Gli$italiani$e$l`Aids:$ scarsa$conoscenza$della$malattia$ e

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Iniziativa di Nps Italia Onlus a margine di ICAR 2016
VIII Italian conference on AIDS and Antiviral Research
in corso a milano sino a mercoleDI 8 giugNo
Gli$italiani$e$l Aids:$
scarsa$conoscenza$della$malattia$
e$stigma$ancora$presente$
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Resi noti i risultati di un indagine di Swg sul livello d informazione sull HIV/AIDS e
come i mass media trattano l argomento
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MILANO,!7!GIUGNO!2016!
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RASSEGNA!STAMPA!WEB!
di Fabio Abati
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Agi – 8 giugno 2016
Hiv, questo sconosciuto. Un italiano su 2
disinformato
Milano - Gli italiani conoscono poco l'Hiv. Uno su due ignora cosa sia questo virus. Molti
hanno difficolta' a dire con esattezza come si trasmette e poco o nulla sanno sulle cure
che esistono per contrastare l'infezione. Questo e' uno dei dati emersi da un'indagine
svolta dalla societa' di ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha
contattato un campione rappresentativo di mille persone. I dati sono stati presentati nel
corso dell'ottava edizione di ICAR (Italian Conference of AIDS and Antiviral Research),
che si conclude oggi a Milano, presso l'Universita' Milano Bicocca. Dall'indagine e' emerso
!
che i ragazzi piu' giovani sono convinti che essere HIV positivi possa comportare l'essere
rifiutati in una relazione sentimentale e sessuale (61 per cento), e essere denigrati o
insultati (40 per cento). Il 32 per cento delle persone, soprattutto quelle che per eta' hanno
vissuto la prima fase dell'infezione legano ancora HIV con tossicodipendenza e categorie
a rischio. Per quanto riguarda i media, gli italiani riconoscono che quando si tratta di casi
eclatanti in cui siano coinvolte persone con Hiv, l'approccio dei giornalisti evidenzia
sempre il lato scandalistico o allarmistico degli episodi. Ma c'e' di piu'. Quasi un italiano su
3, con piu' di 45 anni, ritiene di aver visto associati nella comunicazione HIV e "peste" o
"cancro dei gay", stereotipi che col tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre
trent'anni dalla sua scoperta, sono forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere
un piena e consapevole conoscenza della malattia.
http://www.agi.it/salute/2016/06/09/news/hiv_questo_sconosciuto_un_italiano_su_2_disinf
ormato-842236/
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Dire.it – 8 giugno 2016
Icar: Hiv, un italiano su due non sa cosa sia
ROMA – Gli italiani conoscono poco l’Hiv, hanno difficoltà a dire con esattezza come si
trasmette il virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l’infezione.
Riconoscono però che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte
persone con Hiv, l’approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o
allarmistico degli episodi. Ma c’è di più. Quasi un italiano su 3, con più di 45 anni, ritiene di
aver visto associati nella comunicazione Hiv e “peste” o “cancro dei gay”, stereotipi che col
tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre trent’anni dalla sua scoperta, sono
forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza
della malattia. È quanto comunicano i dati allarmanti di un’indagine svolta dalla società di
ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione
rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: età, genere, luogo
!
di residenza e ampiezza del comune di residenza. L’indagine ha indagato il livello
d’informazione sull’Hiv/Aids, l’opinione su come i mass media trattano questo argomento,
il permanere di pregiudizi e l’idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+.
IL CONGRESSO – I dati sono stati presentati nel corso dell’ottava edizione di Icar (Italian
Conference of Aids and Antiviral Research), che si conclude oggi a Milano, presso
l’Università Milano Bicocca. Il congresso è presieduto dai professori Andrea Gori, (Monza),
Adriano Lazzarin, (Milano), e Franco Maggiolo, (Bergamo): oltre 150 gli scienziati e i
ricercatori presenti, dall’Italia e dall’estero, e mille gli specialisti presenti. Icar (Italian
Conference on Antiviral Research) è organizzata sotto l’egida della Simit, Società Italiana
di Malattie Infettive e Tropicali. Così in un comunicato l’Ufficio stampa di Icar 2016.
“Abbiamo commissionato questa ricerca– dice Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps
Italia Onlus– proprio perché alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno portato
a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull’Aids non era così avanzato
come ci aspettavamo. Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia ad Atlanta
nel 1981 ed altrettanti dall’ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere di recente
sui giornali di ‘untori’ e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, è stato
desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione degli
italiani. Ciò che preoccupa è il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce
giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a rischio contagio.
Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul tema Aids/Hiv
bisogna fare ancora molto”.
“Bisogna prima di tutto intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv
additati come potenziali ‘pericoli sociali’, come conferma certa terminologia e certo gergo
usato in alcuni articoli di cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni;
rischia di mettere in forse le conquiste avute sul piano del welfare, perché una paura
irrazionale ed ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al virus dell’Hiv.
Ecco perché di recente abbiamo presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti
per denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia. In ogni modo l’indagine
Swg fa pensare che la causa principale di questa cattiva informazione sia la scarsa
conoscenza che si continua ad avere dell’infezione e della vita quotidiana e concreta delle
persone con Hiv verso la quale le ultime domande evidenziano degli immaginari
anacronistici. Le istituzioni quindi devono intervenire, potenziando quei progetti che
nascono per tenere alta la guardia contro l’Aids e per diffondere la corretta conoscenza
dei rischi ancora presenti della malattia”, dice Margherita Errico, Presidente di Nps Italia
Onlus. L’indagine commissionata da Nps Italia Onlus ed eseguita da Swg, non lascia
scanso ad equivoco.
