine Antidepressivi triciclici (ATC): imipramina, amitriptilina, clomipramina Andiperessivi tetraciclici: maprotilina, amineptina Inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI): fluoxetina, fluvoxamina,citalopram, escitalopram, paroxetina, sertralina Inibitori della ricaptazione di noradrenalina e di serotonina (SNRI): venlafaxina, duloxetina Inibitori del reuptake di noradrenalina e dopamina (NDRI): buspirone Inibitori del reuptake della serotonina ed antagonisti dei recettori 5HT2 (SARI): trazodone, nefazodone Antagonisti della noradrenalina e della serotonina specifici (NaSSA): mirtazapina, mi anserina Inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (NaRI): reboxetina Inibitori dell’ossidazione delle monoamine (IMAO) Non selettivi ed irreversibili: iproniazide, fenelzina Selettivi e reversibili: moclobemide selettivi Irreversibili: pargilina Altri: 5‐adenosil‐metionina, triptofano, 5‐OH‐triptofano Patogenesi depressione e Meccanismo d’azione degli AD Fattori predisponenti Genotipo: in particolare, sembra rilevante l’alterazione del gene dell’human serotonin transporter (proteina che trasporta la ST attraverso la membrana plasmatica), presente in due possibili alleli: corto (S: short) e lungo (L:long). La presenza di un allele S è correlata ad un aumento del rischio di depressione in risposta ad eventi stressanti, la presenza di due alleli S è ancor più predittiva Familiarità: è tanto più importante quanto più il quadro si avvicina alla depressione maggiore e quanto più è precoce, soprattutto quindi nei bambini: secondo alcuni Autori, nei bambini figli di depressi, l’insorgenza deriverebbe da uno scorretto rapporto genitoriale instaurato dal genitore depresso con il figlio geneticamente predisposto; in realtà, vari studi dimostrano che l’insorgenza di depressione in figli di genitori depressi è 8 volte maggiore rispetto ai figli di persone non depresse, anche se i bambini crescono in una famiglia adottiva con genitori non depressi. Comunque, la depressione segue un modello di ereditarietà poligenica influenzato dall’ambiente Personalità premorbosa: isterica, ossessiva, dipendente: ne deriva un’alterazione del significato attribuito agli eventi Coping: abilità di fronteggiare situazioni stressanti Temperamento depressivo: è predisposto alla distimia, caratterizzato da bassa autostima, sentimenti depressivi, insicurezza, introversione Fattori psicosociali Stress psicosociale: è costituito soprattutto da cambiamento improvvisi nell’ambito socio‐ relazionale dell’individuo: perdita di un genitore prima degli 11 anni, separazione da un genitore (o comunque episodi di perdita e separazione in generale), ambiente familiare disturbato, anomalie nella relazione genitore‐bambino (specie madre‐figlio), episodi di abuso fisico o sessuale. È importante sottolineare come recenti studi di neuroscienze abbiano sottolineato l’importanza dei fattori neurobiologici rispetto a quelli psicosociali: infatti, alterazioni genetiche, come quelle a livello della trasmissione GABAergica (alterata nella depressione post‐partum) e STergica (vedi dietro), inducono una forte predisposizione a sviluppare la depressione Eccessiva attività del sistema motivazionale agonistico: è la tendenza a vivere la realtà come una sfida e ad affrontare le situazioni con un senso di competizione eccessivo, che porta ad un senso di frustrazione e sconfitta Fattori precipitanti Eventi di perdita, separazione od insuccesso Alcuni periodi della vita della donna (parto, menopausa, periodi premestruali) Malattie croniche od invalidanti (infarti, tumori, etc.) Uso di alcuni farmaci: reserpina ed altri antipertensivi, neurolettici, corticosteroidi, IFN. Fattori protettivi Supporto sociale significativo: presenza di una rete sociale ampia e solidale Vita affettiva e lavorativa soddisfacente Riguardo, invece, la patogenesi, un primo approccio è stato quello applicato in seguito all’utilizzo della reserpina (antipertensivo e antipsiotico). La reserpina, infatti, diminuendo la quantità di alcune monoamine, ST e NA, induceva depressione; l’isoniazide, farmaco antitubercolare, al contrario, per la sua capacità di inibire le monoaminoossidasi (MAO), era capace di migliorare i sintomi depressivi. Ne conseguì l’ipotesi monoaminergica della depressione: 1) IPOTESI MONOAMINERGICA. La depressione sarebbe direttamente collegata ad un ridotto funzionamento della neurotrasmission serotoninergica, noradrenergica e, in misura minore, dopaminergica. La dopamina ha, quindi, un ruolo minore, ma ha certamente un ruolo nel determinare effetti psicostimolanti (amfetamino‐ simili...L'amfetamina e la cocaina, infatti aumentano le catecolamine=> tecnicamente potrebbero essere andepressivi. In realà non è così perchè agiscono a breve termine). Farmaci come gli antidepressivi triciclici, gli inibitori delle MAO, hanno un effetto antidepressivo perchè potenziano la neurotrasmissione monoaminergica. Tuttavia, dopo pochi giorni vi è il POTENZIAMENTO DELLA NEUROTRASMISSIONE, ma solo dopo settimane vi è il reale EFFETTO TERAPEUTICO. Questo perchè quando somministriamo il farmaco, questo blocca anche il carrier a livello presinaptico che ringloba il NT, con conseguente super accumulo nel vallo e successiva DOWN‐REGULATION dei recettori, che, di conseguenza, risponderanno di meno. [N.B. tutti ifarmaci, TRANNE LE BDZ, hanno bisogno di tempo] 2. ESPOSIZIONE A SITUAZIONI DI STRESS Nei pazienti depressi l'asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene è iperattivo con elevati livelli di cortisolo nel sangue. Elevati livelli di cortisolo provocano, infatti, effetti dannosi per tutto l’organismo, tra cui: insonnia, diminuzione dell’appetito, effetti diabetogeni, osteoporosi, diminuzione della libido, aumento dell’ansia, immunosoppressione, danni a vasi cerebrale e cardiaci per l’aumento della pressione arteriosa. La minor o maggior risposta allo stress da parte di quest’asse sarebbe dovuta a fattori genetici ed ambientali: comunque, quest’asse sembra maggiormente implicato negli adulti che nei bambini. 3. IPOTESI NEUROTROFICA: gli AD i fattori neurotrofici sono una categoria di proteine con un ruolo fondamentale nello sviluppo del SNC e anche nei fenomeni di plasticità sinaptica. Gli AD. non solo interferiscono sulla produzione e sul rilascio delle catecolamine, ma producono anche WWW.SUNHOPE.IT un’attivazione prolungata del sistema intracellulare di cAMP ed un potenziamento della funzione ed espressione del fattore di crescita CREB (cAMP response element binding protein), da cui dipende l’attivazione di una serie di geni. Tra questi, sembrerebbero coinvolti nella risposta agli AD i geni che codificano per il fattore trofico BDNF (brain derived neurotrophic factor), che ha un ruolo importante sia nel differenziamento e nella crescita neuronale sia nel mantenimento e nella sopravvivenza di neuroni nel cervello maturo. Infine, va ricordato come a queste modificazioni biochimiche si aggiungono, e si riscontrano tramite tecnihce di neuroimaging, modificazioni metaboliche (a livello di corteccia paralimbica, temporale anteriore, cingolare, prefrontale ed orbitofrontale, nonché di altre strutture quali amigdala, talamo e gangli della base) e neuro anatomiche (specie a livello di corteccia frontale e temporale Quadro clinico generale Sintomatologia dell’area affettivo‐emotiva Modificazione dei vissuti del soggetto verso se stesso, gli altri e la realtà. Umore depresso: tristezza, pessimismo, scoraggiamento, non modificabili da avvenimenti esterni: l’esperienza depressiva, pur simile nelle sue caratteristiche alla tristezza, se ne distacca qualitativamente per la sua pervasività, persistenza ed immodificabilità e, soprattutto, per la dimensione assunta dal dolore, fenomeno primario e centrale della depressione Dolore: è un’esperienza soggettiva di difficile definizione e comunicazione, derivante dall’idea di un male persistente, attuale ed immodificabile. Si caratterizza per la sua costante presenza e pervasività, interessa tutta la vita ed è l’elemento centrale depressivo Anedonia: è l’incapacità di provare gioia e piacere, fino all’indifferenza verso tutte le attività della vita finanche verso aspetti fisiologici della vita, come mangiare, bere, sesso Perdita dell’attaccamento affettivo: il paziente avverte una condizione di profondo distacco nei confronti delle persone a cui è legato affettivamente (“sentimento di mancanza del sentimento”) Perdita del senso del comico: il paziente non riesce a partecipare al piacere ed al divertimento degli altri Sentimenti di colpa, inutilità, bassa autostima, sentimenti negativi verso se stessi Sintomi di ansia: tensione, inquietudine, fino all’angoscia Helplessness ed hopelessness Sintomi dell’area della psicomotricità: Rallentamento psicomotorio: movimenti spontanei globali ridotti, profondo senso di astenia Mimica ridotta, fronte aggrottata, angoli della bocca abbassati Sguardo triste, smarrito e spento Stupor (nei casi più gravi): stato di immobilità senza manifestazioni di vita psichica, con segni che fanno presupporre un controllo della coscienza Agitazione psicomotoria: irrequietezza, continua necessità di muoversi, parlare, torcersi le mani o le dita Sintomi dell’area emotiva Difficoltà a mantenere la concentrazione e l’attenzione e disturbi della memoria fino alla pseudo demenza Alterazioni del contenuto del pensiero: idee prevalenti incentrate sui vissuti di colpa, rovina, malattia, morte ed indegnità (scarsa autostima, autoaccusa, indegnità, colpa); idee deliranti (delirio di colpa, di rovina, di negazione corporea); idee incongrue all’umore (di persecuzione, di influenzamento e di veneficio) Ideazione suicidaria: come idea forte, stabile, protratta o come impulso improvviso Disturbo del linguaggio: povero nel contenuto, monosillabico con tono della voce basso e monotono Sintomi dell’area somato‐vegetativa: talvolta, questi sono gli unici sintomi a manifestarsi (depressione sottosoglia) Riduzione della libido e dell’appetito con perdita di peso Disturbi del sonno: insonnia centrale o terminale, ipersonnia Cefalea Dolori al rachide ed agli arti inferiori Disturbi GI Facile affaticabilità ed astenia spesso profonda Vediamo ora nello specifico i vari tipi di depressione: 1.Depressione maggiore o melanconica Quadro clinico: è caratterizzata da sintomi che durano almeno due settimane, causando una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti Vissuto di prostrazione e di disperazione: è differente dalla tristezza sul piano sia qualitativo che quantitativo ed è percepito anche a livello fisico Marcata riduzione d’interesse e del piacere per tutte le attività Marcato rallentamento psicomotorio: il soggetto parla poco, fino al mutismo, muovendo poco le labbra e può arrivare a rimanere a letto per giorni Mancanza di energie, affaticabilità, astenia: ogni sforzo diventa pesante Pensieri di inadeguatezza, inutilità, disperazione, idee di colpa o rovina: possono arrivare a veri e propri deliri congrui all’umore depresso. Il paziente si incolpa di errori del passato (anche di crimini non commessi) e può arrivare al suicidio Delirio di ipocondria Allucinazioni: solitamente uditive, con voci che accusano, che rinfacciano le colpe, che initmano di suicidarsi, che piangono Senso di distacco dall’ambiente: il soggetto può arrivare ad aver disturbo della compagnia o della presenza di altre persone Il soggetto si sente abbattuto, indolente, vuoto, prosciugato, insensibile, fiacco, esausto, oppresso Mancanza di appetito e perdita di peso Disturbi del sonno (soprattutto risveglio precoce) e Difficoltà a concentrarsi ed a ricordare Pensieri di morte, ideazione suicidaria: la morte, infatti, viene percepita come una liberazione; il paziente ha realmente un forte desiderio di togliersi la vita Variazione diurna dell’intensità della sintomatologia (peggioramento mattutino) La fase depressiva insorge in molti casi bruscamente, a ciel sereno; in altri casi insorge a seguito di uno stimolo stressante..Spesso c'è familiarità. C'è una buona risposta ai farmaci antidepressivi, ma una scarsa risposta alla psicoterapia Il decorso è EPISODICO, spesso è RICORRENTE Ricorrente, senza disturbo distimico, con recupero interpeisodico completo Ricorrente, senza disturbo distimico, senza recupero interepisodico completo Ricorrente, con disturbo distimico, con recupero interpeisodico completo Ricorrente, con disturbo distimico, senza recupero interepisodico completo WWW.SUNHOPE.IT DIAGNOSI depressione maggiore SECONDO DSM5 1. Cinque o più dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di due settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento; N.B almeno uno dei sintomi deve esser o il punto A. o il punto B: A. umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riportato dall'individuo o come osservato da altri; B. marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni; C. Significativa perdita di peso, non dovuta a dieta, o aumento di peso (<5% del peso corporeo) in un mese; D. insonnia o ipersonnia E. Agitazione o rallentamento psicomotorio F. Faticabilità e mancanza di energia quasi tutti i giorni; G. sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi quasi tutti i giorni H. ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione quasi tutti i giorni. I. pensieri ricorrenti di morte 2. I sintomi causano disagio o compromettono il funzionamento in ambito sociale, lavorativo. 3. L'apisodio non è attibuibile a farmaci o altra condizione medica 4. Il verificarsi dell'episodio depressivo maggiore non è meglio spiegato dal disturbo schizoaffettivo, dalla schizofrenia, dal disturbo delirante o dal disturbo dello spettro della schizofrenia e agli altri disturbi psicotici. 5. Non vi è mai stato un episodio maniacale o ipomaniacale. 2. Depressione minore o ansiosa Quadro clinico: Umore depresso con tristezza ed abbattimento Ansia accentuata, in parte somatizzata Pessimismo, senso di incapacità ed inutilità Tendenza ad auto compiacersi e ad incolpare gli altri delle proprie condizioni Irrequietezza motoria Astenia ed affaticabilità, meno marcate che nella depressione maggiore Insonnia (difficoltà di addormentamento) Instabilità ed apprensività Disturbi della concentrazione e sensazione di “mente vuota” Pensieri di morte, tentativi di suicidio “dimostrativi”, cioè finalizzati a richiamare l’attenzione su di sé (il paziente minaccia ed informa delle intenzioni, li attua in presenza di altre persone, avverte altre persone dopo aver commesso l’atto, impiega mezzi meno “efficaci”, come l’utilizzo di farmaci od il taglio delle vene) Mancanza di variazione diurna dell’intensità della sintomatologia o peggioramento serale La fase depressiva insorge a seguito dei eventi stressanti o di conflitto prolungato Decorso cronico o sub cronico, influenzato dagli eventi esterni, non c'è alternanza con periodi di esaltazione Familiarità meno frequente Risposta meno marcata e costante ai farmaci antidepressivi Miglior risposta alla psicoterapia DEPRESSIONE MAGGIORE DEPRESSIONE MINORE MOLTO SPESSO INSORGE BRUSCAMENTE, TALORA IN SPESSO INORGE A SEGUITO DI STIMOLI STRESSANTI SEGUITO A STESS SPESSO C'E' FAMILIARITA' FAMILIARITA' MENO FREQUENTE DECORSO EPISODICO, SPESSO RICORRENTE DECORSO CRONICO O SUBCRONICO BUONA RISPOSTA AI FARMACI RISPOSTA AI FARMACI MENO MARCATA SCARSA RISPOSTA ALLA PSICOTERAPIA MIGLIOR RISPOSTA ALLA PSICOTERAPIA QUESTI PZ SI INCONTRANO NEI REPARTI E QUESTI PZ SI INCONTRANO NEGLI AMBULATORI DI AMBULATORI DI PSICHIATRIA MEDICI DI BASE, STUDI PRIVATI DI PSICHIATRI, Cosa possono fare familiari ed amici Ascoltare con pazienza ed offrire calma e compagnia Rassicurare la persona depressa assicurandole che uscirà dalla situazione Citare statistiche o casi di persone che sono uscite dalla condizione Convincere la persona depressa a rivolgersi allo specialista: offrirsi di prendere l’appuntamento o PSICOLOGI, NEUROLOGI 3. ALTRI DISTURBI DELL'UMORE DI TIPO DEPRESSIVO Distimia: è una forma di depressione cronica. Il disturbo psicopatologico è caratterizzato da sintomi dello spettro depressivo di intensità moderata, presenti per un lungo periodo di tempo con possibili brevi periodi di remissione. Il sintomo depressivo è caratterizzato da pervasività e continuità. Criteri diagnostici DSM5: umore depresso per la maggior parte del giorno per almeno 2 anni, presenza di almeno due tra i seguenti sintomi: scarso appetito, insonnia o ipersonnia, astenia, bassa autostima, difficoltà di concentrazione; non è mai stato presente un episodio maniacale o ipomaniacale Il verificarsi dell'episodio depressivo non è meglio spiegato dal disturbo schizoaffettivo, dalla schizofrenia, dal disturbo delirante o dal disturbo dello spettro della schizofrenia e agli altri disturbi psicotici Disturbo dell’adattamento con umore depresso: è conseguenza di uno o più fattori stressanti e si manifesta in genere entro tre mesi dall’inizio dell’evento con grave disagio psicologico e compromissione sociale. Solitamente, eliminato il fattore di stress, tale depressione scompare entro 6 mesi Depressione secondaria a Malattie: SM, morbo di Parkinson, tumori cerebrali, morbo di Cushing, LES: queste patologie possono presentare la depressione come sintomo iniziale Depressione secondaria a Farmaci Depressione mascherata: si manifesta principalmente con sintomi cognitivi, somatici o comportamentali Depressione post‐partum *************************************************** TERAPIA Farmacologica Psicoterapica Ad orientamento cognitivo: ha come bersaglio le componenti cognitive, tra cui la paranoia. È breve (15‐20‐30 sedute) Ad orientamento interpersonale: ha come bersaglio le relazioni con partner, famiglia ecc Ad orientamento psicodinamico: ha come obiettivo la ristrutturazione e reinterpretazione di eventi precoci. Sono molto più lunghe WWW.SUNHOPE.IT accompagnarla Assicurarsi che la persona segua la terapia, si presenti a controllo ed assuma i farmaci (la compliance, infatti, è spesso scarsa) Cosa non devono fare amici e parenti Esortare la persona a reagire, a mettere buona volontà, a distrarsi (accentuano, infatti, la colpa della persona e danno il senso di non esser compresi) Incoraggiare la persona depressa a cambiare lavoro, casa o partner Manifestare incertezze e perplessità riguardo la terapia in corso CLASSI DI FARMACI 1. Antidepressivi triciclici (ATC) La struttura è caratterizzata da tre anelli benzenici. Essi inibiscono il reuptake di ST e NA ed hanno effetti α1‐adrenolitici, antistaminici ed anticolinergici. Risultano avere una scarsa maneggevolezza ed un basso indice terapeutico Meccanismo d'azione (da farmaco, qui non si capiva niente) Quali sono i recettori coinvolti? 1. RECETTORI PRESINAPTICI (INIBITORI) della SEROTONINA, quale 5HT1A. Avendo funzione inibitoria, nel momento in cui vengono stimolati dalla serotonina (che è aumentata grazie all'azione degli AD triciclici), questa spegne il neurone=> è un effetto paradossale ed è per questo che è necessario un periodo di tempo più lungo affinchè si abbia una iporesponsività di qst recettore inibitorio. 2. RECETTORI PRESINAPTICI (INIBITORI) della NORA, quale ALFA2ADRENERGICI 3. RECETTORI POST‐SINAPTICI BETA1 della NORA: c'è una desensitizzazione di questi recettori poichè nel pz depresso c'è una riduzione di noradrenalina => i recettori beta1 postsinaptici aumentano. Nel momento in cui do un triciclico, aumenta la noradrenalina => down regolazione di questi recettori. 4. RECETTORI POST SINAPTICI ALFA1: i triciclici agiscono sugli alfa 1 fungendo da antagonisti => essendo un antagonista (che quindi blocca il recettore), si ha una UP REGULATION (unico caso di up!) Questi sono effetti "voluti" ma ci sono anche altri recettori su cui questi farmaci agiscono dando effetti collaterali 5. AZIONE SU M1=> blocco trasmissione colinergica con riduzione della salivazione, stipsi, ritenzione urinaria, visione offuscata, tachicardia (per blocco parasimpatico), disturbi cognitivi poichè l'Ach è coinvolta nell'attenzione e nella memoria. Quest'ultimo è il cosidetto delirium anticolinergico, che è spesso associato a terapie farmacologiche multiple ed età avanzata ; ha inizio insidioso e può svilupparsi anche in assenza di segni neurovegetativi (midriasi, cute eritematosa). 6. RECETTORI H1: recettori implicati nell'appetito=> aumento dell'appetito con obesità, e nella sonnolenza Anche l'azione sui recettori ALFA1 può dare eventi avversi come ad esempio l'ipotenssione ortostatica e problemi eiaculatori. I triciclici, inotre, fungono da: 1. Stabilizzatori della membrana 2. Disturbano il ritmo cardiaco=> attenzione ai cardiopatici. Hanno, infatti, azione sul potenziale di membrana (azione chinidino‐ e lidocaino‐ simile: soprattutto moprotilina e clomipramina) 3. Riducono la soglia convulsivante => se il px è epilettico bisogna aggiustare le dosi dell'antiepilettico Principali composti triciclici Amine terziarie: l’atomo di azoto nella catena laterale è saturato da 3 metili Composti: imipramina, amitriptilina, clomipramina, doxepina Amine secondarie: l’atomo di azoto nella catena laterale è saturato da due metili ed un atomo di H Composti: desipramina, nortriptilina, protriptilina, trimipramina, maprotilina Più attive sul reuptake della ST Più attive sul reuptake della NA Più attive come α1‐adrenolitici, antistaminici ed Meno attive come α1‐adrenolitici, antistaminici ed anticolinergici anticolinergici WWW.SUNHOPE.IT Farmacocinetica: Buon assorbimento GI, picco ematico: 2‐8 ore, alto legame farmaco‐proteico, buona lipofilia, metabolismo epatico da parte del CYP450 con formazione di metaboliti attivi e di “metaboliti lenti”che aumentano la probabilità di effetti collaterali. Successivamente sono coniugati con acido glucuronico ed escreti per via renale Emivita media: 15‐30 ore (maggior per i derivati metilati) Necessario monitoraggio dei livelli plasmatici Pazienti considerati a rischio Epilettici Cardiopatici (in particolare con disturbo del ritmo e della conduzione) Affetti da glaucoma ad angolo acuto (per il possibile aumento della pressione oculare) Affetti da ileo paralitico Anziani: per tutti questi motivi gli ATC sono da evitare nella terapie della depressione maggiore e dei disturbi d’ansia nei pazienti anziani e/o in tutti quelli con patologie mediche concomitanti Sovradosaggio: ha una mortalità del 15% (dovuta a sovradosaggio accidentale o volontario) Ha un quadro clinico caratterizzato da: Sindrome anticolinergica: agitazione, iperattività motoria, disorientamento, allucinazione, convulsioni Segni neurovegetativi: midriasi fissa, cute calda secca e arrossata, iperpiressia, tachicardia, aritmie ventricolari Interazioni Farmacocinetiche: gli ATC sono farmaci substrato del CYP450 e presentano una debole attività di inibizione nei confronti di tali enzimi. Alcuni SSRI, quali la paroxetina e la fluoxetina ed in misura significativamente minore la sertralina, possono determinare un aumento significativo degli ATC. Anche le fenotiazine, potenti inibitori del CYP450, possono incrementare le concentrazioni degli ATC. La carbamazepina, invece, in virtù della sua attività induttiva sul CYP450, diminuisce i livelli plasmatici di ATC, con potenziale sviluppo di tolleranza. Farmacodinamiche: sono dovute agli effetti sulla ricaptazione delle monoamine e sulle azioni recettoriali. BDZ: potenziamento degli effetti centrali con riduzione della performance psicomotoria e cognitiva Litio ed altri AD ad azione serotoninergica: aumento di rischio di sindrome serotoninergica . INIBITORI DELLE MONOAMINOSSIDASI(IMAO) 2 Inibiscono le MAO aumentando la concentrazione di monoamine nelle spazio sinaptico; oggi uso limitato Inibitori irreversibili selettivi: per IMAO‐B...pargilina non selettivi: iproniazide Reazioni avverse: epatotossicità, crisi ipertensive con emorragia cerebrale anche fatale. Le crisi ipertensive sono dovute alla cosidetta cheese reaction, ovvero una crisi ipertensiava che si a seguito dell'ingestione di formaggi (ma anche vino) ricchi di tiramina che, normalmente, viene metabolizzata dalle MAO. In caso di uso di questi farmaci, la tiramina non viene metabolizzata e occupa le vescicole sinaptiche che hanno interazione con la NORA con successiva liberazione massiva di quest'ultima. Inibitori reversibili (RIMA): moclobemide, toloxatone, pirlindolo (selett. MAO‐A); non richiedono restrizioni dietetiche e non producono crisi ipertensive 3.Inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) Gli SSRI rappresentano farmaci che offrono, nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, maggiori garanzie di tollerabilità e di sicurezza in caso di sovradosaggio. I loro vantaggi rispetto agli ATC risiedono soprattutto nel loro profilo farmacologico, caratterizzato da un’azione selettiva sulla ST e da una scarsa od assente attività anticolinergica, adrenolitica ed antistaminica. Ricordiamo che nel caso del pz depresso, essendoci poca ST, c'è una up‐regulation dei recettori e alivello presinaptico c'è una down‐regulation dei recettori inibitori..Quando diamo un farmaco di questo tipo, agiamo anche sui recettori inibitori ed è per questo che c'è bisogno di tempo! Caratteristiche generali nell’uso come antidepressivi o Vi sono differenze tra i composti nella tollerabilità individuale e nelle dosi terapeutiche o Vi sono effetti antidepressivi in 3‐8 settimane o I sintomi depressivi non peggiorano all’inizio del trattamento o La dose di mantenimento coincide con la dose iniziale (A DIFFERENZA DEI TRICICLICI) o La risposta antidepressiva è in genere piena o Sono considerati farmaci sicuri per la loro bassa tossicità in caso di sovradosaggio o In presenza di disfunzione sessuale può essere indicato o ▪ Passaggio a bupropione o mirtazapina ▪ Aggiunta di agonisti DA: bromOcriptina, amantadina 4. Inibitori selettivi della ricaptazione della NA (NARI): Reboxetina Sono utilizzati anche nel DOC a dosi 3‐4 volte maggiori Composti e profilo farmacologico: o Fluoxetina: SRI, debole NRI, 5HT2. Forma un metabolita attivo, la norfluoxetina, che ha un’emivita maggiore di una settimana: ciò consente un’assenza di sindrome da sospensione Paroxetina: SRI, debole NRI, NOS, M‐ACh, CYP2D6. È il composto più potente, indicato in casi di disturbi d’ansia e di attacchi di panico Citalopram: SRI + debole H1 o Escitalopram: SRI. Ha il vantaggio di non avere un metabolismo epatico ed è il più selettivo o o Sertralina: SRI, debole DRI (quindi, è particolarmente utilizzato il suo utilizzo nella cura delle depressioni in sindromi parkinsoniane), sigma. o Fluvoxamina: SRI, sigma, UNICO METABOLIZZATO DAL CYP3A4, CYP1A2 (ha un’elevata complessità metabolica) Effetti collaterali Sono dovuti soprattutto, ma non solo, ad una stimolazione dei recettori serotoninergici. Frequenti: nausea (è mediata, come gli altri disturbi intestinali, ossia vomito e diarrea, che sono meno frequenti, da 5HT‐3), insonnia, ansia ed eccitazione, cefalea, anoressia (5HT‐2) Occasionali: diarrea, tremore, anorgasmia od orgasmo ritardato (5HT‐2), stipsi Rari: reazioni extrapiramidali (acatisia, distonia acuta, parkinsonismo, discinesia: sarebbero dovuti ad un’azione inibitoria sulla trasmissione DA a livello nigro‐striatale, causata dall’iperattività serotoninergica) , bradicardia con sincope, iponatremia con SIADH o Sindrome serotoninergica Crampi addominali, meteorismo, diarrea, Tremori, mioclonie, disartria, incoordinazione Tachicardia, ipertensione Eccitamento, confusione, disforia, sintomi maniacali Ipertermia, collasso cardiocircolatorio Interazioni farmacologiche: Sono principalmente di tipo farmacocinetico, data la loro importante attività di inibizione a livello degli isoenzimi del CYP450. Il citalopram, l’escitalopram e la sertralina sono quelli a più basso potenziale di interazione e quindi da utilizzare come prima scelta in caso di terapie antidepressive combinate, sia con psicofarmaci sia con altri farmaci metabolizzati dsl CYP450 (teofillina, beta‐bloccanti, antiaritmici, etc.). Inoltre, ed in aggiunta al già citato rischio di interazioni con gli ATC, va ricordato il rischio di interazione con gli antipsicotici, sia tipici che atipici: nel prima caso fluoxetina e paroxetina sono soprattutto in grado di rallentare il metabolismo di composti come l’aloperidolo, la flufenazine e la perfenazina, con possibili conseguenze quali sindrome extrapiramidale (EPS) e compromissione della performance psicomotoria e cognitiva; nel secondo, si hanno interazioni soprattutto con la cloazpina. Infine, gli SSRI possono potenziare gli effetti delle BDZ, inibendone il metabolismo (composti pronordiazepam‐simili) WWW.SUNHOPE.IT Impieghi terapeutici: depressione, ansia,apatia in corso di schizofrenia, ritardo psicomotorio, sindrome da stanchezza cronica, deficit di attenzione e concentrazione, rallentamento nell’elaborazione dell’informazione. A differenza degli ATC, la reboxetina presenta una minor attività adrenolitica ed anticolinergica, mentre è sfornita di effetti antistaminici Per il prf è più simile ad un placebo. Effetti collaterali Tremore, agitazione, ipertensione, tachicardia, sudorazione, insonnia Sintomi pseudo anticolinergici: xerostomia, stipsi, ritenzione urinaria 5.Inibitori della ricaptazione di DA e NA (NDRI): Bupropione Impieghi terapeutici In aggiunta a SSRI per potenziare l’azione terapeutica o per controllare la disfunzione sessuale, nella disassuefazione da fumo, nell’ADHD Effetti collaterali: agitazione, insonnia, nausea, convulsioni 6. Inibitori della ricaptazione della serotonina e nora (SNRI): VANLAFAXINA Profilo terapeutico A basse dosi: blocco ricaptazione solo ST: risulta simile agli SSRI A dosi intermedie: blocco ricaptazione di ST e di NA: viene impiegata nella depressione melanconica, severa e resistente agli altri AD, soprattutto se con aspetti sintomatologici di ipersonnia, aumento di peso ed atipicità A dosi elevate: blocco ricaptazione di ST, NA e DA: come sopra, ma occorre prestare attenzione in pazienti con agitazione, ansia, panico, insonnia, ipertensione arteriosa Indicazioni: depressione melanconica severa o resistente Controindicazioni: agitazione, ansia, panico, ipertensione grave Effetti collaterali: A basse dosi: simili agli SSRI: nausea, agitazione, disfunzioni sessuali, insonnia, rischio di sanguinamento; rischio di sindrome serotoninergica A dosi medio alte: si aggiungono ipertensione arteriosa, insonnia severa, agitazione severa, cefalea 7. Farmaci con meccanismo complesso (NaSSA): mirtazapina Profilo recettoriale Blocco alfa‐2 presinaptici Blocco inibitori serotoninergici presinaptici Stimolazione 5HT‐1A: ansiolisi, effetti antidepressivi Blocco 5HT‐2A: ansiolisi, miglioramento del sonno, assenza di disfunzioni sessuali Blocco 5HT‐2C: ansiolisi, aumento del peso Blocco 5HT‐3: assenza di problemi GI e nausea Stimolazione H1: ansiolisi, sedazione, aumento di peso, sonnolenza Vantaggi: scarsi effetti serotoninergici ed assenza di disfunzioni sessuali Svantaggi: effetti antistaminici (sedazione ed aumento di peso sono i principali effetti collaterali) Indicazioni Depressione associata ad ansi, agitazione ed insonnia (uso serale) In associazione agli SSRI per controllare disfunzioni sessuali, nausea, disturbi GI, resistenza all’effetto antidepressivo degli SSRI WWW.SUNHOPE.IT E' una sindrome la cui caratteristica principale è rappresentata da cambiamenti del tono dell’umore in senso patologico. Può insorgere a ciel sereno ed a seguito di episodi precipitanti. Ha una componente