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BIOS
PSYCHÈ
| Proposte
4
Cent’anni di Psicopatologia
generale di Karl Jaspers
a cura di Giovanni Stanghellini
e Thomas Fuchs
Introduzione all’edizione italiana
di Francesca Fagioli, Vanina Migliorini, Tiziana Amici
Traduzione di Danila Moro
In copertina:
disegno di Massimo Fagioli (1998)
Titolo originale:
One Century of Karl Jaspers’ General Psychopathology, First Edition
Oxford University Press, Oxford
© Oxford University Press 2013
One Century of Karl Jaspers’ General Psychopatology,
First Edition was originally published in English in 2013.
This translation is published by arrengement with Oxford University Press.
One Century of Karl Jaspers’ General Psychopatology,
la prima edizione è stata originariamente pubblicata in inglese nel 2013.
Questa traduzione è pubblicata in accordo con la Oxford University Press.
Prima edizione italiana
L’Asino d’oro edizioni 2016
Revisione della traduzione a cura di Tiziana Amici, Alice Dell’Erba,
Francesca Fagioli, Vanina Migliorini, Laura Sapienza
© 2016 L’Asino d’oro edizioni s.r.l.
Via Ludovico di Savoia 2b, 00185 Roma
www.lasinodoroedizioni.it
e-mail: [email protected]
ISBN 978-88-6443-381-3
ISBN ePub 978-88-6443-382-0
ISBN pdf 978-88-6443-383-7
| Indice
Introduzione all’edizione italiana di Francesca Fagioli,
Vanina Migliorini, Tiziana Amici
Prefazione di Giovanni Stanghellini e Thomas Fuchs
xi
3
1. Jaspers dalla prospettiva odierna, p. 3 - 2. Che cosa la psicopatologia non è, p. 8 - 3. Che cos’è realmente la psicopatologia, p.
12 - 4. A che cosa serve la psicopatologia, p. 17 - 5. Articolazione
del volume, p. 18
La rilevanza della Psicopatologia generale di Karl Jaspers
per l’attuale dibattito in psichiatria di Mario Maj
23
Psicopatologie particolari: lezioni dalla Psicopatologia generale
di Karl Jaspers per la nuova filosofia della psichiatria
di K.W.M. (Bill) Fulford
31
1. Celebrare il positivo, p. 31 - 2. Imparare dal negativo, p. 32 - 3.
Guardarsi dai fondamenti, p. 33 - 4. L’ostacolo di Gödel, p. 36 - 5.
Contro i fondamenti, p. 38 - 6. A favore del progresso, p. 39 - 7. Non
è un paese per vecchi, p. 44
Parte prima | Contesto storico-culturale
1. Jaspers e il suo tempo di Federico Leoni
1.1. Jaspers e Goethe, p. 51 - 1.2. Jaspers e Kraepelin, p. 52 - 1.3.
Jaspers e Dilthey, p. 54 - 1.4. Jaspers e Kant, p. 58 - 1.5. Jaspers e Husserl, p. 60 - 1.6. Jaspers e Weber, p. 63 - 1.7. Jaspers e Nietzsche, p. 65
51
2. Fenomenologia e psicopatologia: alla ricerca di un metodo
di Osborne P. Wiggins, Michael Alan Schwartz
71
2.1. Introduzione: verso un metodo per una psicopatologia come
scienza, p. 71 - 2.2. Alcuni concetti fenomenologici legati al fare
esperienza dell’altro, p. 73 - 2.3. Verso un metodo in psicopatologia, p. 74 - 2.4. La migliore evidenza per la psicopatologia è l’incontro clinico, p. 76 - 2.5. L’evidenza nel fare esperienza di altre
persone, p. 77 - 2.6. La datità indiretta della vita mentale degli altri,
p. 78 - 2.7. Evidenza indiretta e interpretazione ermeneutica, p. 79
- 2.8. L’interpretazione ermeneutica richiede la competenza psichiatrica, p. 80 - 2.9. Rivivere l’esperienza del paziente, p. 84 - 2.10.
La formazione dei concetti, p. 86 - 2.11. Conclusioni, p. 87
3. La critica alla psicoanalisi di Jaspers: tra passato e futuro
di Mario Rossi Monti
91
3.1. La storia delle critiche, p. 92 - 3.2. Il contesto della critica di
Jaspers, p. 95 - 3.3. Il tono della critica di Jaspers, p. 101 - 3.4. I contenuti della critica di Jaspers, p. 102 - 3.5. L’attualità della critica
di Jaspers, p. 107
4. L’impatto della Psicopatologia generale di Karl Jaspers:
la portata delle valutazioni di Christoph Mundt
115
4.1. Introduzione, p. 115 - 4.2. Imperituro dopo cent’anni: Jaspers,
autorità e pietra miliare della discussione concettuale, p. 117 - 4.3.
