L’UNIONE EUROPEA E L’AMBIENTE .......................................................................................... 2 1. 1.1 Life-ambiente ................................................................................................................................... 2 2. DIRETTIVA QUADRO IN MATERIA DI ACQUE ......................................................................... 3 3. CONCETTI CHIAVE…………………………………………………………………………………5 4. IL PROGETTO CAMI ......................................................................................................................... 6 4.1 CAMI e la 2000/60/CE......................................................................................................................... 6 4.2 Articolazione del progetto e principali attivita’..................................................................................... 7 4.3 Le Metodologie Integrate ...................................................................................................................... 9 5. PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO PER LA CARATTERIZZAZIONE DI UN SISTEMA MULTI-ACQUIFERO.................................................................................................................................. 12 5.1 Raccolta ed elaborazione dati esistenti............................................................................................... 12 5.2 Costruzione del modello geologico preliminare e pianificazione delle indagini geofisiche ............. 12 5.3 Realizzazione della campagna idrogeologica, geochimica ed isotopica ............................................ 13 5.4 Esecuzione delle indagini geofisiche.................................................................................................. 13 5.5 Interpretazione dei dati geofisici ed integrazione del modello idrogeologico,interpretazione,Idrogeologica, modellizzazione dell’acquifero .......................................... 16 5.6 Realizzazione di carte tematiche, carte delle aree di ricarica/dispersione, vulnerabilità’ ................. 16 5.7 Modello dell’acquifero ...................................................................................................................... 16 6. VALIDAZIONE DEI RISULTATI .................................................................................................. 17 7. INDICAZIONI QUALI-QUANTITATIVE PER LA PIANIFICAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE SUL TERRITORIO TRAMITE METODOLOGIE INTEGRATE....................................... 17 1 1. L’UNIONE EUROPEA E L’AMBIENTE L’ Unione Europea emana direttive, attraverso le sue articolazioni settoriali, indirizzate a che l’agire dell’Uomo si conformi a principi e processi di sviluppo sostenibile. Il tema “ambiente” è, quindi, oggetto di interesse prioritario di governi, istituzioni ed opinione pubblica; questi dovranno tener conto degli indirizzi ambientali anche nell’ambito applicativo delle normative emanate. L’Unione Europea promuove una ampia modernizzazione economico-sociale mediante riforme strutturali fortemente vincolate da criteri di salvaguardia ambientale. Parte della produzione normativa europea invita le istituzioni preposte ad affrontare le problematiche ambientali con metodi scientifico-tecnologici nuovi, pluridisciplinari e volti alla valutazione degli effetti futuri sull’ambiente delle azioni antropiche attuate nell’ immediato presente. 1.1 LIFE-AMBIENTE Nel contesto dei progetti di Dimostrazione LIFE-Ambiente la Commissione Europea ha emanato delle proposte con l’obiettivo “ di sviluppare progetti di dimostrazione che contribuiscano allo sviluppo di tecniche e metodi innovativi e integrati e all’ulteriore sviluppo della politica comunitaria dell’ambiente…” e che : a. integrino considerazioni sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile nella pianificazione e nella valorizzazione del territorio, incluse le zone urbane e costiere; b. promuovino la gestione sostenibile delle acque freatiche e di superficie. In questo quadro gli enti di ricerca, le imprese pubbliche e private e tutti gli operatori nel campo ambientale della Unione Europea sono chiamati a sostenere un ruolo professionale rilevante. Infatti, ognuno di essi dovrà: ¾ interagire con altre enti aventi competenza tecnico-scientifica nel monitoraggio dell’impatto ambientale; ¾ contabilizzare gli effetti economici degli interventi posti in essere per prevenire e/o riparare i danni ambientali. 2 2. DIRETTIVA QUADRO IN MATERIA DI ACQUE L'Unione Europea (UE) ha definito un quadro comunitario per la protezione e la gestione delle acque. La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, in relazione all’individuazione delle acque europee e delle loro caratteristiche, per bacino e per distretto idrografico di appartenenza, nonché all'adozione di piani di gestione e di programmi di misure adeguate per ciascun corpo idrico. Con questa direttiva l'Unione Europea organizza la gestione delle acque interne superficiali, sotterranee, di transizione e costiere per prevenirne e ridurne l'inquinamento, promuoverne l'utilizzo sostenibile, proteggere l'ambiente, migliorare le condizioni degli ecosistemi acquatici e mitigare gli effetti delle inondazioni e delle siccità. L‘attuazione della 2000/60 impone impegni e scadenze precise a tutti gli Stati membri dell’Unione a partire dal 22/12/2003 fino al 2015 : 22 dicembre 2003: entro questa data è designata un'autorità competente per i singoli distretti idrografici. Gli Stati membri sono tenuti a individuare tutti i bacini idrografici presenti nel loro territorio e ad assegnarli a singoli distretti idrografici. I bacini idrografici che si estendono sul territorio di più Stati membri devono essere assegnati a un distretto idrografico internazionale; 2004: analisi delle caratteristiche del distretto idrografico, dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee e dell’utilizzo