biologica più importante rispetto alla depressione maggiore. Personaggi illustri quali Beethoven, Lord Byron, Winston Churchill, Napoleone Bonaparte, Vincent van Gogh e Jeff Bucley ne avrebbero sofferto. epidemiologia Ha una insorgenza più precoce della depressione (I: 18 anni, II: 22 anni): i casi infantili sono in aumento. L'incidenza è leggermente maggiore nelle femmine, soprattutto nella forma II ed è più frequente fra classi sociali più elevate, paesi industrializzati e single Caratteristiche dei cambiamenti dell’umore Non prevedibili: frequentemente fluttuanti, ma senza la presenza di evidenti fattori precipitanti Incontrollabili: le risposte emozionali sono reazioni inappropriate rispetto agli eventi Prolungati Estremi: stati d’animo “alti” o “bassi” Eccessivi Accompagnati da altri cambiamenti associati nei pensieri, nel modo di comportarsi ed anche nei sistemi biologici, con compromissione del funzionamento giornaliero Sconvolgenti il modo di vivere Quadri 1. Disturbo bipolare I: depressione + mania 2. Disturbo bipolare II: depressione + ipomania 3. Disturbi misti: compresenza di sintomi depressivi e maniacali 4. Ciclotimia: stato dell’umore instabile, con alti e bassi di intensità inferiore a quella del disturbo bipolare Ipotesi eziopatogenetiche Fattori genetici: più definiti rispetto alla depressione maggiore, e nella forma I piuttosto che nella II Fattori biologici Neurochimici: alterazioni dei sistemi ST, NA e DA Neuroendocrini: correlazione con cortisolemia Immunitari: fenomeni autoimmunitari Alterazione dei ritmi biologici Kindling: stimolazione sottosoglia ripetuta di neuroni di strutture limbiche Fattori ambientali Stress psicosociali o lavorativi Lutti, abusi, perdite affettive Presenta un decorso episodico, poco influenzato da eventi esterni. Ha elevata familiarità (fino al 50%) e ha una risposta favorevole a farmaci stabilizzanti dell’umore 1. Mania‐‐>nel disturbo bipolare I 2.Ipomania‐‐> nel disturbo bipolare II La mania è una condizione patologica, per certi versi opposta all’episodio depressivo, che si riscontra tipicamente nel disturbo bipolare, ma che può presentarsi anche in altre condizioni, quali la schizofrenia e l’assunzione di alcol e droghe. Nel disturbo bipolare possono riscontrarsi da una a poche fasi maniacali durante l’anno: nei casi gravi risulta necessario il ricovero, dato il potenziale pericolo per sé e per gli altri. Quadro clinico Tipicamente risulta caratterizzata da: Elevazione del tono dell’umore: è estremamente instabile, basta cioè un modesto stimolo stressante esterno perché subentrino rabbia, irritabilità, aggressività o profonda tristezza, fluttuazioni solitamente di breve durata, con ritorno, nel giro di minuti od ore, alla precedente condizione di euforia Disforia: il soggetto è volubile, polemico, scontroso, intollerante, aggressivo Incremento dell’attività motoria e dell’energia: la mimica e la gestualità sono vivaci, esagerate e mutevoli, l’abbigliamento appariscente, tono della voce elevato con logorrea e possibile fuga delle idee Aumento dell’autostima con idee di grandezza fino a deliri congrui od incongrui, anche a sfondo mistico Eccessivo ottimismo, tendenza a parlare più del solito, aggressività Assenza di freni inibitori: comportamenti sessuali sconvenienti, investimenti azzardati Incremento non finalizzato di hobbies ed attività lavorativa: ne deriva una perdita della capacità di raggiungere obiettivi prefissati, una forte diminuzione della produttività ed l’inizio di imprese azzardate ed impulsive (eccessi nello spendere, iniziative anche illegali) Alterazioni delle funzioni cognitive: deficit dell’attenzione e della concentrazione Diminuzione delle ore totali di sonno Aumento dell’appetito e del desiderio sessuale Eccessiva familiarità nell’approccio ad altre persone Nei casi gravi si osserva: Furia maniacale o crisi pantoclastia: si tratta di un comportamento molto bizzarro o molto aggressivo Ideazione suicidaria Stupor maniacale: è il progressivo offuscamento della coscienza con sintomi catatonici, blocco psichico ed arresto psicomotorio Diagnosi di episodio maniacale secondo il DSM 5 A. Un episodio definito di umore anormalmente e persistentemente elevato, espanso o irritabile e di aumentoanomalo e persistente dell'attività e dell'energia, della durata di almeno una settimana e presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni B. durante questo periodo ci devono essere tre o più dei seguenti sintomi: 1. autostima ipertrofica o grandiosità 2. diminuito bisogno di sonno 3. maggiore loquacità del solito 4. fuga delle idee 5. distraibilità 6. aumento dell'attività finalizzata o agitazione psicomotoria 7. eccessivo coinvolgimento in attività che hanno un alto potenziale di consegueze dannose C. L'alterazione dell'umore è sufficientemente grave da causare una marcata compromisione del funzionamento sociale o lavorativo o da richiedere l'osedalizzazione D. Lepisodio non è attribuibile ad una sostanza. WWW.SUNHOPE.IT È una condizione caratterizzata da modesta elevazione dell’umore, chiarezza e positività dei pensieri, incremento di energia e di attività, in genere senza compromissione della funzionalità socio lavorativa. È tipica del disturbo bipolare II, ma può essere indotta anche da farmaci e droghe: Che differenze ci sono con la mania??? Non ci sono sintomi psicotici e l'impatto sulla vita sociale e lavorativa è minore. Quadro clinico: Il paziente è allegro, vivace, assertivo, sicuro di sé, produttivo, instancabile, con limitate necessità di riposo, il giudizio di realtà è solo parzialmente compromesso, l’umore è instabile con comparsa di stati improvvisi di disforia ed irritabilità La sintomatologia è percepita come egosintonica: ne risulta una poco frequente richiesta d’aiuto Diagnosi di ipomania secondo il DSM 5 A. almeno 4 giorni con 3 o 4 tra: 1. Autostima ipertrofica 2. Logorrea 3. Ridotto bisogno di sonno 4. Fuga dalle idee, tanto che nemmeno il paziente riesce a seguirne il corso 5. Distraibilità e deficit di attenzione 6. Agitazione psicomotoria 7. Coinvolgimento in attività potenzialmente dannose e/o rischiose B. L'alterazione dell'umore e il cambiamento può essere osservato dagl altri C. L'apisodio non è così grave da causare una marcata compromissione del funzionamento sociale o lavorativo o da richiedere l'ospedalizzazione Stati misti Il quadro clinico risulta caratterizzato dalla contemporanea presenza di sintomi di entrambe le polarità del disturbo bipolare: i sintomi depressivi e maniacali persistono per un periodo sufficientemente lungo, senza però un chiaro orientamento verso uno dei due disturbi. Ma come si presenta la depressione nel disturbo bipolare??? Alterazioni prevalentemente comportamentali: apatia piuttosto che tristezza, anergia piuttosto che ansia, ipersonnia piuttosto che insonnia Maggior probabilità di sviluppare sintomi psicotici Significativa compromissione delle funzioni psicosociali Sia nel disturbo bipolare I che nel II, la struttura sintomatologica è dominata da sintomi depressivi, piuttosto che ipomaniacali, maniacali o misti: il soggetto affetto da disturbi bipolare passa la maggior parte del tempo di malattia con una sintomatologia depressiva conclamata o sottosoglia Il decorso può essere: Irregolare Depressione‐mania‐intervallo libero: l’intervallo libero tende a ridursi col tempo Mania‐depressione‐intervallo libero Continuo circolare a cicli lunghi senza intervallo libero: depressione in autunno e mania nei periodi estivi (influenza biologica‐bioritmica) Continuo circolare a cicli rapidi senza intervallo libero: sono frequentemente riscontrati in psichiatria forense, per le notevoli alterazioni comportamentali, e sono refrattari alla terapia con litio Terapia Farmacologica: farmaci stabilizzanti l’umore Litio Valproato, carbamazepina, lamotrigina Clozapina, olanzapina, quetiapina Psicoterapica: In associazione alla terapia farmacologica, terapie cognitivo‐comportamentali e di gruppo possono essere d’aiuto. Inoltre, i problemi psicosociali influenzano l’andamento del disturbo, favorendo una scarsa compliance alla terapia, nuove ricadute e la cronicizzazione. La psicoterapia, di conseguenza, ha l’importante compito di guidare il paziente nell’adattamento e nell’accettazione della malattia e di cercare di risolvere i problemi esistenziali non correlati strettamente al disturbo Approccio psicoeducativo: fornisce al paziente informazioni circa la malattia Psicoterapia dei ritmi sociali (anche dei bioritmi, come quello sonno‐veglia) Rischio di double depressione: è il passaggio da una forma minore ad una maggiore di depressione Stabilizzatori del tono dell’umore FARMACI Gli stabilizzatori del tono dell’umore rappresentano una classe di farmaci estremamente eterogenei, che presenta come caratteristica farmacologica principale e comune quella di essere efficaci nel trattamento della fase acuta maniacale e nella profilassi del disturbo bipolare: Litio Antiepilettici: carbamazepina, oxcarbamazepina Ca‐antagonisti: nimodipina, verapamil Antipsicotici BDZ Clonidina acido valproico, lamotrigina, gabapentina, topiramato, Caratteristiche del disturbo bipolari implicate nella scelta terapeutica Stadio della mania I: è caratterizzato da elevazione dell’umore riferita come allegria e contentezza, che può sfociare in esaltazione od in irritabilità se il paziente è contrastato dall’ambiente. Comunque, il quadro risulta in aumento dell’attività, espansività interpersonale, vivacità dell’ideazione e diminuzione del fabbisogno di sonno (questo, secondo il DSM‐IV, è il quadro dell’ipomania) o II: è caratterizzato da umore labile con repentini mutamenti, viraggio dell’irritabilità in ostilità e rabbia, iperattività motoria con ulteriore riduzione del fabbisogno di sonno, idee di grandiosità, fuga dalle idee, logorrea, facile distraibilità, comportamento economicamente e sessualmente sconveniente (questo, secondo il DSM, è il quadro della mania) o III: è caratterizzato dalla presenza di sintomi psicotici conclamati, confusione, insofferenza, agitazione ed insonnia marcata Stati misti: sono caratterizzati dalla presenza contemporanea di sintomi maniacali e depressivi per almeno una settimana. La mania disforica si riferisce, invece, ad una labilità del tono dell’umore con rapide successioni di emozioni contrastanti: a logorrea, agitazione motoria, grandiosità ed ipersessualità, si accompagnano e/o succedono manifestazioni di pianto, disperazione, pensieri e minacce di suicidio. Questi stati rispondono alle terapie antimaniacali, mentre l’uso di antidepressivi è sconsigliato Frequenza e sequenza degli episodi affettivi Frequenza Più di 4 episodi affettivi in un anno: è tipico del decorso a cicli rapidi, scarsamente responsivo al litio Più di 3 episodi dall’inizio delle malattia: questi casi hanno prognosi peggiore Sequenza Mania‐depressione‐intervallo libero: è il disturbo bipolare I, caratterizzato da depressione lieve e miglior risposta al litio Depressione‐(ipo)mania‐intervallo libero: è il disturbo bipolare di tipo II, caratterizzato da depressione marcata e risposta più incerta al litio Assenza di intervalli liberi normotimici: vi è un decorso circolare a cicli lenti (di lunga durata) od a cicli rapidi (di breve durata). Gli AD possono caratteristicamente accelerare i cicli di malattia Predisposizione temperamentale Il temperamento è lo stile innato del comportamento, indipendente dai contenuti cognitivi e motivazionali, legato verosimilmente a precisi correlati neurobiologici. Il temperamento bipolare è caratterizzato da elevati livelli di emotività, energia e socievolezza, con instabilità emotiva e labilità dell’umore La presenza di questi tratti di bipolarità è un’indicazione all’uso degli stabilizzanti dell’umore ed all’esclusione degli AD Comorbidità per abuso di sostanze o Comunque, il trattamento farmacologico, pur rappresentando la terapia di scelta, va supportato da una serie di interventi psicosociali strutturati. WWW.SUNHOPE.IT o Nel 60% dei pazienti o Gli effetti delle sostanze d’abuso possono simulare un episodio depressivo o maniacale o Maggior resistenza al trattamento farmacologico o Riduzione della compliance o Aumentato rischio di suicidio LITIO Farmacodinamica Il litio è un catione monovalente, presente in natura, ma on nel corpo umano. Quindi non è cje io posso andare a dosare il litio per vedere se la concentrazione è ridotta a causa della malattia, ma lo doso per vedere il trattamento [range normale 0,45 mEq/L‐0,85]. Ancora oggi il meccanismo d'azione resta dubbio. Forse inibisce la pompa Na+/K+ ATPasi, forse interferisce con i ritmi circadiani, modula l'attività della serotonina , dopamina e noradrenalina (in quest'ultimo caso inibendo l'adenilato ciclasi associato ai recettori beta, avendo, di conseguenza, un'azione antifiuretica ed antitiroidea). In ultimo potrebbe interferire con i meccanismi post‐recettoriali. Farmacocinetica Preparazioni: Convenzionali: viene usato sotto forma di litio carbonato (più utilizzato), ma anche citrato, solfato, aspartato, glutammato Retard: solfato Liquida (non in uso in Italia, ma si può trovare in Vaticano) Assorbimento GI abbastanza rapido (4‐6 ore) e completo Picco ematico: 2‐4 ore per le preparazioni convenzionali, 4‐12 per quelle retard Emivita: 10‐24 ore Steady state: 2‐5 giorni Essendo uno ione, non si lega alle proteine epatiche, né viene metabolizzato a livello epatico Eliminazione: Renale (95%), attraverso feci (1%), sudore )=> in estate aumentare le dosi) e saliva, anche nel latte Riassorbimento dell’80% nel tubulo prossimale in competizione col Na, con perdita di K Effetti collaterali Gli effetti collaterali, presenti nel 65‐90% dei soggetti trattati e legati in genere ai picchi plasmatici, condizionano la compliance Livelli terapeutici: il litio è praticamente l’unico tra gli psicofarmaci di cui è stato definito il range terapeutico: 0,6‐1,2 mEq/L. L’indice terapeutico, comunque, è piuttosto basso ed i sintomi possono comparire già a livelli di poco superiori di quelli terapeutici Renali Sono quelli che necessitano di maggior attenzione e, più frequentemente, possono determinare l’interruzione del trattamento Sindrome Poliuria‐polidipsia (50%): dovuta ad inibizione dell’AC ADH‐dipendente ed in solitamente lieve e transitoria. Talvolta, tuttavia, può essere persistente ed accompagnarsi a Nefropatia tubulo‐interstiziale (12‐20%): si accompagna in genere a poliuria persistente. Se si associa a riduzione delle clearance della creatinina minore di 65 mL/min, occorre sospendere il litio Sindrome nefrosica ed insufficienza renale in caso di intossicazione e di trattamento prolungato WWW.SUNHOPE.IT Trattamento: Somministrazione di litio in dose unica serale: i più bassi livelli ematici giornalieri consentirebbero un parziale recupero dell’attività dell’adenilato ciclasi Riduzione del dosaggio di litio Spironolattone: blocca la diffusione del litio nell’epitelio tubulare sensibile all’ADH Diuretici tiazidici Neurologici Tremore (30‐70%): è un tremore fine alle mani, accentuato sia dai movimenti volontari che dalla postura (nonché da ansia e caffeina), e va differenziato da quello a grandi scosse proprio dell’intossicazione da litio. Si cura con la riduzione della dose, il passaggio a formulazione retard, l’eliminazione dell’utilizzo di caffè, l’utilizzo di BDZ o beta‐bloccanti Sintomi extrapiramidali (EPS): rigidità, discinesie, soprattutto se in associazione con neurolettici Riduzione coordinazione motoria Convulsioni (rare): soprattutto di tipo grande male Neuropsicologici: rallentamento psichico, difficoltà di concentrazione e di memoria, deficit cognitivi Endocrino‐metabolici Aumento di peso (11‐65%)dovuto a: introduzione di liquidi ad elevato contenuto calorico per la polidpsia, aumento dell'appetito e riduzione metabolismo energetico, aumento del legame proteico dell’insulina con diminuzione della sua azione e conseguenti effetti anabolizzanti Terapia Ridurre l’introito calorico: attenzione comunque all’introito di acqua e sale! Gozzo eutiroideo (4‐12%) od ipotiroidismo franco (5‐30%): più frequente nelle donne, si accompagna ad aumento dei livelli di TSH e degli Ab antitiroidei E' dovuto a: diminuito rilascio di T3 e T4, interferenza nella captazione dello iodio, interferenza con le varie tappe della via biosintetica della tiroxina, inibizione dell’AC TSH‐sensibile Terapia: tiroxina Iperparatiroidismo: si manifesta con aumento dei livelli ematici di PTH, Ca e Mg senza segni clinici Gastrointestinali Diarrea (si cura con riduzione della dose ed uso di preparati non a lento rilascio), sapore metallico, gastralgia Cardiovascolari Appiattimento od inversione dose‐dipendente dell’onda T, disturbi del ritmo Cutanei Psoriasi (soprattutto esacerbazione), rash maculo‐papulari aspecifici nella fase iniziale di malattia Sessuali: riduzione della libido, della potenza sessuale e della fertilità nell’uomo Leucocitosi neutrofila benigna: può mascherare l’agranulocitosi da clozapina Tossicità da sovradosaggio Intossicazione lieve: livelli ematici 1,5‐2,5 mEq/L: tremori grossolani alle mani, vomito, diarrea, confusione mentale, disartria, visione offuscata, astenia Intossicazione grave: livelli ematici superiori a 2,5 mEq/L: compromissione della coscienza fino al coma, convulsioni, fascicolazioni muscolari, disturbi del ritmo cardiaco, IRA Condizioni predisponenti Malattie che comportano una ridotta funzionalità renale Impiego di diuretici sodio‐depletivi (tiazidici, ACE‐inibitori, FANS) Condizioni che determinano la perdita di liquidi ed elettroliti: vomito, diarrea, dieta iposodica, febbre son sudorazione eccessiva Trattamento Lavanda gastrica od irrigazione del tubo GI con polietilenglicole Ripristino del bilancio idrosalino Rimozione del farmaco con emodialisi o diuresi forzata in pazienti con intossicazione lieve e normale funzionalità renale Interazioni farmacologiche L’impiego di diuretici sodio‐depletivi (ACE‐inibitori, diuretici tiazidici, diuretici dell’ansa e risparmiatori di K) e di altri farmaci quali i FANS e alcuni antibiotici (eritromicina, metronidazolo, spectinomicina, tetraciclina) può determinare un aumento dei livelli plasmatici del litio, con conseguente rischio di tossicità L’uso di antipsicotici, ATC, SSRI ed anticonvulsivanti può determinare un aumento della neurotossicità Teofillina, aminofillina e caffeina diminuiscono i livelli di litio Il litio può potenziare l’effetto dei farmaci che alterano la conduzione a livello del nodo del seno (clonidina, digossina) e prolungare l’effetto di vari bloccanti neuromuscolari usati nella preparazione ad interventi chirurgici (succinilcolina, pancuronio) Indicazioni terapeutiche Psichiatriche o Necessità di monitoraggio Giornaliero per la prima settimana Poi 1 volta a settimana per il primo, ogni mese per i mesi successevi, ogni 3‐4 mesi se la situazione si stabilizza Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare) ▪ Latenza: 7‐10 giorni ▪ Impiego: Stadio I: da solo od in associazione a BDZ Stadio II e III: in associazione con antipsicotici o Profilassi delle recidive maniacali o depressive nel disturbo bipolare: vi è una difficoltà nella valutazione della risposta terapeutica, determinata da irregolarità ed imprevedibilità del disturbo bipolare, interferenza di fattori psicosociali, inadeguata esposizione del paziente al farmaco Prevenzione delle recidive depressive nei pazienti con depressione ricorrente Aumento incidenza di malformazioni in neonati esposti al litio durante la o Trattamento delle forme depressive resistenti agli AD, in associazione al farmaco utilizzato gravidanza: coinvolgono soprattutto l’apparato cardiovascolare, in particolare con o Trattamento degli episodi depressivi, soprattutto nei pazienti bipolari anomalia di Ebstein (difetto di impianto della valvola tricuspide). Bisognerebbe quindi o Altro: alcolismo, tossicodipendenza, DCA, DOC o Uso in condizioni a rischio Uso in gravidanza e durante l’allattamento evitarsi il litio soprattutto nel primo trimestre di gravidanza Neurologia: cefalea a grappolo Modificazioni farmacologiche Altro ▪ ▪ Aumento della clearance durante la gravidanza: ne o Sindromi leucopeniche idiopatiche o da farmaci (zidovudina nell’AIDS) consegue necessità di aumento della dose o Ipertiroidismo Diminuzione della clearance dopo il parto: bisogna È opportuno aggiungere alcune considerazioni riguardo l’impiego del litio: sospendere la terapia al momento del parto Fattori responsabili di scarsa compliance Vissuto di ridotta energia, intraprendenza e produttività connesso con la stabilizzazione del tono dell’umore Convinzione di essere guarito Convinzione che la terapia sia inefficace Fastidio per l’assunzione quotidiana del farmaco Rifiuto del ruolo di malato mentale cronico Intolleranza agli effetti collaterali Influenza dei mass‐media Interazioni col medico Passaggio del litio nel latte materno ▪ I lattanti vanno facilmente incontro a disidratazione per la poliuria ▪ Non sono ancora noti gli effetti del litio durante l’accrescimento Uso in pazienti con patologie organiche e nell’anziano o IRA: controindicazione assoluto o IRC: bisogna ridurre la dose, monitorare frequentemente i valori plasmatici e prevenire eventuali altri fattori di rischio per l’intossicazione quindi dimezzare la dose una settimana prima del parto e o Alterazioni della conduzione cardiaca: occorrono frequenti monitoraggi ematici ed ECG o Anziano: la fisiologica riduzione della filtrazione glomerulare impone una riduzione della dose, accompagnata da frequenti monitoraggi plasmatici WWW.SUNHOPE.IT Modalità di trattamento Da attivarsi dopo il secondo episodio affettivo I livelli di litemia dovrebbero esser compresi tra 0,5‐0,8 mEq/L Ogni 6 mesi occorre monitorare la funzionalità renale, tiroidea e cardiaca Se, nel corso della terapia, emerge ipomania, occorre aumentare la dose fino a livelli tollerabili ed aggiungere una BDZ od un antipsicotico; se inefficaci, bisogna aggiungere un altro stabilizzatore Attenzione alla sospensione brusca per alto rischio di recidive ed induzione di refrattarietà al trattamento Patterns di risposta Risposta completa Risposta incompleta: si ha una riduzione di almeno il 50% della morbilità annuale (numero di giorni di malattia) rispetto ai due anni precedenti Non‐risposta tardiva: si ha la ricomparsa di episodi con la stessa frequenza, durata ed intensità dopo vari anni di benessere per: ▪ Assuefazione o tolleranza ▪ Competizione tra farmaci e malattia ▪ Refrattarietà da sospensione Effetti collaterali La carbamazepina presenta, in genere, una buona tollerabilità, con effetti collaterali, dose‐correlati e transitori, presenti in circa il 33‐50% dei casi: Neurologici: astenia, visione offuscata, nausea, vertigini, cefalea, diplopia Ematologici: leucopenia transitoria, anemia aplastica, agranulocitosi, trombocitopenia Endocrino‐metabolici CARBAMAZEPINA Farmacodinamica Il meccanismo d’azione della carbamazepina, farmaco da tempo utilizzato anche come anticonvulsivante ed antinocicettivo, è tuttora poco conosciuto. Comunque, tale composto sarebbe in grado di determinare un prolungamento della fase di inattivazione dei canali ionici, in particolare quelli del K e del Ca, con conseguente aumento della soglia di eccitazione neuronale, ed un incremento dell’azione inibitoria del GABA. Aumento di colesterolo totale, LDL ed HDL Epatici e GI o Aumento transitorio delle transaminasi o Epatite acuta con necrosi cellulare ed epatite granulomatosa con colestasi (rara) o Nausea, vomito, diarrea, pancreatite Cutanei o Rash cutanei aspecifici o Reazioni da ipersensibilità con febbre, adenosplenomegalia, miocardite e nefrite interstiziale o Dermatite esfoliativa ed alopecia Effetti idiosincrasici gravi (rari): agranulocitosi, anemia aplastica, scompenso epatico, dermatite esfoliativa, sinrome di Lyell o di Steven‐Johnson pancreatite Aumento di rischio di neurotossicità per associazione con litio od altri antipsicotici Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare): la carbamazepina ha dimostrato un’efficacia sostanzialmente sovrapponibile al litio (ed un’azione antimaniacale più WWW.SUNHOPE.IT Aumento del cortisolo o Azione inducente sul CYP: riduzione livelli ematici di aloperidolo, clozapina, imipramina, desipramina, nortriptilina, valproato di sodio, contraccettivi orali Associazione con farmaci inibitori del CYP: aumento dei livelli di carbamazepina: SSRI, sodio valproato, Ca‐ antagonisti Diminuzione dei livelli di carbamazepina per associazione con altri antiepilettici Indicazioni o Tossicità da sovradosaggio In genere il sovradosaggio è a scopo suicidario. Sono presenti nistagmo, midriasi, oftalmoplegia, EPS, segni cerebellari, compromissione della coscienza fino al coma, convulsioni, mioclonie, depressione respiratoria La Terapia si avvale si lavaggio gastrico, emoperfusione, sostegno di funzioni vitali Impiego in gravidanza: Causa spina bifida ed altre malformazioni del tubo neurale, anomalie cranio‐facciali e ritardo dello sviluppo fetale, carenza di vitamina K con rischio di sanguinamento=> somministrazione di vitamina K nell’ultimo mese di gravidanza e nel neonato Interazioni farmacologiche‐> la cbz è un iduttore metabolico o Iponatremia: è secondaria all’azione antidiuretica del farmaco ed accompagnata a cefalea, nausea e vertigini Diminuzione di T3 e T4: l’ipotiroidismo franco, comunque, è raro o Farmacocinetica E' un composto triciclico, simile ad imipramina e clorimipramina. E' presente in una formulazione pronta o slow‐release ▪ Assorbimento GI lento e variabile ▪ Picco plasmatico: 4‐8 ore (ma anche fino a 24 ore) ▪ Emivita: 10‐56 ore (media 35 ore, si riduce nel tempo per l’autoinduzione, vedi dopo) ▪ Elevata lipofilia ▪ Steady‐state: 2‐4 giorni ▪ Legame proteico: 75% Effetto rilevante di autoinduzione del proprio metabolismo, persistente anche per alcuni mesi Metabolita attivo (10,11 epossido), trasformato in composti inattivi tramite glucuronazione Eliminazione: renale (70%), fecale (30%) rapida), proponendosi come una valida alternativa al carbonato di litio ed ai neurolettici nel caso di mancanza di efficacia od intolleranza ai suddetti farmaci Profilassi del disturbo bipolare: la sua efficacia è stata dimostrata solo in pochi studi e prevalentemente nei rapidi ciclizzatori e negli stadi misti. Comunque, nella profilassi è considerata di seconda scelta e richiede un monitoraggio dell’emocromo e della funzionalità epatica ogni 6 mesi ACIDO VALPROICO Interazioni farmacologiche‐‐> IL VALPROATO E' UN INIBITORE METABOLICO Farmacodinamica Gli effetti di tipo anticonvulsivante e stabilizzante il tono dell’umore sarebbero dovuti principalemente ad un potenziamento della trasmissione GABAergica (diminuzione del turnover ed aumento della sintesi e del rilascio di GABA) ed ad un’azione di inibizione esercitata sul glutammato. Inoltre, il valproato, sembrerebbe avere anche un’azione diretta di stablizzazione delle membrane neuronali con conseguente innalzamento della soglia di eccitabilità attraverso un blocco dei canali ionici, in particolare quelli del CA e del Na. Farmacocinetica È un derivato dell’acido carbossilico, disponibile come sale del Na o del Mg, trasformato nello stomaco in acido valproico, con un picco ematico influenzato dal cibo: 1‐3 ore a stomaco vuoto, 5 ore a stomaco pieno Somministrazione orale, come compressa o come sospensione granulare Emivita: 5‐20 ore Legame proteico: 75% Metabolismo: idrossilazione ed ossidazione con metaboliti attivi a lunga emivita e glucuronazione Eliminazione: con urine e feci (97%) Indicazioni Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare): come per la carbamazepina, viene indicata una maggior efficacia negli “stati misti” e nei pazienti a “rapida ciclicità”. Inoltre, il valproato di sodio deve essere considerato una valida alternativa al litio nei pazienti intolleranti od in quelli in cui tale farmaco è controindicato. Profilassi delle recidive maniacali o depressive nei disturbi bipolari: è considerato, in questi casi, un farmaco di seconda scelta Effetti collaterali Gastrointestinali ed epatici o Disturbi aspecifici: nausea, vomito, anoressia, dispepsia, aumento lieve e transitorio delle transaminasi: si verificano frequentemente e sono in genere lievi e transitori Reazioni idiosincrasiche: epatite acuta fulminante, pancreatite acuta emorragica: si verificano raramente e sono gravi Neuropsicologici: tremore dose‐dipendente, sonnolenza, irritabilità, deficit cognitivi Ematologici: trombocitopenia e leucopenia, inibizione dell’aggregazione piastrinica, agranulocitosi Altri: alopecia, aumento dell’appetito, alterazioni mestruali, riduzione della fertilità maschile Tossicità da sovradosaggio: raramente mortale, si manifesta con sonnolenza, blocco della conduzione cardiaca, edema cerebrale e coma e si cura con emodialisi ed emoperfusione Impiego in gravidanza: il valproato è uno dei farmaci maggiormente teratogeni nell’uomo. Il suo impiego nel primo trimestre di gravidanza si associa, infatti, a specifiche anomalie del tubo neurale (spina bifida). Il suo impiego è stato, inoltre, associato ad anomalie scheletriche (aracnodattilia, polidattilia, assenza o trifalangismo del pollice, anomali cranio‐facciali). I sintomi da tossicità neonatale sono, invece, diminuzione del ritmo cardiaco, epatotossicità ed ipoglicemia, con maggior probabilità di ritardo nello sviluppo cognitivo e di un più basso QI. WWW.SUNHOPE.IT o il valproato può rallentare il metabolismo, per riduzione dei processi di idrossilazione, e quindi aumentare i livelli plasmatici di vari farmaci: fenobarbital, difeniladantoina, ATC il metabolismo del valproato può, a sua volta, esser aumentato, con riduzione dei suoi livelli plasmatici, da alcuni farmaci quali la carbamazepina, e ridotto, con aumento dei suoi livelli plasmatici, da altri, quali la fluoxetina infine, l’ASA è in grado di aumentarne le concentrazioni plasmatiche della quota libera di valproato di sodio, spiazzandolo dai suoi siti di legame con le proteine plasmatiche LAMOTRIGINA Farmacodinamica La lamotrigina è un farmaco di comune impiego nel trattamento dei disturbi epilettici, recentemente dimostratosi efficace nel trattamento a breve termine e di profilassi della depressione bipolare (queste sono quindi le indicazioni). È in grado sia di bloccare i canali del Na con conseguente aumento della soglia di eccitabilità neuronale ed sia di esercitare un’azione di inibizione del glutammato Farmacocinetica: è importante considerare il suo metabolismo, che consiste in una glucuronazione, indotta da carbamazepina ed estroprogestinici, inibita dall’acido valproico (quindi l’associazione con acido valproico è considerata molto a rischio di reazioni sistemiche gravi) Effetti collaterali: Rash cutanei, sonnolenza, tremore, cefalea, nausea, vomito Reazioni da ipersensibilità: febbre, artralgia, linfoadenopatie, epatomegalia ed eosinofilia Reazioni cutanee gravi: sindrome di Lyell e di Steven‐Johnson Tossicità da sovradosaggio: febbre, linfadenopatia, edema facciale, rash cutaneo, epatite, IRA Rischio teratogeno in gravidanza TOPIRAMATO Meccanismo d’azione: potenzia l’azione del GABA e riduce quella del glutammato Farmacocinetica: ha un’emivita di 21 ore ed un metabolismo indotto da carbamazepina. Inibisce il CYP2C19, interferendo col metabolismo della fenitoina (in farmaco infatti c'è scritto che non modifica le concentrazioni degli altri antiepilettici eccetto della fenitoina). Effetti