Pluralismo metodologico, p. 119 - 4.4. Il metodo fenomenologico,
p. 120 - 4.5. Situazioni limite, p. 126 - 4.6. Delirio, p. 128 - 4.7. Jaspers e le belle arti, p. 130 - 4.8. Critiche a Jaspers e travisamenti, p.
132 - 4.9. Sintesi e conclusioni, p. 134
Parte seconda | Questioni e concetti metodologici
5.La Psicopatologia generale di Karl Jaspers nel contesto della
pratica clinica di Otto Doerr-Zegers, Héctor Pelegrina-Cetrán
5.1. L’introduzione della fenomenologia nella psicopatologia e nella pratica clinica, p. 143 - 5.2. Introduzione al metodo della comprensione, p. 148 - 5.3. I concetti di processo e sviluppo, p. 154
- 5.4. Il concetto di situazione, p. 159 - 5.5. Il pensiero dialettico in
psicopatologia, p. 163 - 5.6. Conclusioni, p. 167
141
6. Forma e contenuto nella psicopatologia di Jaspers
di Chris Walker
175
6.1. Introduzione, p. 175 - 6.2. Forma e contenuto nella teoria della
conoscenza di Kant, p. 176 - 6.3. Forma e conoscenza nella monografia di Jaspers su Kant, p. 179 - 6.4. Forma e contenuto nella
fenomenologia di Jaspers, p. 180 - 6.5. Kandinsky, Goldstein e le
pseudoallucinazioni, p. 184 - 6.6. Jaspers su Kandinsky e Goldstein,
p. 187 - 6.7. La posizione di Jaspers sulle pseudoallucinazioni, p.
191 - 6.8. La forma nella comprensione genetica, p. 192 - 6.9. Le
pulsioni (Triebe) come contenuto del comprensibile, p. 194 - 6.10.
L’individuo nel mondo (der Einzelne in der Welt) come contenuto
del comprensibile, p. 195 - 6.11. I simboli (Symbole) come contenuto del comprensibile, p. 197 - 6.12. Le forme fondamentali della
comprensibilità (Grundformen der Verstehbarkeit), p. 198 - 6.13. La
concezione della vita psichica come un tutto, p. 200 - 6.14. Forma e
contenuto nella filosofia posteriore di Jaspers, p. 202 - 6.15. Jaspers
e Simmel, p. 203 - 6.16. Conclusioni, p. 203
7. Jaspers, la fenomenologia e la ‘differenza ontologica’
di Louis A. Sass
209
7.1. Introduzione, p. 209 - 7.2. Jaspers e l’oggettivismo, p. 212 - 7.3.
‘Empatia’ e ‘studio sistematico’: Jaspers sul metodo fenomenologico, p. 214 - 7.4. ‘Fenomenologia’ versus ‘relazioni comprensibili’,
p. 219 - 7.5. L’oblio della ‘differenza ontologica’, p. 223 - 7.6. Conclusione: Jaspers e l’‘oblio’, p. 227
8. Jaspers sulla spiegazione e la comprensione in psichiatria
di Christoph Hoerl
231
8.1. Comprendere versus spiegare: la dimensione epistemica, p.
232 - 8.2. Le relazioni comprensibili: la dimensione ontologica,
p. 235 - 8.3. Il ‘livello’ della comprensione, p. 239 - 8.4. Una terza posizione?, p. 243 - 8.5. L’incomprensibile nella schizofrenia,
p. 248
9. Jaspers e le neuroscienze di Matthew R. Broome
9.1. Introduzione, p. 253 - 9.2. Il contesto storico, p. 254 - 9.3. La
psicopatologia generale, p. 257 - 9.4. Scritti filosofici sulla scienza,
p. 269 - 9.5. Osservazioni conclusive, p. 272
253
10. Karl Jaspers patografo di Matthias Bormuth
275
10.1. Introduzione, p. 275 - 10.2. La patografia prima di Jaspers, p.
276 - 10.3. Considerazioni metodologiche, p. 283 - 10.4. Strindberg
e van Gogh: la prima patografia di Jaspers, p. 286 - 10.5. La malattia
di Nietzsche, p. 290 - 10.6. Il profeta Ezechiele: un abbozzo patografico, p. 294 - 10.7. Jaspers, van Gogh e l’arte di Weimar, p. 296
11. La concezione esistenziale di psicoterapia di Karl Jaspers
di Jann E. Schlimme
305
11.1. Introduzione, p. 305 - 11.2. Jaspers sulla psicoterapia nelle
prime edizioni della Psicopatologia generale, p. 306 - 11.3. Jaspers sulla psicoterapia nella quarta edizione della Psicopatologia generale, p.