delle acque del distretto; 2006: realizzazione dei programmi di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee. Gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché, per ciascun distretto idrografico, siano effettuati l'analisi delle caratteristiche del distretto, l'esame dell'impatto delle attività umane sulle acque e l'analisi economica dell'utilizzo idrico e si compili un registro delle aree alle quali è stata attribuita una protezione speciale. Devono essere individuati tutti i corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che forniscono oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone; 2009: adozione del Piano di gestione del bacino idrografico. Le misure previste nel piano di gestione del distretto idrografico mirano a impedire il deterioramento, migliorare e ripristinare le condizioni dei corpi idrici superficiali, fare in modo che raggiungano un buono stato chimico ed ecologico e ridurre l'inquinamento dovuto agli scarichi ed alle emissioni di sostanze pericolose. Esse mirano, inoltre, a proteggere, migliorare e ripristinare le condizioni delle acque sotterranee, evitarne l'inquinamento e il deterioramento e garantire un equilibrio fra l'estrazione ed il ravvenamento; 2010: provvedimento di recupero dei costi relativi ai servizi idrici. Gli Stati membri devono provvedere affinché le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente i consumatori a 3 usare le risorse idriche in modo efficiente ed affinché i vari settori di impiego dell'acqua contribuiscano al recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi per l'ambiente e le risorse; 2012: applicazione del programma delle azioni del Piano. Gli Stati membri devono stabilire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione della direttiva quadro; 2013: revisione e aggiornamento delle analisi e dei dati raccolti a scala di distretto, mediante monitoraggio e modellazione; 2015: esame dei risultati e dichiarazione del buono stato di salute delle acque, revisione ed aggiornamento dei piani di gestione dei bacini. A partire di questa data e, successivamente, ogni sei anni, la Commissione pubblica una relazione sulla sua attuazione. Al momento opportuno, la Commissione convoca una conferenza delle parti interessate alla politica comunitaria in materia di acque alla quale partecipano gli Stati membri ed i rappresentanti delle autorità competenti, del Parlamento europeo, delle ONG, delle parti sociali e dei soggetti economici, dei consumatori e del mondo accademico e scientifico. 4 3. CONCETTI CHIAVE • Bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta. • Distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere. • Acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali. • Acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee; le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali. • Acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e da contatto diretto con il suolo o il sottosuolo. • Acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce. • Acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione. 5 4. IL PROGETTO CAMI Il progetto CAMI (Caratterizzazione dell’Acquifero con Metodologie Integrate), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma LIFE, contribuisce ad attuare la direttiva 2000/60/CE e successive modifiche, mettendo a punto e sperimentando un insieme integrato di metodi finalizzati alla definizione e caratterizzazione delle risorse idriche ed alla valutazione della sostenibilità del loro sfruttamento. Il progetto CAMI ha consentito di sviluppare un pacchetto integrato basato su indagini geofisiche, geochimiche e di monitoraggio a livello di bacino idrico, nell’area pedemontana del Veneto orientale e del Friuli-Venezia Giulia occidentale delimitata dai fiumi Tagliamento, MedunaCellina e Livenza. 4.1 CAMI E LA DIRETTIVA 2000/60/CE Con il progetto CAMI è stato possibile applicare e sviluppare diverse metodologie, innovative e multi-disciplinari di monitoraggio (geofisico, geochimico ed idrogeologico) per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse idriche a livello di bacino idrografico nell’ambito della direttiva 2000/60/CE. Tutti i portatori di interesse possono usufruire sia dei risultati del progetto CAMI sia delle innovazioni tecnologiche e metodologiche per la valorizzazione, monitoraggio e gestione delle risorse idriche di sottosuolo. Ai fini di quanto previsto dalla direttiva 2000/60/CE, un importante risultato ottenuto dal progetto è stato quello di riuscire a caratterizzare, con bassi costi ed elevata velocità d’indagine, le risorse idriche sotterranee. Le metodologie proposte ed adottate nel progetto potranno essere applicate su territori carenti di dati acquisiti con prospezioni dirette (pozzi); scarse conoscenze del sottosuolo possono essere efficacemente complementate con indagini geofisiche di costo limitato e di impatto nullo sugli acquiferi, ai fini delle caratterizzazioni di eventuali corpi idrici profondi. La minimizzazione delle indagini dirette (pozzi) limita la possibilità di migrazione degli inquinanti dai corpi idrici più superficiali verso quelli più profondi. 