IL LIVELLO DI INFORMAZIONE – Gli italiani sono piuttosto soddisfatti del loro livello
d’informazione sull’Hiv/Aids, oltre il 70% delle persone intervistate ritiene di essere molto o
abbastanza informato in materia, con poche differenze tra le età. In realtà per molti aspetti
la situazione è assai diversa. Solo circa il 50% delle persone ha saputo rispondere alla
domanda su cosa sia l’Hiv, con qualche differenza tra le fasce di età e, fatto più
preoccupante, tra i giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i più interessati al contagio
sessuale, solo poco più della metà (57%) ha risposto correttamente alla domanda su
come sia possibile che si trasmetta il virus dell’Hiv, mentre le persone con più di 64 anni
!
ne sono informate nel 70% dei casi. Evidentemente anni di mancata informazione si
cominciano a sentire. La disinformazione può avere ripercussioni gravi: solo il 37% dei
ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l’Hiv curabile, contro il 62% delle persone con più di
64 anni. In questa situazione, di fronte ad un sospetto di contagio, è prevedibile una
scarsa propensione in questi ragazzi a fare il test o a comunicare al medico i propri timori.
Anche rispetto all’esistenza di terapie per la cura di Aids e Hiv, il livello d’informazione è
risultato direttamente proporzionale al crescere dell’età: i più giovani, le persone peraltro
maggiormente a rischio, sono le meno informate e consapevoli. La domanda su cosa
significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i 45-55enni convinti,
rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere infettivi. Nelle altre
fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15% – 19%. Rispetto a questa
domanda, più “tecnica” ma con forte valenza per la prevenzione, i “non so” si collocano tra
il 26% e il 40%, continua l’Ufficio stampa di Icar 2016.
LA QUALITA’ DELL’INFORMAZIONE – Per indagare l’opinione degli intervistati sulla
qualità dell’informazione in materia di Hiv/Aids sono state poste alcune domande su come
fosse stata trattata l’informazione nei casi di Valentino T., Charlie Sheen e Claudio T. che
hanno avuto ampia eco da parte dei mass media. Poche persone hanno ricordato
autonomamente questi episodi ed è stato necessario ricordare loro di cosa si trattasse. A
questo punto, tra chi ha ricordato, più della metà ha rilevato un approccio da parte dei
mass media finalizzato a evidenziare il lato scandalistico o allarmistico degli episodi. Una
malattia come l’Hiv/Aids, che di suo comporta una carica emozionale molto elevata, deve
essere trattata in modo molto tecnico, equilibrato e competente, poiché ogni scivolone
comunicativo è in grado di scatenare le paure delle persone e di fissare nel tempo idee e
pregiudizi immotivati; ne è una prova il fatto che oltre il 30% delle persone con più di 45
anni ritiene di aver visto associati nella comunicazione Hiv e “peste” o “cancro dei gay”,
quando questa associazione da diversi anni è molto rara. Il 32% delle persone, soprattutto
quelle che per età hanno vissuto la prima fase dell’infezione legano ancora Hiv con
tossicodipendenza e categorie a rischio: evidentemente per un lungo periodo non si è fatto
nulla, o molto poco, per spiegare che l’Hiv da anni è un problema che riguarda tutti. Sono
bassissime, per fortuna, le percentuali di persone che legano la parola Hiv a termini come
vizioso o immorale. Una domanda riserva una sorpresa positiva: i più giovani sono meno
propensi a credere al web delle altre generazioni; considerando le criticità evidenziate da
questo strumento di divulgazione rispetto all’Hiv/Aids questa prudenza appare quanto mai
opportuna. Come prevedibile sono invece le persone oltre i 64 anni a mostrare una
maggiore propensione a credere che i mass media possano essere fonti informative
affidabili, mentre per tutte le fasce di età, il canale più affidabile è il personale sanitario,
continua l’Ufficio stampa di Icar 2016.
VIVERE CON L’HIV – L’infezione Hiv viene considerata soprattutto grave e pericolosa,
molto meno dolorosa. Sono soprattutto i giovani e gli anziani a vedere più l’aspetto della
gravità e della contagiosità, mentre la fascia di età 35-54 sembra maggiormente
consapevole del risvolto di dolore che l’Hiv può comportare. I ragazzi più giovani pensano
più degli altri che una persona Hiv+ che decida di vivere pubblicamente la propria
condizione sia incosciente, mentre a considerala coraggiosa sono soprattutto le persone
tra 55 e 64 anni. I ragazzi più giovani sono convinti che essere Hiv+ possa comportare
l’essere rifiutati in una relazione sentimentale e sessuale (61%), e essere denigrati o
!
insultati (40%). Al crescere dell’età queste percentuali tendono a calare sensibilmente. La
fascia 25-34 è invece quella in cui è più alta la paura che vengano diffuse notizie sul
proprio stato di salute (40%). Un ultimo dato preoccupante: la paura del contatto con una
persona Hiv+ diminuisce al crescere dell’età in una progressione quasi lineare: si passa
dal 55% a vent’anni al 36% oltre i 64; una prova ulteriore della inadeguatezza della
informazione in materia erogata da molti anni, conclude l’Ufficio stampa di Icar 2016.