310 - 11.4. La concezione esistenziale della psicoterapia di Jaspers:
Grenzsituation, p. 316 - 11.5. La concezione esistenziale della psicoterapia di Jaspers: Gehäuse, p. 318 - 11.6. La concezione esistenziale
della psicoterapia di Jaspers: Wille e Wollen, p. 320 - 11.7. Limiti della concezione esistenziale di psicoterapia di Jaspers, p. 323 - 11.8.
Conclusioni, p. 327
12. L’etica dell’incomprensibilità di Giovanni Stanghellini
331
12.1. Jaspers per i clinici, p. 331 - 12.2. Di che cosa abbiamo bisogno
per una pratica clinica sufficientemente solida?, p. 333 - 12.3. Una
conoscenza di tipo asintotico, p. 335 - 12.4. Le radici filosofiche del
teorema dell’incomprensibilità, p. 338 - 12.5. La teoria implicita
di Jaspers della pratica clinica, p. 352 - 12.6. Conclusione, p. 357
Parte terza | Concetti clinici
13. Il principio gerarchico di Karl Jaspers e l’attuale
classificazione psichiatrica di Henning Sass, Umberto Volpe
13.1. Introduzione, p. 363 - 13.2. Il metodo fenomenologico di
Jaspers, p. 366 - 13.3. Il principio gerarchico jaspersiano e la classificazione dei disturbi mentali, p. 370 - 13.4. I ‘mosaici viventi’:
manuali diagnostici e classificazioni correnti dei disturbi mentali,
p. 372 - 13.5. L’influenza dell’operazionalismo, p. 374 - 13.6. Precursori della moderna nosologia, p. 378 - 13.7. Vantaggi e svantaggi
dei moderni sistemi diagnostici, p. 380 - 13.8. Implicazioni per la
pratica clinica, p. 382 - 13.9. Psicopatologia e ricerca, p. 384 - 13.10.
363
Il problema della delimitazione diagnostica, p. 385 - 13.11. Il problematico concetto di comorbilità, p. 389 - 13.12. False dicotomie
nella nuova cornice intellettuale della psichiatria, p. 391 - 13.13.
Conclusioni, p. 394
14. Sulla psicosi: Karl Jaspers e oltre di Josef Parnas
403
14.1. Introduzione, p. 403 - 14.2. Breve storia del concetto di psicosi, p. 405 - 14.3. Connotazioni nosologiche del concetto di psicosi,
p. 406 - 14.4. Sistemi diagnostici contemporanei e applicazione clinica del concetto di psicosi, p. 408 - 14.5. Realtà, senso di realtà,
giudizio di realtà ed esame di realtà, p. 410 - 14.6. Razionalità e
irrazionalità, p. 414 - 14.7. Delirio, p. 420 - 14.8. Il delirio è una
convinzione?, p. 422 - 14.9. Allucinazioni e psicosi, p. 426 - 14.10.
Psicosi unica e neurotossica, p. 429 - 14.11. Categoria, dimensione,
esperienza, giudizio, p. 431 - 14.12. Conclusioni, p. 432
15. Atmosfera delirante e senso d’irrealtà di Matthew Ratcliffe
439
15.1. Introduzione, p. 439 - 15.2. L’atmosfera delirante, p. 443 15.3. Deliri e inintellegibilità, p. 448 - 15.4. La fenomenologia della
possibilità, p. 452 - 15.5. Convinzioni, p. 459 - 15.6. Comprensione
non fenomenologica, p. 461
16. Il Sé nella schizofrenia: Jaspers, Schneider e oltre
di Thomas Fuchs
467
16.1. Introduzione, p. 467 - 16.2. Breve storia dei disturbi del Sé, p.
469 - 16.3. Dai disturbi del Sé ai disturbi dell’Io, p. 472 - 16.4. L’alienazione dei processi di pensiero, p. 477 - 16.5. Oggettificazione dei
pensieri, p. 478 - 16.6. Perdita dell’agentività ed esternalizzazione
dei pensieri, p. 479 - 16.7. Delirio di inserzione del pensiero, p.
481 - 16.8. Conclusioni, p. 483
17. Comprendere i disturbi dell’umore: l’esistenzialismo
biologico di Karl Jaspers di S. Nassir Ghaemi
17.1. Prendere sul serio la storia, p. 493 - 17.2. Il contesto culturale, p. 495 - 17.3. Psichiatria fondata sul metodo, p. 497 - 17.4.