collaterali: sonnolenza, cefalea, astenia, parestesie, calcoli renali, riduzione del peso corporeo GABAPENTINA Meccanismo d’azione: è un analogo del GABA, ma in realtà agisce come inibitore degli enzimi di degradazione del GABA Farmacocinetica: viene escreto dal rene senza essere metabolizzato, quindi risulta privo di interazioni con altri farmaci Effetti collaterali: sonnolenza, cefalea, nausea, vomito ALTRI I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una grave alterazione del comportamento alimentare non causata da malattie di competenza internistica o chirurgica. Costituiscono un problema sociosanitario molto importante, ed in aumento, per tutti i paesi sviluppati , con netta prevalenza per il sesso femminile (6:1). Sono in frequente comorbidità con altri disturbi psichiatrici, come depressione, abuso di sostanze e disturbi d’ansia e hanno frequenti complicanze fisiche. Il rischio di morte è 12 volte maggiore rispetto a soggetti sani confrontabili per età. L’esordio è solitamente intorno ai 14‐18 anni, ma comunque è sempre possibile, non hanno predilezione per alcun ceto sociale, ma possono essere incrementate da alcune attività fisiche‐sportive come body building, lotta, canoa, nuoto (nei maschi), danza (nelle femmine). La prevalenza delle sindromi subcliniche sia circa 5 volte maggiore rispetto a quella delle sindrome complete: i soggetti con sindrome parziale o subclinica presentano un consistente grado di psicopatologia, per cui necessitano di attenzione clinica, anche in previsione della possibile evoluzione nel corso dei disturbi alimentari. Di conseguenza, è meglio eccedere in attenzione e prudenza, prestando maggior attenzione a questi casi. Antipsicotici ▪ Tipici Impiego nella terapia della mania acuta (stadi II e III) in associazione con litio Controllo delle manifestazioni psicotiche e dell’agitazione motoria entro 2‐3 giorni Dosaggi variabili a seconda dei casi Controindicati nella terapia a lungo termine per induzione di stati depressivi e di effetti extrapiramidali ▪ Atipici: il loro impiego nella terapia a lungo termine è suggerito per l’azione antidepressiva o stabilizzante e per l’assenza di effetti extrapiramidali Antidepressivi: il loro utilizzo è associato al rischio di induzione e/o accentuazione dei cicli affettivi La classificazione del DSM5 distingue: 1.Anoressia nervosa (F 0,9%, M 0,3%) 2.Bulimia nervosa (F 1,5%, M 0,5%) 3.Binge eating (alimentazione incontrollata) (F 3,5% ,M 2%) 4. pica 5. disturbo di ruminazione 6. avoidant/ restrictive food intake disorder 7. altri specifici disturbi della nutrizione e alimentazione 8. disturbi della nutrizione e dell’alimentazione non specificati (Nel DSM4 c’erano solo i primi 3 più i disturbi non specificati, che raggruppava tutti quei casi che non arrivano a soddisfare i criteri per anoressia e bulimia) Sono disturbi ad eziologia complessa, alla cui base c’è interazione tra fattori genetici e ambientali. Ci sono caratteristiche della personalità che predispongono allo sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare come la scarsa autostima, l’incapacità a riconoscere e distinguere le emozioni, la tendenza al perfezionismo. Trattamento dell’episodio depressivo in corso di disturbo bipolare È molto delicato, in quanto qualsiasi farmaco psicoanalettico può portare un viraggio verso la fase maniacale. Il bupropione e la venlafaxina sarebbero i farmaci di prima scelta. Il trattamento antidepressivo va effettuato al minimo dosaggio efficace e la terapia sbailizzante a base di litio, anticonvulsivanti ed eventualmente un antipsicotico atipico mantenuta.. La lamotrigina è efficace nella prevenzione delle ricadute depressive. Negli USA è in commercio un’associazione di olanzapina e fluoxetina. WWW.SUNHOPE.IT Fattori di rischio : Genetici: è ipotizzata un’alterazione del recettore 5HT2A, tipicamente alterato durante la pubertà Biologici: gli ormoni GI svolgono un ruolo importante nella regolazione neuroendocrina dell’ingestione del cibo e del senso di sazietà. La grelina stimola l’appetito: un suo incorretto funzionamento potrebbe causare, oltre che obesità, anche anoressia nervosa. Inoltre, anche ormoni tiroidei e leptina, ormone che controlla il peso corporeo, sembrano giocare un ruolo Psicologici: Esistono vari fattori di rischio: desiderio di raggiungere un certo standard estetico, difficoltà ad adattarsi a cambiamenti ed eventi stressanti, condizione familiare precaria o condizione di separazione, fallimenti amorosi, difficoltà scolastiche o lavorative, lutti od incidenti, abusi sessuali o fisici. Processo importante nel mantenimento del disturbo è la dismorfofobia: tali persone non solo non sono soddisfatte del loro aspetto, ma non riescono ad osservarlo e percepirlo con obiettività e lo vedono distorto e peggiore della realtà. Inoltre, il soggetto vive uno stato di ansia e depressione in relazione alla situazione, che lo porta a digiunare: la malnutrizione facilita a sua volta uno stato di disforia nell’individuo, intensificando la sua depressione. Psichiatrici: all’origine dell’anoressia vi sarebbe una pregressa positività psichiatrica, in particolare DOC, soprattutto nelle forme compulsive Sociologici: di comunicazione e di relazione familiare: in questi casi l’anoressia sarebbe una sorta di “comunicazione senza parole” del disagio psicologico della persona. Altri contesti sono il contesto di amici, sportivo o lavorativo ipercompetitivo. Fattori di rischio alla nascita: Complicanze perinatali (le stesse per pazienti schizofrenici):Anemia, diabete, preeclampsia durante la gravidanza, Problemi cardiaci neonatali,iporeattività neonatale, Basso peso neonatale: nella BN aumenta il rischio di depressione, obesità e malattie alimentari, Difficoltà alimentari precoci. Cefaloematoma, cioè un’emorragia a livello del cervello dei neonati, da cui potrebbe nascere un danneggiamento permanente dell’encefalo. Parto pretermine: vi sono molte manifestazioni, correlate ad una nascita anticipata, come il ritardo conoscitivo, che possono influenzare i problemi del comportamento, comprese le difficoltà legate all’assunzione di cibo. DCA e comorbilità psichiatriche. L’associazione casuale è improbabile. Il digiuno protratto e la malnutrizione, anche in soggetti sani, producono una sequela di sintomi e alterazioni della personalità, caratterizzate da disforia ed instabilità dell’umore, ansia, impulsività, iperattività e ossessività. Tuttavia in molti pz in remissione permangono sintomi psichiatrici e disturbi di personalità. Numerosi studi convergono nell’individuazione di una comune vulnerabilità biologica di base tra DCA, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia:genetica, disfunzione serotoninergica, sistemi regolatori di impulsività e ricompensa, ruolo complesso del sistema neuroendocrino. DCA e gravidanza un ridotto peso corporeo o la presenza di DCA possono interferire con la possibilità di avere una gravidanza: tra le pazienti che richiedono un trattamento per l’infertilità e presentano irregolarità mestruali, l’incidenza di DCA è del 58%. Inoltre, un ridotto peso corporeo o la presenza di DCA aumentano il rischio di partorire un bambino sottopeso. Esami diagnostici o o o Eating attitudes test (EAT‐26): è un questionario composto da 26 domande, che serve a controllare i disturbi dovuti a dieta, preoccupazione per il cibo e disturbi del comportamento alimentare Eating disorder symptom severity scale (EDS3): serve a studiare la severità dei sintomi che accompagnano l’anoressia: la preoccupazione per l’immagine del proprio corpo, la paura d’ingrassare, l’ansia dovuta al cibo Eating disorder symptom impact scale (EDSIS): esamina nutrizione, comportamento della persona ed isolamento sociale Il termine “anoressia”, che letteralmente significa “mancanza di appetito” è fuorviante ed inappropriato, poiché le persone affette da questa sindrome in realtà vorrebbero mangiare, ma si rifiutano di farlo per paura di ingrassare e mettono in atto sforzi estremi per tenere sotto controllo la loro fame, in quanto ossessionati dall’idea di essere o diventare grassi. Questa paura è secondaria ad un’alterazione dell’immagine del proprio corpo, percepito come troppo grasso anche quando la condizione reale è di magrezza o di sottopeso. Le caratteristiche tipiche del disturbo anoressico secondo Brunch sono: Falsa percezione del proprio corpo Confusione circa le proprie sensazioni corporee Senso onnicomprensivo di incapacità Alla base dei disturbi dell’alimentazione (Il nucleo psicopatologico dell’alimentazione) c’è: 1) Disturbo dell’immagine corporea 2) Scarsa autostima 3) perfezionismo 1) L’IMMAGINE CORPOREA include percezione, immaginazione, emozione e sensazioni fisiche riguardanti il proprio corpo: essa non è statica, ma in continuo cambiamento in relazione ad umore, ambiente ed esperienza fisica; è molto più influenzata dall’autostima che da qualunque caratteristica estetica. La distorsione dell’immagine corporea rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza dei DCA e predice un esito sfavorevole a lungo termine. Può riflettere anomalie della percezione, della valutazione di sé od entrambe le cose, o essere una normale risposta ai cambiamenti improvvisi del corpo (es. amputazioni),o dovuta a malattie neurologiche o psichiatriche. L’influenza di fattori socioculturali sullo sviluppo dell’immagine corporea è spesso ritenuta responsabile della maggior prevalenza dei DCA tra le donne, in particolare nei paesi occidentali. L’esposizione alle immagini di corpi femminili proposte dai media ed il confronto tra la propria e l’altrui forma del corpo determinano insoddisfazione per il proprio corpo e stress emotivo. Infatti, le pazienti con anoressia, nonostante il basso peso corporeo, riportano elevati livelli di ansia alla vista di modelle magre . 2) SCARSA AUTOSTIMA :Numerosi studi sono stati condotti e dimostrano che molte delle pz affette da disturbi dell’alimentazione hanno scarsa autostima di se. 3) PERFEZIONISMO: altro criterio strettamente correlato e ampliamente dimostrato. Criteri diagnostici Criteri diagnostici ICD10 1.un peso corporeo che è almeno il 15% al di sotto di quello atteso in base all’età ed alla statura, o un indice di massa corporea di 17,5 o meno 2.la perdita di peso è autoindotta mediante l’evitamento di cibi grassi e uno di questi : vomito autoindotti, purghe autoindotte, esercizio eccessivo, uso di farmaci anoressizzanti o diuretici 3.E’ presente una distorsione dell’immagine corporea, sotto forma di una specifica psicopatologia per cui il terrore di diventare grasso persiste come un’idea prevalente È la magrezza causata da una comportamento alimentare volontariamente finalizzato alla perdita di peso od al mantenimento di un peso inferiore a quello normale. WWW.SUNHOPE.IT Criteri diagnostici secondo il DSM‐4: A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto). B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso. C. Ruolo eccessivo del peso e della figura fisica nel determinare l’autostima e/o distorione della percezione corporea D. Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni.) Criteri diagnostici DSM5 A. Limitazione dell’assunzione di cibo rispetto al fabbisogno calorico che porta al mantenimento di un peso corporeo significativamente basso per età, sesso, e salute fisica e per quanto previsto durante il periodo di crescita. Il peso significativamente basso è definito come un peso che è inferiore al minimo normale, o per i bambini e gli adolescenti , inferiore a quello minimo previsto B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso. C. Ruolo eccessivo del peso e della figura fisica nel determinare l’autostima e/o distorsione della percezione corporea Distinguiamo DUE TIPOLOGIE DI ANORESSIA: Con Restrizioni: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). L’alimentazione è ipocalorica e vengono evitati cibi grassi: un peso inferiore alla norma viene raggiunto con una stretta alimentazione e/o con un esercizio fisico strenuo Le ragazze affette dal tipo restrittivo hanno un rapporto migliore con la famiglia, soprattutto con la madre, ma la frequenza di disturbi mentali della madre è più frequente in pazienti con tipo restrittivo. In entrambi i casi si è riscontrata un’elevata percentuale di casi di abuso di alcol da parte del padre Negazione della fame e rituali alimentari: magiare i cibi in un certo ordine, masticazione eccessiva, attenzione alla disposizione dei cibi nel piatto Frequenti scuse per evitare gli orari dei pasti o le situazioni in cui si mangia Regime di esercizio fisico eccessivo e rigido, a dispetto di tempo, stanchezza, fatica, malattia Ritiro rispetto ad amici ed attività abituali Decorso 1. Episodio singolo: è un singolo periodo di vita con questo disturbo che si autorisolve. È infrequente 2. Episodio ricorrente con intervalli liberi 3. Cronico Prognosi Favorevole in 2/3 dei casi recentemente sottoposti a trattamento integrato. La frequenza di abbandono della terapia è comunque notevole Sfavorevole nel 40% dei casi Mortalità: 6‐20% dei casi (collasso cardiocircolatorio, aritmie) ‐suicidio: 2‐5% dei casi Diagnosi differenziale Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). Le persone affette dalla forma compulsiva sono state vittime, con maggior frequenza di abuso fisico o sessuale, spesso da parte del padre. Hanno una maggior tendenza all’abuso ed un rischio maggiore di suicidio In entrambi i casi si è riscontrata un’elevata percentuale di casi di abuso di alcol da parte del padre. Caratteristiche generali dell’anoressia: Sono stati trovati diverse caratteristiche comuni, come il possibile inizio in coincidenza di una dieta, cui consegue euforia per il calo ponderale raggiunto con rinforzo positivo nella lotta contro la fame ed ulteriore calo ponderale. Inizia in questa fase il disturbo dell’immagine corporea con negazione della malattia, la paziente sceglie cibi “non pericolosi”, ipocalorici, rispettando un’alimentazione rigida e stereotipata con deficit nutrizionali ed alterazioni organiche (amenorrea, disturbi cardiovascolari) Dato che il soggetto non si rende conto del proprio stato mentale, dovrebbero essere le persone vicine a preoccuparsi per lui. Vi sono, a loro ausilio, segni precoci, campanello d’allarme per questi disturbi: Notevole perdita di peso, in eccesso rispetto all’eventuale dieta Preoccupazione per peso, tipo di alimentazione, caloria, contenuto in grassi e dieta in generale Frequenti commenti ed ansia circa il sentirsi “grassi” od in sovrappeso nonostante la perdita di peso WWW.SUNHOPE.IT Ortoressia nervosa: è la ricerca di cibi più sani e semplici, spesso crudi. Nell’anoressia, invece, vi è il desiderio di provare cibi diversi dal solito e molto elaborati Anoressia riversa o bigoressia o dismorfia muscolare: in questo caso il soggetto cerca di aumentare la massa muscolare. Anche in questo caso vi è un disturbo della propria immagine corporea Sindrome da alimentazione notturna: l’anoressia nervosa è soltanto una delle fasi della sindrome, che si conclude nel mattina, seguita da iperfagia notturna ed insonnia Ipertiroidismo: l’individuo dimagrisce anche se mangia molto Schizofrenia con sitofobia (rifiuto patologico del cibo) La bulimia (dal greco boulimìa, “fame da bue”) è un comportamento alimentare caratterizzato da abbuffate combinate con condotte di compensazione per evitare che l’ingestione di troppe calorie causi un aumento di peso corporeo: Abbuffate: sono episodi di durata variabile, durante i quali si ingeriscono grandi quantità di cibo, avendo la sensazione di non poter smettere o di non poter controllare quello che si mangia. L’episodio bulimico è caratterizzato dall’atteggiamento compulsivo con cui il cibo è ingerito, piuttosto che dal desiderio di mangiare un determinato alimento. Sono spesso scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia e di stress Condotte di compensazione: consentono di limitare o di evitare l’aumento di peso e possono essere: Condotte di Eliminazione: il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. Condotte di Eliminazione: il soggetto ha utilizzato regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. Confine con anoressia nervosa con abbuffate: è molto vago, si basa sul principio che nell’anoressia, e non nella bulimia, c’è la perdita di peso. Frequente comunque è la transizione da uno all’altro. Criteri diagnostici di bulimia nervosa, DSM‐IV, sono: A. Ricorrenti abbuffate caratterizzata da entrambi : mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). B. Presenza di ricorrenti e inappropriati metodi compensativi per controllare il peso (vomito, abuso di lassativi e/o diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo) Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi. Criteri diagnostici DSM5 A. Presenza di crisi bulimiche ( grande quantità di cibo consumato in poco tempo e perdita di controllo) B. Presenza di ricorrenti e inappropriati metodi compensativi per controllare il peso (vomito, abuso di lassativi e/o diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo) C. Frequenza di una volta alla settimana negli ultimi 3 mesi D. Ruolo importante del peso e della figura fisica nel determinare autostima E. Il disturbo non si verifica esclusivamente in corso di anoressia nervosa C. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei. D. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa. caratteristiche della bulimia sono: La preferenza per sesso femminile meno spiccata che per l’anoressia, con età d’esordio più tardiva. L’esordio spesso si manifesta con abbuffate periodiche, dopo un periodo di restrizione dietetica. Il peso corporeo è variabile tra una condizione di modesto sottopeso a quella di modesto sovrappeso. Ci sono disturbi associati: come depressione, disturbi d’abuso di sostanze, disturbi d’ansia e di personalità. Per quanto riguarda il decorso, come per l’anoressia può essere un episodi singolo, episodi ricorrenti in corso di eventi stressanti, o cronico. La prognosi è favorevole nella maggior parte dei casi che completano un trattamento integrato. Differenze tra anoressia e bulimia (DSM5)È un disturbo caratterizzato dalla presenza di abbuffate come nella bulimia ( almeno una volta alla settimana) ma in assenza di condotte di compensazione: di conseguenza, l’eccesso non compensato di ingestione calorica determina in questi pazienti un sovrappeso od un’obesità vera e propria, (non raramente sono “grandi obesi”con un più improbabile insuccesso della terapia dietetica o chirurgica dell’obesità. Cenni epidemiologici La prevalenza di questa patologia è in USA del 0,7‐4%,molto maggiore in coloro che si sottopongono a programmi di controllo del peso (30%), la prevalenza è leggermente maggiore tra le femmine, con insorgenza in tarda adolescenza o nella terza decade di vita. Caratteristiche Questo disturbo è caratterizzato da episodi (o giornate) ricorrenti di alimentazione incontrollata con ingestione di grandi quantità di cibo e sensazione di perdita di controllo nel mangiare. Non ci sono comportamenti sistematici di compenso, quindi il pz va incontro ad aumento di peso corporeo (possibile fenomeno del “weight cycling” od effetto fisarmonica). Subentrano sentimenti di sconfitta, di colpa, disgusto verso se stessi in rapporto con le abbuffate. La durata degli eventi è di almeno 2 giorni a settimana per 6 mesi. Può sovrapporsi o evolvere da/ verso altri disturbi alimentari Criteri DSM5: A. Persistente ingestione di sostanze non nutritive, non alimentare per un periodo di alemeno un mese B. L’ingestione è inappropriata rispetto al livello di sviluppo Peso A: sottopeso B: peso nella norma o un po’ sovrappeso Decade di incidenza maggiore A: seconda decade B: seconda‐terza decade, ma anche in età maggiore Richiesta d’aiuto A: la persona non cerca quasi mai aiuto B: la ricerca d’aiuto è più frequente Rapporto con il menarca A: a volte causa anticipo del menarca B: no Diffusione nei soggetti maschili A: discreta, in aumento B: maggiore Decorso Acuto o cronico ‐ Fluttuante Malattie precedenti A: nessuna B: può seguire un periodo di anoressia Disturbi mentali associati A: ansia B: istinti auto aggressivi Prognosi A: positiva soltanto con interventi tempestivi B: buona in più della metà dei casi, risponde bene alla terapia C. Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente o socialmente sancita WWW.SUNHOPE.IT D. Se il comportamento di ingestione si manifesta esclusivamente durante il decorso di un altro disturbo mentale, è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica Criteri DSM5 A. Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, reingrito, sputato B. Il comportamente non è dovuto ad una condizione gastrointestinale associata o un’altra condizione medica C. Il comportamento non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge‐eating disorder o avoidant/ restrictive food intake disorder D. Se il comportamento di un altro disturbo mentale, è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica Complicanze Danni organici da disturbi del comportamento alimentare Criteri DSM5 Persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e /o energetiche associata ad un significativo calo ponderale ( o all’incapacità di raggiungere l’aumento di peso atteso o una crescita instabile nei bambini) e/o ad una significativa carenza nutrizionale e/p alla dipendenza da supplementi nutrizionali orale o enterali ad una marcata interferenza sul funzionamento psicosociale Il comportamento non è meglio spiegato dalla mancata disponibilità di cibo o da una pratica culturalmente sancita Il comportamento non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa o bulimia e non c’è evidenza di un disturbo dell’esperienza del peso o della forma corporea Il disturbo non è attribuibile ad una condizione medica concomitante o non è meglio spiegabile da un altro disturbo mentale. È costituito da casi in cui è presente un comportamento alimentare anomalo ma che non arrivano a soddisfare pienamente i criteri diagnostici per anoressia e bulimia . Causano un disagio clinicamente significativo o una compromissione sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento ma che non soddisfano i criteri diagnostici per uno degli specifici disordini della nutrizione e dell’alimentazione. Criteri diagnostici secondo il DSM‐5sono: Tutti i criteri dell’AN sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma. Tutti i criteri della BN risultano soddisfatti, tranne la frequenza, che è inferiore a 2 episodi per settimana per meno di tre mesi. Tutti i criteri del Binge eating disorder ma non quello della frequenza (meno di una volta la settimana e/o per meno di tre mesi) Consumo di eccessive quantità di cibo solo quando la persona si sveglia dal sonno. ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ Altre caratteristiche generali dei disturbi dell’alimentazione IMC: indice di massa corporea L’IMC, o BMI (dall’inglese body mass index) è un numero che esprime il rapporto esistente tra il peso in chilogrammi di una persona ed il quadrato della sua altezza in metri. L’IMC è considerato un indice molto più attendibile del solo peso corporeo per definire le caratteristiche fisiche di una persona. Per questo motivo viene di solito usato per la diagnosi delle patologie nutrizionali. <17,5: sottopeso (conduce ad amenorrea) 17,5‐18,4: ai limiti 18,5‐25: normale 25,1‐30: sovrappeso >30: obesità WWW.SUNHOPE.IT I danni organici sono la conseguenza di malnutrizione sia quantitativa ( restrizione alimentare) sia qualitativa (incorretta scelta degli alimenti), e comportamenti compensatori ( vomito/ abuso di diuretici e lassativi) messi in atto per cercare di controllare il peso. Possono condurre a morte nel 15%. Complicanze di: anoressia nervosa‐tipo restrittivo: cardiovascolari, neurologiche, endocrino‐metaboliche, muscolo‐ scheletriche, gastrointestinali, cutanee. Anoressia nervosa tipo bulimico/purgativo: idroelettriche, renali, cardiache, gastroesofagee, dentarie Bulimia nervosa con condotte di eliminazione: idroelettriche, renali, cardiache, gastroesofagee, dentarie ALTERAZIONI CARDIOVASCOLARI: si verificano in circa il 90% dei pazienti anoressici. Si manifestano anzitutto con meccanismi adattativi che permettono l’asintomaticità entro certi limiti: Bradicardia: da ipertono vagale e da rallentato metabolismo energetico Ipotensione arteriosa: da ipovolemia. Le alterazioni possono essere secondarie alla malnutrizione, come la riduzione del volume del cuore senza modifica della sua forma (cuore a goccia),la riduzione della massa ventricolare, gli stravasi pericardici asintomatici, il prolasso valvola mitrale e tricuspide, dovuto alla di sproporzione ventricolo‐valvola. O secondarie ad alterazioni idroelettriche(ipopotassiemie ed ipomagnesiemia) come aritmie severe con collasso cardiocircolatorio. I segni ECG più comuni sono la riduzione del voltaggio,l’allungamento QRS e QT, la depressione onda T e tratto ST,l’inversione onda T con occasionali onde U Ci sono specifici fattori di vulnerabilità per le alterazioni cardiovascolari come la durata, severità e rapidità del calo ponderale: soprattutto riduzione del 22,5% del peso ideale; i tipi di comportamento purgativi (gravità decrescente): vomito autoindotto, abuso di lassativi, abuso di diuretici,la durata ed intensità dei comportamenti purgativi,l’attività fisica eccessiva, le malattie organiche concomitanti (DM),l’età avanzata, una precedente malattia cardiaca. ALTERAZIONI DI CUTE ED ANNESSI sono: Cute distrofica e secca (xerosi), fredda e con colorito giallognolo (ipercarotinemia) o bruno (cheratinizzazione: “come carta invecchiata” o come se fosse sporca) Presenza di penuria sottile (lanugine) soprattutto in corrispondenza di faccia, labbro superiore, schiena, braccia, gambe Capelli fragili e cadenti Segno di Russel: callosità con iperpigmentazione in corrispondenza delle articolazioni MF, causata dal ripetuto sfregamento con gli incisivi superiori durante l’introduzione del vomito dalle dita nel cavo orale Presenza di petecchie, specie in regione peripalpebrale, od emorragie congiuntivali Lesioni infiammatorie in regione periorale (gengivite, cheilite) Edema periferico benigno (durante la fase di rialimentazione) o Edema severo, secondario all’abuso cronico di lassativi con conseguente iponatriemia ed ipovolemia, che può rapidamente portare a collasso cardiovascolare, infarto renale e pericolo di vita ALTERAZIONI METABOLICHE Ipoglicemia asintomatica con alterata sensibilità all’insulina (rischio di DM) Ipercolesterolemia con aumento del colesterolo LDL Chetosi, chetonuria (da catabolismo adiposo) con iperuricemia Iperazotemia (da catabolismo proteico) Ipoproteinemia (soprattutto globuline) con riduzione dei livelli di alcuni aminoacidi (specie quelli essenziali) Riduzione dei livelli di zinco: anoressia, perdita di peso, ritardo nella crescita corporea ALTERAZIONI GI Secondarie al vomito ‐Erosione dello smalto dentale, specie sulla superficie palatale e linguale dei denti ‐carie dentali e gengiviti irritative ‐ipertrofia delle ghiandole salivari (parotide) ‐Esofagiti, erosioni ed ulcere ‐aumento dell’amilasi sierica correlato alla frequenza del vomito Secondarie all’abuso di lassativi ‐Atonia e rallentamento del transito nel colon con stipsi secondaria ‐Lesioni coliche Infiammatorie, Melanosi: dovuta all’antrace presente nei lassativi,colon catartico: ispessimento, atrofia ed ulcerazione superficiale della mucosa, cisti ed infiltrazione di cellule mononucleate nella sottomucosa Tipiche di Bulimia Tipiche di AN ‐Atonia ed atrofia muscolare gastrica ‐Disfagia od odinofagia da alterata motilità ‐Ritardo nello svuotamento gastrico esofagea o da lesioni infiammatorie ‐Stipsi ‐Compromissione della funzionalità epatica con rialzo trans. ‐Aumento della capacità gastrica in relazione alla cronicità delle abbuffate Epatomegalia e steatosi ‐Alterazioni pancreatichePancreatiti, più frequenti in corso ‐Rotture esofagee secondarie all’ingestione di massive quantità di cibo (rare) di rialimentazione,secondarie al ristagno duodenale con conseguente reflusso duodeno‐ pancreatico ALTERAZIONI ELETTROLITICHE: comuni a tutte le forme di DCA in cui siano presenti vomito e/o abuso di diuretici o lassativi Alcalosi metabolica Ipocloremia Ipopotassemia: la nefropatia ipopotassiemica è dovuta all’abuso di lassativi o diuretici e si associa ad IRC con poliuria, polidipsia ed innalzamento della creatinina Iponatriemia Ipomagnesemia Ipofosfatemia: è da trattare con attenzione, in quanto alla rialimentazione può determinarsi uno spostamento troppo rapido di fosfato nelle cellule con rischio di insufficienza cardiaca e di convulsioni ALTERAZIONE EMATOLOGICHE Leucopenia con riduzione di neutrofili e linfocitosi: secondarie ad ipoplasia del midollo osseo con trasformazione gelatinosa ed, in alcuni casi, necrosi cellulare, dovute ad insufficiente nutrizione Anemia normocitica‐normocromica da ridotta produzione di Hb Anemia macrocitica da carenza di B12 o folati Anemia microcitica da carenza di ferro Trombocitopenia NB: la disidratazione può far apparire normali parametri in realtà alterati. Una reidratazione basta in poche ore per far ridurre i valori osservati come normali. ALTERAZIONI ENDOCRINE Amenorrea: è dovuta alla ridotta stimolazione ipotalamica della secrezione gonadica, non sempre si corregge col recupero ponderale Ipercortisolemia: in presenza di normali livelli di ACTH, per ridotta clearance ed aumentata emivita nell’anoressia Riduzione e disregolazione della secrezione di vasopressina con lieve poliuria Riduzione della T3 per ridotta conversione di T4 WWW.SUNHOPE.IT ALTERAZIONI OSSEE La patogenesi è determinata da :ipoestrogenismo, alterazioni dell’equilibrio acido‐base,deficit proteico,ridotti livelli di somatomedina, ipercortisolismo. Clinicamente il pz mostrerà: ▪ Osteopenia da ridotta apposizione corticale ▪ Demineralizzazione ed osteoporosi ▪ Fragilità ossea e fratture ALTERAZIONI MUSCOLARI L’apparato muscolare appare ipotrofico, soprattutto ai cingoli, nonostante la frequente iperattività fisica, biopticamente è possibile osservare una miopatia primitiva con prevalente atrofia delle fibre di tipo II, a livello ematico un aumento della CPK. ALTERAZIONI PSICHIATRICHE: Depressione (25‐80%): può perdurare anche dopo la guarigione, ansia, DOC, disturbi di personalità, rabbia ed aggesività (la mancanza di tale fattore è una caratteristica distintiva dell’AN rispetto alla BN), tossicodipendenza. SINDROME DA RIALIMENTAZIONE Il glucosio introdotto con gli alimenti promuove il passaggio di fosfati nello spazio intracellulare, con aumento del volume circolatorio; si può avere potenzialmente ipokaliemia, ipomagnesemia ed ipofosfatemia fino al collasso cardiocircolatorio che è acuito dalla pre‐esistente compromissione della massa e muscolatura cardiaca. ALTERAZIONI MORFOFUNZIONALI DEL CERVELLO Nell’anoressia TC e RM: ampliamento degli spazi extracorticali e/o dei ventricoli cerebrali durante la fase di calo ponderale e loro completa reversibilità dopo il recupero del peso corporeo (pseudoatrofia) ▪ PET: ipometabolismo assoluto e relativo delle aree corticali ed ipermetabolismo relativo dei nuclei della base e delle aree frontali inferiori durante la fase di dimagrimento, normalizzazione del peso corporeo ▪ Nella bulimia TC e RM: ampliamento dei solchi corticali, delle cisterne e dei ventricoli cerebrali in fase acuta di malattia ▪ PET: inversione dell’asimmetria fisiologica in base alla quale il metabolismo relativo dell’emisfero destro risulta superiore a quello dell’emisfero sinistro Terapia le tappe fondamentali del trattamento nei disturbi dell’alimentazione sono : diagnosticare e trattare le complicanze mediche aumentare la motivazione e la collaborazione al trattamento aumentare il peso corporeo (nell’anoressia) ristabilire un’alimentazione adeguata affrontare gli aspetti sintomatologici (dieta, digiuno, vomito, abuso di lassativi, diuretici, iperattività) correggere i pensieri e gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo e al peso curare i disturbi psichiatrici associati al disturbo dell’alimentazione cercare la collaborazione e fornire sostegno ed informazioni ai familiari aumentare il livello di autostima prevenire le ricadute L’equipe terapeutica è costituita da medico di base, psichiatra, dietologo o nutrizionista, internista e dopo aver diagnostica la specifica patologia da DCA, da dd con patologie organiche , riconosce le possibili complicanze mediche e si occupa del monitoraggio delle condizioni clinico‐nutrizionali. L’approccio terapeutico a questi disturbi deve essere necessariamente di tipo MULTIDISCIPLINARE‐ INTEGRATO, implementando una combinazione di: 1. psicoterapia individuale / familiare 2. valutazione dello stato nutrizionale e riabilitazione nutrizionale 3. psicoeducazione individuale/familiare 4. farmacoterapia con psicofarmaci 5. approccio internistico alle complicanze fisiche E’necessario per stabilizzare le condizioni fisiche dei pazienti e favorire l’aderenza al trattamento psicologico, non è la semplice somma dei trattamenti. L’obiettivo è quello di stabilizzare le condizioni fisiche del soggetto e consentire una riformulazione psicologica del problema. 