http://www.dire.it/08-06-2016/58299-icar-hiv-un-italiano-su-due-non-sa-cosa-sia/
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Quotidianosanità.it – 7 giugno 2016
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Aids. A 35 anni da scoperta solo 50% italiani sa
cos’è l’Hiv. “È ancora uno stigma e informazione
è allarmistica e superficiale. In ultimi anni tema
è scomparso da agenda”. Indagine Nps-Swg
Presentati a margine di ICAR 2016 i risultati di un’indagine sul livello d’informazione
sull’Hiv/Aids e su come i mass media trattano il tema Nps Italia: “Preoccupa il livello di
scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati. A livello di prevenzione,
e comunicazione, sul tema bisogna fare ancora molto”. Il 55% dei ventenni ha paura del
contatto con una persona Hiv +. Quasi un over 45 su 3, ritiene di aver visto associati nella
comunicazione Hiv e ‘peste’ o ‘cancro dei gay’. L’INDAGINE
07 GIU - “Gli italiani conoscono poco l’Hiv, hanno difficoltà a dire con esattezza come si
trasmette il virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l’infezione.
Riconoscono però che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte
persone con Hiv, l’approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o
allarmistico degli episodi. Ma c’è di più. Quasi un italiano su 3, con più di 45 anni, ritiene di
aver visto associati nella comunicazione HIV e “peste” o “cancro dei gay”, stereotipi che
col tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre trent’anni dalla sua scoperta, sono
!
forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza
della malattia”.
Questa l’inquietante fotografia che comunicano i dati di un’indagine svolta dalla società di
ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione
rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: età, genere, luogo
di residenza e ampiezza del comune di residenza. L’indagine ha indagato il livello
d’informazione sull’Hiv/Aids, l’opinione su come i mass media trattano questo argomento,
il permanere di pregiudizi e l’idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+. E I
risultati come vedremo non sono per niente confortanti.
“Abbiamo commissionato questa ricerca – dice Rosaria Iardino, Presidente onorario di
Nps Italia Onlus – proprio perché alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno
portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull’Aids non era così
avanzato come ci aspettavamo. Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia
ad Atlanta nel 1981 ed altrettanti dall’ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere
di recente sui giornali di ‘untori’ e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, è
stato desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione
degli italiani”.
“Ciò che preoccupa – termina Rosaria Iardino – è il livello di scarsa conoscenza che
denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a
rischio contagio. Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul
tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto”.
“Bisogna prima di tutto intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con
HIV - dice Margherita Errico, Presidente di Nps Italia Onlus – additati come potenziali
‘pericoli sociali’, come conferma certa terminologia e certo gergo usato in alcuni articoli di
cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di mettere in forse
le conquiste avute sul piano del welfare, perché una paura irrazionale ed ingiustificabile
potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al virus dell’HIV. Ecco perché di recente
abbiamo presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti per denunciare un
modo sbagliato di far cronaca sulla malattia”.
“In ogni modo l’indagine Swg – termina Margherita Errico – fa pensare che la causa
principale di questa cattiva informazione, sia la scarsa conoscenza che si continua ad
avere dell’infezione e delle vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv verso la quale
ultime domande evidenziano degli immaginari anacronistici. Le istituzioni quindi devono
intervenire, potenziando quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l’Aids
e per diffondere la corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia”.
L’indagine commissionata da Nps Italia Onlus ed eseguita da Swg, non lascia scanso ad
equivoci.
Ecco la sintesi
Solo il 50% degli intervistati sa cosa sia l’Hiv
!
Gli italiani sono piuttosto soddisfatti del loro livello d’informazione sull’HIV/AIDS, oltre il
70% delle persone intervistate ritiene di essere molto o abbastanza informato in materia,
con poche differenze tra le età. In realtà per molti aspetti la situazione è assai diversa.
Solo circa il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l’HIV, con
qualche differenza tra le fasce di età e, fatto più preoccupante, tra i giovani tra 25 e 34
anni, potenzialmente i più interessati al contagio sessuale, solo poco più della metà (57%)
ha risposto correttamente alla domanda su come sia possibile che si trasmetta il virus
dell’HIV, mentre le persone con più di 64 anni ne sono informate nel 70% dei casi.
Evidentemente anni di mancata informazione si cominciano a sentire.
La disinformazione può avere ripercussioni gravi: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34
anni considera l’HIV curabile, contro il 62% delle persone con più di 64 anni. In questa
situazione, di fronte ad un sospetto di contagio, è prevedibile una scarsa propensione in
questi ragazzi a fare il test o a comunicare al medico i propri timori.
Anche rispetto all’esistenza di terapie per la cura di AIDS e HIV il livello d’informazione è
risultato direttamente proporzionale al crescere dell’età: i più giovani, le persone peraltro
maggiormente a rischio, sono le meno informate e consapevoli.
La domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i
45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere
infettivi. Nelle altre fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15% - 19%.
Rispetto a questa domanda, più “tecnica” ma con forte valenza per la prevenzione, i “non
so” si collocano tra il 26% e il 40%.
Media impreparati e orientati al lato scandalistico-allarmistico
Per indagare l’opinione degli intervistati sulla qualità dell’informazione in materia di
HIV/AIDS sono state poste alcune domande su come fosse stata trattata l’informazione
nei casi di Valentino T., Charlie Sheen e Claudio T. che hanno avuto ampia eco da parte
dei mass media.
Poche persone hanno ricordato autonomamente questi episodi ed è stato necessario
ricordare loro di cosa si trattasse. A questo punto, tra chi ha ricordato, più della metà ha
rilevato un approccio da parte dei mass media finalizzato a evidenziare il lato scandalistico
o allarmistico degli episodi.