Nosologia corrente dei disturbi dell’umore, p. 498 - 17.5. Jaspers e
Kraepelin, p. 500 - 17.6. Jaspers sulla nosologia, p. 501 - 17.7. DSM
jaspersiano, p. 504 - 17.8. Tipi ideali, p. 505 - 17.9. DSM-III antijaspersiano: il declino della depressione nevrotica, p. 507 - 17.10. Il
ruolo diagnostico dell’empatia, p. 510 - 17.11. Disperazione esi-
489
stenziale e alleanza terapeutica, p. 511 - 17.12. Empatizzare con la
mania, p. 513 - 17.13. Max Weber e il genio della mania-depressione, p. 514
18. Reazione e sviluppo nei pazienti maniacali
e melanconico-depressivi
di Alfred Kraus
521
18.1. La concezione di Jaspers dei disturbi maniacale e melanconico-depressivo, p. 521 - 18.2. Reazione come meccanismo normale e anormale, p. 524 - 18.3. Sviluppo e processo come categorie
diverse, p. 528 - 18.4. Sviluppo e comprensione della personalità
secondo Jaspers e concezioni moderne dello spettro di personalità maniaco-depressivo, p. 530 - 18.5. Precipitazione della psicosi
secondo Jaspers, p. 535 - 18.6. Aspetti teorici identitari della ‘struttura antinomica’ e del Gehäuse, p. 538
Vita e opere di Karl Jaspers
a cura di Alice Dell’Erba e Laura Sapienza 551
Gli autori 557
Indice degli autori 559
Indice analitico 563
| Introduzione all’edizione italiana
di Francesca Fagioli, Vanina Migliorini, Tiziana Amici*
La pubblicazione di questa raccolta di articoli dedicati a Jaspers nel
centenario della Psicopatologia generale, ci ha dato l’opportunità per una
riflessione sul pensiero intorno alla psichiatria del XX secolo.
Con l’inizio del Novecento vari movimenti filosofico-culturali evidenziano i limiti del positivismo, considerandolo una scienza schematica, astratta, estranea alle problematiche più profondamente umanistiche. Il passaggio dalla scienza alla tecnica è accettato positivamente
quando si tratta di ottenere il dominio della natura fisica e biologica,
ma è avvertito come una minaccia quando investe il campo più propriamente ‘umano’. Di qui l’esigenza di mettere in crisi il concetto
di ragione scientifica, quella ragione che non sa cogliere l’originalità
dell’esistenza umana nella sua individualità e libertà, e che si limita a
consacrare la struttura e i valori della società borghese.
Da questo vasto movimento che pervade l’Europa in aperta contrapposizione al clima positivista che anima la ricerca si origina l’indirizzo
fenomenologico. L’esistenza umana non può ridursi a oggetto d’indagine della ragione scientifica, e la fenomenologia come l’esistenzialismo
si propongono di coglierne gli aspetti più soggettivi.
* Francesca Fagioli è medico psichiatra e psicoterapeuta. Ha conseguito il titolo di Dottore
di ricerca in Psichiatria presso la “Sapienza” Università di Roma nel corso di dottorato
“Psichiatria: l’intervento precoce nelle psicosi”. Lavora a Roma presso la ASL Roma 1
nel centro di Prevenzione e intervento precoce salute mentale (PIPSM) come dirigente
medico responsabile. Vanina Migliorini è medico psichiatra e psicoterapeuta. Lavora nel
Dipartimento di salute mentale della ASL Roma D come dirigente medico nel Centro di
salute mentale di Ostia. Tiziana Amici è medico psichiatra e psicoterapeuta. Lavora nel
Dipartimento di salute mentale della ASL Umbria 2 come dirigente medico nel Centro
di salute mentale di Narni.
xi
Cent’anni di Psicopatologia generale di Karl Jaspers
La fenomenologia psichiatrica (psicopatologica) nasce nel 1913, quando K. Jaspers pubblica la Psicopatologia generale ; da quel momento in poi
la fenomenologia, prima husserliana e poi heideggeriana (fenomenologia filosofica) diviene strumento concreto [...] nella pratica quotidiana
con pazienti affetti da disturbi mentali1.
Il lavoro di Jaspers assume certamente un valore storico: egli realizza
un’operazione di riorganizzazione concettuale, sistematizzazione e in
qualche caso di esplicitazione epistemologica. La sua opera acquista
una connotazione quasi di review dei concetti maggiori per cui, nei vari
capitoli, richiama le pubblicazioni più importanti del suo tempo o precedenti del settore.
Sul piano teorico, però, la sua ambizione è più grande: per opporsi
e superare il riduzionismo biologico Jaspers sostiene che il futuro della medicina, per comprendere la mente, sta in un’unione tra filosofia
e scienza. La psichiatria deve affondare le sue radici nella scienza e,
insieme, nella filosofia. La psicopatologia deve fornire ai clinici una
descrizione concreta, una terminologia adeguata e raggruppamenti
metodologici validi e affidabili per l’incontro con il paziente2. Per Jaspers bisogna andare al di là del contenuto dell’esperienza per analizzare la forma in cui questi fenomeni si presentano. Ma in questo
tentativo si mostra molto più conservatore che rivoluzionario, molto
più influenzato dalla sua epoca, quando afferma:
Nonostante l’innegabile intima unione fra lo psichico e il somatico, non
bisogna dimenticare che le due serie di indagini non si incontrano mai
[...]. È come se un continente sconosciuto sia esplorato da due parti senza che gli esploratori si incontrino mai, perché fra loro rimane sempre
un largo tratto di territorio impenetrabile3.
