SCHEMA DI PROTOCOLLO

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L’UNIONE EUROPEA E L’AMBIENTE .......................................................................................... 2
1.
1.1
Life-ambiente ................................................................................................................................... 2
2.
DIRETTIVA QUADRO IN MATERIA DI ACQUE ......................................................................... 3
3.
CONCETTI CHIAVE…………………………………………………………………………………5
4.
IL PROGETTO CAMI ......................................................................................................................... 6
4.1 CAMI e la 2000/60/CE......................................................................................................................... 6
4.2 Articolazione del progetto e principali attivita’..................................................................................... 7
4.3 Le Metodologie Integrate ...................................................................................................................... 9
5.
PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO PER LA CARATTERIZZAZIONE DI UN SISTEMA
MULTI-ACQUIFERO.................................................................................................................................. 12
5.1 Raccolta ed elaborazione dati esistenti............................................................................................... 12
5.2 Costruzione del modello geologico preliminare e pianificazione delle indagini geofisiche ............. 12
5.3 Realizzazione della campagna idrogeologica, geochimica ed isotopica ............................................ 13
5.4 Esecuzione delle indagini geofisiche.................................................................................................. 13
5.5 Interpretazione dei dati geofisici ed integrazione del modello
idrogeologico,interpretazione,Idrogeologica, modellizzazione dell’acquifero .......................................... 16
5.6
Realizzazione di carte tematiche, carte delle aree di ricarica/dispersione, vulnerabilità’ ................. 16
5.7
Modello dell’acquifero ...................................................................................................................... 16
6.
VALIDAZIONE DEI RISULTATI .................................................................................................. 17
7.
INDICAZIONI QUALI-QUANTITATIVE PER LA PIANIFICAZIONE DELLE RISORSE
IDRICHE SUL TERRITORIO TRAMITE METODOLOGIE INTEGRATE....................................... 17
1
1. L’UNIONE EUROPEA E L’AMBIENTE
L’ Unione Europea emana direttive, attraverso le sue articolazioni settoriali, indirizzate a che
l’agire dell’Uomo si conformi a principi e processi di sviluppo sostenibile.
Il tema “ambiente” è, quindi, oggetto di interesse prioritario di governi, istituzioni ed
opinione pubblica; questi dovranno tener conto degli
indirizzi ambientali anche nell’ambito
applicativo delle normative emanate.
L’Unione Europea promuove una ampia modernizzazione economico-sociale mediante
riforme strutturali fortemente vincolate da criteri di salvaguardia ambientale.
Parte della produzione normativa europea invita le istituzioni preposte ad affrontare le
problematiche ambientali con metodi scientifico-tecnologici nuovi, pluridisciplinari e volti alla
valutazione degli effetti futuri sull’ambiente delle azioni antropiche attuate nell’ immediato
presente.
1.1 LIFE-AMBIENTE
Nel contesto dei progetti di Dimostrazione LIFE-Ambiente la Commissione Europea ha
emanato delle proposte con l’obiettivo “ di sviluppare progetti di dimostrazione che contribuiscano
allo sviluppo di tecniche e metodi innovativi e integrati e all’ulteriore sviluppo della politica
comunitaria dell’ambiente…” e che :
a. integrino considerazioni sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile nella pianificazione e nella
valorizzazione del territorio, incluse le zone urbane e costiere;
b. promuovino la gestione sostenibile delle acque freatiche e di superficie.
In questo quadro gli enti di ricerca, le imprese pubbliche e private e tutti gli operatori nel
campo ambientale della Unione Europea sono chiamati a
sostenere un ruolo professionale
rilevante.
Infatti, ognuno di essi dovrà:
¾ interagire con altre enti
aventi competenza tecnico-scientifica nel monitoraggio
dell’impatto ambientale;
¾ contabilizzare gli effetti economici degli interventi posti in essere per prevenire e/o riparare
i danni ambientali.
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2. DIRETTIVA QUADRO IN MATERIA DI ACQUE
L'Unione Europea (UE) ha definito un quadro comunitario per la protezione e la gestione
delle acque. La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre
2000, istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, in relazione
all’individuazione delle acque europee e delle loro caratteristiche, per bacino e per distretto
idrografico di appartenenza, nonché all'adozione di piani di gestione e di programmi di misure
adeguate per ciascun corpo idrico.
Con questa direttiva l'Unione Europea organizza la gestione delle acque interne superficiali,
sotterranee, di transizione e costiere
per prevenirne e ridurne l'inquinamento, promuoverne
l'utilizzo sostenibile, proteggere l'ambiente, migliorare le condizioni degli ecosistemi acquatici e
mitigare gli effetti delle inondazioni e delle siccità.
L‘attuazione della 2000/60 impone impegni e scadenze precise a tutti gli Stati membri dell’Unione a
partire dal 22/12/2003 fino al 2015 :
22 dicembre 2003: entro questa data è designata un'autorità competente per i singoli distretti
idrografici. Gli Stati membri sono tenuti a individuare tutti i bacini idrografici presenti nel loro
territorio e ad assegnarli a singoli distretti idrografici. I bacini idrografici che si estendono sul
territorio di più Stati membri devono essere assegnati a un distretto idrografico internazionale;
2004: analisi delle caratteristiche del distretto idrografico, dell’impatto delle attività umane sullo
stato delle acque superficiali e sotterranee e dell’utilizzo delle acque del distretto;
2006: realizzazione dei programmi di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee. Gli Stati
membri sono tenuti a provvedere affinché, per ciascun distretto idrografico, siano effettuati l'analisi
delle caratteristiche del distretto, l'esame dell'impatto delle attività umane sulle acque e l'analisi
economica dell'utilizzo idrico e si compili un registro delle aree alle quali è stata attribuita una
protezione speciale. Devono essere individuati tutti i corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acque
destinate al consumo umano che forniscono oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone;
2009: adozione del Piano di gestione del bacino idrografico. Le misure previste nel piano di
gestione del distretto idrografico mirano a impedire il deterioramento, migliorare e ripristinare le
condizioni dei corpi idrici superficiali, fare in modo che raggiungano un buono stato chimico ed
ecologico e ridurre l'inquinamento dovuto agli scarichi ed alle emissioni di sostanze pericolose.