Una malattia come l’HIV/AIDS, che di suo comporta una carica emozionale molto elevata,
deve essere trattata in modo molto tecnico, equilibrato e competente, poiché ogni
scivolone comunicativo è in grado di scatenare le paure delle persone e di fissare nel
tempo idee e pregiudizi immotivati; ne è una prova il fatto che oltre il 30% delle persone
con più di 45 anni ritiene di aver visto associati nella comunicazione HIV e “peste” o
“cancro dei gay”, quando questa associazione da diversi anni è molto rara.
Il 32% delle persone, soprattutto quelle che per età hanno vissuto la prima fase
dell’infezione legano ancora HIV con tossicodipendenza e categorie a rischio:
evidentemente per un lungo periodo non si è fatto nulla, o molto poco, per spiegare che
l’HIV da anni è un problema che riguarda tutti.
!
Sono bassissime, per fortuna, le percentuali di persone che legano la parola HIV a termini
come vizioso o immorale.
Una domanda riserva una sorpresa positiva: i più giovani sono meno propensi a credere al
web delle altre generazioni; considerando le criticità evidenziate da questo strumento di
divulgazione rispetto all’HIV/AIDS questa prudenza appare quanto mai opportuna.
Come prevedibile sono invece le persone oltre i 64 anni a mostrare una maggiore
propensione a credere che i mass media possano essere fonti informative affidabili,
mentre per tutte le fasce di età, il canale più affidabile è il personale sanitario.
Per i giovani una persona con Hiv+ è incosciente a voler vivere pubblicamente la sua
condizione
L’infezione HIV viene considerata soprattutto grave e pericolosa, molto meno dolorosa.
Sono soprattutto i giovani e gli anziani a vedere più l’aspetto della gravità e della
contagiosità, mentre la fascia di età 35-54 sembra maggiormente consapevole del risvolto
di dolore che l’HIV può comportare.
I ragazzi più giovani pensano più degli altri che una persona HIV+ che decida di vivere
pubblicamente la propria condizione sia incosciente, mentre a considerala coraggiosa
sono soprattutto le persone tra 55 e 64 anni.
I ragazzi più giovani sono convinti che essere HIV+ possa comportare l’essere rifiutati in
una relazione sentimentale e sessuale (61%), e essere denigrati o insultati (40%). Al
crescere dell’età queste percentuali tendono a calare sensibilmente. La fascia 25-34 è
invece quella in cui è più alta la paura che vengano diffuse notizie sul proprio stato di
salute (40%).
Un ultimo dato preoccupante: la paura del contatto con una persona HIV + diminuisce al
crescere dell’età in una progressione quasi lineare: si passa dal 55% a vent’anni al 36%
oltre i 64; una prova ulteriore della inadeguatezza della informazione in materia erogata da
molti anni.
Un tema che è scomparso dall’agenda
25 anni fa nel 1991l’AIDS era un problema che allarmava quasi un quarto degli italiani
(22%) mentre il diffondersi dell’uso di droga inquietava oltre la metà 53% La
preoccupazione verso l’AIDS è andata scemando nel corso degli anni e già nel 2007 era
praticamente inesistente mentre il Rumore per il diffondersi delle droghe è durato un"po’
più a lungo, ma nel 2013 era pressoché sparito.
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=40410
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Onlinenews.it – 7 giugno 2016
Aids, a 35 anni dalla scoperta solo il 50% degli
italiani sa cos’è l’Hiv
“Gli italiani conoscono poco l’Hiv, hanno difficoltà a dire con esattezza come si trasmette il
virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l’infezione.
Riconoscono però che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte
persone con Hiv, l’approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o
allarmistico degli episodi. Ma c’è di più. Quasi un italiano su 3, con più di 45 anni, ritiene di
aver visto associati nella comunicazione HIV e “peste” o “cancro dei gay”, stereotipi che
col tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre trent’anni dalla sua scoperta, sono
forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza
della malattia”.
Questa l’inquietante fotografia che comunicano i dati di un’indagine svolta dalla società di
ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione
rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: età, genere, luogo
di residenza e ampiezza del comune di residenza. L’indagine ha indagato il livello
d’informazione sull’Hiv/Aids, l’opinione su come i mass media trattano questo argomento,
il permanere di pregiudizi e l’idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+. E I
risultati come vedremo non sono per niente confortanti.
!
“Abbiamo commissionato questa ricerca – dice Rosaria Iardino, Presidente onorario di
Nps Italia Onlus – proprio perché alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno
portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull’Aids non era così
avanzato come ci aspettavamo. Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia
ad Atlanta nel 1981 ed altrettanti dall’ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere
di recente sui giornali di ‘untori’ e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, è
stato desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione
degli italiani”.
“Ciò che preoccupa – termina Rosaria Iardino – è il livello di scarsa conoscenza che
denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a
rischio contagio. Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul
tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto”.
“Bisogna prima di tutto intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con
HIV – dice Margherita Errico, Presidente di Nps Italia Onlus – additati come potenziali
‘pericoli sociali’, come conferma certa terminologia e certo gergo usato in alcuni articoli di
cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di mettere in forse
le conquiste avute sul piano del welfare, perché una paura irrazionale ed ingiustificabile
potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al virus dell’HIV. Ecco perché di recente
abbiamo presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti per denunciare un
modo sbagliato di far cronaca sulla malattia”.