Sancita questa inevitabile scissione, dopo pochi anni di dedizione
alla clinica – a pochi anni dalla Psicopatologia generale –, come accade
nella vita, Jaspers abbandona la medicina per rifugiarsi nella filosofia.
1 | G. Di Petta, a cura di, Fenomenologia: psicopatologia e psicoterapia, EUR, Roma 2009, p. 33.
2 | G. Stanghellini, R. Broome, Psychopatology as the Basic Science of Psychiatry, in “The British
Journal of Psychiatry’, 205, 2014, pp. 169-170.
3 | K. Jaspers, Psicopatologia generale (1913), Il Pensiero Scientifico, Roma 2000, p. 4.
xii
Introduzione all’edizione italiana
Quest’operazione determina un drammatico allontanamento dalla
realtà dell’uomo, un allontanamento dalla possibilità di poter comprendere una mente per proporre un pensare, che resta così un credere
in un’anima spirituale non comprensibile. Infatti Jaspers scrive tra il
1950 e il 1955: «Il medico scorge i limiti del proprio potere. Non può
sopprimere la morte, anche se oggi è in grado di prolungare la vita
come mai prima. Non può sopprimere le malattie mentali, anche se
in certi casi può essere d’aiuto»4. Proviamo ora a consultare il vocabolario.
Pensare: esercitare l’attività del pensiero, cioè l’attività psichica per cui
l’uomo acquista coscienza di sé e del mondo in cui vive: penso, dunque
sono, dall’espressione latina cogito, ergo sum.
Credere: ritenere vera una cosa, avere la persuasione che una cosa sia
tale quale appare in sé stessa o quale ci è detta da altri, o quale il nostro
sentimento vuole che sia.
Se la mente umana non riesce o non vuole pensare o, perlomeno
tentare di farlo, cade nel credere e nel non-comprendere.
E il pensare evoca la parola ‘ragione’, razionalità; il credere è indissolubilmente legato alla fede. Ragione e religione. Apparentemente
una all’opposto dell’altra, in realtà una lo specchio dell’altra. La ragione intrappola in sé stessa la parola ‘pensiero’ inteso solo come percezione cosciente, ricordo della veglia, linguaggio articolato; ciò che si può
conoscere è solo la cosa che prima viene percepita e poi pensata. La religione abbraccia uno spirito lontano dal corpo perché non comprende
e non può accettare che ci sia un’alterazione della mente umana che si
ammala come il corpo. Il peccato originale è insito nell’uomo e, come
tale, immodificabile. Ragione, religione. Entrambe eliminano da loro
stesse tutto ciò che non è percepito dai cinque sensi. Entrambe negano l’irrazionale: una perché lo considera animalità, follia, non-ragione;
l’altra perché lo ritiene un dono di Dio, l’anima. E l’anima, lontana
dal corpo, non si può ammalare. Di conseguenza esiste solo la realtà
materiale percepibile dai sensi della coscienza. Il resto è inconoscibile
e, come tale, immodificabile.
4 | K. Jaspers, Il medico nell’età della tecnica, Raffaello Cortina, Milano 1991.
xiii
Cent’anni di Psicopatologia generale di Karl Jaspers
Sappiamo che i filosofi hanno sempre avuto nei riguardi dell’inconscio un atteggiamento, potremmo dire, di distanza, di noncuranza, «si
sono sempre occupati di ragione, con la ragione»5 come a ripetere quella scissione tra corpo e mente esistente da sempre: scissione tra materia
e spirito, tra esistenza ed essenza, tra medicina e filosofia.
Possiamo ora comprendere come la medicina, abbandonata per la filosofia, non si trasformi in psichiatria. Accade cioè che la psichiatria, che
dovrebbe occuparsi del pensiero umano altrui, rinuncia al suo mandato
lasciando ai filosofi lo studio del pensiero. Uno studio che non riguarda
però il pensiero altrui, ma esprime solo il proprio personale pensiero.
Sicuramente Jaspers cerca di interrogarsi e riflettere su una possibile
modalità di conoscenza che leghi la ricerca medica a quella filosofica,
costituendosi essa come premessa a quest’ultima perché il filosofare
trova il suo ambito al di là della conoscenza.
In quest’ottica il suo impianto metodologico si fonda sul ruolo duplice di Verstehen ed Erklären. Il metodo fenomenologico viene chiamato
da Jaspers ‘metodo comprensivo’ (Verstehen), perché l’oggetto si determina in base alla soggettività dell’osservatore-psicopatologo. Questo
approccio è seguito da un altro metodo, lo ‘spiegare’ (Erklären), volto
a estrarre nessi causali; ma questo è un approccio dall’esterno che può
solo subordinarsi alla fenomenologia, che comprende invece il vissuto
dall’interno.