1.PSICOTERAPIA: Ha un ruolo centrale,deve essere integrato con la riabilitazione nutrizionale. Ci sono diversi trattamenti: Family‐based treatment:per adolescenti con AN, è il trattamento di scelta. Prevede tre fasi, la prima basata sulla rialimentazione, la seconda sul controllo dell’alimentazione del pz da parte di familiari, la terza sul controllo relazionale genitori‐figlio. CBT‐E: Enhanced cognitive behaviour therapy for eating disorders: La CBT‐E (abbreviazione di “enhanced cognitive behaviour therapy” ossia terapia cognitivo comportamentale potenziata) è una strategia di riabilitazione che rientra nella terapia cognitivo‐comportamentale, secondo cui le emozioni e i comportamenti delle persone sono influenzati dal loro modo di percepire gli eventi. Si basa sul principio che i sintomi dell’anoressia e ella bulimia nervosa siano mantenuti da una serie di idee che riguardano la forma corporea e il peso. Tutti i loro pensieri sono concentrati verso argomento. Questa terapia cerca di capire il modo di “pensare” dei pz. La terapia cognitivo‐comportamentale è un trattamento di provata efficacia per la bulimia nervosa. Obiettivo principale del trattamento è, innanzitutto, quello di normalizzare il comportamento alimentare; i pazienti devono riacquistare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base al quale valutare il proprio valore personale. Il primo passo consistete in interventi cognitivi tesi a interrompere il circolo vizioso restrizione‐abbuffata‐vomito, attraverso procedure come colloqui informativi e motivazionali, concettualizzazione del disturbo e condivisione con il paziente; vengono usate anche tecniche di automonitoraggio come i diari alimentari o la registrazione delle emozioni e pensieri che accompagnano i sintomi. L’obiettivo è riabituare il paziente a un’alimentazione corretta, regolarizzando la frequenza dei pasti e utilizzando attività alternative alle abbuffate o alle condotte eliminatorie. Specialist Supportive Clinical Management (SSCM), una combinazione di intervento educativo, gestione clinica generale e psicoterapia supportiva. Psicoterapia nell’anoressia nervosa: Non i sono trattamenti basati sull’evidenza per gli adulti, la terapia basata sulla famiglia è efficace nei pz più giovani con meno di 3 anni di malattia, in associazione con riabilitazione nutrizionale psicoterapia nella bulimia più di 20 studi randomizzati hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo‐ comportamentale per la bulimia nervosa (CBT‐BN), la CBT‐E migliorata permette una remissione in 2/3 dei pz che concludono il trattamento. La terapia interpersonale (IPT) è meno efficiente. 2.RIABILITAZIONE NUTRIZIONALE: mai da sola, va sempre integrata con la psicoterapia. Preliminare è valutare l’approccio dello stato nutrizionale, dell’andamento del peso e dell’introduzione di liquidi. Metodi più comuni: counseling nutrizionale, pasto assistito. Pasto assistito: prevede che il pz sia assistito durante i pasti da un operatore ( psicologo, dietista, educarore) per suprare gli ostacoliche gli impediscono un’assunzione adeguata di nutrienti.I pasti vengono strutturati con schemi dietetici adeguati per il recupero ponderale e con le pazienti, vengono progressivamente affrontate, discusse e gestite, la resistenza al cambiamento e le reazioni collegate alle possibili difficoltà digestive, rassicurandole riguardo alla paura di perdere il controllo sull’alimentazione e sul peso corporeo. Alimentazione meccanica: è un approccio normalmente integrato in programmi di terapia cognitiva‐ comportamentale, volto a ridurre l’ansia nei confronti del cibo e la paura relativa all’aumento di peso. Evidenza di efficacia in molte forme di DCA, anche in casi con forte resistenza al trattamento. I pazienti si alimentano meccanicamente secondo schemi fissi dietetici programmati per l’incremento ponderale fissato, considerando il cibo come una medicina ed evitando l’influenza di stimoli quali fame sazietà. Sperimentare un incremento ponderale in maniere prevedibile e pianificata permette ai pz di ridurre la convinzione che l’assunzione di certi cibi comporti la perdita sul controllo del peso corporeo. Counseling nutrizionale :nasce con l’obiettivo di ristabilire un adeguato stile alimentare appropriato alle esigenze del soggetto specifico. È è un approccio rivolto all’individuo o a piccoli gruppi basato sullo scambio interattivo di informazioni fra consulente e utente finalizzato a fornire un’educazione nutrizionale, ricercando strategie concrete per un nuovo stile comportamentale. 4.FARMACOTERAPIA E’ complessa, non devi trattare solo il pz a tutte le complicanze e comorbilità associate sia mediche che psichiatriche. La farmacoterapia del DA si basa su Antidepressivi: nel’anoressia nervosa, bulimia nervosa e nel binge eating disorder Antipsicotici: nell’anoressia nervosa Antiepilettici/ stabilizzatori: bulimia e binge eating disorder. Fattori associati ad esito negativo o o o o In caso di emergenze mediche Ricovero presso un reparto specializzato per la stabilizzazione clinica (TSO): correzione squilibri idroelettrolitici e rinutrizione Nutrizione con sondino naso‐gastrico in caso di BMI <14 per AN BMI <15 per AN con abboffate e purging HR <45‐50 battiti/min Ipotensione grave Grave riduzione di sodio, potassio e calcio Ipoglicemia severa (glicemia <40‐45 mg/dl) Alterazioni funzionalità renale, epatica o pancreatica WWW.SUNHOPE.IT Peso corporeo <35kg Più di una ospedalizzazione Abuso di sostanze ed alcool Peggior adattamento psicosociale In assenza di emergenze mediche ▪ ▪ Trattamento ambulatoriale, possibile presso strutture con esperienza specifica Integrazione dei diversi tipi di trattamento: counseling nutrizionale (anche familiare), psicoterapia, farmacoterapia, trattamento delle comorbidità mediche che non richiedono il ricovero TRATTAMENTO SPECIFICO DELL’AN: la terapia mira al raggiungimento di almeno il 90% del peso corporeo ideale. Nutrizionale Introduzione di 1500, 1800 kcal al giorno Supporto di vitamina D e calcio per contrastare la perdita ossea Farmacologico: non vi sono sufficienti evidenze di efficacia clinica del trattamento farmacologico sulle dimensioni psicopatologiche specifiche (soprattutto immagine di sé ed autostima). Vengono utilizzati vari farmaci, antidepressivi, antipsicotici, corticosteroidi, con scarsa efficacia. Psicologico: pochi sono gli studi che documentano l’efficacia della psicoterapia (con l’unica eccezione della terapia familiare per i casi di AN adolescenziale con esordio recente). Il counseling nutrizionale, comunque, è efficace nel promuovere l’incremento di peso e nel migliorare lo stato nutrizionale nel breve periodo. La psicoterapia cognitiva è superiore al counseling nel prevenire le ricadute e migliorare gli aspetti psicopatologici e medici della sindrome. TRATTAMENTO SPECIFICO BN Superiorità della psicoterapia cognitiva rispetto al trattamento farmacologico e ad altre forme di psicoterapia. L’approccio multidisciplinare con psicoterapeuta, psichiatra, nutrizionista ed eventuali altri specialisti è il trattamento di scelta. Buon recupero se il trattamento è portato a termine: 16‐20 sessioni per 4‐5 mesi. Psicoterapia interpersonale come scelta alternativa, ma più lunga Possibile farmacoterapia con SSRI>evidenza di grado A con fluoxetina, di grado B con fluvoxamina, sertralina. La maggior parte degli studi ha valutato il miglioramento solo in termini di riduzione delle abbuffate/ vomito , tralasciando gli aspetti psicopatologici specifici. Gli antidepressivi sono efficaci indipendentemente dalla presenza e/o dalla severità della sintomatologia depressiva. WWW.SUNHOPE.IT Generalità sulle psicosi primarie Le psicosi primarie, rappresentate da schizofrenia e paranoia, rappresentano gravi disturbi psichiatrici, espressione di una grave alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo, con compromissione dell’esame di realtà e dunque con la negazione come meccanismo di difesa. I sintomi psicotici sono riferibili a: Disturbi di forma del pensiero: alterazioni del flusso ideativo sino alla fuga delle idee ed all’incoerenza, alterazioni dei nessi associativi (tangenzialità, risposte di traverso, salti “di palo in frasca”) Disturbi del contenuto del pensiero: ideazione prevalente o delirante. Sono quelli che caratterizzano tutti i quadri psicotici: ad esempio, nella percezione non si osservano evidenti disturbi della forma del pensiero Disturbi della percezione: allucinazioni uditive (a carattere imperativo, commentante, denigratorio o teologico), visive, olfattive, tattili, chinestetiche, geusiche Questi sintomi possono presentarsi in diverse condizioni (schizofrenia e paranoia sono le psicosi primarie, le altre sono psicosi secondarie): Disturbi schizofrenici Disturbi deliranti di tipo paranoide Disturbi schizoaffettivi Psicosi acute: schizofreniformi, cicloidi, puerperali etc. Disturbi di persolaità Disturbi dell’umore Disturbi dementigeni Disturbi organici legati a malattie internisti che o neurologiche: LES, endocrinopatie, malattie renali, corea di Huntington, lesioni od epilessia del lobo temporale o frontale, uso di sostanze (alcol, amfetamina, cocaina, cannabis, allucinogeni) Generalità sulla schizofrenia La schizofrenia è u na malattia psichiatrica caratterizzata da un decorso superiore ai 6 mesi (quindi è tendenzialmente cronico‐recidivante), dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’emozione, con una gravità tale da limitare le normali attività della persona. Il termina deriva dalle parole greche “schizo”, scissione, e “phrenos”, cervello: indica quindi una “mente scissa”, sostanzialmente dalla realtà esterna, ma anche da quella interna. Il termine “schizofrenia”, comunque, è un termine generico, che indica non un’entità nosografica unitaria, ma una classe di disturbi, tutti caratterizzati da una certa gravità e dalla compromissione dell’esame di realtà da parte del soggetto. A questa classe, quindi, appartengono quadri sintomatici e tipi di personalità anche molto diversi tra loro, estremamente variabili per gravità e decorso. Epidemiologia La schizofrenia è una delle malattie più gravose per la società perché: Insorge in genere in età giovanile, ma può esordire già nel primo anno di vita od al momento del parto (secondo recenti studi neurobiologici un primo sintomo di schizofrenia sarebbe un parto prematuro: in questi casi, esso deriverebbe da una “schizofrenia”, cioè da una mancanza di collegamento tra il sistema neuroendocrino cerebrale materno e quello del feto) Accompagna di solito l’individuo per buona parte della vita Compromette in misura significativa il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale del paziente Incide, di solito in maniera molto rilevante, sulla qualità di vita della famiglia Suscita spesso una reazione sociale di rifiuto e di emarginazione, che aumenta la sofferenza della persona colpita e dei familiari È una malattia ubiquitaria, riscontrata in ogni epoca e cultura Prevalenza lifetime nella popolazione generale: 0,5‐1% Prevalenza lifetime tra i familiari di primo grado delle persone affette: 5‐12% Concordanza tra gemelli o Monozigoti: 50‐65%: nelle coppie di gemelli monozigoti discordanti per malattia, i discendenti del gemello non malato hanno la stessa probabilità di sviluppare la malattia dei discendenti del gemello malato o Dizigoti: 5‐12% I soggetti con un genitore schizofrenico dati in adozione in epoca precocissima a persone normali hanno la stessa probabilità di sviluppare la malattia dei soggetti con un genitore schizofrenico che crescono con i loro genitori naturali (adoption studies): anche questi dati, come quelli sui gemelli, confermano l’importanza della componente genetica La prevalenza non ha sostanziali differenze tra maschi e femmine: la malattia tende però a manifestarsi più precocemente nei maschi che nelle femmine. Il ritardo d’esordio nelle femmine è stato ricondotto a diversi fattori quali: o L’accertato effetto neuromodulatorio degli estrogeni sulla sensibilità dei recettori D2 o Alcuni comportamenti delle prime fasi, quali la riduzione della partecipazione e delle iniziative sociali, sono interpretate come patologiche più frequentemente nei maschi che nelle femmine o L’abuso precoce di sostanze, fattori di rischio per la patologia, è più frequente tra i maschi o Traumi perinatali ipossici, prematurità ed immaturità, fattori associati ad un’insorgenza più precoce, sono, per il peso e le dimensioni maggior, più frequenti nel maschio Età d’esordio: 15‐35 anni. Tuttavia, negli ultimi anni si assiste ad un progressivo abbassamento dell’età d’insorgenza. Inoltre, in caso di esordio dopo i 35 anni, le caratteristiche sono solitamente atipiche o Maschi: unimodale: 18‐25 anni o Femmine: bimodale: 25‐35 e 45‐59 anni o Schizofrenia infantile: con esordio prima dei 12 anni, rara o Schizofrenia con esordio dopo i 65 anni: più frequente nelle donne Eziopatogenesi Si è ormai concordi nell’attribuire la schizofrenia ad un insieme di fattori genetici, biologici, psicologici e sociologi, in cui i fattori genetico‐biologici sembrano preponderanti (vedi anche dietro). Un aumento della produzione della DA sembra giocare un ruolo importante (ipotesi DAergica): i neuroni DA dell’area tegmentale ventrale scaricano molta più DA sui neuroni GABA situati nel sistema mesocorticale (corteccia prefrontale) e nel sistema mesolimbico. Nel primo caso, la presenza di recettori attivatori D1 sulla membrana post‐sinaptica dei neuroni GABA porta all’iper‐ attivazione di questi ultimi, con conseguente iper‐inibizione sui neuroni glutammatergici, rallentamento dell’attività prefrontale e comparsa della sintomatologia negativa. Nel secondo caso, la presenza di recettori inibitori D2 sulla membrana post‐sinaptica dei neurono GABA induce un’iper‐inibizione di questi con iper‐disinibizione dei neuroni limbici a valle e comparsa dei sintomi positivi. Una disconnessione tra corteccia prefrontale e strutture sottocorticali determinerebbe l’insorgenza WWW.SUNHOPE.IT dei disturbi disorganizzativi (vedi dopo). Fattori di rischio Predisponenti Genetici: sono soprattutto geni coinvolti nel metabolismo DA e nella maturazione del SNC DISC1: è coinvolto nella proliferazione e differenziazione dei neuroni corticali NRG1: neuregolina, regolatore dello sviluppo neuronale. DTNBP1: disbindina, coinvolta nella regolazione del sistema DA RGS4: è un fattore di regolazione proteina G. COMT: è coinvolto nella degradazione delle CA AKT1: Trasmissione segnali intracellulari. D2: recettore dopa. Traumi perinatali, soprattutto con ipossia (frequenti in cluster precoci) prematurità‐ immaturità: studi prima retropettivi e poi prospettici hanno visto che questi soggetti hanno un rischio statisticamente maggiore. Precipitanti Che aumentano il rischio di insorgenza della malattia: isolamento sociale (immigrati), abuso di sostanze (soprattutto i cannabinoidi sintetici che hanno tetraidrocannabinolo) classe socio‐economica e livello d’istruzione bassi Protettivi: Ampiezza ed efficienza del social network: inteso come rete sociale di sostegno. Quanto più è supportiva, tanto meno è probabile che si verifichi la malattia; Ridotta incidenza di eventi stressanti: non solo eventi di separazione Clinica COME ESORDISCE LA MALATTIA??? 1. Insidioso: Comparsa graduale nel corso di mesi di alcune o tutte le seguenti manifestazioni: Esperienze di depersonalizzazione: sensazione di esser cambiato, di non riconoscersi più. Il pz passa molto tempo avanti allo specchio a guardarsi e a toccarsi. Sensazione di non aver più il controllo del proprio pensiero e delle proprie azioni (come se ci fosse un’entità esterna che li controlla) Lamentele ipocondriache relative al funzionamento del proprio corpo, con astenia, stanchezza prolungata, alterazioni della digestione e della frequenza cardiache Progressivo isolamento sociale (da amici, lavoro, famiglia, partner) Progressiva riduzione degli interessi abituali con anedonia ed apatia: il soggetto diventa svogliato e disinteressato con riduzione del rendimento e delle frequenza lavorativi o scolastici Progressiva comparsa di interessi esoterici (astrologia, parapsicologia, magia, filosofia) Alcune azioni improvvise ed immotivate (aggressione verso i familiari, fuga da casa o dal posto di lavoro) Alcune espressioni verbali strane ed incomprensibili Possibile evento che scatena il quadro: lavoro o studio lontano, fine di una relazione, servizio militare, separazione o perdita di un genitore 2. acuto: Insorgenza più o meno brusca (1‐2 giorni) di deliri ed allucinazioni, precedute da sintomi aspecifici (irrequietezza, insonnia) Vissuto angoscioso (probabilmente dovuto ad iperattività limbica DA) di “mutamento pauroso” od “umore delirante”: il vissuto di trasformazione del proprio corpo e/o dell’ambiente circostante si placa quando compare il delirio, che rappresenta una sistematizzazione dell’esperienza di trasformazione COME SI PRESENTA LA MALATTIA??? Deliri: idea o sistema di idee non corrispondenti alla realtà oggettiva ( i più comuni sono di riferimento, di persecuzione, di veneficio, di influenzamento, di trasformazione corporea) Allucinazioni: uditive, verbali, ottiche. Sono più frequenti la sera e lontano dalle attività Disturbi formali di pensiero e linguaggio: (neologismi): questi possono essere: attivi: parole con cui il pz si autodenomina o denomina i suoi persecutori passivi: frammenti di parole Disturbi della sfera affettiva: apatia, abulia, appiattimento affettivo, paratimia, disturbi della modulazione emozionale, riduzione della cura del proprio corpo, disinteressamente per le attività Disturbi della sfera istintiva: suicidio ed omicidio (soprattutto a seguito di voci). Il suicidio oggi si manifesta nel periodo POST PSICOTICO, perchè oggi la psicosi non è più cronica, ma ad episodi. Il pz esce dall'episodio, torna a casa e tanto più quest'ultimo è intelligente ed ha un livello sociale elevato, tanto più questo si rende conto di aver perso tutto. Disturbi di comportamento e psicomotricità: talvolta il pz è iperattivo, ma afinalistico, altre volte c'è ipoattività fino alla catatonia con arresto psico‐motorio, ovvero il pz rimaneva immobile in alcune posizioni, ipersensibile agli stimoli, potendo durare anche diversi giorni. Disturbi della sfera sessuale Ritiro autistico e disfunzionamento sociale: il soggetto si ritira nel suo mondo personale. Questi sintomi possono essere ricollegati a tre dimensioni: Positiva o produttiva: schizofrenia I: è caratterizzata da allucinazioni, deliri e disturbi della forma del pensiero. È ascrivibile ad una disfunzione DA ed almeno parzialmente responsiva ai neurolettici Negativa o deficitaria: schizofrenia II: è caratterizzata da ritiro sociale e povertà ideativa, affettiva, volitiva, di interesse e di iniziative. È ascrivibile ad anormalità morfologiche e funzionali, in particolare frontali (ipofrontalità) quali allargamento dei ventricoli e riduzione della simmetria interemisferica, di presunta origine embrionale o perinatale, con scarsa risposta ai neurolettici Disorganizzata: è caratterizzata da disorganizzazione ideativa ed incongruenza affettiva Dal punto di vista della Fisiopatologia, queste tre dimensioni sono riconducibili a: Ipofrontalità: sintomi negativi Attività disinibita di strutture sottocorticali e limbiche: sintomi positivi Disconnessione funzionale tra attività di corteccia prefrontale e quella di strutture sottocorticali: sintomi disorganizzativi QUALE E' IL DECORSO DELLA MALATTIA? 1. Prima era Cronico ingravescente, fino alla dementia praecox (oggi raro, massimo 10%) 2. Episodico (75%) con intervalli liberi 3. Episodico con sintomatologia residua stabile 4. Episodico con sintomatologia residua ingravescente (aumenta sempre di più) Fattori prognostici negativi: esordio insidioso, esordio in età giovanile, sesso maschile, assenza di matrimonio, personalità premorbosa, livello socio‐occupazionale premorboso, compromissione cognitiva e sociale già all’esordio, abuso di sostanze od alcool SOTTOTIPI SECONDO IL DSM IV Tipo Paranoide: (25‐35 anni di età), con deliri e allucinazioni. Decorso episodico. Tipo Disorganizzato (ebefrenico secondo l’ICD‐10): esordio insidioso. Clinicamente si manifesta con deliri e allucinazioni frammentati, interessa di più i disturbi affettivi.. Tipo Catatonico: la manifestazione principale di questo sottotipo è un disturbo psicomotorio, che si può presentare come arresto motorio sotto forma di catalessia (rigidità delle estremità e ridotta sensibilità al dolore) o di stupor (stato di non responsività simile al sonno da cui si può essere svegliati solo se ripetutamente stimolati), eccessiva attività motoria, estremo negativismo, mutacismo, negativismo estremo, peculiarità del movimento volontario, ecolalia o ecoprassia. Tipo Indifferenziato: è un tipo che presenta i sintomi caratteristici della schizofrenia, ma che non può essere incluso in nessuna delle precedenti sottocategorie. Ciò implica una varietà di manifestazioni non strutturate e mutevoli nel tempo, che rendono questo sottotipo molto difficile da diagnosticare. Tipo Residuo: presenza nella storia del soggetto di almeno un episodio di schizofrenia, ma che attualmente non presenta sintomi psicotici. La presenza del disturbo è comunque indicata dalla WWW.SUNHOPE.IT permanenza di sintomi negativi, o di due o più sintomi positivi attenuati. Questo sottotipo può essere considerato come una forma di transizione, ma può anche permanere per anni. Tipo simplex: (cronico ingravescente) Sviluppo lentamente progressivo, in un periodo di almeno un anno, di tutti i seguenti sintomi: Cambiamento del comportamento: perdita di iniziativa o di interessi, comportamento futile e senza scopo, chiusura in se stesso, isolamento sociale Comparsa di sintomi negativi: marcata apatia, povertà dell’eloquio, ipoattività, ottundimento affettivo, passività e mancanza di iniziativa, comunicazione non verbale (mimica, posturale) povera Accentuato declino delle prestazioni sociali, scolastiche o lavorative Assenza di demenza od altre sindromi psicorganiche Mai presenti deliri od allucinazioni Criteri diagnostici secondo il DSM‐V A.. Sintomi caratteristici: due (o più) dei sintomi seguenti, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo): o deliri o allucinazioni o eloquio disorganizzato (per es., frequenti deragliamenti o incoerenza) o comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico o sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività, alogia, abulia. Nota: è richiesto un solo sintomo del Criterio A se i deliri sono bizzarri, o se le allucinazioni consistono di una voce che continua a commentare il comportamento o i pensieri del soggetto, o di due o più voci che conversano tra loro. B. Disfunzione sociale/lavorativa: per un periodo significativo di tempo dall’esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di sé si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia (oppure, quando l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta un’incapacità di raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibile). C. Durata: segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfino il Criterio A (cioè, sintomi della fase attiva), e può includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati soltanto da sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel Criterio A presenti in forma attenuata (per es., convinzioni strane, esperienze percettive inusuali). D. Esclusione dei Disturbi Schizoaffettivo e dell’Umore: il Disturbo Schizoaffettivo ed il Disturbo dell’Umore Con Manifestazioni Psicotiche sono stati esclusi poiché: 1nessun Episodio Depressivo Maggiore, Maniacale oMisto si è verificato in concomitanza con i sintomi della fase attiva; 2oppure, se si sono verificati episodi di alterazioni dell’umore durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve relativamente alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo. E. Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale:il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a una condizione medica generale. F. Relazione con un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo: se c’è una storia di Disturbo Autistico o di altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi addizionale di Schizofrenia si fa soltanto se sono pure presenti deliri o allucinazioni rilevanti per almeno un mese (o meno se trattati con successo). TERAPIA Farmacologica: tipici ed atipici (vedi lezione sulla farmacologia) Psicosociale o Intervento psicoeducativo o Sociali skills training: riaddestramento alle attività delle vita, di base e lavorative o Riabilitazione cognitiva nei pazienti cronici I farmaci antipsicotici : Possono essere utilizzati: Antipsicotici (AP): sono composti attivi nei confronti dei sintomi positivi (deliri, allucinazioni: sono esperienze dispercettive o contenuti di idee dereistici, cioè non corrispondenti alla realtà obiettiva) in pazienti affetti da schizofrenia, in alcuni pazienti affetti con sindromi affettive, in pazienti con patologia cerebrale concomitante (sindromi psicorganiche quali la demenza), in soggetti che hanno assunto sostanze psicomimetiche, purchè non secondari ad alterazioni del tono dell’umore. In tal senso, un antipsicotico sarebbe un deliriolitico/allucinolitico, indipendente dal tipo di patologia che causa tali sintomi Neurolettici: sono caratterizzati da un’associazione con effetti indesiderati neurologici di tipo extrapiramidale. Si riteneva, infatti, che gli effetti collaterali extrapiramidali rappresentassero un fattore prognostico positivo per l’effetto antipsicotico; è invece ipotizzabile che tali effetti siano associati al superamento della dose terapeutica Tranquillanti maggiori: sono caratterizzati da marcata azione sedativa, correlata a meccanismi d’azione diversa da quelli relativi all’azione antipsicotica su D2 (quindi, probabilmente riconducibili all’azione α1 adrenolitica od anti‐M1). Ad esempio, la clorpromazina è un AP con marcato effetto sedativo, la cui azione antipsicotica si riteneva secondaria alla sedazione. Comunque, esistono farmaci dotati di un notevole effetto sedativo, ma non antipsicotico (promazina) e viceversa (pimozide) Sistema dopaminergico (DA) Vie o Meso‐limbica: va dall’area ventro‐tegmentale del mesencefalo al sistema limbico (in particolare a nucleus accumbens, tubercolo olfattorio ed amigdala) ed è coinvolta nell’insorgenza della sintomatologia positiva. Infatti, la diminuzione dell’attività di questa via porta alla mancata inibizione del sistema limbico , con conseguente iperattività di questo ed insorgenza di sintomi positivi o Meso‐corticale: va dall’area ventro‐tegmentale alla neocorteccia, in particolare prefrontale. La diminuzione di questa via porta ad una diminuita attivazione corticale: ne consegue un’ipofrontalità con sintomatologia negativa e disturbi cognitivi (in realtà sembrerebbe che anche i sintomi positivi deriverebbero da una diminuita attivazione corticale: ne conseguirebbe una diminuita azione di inibizione a livello limbico con sintomatologia positiva) o Nigro‐striatale: va dalla sub stantia nigra al caudato‐putamen ed è importante per gli effetti collaterali extrapiramidali o Tubero‐infundibolare: va dal nucleo arcuato dell’ipotalamo all’eminenza mediana, attraverso i capillari portali dell’adenoipofisi, ed è importante per gli effetti endocrino, dovuti specialmente all’ipoprolattinemia ▪ WWW.SUNHOPE.IT Recettori: l’azione della DA è legata alla sua interazione con specifici recettori ed alla modulazione di questi ultimi anche da parte di altri neurotrasmettitori. Sono stati identificati, sulla base delle loro differenti caratteristiche biologiche e farmacologiche, due classi di recettori DA, denominate D1‐like e D2‐like: esse possiedono una diversa affinità di legame, sia per la stessa DA, che per molti altri agonisti ed antagonisti, naturali o sintetici: o Classi ▪ D1‐like: D1, D5: attivano l’adenilato ciclasi (AC) ▪ D2‐like: D2, D3, D4: inibiscono l’AC, sopprimono le correnti al Ca, attivano quelle al K (con un effetto netto di iperpolarizzazione) e modulano il metabolismo del fosfatidilinositolo (PI) o Localizzazione ▪ Recettori postsinaptici: sono localizzati su dendriti, corpo cellulare o terminazioni nervose di neuroni di altri sistemi neurotrasmettitoriali (GABAergico, glutammatergico, colinergico) Recettori presinaptici: sono localizzati su dendriti, corpo cellulare o terminazioni nervose di neuroni DAergici (autorecettori presinaptici). Il loro ruolo funzionale è quello di impedire un’eccessiva attività dei neuroni DAergici. Esistono farmaci DA‐ agonisit capaci di stimolare preferenzialmente o selettivamente gli autorecettori piuttosto che i recettori postsinaptici: queste sostanze inibiscono l’attività dei neuroni DAergici e possono esplicare un effetto antipsicotico Antagnosimo recettoriale ed effetti: o D2: miglioramento sintomi positivi, EPS, non miglioramento o peggioramento dei sintomi negativi, iperprolattinemia o Alfa pre‐ e post‐sinaptici: vertigini, ipotensione o M1: sonnolenza, aumento ponderale o H1: sonnolenza, xerostomia, visione offuscata, stipsi Indicazioni Gli AP tipici sono utilizzati per il trattamento a breve e lungo termine della schizofrenia e di altri disturbi psicotici (sindromi deliranti, stati maniacali): essi hanno un’indubbia efficacia sui sintomi positivi (delirio, allucinazioni), ma una dubbia e scarsa efficacia nei confronti dei sintomi negativi (ritiro sociale, impoverimento affettivo, povertà del linguaggio), cognitivo (deficit della memoria e dell’attenzione) ed affettivi (depressione). Una porzione consistente di pazienti affetti