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MODA
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Colonnato del tempio di Saturno e veduta della Basilica Giulia
Il quartiere di gran lunga più importante fu il Palatino, ove avevano casa i “politici” del tempo, ma
anche le divinità: Giove, Bacco, Cibele, Venere,
ecc… Uno su tutti, cari amici miei coniugi, ne devo
citare: il tempio della dea Viriplàca.
Non lo avete sentito nominare? Male per voi! Se
anche oggi ne esistesse uno, molti divorzi non ci
sarebbero.
Dunque, raccontiamo la storia. Da che mondo è
mondo i coniugi hanno sempre litigato. Nonostante la donna romana vivesse in stato di inferiorità
rispetto all’uomo, aveva sempre un cervello funzionante e una lingua ben allenata a furia di chiacchierare con le comari. Così, quando i coniugi si
azzuffavano e uno voleva avere ragione sull’altro,
non facevano altro che andare al tempio della dea
Viriplàca, ove era fatto obbligo che parlassero uno
per volta. Quindi, con calma esponevano le varie
ragioni oggetto di litigio e l’uno poteva persuadere l’altro della giustezza del proprio dire e la pace
tornava in famiglia. Bello, vero?
Ed ancora. Avrete sentito dire spesso: “è un aventino mediatico”, oppure “è come una secessione
sull’aventino” e così via.
Carissimi lettori, abbiamo sempre sostenuto che
ci sono parole, detti, locuzioni che attraversano indisturbati i secoli e noi ne perdiamo l’origine. Infatti, il nostro Aventino fu uno dei sette colli. All’ori-
n. 133 marzo/aprile 2010
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gine fu poco abitato in quanto considerato luogo
sacro. Qui accadeva che quando le “liti” tra patrizi e plebei, ovvero tra ricchi e poveri, si facevano
più furibonde, i secondi si ritiravano in secessione
sull’Aventino.
Tanto è vero che esiste un famoso apologo, secondo il quale in una di queste secessioni fu mandato,
per convincere la plebe a tornare in città, un console: Menenio Agrippa (503 a.C.). Questi si servì del
seguente apologo: “Una volta le braccia, le gambe,
la bocca e i denti (i plebei n.d.r.) decisero di non
lavorare più per lo stomaco, (i patrizi, n.d.r) che si
nutriva e restava in ozio godendo il frutto delle loro
fatiche. Lo stomaco, privo di alimenti, soffriva, ma
contemporaneamente soffrivano anche tutte le altre membra mentre tutto l’organismo deperiva. Allora le membra compresero che anche lo stomaco
lavorava, anzi era proprio lui a dare loro forza e vita
restituendo, in forma di sangue, quel cibo che esse
gli avevano procurato con fatica. Così nello Stato: i
patrizi sono come lo stomaco, i plebei le membra.
La rovina di una classe è la rovina di tutto lo Stato”.
Con questa fiaba allegorica il console convinse
la plebe a scendere dall’Aventino.
Diciamoci la verità, lettori, avevamo dimenticato
l’apologo chissà da quanti anni! Nelle condizioni di
rissa odierne, quanto sarebbe bello se qualcuno
dei nostri politici tenesse a mente la storiella!
Dei restanti colli cito solo il Quirinale, giusto perché ancora oggi c’è il Palazzo del Presidente della
Repubblica, ma anche nel periodo di cui ci stiamo
occupando era sede dei palazzi delle più illustri famiglie di Roma. Lo arguiamo dal fatto che sono stati
trovati dei resti di tubi di piombo, che portavano
l’acqua direttamente nelle case e su di essi erano
impressi i nomi dei proprietari.
Solo il lato occidentale del colle era abitato da
povera gente, compreso il poeta Marziale.
Eh! cari lettori, di queste famiglie di Berlusca
d’altri tempi oggi non ci è giunto nulla, ma il nome
dei poeti, anche se poveri in canna, sopravvive! È
la Nemesi (compenso) della Storia, che rende un
minimo di giustizia alla cultura e all’arte.
Vi siete mai chiesti, amici miei, da dove deriva la
parola italiana “capitale” (città) e l’inglese capitol
nel senso di palazzo che ospita il governo? Proprio
dal colle del Campidoglio, ove le divinità romane erano veneratissime. Sulla parte alta sorgeva il
tempio di Iuno Moneta, a cui era annessa la Zecca,
ovviamente! E il tesoro dello stato: aerarium, dove
stava? Anche qui! vicino al tempio di Saturno!
In questa zona non mancava la punizione per i
traditori: la rupe Tarpea, da dove venivano precipitati. Peccato che questa usanza si sia estinta, altrimenti sarebbe un bello o macabro, a seconda dei
punti di vista, spettacolo giornaliero!
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