«Noi spieghiamo la natura e comprendiamo la vita psichica», afferma nel 1894 il filosofo Wilhelm Dilthey (1833-1911). Jaspers riprende
la definizione di Dilthey e postula:
Impiegheremo sempre l’espressione comprendere (Verstehen) per la
visione intuitiva dello spirito, dal di dentro, [...] spiegare (Erklären) il
conoscere i nessi causali obiettivi che sono sempre visti dal di fuori. [...]
Con il comprendere genetico – spiegare psicologico da contrapporre a
ragione allo spiegare causale, obiettivo [...] – si giunge, in psicopatologia, subito a un limite. Lo psichico emerge ed appare come qualche cosa
di nuovo in modo del tutto incomprensibile per noi6.
5 | M. Fagioli, Bambino donna e trasformazione dell’uomo, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013,
p. 109.
6 | Jaspers, Psicopatologia generale cit., pp. 29-30.
xiv
Introduzione all’edizione italiana
Osserviamo come da un lato la comprensione sia uno dei pilastri
della psicopatologia jaspersiana, dall’altro si fermi di fronte ad alcuni
contenuti che diventano incomprensibili.
La cosa che colpisce, però, è che l’impossibilità di comprendere
diventa un atteggiamento etico, un’ideologia, mentre il comprendere
non può prescindere da un contenuto perlomeno di interesse per l’essere umano. L’etica dell’incomprensibilità «si basa sia sull’idea che la
verità non è un possesso bensì un cammino, sia sul rifiuto di qualsiasi tipo di conoscenza assoluta». «Il principale insegnamento di Jaspers può
essere condensato in un’unica frase: ‘Le interrogazioni e le domande
sono per essa [la filosofia] più essenziali delle risposte e ogni risposta
viene nuovamente e continuamente messa in questione’»7.
Possiamo solo osservare o cercare di comprendere? Ma cosa significa ‘comprendere’? ‘Prendere con’, «(dal latino comprehensio, -onis)
è l’atto e la capacità di capire, cioè di ‘afferrare’ (cum-prehendo, cioè
‘afferro insieme cose che stanno dinanzi a me’) con la ragione un
contenuto conoscitivo». Comprendere con la ragione. Forse dobbiamo fermarci un attimo a riflettere, perché questa definizione riguarda
certamente l’approccio medico nei confronti della malattia del corpo.
Noi conosciamo il corpo sano che può ammalarsi e morire, e dobbiamo affrontare e cercare di curare la malattia per ottenere una guarigione del corpo stesso. Ottenere una restitutio ad integrum di qualcosa
che prima c’era e poi si ammala, si rovina, si distrugge. Potremmo
dire che abbiamo un’immagine di sanità che diventa la certezza di una
realtà che può essere ripristinata. Quindi abbiamo l’obbligo di fare una
diagnosi per poi proporre una cura per la guarigione. Il difficile sta
nel portare il metodo medico alla psichiatria che deve affrontare una
malattia della mente che non è un’alterazione organica del cervello.
Una distruzione del pensiero dell’essere umano che si è ammalato, e
che si esprime magari con un’alterazione del comportamento e del
linguaggio, cela nascosta una frattura più profonda che incute paura
e per questo è stata sempre considerata inconoscibile. Inconoscibile
e ‘incomprensibile per noi’! E la domanda sorge spontanea: noi psichiatri dovremmo avere l’obbligo di ‘comprendere’ e ‘spiegare’ per
7 | Cfr. infra, cap. 12, pp. 335, 332-333.
xv
Cent’anni di Psicopatologia generale di Karl Jaspers
tentare di proporre una cura della malattia mentale che abbia come
fine la guarigione? Fare una diagnosi per poi proporre una cura per la
guarigione che sia una trasformazione nei riguardi della realtà psichica
umana. La realtà materiale, al contrario, non può essere trasformata,
il corpo umano così è alla nascita e può solo svilupparsi, le braccia restano braccia e le gambe restano gambe. E anche la natura può essere
migliorata, può financo essere distrutta dagli uomini, ma non trasformata. La trasformazione è propria dell’essere umano, della realtà non
materiale dell’essere umano, della realtà psichica, non della realtà del
corpo, anche se questa ci è stata sempre raccontata come una mostruosità che emerge da dentro di noi.