da psicosi di tipo schizofrenico (dal 35 al 40%) non risponde in modo soddisfacente ad un trattamento farmacologico, anche se condotto in modo adeguato (pazienti resistenti). Gli AP sono indicati anche nella terapia a lungo termine della schizofrenia (terapia di stabilizzazione e di mantenimento), allo scopo di prevenire le possibili riacutizzazioni della malattia. Il tasso di riacutizzazione, infatti, nei pazienti in trattamento scende dal 65‐80 % al 20% dopo un anno ed al 40% dopo 4 anni. Classificazione degli antipsicotici in base al profilo recettoriale o o o Antagonisti di D2: costituiscono la prima generazione (antipsicotici tipici o tradizionali) e sono caratterizzati da: ▪ Efficacia contro i sintomi positivi ▪ Elevata frequenza di effetti collaterali: sintomi extrapiramidali (EPS), discinesia tardiva (DT), iperprolattinemia Antagonisti D2/5‐HT2A: costituiscono la seconda generazione (antipsicotici atipici) e sono caratterizzati da: ▪ Ridotta incidenza di EPS, DT ed iperprolattinemia ▪ Maggior efficacia contro i sintomi negativi ▪ Persistenza dei problemi di inadeguata risposta sui sintomi negativi, cognitivi e depressivi ▪ Diversi effetti collaterali farmaco‐specifici: aumento ponderale, DM, dislipidemia, effetti anticolinergici, ipotensione, sedazione Agonista parziale D2/5HT1A ed antagonista 5HT2A: aripiprazolo Antipsicotici tipici Farmacodinamica Gli AP tipici, denominati anche neurolettici, sono farmaci appartenenti a classi chimiche differenti (vedi dopo), che inducono effetti farmacologici, terapeutici ed indesiderati, attraverso un’azione esercitata sui mediatori che regolano SNC e SNA, in particolare su DA, ACh, NA, ST, H. Essi hanno in comune la capacità di rallentare la neurotrasmissione, attraverso il blocco di specifici recettori (D2 per la DA, 5‐HT2 per la ST, M1 per l’ACh, H1 per l’H, α1 ed α2 per la NA;). La caratteristica farmacodinamica ritenuta responsabile dell’attività antipsicotica sembra il blocco dei recettori D2 postsinaptici delle aree mesolimbiche e mesocorticali. È opportuno considerare, in maniera succinta e schematiche: Principali caratteristiche generali del meccanismo d’azione o Gli AP tipici si legano strettamente a D2 e se ne dissociano lentamente o Vi è una correlazione positiva tra dosi terapeutiche ed affinità per D2 o L’attività antipsicotica è associata con una % di occupazione di D2 tra 60‐80%. Al di sotto del 60% non si ha azione antipsicotica, al di sopra dell'o80% si hanno i sintomi extrapiramidali o Il blocco dei recettori è un effetto acuto, ma l’azione antipsicotica si manifesta dopo 15‐21 giorni. Questo perchè si bloccano i recettori D2 che si trovano non soltanto sul versante post‐sinaptico, ma anche pre‐sinaptico. Il recettore D2 presinaptico è un modulatore negativo del rilascio di dopamina (quindi normalmente inibisce il rilascio di DA). Quando diamo l'antipsicotico, il blocco del recettore D2 postsinaptico provoca una riduzione del tono dopaminergico; se blocco quello presinaptico, io blocco un'inibizione, quindi aumento il rilascio di dopamina, quesa dopamina che si rilascia nella sinapsi compete con il farmaco che blocca il recettore postsinaptico. Effetti indesiderati Il blocco di questi recettori in altre aree cerebrali aumento il rischio di insorgenza di effetti indesiderati in funzione della via DA coinvolta (nigrostriatale: EPS, tubero infundibolare: iperprolattinemia, mesocorticale: peggioramento della sintomatologia negativa e cognitiva). Altri effetti collaterali sono invece da ricondurre alle attività di blocco degli altri recettori, con significative differenze di incidenza tra diversi AP, come conseguenza della loro diversa affinità per tali sistemi neurotrasmettitoriali. WWW.SUNHOPE.IT Classificazione Gli antipsicotici tipici sono farmaci costituiti da 3 anelli condensati, di cui il centrale può essere costituito da una struttura a 6 o a 7 atomi di C: 6 atomi di C Fenotiazine: molecole a struttura tricilcica, possono a loro volta suddividersi in 3 sottogruppi in rapporto alla natura della catena laterale legata al nucleo triciclico: Alchiliche: clorpromazina Piperidiniche: tioridazina (ritirata Piperaziniche: per cardiotossicità) flufenazina,trifluperazina Marcata attività D2‐bloccante Minor attività D2‐bloccante: Discreta azione D2‐bloccante discreto effetto AP con minore (effetti AP, EPS) EPS e minori effetti endocrini Notevole attività antistaminica ed Maggior attività antistaminica ed Minor attività α1‐adrenolitica, α1‐adrenolitica con marcato α1‐adrenolitica: marcato effetto antistaminica effetto sedativo ed ipotensione sedativo ed ipotensivante posturale Discreta attività anticolinergica Maggior attività antimuscarinica Minor attività anticolinergica (muscarinica) ed endocrina Tioxanteni: sono simili, sul piano strutturale alle fenotiazine: o Tioxitene: possiede la catena laterale piperidinica o Clopentixolo, flupentixolo: hanno la catena laterale piperazinica 7 atomi di C: Butirrofenoni: aloperidolo, droperidolo Difenilbutilpiperidin e: pimozide: ha una struttura simile ai butirrofenoni Dibenzoxazepine : clotiapina: Notevole attività D2‐ bloccante: marcato effetto AP e EPS Scarsa attività D2‐bloccante Discreta attività D2‐ bloccante Scarsa attività α1‐ adrenolitica ed antistaminica: modesti effetti sedativo ed ipotensivante Modesto effetto anticolinergico ed effetto procolinergico indiretto a livello striatale Scarsa attività α1‐adrenolitica ed antistaminica Notevole attività α1‐ adrenolitica ed antistaminica Scarsa attività anticolinergica Modesto effetto endocrino Discreta attività anticolinergica: risulta quindi molto simile alla clorpromazina per l’effetto ipotensivante e sedativo Benzamidi: sulpiride, levosulpirid e, amisulpirid e Discreta attività D2‐ bloccante solo a livello extracerebrale (ipofisario) per il difficoltoso attraversamento della BEE Scarsa attività α1‐ adrenolitica ed antistaminica Scarsa attività anticolinergica (aloperidolo) Emivita: 10‐40 ore Variabilità dei livelli plasmatici (LP) tra i soggetti LP< 30 ng/mL di clorpromazina: adeguata risposta terapeutica LP> 75ng/mL di clorpromazina: effetti collaterali marcati LP di tioridazina elevati, forse a causa della relativa idrofilia LP di aloperidolo normali tra 10‐15ng/mL: al di sotto di 4 ng/mL l’aloperidolo non è in grado di esplicare un’adeguata attività in fase acuta o di prevenire le ricadute in fase di mantenimento Metabolismo avviene a livello epatico con reazioni di ossido‐riduzione e di glicurono‐coniugazione o solfo‐ coniugazione Metaboliti Inattivi: sulfossidi derivati in posizione 5 della tioridazina Attivi: 7‐idrossi‐clorpromazina, mesoridazina, idrossi‐aloperidolo I LP di clorpromazina e di altre fenotiazine tendono ad essere più bassi nell’assunzione cronica rispetto a quella iniziale: i composti a bassa potenza sarebbero in grado di indurre il proprio metabolismo, anche se è possibile che a ciò contribuiscano alterazioni della motilità intestinale Feto, bambino piccolo ed anziano presentano una minor capacità di metabolizzare e di eliminare i NL, mentra i bambini tendono a metabolizzarli più rapidamente rispetto agli adulti L' Escrezione è quasi interamente renale (70‐80%), molto più rapida di quella dai siti ricchi di lipidi (SNC): da ciò consegue la relativa lentezza con la quale ricompaiono i sintomi psicotici dopo sospensione del trattamento Effetti collaterali La scarsa tollerabilità degli AP tradizionali e la conseguente bassa compliance al trattamento sono essenzialmente correlati all’induzione degli effetti collaterali, possibili sia in fase acuta che in fase di mantenimento Extrapiramidali (40‐80%): a prescindere dall’insorgenza, acuta o tardiva, il decorso comprende forme sia reversibili alla sospensione‐riduzione del trattamento, sia persistenti anche dopo anni dalla sospensione (es. acatisia persistente). È importante, inoltre, sottolineare come gli EPS comprendano alterazioni sia motorie che psichiche (vedi dopo) Notevoli effetti endocrini: iperprolattinemia, amenorrea, diminuzione della libido e ginecomastia Farmacocinetica La potenza si misura in dosi equivalenti di aloperidolo, cioè mg di un composto che danno effetti simili ad un mg di aloperidolo L'Assorbimento è irregolare ed imprevedibile, soprattutto per os. Le preparazioni liquide sembrano avere un assorbimento più completo, quelle depot più lento L’assorbimento della clorpromazine dal tratto GI viene modificato in maniera imprevedibile dal cibo e ridotto dagli antiacidi La maggior affinità per i recettori muscarinici intestinali può modificare l’assorbimento della tioridazina La Biodisponibilità presenta un notevole effetto di primo passaggio epatico. Essa aumenta notevolmente per somministrazione parenterale, specie intramuscolo, grazie all’evitamento del metabolismo di primo passaggio Per la clorpormazina la biodisponibilità aumenta soprattutto se somministrata in preparazione liquida rispetto alle compresse Il Volume di distribuzione elevato: i neurolettici, infatti, sono molecole altamente lipofile Ha un Elevato legame farmaco‐proteico: vi è accumulo nei tessuti a maggior contenuto lipidico e con elevato flusso ematico (encefalo, polmoni, placenta): clorpromazina, aloperidolo ed altri neurolettici possono raggiungere nell’encefalo concentrazioni 10 volte superiori a quelle plasmatiche Picchi plasmatici in 2‐4 ore (clorpromazina, tioridazina) o in tempi più brevi se la molecole è altamente lipofila WWW.SUNHOPE.IT Sono classificati in: Precoci: compaiono entro i primi giorni o le prime settimane di trattamento. Sono legate al meccanismo proprio del farmaco 1.Sindrome parkinsoniana: è dovuta al blocco (del 75‐80%) dei recettori D2 a livello striatale con conseguente disinibizione dei neuroni colinergici Triade clinica: tremore, rigidità, acinesia o bradicinesia Incidenza molto variabile Trattamento farmacologico: anticolinergici 2.Distonia acute: sono probabilmente dovute a condizioni ipoDAergiche, con effetto compensatoria del release della DA nei neuroni a monte Quadro clinico: spasmi muscolari ad insorgenza brusca a livello dei muscoli di testa e collo (torcicollo spasmodico), muscoli masticatori (trisma), muscoli orbicolari degli occhi (crisi oculogire), muscoli del tronco (opistotono, spasmi in torsione), muscoli masseteri (sublussazione ATM), muscoli di deglutizione e fonazione. L'incidenza: maggiore nei maschi ed in età giovanile.Il trattamento è con anticolinergici e BDZ ev 3.Acatisia: è la sensazione di irrequietezza motoria, per cui il soggetto cammina in continuazione oppure, se sta seduto, muove continuamente le gambe. La terapia consiste nel ridurre la dose di NL o passare ad una più bassa potenza, BDZ o beta‐bloccanti (propanololo) 4.Disforia soggettiva: è l’espressione psichica dell’acatisia e può manifestarsi anche in assenza della componente motoria. La disforia riduce la compliance, peggiora l’esito del trattamento e può indurre comportamenti auto lesivi Tardivi: compaiono dopo mesi od anni di terapia. La patogenesi è legata all'ipersensibilità conseguente al blocco dei recettori DA da non uso a livello striatale. Terapia: evitare anticolinergici, GABA‐agonisti, BDZ, vitamina E, sostituzione dei neurolettici con clozapina. 1.Discinesia tardiva: è caratterizzata da movimenti involontari, prevalentemente a carico del distretto bucco‐linguo‐masticatorio (rabbit syndrome): movimenti di sbuffamento, di succhiare, di protrusione della lingua; Raro interessamento di muscoli di troco e arti (coreoatetosici) di muscoli di fonazione, deglutizione o respirazione. Cardiovascolari Ipotensione posturale: è dovuta ad attività α1‐adrenolitica ed antistaminica o Tachicardia riflessa e per azione atropino‐simile diretta sul muscolo cardiaco o Alterazioni ECG: appiattimento onda T ed allungamento QRS, per azione atropino‐simile Sedazione: per l’attività α1‐adrenolitica ed antistaminica Aumento di peso (40%, soprattutto con fenotiazine): parzialmente legato alla sedazione, è principalmente dovuto all’effetto antistaminico e DAergico a livello ipotalamico (con conseguente polifagia) e ad una modificazione del metabolismo dei carboidrati con accumulo di lipidi Abbassamento della soglia convulsivante Effetti endocrino‐metabolici o Iperprolattinemia (60‐95%) ▪ Nelle femmine: ingrossamento e tensione del seno, galattorea, irregolarità mestruali (amenorrea, dismenorrea, metrorragia) ▪ Nei maschi: ginecomastia e riduzione del volume testicolare, impotenza ▪ In entrambi i sessi: diminuzione del desiderio sessuale, anorgasmia, rischio di osteoporosi (soprattutto nelle donne) o Sindrome metabolica con alterazione del metabolismo glucidico e lipidico o DM2 o Alterazione della funzione erettile e dell’eiaculazione con fenotiazine (soprattutto per l'azione sugli alfa1) Effetti anticolinergici: secchezza delle fauci, disturbi dell’accomodazione visiva, ritardo della minzione, anorgasmia Effetti cutanei: fotosensibilizzazione con rash cutanei o pigmentazione cutanea, decolorazione cutanea Effetti oculari: retinopatia pigmentosa (tioridazina) Ittero: da meccanismo allergico idiosincratico Disturbi della crasi ematica su base idiosincrasica: leucocitosi o leucopenia, eosinofilia, agranulocitosi Sindrome maligna da neurolettici o Fattori di rischio: sesso maschile, età giovanile, uso di dosi elevate di NL ad elevata potenza, con rapido incremento delle stesse dosi o Quadro clinico: rigidità muscolare, ipertermia, ipo‐ od iper‐tensione, tachicardia e tachipnea, sudorazione, leucocitosi, aumento CPK sieriche, fluttuazioni dello stato di coscienza o Trattamento o WWW.SUNHOPE.IT ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ Sospensione del farmaco Correggere lo squilibrio idroelettrolitico Agire sulla febbre e sul’ipertensione Miorilassanti: dantrolene Agonisti DA: bromocriptina Overdose da neurolettici Si verifica soprattutto per somministrazioni di dosi troppo ravvicinate di farmaci a lunga emivita (clorpromazina) e si manifesta con grave sindrome extrapiramidale, depressione cardiorespiratoria, iper‐ od ipo‐termia, coma È raramente letale, purchè si intervenga tempestivamente con dantrolene e bromocriptina Pazienti considerati a rischio sono o Parkinsoniani e pazienti con disturbi extrapiramidali: di determina un peggioramento del quadro clinico o Cardiopatici: vi è il pericolo di scatenare od aggaravere disturbi del ritmo e della conduzione a causa del passaggio di K dal compartimento extra‐ a quello intra‐cellulare (tioridazina) o Epilettici: vi è il pericolo di scatenare crisi epilettiche per l’abbassamento della soglia convulsivante (fenotiazine) o Epatopatici: si determinano alterazioni metaboliche con ridota eliminazione del farmaco ed aggravamento dell’ittero da stasi o Anziani: vi è un potenziamento di tutte le attività dei neurolettici per il rallentamento della metabolizzazione e per l’aumentata sensibilità dei recettori o Donne gravide: vi è un effetto teratogeno nel I trimestre Interazioni farmacologiche: alcuni AP, ed in particolare le fenotiazine, inibendo l’attività del CYP40, possono determinare un incremento plasmatico di altri farmaci quali gli ATC. Tale interazione, in realtà, è anche di tipo farmacodinamico, condividendo entrambi i farmaci attività recettoriali quali quella muscarinica, adrenolitica ed istaminergica. Il metabolismo degli AP tipici, a loro volta substrato del CYP, risulta rallentato da farmaci inibitori del CYP, come gli SSRI Trattamenti farmacologici ad azione prolungata Garantiscono un rilascio continuo nel tempo del farmaco: aloperidolo decanoato, zuclopentixolo decanoato, perfenazina enantato, flufenazina decanoato: queste preparazioni contengono un AP iniettabile per via intramuscolare che, rilasciato molto lentamente in circolo, consente di prolungare nel tempo l’effetto terapeutico. Il loro uso è indicato in pazienti schizofrenici con scarsa compliance e gli intervalli di somministrazione sono fra 2 e 6 settimane. Si associano a: Picchi delle concentrazioni plasmatiche inferiori, senza alcuna differenza nelle concentrazioni a valle e con ridotte fluttuazioni dei LP Miglioramento di tollerabilità ed aderenza Possibilità di monitorare ed indirizzare in modo corretto la scarsa aderenza Efficacia sovrapponibile a quella delle preparazioni orali Antipsicotici atipici Con il termine AP atipici o di seconda generazione è stato designato un gruppo di composti che si differenziano sostanzialmente dagli AP tipici per un diverso profilo recettoriale a livello del SNC. In generale, una minor affinità per i recettori DA ed un coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitoriali, in primis quello ST, potrebbero spiegare la maggior tollerabilità soprattutto dal punto di vista motorio ed endocrinologico. Classificazione o Antagonisti D2 altamente selettivi: benzamidi o Antagonisti D2 non selettivi ed a largo spettro d’azione (multirecettoriali): clozapina, olanzapina, quetiapina o Antipsicotici ad azione bloccante mista 5HT2A‐D2 (e NA): risperidone, ziprasidone o Agonisti parziali D2: aripripazolo Ma quali sono i potenziali vantaggi rispetto ai tipici??? Questi farmaci hanno azione sui sintomi negativi, depressivi e cognitivi. Inoltre presentano un minor rischio di ricadute e miglior adesione al trattamento. Infine presentano una ridotta frequenza di EPS e DT e di iperprolattinemia Indicazioni terapeutiche Trattamento a breve e lungo termine della schizofrenia e delle psicosi correlate La clozapina è indicata anche nella schizofrenia resistente, cioè in quei pazienti che non hanno risposto ad almeno due precedenti trattamenti con AP Trattamento della mania in corso di disturbo bipolare: la clozapina è efficace nel trattamento a lungo termine del disturbo bipolare Clozapina ed olanzapina, infine, sarebbero efficaci anche nella fase acuta dell’episodio depressivo in corso di disturbo bipolare La quetiapina è efficace negli episodi acuti di mania e di depressione in corso di disturbo bipolare, nella profilassi del disturbo bipolare, nonché nella depressione maggiore Farmacodinamica Ridotta affinità per D2 rispetto ai tipici Maggior potenza di blocco 5HT2a rispetto al blocco D2: determinerebbe il mantenimento di una sufficiente trasmissione DA a livello nigrostriatale, mesocorticale e tubero infundibolare, con una significativa riduzione di incidenza dei conseguenti effetti collaterali. La stimolazione del recettore 5HT2A inibisce il rilascio di DA: quindi, gli AP atipici aumentano il rilascio di DA. Ne deriva, a livello prefrontale, un miglioramento dei sintomi negativi, depressivi e cognitivi, a livello dei gangli della base, una minor incidenza di EPS Antagonismo 5HT2C: determina un effetto inibitorio sul rilascio di DA e NA nella corteccia prefrontale Antagonismo D2/D3: amisulpiride Rapida dissociazione da D2 (clozapina e quetiapina): l’occupazione recettoriale di alcuni AP risulterebbe ben al di sotto della soglia dell’80%, a causa di una più rapida dissociazione da D2, che consentirebbe il mantenimento di un adeguato tono DA Agonisti D2 parziali: aripripazolo: questo composto si comporta come agonista parziale od antagonista funzionale a seconda del livello di trasmissione DA. Tale attività di modulazione dovrebbe, in teoria, consentire di correggere l’iperattività DA, che a livello mesolimbico è alla base dei sintomi positivi e l’ipoattività DA, responsabile dei sintomi negativi e cognitivi, nonché di evitare l’insorgenza di effetti collaterali quali EPS ed iperprolattinemia Maggior affinità per i D2 mesolimbici e mesocorticali rispetto a quelli nigrostriatali Azione su altri recettori con azione sul rilascio di neurotrasmettitori (altri recettori serotoninergici, recettori muscarinici, adrenergici, gluttamatergici, GABAergici): è importante sottolineare come gli antipsicotici, tramite meccanismi serotoninergici, riducano il rilascio di glutammato, con effetti importanti anche nella cura della mania WWW.SUNHOPE.IT Azione neurotrofica e neuroprotettiva: meccanismi implicati sarebbero: ▪ Inibizione della neurotossicità da glutammato ▪ Aumento dell’espressione di fattori neurotrofici ▪ Stimolazione della neurogenesi ippocampale Meccanismi di potenziamento della trasmissione monoaminergica o Agonismo parziale 5HT1A o Antagonismo recettori 5HT2A e 2C o Antagonismo recettori alfa‐adrenergici o Blocco trasportatore NA e ST Similitudini tra gli atipici Elevato rapporto di affinità 5HT2A/D2 Elevata potenza alfa1 Profilo multi recettoriale Differenze tra gli atipici: hanno una differente affinità per alcuni tipi recettoriali D1: clozapina, olanzapina 5HT2C: clozapina, olanzapina, ziprasidone Alfa2: risperidone H1: clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone Muscarinici: clozapina, olanzapina Classi di farmaci e profilo recettoriale Clozapina: D2, D1, 5HT2C, H1, muscarinici Olanzapina: D2, D1, H1, M1, alfa1, 5HT2C, 5HT2A, 5HT1A Quetiapina: D2, 5HT2A, H1, alfa1 e 2 Risperidone: D2, 5HT2A, alfa1 e 1 Ziprasidone: D2, H1, alfa1 e 2, 5HT1d, 5HT2A, 5HT1A Paliperidone: D2, M1, alfa1 e 2, 5HT2A. E’ disponibile sotto forma di compresse a rilascio modificato, basate su di un sistema osmotico (sistema OROS) che consente una cessione controllata del farmaco nell’arco delle 24 ore e non richiede una titolazione iniziale della dose. Nelle pompe osmotiche orali, il farmaco è eventualmente miscelato con un eccipiente solubile in acqua (un polimero, un sale inerte), parte interna del sistema. La parte del rivestimento è costituita da una membrana polimerica insolubile in acqua e semipermeabile rispetto ad esso, nella quale è praticato un piccolissimo foro: le molecole d’acqua diffondono all’interno del sistema attraverso la membrana semipermeabile, formandovi una soluzione concentrata. In questo modo, si genera una differenza di concentrazione tale da drenare il farmaco fuori dal foro: all’inizio, l’acqua entra, per osmosi, fino a raggiungere la pressione idrostatica necessaria alla fuoriuscita del farmaco. Quindi, le molecole di farmaco escono dal foro trascinate dall’acqua: però, la matrice ne rilascia una quantità corrispondente a quella che fuoriesce, sicchè la concentrazione rimane praticamente costante. Poiché dunque la concentrazione di farmaco è costante, anche la pressione osmotica interna al sistema può ritenersi costante ed in equilibrio con la pressione osmotica esterna: ne risulta una variazione nulla. Conseguentemente, la velocità di fuoriuscita del farmaco segue una cinetica approssimativamente di ordine zero. Successivamente, quando il numero di molecole del farmaco diminuisce oltre un certo valore, la concentrazione prende a diminuire rapidamente e con essa la pressione osmotica interna al sistema: la cinetica di fuoriuscita del farmaco segue allora una cinetica di prim’ordine Aripiprazolo o Effetti principali ▪ Agonista parziale di D2: agisce da antagonista in condizioni di elevata attività DA (es. sintomi psicotici) e da agonista quando la DA è insufficiente (es. ridotti EPS, controllo sintomi negativi) ▪ Agonista parziale 5HT1A ▪ Antagonista di 5HT2A o Meccanismo d’azione: una gestione ottimale della disregolazione DAergica associata alla psicosi: ▪ Farebbe diminuire l’attività DAergica della via mesolimbica ▪ Farebbe aumentare l’attività DAergica della via mesocorticale ▪ Non avrebbe alcun effetto sulle altre vie nigrostriatali o tubero infundibolari o Implicazioni di tollerabilità: ▪ Agonista parziale di alta affinità per D2: determina un basso potenziale di comparsa di EPS e di iperprolattinemia ▪ Nessun affinità per recettori muscarinici e moderata affinità per α1 ed H1 Basso potenziale di comparsa di aumento ponderale e di sonnolenza: H1 Basso potenziale di sviluppo di deficit cognitivi: muscarinici Bassa tendenza allo sviluppo di ipotensione ortostatica: α1 ▪ Effetti collaterali: sedazione od irrequietezza, acatisia, vertigini, insonnia (vedi dopo) Farmacocinetica Biodisponibilità molto variabile: dal 9% della quetiapina all’87% dell’aripiprazolo Legame proteico del 90‐95% (tranne: amisulpiride, 17%, e paliperidone, 30%) Emivita molto variabile Metabolismo epatico CYP450 con formazione di alcuni metaboliti attivi (quindi le principali interazioni riguardano farmaci che agiscono sul CYP450. Altre interazioni importanti sono quelle con gli AD per le comuni azioni su varie classi recettoriali): o 9‐idrossirisperidone: questo metabolita attivo è anche commercializzato come tale in formulazione a rilascio prolungato su base osmotica o Norquetiapina: è un potente inibitore del trasportatore della NA, responsabile dell’effetto antidepressivo o Norclozapina o Deidroaripripazolo Nuove formule o Soluzione orale, gocce: risperidone, aripiprazolo o Compresse orodispersibili: olanzapina, aripiprazolo, risperidone o Compresse sublinguali: asenapina o Compresse a rilascio prolungato: paliperidone (vedi dietro), quetiapina o Preparazioni per via im ad azione più rapida: olanzapina, aripiprazolo,ziprasidone o Farmaci iniettabili a lunga durata d’azione: risperidone a rilascio prolungato, olanzapina pamoato, paliperidone palmitato Effetti collaterali Gli AP atipici non sono farmaci scevri da effetti collaterali, anche se si registra una minor incidenza di EPS e di DT rispetto a quelli tipici: Prolungamento del QT (soprattutto ziprasidone) Effetti metabolici - Aumento ponderale (soprattutto clozapina ed olanzapina, poi risperidone e quetiapina) - Rischio diabetogeno (soprattutto clozapina ed olanzapina) - Modificazioni dell’assetto lipidico (soprattutto clozapina ed olanzapina) Effetti collaterali specifici o o o o o Approfondimento: insulina ed antipsicotici Gli AP, sia tipici che atipici, possono aumentare la produzione di insulina, anche se in modo differente, in relazione alla struttura chimica ed al profilo recettoriale. La capacità di indurre insulino‐resistenza appare secondaria all’effetto diretto del farmaco sulla funzione delle beta‐ cellule pancreatiche. Un’ulteriore ipotesi è che l’azione su H1, 5HT2A/C e sui recettori muscarinici induca uno stato di insulino‐resistenza incrementando i livelli di ormoni anti‐insulinici come cortisolo ed adrenalina. Inoltre, nei pazienti schizofrenici, a fronte di un’equivalenza di grasso sottocutaneo, vi è un netto aumento (2, 3 volte) di grasso viscerale: questo aumento, in associazione all’azione anti insulinica degli AP, comporterebbe lo sviluppo del DM2. L’azione su H1 sarebbe più correlata, invece, all’aumento ponderale. Quindi, è opportuno considerare alcuni aspetti importanti: Alterazioni del metabolismo glucidico o Peggioramento DM preesistente o Insorgenza (slatentizzazione?) di DM2 o Alterazioni della regolazione del metabolismo glucidico o L’aumento del rischio non è dimostrato per tutti i farmaci, ma soprattutto per clozapina ed olanzapina o Insorgenza cheto acidosi diabetica Possibili meccanismi di insulino‐resistenza o Azione sui recettori cerebrali (non dimostrata per alcun neurotrasmettitore) o Aumento del peso corporeo e del BMI o Effetti neuroendocrini centrali con diminuzione di IGF1 ed aumento di insulina Effetti generali Iperprolattinemia: Dovuta soprattutto a amisulpiride (95%), risperidone (85%), olanzapina e quetiapina ( 35%), clozapina ed aripiprazolo (10%) WWW.SUNHOPE.IT Risperidone ▪ Iperprolattinemia ▪ Ipotensione posturale ▪ Aumento di peso Olanzapina: aumento di peso e sedazione Quetiapina: aumento di peso, sedazione ed ipotensione posturale Clozapina: è l’AP atipico con maggiori effetti collaterali ▪ Incremento ponderale, talora notevole ▪ Marcati effetti anticolinergici: stipsi (talora grave con subocclusione intestinale), scialorrea ▪ Ipotensione ortostatica e sedazione ▪ Abbassamento della soglia convulsiva ▪ Agranulocitosi, anche in assenza di leucopenia, di tipo idiosincratico Aripiprazolo: sedazione, irrequietezza, acatisia Effetti periferici Pancreas: tossicità su beta‐cellule delle isole di Langerhans ▪ Alterazione dei meccanismi di trasporto del glucosio: inibizione della penetrazione di glucosio nelle cellule, specie muscolari Manifestazioni di insulino‐resistenza o Il “quartetto della morte”: DM2, ipertensione arteriosa, dislipidemia, ipercoagulabilità o Manifestazioni cardiovascolari precoci ▪ Microangiopatia: insufficienza renale, cecità ▪ Macroangiopatia: ictus, infarto miocardico, amputazione degli arti inferiori Dislipidemia da AP o Aumento dei trigliceridi: correla con l’aumento di peso, con i livelli ematici di glicemia e di insulina o Diminuzione HDL o LDL normali, anche se la morfologia delle particelle LDL può essere ancora più piccola e più eterogenea o Conseguenze: aumento del rischio di malattia coronarica e di accidente cerebrovascolare Sviluppo di sindrome metabolica: almeno 3 di: o Glicemia a digiuno >110 mg/dl o Ipertensione arteriosa >135/85 mmHg o TG plasmatici >150mg/dL o HDL <40mg/dL nell’uomo o <50mg/dL nella donna o Circonferenza vita >102 cm nell’uomo o >88cm nella donna o ▪ WWW.SUNHOPE.IT La paranoia indica una situazione di disturbo mentale lucido, caratterizzato dal DELIRIO, In psichiatria, il termine delirio indica una varietà di stati mentali confusionali in cui l'attenzione, la percezione e la cognizione del soggetto appaiono significativamente compromesse. Di per sé il delirium non è una patologia quanto una sindrome (un complesso di sintomi) che può presentarsi in diverse forme, essere acuta o cronica ed essere espressione di una sofferenza metabolica del cervello che può avere molteplici cause. Il termine delirio in senso stretto (convincimento errato incorreggibile) si riferisce ad un disturbo del contenuto del pensiero, che può essere presente in varie malattie psichiche (psicosi), ad esempio nella schizofrenia, negli episodi depressivi o maniacali con sintomi psicotici, nel disturbo delirante cronico (o paranoia). Ha una prevalenza dello 0,03%, insorgenza più tardiva, ovvero intorno ai 30‐50 anni. Ha la stessa incidenza negli uomini e nelle donne. Il delirio può essere: DISMORFOFOBICO: una donna che pensa di avere un difetto fisico. Tutta l'attenzione va verso quel difetto. EROTOMATICO: per esempio una donna che pensa che un uomo ricco sia innamorato di lei..Dopo un pò subentra la disillusione e, infine, una terza fase che può arrivare allo stalking. DI GELOSIA DI RIVENDICAZIONE: l'attenzione è concentrata suun torto. Mancano le allucinazioni e i disturbi della sfera affettiva. Presenta un decorso cronicocon risposta incostante ai farmaci Se pone la domanda come DEMENZE: Le demenze sono un gruppo di condizioni cliniche caratterizzate da compromissione intellettiva, con (….tutta questa parte è stata integrata da internet perché non mi era molto chiara!) I disturbi neuro‐cognitivi comprendono i disturbi cognitivi elencati nel DSM‐IV‐TR quali delirium, demenza e altri disturbi cognitivi prima definiti disturbi mentali “organici” ,cioè prodotto di cambiamenti strutturali o fisiologici nel tessuto cerebrale. Fino al DSM‐IV le patologie diagnosticabili dal punto di vista psichiatrico dovevano causare “disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti” . Tuttavia, patologie quali la malattia di Alzheimer si presentano solitamente con sintomi lievi che sono minimamente disabilitanti o dirompenti, ma che progrediscono nel tempo fino a soddisfare la soglia di disabilità sociale o occupazionale. Il DSM‐5 riconosce questa particolarità, ha eliminato il termine demenza e consente la categorizzazione dei sintomi cognitivi/psichiatrici dei disturbi cerebrali in stadio di gravità lieve o maggiore. Nel DSM‐5 c’è inoltre la