6 4.2 ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO E PRINCIPALI ATTIVITA’ Una componente sostanziale del progetto è stata quella sperimentale, realizzata con diverse campagne di indagine e di monitoraggio a livello di bacino idrico, nell’area test di Torrate di Chions (PN). Questo territorio è caratterizzato da spesse conoidi alluvionali fortemente permeabili che ospitano uno dei più importanti acquiferi delle regioni Veneto e Friuli. L'elevata permeabilità dei depositi, l'intensa attività agricola ed il recente incremento dell'urbanizzazione rendono questo acquifero particolarmente vulnerabile all'inquinamento. Mediante l’acquisizione delle radiazioni nell’infrarosso termico integrate da misure al suolo con GPR, sono state localizzate le aree di risorgiva nell’area test di Torrate, lungo le quali affiora in maniera non sempre evidente l’acquifero superficiale a falda libera. Queste metodologie permettono di individuare le aree più sensibili ed ecologicamente più fragili. Per quanto concerne la ricostruzione del ciclo dell’acqua, le modalità di alimentazione ed i tempi di ricarica, sono state eseguite analisi di geochimica isotopica, con l’utilizzo di isotopi stabili (C e O) e di isotopi radiogenici (Trizio). Il campionamento è stato esteso nell’ambito dell’intero bacino in modo da caratterizzare le aree di ricarica e le aree interessate da prelievo delle risorse idriche per usi idropotabili. Con l’impiego di queste metodologie è stato possibile definire anche l’età delle acque per i singoli acquiferi. Il rilevamento ed il monitoraggio nei pozzi di Torrate di questi isotopi è stato integrato con l’analisi del Rn (Radon), elemento ad elevato impatto sulla salute. Le attività di monitoraggio dei parametri idrochimici e degli isotopi sopra menzionati, prolungate per più di un anno, hanno permesso di verificare la stabilità delle caratteristiche qualititative e qualitative delle risorse idriche, e la loro sostanziale stabilità nell’arco del ciclo stagionale. Tutte queste informazioni permettono agli enti preposti all’utilizzo delle risorse idriche di operare nel rispetto della direttiva 2000/60/CE. Le attività sperimentali del progetto sono state precedute dalla raccolta dei dati esistenti a livello di distretto idrografico per il fiume Tagliamento. Questo fa parte del “Distretto delle Alpi Orientali”, che comprende pure i bacini dell’Adige e dell’Alto Adriatico. L’analisi dei dati ha fatto emergere delle importanti lacune conoscitive sulle informazioni essenziali a definire le conoscenze sullo stato quantitativo e qualitativo delle risorse idriche. Si è infatti constatato che la distribuzione della rete regionale di monitoraggio delle caratteristiche chimico-fisiche delle risorse idriche sotterranee è estremamente eterogenea, ed ancora più frammentata è risultata la distribuzione delle informazioni litostratigrafiche. L’elaborazione dei dati litostratigrafici disponibili (circa duecento pozzi, dagli archivi dell’Università di Trieste -Stefanini, 1986 e della Regione Friuli-Venezia Giulia), ha evidenziato la presenza di aree fortemente “scoperte” fra cui l’area di progetto. 7 Sono stati valutati i dati idrogeologici di oltre 500 pozzi dagli archivi dell’ARPA-PN; questa valutazione ha evidenziato che solamente in 35 pozzi vi erano dati utilizzabili ai fini del progetto. Una delle problematiche emerse dall’analisi della rete di monitoraggio dell’ ARPA-PN è l’assenza di dati sulla sequenza litostratigrafica nella maggior parte dei pozzi. Questo aspetto è estremamente importante ai fini della definizione delle linee guida della direttiva 2000/60/CE. La maggior parte delle reti di monitoraggio idrico italiane sono state realizzate per la protezione della salute; mentre le precedenti funzioni di controllo erano attribuite alle Unità Sanitarie Locali (ULS) che verificavano la idoneità delle acque potabili. Non era dunque nei loro compiti verificare se le risorse erano estratte da un corpo idrico unico oppure se il pozzo monitorato prelevava e mescolava acque da più acquiferi. Avendo ARPA-PN, come tutte le altre ARPA, ereditato la rete di monitoraggio dalle USL, tale ente si trova spesso a confrontarsi con il problema della difficile attribuzione idrogeologica dei corpi idrici monitorati. Sarebbe perciò necessario, nelle azioni di protezione e valorizzazione delle risorse idriche, riesaminare tutte le reti di monitoraggio esistenti nel territorio italiano per selezionare solamente i pozzi utili alla caratterizzazione di ogni singolo corpo acquifero e procedere all’integrazione delle informazioni con la realizzazione di nuovi pozzi o l’inserimento di dati da altri pozzi comunque disponibili. Presso l’area di progetto è stato quindi eseguito un censimento in situ dei numerosissimi pozzi privati esistenti nell’area, che ha permesso di individuare quelli completi di informazioni litostratigrafiche e con una esatta ubicazione dei filtri. Tali ulteriori pozzi sono stati considerati idonei per il monitoraggio e la definizione dell’evoluzione nel tempo delle caratteristiche idrauliche, idrogeologiche e geochimiche di ogni corpo acquifero. E’ stato, inoltre, proposto un modello di scheda tecnica che riassume tutte le informazioni raccolte, codificate in modo da permetterne l’uso in futuro a chiunque abbia la necessità di analizzare le risorse idriche. Il modello di scheda rappresenta un importante elemento per il mantenimento nel tempo delle informazioni ottenute con il progetto e, quindi, un importante strumento per la pianificazione degli interventi e per la definizione delle politiche di tutela e di uso sostenibile delle risorse idriche, così come richiesto dalla direttiva 2000/60/CE. Tutti i dati raccolti ed inclusi nel rapporto tecnico del progetto rispondono alla richiesta della normativa di rendere disponibili dati che consentano, per completezza e tipologia, di effettuare analisi di scenario a lungo termine per la gestione delle risorse idriche. Inoltre, in accordo con la direttiva 2000/60/CE, è stata eseguita la classificazione delle risorse idriche mediante la definizione 8 del loro stato chimico. I dati chimici elaborati hanno permesso di estrapolare e restituire cartograficamente la distribuzione dei componenti chimici inorganici analizzati. Questa “fotografia” dello stato chimico attuale permetterà nel futuro di comprendere se sono intervenuti fenomeni di inquinamento e/o degrado delle risorse, connessi a fattori climatici e/o antropici. 