“In ogni modo l’indagine Swg – termina Margherita Errico – fa pensare che la causa
principale di questa cattiva informazione, sia la scarsa conoscenza che si continua ad
avere dell’infezione e delle vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv verso la quale
ultime domande evidenziano degli immaginari anacronistici. Le istituzioni quindi devono
intervenire, potenziando quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l’Aids
e per diffondere la corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia”.
L’indagine commissionata da Nps Italia Onlus ed eseguita da Swg, non lascia scanso ad
equivoci.
Solo il 50% degli intervistati sa cosa sia l’Hiv. Gli italiani sono piuttosto soddisfatti del loro
livello d’informazione sull’HIV/AIDS, oltre il 70% delle persone intervistate ritiene di essere
molto o abbastanza informato in materia, con poche differenze tra le età. In realtà per
molti aspetti la situazione è assai diversa.
Solo circa il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l’HIV, con
qualche differenza tra le fasce di età e, fatto più preoccupante, tra i giovani tra 25 e 34
anni, potenzialmente i più interessati al contagio sessuale, solo poco più della metà (57%)
ha risposto correttamente alla domanda su come sia possibile che si trasmetta il virus
dell’HIV, mentre le persone con più di 64 anni ne sono informate nel 70% dei casi.
Evidentemente anni di mancata informazione si cominciano a sentire.
La disinformazione può avere ripercussioni gravi: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34
anni considera l’HIV curabile, contro il 62% delle persone con più di 64 anni. In questa
situazione, di fronte ad un sospetto di contagio, è prevedibile una scarsa propensione in
questi ragazzi a fare il test o a comunicare al medico i propri timori.
Anche rispetto all’esistenza di terapie per la cura di AIDS e HIV il livello d’informazione è
risultato direttamente proporzionale al crescere dell’età: i più giovani, le persone peraltro
maggiormente a rischio, sono le meno informate e consapevoli.
La domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i
45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere
!
infettivi. Nelle altre fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15% – 19%.
Rispetto a questa domanda, più “tecnica” ma con forte valenza per la prevenzione, i “non
so” si collocano tra il 26% e il 40%.
Media impreparati e orientati al lato scandalistico-allarmistico
Per indagare l’opinione degli intervistati sulla qualità dell’informazione in materia di
HIV/AIDS sono state poste alcune domande su come fosse stata trattata l’informazione
nei casi di Valentino T., Charlie Sheen e Claudio T. che hanno avuto ampia eco da parte
dei mass media.
Poche persone hanno ricordato autonomamente questi episodi ed è stato necessario
ricordare loro di cosa si trattasse. A questo punto, tra chi ha ricordato, più della metà ha
rilevato un approccio da parte dei mass media finalizzato a evidenziare il lato scandalistico
o allarmistico degli episodi.
Una malattia come l’HIV/AIDS, che di suo comporta una carica emozionale molto elevata,
deve essere trattata in modo molto tecnico, equilibrato e competente, poiché ogni
scivolone comunicativo è in grado di scatenare le paure delle persone e di fissare nel
tempo idee e pregiudizi immotivati; ne è una prova il fatto che oltre il 30% delle persone
con più di 45 anni ritiene di aver visto associati nella comunicazione HIV e “peste” o
“cancro dei gay”, quando questa associazione da diversi anni è molto rara.
Il 32% delle persone, soprattutto quelle che per età hanno vissuto la prima fase
dell’infezione legano ancora HIV con tossicodipendenza e categorie a rischio:
evidentemente per un lungo periodo non si è fatto nulla, o molto poco, per spiegare che
l’HIV da anni è un problema che riguarda tutti.
Sono bassissime, per fortuna, le percentuali di persone che legano la parola HIV a termini
come vizioso o immorale.
Una domanda riserva una sorpresa positiva: i più giovani sono meno propensi a credere al
web delle altre generazioni; considerando le criticità evidenziate da questo strumento di
divulgazione rispetto all’HIV/AIDS questa prudenza appare quanto mai opportuna.
Come prevedibile sono invece le persone oltre i 64 anni a mostrare una maggiore
propensione a credere che i mass media possano essere fonti informative affidabili,
mentre per tutte le fasce di età, il canale più affidabile è il personale sanitario.
Per i giovani una persona con Hiv+ è incosciente a voler vivere pubblicamente la sua
condizione
L’infezione HIV viene considerata soprattutto grave e pericolosa, molto meno dolorosa.
Sono soprattutto i giovani e gli anziani a vedere più l’aspetto della gravità e della
contagiosità, mentre la fascia di età 35-54 sembra maggiormente consapevole del risvolto
di dolore che l’HIV può comportare.
I ragazzi più giovani pensano più degli altri che una persona HIV+ che decida di vivere
pubblicamente la propria condizione sia incosciente, mentre a considerala coraggiosa
sono soprattutto le persone tra 55 e 64 anni.
I ragazzi più giovani sono convinti che essere HIV+ possa comportare l’essere rifiutati in
una relazione sentimentale e sessuale (61%), e essere denigrati o insultati (40%). Al
crescere dell’età queste percentuali tendono a calare sensibilmente. La fascia 25-34 è
invece quella in cui è più alta la paura che vengano diffuse notizie sul proprio stato di
salute (40%).
Un ultimo dato preoccupante: la paura del contatto con una persona HIV + diminuisce al
crescere dell’età in una progressione quasi lineare: si passa dal 55% a vent’anni al 36%
!
oltre i 64; una prova ulteriore della inadeguatezza della informazione in materia erogata da
molti anni.