possibilità di inquadrare un disturbo come probabile o possibile, i quali, rispettivamente, significano che il paziente soddisfa tutti i criteri per un particolare disturbo o che il paziente ne soddisfa solo alcuni. Sulla base di tale categorizzazione, ad esempio, una possibile malattia di Alzheimer e una possibile malattia vascolare possono coesistere. Esistono due categorie di disturbo neurocognitivo nel DSM‐5: maggiore o lieve. Il disturbo neurocognitivo maggiore è equivalente alla diagnosi precoce di demenza secondo il DSM: una compromissione di capacità cognitive multiple sufficiente a interferire con l’autosufficienza, il lavoro o le relazioni sociali. La diagnosi di disturbo neuro‐cognitivo lieve indica che la persona è in grado di essere indipendente nonostante la presenza della compromissione cognitiva. Diagnosi DSM5 “Disturbo neuro cognitivo maggiore‐lieve”: A. Evidenza di un declino cognitivo da un precedente livello di prestazioni in uno o più domini cognitivi basato su: 1. preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico su un significativo // lieve declino delle funzioni cognitive 2. una significativa// modesta compromissione delle performance cognitive documentata da test neuropsicologici standardizzati B. i deficit cognitivi interferiscono // non interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane C. i deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium D. i deficit cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo come schizofrenia e disturbo depressivo maggiore Bisogna specificare : 1)se dovuto a : Alzheimer, malattia di Lewy, Parkinson, Huntington, uso di sostanze/farmaci, malattia vascolare, malattia a corpi di lewy, degenerazone frontotemporale 2)se è accompagnato da alterazioni comportamentali come apatia agitazione ecc.. 3) se lieve / moderato/ grave…in base alle attività di vita quotidiana che riesce a svolgere(solo nel maggiore) Per l’ICD‐10 1. Declino delle funzioni intellettive 2. Declino globale di memoria, capacità di astrazione, critica, giudizio 3. Integrità della coscienza 4. Interferenza con le attività personali quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare) 5. Sintomi per almeno 6 mesi 70 WWW.SUNHOPE.IT alterazione di più funzioni cognitive (memoria, linguaggio, capacità visuospaziali). Il termine “demenza” viene spesso usato per definire le condizioni croniche, progressive ed irreversibili, ma ciò non è esatto in quanto molte condizioni (cause tossiche, dismetaboliche, meccaniche) sono parzialmente o totalmente reversibili in seguito alla rimozione della noxa patogena. Comunque, non è un’accentuazione del fisiologico processo di invecchiamento, né una sua anticipazione temporale: vi sono, infatti, chiare differenze qualitative, sia sul piano anatomopatologico che clinico fenomenologico: nell’anziano, infatti: La disfunzione della memoria è graduale e riguarda soprattutto la rievocazione del materiale mnestico Egli riesce comunque ad acquisire nuove informazioni Le funzioni intellettive globali, sia pur un po’ rallentate e meno elastiche, sono conservate Le disfunzioni presenti non interferiscono in maniera significativa con la vita quotidiana Oggi la terminologia demenza è superata, è stata sostituita da ” disturbo neuro cognitivo” La CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA distingue: Demenze primarie: neurodegenerative Corticali: malattia di Alzheimer, demenza di PIck, demenza di Lewy, demenza frontotemporale Sottocorticali: demenza in corso di malattia di Parkinson, corea di Huntington, degenerazione spino cerebellare, paralisi sovra nucleare progressiva. Queste condizioni non sempre danno demenza Demenze secondarie: a varie cause Vascolari: multiinfartuali, infarti lacunari, infarti di confine, malformazioni AV, da ipossia Demielinizzanti: SAP, sindrome di Marchiafani‐Bignami Dismielinizzanti: leucodistrofie Traumatiche: ematoma subdurale, demenza pugilistica Neoplastiche: meningioma sub frontale Da idrocefalo Metaboliche: encefalopatia uremica, epatica, disendocrinia, da deficit di B12 o folati Tossiche: abuso di alcool, droghe o farmaci, da metalli Infettive: neurolue, AIDS‐demenza complex, malattua da prioni Psichiatriche: pseudo demenza depressiva La prevalenza è: Demenze di tipo Alzheimer: 60% Demenze vascolari: 20% Miste: AD + vascolari: 15% Altro: 5% Psicopatologia‐clinica Varie sono le alterazioni presenti, come l’alterazione del carattere e dell’umore: accentuazione ed esasperazione dei tratti caratteriali o comparsa di caratteristiche opposte, come generosità‐prodigalità fino allo sperpero, parsimoniosità‐avarizia, rispetto delle regole o comportamenti asociali, fino a scoppi d’ira e manifestazioni di violenza. Poi sono spesso presenti disturbi della memoria progressivamente ingravescenti, con l’incapacità a ricordare i contenuti mnestici acquisiti e ad immagazzinare nuove informazioni,l’afasia nominum, l’alterazione della memoria diacronica: difficoltà a collocare gli eventi nella giusta sequenza temporale, le paramnesie: difficoltà a riconoscere i ricordi come personali o l’amnesia globale. C’è mancanza di consapevolezza, disorientamento 71 temporo‐spaziale, compromissione dell’attenzione : il pz ha difficoltà di concentrazione e facile distraibilità, c’è compromissione delle capacità di astrazione come la perdita di capacità di critica e di giudizio con alterazione dei comportamenti sociali (es. disinibizione sessuale). Il pz inizierà ad avere disturbi della percezione come illusioni, allucinazioni, falsi riconoscimenti, e del pensiero come deliri di persecuzione . Contemporaneamente ci sarà anche un alterazione delle capacità motorie con agitazione, iperaffacendamento finalistico, collezionismo, ipomobilità, deficit sfinterici. Il culmine sarà il ritiro sociale ( sfacelo mentale ), in cui il pz è costretto a letto, ha una vita puramente vegetativa priva di qualsiasi attività mentale. Si può manifestare la “Sindrome alogica di Reich” Afasia: disturbo del linguaggio con incoerenza, confabulazione, progressivo impoverimento Aprassia: incapacità ad eseguire attività motorie nonostante la comprensione e la motricità integra Agnosia: incapacità di riconoscere gli oggetti, nonostante l’integrità delle funzioni sensoriali E’ la più frequente malattia neurodegenerativa, causa di demenza più frequente con una prevalenza del 60%, che aumenta con l’età. Il 90 % dei dei casi si manifesta dopo i 65 anni, solo il 10% dei casi prima dei 65 anni, con i cosiddetti quadri atipici. I fattori di rischio della patologia si distinguono in: Modificabili: fumo, tossici, basso livello di istruzione di attività intellettuali e non modificabili: familiarità, età, sesso, anamnesi familiare positiva per DAT. Quadro anatomopatologico Macroscopico L’encefalo si presenta atrofico con le circonvoluzioni assottigliate e i Solchi ingranditi. L’atrofia è più evidente nelle aree temporali, mediali e frontali, i lobi occipitali sono relativamente risparmiati. Si osserva dilatazione ventricolare (idrocefalo ex vacuo) secondario all’ Atrofia, e leptomeningi inspessite‐ Microscopico Le alterazioni istologiche della MA sono dominate dalla presenza di placche neuritiche, ammassi neuro fibrillari e angiopatia congofila. Queste alterazioni in realtà possono essere presenti anche nel cervello di individui non dementi, ma limitate in quantità ed estensione.‐ 1. Placche neuritiche: ammasso di processi neuritici tortuosi e dilatati che circondano un core centrale di amiloide. I neuriti contengono la proteina tau. 2. Ammassi neuro fibrillari: della proteina tau a livello intracellulare, che col tempo causano la morte del neurone che li contiene con la formazione delle cosiddette pietre tombali. 3. Angiopatia congofila : accumuli di B‐amiloide nella parete vasale. 4. Perdita neuronale: soprattutto nucleo basale di Meyert, locus coeruleus, corteccia frontale, entorinale, temporale 5. Infiammazione attiva e gliosi Clinica Esiste la forma sporadica (98%) e la familiare ( 2%) La rara forma familiare è collegata ad alterazioni del precursore della sostanza amiloide e delle preseniline (ps1‐2), che codificano per le secretasi, enzimi coinvolti nel clivaggio dell’amiloide. Presenta un quadro clinico più severo ed esordio più precoce con breve durata della malattia (3‐4 anni). 72 WWW.SUNHOPE.IT Nelle forme sporadiche il decorso della malattia è variabile (8‐15 anni). Qui l’eziopatogenesi è multifattoriale : fattori genetici vulnerabilità in relazione al poLimorfismo per apo E4 stress ossidativo‐fattori infiammatori fattori ormonali ‐ ambientali Alterazioni neurotrasmettitoriali Sistema colinergico: il sistema colinergico è quello maggiormente colpito, quantitativamente si ha una riduzione di vari neurotrasmettitoti ma assai marcata è la riduzione dell’acetilcolina, poi della noradrenalina e di vari neuropeptidi. Diminuzione livelli corticali di ChAT: correlata al deficit cognitivo Diminuzione dei livelli di AChE Diminuzione dei recettori nicotinici e muscarinici M2 Sistema serotoninergico: diminuzione corticale ed ippocampale Sistema noradrenergico: perdita di neuroni nel locus coeruleus Acido glutammico: eccito tossicità GABA Neuropeptidi: somatostatina, ossitocina, CRF Decorso clinico e storia naturale della malattia La storia naturale è variabile per durata e modalità di progressione nelle diverse forme ed è influenzata dal grado di comorbilità e dal livello di accadimento del pz. Fase prodromica: da pochi mesi ad un anno: conservazione del comportamento sociale fino alle fasi di scompenso demenziale Esordio insidioso 1.Fase iniziale E’ spesso sottovalutata perché ritenuta erroneamente espressione del fisiologico processo di invecchiamento. In questa fase la persona può mostrare: perdite della memoria difficoltà nel linguaggio disorientamento spazio‐temporale perdita di iniziativa e motivazione difficoltà a a prendere decisioni segni di depressione o aggressività perdita di interesse verso le normali attività 2.fase intermedia Con il progredire della patologia i problemi cognitivi si aggravano e determinano una significativa interferenza con la capacità di svolgere anche le più comuni attività della vita quotidiana ( cucinare, pulite,fare acquisti) l soggetto può necessitare di assistenza e la cura personale e della propria abitazione. In questa fase può essere disorientato e può incominciare a esibire disturbi del comportamento compreso le allucinazioni . 3.Fase terminale Il malato non riconosce più parenti, amici e oggetti noti , come la propria abitazione. E’ completamente privo di interpretare gli eventi che accadono attorno a lui. In questa fase il disturbo della memoria è molto grave ma non sono da meno i disturbi fisici: difficoltà ad alimentarsi, della deambulazione, incontinenza a fedi e urine, completo allettamento. 73 I sintomi vengono classificati in una: Fase neuropsichiatrica: progressione dei sintomi psicopatologici e comparsa di quelle neurologici Fase neurologica: i sintomi neurologici predominano il quadro clinico (FTD o FTLD) A differenza della MA, in cui il processo inizia a livello della regione temporale mediale, nelle demenze frontotemporali, la malattia colpisce inizialmente i lobi frontali, temporali anteriori e l’amigdala: queste aree sono implicate nei processi cognitivi, ma anche in quelli emozionali e comportamentali. Controllano il linguaggio, il comportamento, parte del movimento e le capacità di pensiero, pertanto la loro graduale degenerazione comporta alterazioni nei suddetti ambiti. Sono problemi tipici: le difficoltà nell'articolare un discorso, i cambi di personalità improvvisi, i disturbi d'equilibrio e le amnesie. Rappresentano un gruppo di patologie con degenerazione fibrillare caratterizzate da accumulo abnormi di proteina tau, ma anche di ubiquitina e di TAR/DNA‐43. L'esatto meccanismo che induce l'insorgenza della demenza frontotemporale è stato chiarito solo in parte. Le ricerche più recenti hanno rivelato che il deterioramento progressivo dei neuroni dei lobi frontali e temporali è successivo alla formazione, all'interno delle medesime cellule, di aggregati proteici anomali. Tra le proteine che costituiscono gli aggregati, la più rappresentativa e “famosa” è tau. Tau è una proteina dei microtubuli, ovvero piccole strutture intracellulari che regolano il trasporto di elementi fondamentali all'interno della cellula. Quando tau forma gli aggregati, i microtubuli non funzionano più in maniera adeguata e la cellula coinvolta muore. La demenza frontotemporale può essere anche una malattia genetica trasmessa dai genitori ai figli. I geni, che, se mutati, predispongono alla demenza frontotemporale, sono almeno tre: MAPT, GRN e C9ORF72. MAPT è coinvolto nella sintesi di tau; GRN e C9ORF72 cooperano alla sintesi e al buon funzionamento di una proteina chiamata TDP‐43. sottotipi di demenza frontemporale Grazie anche alle scoperte scientifiche riportate nei punti precedenti, gli esperti di malattie neurodegenerative hanno individuato 3 sottotipi di demenza frontotemporale: 1. La malattia di Pick. Caratterizzata da ammassi intracellulari di proteina tau (“chiamati corpi di Pick”), sembra non essere collegata ad alcun tipo di mutazione genetico‐ereditaria. Nella maggior parte dei casi insorge dopo i 50 anni. 2. demenza frontotemporale con parkinsonismo, legata al cromosoma 17. È di fatto una malattia ereditaria, caratterizzata da un'alterazione del gene MAPT e dalla presenza di ammassi di proteina tau. 3. L'afasia progressiva primaria. Con esordio tipico attorno ai 40 anni e dalla progressione sintomatologica lenta e graduale, è soltanto in rari casi associata a mutazioni ereditarie dei geni MAPT, GRN e C9ORF72. Di solito, infatti, si presenta come una malattia a cause sconosciute. Quadro di deterioramento delle funzioni cognitive Lieve: ( durata media 2‐4 anni) Perdita della memoria a breve termine Difficoltà nel trovare le parole Problemi di giudizio critico Moderato( durata media 2‐10 anni) Memoria a breve termine gravemente compromessa Eloquio ripetitivo Orientamento diminuito Severo( durata media 3 anni) Attenzione gravemente diminuita e grave amnesia Aprassiab Perdita del linguaggio coerente Diagnosi Un tempo solo bioptica, ora si avvale di tecniche di neuroimaging e di specifici test come Mini mental state axamination (MMSE) che valuta: 1. Orientamento spazio‐temporale (5 elementi) 2. Riconoscimento di 3 oggetti 3. Attenzione e calcolo 4. Recall: ricordare i 3 oggetti di prima 5. Linguaggio: comprensione linguistica, disegno (orologio), scrittura, scioglilingua I risultati vengono così elaborati : Massimo: 30 <26: sospetto in caso di livello culturale alto <24: deterioramento cognitivo in atto <22: sospetto per livello culturale basso Trattamento 1. Dei sintomi comportamentali associati Neurolettici a basse dosi (aloperidolo) BDZ a breve emivita Supporto familiar e organizzazione di spazio e tempo 2. Dei deficit cognitivi 3. Prevenzione: Correzione dell’alterato metabolismo amiloideo Fattori immunitari e neuro protettivi 4. Terapie colinergiche Precursori ACh Potenziatori uptake della colina Inibitori AChE Agonisti recettoriali 5. Supporto riabilitativo WWW.SUNHOPE.IT Sintomi 74 Tra le varie funzioni svolte, i lobi frontali e i lobi temporali del cervello controllano anche il comportamento, il linguaggio, le capacità di pensiero, parte dei movimenti del corpo e alcuni muscoli. Pertanto, il deterioramento delle loro cellule nervose comporta una serie di sintomi e di segni, che si rifanno principalmente a questi ambiti. La demenza frontotemporale ha un andamento progressivo. Ciò significa che i suoi effetti tendono a peggiorare sempre più col tempo Problemi comportamento Come inappropriati comportamenti in pubblico, Impulsività, estrema golosità, cambio improvviso dei gusti e delle preferenze, scarsa igiene personale. problemi di linguaggio I problemi di linguaggio sono molto comuni in chi soffre di demenza frontotemporale. Consistono in un uso scorretto delle parole(Per es. un pz potrebbe usare la parola “pecora” al posto di “cane”),vocabolario ridotto e difficoltà durante la lettura di un testo. 75 problemi con le capacità di pensiero Quando la demenza frontotemporale pregiudica le capacità di pensiero, i pazienti manifestano facilità alla distrazione,scarsa capacità di pianificazione, giudizio e organizzazione, mancanza di autosufficienza, difficoltà di memoria, rigidità di pensiero problemi fisici e di movimento In genere, quando è giunta a uno stadio assai avanzato, la demenza frontotemporale pregiudica le capacità di movimento e il controllo di alcuni muscoli. Entrando nel dettaglio della sintomatologia, i pazienti possono manifestare rigidità simile a quella indotta dal morbo di Parkinson, mancanza di controllo dei muscoli vescicali (incontinenza urinaria) e intestinale (incontinenza fecale).progressiva debolezza, associata ad atrofia muscolare, difficoltà nel controllare gli arti del corpo, perdita di equilibrio e coordinazione Criteri diagnostici: Malattia possibile: almeno 3 di 1. Disinibizione comportamentale precoce (da meno di 3 anni) 2. Apatia precoce 3. Precoce perdita di empatia 4. Comportamento stereotipato, compulsivo o ritualistico precoce 5. Iperorariltà o modificazioni delle abitutidine alimentari 6. Profilo psicologico dei deficit esecutivi con relativa concentrazione della memoria e delle funzioni visuospazili (test Wisconsin) Malattia probabile: criteri di possibilità Significativo deterioramento cognitivo Neuroimaging coerente atrofia frontale e/o temporale anteriore alla RM o TAC e ipoperfusione o ipometabolismo nelle medesime regioni alla Pet o spet Di esclusione: deficit riconducibili ad altri disturbi internistici, neurologici o psichiatrici Le caratteristiche della MALATTIA DI PICK, forma più tipica di FTD, sono: Quadro anatomopatologico Atrofia frontale imponente‐Rigonfiamento neuronale balloniforme‐Corpi di Pick (corpi argirofili intraneuronali) Quadro clinico Sindrome frontale con alterazioni della personalità e comportamentali: disinibizione, irritabilità, ipersensibilità, immoralità, esplorazione compulsiva e disturbi mnestici ad insorgenza più tardiva Diagnosi successione temporanea dei sintomi Tecniche di neuroradiologia: estesa atrofia frontale, soprattutto nella parte anteriore e mediale Conferma istologica autoptica WWW.SUNHOPE.IT 76 Il disturbo neurocognitivo vascolare (demenza vascolare) è una forma di deficit cognitivodeterminata dall'alterazione della circolazione sanguigna cerebrale conseguente a eventi acuti, come un ictus o un'emorragia cerebrale, o a patologie croniche, come l'aterosclerosi. Come negli altri tipi di demenza, anche in questo caso il deterioramento delle capacità intellettive dipende da una degenerazione delle cellule nervose presenti nell'area cerebrale colpita, ma a determinare il danno neuronale in questo caso è principalmente il venir meno di un adeguato rifornimento di ossigeno e sostanze nutritive (in particolare, il glucosio). Oltre all'età superiore ai 60 anni, il rischio di andare incontro a ictus o patologie cerebrovascolari croniche e sviluppare secondariamente demenza vascolare è aumentato dalla presenza di diabete, ipertensione, alti livelli di colesterolo nel sangue, malattie cardiache (in particolare, storia di infarto miocardico e fibrillazione atriale) e dall'abitudine al fumo. E’ Al secondo posto tra le cause di demenza Insorgenza solitamente dopo i 60 anni. Clinica I sintomi della demenza possono avre un esordio acuto o a "a scalino" dopo ogni piccolo ictus, possono variare da pz a pz in funzione della specifica zona del cervello interessata dalla riduzione della circolazione sanguigna e possono comprendere manifestazioni cognitive/comportamentali e disturbi motori di varia natura e gravità. Possono essere osservati segni di lateralizzazione come emiparesi, bradicinesia, iperreflessia, riflessi estensori plantari,atassia, paralisi pseudobulbare e difficoltà nell'andatura e nella deglutizione. I segni sono in genere gli stessi riscontrabili nelle altre demenze, ma comprendono principalmente il declino cognitivo e disturbi della memoria, di una gravità sufficiente per interferire con le attività della vita quotidiana e con la presenza di segni neurologici focali (ad esempio, emiparesi, deficit sensoriali, emianopsia, segno di Babinski, etc. ) accompagnati da reperti caratteristici diuna malattia cerebrovascolare rilevati sull'imaging cerebrale (tomografia computerizzata o risonanza magnetica). I pazienti presentano deficit irregolari nei di test cognitivi. Nei casi più gravi o in coloro che hanno avuto infarti in punti importanti come l'area di Wernicke o l'area di Broca, possono essere presenti disartria e afasia. Malattia di Binswanger: infarti nella sostanza bianca sottocorticale periventricolare Deliri ed allucinazioni Depressione Diagnosi Decorso clinico ed anamnesi + Tecniche neuro radiologiche: TC: aree multiple di ipodensità, dilatazione ventricolare, RM: più sensibile, SPECT: riduzione flusso ematico diffusa con aree circoscritte Terapia Prevenzione tramite cura dei fattori di rischio Aumento perfusione cerebrale Colino mimetici FSK della spasticità Cura della depressione 77 Caratteristiche distintive con la demenza sono: PSEUDODEMENZA DEMENZA stabilita con precisione e relativamente insorgenza insidiosa La Demenza dovuta alla malattia HIV è un tipo di demenza in cui i danni cerebrali, spinali e del sistema nervoso centrale sono una conseguenza diretta del virus HIV (Human Immunodeficiency Virus). rapida Positiva per precedenti disturbi affettivi, anche nei familiari Paziente francamente depresso Malessere personale Rara accentuazione motoria Disturbi del sonno con risvegli precoci Questa Demenza presenta alcuni sintomi tipici di altre malattie come l'Alzheimer o la Demenza Vascolare, come ad esempio la perdita della capacità di memoria e alterazioni cognitive come: la difficoltà a riconoscere le persone e le cose, di linguaggio e dell'articolazione delle parole, incapacità ad eseguire movimenti volontari. Tipici invece della Demenza dovuta a Malattia HIV sono invece la lentezza mentale e la difficoltà a fare ragionamenti e risolvere problemi; la presenza di allucinazioni o deliri; esagerazione del tono muscolare (ipertonia), disturbi del movimento (atassia) e perdita dell'equilibrio. Ci sono due diverse forme o Gravi: demenza associata ad HIV1, mielopatia (80‐90%) o Lievi: disturbo cognitivo‐motorio minore (10‐20%) Anamnesi familiare spesso positiva per demenza Paziente apatico, indifferente Presente accentuazione motoria Rari i disturbi del sonno Deterioramento comportamentale commisurato al deficit Attenzione e concentrazione compromesse Notevoli sforzi Non risposta ad antidepressivi La Pseudo‐demenza è un tipo di depressione che appare superficialmente come un problema della memoria, che è relativamente comune negli anziani e che può essere confusa con una demenza. Demenza è il termine applicato a quelle malattie dove vengono compromesse la memoria ed le altre funzioni mentali più elevate; tra queste condizioni patologiche la più nota è la malattia del Alzheimer. Nella pseudo‐demenza, la memoria dei pazienti sembra essere sì influenzata, ma un esame più attento rivelerà subito che i pazienti sono semplicemente disattenti a ciò che accade loro intorno e quindi incapaci di trattenere le nuove informazioni sotto forma di nuove memorie. Inoltre essi sono perfettamente in grado di dire quando ha avuto inizio il loro problema e sono dolorosamente consapevoli del fatto che la loro memoria è alterata. La loro lentezza ed apatia sono, naturalmente, simili agli effetti di una demenza. Tuttavia, sono solitamente presenti altri segni e sintomi che orientano la diagnosi nel senso di una depressione. L'importanza è che la depressione, in questo gruppo d'età, diversamente dalla demenza, può essere trattata generalmente con successo se riconosciuta. 78 WWW.SUNHOPE.IT clinica Comportamento non commisurato al deficit cognitivo Attenzione e concentrazione conservata Scarsa applicazione a test superficiali Risposta a trattamento con antidepressivi Caratteristiche La demenza ha insorgenza tardiva con esordio insidioso, i sintomi d’esordio sono infatti Apatia, depressione,disturbi motori: atassia, tremori, mioclonie. Anatomopatologicamente c’è modesta atrofia cerebrale e pallore sostanza ovale con manifestazioni infiammatorie. La patogenesi è determinata dalla localizzazione HIV1 nei macrofagi e nella microglia,produzione di gp‐ 120,stimolazione cellule microgliali alla produzione di eccito tossine e infine morte neuronale. anamnesi 79 Criteri diagnostici DSM5 È opportuno distinguere tra: Urgenza psichiatrica: è una qualsiasi condizione di grave ed acuta sofferenza psichica, che comporti la necessità di una valutazione clinica di un medico, per impostare un adeguato percorso diagnostico‐ terapeutico Emergenza pschiatrica: è una situazione seria ed acuta, che richiede un immediato trattamento. L’emergenza comporta la rottura di un equilibrio con l’ambiente e lo scompenso delle relazioni psicosociali, che presuppongono una rapida risposta dell’organizzazione sociale per evitare la crisi. La crisi è lo stato che si verifica quando una persona si trova a fronteggiare un ostacolo che le impedisce il raggiungimento di importanti obiettivi vitali. Ne consegue un periodo di disorganizzazione, di sconvolgimento, durante il quale vengono fatti molti tentativi verso la soluzione del problema che però abortiscono. In psichiatria le urgenze e le emergenze sono caratterizzate l’obiettività clinica ( la condizione clinica è significativa) unita all’ esperienza soggettiva del paziente di disagio psicosociale, quindi una commistione di aspetti clinici e psicosociali. Nel campo della Medicina il problema è indubbiamente più chiaro: si ha urgenza quando ci si trova di fronte ad una situazione in cui l'insorgenza di sintomi acuti comporta un pericolo per la salute e/o la vita del paziente. Si ricordano le principali differenze tra emergenze/urgenze in medicina (M) e psichiatria (P): Committenza M: paziente o chi per lui P: raramente il paziente, più spesso familiari, vicini di casa, polizia, operatori Problemi M: sintomi acuti P: sintomi acuti, tensioni relazionali, problemi sociali, comportamenti disturbanti, problemi di natura non psicologica Interventi M: raccolta anamnesi, valutazione sintomi obiettivi, diagnosi, provvedimenti terapeutici P: raccolta di notizie, valutazione naturale del problema, orientamento diagnostico e valutazione risorse, decisioni terapeutiche Il termine “delirium” deriva dal latino de “fuori da” e lira “solco”: “esser fuori dal solco”, “uscire dal seminato”, vaneggiare, farneticare. Il termina “delirium”, insomma, indica uno stato di confusione mentale ad insorgenza acuta, con decorso fluttuante, di breve durata (da ore a giorni o mesi) dovuto a cause organiche, caratterizzato dalla presenza di disturbi dell’attenzione e della coscienza, del pensiero e della memoria, con alterazioni del comportamento psicomotorio, delle emozioni e del ritmo sonno‐veglia. I termini più utilizzati per indicare il delirium sono: Stato confusionale acuto o subacuto Sindrome cerebrale organica acuta Psicosi organica acuta Encefalopatia tossica o metabolica WWW.SUNHOPE.IT A. Disturbo dell’attenzione (i.e., ridotta capacità a dirigere, focalizzare, sostenere e spostare l’attenzione) e consapevolezza (ridotto orientamento del se nell’ambiente B. Il deficit si sviluppa in un periodo di tempo relativamente breve (generalmente ore o pochi giorni), rappresenta un cambiamento dai livelli di attenzione e consapevolezza di base, e tende a fluttuare in gravità nel corso della giornata C. É presente un altro deficit cognitivo (es, memoria, disorientamento, linguaggio, abilità visuospaziali, o dispercezioni D. I deficit di cui ai criteri A e C non sono spiegabili sulla base di un preesistente (stazionario o in evoluzione) disturbo neurocognitivo e non si verificano in un contesto di grave riduzione dei livelli di vigilanza (es coma) E. Vi è evidenza per storia clinica, esame obiettivo o risultati di laboratorio che il delirium è una diretta conseguenza di un problema clinico, intossicazione o sospensione di farmaci, esposizione a tossine, o è dovuto a molteplici eziologie Specificare se il delirium è : Acuto: durata di alcune ore o giorni Persistente: durata di settimane o mesi Secondo l’ICD‐10, invece, la diagnosi di delirium è posta in presenza di: Alterazione della coscienza e dell’attenzione: ridotta capacità di dirigere, concentrare, mantenere e spostare l’attenzione; disorientamento rispetto a tempo e spazia e, nei casi più gravi, rispetto a sé ed agli altri Disturbo globale delle funzioni cognitive: disturbi percettivi, illusioni ed allucinazioni di solito visive, compromissione del pensiero astratto e della comprensione, con o senza deliri transitori, tipicamente con un certa grado di incoerenza, compromissione della rievocazione immediata e della memoria recente, ma con relativa compromissione della memoria remota Disturbi psicomotori: ipo‐ od iper‐attività, con passaggi imprevedibili dall’una all’altra Disturbi del ritmo sonno‐veglia: insonnia, inversione del ciclo sonno‐veglia, incubi Disturbi della sfera emotiva: depressione, ansia, paura, euforia, irritabilità, apatia Il DSM5 distingue inoltre diversi sottotipi: 1. Delirium da intossicazione di sostanze per es: alcool, oppioidi, ipnotici, anfetamina, altre 2. Delirium da astinenza di sostanze Per es.: alcool, oppioidi, sedativi, ipnotici, ansiolitici 3. Delirium indotto da farmaci Questa definizione si applica quando i sintomi nei criteri A e C si presentano come effetto collaterale di un farmaco prescritto 4. Delirium dovuto ad altra condizione medica Quando c’è evidenza in anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio che il disturbo è conseguenza di una condizione medica sottostante 5. Delirium da eziologia multipla Quando c’è evidenza in anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio che il disturbo ha più di una causa (più di una causa medica, oppure una condizione medica e un’intossicazione da sostanza o un effetto collaterale di un farmaco 6. Eziologia È interessante l’uso di acronimi per ricordar le eziologie del delirium: 80 81 “deliriums” D: drugs E: eyes, ears L: low pO2 I: infection R: retention of urines and fecis I: ictal states U: undernutrition/ dehydratation M: metabolic disorders S: subdural emathom, sleep deprivation “vindicate” V: vasculari I: infection N: nutrition D: drugs I: injury C: cardiac A: autoimmune T: tumors E: endocrine “I watch death” I: infections W: withdrawal A: acute methabolic T: trauma C: CNS pathology H: hypoxia D: deficiensis E: endocrinopathies A: acute vascular T: toxins or drugs H: heavy metals Comunque, tra le possibili cause si ricordano: 1) Cerebrali Come Traumi cranici, patologie vascolari: infarti od emorragie cerebral, Patologie infettive: meningiti, encefaliti, Encefaliti ed encefalopatie in corso di AIDS,e pilessia, stati post‐accessuali,e ncefalopatie alcoliche,processi endocranici occupanti spazio: neoplasie cerebrali, ascessi, aneurismi 2) Metaboliche come insufficienza respiratoria, renale o pancreatica,i poglicemia, iperglicemia,disturbi dell’equilibrio idro‐elettrolitico: disidratazione, iponatremia, ipernatremia, ipocalcemia, ipercalcemia 3) Malattie endocrine: ipo‐ od iper‐tiroidismo, malattia di Addison, sindrome di Cushing 