4.3 LE METODOLOGIE INTEGRATE Le metodologie fisiche, geofisiche, chimico-fisiche, geochimiche ed idrogeologiche sviluppate nell’ambito del progetto rispondono ai tre tipi di azioni di monitoraggio previsti dalla direttiva 2000/60/CE: di sorveglianza, operativo e investigativo. Inoltre, l’integrazione dei dati e la loro restituzione tridimensionale ha permesso di individuare le aree problematiche oltre a descrivere in dettaglio le eterogeneità laterali dei corpi idrici indagati. Sono stati selezionati metodi analitici innovativi idonei a caratterizzare i singoli acquiferi, verificandone la reale potenzialità, per cui le risorgive sono state individuate e caratterizzate con analisi termiche, mentre i corpi idrici più profondi con l’integrazione di dati idrogeologici, geochimici, geoelettrici e sismici.. Le metodologie sviluppate e soprattutto la loro integrazione permettono, come richiesto dal D.L. 152/2006, di fornire gli strumenti necessari ad acquisire una sufficiente conoscenza della struttura idrogeologica, dei rapporti fra acque superficiali e sotterranee, delle caratteristiche dei flussi idrici, della loro quantità e qualità (si vedano i rapporti tecnici). Lo studio idrogeologico-geochimico è stato mirato, oltre che alla caratterizzazione e descrizione delle litologie e dei parametri chimico-fisici e dello stato di qualità di ogni corpo acquifero, anche alla descrizione delle variazioni stagionali, mediante rilevamento in continuo e prelievo sistematico di campioni d’acqua per l’analisi chimica ed isotopica. Il programma di monitoraggio è stato utile per individuare possibili variazioni dei parametri chimico-fisici con la risposta climatica. Attualmente, nonostante stia crescendo la preoccupazione per fenomeni di degrado legati alle variazioni climatiche in atto, le azioni legislative di tutela sono focalizzate verso le aree climaticamente più deboli, soggette a evidenti fenomeni di desertificazione. In tale contesto, uno dei contributi del progetto consiste nell’avere evidenziato l’esigenza, anche in aree climaticamente meno sensibili, di valutare non solo la vulnerabilità dei corpi idrici ma anche e soprattutto la loro sensibilità climatica. L’analisi è stata estesa dai corpi superficiali nelle aree delle risorgive sino alle litologie profonde, consentendo di localizzare in superficie tutte le anomalie termiche prodotte dagli effetti di mitigazione climatica indotti dai corpi idrici emergenti. 9 Le risorgive, sia per la disponibilità d’acqua sia per la mitigazione climatica prodotta, sono isole di elevata biodiversità e, quindi, la loro localizzazione e protezione è positiva sia per le risorse idriche in sé e sia per gli ecosistemi su esse insistenti. Le prove di portata utili a definire i parametri idraulici degli acquiferi hanno permesso di raccogliere campioni di sedimento su cui sono state eseguite analisi chimiche ed osservazioni al SEM (microscopio elettronico a scansione). Tali dati hanno confermato la prevalenza di rocce detritiche carbonatiche ricche in dolomite. Uno dei risultati più importanti, che hanno confermato la potenzialità delle metodologie geofisiche non invasive per la localizzazione di corpi idrici sotterranei in aree non esplorate, è stata la scoperta di un acquifero profondo non conosciuto. Sulla base dei dati geofisici raccolti nel progetto, l’Ente gestore del campo “Pozzi di Torrate” ha proceduto ad una perforazione che ha intercettato un corpo idrico importante e con ottime caratteristiche qualitative. Le analisi idrogeologiche, geochimiche ed isotopiche hanno permesso di constatare che, nonostante la sua profondità, questo corpo idrico costituisce una risorsa e non una riserva, quindi strategicamente utile ad affrontare eventuali future crisi idriche. Ai fini della caratterizzazione dell’acquifero sono state utili le analisi isotopiche dell'ossigeno 18 e di attività del trizio (isotopo a vita breve dell'idrogeno), che ha permesso di verificare anche sui campioni provenienti da questo corpo idrico che anch’esso, come i corpi idrici sotterranei più superficiali, è costituito da acque relativamente giovani con età non superiori a 50 anni, rapidamente alimentate dalle acque meteoriche montane. La scoperta del corpo idrico profondo è avvenuta a fine progetto per cui non è stato possibile estendere ad esso il monitoraggio stagionale che ha invece interessato gli altri due corpi idrici. Esso è stato eseguito mediante periodici prelievi di campioni dai vari corpi acquiferi e l’installazione di una sonda multi-parametrica nei due acquiferi principali, che ha fornito importanti indicazioni sulle caratteristiche idrauliche ed idrochimiche dagli’acquiferi, sulle loro qualità giudicate buone e sulla stabilità geochimica. Dalla attività di monitoraggio emerge l’indicazione che, pur essendo l’area geologicamente ad alta vulnerabilità, la presenza di corpi idrici confinati in pressione garantisce una buona stabilità geochimica delle acque, mentre le aree più sensibili sono quelle in prossimità dell’alveo del fiume Tagliamento e del settore di ricarica. Ai fini delle linee guida per gli enti locali, occorre sottolineare che le azioni di tutela vanno finalizzate ad un utilizzo delle risorse idriche rispettoso del ciclo idrogeologico (quindi impedendone uno sovrasfruttamento) ed alla protezione delle aree in cui avvengono scambi fra acque superficiali e sotterranee. Elementi di rischio questi che possono compromettere l'utilizzo delle risorse ed esporle ad una diffusa contaminazione da parte di attività antropiche. 10 La tutela quali-quantitativa dell'acqua richiede quindi una efficace attività di monitoraggio e di controllo, per cui occorrerebbe che la rete di pozzi localizzati nell’area di interesse fosse inserita organicamente nella Rete Regionale di Monitoraggio e che, parimenti, lo siano le due sonde multiparametriche che l’Ente acquedotto di Torrate ha già pianificato di mantenere in funzione nei due corpi idrici di prelievo per utilizzo idropotabile. Questo patrimonio di dati sarà utile per la valutazione dello stato qualitativo delle acque e per valutare eventuali futuri impatti legati alla pressione antropica. 