Esse mirano, inoltre, a proteggere, migliorare e ripristinare le condizioni delle acque sotterranee,
evitarne l'inquinamento e il deterioramento e garantire un equilibrio fra l'estrazione ed il
ravvenamento;
2010: provvedimento di recupero dei costi relativi ai servizi idrici. Gli Stati membri devono
provvedere affinché le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente i consumatori a
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usare le risorse idriche in modo efficiente ed affinché i vari settori di impiego dell'acqua
contribuiscano al recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi per l'ambiente e le risorse;
2012: applicazione del programma delle azioni del Piano. Gli Stati membri devono stabilire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione della direttiva quadro;
2013: revisione e aggiornamento delle analisi e dei dati raccolti a scala di distretto, mediante
monitoraggio e modellazione;
2015: esame dei risultati e dichiarazione del buono stato di salute delle acque, revisione ed
aggiornamento dei piani di gestione dei bacini. A partire di questa data e, successivamente, ogni sei
anni, la Commissione pubblica una relazione sulla sua attuazione. Al momento opportuno, la
Commissione convoca una conferenza delle parti interessate alla politica comunitaria in materia di
acque alla quale partecipano gli Stati membri ed i rappresentanti delle autorità competenti, del
Parlamento europeo, delle ONG, delle parti sociali e dei soggetti economici, dei consumatori e del
mondo accademico e scientifico.
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3. CONCETTI CHIAVE
•
Bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una
serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a
estuario o delta.
•
Distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici
limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere.
•
Acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee
all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque
territoriali.
•
Acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee; le acque di
transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al
quale sono incluse anche le acque territoriali.
•
Acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di
saturazione e da contatto diretto con il suolo o il sottosuolo.
•
Acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che
sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma
sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce.
•
Acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria
distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea
di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione.
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4. IL PROGETTO CAMI
Il progetto CAMI (Caratterizzazione dell’Acquifero con Metodologie Integrate), finanziato
dall’Unione Europea nell’ambito del programma LIFE, contribuisce ad attuare la direttiva
2000/60/CE e successive modifiche, mettendo a punto e sperimentando un insieme integrato di
metodi finalizzati alla definizione e caratterizzazione delle risorse idriche ed alla valutazione della
sostenibilità del loro sfruttamento.
Il progetto CAMI ha consentito di sviluppare un pacchetto integrato basato su indagini
geofisiche, geochimiche e di monitoraggio a livello di bacino idrico, nell’area pedemontana del
Veneto orientale e del Friuli-Venezia Giulia occidentale delimitata dai fiumi Tagliamento, MedunaCellina e Livenza.
4.1 CAMI E LA DIRETTIVA 2000/60/CE
Con il progetto CAMI è stato possibile applicare e sviluppare diverse metodologie,
innovative e multi-disciplinari di monitoraggio (geofisico, geochimico ed idrogeologico) per la
salvaguardia e valorizzazione delle risorse idriche a livello di bacino idrografico nell’ambito della
direttiva 2000/60/CE.
Tutti i portatori di interesse possono usufruire sia dei risultati del progetto CAMI sia delle
innovazioni tecnologiche e metodologiche per la valorizzazione, monitoraggio e gestione delle
risorse idriche di sottosuolo.
Ai fini di quanto previsto dalla direttiva 2000/60/CE, un importante risultato ottenuto dal
progetto è stato quello di riuscire a caratterizzare, con bassi costi ed elevata velocità d’indagine, le
risorse idriche sotterranee.
Le metodologie proposte ed adottate nel progetto potranno essere applicate su territori
carenti di dati acquisiti con prospezioni dirette (pozzi); scarse conoscenze del sottosuolo possono
essere efficacemente complementate con indagini geofisiche di costo limitato e di impatto nullo
sugli acquiferi, ai fini delle caratterizzazioni di eventuali corpi idrici profondi.
La minimizzazione delle indagini dirette (pozzi) limita la possibilità di migrazione degli
inquinanti dai corpi idrici più superficiali verso quelli più profondi.
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4.2 ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO E PRINCIPALI ATTIVITA’
Una componente sostanziale del progetto è stata quella sperimentale, realizzata con diverse
campagne di indagine e di monitoraggio a livello di bacino idrico, nell’area test di Torrate di Chions
(PN). Questo territorio è caratterizzato da spesse conoidi alluvionali fortemente permeabili che
ospitano uno dei più importanti acquiferi delle regioni Veneto e Friuli. L'elevata permeabilità dei
depositi, l'intensa attività agricola ed il recente incremento dell'urbanizzazione rendono questo
acquifero particolarmente vulnerabile all'inquinamento.
Mediante l’acquisizione delle radiazioni nell’infrarosso termico integrate da misure al suolo
con GPR, sono state localizzate le aree di risorgiva nell’area test di Torrate, lungo le quali affiora in
maniera non sempre evidente l’acquifero superficiale a falda libera. Queste metodologie permettono
di individuare le aree più sensibili ed ecologicamente più fragili.
Per quanto concerne la ricostruzione del ciclo dell’acqua, le modalità di alimentazione ed i
tempi di ricarica, sono state eseguite analisi di geochimica isotopica, con l’utilizzo di isotopi stabili
(C e O) e di isotopi radiogenici (Trizio). Il campionamento è stato esteso nell’ambito dell’intero
bacino in modo da caratterizzare le aree di ricarica e le aree interessate da prelievo delle risorse
idriche per usi idropotabili. Con l’impiego di queste metodologie è stato possibile definire anche
l’età delle acque per i singoli acquiferi.
Il rilevamento ed il monitoraggio nei pozzi di Torrate di questi isotopi è stato integrato con
l’analisi del Rn (Radon), elemento ad elevato impatto sulla salute. Le attività di monitoraggio dei
parametri idrochimici e degli isotopi sopra menzionati, prolungate per più di un anno, hanno
permesso di verificare la stabilità delle caratteristiche qualititative e qualitative delle risorse idriche,
e la loro sostanziale stabilità nell’arco del ciclo stagionale. Tutte queste informazioni permettono
agli enti preposti all’utilizzo delle risorse idriche di operare nel rispetto della direttiva 2000/60/CE.