4) Infettive: qualsiasi infezione sistemica: sepsi, mononucleosi infettiva, malaria, polmoniti, infezioni del tratto urinario negli anziani 5) Altre malattie sistemiche: LES, sindromi paraneoplastiche 6) Cause legate a sostanze‐ intossicazioni/ astinenza Intossicazioni da farmaci: i farmaci rappresentano la causa più frequente di delirium nell’anziano (affetto solitamente da numerose patologie, trattate con altrettanti farmaci). Tutti i farmaci sono in grado di causare delirium, ma soprattutto i farmaci con attività anticolinergica (ATC, antiparkinsoniani, digitalici, cefalosporine di III generazione), litio (se litiemia >2 mEq/L), cortisonici, serotoninergici, carbamazepina, BDZ (hanno, infatti, effetti paradossi nell’anziano), cimetidina, oppiacei. da allucinogeni od oppiacei (morfina) da CO, solventi, metalli pesanti, tossici industriali, da alcool Astinenza da alcool: delirium tremens ;Astinenza da BDZ o barbiturici 7) Cause post‐chirurgiche: si verificano tipicamente in seconda o terza giornata, più frequente il delirium dopo interventi complessi (chirurgia aortica, protesi dell’anca, trapianti), in particolare dopo emorragie (ipossia cerebrale, ipotensione, alt idroelettrolitiche) o per uso di farmaci narcotici con attività anticolinergica 8)Cause fisiche: colpo di calore, ipotermia, danni da radiazioni Iperattivo od agitato: il paziente è agitato, irrequieto, iperattivo, irritabile, insonne, con eloquio accelerato, poco collaborativo Ipoattivo o letargico: il paziente è torbido, sonnolento, con rallentamento psicomorio e dell’eloquio, apatia, aumento della latenza di risposta, ridotta attività psicomotoria Misto: alternanza delle due forme durante l’episodio o nella giornata (DMS4) ‐‐Normale livello di attività psicomotoria o alternanza rapida di forme durante il giorno o durante l’episodio (DSM5) Comunque, il quadro clinico riconosce: Alterazioni dell’attenzione: Disturbi dell’attenzione con facile distraibilità: i pazienti non riescono a mantenere l’attenzione focalizzata ed a spostarla adeguatamente. Spesso le domande devono essere ripetute, i pazienti perseverano nelle risposte ad una domanda precedente. La capacità di focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione è fluttuante. La compromissione dell’attenzione può dipendere da uno stato sia di iper‐ che di ipo‐arousal, quindi caratterizza qualsiasi tipo di delirium e rappresenterebbe l’aspetto centrale Disorientamento Più spesso è compromesso l’orientamento temporale (confusione giorno‐notte) o spaziale (confusione casa‐ospedale), più raramente è compromesso l’orientamento verso sé e verso gli altri, con falsi riconoscimenti. Il disorientamento oscilla nel tempo, con momenti in cui i pazienti appaiono discretamente orientati e tendenza al peggioramento notturno Alterazioni della memoria: è più intenso il disturbo della memoria a breve termine. Anche in quella a lungo termine, comunque, possono esserci errori, vuoti o confusione dei ricordi. Si valutano tramite MMSE Disturbi del linguaggio come eloquio ridotto con paziente silenzioso ed inibito,o eloquio disorganizzato, sconnesso, spesso divagante,disnomia, con uso di parole passepartout. Disturbi del pensiero, della forma del pensiero: blocco, incoerenza e del contenuto del pensiero: deliri: spesso a sfondo persecutorio, sono transitori, confusi, poco sistematizzati, mutevoli e facilmente dimenticati Disturbi della percezione sono frequenti (50‐75%), ma non costanti, più frequenti nella forma iperattiva; Le illusioni e le allucinazioni sono spesso a carico della sfera visiva: talora sono semplici (colori, linee), altre volte sono anche molto articolate, come scene confuse in movimento, tipiche del delirium tremens sono le allucinazioni microzooptiche Labilità affettiva data da frequente perplessità e possibili ansia, depressione, rabbia, irritabilità, euforia o paura, talora anche in relazione con le alterazioni della percezione e del pensiero Alterazioni della vigilanza: alterazioni del ciclo sonno‐veglia, spesso con insonnia o inversione del ritmo Esame fisico: con tachicardia con sudorazione profusa (controllare sempre l’ECG),rossore e calore del volto,midriasi,stato ipertensivo,talora febbre di intensità variabile e segni di disidratazione e/o di denutrizione. Patogenesi Decorso Seppur ancor poco nota, è riconducibile ad un danno funzionale piuttosto che strutturale del SNC, le aree più frequentemente interessate: temporo‐occipitale inferiore, parietale destra e prefrontale destra (tutte correlate alla funzione attentiva) e le vie neuronali che le connettono. Importante è il ruolo dell’ACh: nella maggior parte dei casi, la fisiopatologia è correlata ad una ridotta trasmissione colinergica le condizioni mediche che causano il delirium infatti, quali ipossia, ipoglicemia, deficit di tiamina, infezioni, nonché malattia di Alzheimer, causano una riduzione della sintesi di ACh nel SNC . L’ach ha un ruolo centrale nel controllo dei livelli di coscienza (SRA) e nella memoria; le sostanze ad azione anticolinergica peggiorano il delirium (meperidina, morfina). Il delirium si sviluppa in ore o pochi giorni, si manifesta con fluttuazione dei sintomi nel corso della giornata, con evidente peggioramento nelle tarde ore del pomeriggio (sindrome del tramonto): durante la notte, il paziente può essere più confuso, agitato, allucinato. Quadro clinico I tipi di delirium sono: WWW.SUNHOPE.IT 82 Diagnosi La diagnosi spesso è sottostimata!!!! circa i 2/3 dei casi, infatti, sono misconosciuti, per vari motivi, tra cui l’ampio range di sintomi e natura fluttuante del disturbo, la scarsa attenzione ai pazienti anziani (“senza speranza”), la difficoltà a diagnosticare la forma iporeattiva, l’erronea attribuzione dei sintomi osservati a demenza, depressione, età avanzata, deprivazione dovuta al ricovero ospedaliero. Per fare una diagnosi completa bisogna sia farne una “di stato” cioè ricercare segni e sintomi, sia una diagnosi 83 eziologica che prevede il riconoscimento della relazione temporo‐causale con una o più condizioni mediche Step per la diagnosi: 1)Valutazione clinica: esame psichico, esame obiettivo, valutazione del decorso 2)Accurata raccolta anamnestica: familiari, personale infermieristico, compagni di stanza 3)EEG: rallentamento diffuso, ma con carattere aspecifico Diagnosi differenziale: va fatta con la demenza, la psicosi, la depressione 1)Demenza: la demenza rappresenta uno dei principali fattori predisponenti del delirium: talora, nei pazienti dementi un quadro confusionale, causato dalla somministrazione di farmaci o di patologie internisti che concomitanti, viene attribuito ad un peggioramento dei processi neuropatologici alla base della demenza, trascurando l’approfondimento diagnostico necessario per un adeguato intervento terapeutico. Risulta quindi opportuno ricordare le principali caratteristiche differenziali, riguardanti: Demenza (DM): delirium (DL) Esordio improvviso (ore, giorni) graduale (mesi, anni) Decorso giornaliero stabile nelle 24 ore peggioramento notturno Orientamento alterato, almeno inizialmente alterato soggetto labile, ma Affettività periodicamente soggetto non ansioso ansioso a breve termine molto Memoria alterata sia a breve che a lungo termine Percezione alterata allucinazioni meno comuni Contenuto pensiero deliri rari frequenti allucinazioni Sonno possibili deliri scarse alterazioni alterazioni ciclo sonno‐veglia attenzione poco alterata Sintomi psicomotori assenti molto alterata presenti 2) Depressione: gli eventuali sintomi disforici, specie se associati a perdita di peso e disturbi del sonno, possono orientare verso la diagnosi di sindrome depressiva. La differenza rispetto al quadro depressivo, posta tramite anamnesi, valutazione del decorso ed EEG, è molto importante poiché la somministrazione di ATC può esacerbare la sintomatologia confusionale 3)Psicosi: la presenza di disturbi della percezione e del pensiero può suggerire la presenza di un quadro psicotico acuto, si riportano quindi le principali caratteristiche differenziali: Psicosi Delirium Età avanzata: comune Rara Attenzione: compromessa Normale Memoria: compromessa Normale Patologie organiche : comuni rare Allucinazioni: visive soprattutto soprattutto uditive Ideazione: delirio poco sistematizzato Delirio solitamente sistematizzato EEC: alterato con rallentamento Non alterato Prognosi e terapia Il delirium può evolvere favorevolmente con resitutio ad integrum, di solito in breve tempo se il fattore eziologico può essere corretto o limitato in tempi brevi. Una maggior durata della sintomatologia, anche fino a 6 mesi, si riscontra soprattutto nei casi in cui il delirium insorge nel corso di malattie croniche, quali carcinomi, endocarditi batteriche subacute ed epatopatie croniche.In alcuni casi il delirium progredisce verso stupor e coma, con possibile exitus La terapia prevede ospedalizzazione con monitoraggio continuo delle condizioni mediche,provvedimenti per il mantenimento delle funzioni vitali (adeguata nutrizione, idratazione, ossigenazione, controllo pressione sanguigna) e per la gestione degli eventuali disturbi psichici e comportamentali. Somministrazione di aloperidolo a basse dosi (in alternativa, risperidone) e BDZ a lunga emivita (lorazepam) in caso di epatopatia cronica e di disintossicazione da alcool e sedativi: elevato rischio di convulsioni, favorito da aloperidolo (integrato da itnernet) I pazienti con sintomi psichiatrici, che richiedono una immediata attenzione, giungono spesso al pronto soccorso, dove è necessario prendere decisioni riguardo le priorità, la valutazione e l'intervento terapeutico, senza disporre di informazioni complete. L'esame clinico psichiatrico va integrato attraverso i colloqui con i familiari o con altre persone che hanno accompagnato il paziente. Se il paziente è già in cura psichiatrica, ove possibile vanno ottenute delle informazioni dal suo medico. Il medico deve decidere se un paziente va trattenuto contro la sua volontà per garantire la sua sicurezza immediata o quella di altre persone, oppure per consentire il completamento della valutazione di emergenza. Conclusa la valutazione, il medico deve decidere quale sia l'ambiente nel quale il paziente può essere dimesso in condizioni di sicurezza, per continuare la cura. Cosa bisogna fare dinanzi tale situazione? Inanzitutto essere preparati, aspettarsi cioè l’inaspettabile. Bisogna riconoscere l’eventuale presenza di qualche livello di rischio, e definite la gravità la concretezza e l’imminenza di tale rischio. Occorre formulare un piano di intervento (psicologico, farmacologico, ricovero) per ridurre il rischio e valutare del pz sia la gravità della condizione come agitazione, confusione , il rischio di comportamenti auto‐ od etero‐aggressivi, le funzioni vitali (accertamenti di laboratorio e strumentali) e considerare il trattamento in corso. Bisogna poi raccogliere informazioni dal paziente, se accessibile, o da familiari o da altri accompagnatori: favorire il racconto della storia con domande aperte, raccolta di dettagli dell’evento, anamnesi psichiatrica, effettuare poi un esame psichico e diagnosi differenziale, cercando di stabilire un rapporto, quando possibile: mantenere un atteggiamento di ascolto ed esplicitare gli interventi che si intendono attuare. E’ importante infatti comprendere il punto di vista del paziente e dei suoi familiari e cercare di cogliere le modalità interpretative, i sentimenti associati, gli attori coinvolti. Alla fine bisogna esprimere una propria valutazione sul modo in cui pazienti e familiari tentano di confrontarsi col problema e cercare un’alleanza con loro su cosa fare in relazione alla crisi. Vanno attentamente analizzati e presi in analisi: PZ CON COMPORTAMENTO AUTOLESIVO Il pz rappresenta un rischio per se stesso. WWW.SUNHOPE.IT 84 85 COMPORTAMENTO SUICIDA: un pz che ha tentato il suicidio. Per suicidio si intende dire l'atto col Chi sono i pazienti che necessitano di una valutazione per rischio suicidario ? quale una persona si procura volontariamente e consapevolmente la morte. Il suicidio è il gesto autolesionistico più estremo tipico in condizioni di grave disagio o malessere psichico, Inanzitutto tutti i pz con disturbi psichiatrici , pz che sono precedentemente sopravvissuti ad un tentativo di suicidio, quelli che riferiscono idee o impulsi suicidari, i pz con forte dipendenza e intossicazione da sostanze o alcool. Vanno anche controllati i pz depressi, quelli con comportamente parasuicidario o quelli che negano propositi suicidari, ma si comportano in modo da poter essere suicidi potenziali. Infine vanno valutati i pz con malattie terminali . Generalmente, i tentativi di suicidio in cui sono state prese delle precauzioni per non essere scoperti, sono stati necessari atti preparatori (p. es., l'acquisto di una pistola) e sono stati previsti o usati mezzi violenti, letali o di facile disponibilità, sono da considerare i più gravi. I pazienti giudicati a rischio di suicidio non devono essere dimessi senza sorveglianza. Il suicidio è tra le prime cause di morte tra le persone di 15‐35 anni ed è in aumento negli ultimi 50 anni. Accanto al suicidio vero e proprio si ricordano: Suicidio dimostrativo: i mezzi utilizzati e gli atti compiuti non erano idonei a procurare la morte, il paziente ha richiesto aiuto o sapeva che sarebbe stato soccorso: il gesto ha il significato di una richiesta di attenzione o di vantaggi secondari, in alternativa ha intenzioni rivendicative od intenti punitivi verso gli altri Suicidio mancato: è un tentativo di suicidio che incidentalmente non è riuscito, nonostante i mezzi e gli atti fossero idonei Parasuicidio: è un atto ad esito non fatale, nel quale un individuo inizia deliberatamente un comportamento non abituale, che, senza l’intervento di altri, causerà un’autolesione, od ingerisce una sostanza in eccesso rispetto alla prescrizione ed al dosaggio generalmente considerato terapeutico. Si tratta di un comportamento a rischio di morte, spesso ripetuto, con negazione dell’ideazione suicidaria (overdose, incidenti stradali, attività a rischio senza critica) Ideazione suicidaria: l’individuo sperimenta l’idea di auto sopprimersi, pur con gradi molto diversi di intensità e di elaborazione, senza arrivare alla messa in atto di un comportamento suicidario Tra i fattori di rischio suicidario si ricordano: Storia di disturbi psichiatrici pregressi od in corso, soprattutto depressione (rischio relativo del 21%), disturbo bipolare (28%), DOC (11%), schizofrenia (9%), disturbi di personalità e dipendenza da sostanze (RR 20%). Il 90% dei suicidi è infatti commesso da pazienti psichiatrici Precedenti gesti autolesivi Recente dimissione da un reparto psichiatrico Tratti di personalità di tipi impulsivo Familiarità positiva per suicidio, storia di precoci perdite familiari o di violenza in famiglia Età adolescenziale od avanzata e sesso maschile, Disoccupazione e basso livello sociale Eventi stressanti precedenti come: abusi fisici o sessuali, recente lutto, problemi finanziari, legali od affettivo‐ sentimentali, notizia di malattia somatica grave o cronica Isolamento sociale: vedovi, separati, divorziato, Tra i fattori protettivi, invece, si ricordano la stabilità socioeconomica. La flessibilità ed adattamento, la capacità di problem solving , il Buon supporto sociale , Buona relazione paziente‐terapeuta Approccio al paziente con idee suicidarie Tutte le minacce suicidarie vanno valutate attentamente, anche se sembrano manipolative, dimostrative o rivendicative, occorre creare un setting che favorisca la tutela della privacy ed il tempo necessario per la valutazione. Bisogna utilizzare un atteggiamento empatico, sicuro, non critico, che favorisca la creazione di un’alleanza terapeutica per superare l’eventuale ridotta disponibilità al dialogo (reticenza, diniego e/o opposizione). Il colloqui inizia con domande a carattere generale, affrontando con gradualità ed attenzione il problema del suicidio, e si discute poi dell’ideazione suicidaria in modo diretto non aumenta il rischio di suicidio: i pazienti spesso sono sollevati dalla possibilità di parlare liberamente di qualcosa di cui non possono parlare altrove o che li fa sentire in colpa. 86 WWW.SUNHOPE.IT Valutazione del rischio suicidario: La prima cosa da fare per valutare un pz è analizzare la presenza dei cosiddetti campanelli d’allarme, che sono : la ricerca di strumenti auto lesivi, lo stress, attacchi i panico o agitazione individuale, l’improvviso miglioramento clinico in pz depressi, sentimenti di disperazione, rabbia vendetta. Step di fondamentale importanza per inquadrare il pz è il colloquio clinico, che permette sia una valutazione psicopatologica generale, sia di comprendere se il pz ha pensieri piani, comportamenti, intenti suicidi od autodistruttivi. Generalmente un pz a rischio è un pz che mostre sentimenti di mancanza di speranza, vissuti di disperazione, impulsività, anedonia, ansietà marcata, agitazione, non ha ragione di vivere né piani per il futuro. Con particolare attenzione vanno analizzati i pz tossicodipendenti, o quelli che fanno abuso d’alcool. Si deve inquadrare il pz in uno specifico ( se presente ) disturbo psichiatrico, analizzando segni e sintomi di disturbi psichiatrici con particolare attenzione a disturbi dell’umore, schizofrenia, abuso di sostanze, disturbi di personalità. Si valutano le precedenti diagnosi e trattamenti psichiatrici. Alla base del rischio suicidario c’è valutazione della storia del pz precedenti tentativi di suicidio, tentativi di suicidio abortititi, altri comportamento autodistruttivi. Infine, occorre sempre inquadrare il pz nel contesto familiare, ovvero se c’è una storia familiare di suicidio o tentativo di suicidio o di disturbi psichiatrici, incluso l’abuso di sostanze. Si valuta anche la situazione psicosociale, come la facilità di accesso ad armi od altri strumenti potenzialmente utilizzabili, le credenze culturali o religiose a proposito di morte o suicidio, la presenza di supporto sociale,la qualità delle relazioni sociali, presenza di bambini in casa. Il pz va analizzato anche per quelli che sono i propri punti di forza o di debolezza , come la capacità di adattamento, i tratti di personalità, le precedenti risposte allo stress, la capacità di analisi della realtò e di tollerare la sofferenza psicologica. Infine ultimo step è verificare la ripetibilità del gesto suicidario, valutando i mezzi scelti dal pz, se ha lasciato mesaggi scritti, che opinione ha il pz sul gesto, le precauzioni prese per non essere scoperto, se l’esecuzione è stata fatta da solo o in presenza di altri. Interventi terapeutici Ogni paziente potenzialmente a rischio va trattenuto fino a quando la valutazione non è completata ed è stato deciso l’intervento ritenuto più idoneo, il suicidio può infatti avere implicazioni medico‐legali, quindi la valutazione e le decisioni sull’intervento devono sempre essere ben documentate. Prendere una decisione sull’intervento non è facile, ma il clinico non può delegare nessuno a prenderla. È utile coinvolgere i familiari nella decisione e trovare una collaborazione con loro sull’intervento preferibile: è utile, inoltre, associare una terapia cognitivo‐comportamentale o dialettico‐comportamentale e non si è sicuri della valutazione del rischio, è meglio ricoverare il paziente in osservazione per breve tempo ed approfondire la situazione, anche facendo ricorso al TSO. La decisione di ospedalizzare il paziente, scontata in alcune circostanze (in caso cioè di evidenza del rischio), richiede una valutazione ponderata dei vantaggi e svantaggi della degenza, ma soprattutto deve tener conto di impulsività ed intenzionalità del soggetto o la presenza di elementi clinici di grave rischio (es. allucinazioni imperative, depressione fortemente agitata, comportamenti parasuicidari negli schizofrenici, intossicazione da alcool o sostanze), anche in presenza di validi supporti esterni) 87 Riguardo, invece, l’intervento farmacologico, è bene considerare che: L’intervento farmacologico in urgenza ha un’importanza relativa, in quanto può agire solo su aspetti sintomatici indiretti. Ovviamente, comunque, va impostato un trattamento specifico sulla base della diagnosi fatta. Le evidenze disponibili rimangono inconclusive nell’affermare un’efficacia degli psicofarmaci specifica rispetto al rischio suicidario . Nella fase iniziale va tuttavia iniziata una terapia ansiolitica o sedativa per ridurre ansia, impulsività, irritabilità e disturbi del sonno o quella antipsicotica in presenza di deliri od allucinazioni Data la latenza di azione con cui i farmaci antidepressivi esplicano il loro effetto, il loro utilizzo nella fase di emergenza è limitato. I farmaci con evidenze maggiormente consolidate sono: clozapina nei pazienti con schizofrenia, Sali di litio nei pazienti con disturbi affettivi ricorrenti. Gli ATC e gli IMAO, potenzialmente letali in overdose, devono essere utilizzati con grande cautela nei pazienti a rischio suicidario: possono, infatti, aumentare il rischio di suicidio per l’aumento dell’iniziativa L’uso di antidepressivi più sicuri e maneggevoli, come gli SSRI, ha diminuito la quota di suicidi da overdose di antidepressivi Psicosi Pazienti con ideazioni deliranti (soprattutto paranoidea o di gelosia) Pazienti con allucinazioni uditive (voci di comando) Pazienti con concomitante abuso di sostanze e/o di alcolici Fasi di acuzie o di riacutizzazione, periodo del ricovero Crisi pantoclastiche La frequenza di comportamenti violenti nelle persone con disturbi psichiatrici non si discosta significativamente da quella della popolazione generale, anche se la percezione pubblica di questo problema può essere molto sovrastimata, contribuendo allo stigma nei confronti dei disturbi psichiatrici. Sono considerati espressione di malattia quando non controllabili né modulabili. Comunque, l’incidenza di comportamenti violenti nei pazienti con schizofrenia o maniacali in fase acuta è 5 volte superiore a quella della popolazione generale e diventa 12‐16 volte maggiore in caso di concomitante abuso di sostanza, evenienza oggi sempre più frequente. Il 10% dei pazienti psichiatrici al ricovero ha un comportamento aggressivo, e il 55% degli operatori, nei dipartimenti di emergenza, subisce aggressioni da parte dei pazienti psichiatrici. Gli psichiatri, nonostante il 40‐70% di loro abbia subito un’aggressione fisica almeno una volta nella vita, sono la categoria meno a rischio: l’80% delle aggressioni riguarda infatti gli operatori non medici, specie le donne. Il 30% degli operatori che subisce un’aggressione fisica sviluppa una reazione sintomatica con ansia, sentimenti di frustrazione, perdita di controllo, irritabilità, disturbi somatoformi e Il 10% presenta un disturbo da stress post‐traumatico. Significative conseguenze sono: perdita di sicurezza sul lavoro, paura e senso di vulnerabilità, riduzione del senso di competenza professionale . Tra le patologie con possibili comportamenti violenti si ricordano: Psichiatriche: Disturbo bipolare: specie nelle fasi maniacale Schizofrenia e disturbi deliranti persistenti: soprattutto deliri con crisi pantoclastiche Disturbi di personalità borderline (soprattutto se con ridotto controllo degli impulsi) Disturbi d’ansia: per diminuita tolleranza della situazione Depressione (soprattutto nelle forme “agitate”) Tossiche: alcool (astinenza, intossicazione), allucinogeni (intossicazione con allucinazioni), analgesici (delirium), amfetamine (sintomi paranoidei), anticolinergici (delirium), antidepressivi (delirium), antipsicotici (delirium), steroidi (mania, delirium), cocaina (sintomi paranoidei) Neurologiche: epilessia, encefalite, meningite, neuro AIDS, emorragia cerebrale, demenza, tumori cerebrali, encefalopatia epatica, uremica, ipossica od ipoglicemica Mediche: infezioni sistemiche, disturbi tiroidei Predittori del rischio di comportamento violento sono aspecifici e non sensibili: WWW.SUNHOPE.IT Gli episodi aggressivi sembrano colpire maggiormente l’età giovanile (ma anche anziani con disturbi psico‐ organici), e con maggior aggressività il sesso maschile. Più a rischio sono i pz con basso livello socio‐ economico,ridotto supporto sociale e disoccupazione, oltre che pz vittima dia busi infantili e storia di violenza familiare. Categoria a rischio può anche essere considerata quella dei tossicodipendenti, o dei pz con ritardi o danni cerebrali. Tra gli eventi a rischio sicuramente quelli stressanti: cambiamenti improvvisi nella vita del soggetto, problemi economici, abbandoni, isolamento sociale Variabili cliniche IL PAZIENTE CON COMPORTAMENTO AGGRESSIVO E VIOLENTO Fattori demografici ed anamnestici 88 Scarsa aderenza al trattamento Mania Presenza di ideazione delirante persecutoria o di grandezza Grave disorganizzazione del pensiero e/o del comportamento In risposta ad interventi di contenimento o di limitazione di progetti o programmi, imposizione di regole, processi per l’ospedalizzazione Disturbi di personalità Personalità antisociale Personalità paranoide Personalità borderline Abuso di alcool: azione disinibente, compromissione cognitiva con ridotta capacità di critica e di giudizio Abuso di altre sostanze: allucinazioni, sintomi paranoidei, agitazione, irritabilità Disturbi psicoorganici Gestione ed intervento La prima cosa da fare è raccogliere tutte le informazioni disponibili e coinvolgere altro personale preparato, per garantire la sicurezza del paziente e degli operatori. Occorre utilizzare un ambiente tranquillo e sicuro, possibilmente osservabile, che non sia sensazione di costrizione e di limitazione della libertà. Bisogna inoltre allontanare familiari od altre persone identificate come “nemici” e approcciare i pazienti con calma, disponibilità, fermezza o rispetto evitando atteggiamenti inquisitori, autoritari o giudicanti. Quello che spetta allo psichiatria è la decisione sull’opportunità di ospedalizzazione e sulla disponibilità ad un trattamento farmacologico. Il ricovero risulta necessario per controllare il rischio acuto, approfondire diagnosi, situazione personale ed ambientale e avviare così un trattamento adeguato. Nei pazienti con disturbi organici, abuso od astinenza da alcool, intossicazione da sostanze, il ricovero deve avvenire nei reparti di medicina e specialistici di altro tipo, in quanto le patologie e le complicanze sono in questi casi prioritarie e vanno trattate specificamente Ogni decisione, ai fini medico‐legali, va definita e documentata 89 Interventi farmacologici BDZ Hanno effetto sedative, possono essere somministrate endovena: in bolo (maggior rapidità d’azione) o per infusione lenta o per os. a gocce: consente un assorbimento più rapido, bisogna però far attenzione alla depressione respiratoria. liberamente, con una scelta non condizionata né vincolata Informato: il paziente deve comprendere la sua malattia, il significato dell’utilità delle cure, ma anche gli effetti indesiderati Attuale: il consenso riguarda l’intervento proposto e non ha valore continuativo Manifesto: non è implicitamente acquisito con l’assenza di dissenso o con tacita disponibilità Antipsicotici Quelli a maggior attività sedativa sono clotiapina, clorpromazina, aloperidolo. Possono essere sommiistrati Tipologie di consenso: intramuscolo o per os: la via endovena va evitata per il rischio di morte improvvisa per aritmie ventricolari, ipotensione, collasso cardiocircolatorio e shock. Si usano dosaggi standard , ripetendo la somministrazione fino al raggiungimento della sedazione desiderata Occorre far attenzione ad ipotensione ortostatica ed acatisia Presunto: quando si configura lo stato di necessità Implicito: nel caso in cui il trattamento non comporti particolari rischi e sempre dopo una corretta informazione Esplicito: quando il trattamento comporta particolari rischi Il trattamento sanitario obbligato (TSO) prevede che le cure vengano prestate Ci sono specifici fattori che influenzano la decisione di ricoverare, come: in condizioni di degenza ospedaliera solo se contemporaneamente presenti 3 condizioni: Quadro clinico 1. Esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici Rischi e responsabilità medicolegali 2. Mancata accettazione da parte del paziente degli interventi suddetti Disponibilità di risorse del servizio Clima socio‐culturale del servizio 3. Mancanza di condizioni e circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliera Fattori emotivi degli operatori Rapporti interpersonali fra gli operatori Se un’urgenza psichiatrica colpisce un pz ricoverato in un presidio ospedaliero questo viene portato al pronto soccorso; se invece il pz non era ricoverato allora è di gestione del 118 che lo condurrà al pronto soccorso, o dei centri di salute mentale. Per ricoverare un pz occorre il CONSENSO dello stesso, ma si può intervenire contro la volontà del paziente in caso di malattie infettive contagiose ed in caso di disturbi psichiatrici. L’Art. 32 della Costituzione dice infatti: “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge. La legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” Ma ci sono specifiche condizioni nelle quali si può prescindere dal consenso del paziente : Il TSO è un evento straordinario, finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente (non deve essere considerata una misura di difesa sociale), disposto dall’autorità sanitaria. E’ attivato solo dopo aver ricercato il consenso del paziente ad un intervento volontario, ed è proposto e convalidato solo dopo aver effettivamente visitato il paziente. E’ una proceduta attivabile solo in caso di urgenza, gravità, inevitabilità che deve tutelare e dare garanzie al pz: non è possibile infatti effettuare terapie od interventi che non riguardano lo stato psicopatologico Situazioni cliniche che possono richiedere un TSO Alterazioni dello stato di coscienza: stati confusionali, oniroidi o crepuscolari, stati dissociativi Compromissione della consapevolezza di malattia: sindromi deliranti od allucinatorie, sindromi maniacali, dipendenza od abuso di sostanza Disturbi cognitivi: demenza, oligofrenia, patologie organiche cerebrali “stato di necessità” (articolo 54 Codice Penale): “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo di un danno alla persona Condizioni previste dagli articoli 34 e 34 sui TSO Procedura Il consenso prevede: 1. 2. Informazione data dal medico: non delegabile ad altre figure professionali. L’informazione deve essere finalizzata, personalizzata, completa e comprensibile. Il pz deve comprendere questa informazione, accettarne il contenuto e restituirlo. Deve esserci la possibilità di revoca.Il consenso, per esser valido, deve essere: Personale: espresso direttamente dal paziente (fatta eccezione per minori e soggetti inabili) Libero e spontaneo: riflette la capacità di esprimere la propria volontà coscientemente e WWW.SUNHOPE.IT Disturbi depressivi: con gravi alterazioni della consapevolezza di malattia, manifestazioni deliranti, rischio suicidario 3. 4. 5. 