11 5. PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO PER LA CARATTERIZZAZIONE DI UN SISTEMA MULTI-ACQUIFERO In base alla esperienza acquisita nella realizzazione del progetto CAMI e basandosi sulla metodologia adottata, si propone il protocollo di indagine e di monitoraggio di seguito descritto. Esso mira a garantire l'omogeneità dei risultati in diversi contesti idrogeologici ed a produrre informazioni utili a perseguire azioni di tutela quali-quantitativa delle risorse idriche, così come esplicitamente previsto dalle Direttive Comunitarie. Il protocollo si articola in una serie di compiti ed azioni che si sviluppano secondo le fasi di seguito indicate. 5.1 RACCOLTA ED ELABORAZIONE DI DATI ESISTENTI Il primo passo, per lo studio di un bacino idrologico, si articola in: ¾ accurata analisi dei dati geolitologici, idrogeologici, geochimici e geofisici esistenti, che consenta di definire il quadro conoscitivo preesistente, di pianificare le attività di acquisizione di dati utili a integrare le lacune conoscitive e di definire, quindi, la distribuzione delle eventuali stazioni di monitoraggio; ¾ definizione ed adozione dei criteri di catalogazione e schedatura per l’ acquisizione e l’elaborazione dei dati analitici e delle informazioni, condivisi da tutti i soggetti interessati alle attività di caratterizzazione dei corpi idrici a livello di bacino idrografico. Il prelievo dei campioni di acque piovane, di pozzo e di fiume va eseguito secondo quanto previsto dai protocolli APAT; ¾ realizzazione di una banca dati informatizzata e georeferenziata (costruzione di un apposito database supportato da un GIS), fruibile da tutti i soggetti portatori di interesse, seguendo le procedure elaborate ed esemplificate dal partner TNO; ¾ raccolta secondo le procedure definite nei report dei campioni destinati alle analisi isotopiche, utili alla formulazione dei modelli sul ciclo dell’ acqua. 5.2 COSTRUZIONE DEL MODELLO GEOLOGICO PRELIMINARE PIANIFICAZIONE DELLE INDAGINI GEOFISICHE Definizione delle unità acquifere che si sviluppano nel sottosuolo, mediante: ¾ omogeneizzazione ed archiviazione dei dati lito-stratigrafici; ¾ formulazione del modello idrogeologico concettuale del sottosuolo; 12 E ¾ tracciamento di profili preliminari geologici ed idrogeologici utilizzando le litostratigrafie note. 5.3 REALIZZAZIONE DELLA CAMPAGNA IDROGEOLOGICA, GEOCHIMICA ED ISOTOPICA Tale fase si articola nelle seguenti azioni: ¾ analisi geomorfologica, geologica e climatica per l’identificazione delle aree di ricarica a scala di bacino, utile alla localizzazione delle aree di prelievo delle acque superficiali (piovane e fluviali) e sotterranee ed alla loro caratterizzazione isotopica; ¾ censimento dei pozzi a scala di bacino nell’area significativa per la caratterizzazione idrogeologica e idrochimica del sistema multiacquifero; ¾ identificazione, ai fini del monitoraggio, dei pozzi significativi e compilazione delle loro schede classificative; ¾ installazione di pluviometri dedicati collocati a quote crescenti per caratterizzare mensilmente l’impronta isotopica delle acque piovane; ¾ prelievo, con frequenza mensile, di campioni di acqua di pozzi e di fiumi nei punti di monitoraggio definiti; ¾ determinazione delle composizioni isotopiche O18, l’attività del Tritio e la concentrazione del Radon nei campioni d’acqua raccolti; ¾ esecuzione di prove di portata per la definizione dei parametri idrogeologici dei corpi acquiferi ed eventuale istallazione di una sonda multiparametrica per il controllo delle variazioni temporali dei parametri idrogeologici e geochimici; ¾ elaborazione dei dati ed utilizzo dei diagrammi classificativi per la definizione delle caratteristiche qualitative dei corpi idrici, della quota media di alimentazione dell’acquifero (ovvero dell’area di ricarica) e dei tempi di permanenza dell’acqua nel sottosuolo. 5.4 ESECUZIONE DELLE INDAGINI GEOFISICHE Nella caratterizzazione del bacino idrografico diventa sempre più importante la conoscenza della sua geometria, della profondità delle falde e dalla geologia del sottosuolo. Per soddisfare tali esigenze, negli ultimi anni è diventato sempre più comune effettuare studi in cui vengono impiegati congiuntamente più metodi geofisici con l’obiettivo di ridurre le indeterminazioni insite in ciascuno di essi. Le prospezioni geofisiche consentono una ricognizione del sottosuolo di una determinata area, mediante la misura, effettuata in superficie, delle variazioni di alcune grandezze fisiche. Dalle 13 variazioni spaziali e temporali di queste grandezze si può ricostruire la natura, le dimensioni e la profondità delle formazioni geologiche sepolte. Le metodologie possono essere utilizzate insieme, per una migliore definizione di un determinato obiettivo di indagine, oppure essere alternative tra di loro. La scelta dipende essenzialmente dalle caratteristiche geologiche e geometriche (estensione, profondità, ecc…) dell’obiettivo. I metodi impiegati sono scelti di proposito tra quelli caratterizzati da una tecnologia più matura, quali: la sismica a riflessione ad onde P ed S, l’ERT , il GPR, il TDEM e la gravimetria. ¾ Rilievo Georadar - GPR (Ground Penetrating Radar). Indicato per individuare le superfici di discontinuità presenti nel primi metri del sottosuolo. I corpi, le stratificazioni e le strutture presenti nel terreno, aventi diversa permittività dielettrica inducono rifrazioni e riflessioni dell’impulso elettromagnetico trasmesso. Nell’area test di Torrate sono state individuate aree umide sulla base della risposta delle onde elettromagnetiche immesse nel sottosuolo con un’antenna monostatica da 100 MHz. Il metodo non è indicato per prospezioni su terreni ad alta conducibilità elettrica come quelli saturi di acqua salata oppure le argille. ¾ Rilievo microgravimetrico. La prospezione gravimetrica ha lo scopo di rilevare le anomalie del campo gravitazionale terrestre causato dalle variazioni di densità dei corpi prossimi alla superficie terrestre. Anche in rapporto ai bassi