Un tema che è scomparso dall’agenda
25 anni fa nel 1991l’AIDS era un problema che allarmava quasi un quarto degli italiani
(22%) mentre il diffondersi dell’uso di droga inquietava oltre la metà 53% La
preoccupazione verso l’AIDS è andata scemando nel corso degli anni e già nel 2007 era
praticamente inesistente mentre il Rumore per il diffondersi delle droghe è durato un”po’
più a lungo, ma nel 2013 era pressoché sparito.
http://www.online-news.it/2016/06/07/aids-a-35-anni-dalla-scoperta-solo-il-50-degli-italianisa-cos%E2%80%99e-l%E2%80%99hiv
!
Emergeilfuturo.it – 8 giugno 2016
La metà dei giovani italiani non ha idea di che cosa sia
l’Aids
Se vivere negli anni’80 senza conoscere alla perfezione rischi, effetti e modalità di
trasmissione legati la virus Hiv risultava pressoché impossibile, fatta eccezione per tutti
coloro che dimoravano su un eremo deserto, pare che tra le ragioni che stanno riportando
in auge l’Aids in occidente dopo anni di latenza vi sia anche una profonda ignoranza sulla
malattia e su tutte quelle campagne informative che hanno tenuto banco per oltre tre
decenni.
A 35 anni esatti dalla scoperta del virus e della patologia in questione, pare infatti che il
50% dei giovani italiani collocati in una fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni non abbia
idea di che cosa siano Hiv e Aids, a fronte di una popolazione ultrasessantenne invece
perfettamente informata su quella che venne definita alla stregua della malattia del secolo.
La fotografia del bizzarro rapporto che lega gli italiani all’Aids è stata recentemente
scattata da un sondaggio condotto per conto della Onlus Nps Italia, autrice di una sorta di
censimento informativo utile a portare alla luce tutte le problematiche connesse con la non
conoscenza della patologia e con le sue modalità di trasmissione.
!
Oltre all’ampissima fetta di popolazione che brancola nel buio più totale quando sente la
parola Aids, persistono inoltre chimere e leggende metropolitane legate alla curabilità della
malattia, agli effetti prodotti sul sistema immunitario e alle esatte modalità di trasmissione
del virus, il che rende l’esigua porzione di cittadini italiani consapevoli dell’esistenza del
virus piuttosto confusa in materia e ricca di pregiudizi sanitari e culturali.
Oltre al rischio di una nuova esplosione endemica dell’Aids, dettata dalla disinformazione
imperante, la mancata conoscenza delle modalità in cui il virus si sviluppa o si trasmette
potrebbe fare riemergere quegli odiosi pregiudizi che videro la luce in concomitanza e con
la scoperta della malattia e che oggi trovano terreno fertile in un’umanità che pare vissuta
su un eremo deserto fino a pochi giorni fa.
http://www.emergeilfuturo.it/salute-e-benessere/la-meta-dei-giovani-italiani-non-ha-idea-diche-cosa-sia-laids/
!
Corriere.it – 8 giugno 2016
Gli italiani e l’Aids, male informati
(e inconsapevoli del rischio)
!
Un’indagine su mille persone dimostra come certe informazioni essenziali siano patrimonio
di pochi. Sui media prevalgono i titoli sui casi di cronaca eclatanti
di Margherita De Bac
Non fa più paura, è una minaccia che appartiene ormai al passato. Nonostante il rischio di
contagio sia tuttora reale. Una percezione forse legata all’avvento dei nuovi farmaci che
trasformano la malattia in cronicità e sono sempre più facili da usare perché riuniti in una
sola pillola. Ecco l’Aids così come è visto attualmente dagli italiani, in particolare dai
giovani per i quali il pericolo non esiste. O meglio come è visto in modo erroneo.
Ribalta
Eppure quando arrivano alla ribalta notizie eclatanti (gli untori sieropositivi raccontati dalle
cronache, a Brescia e a Roma, oppure le confessioni di Charlie Sheen sullo stigma di
Hollywood) l’attenzione di media e ascoltatori è alta. La conclusione è che «il modo in cui
questi fatti vengono raccontati dimostrano una diffusa impreparazione nel trattare
!
l’argomento con competenza, equilibrio e scientificità comprensibile». Sono allarmanti i
risultati di un’indagine svolta dalla società di ricerche demoscopiche SWG per conto di
Nps Italia Onlus, il network delle persone sieropositive coordinato da Rosaria Iardino.
Sono stati ascoltati mille cittadini secondo un campione rappresentativo per quanto
riguarda età, genere, residenza e comune di residenza.
Aids e Hiv: contagio, rischi, controlliLe risposte a tutti i vostri dubbi
Scandali
La domanda di base, analizzata attraverso una serie di quesiti, è come gli organi
d’informazione si occupino di notizie sull’infezione. Risposta: «Quando i media trattano
casi eclatanti l’approccio riguarda l’aspetto scandalistico o allarmistico. Quasi un italiano
su tre con più di 45 anni ritiene di aver letto o ascoltato nella comunicazione l’abbinamento
Hiv più peste, cancro dei gay. Insomma, i luoghi comuni sono ben presenti.
Contemporaneamente è stata persa la consapevolezza del pericolo». «Lo scarso livello di
conoscenza ci preoccupa», dice Iardino. Margherita Errico, presidente di Nps Italia
denuncia: «I pazienti sieropositivi sono additati come pericoli sociali. Le battaglie da noi
portate avanti in questi anni sembrano vane».