Le attività sperimentali del progetto sono state precedute dalla raccolta dei dati esistenti a
livello di distretto idrografico per il fiume Tagliamento. Questo fa parte del “Distretto delle Alpi
Orientali”, che comprende pure i bacini dell’Adige e dell’Alto Adriatico.
L’analisi dei dati ha fatto emergere delle importanti lacune conoscitive sulle informazioni
essenziali a definire le conoscenze sullo stato quantitativo e qualitativo delle risorse idriche. Si è
infatti constatato che la distribuzione della rete regionale di monitoraggio delle caratteristiche
chimico-fisiche delle risorse idriche sotterranee è estremamente eterogenea, ed ancora più
frammentata è risultata la distribuzione delle informazioni litostratigrafiche.
L’elaborazione dei dati litostratigrafici disponibili (circa duecento pozzi, dagli archivi
dell’Università di Trieste -Stefanini, 1986 e della Regione Friuli-Venezia Giulia), ha evidenziato la
presenza di aree fortemente “scoperte” fra cui l’area di progetto.
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Sono stati valutati i dati idrogeologici di oltre 500 pozzi dagli archivi dell’ARPA-PN; questa
valutazione ha evidenziato che solamente in 35 pozzi vi erano dati utilizzabili ai fini del progetto.
Una delle problematiche emerse dall’analisi della rete di monitoraggio dell’ ARPA-PN è
l’assenza di dati sulla sequenza litostratigrafica nella maggior parte dei pozzi.
Questo aspetto è estremamente importante ai fini della definizione delle linee guida della
direttiva 2000/60/CE.
La maggior parte delle reti di monitoraggio idrico italiane sono state realizzate per la
protezione della salute; mentre le precedenti funzioni di controllo erano attribuite alle Unità
Sanitarie Locali (ULS) che verificavano la idoneità delle acque potabili. Non era dunque nei loro
compiti
verificare se le risorse erano estratte da un corpo idrico unico oppure se il pozzo
monitorato prelevava e mescolava acque da più acquiferi.
Avendo ARPA-PN, come tutte le altre ARPA, ereditato la rete di monitoraggio dalle USL,
tale ente si trova spesso a confrontarsi con il problema della difficile attribuzione idrogeologica dei
corpi idrici monitorati. Sarebbe perciò necessario, nelle azioni di protezione e valorizzazione delle
risorse idriche, riesaminare tutte le reti di monitoraggio esistenti nel territorio italiano per
selezionare solamente i pozzi utili alla caratterizzazione di ogni singolo corpo acquifero e procedere
all’integrazione delle informazioni con la realizzazione di nuovi pozzi o l’inserimento di dati da
altri pozzi comunque disponibili.
Presso l’area di progetto è stato quindi eseguito un censimento in situ dei numerosissimi
pozzi privati esistenti nell’area, che ha permesso di individuare quelli completi di informazioni
litostratigrafiche e con una esatta ubicazione dei filtri. Tali ulteriori pozzi sono stati considerati
idonei per il monitoraggio e la definizione dell’evoluzione nel tempo delle caratteristiche idrauliche,
idrogeologiche e geochimiche di ogni corpo acquifero.
E’ stato, inoltre, proposto un modello di scheda tecnica che riassume tutte le informazioni
raccolte, codificate in modo da permetterne l’uso in futuro a chiunque abbia la necessità di
analizzare le risorse idriche. Il modello di scheda rappresenta un importante elemento per il
mantenimento nel tempo delle informazioni ottenute con il progetto e, quindi, un importante
strumento per la pianificazione degli interventi e per la definizione delle politiche di tutela e di uso
sostenibile delle risorse idriche, così come richiesto dalla direttiva 2000/60/CE.
Tutti i dati raccolti ed inclusi nel rapporto tecnico del progetto rispondono alla richiesta della
normativa di rendere disponibili dati che consentano, per completezza e tipologia, di effettuare
analisi di scenario a lungo termine per la gestione delle risorse idriche. Inoltre, in accordo con la
direttiva 2000/60/CE, è stata eseguita la classificazione delle risorse idriche mediante la definizione
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del loro stato chimico. I dati chimici elaborati hanno permesso di estrapolare e restituire
cartograficamente la distribuzione dei componenti chimici inorganici analizzati.
Questa “fotografia” dello stato chimico attuale permetterà nel futuro di comprendere se sono
intervenuti fenomeni di inquinamento e/o degrado delle risorse, connessi a fattori climatici e/o
antropici.
4.3 LE METODOLOGIE INTEGRATE
Le metodologie fisiche, geofisiche, chimico-fisiche, geochimiche ed idrogeologiche
sviluppate nell’ambito del progetto rispondono ai tre tipi di azioni di monitoraggio previsti dalla
direttiva 2000/60/CE: di sorveglianza, operativo e investigativo. Inoltre, l’integrazione dei dati e la
loro restituzione tridimensionale ha permesso di individuare le aree problematiche oltre a descrivere
in dettaglio le eterogeneità laterali dei corpi idrici indagati.
Sono stati selezionati metodi analitici innovativi idonei a caratterizzare i singoli acquiferi,
verificandone la reale potenzialità, per cui le risorgive sono state individuate e caratterizzate con
analisi termiche, mentre i corpi idrici più profondi con l’integrazione di dati idrogeologici,
geochimici, geoelettrici e sismici..
Le metodologie sviluppate e soprattutto la loro integrazione permettono, come richiesto dal
D.L. 152/2006, di fornire gli strumenti necessari ad acquisire una sufficiente conoscenza della
struttura idrogeologica, dei rapporti fra acque superficiali e sotterranee, delle caratteristiche dei
flussi idrici, della loro quantità e qualità (si vedano i rapporti tecnici).