costi operativi di questo tipo d’indagine, se ne consiglia l’uso per il monitoraggio in presenza di forti variazioni della tavola d’acqua in acquiferi liberi spessi. ¾ ERT (Electric Resistivity Tomography). La metodologia ERT è un metodo rapido, efficiente ed economico, con impatto ambientale praticamente nullo ed una definizione sufficiente per obiettivi fino a 100-150 m di profondità. Questo limite è dovuto soltanto a questioni di praticità delle misure. La prospezione geoelettrica utilizza una sorgente a corrente continua per ottenere la cosiddetta “resistività apparente”, che è funzione della distribuzione della resistività propria delle diverse litologie presenti nel sottosuolo. La resistività è controllata principalmente dai seguenti fattori: composizione mineralogica grado di saturazione dei pori, porosità, salinità del fluido presente nei pori, temperatura, presenza di sostanze organiche (idrocarburi, solventi, ecc.), presenza di argilla, fatturazione, presenza di cavità. Il modello della distribuzione della resistività fornisce informazioni che per gli acquiferi sono direttamente legate alla loro porosità efficace. È quindi un metodo di primaria scelta per determinare la posizione e la forma nel sottosuolo delle alternanze dei depositi argillosi, sabbiosi, 14 ghiaiosi, per osservare come cambiano nel tempo i valori della resistività dell’acquifero, in funzione di monitoraggio della qualità dell’acqua contenuta. ¾ TDEM (Time-Domain Electromagnetic Method). E’ una tecnica rapida ed efficiente. Effettuando sul terreno un numero sufficiente di punti di misura, si ottiene un’immagine 3D della distribuzione della resistività elettrica nel sottosuolo. Questa viene correlata, come nel caso del metodo ERT, con le caratteristiche petrofisiche ed idrochimiche degli acquiferi e con le eventuali anisotropie geotettoniche del territorio; la ripetizione nel tempo consente il monitoraggio dell’evoluzione quali-quantitativa degli acquiferi. Pertanto il modello di resistività di un bacino idrologico caratterizzato da elevati spessori può essere ottenuto con indagini combinate di ERT e TDEM. ¾ Il metodo sismico 2D. La prospezione “sismica a riflessione” è una metodologia che si basa sullo studio della propagazione di onde sismiche prodotte artificialmente tramite vibrazioni, masse battenti, ecc. L’energia che si genera da questi “piccoli terremoti” si propaga nel terreno e viene riflessa in modo diverso a seconda delle caratteristiche fisiche dei differenti mezzi attraversati. L’energia che torna in superficie induce piccole vibrazioni captate con appositi ricevitori (geofoni) posti a una certa distanza dalla sorgente. Analizzando l’ampiezza ed i tempi di arrivo delle onde riflesse, si può ottenere, dopo una complessa elaborazione dei dati raccolti, un’accurata immagine degli acquiferi presenti nel sottosuolo. Il metodo sismico 2D ha permesso di individuare le formazioni geologiche principali nelle aree in esame e di definire la parte del territorio in cui eseguire, successivamente, il rilievo di sismica a riflessione in modalità 3D. ¾ Il metodo sismico 3D. L’acquisizione sismica 3D si avvale della stessa metodologia usata nella sismica a riflessione 2D (massa battente, geofoni e registrazione digitale delle riflessioni) ma consente di studiare in maniera più accurata le variazioni delle proprietà del sottosuolo (per es. le variazioni laterali degli acquiferi individuati). È un tipo di acquisizione in cui i sensori sul terreno vengono posti non lungo un profilo unico, ma lungo profili paralleli, nei nodi di una griglia bidimensionale. Il metodo impiega molti più sensori, più mezzi di trasporto, più personale in campagna e comporta, quindi, elevati tempi di esecuzione ed alti costi operativi. Esso consente di definire in maniera accurata la stratigrafia e di “estendere” lateralmente le misure raccolte nei pozzi. Il metodo sismico ha dei limiti intrinseci per quanto riguarda la risoluzione verticale, che dipende dai parametri di acquisizione dei dati e dalla profondità. Nel progetto CAMI, si è riuscito a determinare 15 correttamente le profondità degli acquiferi (errore del metro) ed a risolvere spessori dell’ordine dei 5-10 metri. 5.5 INTERPRETAZIONE DEI DATI GEOFISICI ED INTEGRAZIONE DEL MODELLO IDROGEOLOGICO. ¾ Affinamento del modello concettuale del sistema multiaquifero sulla base dell’elaborazione integrata dei dati idrogeologici, idrochimici, geofisici e secondo le procedure definite negli allegati tecnici del progetto CAMI. ¾ Restituzione 3D dei risultati. Essa permette di affinare la definizione spaziale dei corpi idrici, verificando eventuali aree di possibile comunicazione fra loro. Tale dato è particolarmente utile per l’identificazione delle aree più vulnerabili e per comprendere eventuali differenze significative nelle caratteristiche quanti-qualitative dei corpi idrici, soprattutto in presenza di anomale caratteristiche geochimiche riconducibili a mescolamenti. 5.6 REALIZZAZIONE DI CARTE TEMATICHE DI VULNERABILITA’, DI RICARICA E DI DISPERSIONE. Tali carte tematiche, che costituiscono un ottimo supporto agli enti preposti alla tutela degli acquiferi, risultano utili per rappresentare la distribuzione 3D delle proprietà fisiche e geochimiche. Quando ripetute nel tempo a distanza di anni, esse permettono una analisi temporale e spaziale di determinati fattori naturali (es. climatici) o antropici (es. inquinamento) che possono modificare le caratteristiche quanti-qualitative dei corpi acquiferi. 5.7 MODELLO DELL’ACQUIFERO Il trattamento dei dati geoidrologici e la definizione del modello di circolazione dell’acqua nel sottosuolo è stato realizzato avvalendosi del Sistema Informativo Geoidrogeologico REGIS v4, sviluppato da uno dei partner e da questo già impiegato con successo in vari paesi europei ed extraeuropei per la valutazione a scala regionale e locale di problematiche ambientali. L’analisi dettagliata delle stratigrafie dei 1800 pozzi disponibili nel l’area in esame, ha permesso di definire spazialmente gli orizzonti argillosi e ghiaiosi e di localizzare gli acquiferi principali. 