Campagne
Qualche esempio sul grado di ignoranza generale. La metà degli intervistati non ha saputo
rispondere alla domanda su cosa sia l’Hiv (il virus responsabile dell’infezione che colpisce
il sistema immunitario distruggendo le difese dell’organismo). Nella fascia 25-34 anni solo
sei intervistati su dieci sono stati capaci di indicare la via di trasmissione del virus. Sale la
percentuale dei consapevoli sopra i 65 anni, probabilmente perché hanno vissuto gli anni
delle campagne di sensibilizzazione organizzate in passato dal Ministero della Salute.
!
http://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/16_giugno_07/gli-italiani-l-aids-maleinformati-ad225e78-2cc7-11e6-b303-a777738cf73e.shtml
!
!
Repubblica.it – 7 giugno 2016!
!
!
Aids, la metà dei giovani italiani non sa cosa sia
il virus Hiv
I risultati preoccupanti di un sondaggio commissionato dall'associazione Nps Italia onlus.
Gli ultraessantenni sono molto più informati rispetto alla fascia d'età 25-34 anni che
rappresenta la più a rischio di contagio. "Di questo passo rischia di tornare la caccia
all'untore"
di Michele Bocci
Gli italiani non conoscono abbastanza l'Aids. A 35 anni dalla sua scoperta, questa
malattia, la cui diffusione è soprattutto legata all'ignoranza di come funziona e di come si
trasmette, per tanti è ancora misteriosa. A dirlo è un'indagine Swg commissionata
dall'associazione di malati Nps Italia onlus, che ha coinvolto un campione di mille persone.
Solo il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l'Hiv. Tra i
giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i più interessati al contagio per via sessuale, solo
poco più della metà (57%) ha risposto correttamente alla domanda su come si trasmetta il
!
virus dell'Hiv, mentre le persone con più di 64 anni sono risultate più informate (70% dei
casi). Secondo l'associazione, il problema sta anche nella qualità dell'informazione su
questa malattia.
E ancora: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l'Hiv curabile, contro il 62%
delle persone con più di 64 anni. In questa situazione, è la conclusione di Nps Italia, di
fronte a un sospetto di contagio è prevedibile una scarsa propensione in queste persone a
fare il test o a comunicare al medico i propri timori. La domanda su cosa significhi avere la
carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i 45-55enni convinti, rispettivamente nel
28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere infettivi. Nelle altre fasce di età questa
percentuale è nettamente più bassa: 15% e 19%. Rispetto a questa domanda, più
"tecnica" ma con forte valenza per la prevenzione, i "non so" si collocano tra il 26% e il
40%.
Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps Italia onlus spiega: "Abbiamo commissionato
questa ricerca proprio perché alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno
portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull'Aids non era così
avanzato come ci aspettavamo. Leggere di recente sui giornali di "untori" e ancora dello
stigma da riservare alle persone con Hiv, è stato desolante. Ciò che preoccupa è il livello
di scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente
rappresentano quelle più a rischio contagio".
La presidente dell'associazione, Margherita Errico, aggiunge: "Bisogna prima di tutto
intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv, additate come
potenziali 'pericoli sociali', come conferma certa terminologia e un certo gergo usato in
alcuni articoli di cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di
mettere in forse le conquiste ottenute sul piano del welfare, perché
una paura irrazionale e ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al
virus dell'Hiv. Ecco perché di recente abbiamo presentato un esposto all'Ordine nazionale
dei giornalisti per denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia".
http://www.repubblica.it/salute/2016/06/07/news/aids_gli_italiani_non_la_conoscono_anco
ra-141485535/
!
Meteoweb.eu – 7 giugno 2016
Aids: il 43% dei giovani italiani non sa come si
trasmette
Sette italiani su 10 pensano di sapere abbastanza sull'AIDS, ma in realtà uno su 2 non sa
rispondere alla domanda su cosa sia l'Hiv
di Ilaria Quattrone
Sette italiani su 10 pensano di sapere abbastanza sull’AIDS, ma in realtà uno su 2 non sa
rispondere alla domanda su cosa sia l’Hiv e 2 su 5 (43%) fra i giovani nella fascia 25-34
anni non sanno spiegare correttamente come sia possibile che si trasmetta il virus. Lo
stigma resiste ancora oggi e il modo in cui viene fatta informazione su questi temi non
sembra d’aiuto. Anzi: quasi un italiano su 3 con più di 45 anni ritiene di aver visto associati
nella comunicazione Hiv e ‘peste’ o ‘cancro dei gay‘, “stereotipi che col tempo si pensava
di aver superato“.
Sono alcuni dei dati emersi da un’indagine condotta dalla società di ricerche
demoscopiche Swg su un campione rappresentativo di mille persone, e presentata oggi in
occasione di Icar 2016, l’Italian Conference on AIDS and retroviruses in corso a Milano. A
!
commissionarla Nps (Network persone sieropositive) Italia onlus, sull’onda di una
riflessione avviata dall’associazione in seguito a recenti casi finiti alla ribalta delle
cronache italiane: dalla storia di Valentino, accusato a Roma di aver contagiato diverse
donne, a quella di Claudio, 55enne Hiv-positivo arrestato nel bresciano per prostituzione
minorile e tentate lesioni. “Leggere di recente sui giornali di ‘untori’ e ancora dello stigma
da riservare alle persone con Hiv – spiega in una nota Rosaria Iardino, presidente
onorario di Nps Italia Onlus – è stato desolante e ci ha spinto a monitorare
scientificamente i livelli di disinformazione degli italiani. Ciò che preoccupa è la scarsa
conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente
rappresentano quelle più a rischio contagio. Tutto questo dimostra che a livello di
prevenzione, e comunicazione, sul tema AIDS/Hiv bisogna fare ancora molto“.