Lo studio idrogeologico-geochimico è stato mirato, oltre che alla caratterizzazione e
descrizione delle litologie e dei parametri chimico-fisici e dello stato di qualità di ogni corpo
acquifero, anche alla descrizione delle variazioni stagionali, mediante rilevamento in continuo e
prelievo sistematico di campioni d’acqua per l’analisi chimica ed isotopica. Il programma di
monitoraggio è stato utile per individuare possibili variazioni dei parametri chimico-fisici con la
risposta climatica. Attualmente, nonostante stia crescendo la preoccupazione per fenomeni di
degrado legati alle variazioni climatiche in atto, le azioni legislative di tutela sono focalizzate verso
le aree climaticamente più deboli, soggette a evidenti fenomeni di desertificazione. In tale contesto,
uno dei contributi del progetto consiste nell’avere evidenziato l’esigenza, anche in aree
climaticamente meno sensibili, di valutare non solo la vulnerabilità dei corpi idrici ma anche e
soprattutto la loro sensibilità climatica.
L’analisi è stata estesa dai corpi superficiali nelle aree delle risorgive sino alle litologie
profonde, consentendo di localizzare in superficie tutte le anomalie termiche prodotte dagli effetti di
mitigazione climatica indotti dai corpi idrici emergenti.
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Le risorgive, sia per la disponibilità d’acqua sia per la mitigazione climatica prodotta, sono
isole di elevata biodiversità e, quindi, la loro localizzazione e protezione è positiva sia per le risorse
idriche in sé e sia per gli ecosistemi su esse insistenti. Le prove di portata utili a definire i parametri
idraulici degli acquiferi hanno permesso di raccogliere campioni di sedimento su cui sono state
eseguite analisi chimiche ed osservazioni al SEM (microscopio elettronico a scansione). Tali dati
hanno confermato la prevalenza di rocce detritiche carbonatiche ricche in dolomite.
Uno dei risultati più importanti, che hanno confermato la potenzialità delle metodologie
geofisiche non invasive per la localizzazione di corpi idrici sotterranei in aree non esplorate, è stata
la scoperta di un acquifero profondo non conosciuto. Sulla base dei dati geofisici raccolti nel
progetto, l’Ente gestore del campo “Pozzi di Torrate” ha proceduto ad una perforazione che ha
intercettato un corpo idrico importante e con ottime caratteristiche qualitative. Le analisi
idrogeologiche, geochimiche ed isotopiche hanno permesso di constatare che, nonostante la sua
profondità, questo corpo idrico costituisce una risorsa e non una riserva, quindi strategicamente
utile ad affrontare eventuali future crisi idriche.
Ai fini della caratterizzazione dell’acquifero sono state utili le analisi isotopiche
dell'ossigeno 18 e di attività del trizio (isotopo a vita breve dell'idrogeno), che ha permesso di
verificare anche sui campioni provenienti da questo corpo idrico che anch’esso, come i corpi idrici
sotterranei più superficiali, è costituito da acque relativamente giovani con età non superiori a 50
anni, rapidamente alimentate dalle acque meteoriche montane.
La scoperta del corpo idrico profondo è avvenuta a fine progetto per cui non è stato possibile
estendere ad esso il monitoraggio stagionale che ha invece interessato gli altri due corpi idrici. Esso
è stato eseguito mediante periodici prelievi di campioni dai vari corpi acquiferi e l’installazione di
una sonda multi-parametrica nei due acquiferi principali, che ha fornito importanti indicazioni sulle
caratteristiche idrauliche ed idrochimiche dagli’acquiferi, sulle loro qualità giudicate buone e sulla
stabilità geochimica.
Dalla attività di monitoraggio emerge l’indicazione che, pur essendo l’area geologicamente
ad alta vulnerabilità, la presenza di corpi idrici confinati in pressione garantisce una buona stabilità
geochimica delle acque, mentre le aree più sensibili sono quelle in prossimità dell’alveo del fiume
Tagliamento e del settore di ricarica.
Ai fini delle linee guida per gli enti locali, occorre sottolineare che le azioni di tutela vanno
finalizzate ad un utilizzo delle risorse idriche rispettoso del ciclo idrogeologico (quindi
impedendone uno sovrasfruttamento) ed alla protezione delle aree in cui avvengono scambi fra
acque superficiali e sotterranee. Elementi di rischio questi che possono compromettere l'utilizzo
delle risorse ed esporle ad una diffusa contaminazione da parte di attività antropiche.
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La tutela quali-quantitativa dell'acqua richiede quindi una efficace attività di monitoraggio e
di controllo, per cui occorrerebbe che la rete di pozzi localizzati nell’area di interesse fosse inserita
organicamente nella Rete Regionale di Monitoraggio e che, parimenti, lo siano le due sonde
multiparametriche che l’Ente acquedotto di Torrate ha già pianificato di mantenere in funzione nei
due corpi idrici di prelievo per utilizzo idropotabile. Questo patrimonio di dati sarà utile per la
valutazione dello stato qualitativo delle acque e per valutare eventuali futuri impatti legati alla
pressione antropica.
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5. PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO PER LA CARATTERIZZAZIONE DI UN
SISTEMA MULTI-ACQUIFERO
In base alla esperienza acquisita nella realizzazione del progetto CAMI e basandosi sulla
metodologia adottata, si propone il protocollo di indagine e di monitoraggio di seguito descritto.
Esso mira a garantire l'omogeneità dei risultati in diversi contesti idrogeologici ed a produrre
informazioni utili a perseguire azioni di tutela quali-quantitativa delle risorse idriche, così come
esplicitamente previsto dalle Direttive Comunitarie.
Il protocollo si articola in una serie di compiti ed azioni che si sviluppano secondo le fasi di
seguito indicate.
5.1 RACCOLTA ED ELABORAZIONE DI DATI ESISTENTI
Il primo passo, per lo studio di un bacino idrologico, si articola in:
¾ accurata analisi dei dati geolitologici, idrogeologici, geochimici e geofisici esistenti, che
consenta di definire il quadro conoscitivo preesistente, di pianificare le attività di
acquisizione di dati utili a integrare le lacune conoscitive e di definire, quindi, la
distribuzione delle eventuali stazioni di monitoraggio;
¾ definizione ed adozione dei criteri di catalogazione e schedatura per l’ acquisizione e
l’elaborazione dei dati analitici e delle informazioni, condivisi da tutti i soggetti interessati
alle attività di caratterizzazione dei corpi idrici a livello di bacino idrografico. Il prelievo dei
campioni di acque piovane, di pozzo e di fiume va eseguito secondo quanto previsto dai
protocolli APAT;
¾ realizzazione di una banca dati informatizzata e georeferenziata (costruzione di un apposito
database supportato da un GIS), fruibile da tutti i soggetti portatori di interesse, seguendo le
procedure elaborate ed esemplificate dal partner TNO;
¾ raccolta secondo le procedure definite nei report dei campioni destinati alle analisi
isotopiche, utili alla formulazione dei modelli sul ciclo dell’ acqua.