Invece la parola ‘trasformazione’ trascina con sé la parola ‘conoscenza’. Come in un ballo, una avvolge l’altra in una spirale che non
fa più distinguere l’una dall’altra e l’altra dall’una. Se la nostra mente
non conosce, non può pensare il ‘trasformare’, cioè far sì che una cosa
che prima esiste, dopo non esiste più come tale, perché è trasformata
in qualcosa di diverso. Potremmo dire che qualcosa sparisce per poi
ricomparire non più uguale a prima. Una bella favola che racconta di
una possibilità di un cambiamento che ha in sé un movimento, che non
è spostamento di un corpo nello spazio. Un tempo della mente che libera gli esseri umani dalla condanna alla non conoscenza e alla paura.
Conoscenza, un sapere al di là del volere che la filosofia ha limitato alla
coscienza, alla ragione, alla razionalità.
Nonostante alcuni filosofi avessero alluso a fenomeni della psiche
non accompagnati da consapevolezza: il primo a utilizzare la parola
‘inconscio’ (das Unbewusste) è stato Schelling nel 1800 in una pagina
del Sistema dell’idealismo trascendentale. Schelling si riferisce a un’entità
spirituale che trapassa i confini della psiche individuale e sancisce così
la caratteristica di inconoscibilità dell’inconscio. L’inconscio è dunque
qualcosa che non si può conoscere e che guida il mondo al di là della
volontà degli esseri umani. Utilizzare la parola Unbewusste come sostantivo e non come aggettivo determina che l’inconoscibile non potrà mai
essere conosciuto e condanna gli esseri umani a essere in balia di forze
oscure. «Il termine tedesco è un sostantivo, c’è l’articolo das, non è
aggettivo [...] nell’inconoscibile, il discorso è spirituale, quindi degno
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Introduzione all’edizione italiana
soltanto di credenze»8. Ma noi sappiamo che esistevano altre parole tedesche che tentavano di indicare il non-cosciente, tra cui das Ungewusste
(‘il non saputo’), che poteva lasciare la libertà di tentare di scoprire ciò
che ancora non era conosciuto. Schelling sceglie das Unbewusste (‘l’inconoscibile’), che contiene un significato profondo di impossibilità di
conoscenza9. Lo sconosciuto, il non ancora conosciuto ma con possibilità di conoscenza, diventa inconoscibile.
Allora la psichiatria non può conoscere e la filosofia resta padrona
del pensiero umano. I filosofi diventano detentori di un potere sulla
realtà del pensiero umano. Come una nenia tornano le parole: medicina, filosofia. Invece di fondersi l’una con l’altra per diventare scienza e
poi psichiatria, si allontanano sempre di più senza possibilità di incontro. Quello che Jaspers forse aveva intuito parlando di ‘comprendere’ è
inevitabilmente perduto. Restano certamente le sue mirabili descrizioni
dei fenomeni cui è riconosciuta almeno l’identità di fenomeni psichici, ma la fenomenologia resta confinata alla descrizione dell’esperienza presentata verbalmente dal paziente. La psichiatria resta orfana di
un pensiero e di una possibilità di conoscenza acquisita dai filosofi in
un’apparente sapienza sull’uomo e il suo essere nel mondo.
Possiamo pensare che la medicina ha cominciato a diventare scienza
solo quando si è legata alla razionalità, alla ragione. Ippocrate aveva avuto l’intuizione, l’idea, della malattia del corpo. Poi nel tempo si arriva a
pensare a una possibile cura del corpo malato, perché si conosce l’anatomo-fisiologia del corpo sano. Solo alla fine del Settecento si comincia
a pensare alla malattia mentale come malattia. Infatti Pinel libera il povero folle dalle catene differenziandolo dal criminale, ma resta comunque legato a un’idea di lesione organica del cervello. A differenza di
quanto accade per il corpo, come si forma l’idea della malattia mentale
ci si ferma a osservarne l’esistenza. Non appena ci si separa dall’idea
della lesione dell’organo, del corpo, scompare il termine malattia 10.
8 | M. Fagioli, L’IDEA della nascita umana. Lezioni 2010, L’Asino d’oro edizioni, Roma
2015, p. 142.
9 | Cfr. C. Iannaco, Unbekannt, unbewusst. La forza dello sconosciuto, in “Il sogno della farfalla’, 3, 2004, pp. 44-63.
10 | Cfr. M. Fagioli, Fantasia di sparizione. Lezioni 2007, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2009,
pp. 17-44.
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Cent’anni di Psicopatologia generale di Karl Jaspers
Nell’Ottocento, con un’intuizione e un’onesta ricerca sulla nosografia
psichiatrica, i vari Esquirol, Kraepelin, Bleuler propongono un pensiero
su una diagnosi, per capire e individuare un’eziopatogenesi, una causa
del perché si è caduti nella malattia mentale. Contemporaneamente,
un filone di ricerca riguardo al non cosciente prende forma, faticosamente, alla fine del Settecento con Janet, Mesmer, Puységur fino a
Charcot, con gli studi sulla nevrosi isterica attraverso l’ipnosi. Abbiamo
letto di studiosi francesi di fine Ottocento che compiono esperimenti
durante il sonno per interrogarsi e proporre idee intorno alle immagini oniriche. Ben noto il caso di Anna O. trattato da Breuer nel 1880,
dove perlomeno si tenta di portare un approccio medico a un’ipotesi di
trattamento psicoterapico con l’utilizzo dell’ipnosi11. Tentativi immediatamente censurati da Freud con la pubblicazione della Interpretazione dei
sogni, che blocca e impedisce ogni possibilità di ricerca sull’inconscio.