16 È stato così creato il modello solido con l’ausilio del software GMS 6.0 (Groundwater Modelling System from EMS-i) con il quale è stato possibile realizzare altresì modelli di flusso delle acque freatiche sulla base dei parametri idrogeologici raccolti e dei dati storici. L’analisi del modello matematico di flusso è stata condotta con il software MODFLOW, validato in base ai dati idrogeologici presenti ed aggiornati di continuo. Il modello complessivo così implementato sarà così uno strumento di rappresentazione e di calcolo sufficientemente versatile per l’analisi e per la gestione delle acque della pianura. 6. VALIDAZIONE DEI RISULTATI Le metodologie indirette hanno bisogno di una validazione specifica che, però, non è sempre possibile eseguire sia per motivi logistici che economici. Nel caso del progetto CAMI tale possibilità si è concretizzata grazie al contributo, al di fuori del progetto, dell’Acquedotto Basso Livenza, che ha finanziato la perforazione di un pozzo fino a 500 metri di profondità. II dati da pozzo hanno confermato in maniera molto evidente tutti i risultati ottenuti con le varie metodologie integrate di indagine e con i modelli dedotti da queste. 7. INDICAZIONI QUALI-QUANTITATIVE RISORSE IDRICHE SUL TERRITORIO PER LA PIANIFICAZIONE DELLE La pianificazione nell’utilizzo sostenibile delle risorse idriche è funzione del fabbisogno e delle esigenze di tutela qualitativa e quantitativa delle acque. Tali esigenze possono essere soddisfatte efficacemente se i corpi idrici presenti nel territorio oggetto della pianificazione sono adeguatamente identificati, caratterizzati e controllati nella loro evoluzione temporale. Come già messo in risalto, le indagini geofisiche utilizzate in modo integrato nel progetto CAMI danno un contributo essenziale per la conoscenza delle risorse idriche, complementando metodi già tradizionalmente usati, quali quelli geochimici. Una caratteristica generale di tutte le metodologie di prospezione indiretta del sottosuolo, e di quelle geofisiche in particolare, è di essere condizionata sia dai limiti propri di ciascuna tecnica, sia delle caratteristiche geologiche del contesto in cui si opera. Il primo limite è stato superato brillantemente mediante l’utilizzo di metodologie integrate che hanno permesso di complementare e verificare i risultati tra di loro; la situazione geologica non troppo complessa ha agevolato la interpretazione dei dati e la definizione del modello sottosuperficiale, come è stato dimostrato successivamente attraverso la realizzazione di un pozzo profondo ed il confronto con le misure effettuate in tale pozzo. 17 Sulla base dei risultati ottenuti nel progetto e del favorevole rapporto costi/benefici delle metodologie geofisiche integrate, si può concludere che la pianificazione dell’uso delle risorse idriche nei territori dell’Unione Europea può essere sostenuta dalle metodologie di seguito elencate, considerate fondamentali per la caratterizzazione geologica ed idrogeologica di ampie aree e per la stima delle risorse idriche presenti in esse. • Metodo: Sismico a riflessione 2D Ambiti di applicazione: ¾ Caratterizzazione litostratigrafica e petro-fisica dei sedimenti e del basamento roccioso; ¾ Estensione areale dei dati puntuali da pozzo; ¾ Correlazione delle stratigrafie di pozzi; ¾ Identificazione e definizione dei sistemi di acquiferi esistenti nel sottosuolo, anche grazie all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate nei pozzi di monitoraggio; • Metodo: Sismico a riflessione 3D Ambiti di applicazione: ¾ Caratterizzazione litostratigrafica e petro-fisica dei sedimenti e del basamento roccioso (pressione, porosità, fratturazione, saturazione); ¾ Estensione areale dei dati puntuali da pozzo; ¾ Correlazione delle stratigrafie di pozzi; ¾ Identificazione e definizione dei sistemi di acquiferi esistenti nel sottosuolo, anche grazie all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate nei pozzi scelti di monitoraggio; ¾ Identificazione di fluidi nelle formazioni geologiche; ¾ Stima quantitativa dei parametri litologici utili per definire un modello tridimensionale (3D) in profondità che consenta di prevedere i flussi d’acqua (eventuali inquinanti) nel sottosuolo. • Metodo: ERT dal piano campagna a 100 metri - TDEM da 20 m a 500 metri Ambiti di applicazione: ¾ Analisi bi-tridimensionale del sottosuolo; ¾ Modellazione degli acquiferi; ¾ Stima della porosità efficace in acquiferi con frazione argillosa trascurabile nella matrice (situazione questa riscontrata nel sito di Torrate). La porosità efficace viene stimata utilizzando la ben nota relazione di Archie (Archie, 1942) ed è certamente più significativa per l’indagine idrogeologica rispetto alla porosità totale; 18 ¾ Monitoraggio dell’ingressione marina nelle falde; ¾ Mappatura della permeabilità dei terreni; ¾ Studi di vulnerabilità delle falde; ¾ Individuazione delle successioni alluvionali; ¾ Studi per la bonifica ambientale. 19 Tabella - 1a Metodologia Unità di Quantità Costo unitario Profondità di Costo tot. in (€) indagine (m) CAMI (€) misura Microgravimetria a stazione 10 1.500,00 >500 15.000,00 Sismica a rifless. 2D metro 10.000 10,50 1000 105.000,00 Sismica a rifless. 