5.2
COSTRUZIONE
DEL
MODELLO
GEOLOGICO
PRELIMINARE
PIANIFICAZIONE DELLE INDAGINI GEOFISICHE
Definizione delle unità acquifere che si sviluppano nel sottosuolo, mediante:
¾
omogeneizzazione ed archiviazione dei dati lito-stratigrafici;
¾
formulazione del modello idrogeologico concettuale del sottosuolo;
12
E
¾ tracciamento di profili preliminari geologici ed idrogeologici utilizzando le litostratigrafie
note.
5.3
REALIZZAZIONE DELLA CAMPAGNA IDROGEOLOGICA, GEOCHIMICA ED
ISOTOPICA
Tale fase si articola nelle seguenti azioni:
¾
analisi geomorfologica, geologica e climatica per l’identificazione delle aree di ricarica a
scala di bacino, utile alla localizzazione delle aree di prelievo delle acque superficiali
(piovane e fluviali) e sotterranee ed alla loro caratterizzazione isotopica;
¾
censimento dei pozzi a scala di bacino nell’area significativa per la caratterizzazione
idrogeologica e idrochimica del sistema multiacquifero;
¾
identificazione, ai fini del monitoraggio, dei pozzi significativi e compilazione delle loro
schede classificative;
¾
installazione di pluviometri dedicati collocati a quote crescenti per caratterizzare
mensilmente l’impronta isotopica delle acque piovane;
¾
prelievo, con frequenza mensile, di campioni di acqua di pozzi e di fiumi nei punti di
monitoraggio definiti;
¾
determinazione delle composizioni isotopiche O18, l’attività del Tritio e la concentrazione
del Radon nei campioni d’acqua raccolti;
¾ esecuzione di prove di portata per la definizione dei parametri idrogeologici dei corpi
acquiferi ed eventuale istallazione di una sonda multiparametrica per il controllo delle
variazioni temporali dei parametri idrogeologici e geochimici;
¾ elaborazione dei dati ed utilizzo dei diagrammi classificativi per la definizione delle
caratteristiche qualitative dei corpi idrici, della quota media di alimentazione dell’acquifero
(ovvero dell’area di ricarica) e dei tempi di permanenza dell’acqua nel sottosuolo.
5.4 ESECUZIONE DELLE INDAGINI GEOFISICHE
Nella caratterizzazione del bacino idrografico diventa sempre più importante la conoscenza
della sua geometria, della profondità delle falde e dalla geologia del sottosuolo. Per soddisfare tali
esigenze, negli ultimi anni è diventato sempre più comune effettuare studi in cui vengono impiegati
congiuntamente più metodi geofisici
con l’obiettivo di ridurre le indeterminazioni insite in
ciascuno di essi.
Le prospezioni geofisiche consentono una ricognizione del sottosuolo di una determinata
area, mediante la misura, effettuata in superficie, delle variazioni di alcune grandezze fisiche. Dalle
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variazioni spaziali e temporali di queste grandezze si può ricostruire la natura, le dimensioni e la
profondità delle formazioni geologiche sepolte. Le metodologie possono essere utilizzate insieme,
per una migliore definizione di un determinato obiettivo di indagine, oppure essere alternative tra di
loro. La scelta dipende essenzialmente dalle caratteristiche geologiche e geometriche (estensione,
profondità, ecc…) dell’obiettivo.
I metodi impiegati sono scelti di proposito tra quelli caratterizzati da una tecnologia più
matura, quali: la sismica a riflessione ad onde P ed S, l’ERT , il GPR, il TDEM e la gravimetria.
¾ Rilievo Georadar - GPR (Ground Penetrating Radar). Indicato per
individuare le
superfici di discontinuità presenti nel primi metri del sottosuolo. I corpi, le stratificazioni e
le strutture presenti nel terreno, aventi diversa permittività dielettrica inducono rifrazioni e
riflessioni dell’impulso elettromagnetico trasmesso. Nell’area test di Torrate sono state
individuate aree umide sulla base della risposta delle onde elettromagnetiche immesse nel
sottosuolo con un’antenna monostatica da 100 MHz. Il metodo non è indicato per
prospezioni su terreni ad alta conducibilità elettrica come quelli saturi di acqua salata oppure
le argille.
¾ Rilievo microgravimetrico. La prospezione gravimetrica ha lo scopo di rilevare le
anomalie del campo gravitazionale terrestre causato dalle variazioni di densità dei corpi
prossimi alla superficie terrestre. Anche in rapporto ai bassi costi operativi di questo tipo
d’indagine, se ne consiglia l’uso per il monitoraggio in presenza di forti variazioni della
tavola d’acqua in acquiferi liberi spessi.
¾ ERT (Electric Resistivity Tomography). La metodologia ERT è un metodo rapido,
efficiente ed economico, con impatto ambientale praticamente nullo ed una definizione
sufficiente per obiettivi fino a 100-150 m di profondità. Questo limite è dovuto soltanto a
questioni di praticità delle misure. La prospezione geoelettrica utilizza una sorgente a
corrente continua per ottenere la cosiddetta “resistività apparente”, che è funzione della
distribuzione della resistività propria delle diverse litologie presenti nel sottosuolo. La
resistività è controllata principalmente dai seguenti fattori: composizione mineralogica
grado di saturazione dei pori, porosità, salinità del fluido presente nei pori, temperatura,
presenza di sostanze organiche (idrocarburi, solventi, ecc.), presenza di argilla, fatturazione,
presenza di cavità.
Il modello della distribuzione della resistività fornisce informazioni che per gli acquiferi sono
direttamente legate alla loro porosità efficace. È quindi un metodo di primaria scelta per
determinare la posizione e la forma nel sottosuolo delle alternanze dei depositi argillosi, sabbiosi,
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ghiaiosi, per osservare come cambiano nel tempo i valori della resistività dell’acquifero, in funzione
di monitoraggio della qualità dell’acqua contenuta.