6. Proposta del medico che certifica l’esistenza delle suddette condizioni Convalida della proposta da parte di un altro medico, dipendente pubblico Emanazione da parte del sindaco dell’ordinanza esecutiva (entro 48 ore) Notifica al giudice tutelare (entro 48 ore), che provvede a convalidare o meno il provvedimento Durata: 7 giorni con possibilità di proroga Cessazione del TSO da comunicare a sindaco e giudice tutelare 90 91 Secondo l’OMS, il 10% delle disabilità è dovuto a disturbi psichiatrici e riconducibili a disabilità sociali di tipo cognitivo, affettivo e comportamentale. Inoltre, quando una patologia comporta disabilità, i costi personali, familiari e sociali sono maggiori. Attualmente, l’ICF pone l’accento, oltre che sulla disabilità in sé, sul funzionamento in relazione all’ambiente. È importante definire: Malattia: condizione fisica o mentale di deviazione dallo stato di salute, descrivibile con segni e sintomi Menomazione: danno organico e/o funzionale a carico di una struttura od una funzione psicologica, fisiologica ed anatomica Disabilità: riduzione o perdita di un’abilità nello svolgimento di un’attività considerata normale per il contesto di riferimento. Riguarda: o Funzioni e strutture corporee o Attività e partecipazione (capacità/prestazioni) o Fattori ambientali (barriere/ facilitatori): nelle malattie psichiatriche, infatti, spesso la barriera è rappresentata da uno “stigma” sociale, che comporta un rifiuto sociale Handicap: svantaggio sociale conseguente ad una menomazione od ad una disabilità Riabilitativi strutturati (di riabilitazione neurocognitiva) Sulla cognizione sociale Di sostegno familiare Social skills training Riabilitazione cognitivo‐comportamentale Socializzazione supportata Psicoterapia Psicoeducazione familiare Secondo studi dell’OMS, l’adattamento sociale nei disturbi mentali gravi: È buono nel 36%, accettabile nel 20% e deficitaria nel 44% dei casi Dopo 7 anni si ha un miglioramento nel 20%, stabilità nel 56% e peggioramento nel 24% dei casi Comprende: cura di sé, ipoattività e rallentamento, partecipazione familiare, relazione coniugale e sentimentale, ruolo come genitori, attrito nei contatti sociali, rendimento sul lavoro, disponibilità a lavorare, interessi ed informazioni, gestione delle emergenze La riabilitazione psicosociale è un processo orientato a favorire il raggiungimento di un livello Secondo il modello tassonomico delle disabilità di Cooper, la compromissione del funzionamento sociale di un paziente tende a manifestarsi secondo una sequenza che vede inizialmente coinvolte le abilità più complesse ed interessa successivamente quelle di base. Da uno studio dell’OMS, inoltre, risulta che la disabilità interessa progressivamente: relazioni sociali, attività lavorative, cura di sé. Comunque, le principali aree di funzionamento sociale e personale sono: lavoro, cura di sé, relazioni affettive, rapporto con i figli e con altri familiari, vita di relazione sociale, attività nel tempo libero. L’approccio al paziente schizofrenico è cambiato nel corso degli anni: WWW.SUNHOPE.IT Interventi: Campi Tipologie Disturbi mentali ad elevato bisogno di programma riabilitativo sono: Cognitivi o Sintomi: difficoltà di pensiero, percezioni distorte o Disabilità: problem solving inefficace, rallentato apprendimento o Svantaggi sociali: mancanza di amici, disoccupazione Affettivi o Sintomi: convinzioni strane, difficoltà nelle azioni e nei movimenti o Disabilità: grave ansia, senso di inadeguatezza o Svantaggi sociali: limitate attività ricreative, scarsa cura di sé e dell’ambiente Comportamentali o Sintomi: mancanza di energia e di motivazione o Disabilità: ridotto livello di attività costruttive o Svantaggi sociali: carico personale e familiare Anni ’60, ’70: risposta ai farmaci: mantenere la stabilità Anni ’90, 2000: remissione: miglioramento delle funzioni sociali, della qualità di vita e della cognitività (i sintomi cognitivi sono quelli più strettamente associati alla disbilità) Dopo il 2000: recupero dell’autonomia sociale e funzionale Tra i fattori associati alla disabilità nella schizofrenia si ricordano: Variabili socio‐demografiche: sesso, età d’esordio, stato civile, occupazione, classe sociale, area geografica Aspetti clinici e di adattamento premorboso: o Funzionamento clinico o Forme cliniche o Sintomi negativi o Deficit neurocognitivi: memoria, esercizio, pianificazione, attenzione: nel loro insieme determinano l’intelligenza e la cognizione sociale, principali cause di disabilità o Disabilità nelle prime fasi del disturbo o Depressione o Modalità d’esordio o Durata della malattia aspetti Sociali e familiari 92 ottimale di funzionamento indipendente a persone che hanno compromissione, disabilità e svantaggi sociali legati o dovuti a disturbi mentali. Questo processo prevede sia un lavoro di miglioramento delle abilità personali che cambiamenti ambientali. La riabilitazione psicosociale si propone, infatti, di favorire un livello ottimale di funzionamento e di ridurre le disabilità e gli svantaggi sociali in individui affetti da disturbi mentali, aiutandoli a scegliere come vivere con soddisfazione nella comunità. Tra i fattori che hanno determinato l’evoluzione degli interventi riabilitativi si ricordano: Deistituzionalizzazione con conseguente spostamento dell’assistenza dall’ospedale psichiatrico alla comunità Problematiche diverse dei nuovi utenti rispetto a quelle dei pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici 93 Evidenze scientifiche circa la possibilità di un decorso ed un esito favorevole nella schizofrenia Affermazione dei diritti civili e di cura delle persone affette da disturbi mentali Il processo riabilitativo Percorso o Assicurare un ambiente poco stressante o Ridurre le aspettative o Limitare le attività poco competitive o Stabilizzare il trattamento farmacologico o Aumentare le aspettative o Incentivare un miglioramento delle abilità sociali e lavorative, preferibilmente facendo uso di un metodo strutturato Risorse o Il paziente stesso o L’equipe multidisciplinare o I familiari del paziente o La rete sociale o Gli altri pazienti Riabilitazione e non intrattenimento: troppo spesso la riabilitazione psichica è stata ed è tuttora confusa con una pratica generica ed approssimativa, fatta di una vaga animazione, di saltuarie occupazioni del tempo libero, di improvvisate iniziative, dimenticando che “l’obiettivo della riabilitazione psicosociale è rappresentato dal miglioramento delle competenze individuali e dall’introduzione di modifiche ambientali tali da creare le condizioni di una buona qualità di vita in una persona che ha avuto disturbi mentali e ne soffre le conseguenze” (OMS) Principi base L’obiettivo globale della riabilitazione psicosociale è quello di consentire ad un individuo con compromissione nel funzionamento psicosociale e sociale, di vivere, lavorare e studiare nell’ambiente di sua scelta con il minimo aiuto professionale L’obiettivo primario è quello di migliorare il livello di competenza sociale I benefici ottenuti consistono in miglioramenti comportamentali nell’ambiente in cui l’individuo vive o andrà a vivere Un obiettivo centrale è rappresentato dall’esito lavorativo L’intervento clinico è principalmente diretto alla minimizzazione della malattia, quello riabilitativo alla massimalizzazione della salute. Comunque, si ricordano le principali differenze tra intervento clinico (C) e riabilitativo (R) Obiettivo R: Miglioramento del funzionamento personale e sociale Aumento della soddisfazione del pz per la sua qualità di vita C: cura dei sintomi, sviluppo di consapevolezza della propria salute Contenuto diagnostico R: valutazione delle abilità e delle risorse necessarie e disponibili C: valutazione dei sintomi e delle possibili cause Tecniche principali R :Riacquisizione ed insegnamento delle abilità Promozione e modificazione di risorse sociali e personali C Farmacoterapia Psicoterapia WWW.SUNHOPE.IT Efficacia della riabilitazione: gli interventi riabilitativi integrati (terapia farmacologica, trattamento psicoeducativo, social skills training) sono efficaci nel: o Diminuire la durata dei ricoveri giornalieri o Ridurre il tasso di ricadute o Migliorare il funzionamento sociale del paziente o Ridurre il livello di sintomatologia Requisiti di un programma riabilitativo individualizzato o Favorire la gestione del disturbo nell’ambiente di vita dell’individuo o Migliorare le abilità sociali dell’individuo o Sviluppare le risorse dell’ambiente o Includere una precisa valutazione della disabilità e dei fattori modificanti o Prevedere un piano dettagliato di obiettivi riabilitativi scelti con l’utente o Monitorare nel tempo l’andamento del programma Obiettivi di un programma riabilitativio o Globale: portare il paziente a vivere, lavorare ed a fare nuove esperienze nell’ambiente di sua scelta, nel modo più autonomo possibile date le condizioni di partenza o Generale: riguarda l’area in cui si è deciso di intervenire o Specifico: definito in maniera operativa, raggiungibile in alcuni mesi Messa in atto del programma: nello scegliere gli obiettivi generali, cioè le aree in cui intervenire, e gli obiettivi specifici, occorre tener conto dell’esigenza di: o Scegliere obiettivi che possano accrescere la stima del paziente o Procedere per passi graduali o Non essere impazienti o Tener presente l’obiettivo globale Pianificazione dell’intervento o Individuare gli obiettivi presi o Pianificare strategie di intervento o Stabilire i tempi di esecuzione delle varie fasi o Identificare un operatore chiave Negoziazione degli obiettivi o Aiutare la persona a rendersi conto dell’esistenza di un problema o Trovare insieme buone ragioni per un cambiamento o Arrivare ad un accordo su un obiettivo realistico definito in termini operativi o Scomporre l’obiettivo specifico nei passi per raggiungerlo o Identificare le risorse necessarie e disponibili o Stabilire cosa fare per “festeggiare” il raggiungimento di un obiettivo o Aiutare l’utente ad esercitarsi nell’uso delle abilità necessarie Riabilitazione neurocognitiva Metodi o o o 94 o Scomposizione dei compiti per favorire l’apprendimento Intervento terapeutico per sollecitare l’elaborazione di una strategia Verbalizzazione per favorire l’articolazione della strategia utilizzata ed il monitoraggio della loro applicazione Fornire indicazioni e soluzioni per i compiti non alla portata del soggetto: evitare la 95 frustrazione del fallimento Tecniche o Training cognitivo computerizzato Ben accetto da pazienti, è individualizzato Compiti strutturati, flessibili e standardizzati per i diversi domini neuro cognitivi I Feedback sono chiari, accurati, immediati: gratificazione La psicoterapia è un intervento basato sulla relazione interpersonale, praticato da uno psicoterapeuta esperto. Le tecniche impiegate sono numerose e richiedono la capacità di costruire una relazione interpersonale e di comunicare. La psicoterapia ha la finalità di curare i disturbi psichiatrici e migliorare la capacità dei pazienti di gestire le difficoltà che incontrano nel corso della vita. Inoltre, si propone di curare le condizioni non morbose o pre‐morbose, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie psichiatriche o di suicidi. Chi fa lo psicoterapeuta deve conoscere bene i propri meccanismo psichici: egli infatti può farsi male, non reggendo il rapporto, e fare male, avendo un effetto negativo sul paziente (effetto iatrogeno psicoterapico). Occorrerebbe, quindi, un adeguato percorso di formazione psicoterapica con un tutor esterno alla scuola, percorso d’insegnamento oggi non previsto per la Scuola di Psichiatria. Tecniche comportamentali Si può basare su diversi approcci: Taken economy: favorire la motivazione Social learning: condividere apprendimento e gratificazione Errorless learning: semplificazione e ripetizione: è il più classico, ma meno efficace, perché non dà motivazione né gratificazione o SSANIT (social skills and neuro cognitive individualized training): è un SST individualizzato con sessione settimanale di 120’ (75 di gruppo + 45 di verifica individuale con compiti a casa) Role play: individualizzazione di problematiche personali e situazioni di vita quotidiana Compiti a casa centrati sulle situazioni trattate nel role play o o Training cognitivo individualizzato 2 sessioni settimanali di un’ora (50’ di allenamento + 10 di verifica e pianificazione dei compiti futuri) È un training adattativo che consente di cimentarsi su compiti adeguati alle capacità dei singoli Ha una struttura divisa in moduli: attenzione e concentrazione, memoria verbale e non verbale, funzioni esecutive (pensiero logico, acquisti, pianificazione di una giornata) I livelli di difficoltà sono progressivi: matrici da 2 a 9 elementi tra i quali bisogna distinguere ( quindi siamo nella fase di attenzione e concentrazione) L'interfaccia è il monitor e pannello di risposta Brani e domande, da semplici a complesse TCC (training cognitivo computerizzato): appena il soggetto raggiunge una serie di prestazioni positive (es. 5), il computer passa al successivo Le figure mediche che lavorano in psicoterapia sono: Psicologi: laurea + 5 anni di formazione Medici: laurea + corso di formazione Psichiatri: laurea + specializzazione Vi sono orientamenti diversi nell’ambito della psicopatologia, fondati su presupposti teorici differenti, che fanno uso di tecniche differenti. Comunque, tutte le psicoterapie hanno in comune la relazione col paziente e la capacità di comunicazione e metacomunicazione del terapeuta. È bene ricordare come le psicoterapie abbiano un effetto neurobiologico e funzionale sul cervello in particolare sulla plasticità sinaptica (aumento delle sinapsi e delle arborizzazioni) e sull’apprendimento (LTP e formazione di nuove sinapsi)e che i possibili interventi in psichiatri sono: psicoterapia, farmacoterapia, interventi combinati. La psicoterapia in molti casi non risulta inferiore alla terapia farmacologica, ma anzi può risultare preferibile per l’assenza di effetti collaterali. Le psicoterapie possono essere: Diverse per gruppi di utenti o Individuali: le più frequenti o Di coppia: entrambi i partner devono essere motivati o Familiari: spesso è la comunicazione familiare “malata” a determinare i disturbi nelle singole persone o Di gruppo: sarebbero di elezione nel pubblico, ma spesso il gruppo pone resistenza per la presenza di figure eterogenee Indirizzi o Cognitivo‐comportamentali o Psicodinamico o Interpersonale o Integrazione di più approcci Interventi sulla cognizione sociale Riconoscimento di espressioni facciali o Addestramento ed identificazione di emozioni in disegni schematici (aspetti di base) o Successivo addestramento su facce statiche: dinamicità ▪ Riprodurre espressioni allo specchio ▪ Espressioni facciali ambigue ▪ Prosodie: tecniche di comprensione del tono della voce ▪ Teoria della mente: discriminazione di espressioni emozionali in contesti sociali ed attribuzione di stati mentali ad altri WWW.SUNHOPE.IT 96 97 Trattamento dei disturbi d’ansia Farmacoterapia Vantaggi Maggior accessibilità e costi ridotti Ridotta latenza d’azione (massimo 8 settimane) Minor impegno da parte sia del paziente che dei terapeuti Svantaggi Elevato tasso di recidive all’interruzione (fino al 70% nei disturbi di panico) Lunga durata del trattamento Elevata % di drop‐outs (circa il 20% per DAP) Effetti collaterali, abuso‐dipendenza, interazioni con altri farmaci Rischi in gravidanza Psicoterapia Vantaggi Svantaggi Benefici più stabili Scarsa accessibilità e costo maggiore Efficaci su di un maggior numero di Maggior durata e frequenza delle visite dimensioni cliniche Bassa % di drop‐outs (6% per DAP) Necessità di collaborazione attiva da parte del paziente Assenza di effetti collaterali Maggior latenza d’azione Trattamento combinato: fino al 50% dei pazienti non risponde, infatti, al trattamento singolo e questa terapia ha lo scopo proprio di ridurre i non responders all’uno od all’altro trattamento o Vantaggio ipotizzato: effetto sinergico su ▪ Collaborazione del paziente ▪ Varie dimensioni cliniche o Svantaggi ▪ Presenza di due terapeuti ed interferenza dei farmaci con la relazione terapeutica ▪ Il miglioramento dei sintomi ottenuto con la terapia farmacologica può ridurre la motivazione nei confronti dell’intervento psicoterapeuticoè WWW.SUNHOPE.IT 98 Comportamentismo Le terapie comportamentiste nacquero all’inizio del XX secolo, ad opera dello psicologo John B. Watson, che enfatizzava l’oggettività e lo studio del comportamento manifesti rispetto allo studio degli eventi interni, oggetto dell’approccio psicodinamico dominante all’epoca. Il comportamentismo moderno si sviluppa soprattutto nel dopoguerra, ad opera di Pavlov, Wolpe e Skinner, che studiarono nell’animale e nell’uomo i principi dell’apprendimento, quali il condizionamento classico ed il condizionamento operante e la desensibilizzazione. Il paradigma di base è che ad uno stimolo consegue una risposta: Condizionamento classico: l’apprendimento è il risultato della contiguità tra due eventi ambientali: la risposta allo stimolo A (per esempio ansiogeno) si estende a quello B (neutro) Condizionamento operante: l’apprendimento è conseguenza dei risultati di un’azione: se l’evitamento di una situazione si accompagna ad una riduzione dell’ansia, ad esempio, l’individuo tende ad apprendere il comportamento di evitamento. I comportamente liberamente espressi dall’individuo aumentano o si riducono in ragione delle loro conseguenze: Skinner e colleghi misero a punto una serie di procedure finalizzate a promuovere l’apprendimento, partendo dal presupposto che le conseguenze ambientali dell’azione determinano quali comportamenti saranno appresi e consolidati all’interno del repertorio individuale: o Rinforzo positivo: è il processo attraverso cui alcune conseguenze dei comportamenti aumentano la probabilità che quel comportamento si verifichi di nuovo. I rinforzi positivi sono quelli che hanno un effetto gratificante (apprezzamento, soldi, cibo, sesso etc.). Alcuni eventi, considerati negativi da alcuni, sono considerati positivi da altri e viceversa. Comunque, il rinforzo positivo è un ingrediente fondamentale della maggior parte delle terapie, spesso fornito come attenzione od apprezzamento per alcuni comportamenti o Rinforzo negativo: è il processo attraverso cui viene rafforzato il comportamento, che consente l’evitamento di un evento spiacevole Ipotesi mia..esempio di rinforzo positivo quando dici al cane "seduto" e gli dai il biscottino finale...esempio di rinforzo negativo per esempio quando un bimbo tocca un forno caldo e si scotta...di conseguenza non lo rifarà più! Principi fondamentali dell’intervento terapeutico sono che: Il comportamento anormale può essere favorevolmente influenzato dalla riorganizzazione terapeutica delle modalità di interazione dell’individuo col suo ambiente Gli stessi principi dell’apprendimento governano il comportamento normale ed anormale e possono pertanto esser utilizzati a scopo terapeutico La valutazione del problema dell’individuo è focalizzata sul presente, piuttosto che sull’analisi a priori di possibili antecedenti storici È più facile modificare il comportamento che intervenire su piani cognitivi ed affettivi La terapia comportamentale è mirata al comportamento nelle sue numerose espressioni Social skills training (SST) Il SST riguarda l’apprendimento di abilità sociali: le tecniche di SST sono fondate sul presupposto che la capacità di risposta in modo adeguato alla situazione può essere acquisita (situazioni strutturate di apprendimento). 99 La teoria dell’apprendimento sociale si basa sul presupposto che i comportamenti sociali sono acquisiti attraverso la combinazione sia dell’osservazione dei comportamenti altrui, che delle conseguenze positive e negative delle proprie azioni: possono esser presenti comportamenti eccessivi (es. commenti ostili) o deficitari (es. scarso contatto visivo), che sfociano in comportamenti problematici e disfunzione sociale. È utile anche in soggetti senza disturbi, ma con necessità di buona conoscenza di comunicazione e meta comunicazione (sanitari, operatori di vendita) Comunque tecniche di SST sono: Modeling: è un processo di apprendimento per osservazione, ossia la possibilità che le persone hanno di apprendere una nuova abilità sociale semplicemente osservando qualcuno che la utilizzi Scomposizione del compito: la maggior parte delle abilità insegnate nel training di abilità sociali sono troppo complesse e difficili per poter esser apprese al primo tentativo. Scomponendo le abilità complesse in sottoabilità ed insegnandole poi una alla volta nell’arco di numerose prove, si può arrivare, attraverso approssimazioni successive, ad apprendere abilità sociali adeguate Iperapprendimento: è un processo di pratica ripetuta di un’abilità fino a quando questa diventa automatica. Nel SST i pazienti praticano ripetutamente con il role‐play l’abilità da acquisire, sia all’interno del gruppo che al di fuori del gruppo con i compiti a casa Rinforzo (vedi dietro) Dal comportamentismo al cognitivismo L’efficacia dell’intervento comportamentale, valutata in base alla riduzione dei comportamenti sintomatici, è stata documentata da numerose ricerche. Tuttavia, numerosi fattori hanno messo in discussione l’approccio nel suo complesso: il comportamentismo non spiega l’ “effetto informazione “ (spiegato lo stimolo condizionante, questa cessa di elicitare la risposta) e l’ “effetto terapeuta” (variabilità secondo l’operatore) l’efficacia delle terapie comportamentali nella depressione è scarsa. Dal paradigma stimolo>risposta si è passati a quello stimolo>organismo>risposta: la presenza dell’ “organismo” indica l’intervento di variabili intraorganiche nell’apprendimento dell’associazione stimolo‐risposta. Psicoterapie cognitive Analogamente a quelle comportamentali, sono attive, strutturate e limitate nel tempo. Una serie di studi controllati ne ha dimostrato l’efficacia nel trattamento di sindromi depressive, ansiose, fobiche, nei disturbi alimentari e da abuso di sostanze. Supera la pretesa del comportamentismo di ignorare quel che accade all’interno delle persone. Attualmente, le psicoterapie cognitive vengono utilizzate nei trattamenti anche di DOC, DPTS, disturbi di personalità, depressione ricorrente, disturbi ipocondriaci e schizofrenia. Caratteristiche principali sono: Modello cognitivista: l’assunto di base è che il comportamento e le emozioni dell’individuo siano influenzati dalla sua percezione degli eventi. Non sarebbe, quindi, la situazione in sé che determina la reazione od il sentire del soggetto, ma piuttosto il modo in cui egli costruisce la situazione. Il modo in cui le persone sentono è in relazione con il modo in cui le persone interpretano e pensano rispetto alla situazione. La risposta emotiva è mediata da quel che si pensa e si sa della situazione Pensieri coscienti e pensieri automatici: si è consapevoli solo di alcune delle cose pensate (ragionamenti, opinioni, decisioni). Alcuni pensieri, infatti, attraversano velocemente la nostra 10 WWW.SUNHOPE.IT mente e talora ci si accorge di un cambiamento di umore, ma bisogna riflettere sul flusso dei pensieri per individuare quello alla base dell’eventuale turbamento emotivo. Secondo la teoria cognitiva, alcuni di questi pensieri sono disfunzionanti e, se sottoposti ad una riflessione cosciente, possono essere modificati: al cambiamento di pensieri disfunzionanti generalmente si accompagna anche un miglioramento dell’umore Credenze: già dall’infanzia, le persone sviluppano delle credenza su se stesse e sul mondo (alcuni Autori le chiamano schemi operativi): si sviluppano, infatti, nell’infanzia quando il bambino interagisce con le figure significative. Le credenze, positive o negative, riguardano anche gli altri ed il proprio mondo. Al pari dei pensieri automatici, non sempre sono coscienti, o meglio non hanno una chiara ed esplicita articolazione: uno degli obiettivi della terapia è proprio di far emergere tali credenze Il modello cognitivo della depressione: Triade cognitiva Visione negativa di sé: l’individuo ha un senso di sé come persona indegna ed inadeguata e tende ad attribuire tale vissuto a presunti difetti fisici, mentali o morali Visione negativa dell’esperienza: è la tendenza ad a vedere il mondo come incredibilmente esigente, pieno di ostacoli insormontabili o, comunque, privo di piacere e gratificazione Visione negativa del futuro: è la convinzione che l’esperienza attuale debba continuare per sempre; nel futuro è vista una vita incredibilmente dura, piena di privazioni e frustrazione Predispozione alla depressione nel modello cognitivista: i concetti che predispongono l’individuo alla depressione si sviluppano precocemente nel corso della vita e sono modellati da: ▪ Esperienza dell’individuo ▪ Identificazione con figura significative ▪ Percezione dell’attitudine delle altre persone nei loro confronti Razionale: sebbene tali schemi siano latenti, essi si attivano in particolari circostanze, soprattutto se analoghe a quelle che hanno contribuito a creare l’attitudine negativa (perdita, morte, malattie, insuccessi). Non sempre la depressione origina da specifiche e chiare situazioni stressanti: talora, infatti, scaturisce da una serie di esperienze spiacevoli di minor entità.. Mentre un individuo non predisposto, a seguito di esperienze negative mantiene vivi i propri interessi per alcuni aspetti della vita, le persone predisposte alla depressione esperiscono una caduta dell’interesse in tutti gli aspetti della vita Innanzitutto occorre dire che la famiglia ha un ruolo importantissimo in un pz con malattia psichiatrica cronica. I familiari, infatti, possono facilitare le richieste d'aiuto del pz, danno essi stessi un supporto pratico (per esempio danno le medicine) e psicologico (CAREGIVING), facilitano, quindi, in un certo senso la guarigione. Tuttavia la diagnosi di malattia grave, cronica od a prognosi incerta è solitamente un evento drammatico per l’intero nucleo familiare e ciò comporta una riorganizzazione del sistema familiare. Solitamente l’iter psicologico a seguito della diagnosi prevede: o Shock o Rabbia e collera o Accetazione e rassegnazione 10 Caratteristiche dell’ambiente familiare La famiglia vede un eccessivo CARICO, sia che esso sia pratico (nel senso di carico oggettivo, ovvero un carico economico, sociale, lavorativo), sia che esso sia psicologico (perchè il familiare ha un senso di colpa, di ansia, depressione, una sindrome da burn out). Questo aumento del carico familiare si accompagna, quindi, ad una diminuzione della qualità di vita sia del pz che dei familiari, con aumento delle ospedalizzazioni e delle ricadute del pz. I familiari possono ESPRIMERE DIVERSE EMOZIONI (EXPRESSED EMOTION) nei confronti del pz con malattia mentale. Possono infatti avere: High EE: criticismo, ostilità, eccessivo coinvolgimento emotivo: ha uno sviluppo negativo Low EE: comprensione empatica, commenti positivi: ha uno sviluppo positivo Le Strategie di coping (ovvero le modalità di adattamento con le quali si fronteggiano situazioni stressanti) messe in atto dai familiari sono: o Problem oriented coping: richiesta d’aiuto, coinvolgimento sociale, mantenimento di interessi sociali, richiesta di informazioni o Emotion focused: coercizione, evitamento, rassegnazione e ricerca di aiuto spirituale Per tutti questi motivi è necessario comuqnue fare degli interventi anche sui familiari Terapia sistemico‐familiare Questa teoria si basa sul presupposto chr ogni membro del sistema esercita una serie di effetti, di influenze, sugli altri membri; al tempo stesso tali influenze si ripercuotono sul sistema intero della famiglia. A differenza degli altri approcci che si basano sull'individualità della persona, nella terapia della famiglia l'individuo viene considerato una parte del tutto, che è appunto il sistema. Secondo la prospettiva sistemica, l'individuo è in grado di influire sul contesto, come il contesto influisce sull'individuo. Premesso questo, la persona che soffre viene inquadrata come "espressione" di un contesto a sua volta sofferente, nel quale esistono degli squilibri che provocano influenze negative su di essa. Tuttavia, la stessa persona sofferente fa parte del sistema famiglia, ed è quindi parzialmente responsabile della situazione che si è creata. Il paziente, allora, non è solo colui che subisce ed esibisce un sintomo, ma, paradossalmente, diviene esso stesso un sintomo: quello di una famiglia disfunzionale. Ciò non significa che la causa del suo disagio sia dovuta a colpe personali, ma che comunque la persona contribuisce a mantenere in vita delle dinamiche familiari disfunzionali. Per esempio, se un adolescente soffre di una forte ansia e i membri della sua famiglia essendone al corrente lo proteggono in maniera eccessiva, evitandogli costantemente il confronto con le sue paure, egli tenderà a mantenere vive le sue paure; contemporaneamente dipenderà in maniera sempre maggiore dagli altri membri della famiglia, mantenendo in vita tale dinamica disfunzionale. La terapia della famiglia ha costruito quindi la sua metodologia clinica intorno all'idea che il disagio psichico può essere colto attraverso l'osservazione delle relazioni umane. Per questo motivo secondo qesto approccio è utile modificare i rapporti ed i comportamenti all’interno del sistema Counseling familiare Il sostantivo counseling deriva dal verbo inglese to counsel, che risale a sua volta dal verbo latino consulo‐ĕre, traducibile in "consolare", "confortare", "venire in aiuto". Infatti viene svolta da un operatore psichiatrico e viene fatta in 4‐5 sedute. Interventi di auto‐mutuo‐soccorso: sono interventi, soprattutto in corso di disturbi ansioso‐depressivi, di gruppo, sviluppati per fornire informazioni ed aiuto ai familari per superare il senso di solitudine ed incapacità 10 WWW.SUNHOPE.IT Interventi di supporto: sono di gruppo per familiari od amici e forniscono informazioni per disturbi mentali gravi Interventi psicoeducativi familiari sono interventi di sostegno, soprattutto per pazienti depressi, ad orientamento psicologico o cognitivo‐ comportamentale, basati su di un approccio biopsicosociale per la cura di disturbi mentali gravi. Hanno la massima efficacia Caratteristiche generali Obiettivi o Aumentare le abilità individuali per affrontare le situazioni stressanti o Aumentare le abilità del nucleo familiare ad affrontare situazioni difficili o Riequilibrare gli aspetti biologici (aumento adesione al trattamento farmacologico) o Aumentare i punti di forza familiari e sociali o Diminuire gli eventi stressanti o Diminuire le ospedalizzazione o Aumentare la qualità di vita e sociale, diminuendo il carico familiare e potenziando le strategie di coping Differenze tra i vari approcci o Durata: da 1‐4 sedute ad anni o Uni‐ o multi‐ familiare o Setting ambulatoriale o domiciliare o Tipo di operatore o Coinvolgimento o meno del paziente Punti in comune o Aderenza al modello stress‐vulnerabilità o Informazioni su natura, decorso e terapia dei disturbi mentali o Strategie per affrontare problemi pratici e per migliorare le capacità familiari ad affrontarli o Aumento delle abilità di comunicazione o Sviluppo di interessi e di reti sociali Fasi dell’intervento o Aggancio del nucleo familiare e spiegazione della malattia o Valutazione individuale: interessi, risorse umane familiari o Definizione di obiettivi o Valutazione familiare di comunicazione e capacità di problem solving o Sedute informative su malattia, farmaci, prevenzione di ricadute e del rischio di suicidio o Sedute sulle abilità di comunicazione o Sedute sulle abilità di problem solving: definizione delle problematiche, approcci possibili etc. 10 WWW.SUNHOPE.IT 10 10 WWW.SUNHOPE.IT 10 10 WWW.SUNHOPE.IT 10 WWW.SUNHOPE.IT 110