3D metro 72.000 3,72 800 268.000,00 GPR metro 13.000 2,31 1-5 30.000,00 Geoelettrica metro 8.500 6,12 1-70 52.000,00 MT sondaggio 15 225,93 ± 150 10.392,00 TDEM sondaggio 31 225,93 ± 500 Analisi chimiche campione 55 502,87 superf./profonde 27.657,74 Termografia Metro 21.000 0,31 0-1 66.000,00 quadro geochimiche campione 308 50,32 superf./profonde 15.500,00 geochimiche campione 154 210,39 superf./profonde 32.400,00 geochimiche campione 164 71,95 superf./profonde 11.800,00 Log in pozzo metro 500 22,00 500 11.000,00 Analisi chimiche campione 5 2.450,00 superf./profonde 12.250,00 Pozzo a distruzione* metro 550 236,36 550 130.000,00 Pozzo con carotaggio metro 500 480,00 500 240.000,00 Analisi (radon) Analisi (tritio) Analisi (O18) continuo** * metodologia non prevista in CAMI (inserita per raffronto) ** metodologia non prevista in CAMI (inserita per raffronto) Per una corretta analisi del rapporto costi/benefici nella caratterizzazione di un bacino idrografico e per le conseguenti indicazioni da fornire ai gestori delle risorse idriche, sono stati considerati diversi scenari. In questi, sono stati analizzati i costi delle metodologie “indirette” integrate impiegate nel progetto CAMI (Tabella 1a) in rapporto alla tecnica “diretta” di perforazione di uno o più pozzi d’acqua. Nelle Tabelle 1, 2, 3, 4 sono riportati i costi delle metodologie che si suggerisce di applicare in contesti definiti di elevata, significativa, media e modesta complessità, in rapporto alle disponibilità di dati pregressi ed alla situazioni geologiche preminente. Per ciascun metodo viene altresì introdotto un livello di difficoltà e di tempo di esecuzione, nell’ipotesi di una indagine estesa su un territorio di 25 kmq. 20 Elevata complessità (acquiferi carbonatici, geologia complicata, mancanza di dati). Tabella – 1: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi). Metodo Quantità Costo Profondità Livello Tempo di unitario (€) d’indagine (m) di esecuzione difficoltà (giorni) Costo 10 stazioni 1.500 € > 500 metri 2 20 15.000 € GPR 13.000 metri 2.31 € ≤ 5 metri 1 35 30.000 € Geoelettrica 8.500 metri 6.12 € ± 100 metri 2 60 52.000 € MT e TDEM 46 stazioni 225.93 € 0-100 e 20 - >500 2 40 10.393 € Sismica 2D 10.000 metri 10.50 € > 1000 metri 3 90 105.000 € Sismica 3D 72.000 metri 3.72 € > 800 metri 4 120 + 120 268.000 € Microgravimetria 480.000 € Pozzo a distruzione 1 : facile 5 2 : media difficoltà 150.000 € 3 : difficile Solo limiti € 4 75 750.000 € 4 : elevata difficoltà Per la validazione dei risultati ottenuti con le metodologie geofisiche integrate e per eseguire le misure geochimiche e idrologiche è necessario realizzare comunque un pozzo. Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (480.000 € + 150.000 € ) = 630.000 € Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi = 750.000 € Da sottolineare che oltre al vantaggio economico, stimabile in 120.000 €, con il protocollo CAMI si ottengono molte più informazioni, quali l’individuazione di tutte le falde presenti fino alla profondità limite di indagine propria delle metodologie impiegate e la ricostruzione geologica dell’area in esame. Utilizzando, invece, solamente dati acquisiti nei pozzi, le informazioni risultano molto più dettagliate ma sono solamente puntuali. Nel protocollo CAMI, il metodo di indagine geofisico più efficace è sicuramente la prospezione sismica a riflessione 3D ripetuta nel tempo. Essa, nota anche come sismica 4D, fornisce informazioni tridimensionali del sottosuolo e ne controlla l’evoluzione temporale. E’ però la tecnica più costosa sia in termini di costi operativi che di tempo di esecuzione dei rilievi. Pur considerandola la più potente e sofisticata, riteniamo che il suo uso sia da considerare solamente in aree di particolare complessità geologica e dove ci sia un mancanza di sufficienti dati pregressi. 21 Significativa complessità (condizione geomorfologica complessa, acquiferi costieri, intrusione salina, poche informazione pregressa, etc.). Tabella – 2: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi). Metodo Quantità Costo Profondità Livello Tempo di unitario (€) d’indagine (m) di esecuzione difficoltà (giorni) Costo 10 stazioni 1.500 € > 500 metri 2 20 15.000 € GPR 13.000 metri 2.31 € ≤ 5 metri 1 35 30.000 € Geoelettrica 8.500 metri 6.12 € ± 100 metri 2 60 52.000 € MT e TDEM 46 stazioni 225.93 € 0-100 e 20 - >500 2 40 10.393 € 10.000 metri 10.50 € > 1000 metri 3 90 105.000 € Microgravimetria Sismica 2D 212.393 € Pozzo a distruzione 1 : facile 5 2 : media difficoltà 150.000 € 3 : difficile Solo limiti € 4 75 750.000 € 4 : elevata difficoltà Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (212.393 € + 150.000 €) = 362.000 € Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi = 750.000 € Differenza = 388.000 € Media complessità (acquiferi detritici, alluvionali; sufficiente disponibilità di dati pregressi, etc.). Tabella – 3: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi). Metodo Quantità Costo Profondità Livello Tempo di unitario (€) d’indagine (m) di esecuzione difficoltà (giorni) Costo 10 stazioni 1.500 € > 500 metri 2 20 15.000 € GPR 13.000 metri 2.31 € ≤ 5 metri 1 35 30.000 € Geoelettrica 8.500 metri 6.12 € ± 100 metri 2 60 52.000 € MT e TDEM 46 stazioni 225.93 € 0-100 e 20 - >500 2 40 10.393 € 10.000 metri 10.50 € > 1000 metri 3 90 105.000 € Microgravimetria Sismica 2D 212.393 € Pozzo a distruzione 1 : Facile 4 2 : Media difficoltà 150.000 € 3 : difficile Solo limiti € 4 : elevata difficoltà 22 4 60 600.000 € Costo caratterizzazione acquifero Protocollo CAMI 212.000 € + 150.000 € = 362.000 € Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi = 600.000 € Differenza = 238.000 € Modesta complessità (condizione geomorfologia semplice e nota, banca dati pregressi disponibile, etc.). Tabella – 4: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi). Metodo Quantità Costo Profondità Livello Tempo di unitario (€) d’indagine (m) di esecuzione difficoltà (giorni) Costo Microgravimetria 10 stazioni 1.500 € > 500 metri 2 20 15.000 € Geoelettrica 4.500 metri 6.12 € ± 100 metri 2 30 26.000 € MT e TDEM 46 stazioni 225.93 € 0-100 e 20 - >500 2 40 10.393 € Sismica 2D 5.000 metri 10.50 € > 1000 metri 3 45 52.500 € 103.900 € Pozzo a distruzione 1 : facile 3 2 : media difficoltà 150.000 € 3 : difficile Solo limiti € 4 45 450.000 € 4 : elevata difficoltà Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (103.900 € + 150.000 €) = 254.000 € Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi = 450.000 € Differenza = 196.000 € 23