Agli inizi del Novecento, infatti, tutto ciò viene definitivamente abbandonato. Si perde la possibilità di una diagnosi, si perde la speranza
di una possibilità di cura della malattia mentale che diviene una condanna a essere quelli che si è, a seguire il proprio destino.
La mancata diagnosi e l’impossibilità di conoscenza divengono un
punto di partenza imprescindibile, addirittura le basi di un metodo.
Leggiamo che «Jaspers considera fondamentale mantenere il proprio
approccio scevro da ogni pretesa esplicativa, che ritiene possa contaminare la purezza della descrizione con inferenze, teorie e speculazioni
premature»12. Ciò che la medicina come scienza aveva raggiunto nella
conoscenza e cura del corpo scompare e la parola ‘malattia’ lascia il
posto al termine ‘disturbo’. Infatti sappiamo che poi, dagli anni Cinquanta, nelle varie edizioni del DSM fino a quella attuale, gli autori
scelgono il termine ‘disturbo’.
Il disturbo può essere definito come un’alterazione nel funzionamento
fisico o psicologico [...] tuttavia la maggior parte delle diagnosi in medicina viene definita patologia piuttosto che disturbo e definire le diagnosi
psichiatriche come disturbi rafforza la distinzione tra problemi mentali,
disturbi e problemi fisici, patologie. [...] In questo senso, utilizzare il ter11 | Cfr L. Freeman, La storia di Anna O., L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013.
12 | Cfr. infra, Prefazione, p. 6.
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Introduzione all’edizione italiana
mine disturbo per descrivere la sofferenza mentale attira l’attenzione su
come essa comprometta il funzionamento di una persona, suggerisce la
complessa interazione degli eventi che la determinano e implicitamente
riconosce i limiti circa la nostra conoscenza delle sue cause13.
Con l’esistenzialismo siamo in un momento storico in cui avviene
una demedicalizzazione della psichiatria, già mortificata dall’espandersi
della psicoanalisi la quale, con l’apparente tentativo di occuparsi del
non-cosciente, dell’inconscio, in realtà sancisce la sua inconoscibilità
e lo qualifica come ‘inconscio perverso’. Quello che si può conoscere
è solo il rimosso, ciò che un tempo fu cosciente, che può essere conosciuto con il ricordo del fatto e le libere associazioni. Questo atteggiamento viene recepito in toto dal clima culturale europeo, ma soprattutto
italiano, che vede la psichiatria abdicare in nome dell’esistenzialismo
francese e tedesco. La psichiatria, dal greco psyché e iatrìa (‘medicina
della psiche’), lascia definitivamente il posto alla filosofia.
La ricerca della verità sull’uomo, del suo rapporto con il mondo, non
può per Jaspers essere compresa, sfuggendo a qualsiasi indagine scientifica. L’esistenza umana deve essere sottoposta dalla ragione filosofica a
quella che lui definisce ‘chiarificazione esistenziale’ (Existenzerhellung)
che si svolge nell’assoluta singolarità di ogni uomo. Il problema è che
al filosofo non interessa la malattia psichica, non interessano le variazioni psichiche, ma qualcosa oltre: l’ontologia dell’essere filosofico. Al
filosofo interessa scoprire un a priori esistenziale, l’Essere trascendente,
l’Uno, che tutto abbraccia e a cui l’uomo tende faticosamente e dolorosamente senza raggiungerlo mai.
Mentre Jaspers si ispira e applica il metodo filosofico di Husserl alla
psichiatria, prendendo le mosse dalla filosofia heideggeriana, con Binswanger si imposta la Daseinanalyse. Una descrizione dell’essere umano
che, in apparente contraddizione con il filone psicoanalitico, in realtà
lo sposa con una malvagia unione che, decretando l’inconoscibilità del
non cosciente, dichiara l’inesistenza di una cura e di conseguenza l’inesistenza di una malattia mentale. Il metodo daseinanalitico «vuole
in definitiva illuminare il ‘chi è’, il ‘come è’ ed il ‘mondo in cui è’ (si
13 | A.M. Nussbaum, L’esame diagnostico con il DSM-V, Raffaello Cortina, Milano 2014, pp.
9-10 (Introduzione al colloquio diagnostico DSM-5).
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