¾ TDEM (Time-Domain Electromagnetic Method). E’ una tecnica rapida ed efficiente.
Effettuando sul terreno un numero sufficiente di punti di misura, si ottiene un’immagine 3D
della distribuzione della resistività elettrica nel sottosuolo. Questa viene correlata, come nel
caso del metodo ERT, con le caratteristiche petrofisiche ed idrochimiche degli acquiferi e
con le eventuali anisotropie geotettoniche del territorio; la ripetizione nel tempo consente il
monitoraggio dell’evoluzione quali-quantitativa degli acquiferi. Pertanto il modello di
resistività di un bacino idrologico caratterizzato da elevati spessori può essere ottenuto con
indagini combinate di ERT e TDEM.
¾ Il metodo sismico 2D. La prospezione “sismica a riflessione” è una metodologia che si
basa sullo studio della propagazione di onde sismiche prodotte artificialmente tramite
vibrazioni, masse battenti, ecc. L’energia che si genera da questi “piccoli terremoti” si
propaga nel terreno e viene riflessa in modo diverso a seconda delle caratteristiche fisiche
dei differenti mezzi attraversati. L’energia che torna in superficie induce piccole vibrazioni
captate con appositi ricevitori (geofoni) posti a una certa distanza dalla sorgente.
Analizzando l’ampiezza ed i tempi di arrivo delle onde riflesse, si può ottenere, dopo una
complessa elaborazione dei dati raccolti, un’accurata immagine degli acquiferi presenti nel
sottosuolo. Il metodo sismico 2D ha permesso di individuare le formazioni geologiche
principali nelle aree in esame e di definire la parte del territorio in cui eseguire,
successivamente, il rilievo di sismica a riflessione in modalità 3D.
¾ Il metodo sismico 3D. L’acquisizione sismica 3D si avvale della stessa metodologia usata
nella sismica a riflessione 2D (massa battente, geofoni e registrazione digitale delle
riflessioni) ma consente di studiare in maniera più accurata le variazioni delle proprietà del
sottosuolo (per es. le variazioni laterali degli acquiferi individuati). È un tipo di acquisizione
in cui i sensori sul terreno vengono posti non lungo un profilo unico, ma lungo profili
paralleli, nei nodi di una griglia bidimensionale. Il metodo impiega molti più sensori, più
mezzi di trasporto, più personale in campagna e comporta, quindi, elevati tempi di
esecuzione ed alti costi operativi. Esso consente di definire in maniera accurata la
stratigrafia e di “estendere” lateralmente le misure raccolte nei pozzi. Il metodo sismico ha
dei limiti intrinseci per quanto riguarda la risoluzione verticale, che dipende dai parametri di
acquisizione dei dati e dalla profondità. Nel progetto CAMI, si è riuscito a determinare
15
correttamente le profondità degli acquiferi (errore del metro) ed a risolvere spessori
dell’ordine dei 5-10 metri.
5.5 INTERPRETAZIONE DEI DATI GEOFISICI ED INTEGRAZIONE DEL MODELLO
IDROGEOLOGICO.
¾ Affinamento del modello concettuale del sistema multiaquifero sulla base dell’elaborazione
integrata dei dati idrogeologici, idrochimici, geofisici e secondo le procedure definite negli
allegati tecnici del progetto CAMI.
¾ Restituzione 3D dei risultati. Essa permette di affinare la definizione spaziale dei corpi
idrici, verificando eventuali aree di possibile comunicazione fra loro. Tale dato è
particolarmente utile per l’identificazione delle aree più vulnerabili e per comprendere
eventuali differenze significative nelle caratteristiche quanti-qualitative dei corpi idrici,
soprattutto in presenza di anomale caratteristiche geochimiche riconducibili a mescolamenti.
5.6 REALIZZAZIONE DI CARTE TEMATICHE DI VULNERABILITA’, DI RICARICA E
DI DISPERSIONE.
Tali carte tematiche, che costituiscono un ottimo supporto agli enti preposti alla tutela degli
acquiferi, risultano utili per rappresentare la distribuzione 3D delle proprietà fisiche e geochimiche.
Quando ripetute nel tempo a distanza di anni, esse permettono una analisi temporale e spaziale di
determinati fattori naturali (es. climatici) o antropici (es. inquinamento) che possono modificare le
caratteristiche quanti-qualitative dei corpi acquiferi.
5.7 MODELLO DELL’ACQUIFERO
Il trattamento dei dati geoidrologici e la definizione del modello di circolazione
dell’acqua nel sottosuolo è stato realizzato avvalendosi del Sistema Informativo Geoidrogeologico
REGIS v4, sviluppato da uno dei partner e da questo già impiegato con successo in vari paesi
europei ed extraeuropei per la valutazione a scala regionale e locale di problematiche ambientali.
L’analisi dettagliata delle stratigrafie dei 1800 pozzi disponibili nel l’area in esame, ha
permesso di definire spazialmente gli orizzonti argillosi e ghiaiosi e di localizzare gli acquiferi
principali.
16
È stato così creato il modello solido con l’ausilio del software GMS 6.0 (Groundwater
Modelling System from EMS-i) con il quale è stato possibile realizzare altresì modelli di flusso
delle acque freatiche sulla base dei parametri idrogeologici raccolti e dei dati storici.
L’analisi del modello matematico di flusso è stata condotta con il software MODFLOW,
validato in base ai dati idrogeologici presenti ed aggiornati di continuo.
Il modello complessivo così implementato sarà così uno strumento di rappresentazione e di
calcolo sufficientemente versatile per l’analisi e per la gestione delle acque della pianura.
6. VALIDAZIONE DEI RISULTATI
Le metodologie indirette hanno bisogno di una validazione specifica che, però, non è sempre
possibile eseguire sia per motivi logistici che economici.
Nel caso del progetto CAMI tale possibilità si è concretizzata grazie al contributo, al di
fuori del progetto, dell’Acquedotto Basso Livenza, che ha finanziato la perforazione di un pozzo
fino a 500 metri di profondità.
II dati da pozzo hanno confermato in maniera molto evidente tutti i risultati ottenuti con le
varie metodologie integrate di indagine e con i modelli dedotti da queste.
7. INDICAZIONI QUALI-QUANTITATIVE
RISORSE IDRICHE SUL TERRITORIO
PER
LA
PIANIFICAZIONE
DELLE
La pianificazione nell’utilizzo sostenibile delle risorse idriche è funzione del fabbisogno e
delle esigenze di tutela qualitativa e quantitativa delle acque.
Tali esigenze possono essere soddisfatte efficacemente se i corpi idrici presenti nel territorio
oggetto della pianificazione sono adeguatamente identificati, caratterizzati e controllati nella loro
evoluzione temporale. Come già messo in risalto, le indagini geofisiche utilizzate in modo integrato
nel progetto CAMI danno un contributo essenziale per la conoscenza delle risorse idriche,
complementando metodi già tradizionalmente usati, quali quelli geochimici.
Una caratteristica generale di tutte le metodologie di prospezione indiretta del sottosuolo, e
di quelle geofisiche in particolare, è di essere condizionata sia dai limiti propri di ciascuna tecnica,
sia delle caratteristiche geologiche del contesto in cui si opera.
Il primo limite è stato superato brillantemente mediante l’utilizzo di metodologie integrate
che hanno permesso di complementare e verificare i risultati tra di loro; la situazione geologica non
troppo complessa ha agevolato
la interpretazione dei dati e la definizione del modello
sottosuperficiale, come è stato dimostrato successivamente attraverso la realizzazione di un pozzo
profondo ed il confronto con le misure effettuate in tale pozzo.
17
Sulla base dei risultati ottenuti nel progetto e del favorevole rapporto costi/benefici delle
metodologie geofisiche integrate, si può concludere che la pianificazione dell’uso delle risorse
idriche nei territori dell’Unione Europea può essere sostenuta dalle metodologie di seguito elencate,
considerate fondamentali per la caratterizzazione geologica ed idrogeologica di ampie aree e per la
stima delle risorse idriche presenti in esse.
•
Metodo: Sismico a riflessione 2D
Ambiti di applicazione:
¾ Caratterizzazione litostratigrafica e petro-fisica dei sedimenti e del basamento roccioso;
¾ Estensione areale dei dati puntuali da pozzo;
¾ Correlazione delle stratigrafie di pozzi;
¾ Identificazione e definizione dei sistemi di acquiferi esistenti nel sottosuolo, anche grazie
all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate nei pozzi di monitoraggio;
•
Metodo: Sismico a riflessione 3D
Ambiti di applicazione:
¾ Caratterizzazione litostratigrafica e petro-fisica dei sedimenti e del basamento roccioso
(pressione, porosità, fratturazione, saturazione);
¾ Estensione areale dei dati puntuali da pozzo;
¾ Correlazione delle stratigrafie di pozzi;
¾ Identificazione e definizione dei sistemi di acquiferi esistenti nel sottosuolo, anche grazie
all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate nei pozzi scelti di monitoraggio;
¾ Identificazione di fluidi nelle formazioni geologiche;
¾ Stima quantitativa dei parametri litologici utili per definire un modello tridimensionale (3D)
in profondità che consenta di prevedere i flussi d’acqua (eventuali inquinanti) nel sottosuolo.
•
Metodo: ERT dal piano campagna a 100 metri - TDEM da 20 m a 500 metri
Ambiti di applicazione:
¾ Analisi bi-tridimensionale del sottosuolo;
¾ Modellazione degli acquiferi;
¾ Stima della porosità efficace in acquiferi con frazione argillosa trascurabile nella matrice
(situazione questa riscontrata nel sito di Torrate). La porosità efficace viene stimata
utilizzando la ben nota relazione di Archie (Archie, 1942) ed è certamente più significativa
per l’indagine idrogeologica rispetto alla porosità totale;
18
¾ Monitoraggio dell’ingressione marina nelle falde;
¾ Mappatura della permeabilità dei terreni;
¾ Studi di vulnerabilità delle falde;
¾ Individuazione delle successioni alluvionali;
¾ Studi per la bonifica ambientale.
19
Tabella - 1a
Metodologia
Unità di
Quantità
Costo unitario
Profondità di
Costo tot. in
(€)
indagine (m)
CAMI (€)
misura
Microgravimetria
a stazione
10
1.500,00
>500
15.000,00
Sismica a rifless. 2D
metro
10.000
10,50
1000
105.000,00
Sismica a rifless. 3D
metro
72.000
3,72
800
268.000,00
GPR
metro
13.000
2,31
1-5
30.000,00
Geoelettrica
metro
8.500
6,12
1-70
52.000,00
MT
sondaggio
15
225,93
± 150
10.392,00
TDEM
sondaggio
31
225,93
± 500
Analisi chimiche
campione
55
502,87
superf./profonde
27.657,74
Termografia
Metro
21.000
0,31
0-1
66.000,00
quadro
geochimiche
campione
308
50,32
superf./profonde
15.500,00
geochimiche
campione
154
210,39
superf./profonde
32.400,00
geochimiche
campione
164
71,95
superf./profonde
11.800,00
Log in pozzo
metro
500
22,00
500
11.000,00
Analisi chimiche
campione
5
2.450,00
superf./profonde
12.250,00
Pozzo a distruzione*
metro
550
236,36
550
130.000,00
Pozzo con carotaggio
metro
500
480,00
500
240.000,00
Analisi
(radon)
Analisi
(tritio)
Analisi
(O18)
continuo**
* metodologia non prevista in CAMI (inserita per raffronto)
** metodologia non prevista in CAMI (inserita per raffronto)
Per una corretta analisi del rapporto costi/benefici nella caratterizzazione di un bacino
idrografico e per le conseguenti indicazioni da fornire ai gestori delle risorse idriche, sono stati
considerati diversi scenari.
In questi, sono stati analizzati i costi delle metodologie “indirette” integrate impiegate nel
progetto CAMI (Tabella 1a) in rapporto alla tecnica “diretta” di perforazione di uno o più pozzi
d’acqua.
Nelle Tabelle 1, 2, 3, 4 sono riportati i costi delle metodologie che si suggerisce di applicare
in contesti definiti di elevata, significativa, media e modesta complessità, in rapporto alle
disponibilità di dati pregressi ed alla situazioni geologiche preminente.
Per ciascun metodo viene altresì introdotto un livello di difficoltà e di tempo di esecuzione,
nell’ipotesi di una indagine estesa su un territorio di 25 kmq.
20
Elevata complessità (acquiferi carbonatici, geologia complicata, mancanza di dati).
Tabella – 1: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e
confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi).
Metodo
Quantità
Costo
Profondità
Livello
Tempo di
unitario (€)
d’indagine (m)
di
esecuzione
difficoltà
(giorni)
Costo
10 stazioni
1.500 €
> 500 metri
2
20
15.000 €
GPR
13.000 metri
2.31 €
≤ 5 metri
1
35
30.000 €
Geoelettrica
8.500 metri
6.12 €
± 100 metri
2
60
52.000 €
MT e TDEM
46 stazioni
225.93 €
0-100 e 20 - >500
2
40
10.393 €
Sismica 2D
10.000 metri
10.50 €
> 1000 metri
3
90
105.000 €
Sismica 3D
72.000 metri
3.72 €
> 800 metri
4
120 + 120
268.000 €
Microgravimetria
480.000 €
Pozzo a distruzione
1 : facile
5
2 : media difficoltà
150.000 €
3 : difficile
Solo limiti €
4
75
750.000 €
4 : elevata difficoltà
Per la validazione dei risultati ottenuti con le metodologie geofisiche integrate e per eseguire le
misure geochimiche e idrologiche è necessario realizzare comunque un pozzo.
Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (480.000 € + 150.000 € ) = 630.000 €
Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi
= 750.000 €
Da sottolineare che oltre al vantaggio economico, stimabile in 120.000 €, con il protocollo
CAMI si ottengono molte più informazioni, quali l’individuazione di tutte le falde presenti fino alla
profondità limite di indagine propria delle metodologie impiegate e la ricostruzione geologica
dell’area in esame. Utilizzando, invece, solamente dati acquisiti nei pozzi, le informazioni risultano
molto più dettagliate ma sono solamente puntuali.
Nel protocollo CAMI, il metodo di indagine geofisico più efficace è sicuramente la
prospezione sismica a riflessione 3D ripetuta nel tempo. Essa, nota anche come sismica 4D,
fornisce informazioni tridimensionali del sottosuolo e ne controlla l’evoluzione temporale. E’ però
la tecnica più costosa sia in termini di costi operativi che di tempo di esecuzione dei rilievi. Pur
considerandola la più potente e sofisticata, riteniamo che il suo uso sia da considerare solamente in
aree di particolare complessità geologica e dove ci sia un mancanza di sufficienti dati pregressi.
21
Significativa complessità
(condizione geomorfologica complessa, acquiferi costieri, intrusione
salina, poche informazione pregressa, etc.).
Tabella – 2: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e
confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi).
Metodo
Quantità
Costo
Profondità
Livello
Tempo di
unitario (€)
d’indagine (m)
di
esecuzione
difficoltà
(giorni)
Costo
10 stazioni
1.500 €
> 500 metri
2
20
15.000 €
GPR
13.000 metri
2.31 €
≤ 5 metri
1
35
30.000 €
Geoelettrica
8.500 metri
6.12 €
± 100 metri
2
60
52.000 €
MT e TDEM
46 stazioni
225.93 €
0-100 e 20 - >500
2
40
10.393 €
10.000 metri
10.50 €
> 1000 metri
3
90
105.000 €
Microgravimetria
Sismica 2D
212.393 €
Pozzo a distruzione
1 : facile
5
2 : media difficoltà
150.000 €
3 : difficile
Solo limiti €
4
75
750.000 €
4 : elevata difficoltà
Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (212.393 € + 150.000 €) = 362.000 €
Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi
= 750.000 €
Differenza = 388.000 €
Media complessità (acquiferi detritici, alluvionali; sufficiente disponibilità di dati pregressi, etc.).
Tabella – 3: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e
confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi).
Metodo
Quantità
Costo
Profondità
Livello
Tempo di
unitario (€)
d’indagine (m)
di
esecuzione
difficoltà
(giorni)
Costo
10 stazioni
1.500 €
> 500 metri
2
20
15.000 €
GPR
13.000 metri
2.31 €
≤ 5 metri
1
35
30.000 €
Geoelettrica
8.500 metri
6.12 €
± 100 metri
2
60
52.000 €
MT e TDEM
46 stazioni
225.93 €
0-100 e 20 - >500
2
40
10.393 €
10.000 metri
10.50 €
> 1000 metri
3
90
105.000 €
Microgravimetria
Sismica 2D
212.393 €
Pozzo a distruzione
1 : Facile
4
2 : Media difficoltà
150.000 €
3 : difficile
Solo limiti €
4 : elevata difficoltà
22
4
60
600.000 €
Costo caratterizzazione acquifero Protocollo CAMI 212.000 € + 150.000 € = 362.000 €
Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi
= 600.000 €
Differenza = 238.000 €
Modesta complessità (condizione geomorfologia semplice e nota, banca dati
pregressi
disponibile, etc.).
Tabella – 4: Applicazione delle principali metodologie integrate del progetto CAMI e
confronto dei costi con le metodologie tradizionali (perforazione di pozzi).
Metodo
Quantità
Costo
Profondità
Livello
Tempo di
unitario (€)
d’indagine (m)
di
esecuzione
difficoltà
(giorni)
Costo
Microgravimetria
10 stazioni
1.500 €
> 500 metri
2
20
15.000 €
Geoelettrica
4.500 metri
6.12 €
± 100 metri
2
30
26.000 €
MT e TDEM
46 stazioni
225.93 €
0-100 e 20 - >500
2
40
10.393 €
Sismica 2D
5.000 metri
10.50 €
> 1000 metri
3
45
52.500 €
103.900 €
Pozzo a distruzione
1 : facile
3
2 : media difficoltà
150.000 €
3 : difficile
Solo limiti €
4
45
450.000 €
4 : elevata difficoltà
Costo caratterizzazione acquifero con Protocollo CAMI (103.900 € + 150.000 €) = 254.000 €
Costo caratterizzazione acquifero con Pozzi
= 450.000 €
Differenza = 196.000 €
23
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