L’associazione ha anche presentato “un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti per
denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia“, sottolinea Margherita Errico,
presidente di Nps Italia onlus. Il messaggio è che “bisogna prima di tutto intervenire contro
lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv, additate come potenziali ‘pericoli
sociali’, come conferma un certo gergo usato in alcuni articoli di cronaca. Tutto ciò rischia
di inficiare quanto fatto in questi anni, rischia di mettere in forse le conquiste avute sul
piano del welfare, perché una paura irrazionale e ingiustificabile potrebbe tornare a
discriminare chi è positivo al virus dell’Hiv“. L’esito dell’indagine Swg, osserva, “fa pensare
che la causa principale di questa cattiva informazione sia la scarsa conoscenza che si
continua ad avere dell’infezione e della vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv“.
Errico parla di “immaginari anacronistici. Le istituzioni devono intervenire, potenziando
quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l’AIDS e per diffondere la
corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia“.
Basta entrare più nel dettaglio e gli italiani cadono in errore: solo il 37% dei ragazzi tra i 25
e i 34 anni considera l’Hiv trattabile, contro il 62% delle persone con più di 64 anni. La
domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i
45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere
infettivi. Nelle altre fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15%-19%. I
“non so” si collocano tra il 26% e il 40%. Quanto all’eco avuto sui mass media dai casi di
cronaca di Roma e Brescia, poche persone hanno ricostruito autonomamente gli episodi
in questione ma, tra chi ha ricordato, più della metà ha rilevato un approccio da parte dei
mass media finalizzato a evidenziare il lato scandalistico o allarmistico degli episodi.
Una malattia come l’Hiv/AIDS, spiega l’associazione, “che di suo comporta una carica
emozionale molto elevata, deve essere trattata in modo molto tecnico, equilibrato e
competente, poiché ogni scivolone comunicativo è in grado di scatenare paure e di fissare
nel tempo idee e pregiudizi immotivati“. Il 32% delle persone, soprattutto quelle che per
età hanno vissuto la prima fase dell’infezione legano ancora l’Hiv con tossicodipendenza e
categorie a rischio.
Bassissime invece le percentuali di persone che legano la parola Hiv a termini come
vizioso o immorale. “Evidentemente – puntualizza Nps Italia – per un lungo periodo non si
è fatto nulla, o molto poco, per spiegare che è un problema che riguarda tutti“. Poca
consapevolezza c’è anche su cosa vuol dire vivere con l’Hiv. I ragazzi più giovani pensano
più degli altri che una persona Hiv-positiva che decida di vivere pubblicamente la propria
!
condizione sia incosciente, mentre a considerala coraggiosa sono soprattutto le persone
tra 55 e 64 anni. L’infezione viene considerata soprattutto grave e pericolosa, molto meno
dolorosa. Sono soprattutto i giovani e gli anziani a vedere più l’aspetto della gravità e della
contagiosità, mentre la fascia di età 35-54 sembra maggiormente consapevole del risvolto
di dolore che l’Hiv può comportare. I ragazzi più giovani sono convinti che essere Hiv+
possa comportare l’essere rifiutati in una relazione sentimentale e sessuale (61%), e
essere denigrati o insultati (40%). Al crescere dell’età queste percentuali tendono a calare
sensibilmente. La fascia 25-34 è invece quella in cui è più alta la paura che vengano
diffuse notizie sul proprio stato di salute (40%). Un ultimo dato viene definito
“preoccupante”: la paura del contatto con una persona Hiv+ diminuisce al crescere dell’età
in una progressione quasi lineare. Si passa dal 55% a vent’anni al 36% oltre i 64.
http://www.meteoweb.eu/2016/06/aids-43-dei-giovani-italiani-non-sa-sitrasmette/699651/#VQCJwDi7203rMRo2.99
!
Booxnews.com – 7 giugno 2016
I risultati preoccupanti di un sondaggio commissionato dall’associazione
Nps Italia Onlus
Gli italiani non conoscono abbastanza l'Aids. A 35 anni dalla sua scoperta, questa
malattia, la cui diffusione è soprattutto legata all'ignoranza di come funziona e di come si
trasmette, per tanti è ancora misteriosa. A dirlo è un'indagine Swg commissionata
dall'associazione di malati Nps Italia onlus, che ha coinvolto un campione di mille persone.
Solo il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l'Hiv. Tra i
giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i più interessati al contagio per via sessuale, solo
poco più della metà (57%) ha risposto correttamente alla domanda su come si trasmetta il
virus dell'Hiv, mentre le persone con più di 64 anni sono risultate più informate (70% dei
casi). Secondo l'associazione, il problema sta anche nella qualità dell'informazione su
questa malattia. E ancora: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l'Hiv
curabile, contro il 62% delle persone con più di 64 anni. In questa situazione, è la
conclusione di Nps Italia, di fronte a un sospetto di contagio è prevedibile una scarsa
propensione in queste persone a fare il test o a comunicare al medico i propri timori. La
domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i
45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere
infettivi. Nelle altre fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15% e 19%.
Rispetto a questa domanda, più "tecnica" ma con forte valenza per la prevenzione, i "non
so" si collocano tra il 26% e il 40%. Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps Italia onlus
spiega: "Abbiamo commissionato questa ricerca proprio perché alcuni recenti fatti di
cronaca, letti sui giornali, ci hanno portato a pensare che forse il livello di conoscenza
!
degli italiani sull'Aids non era così avanzato come ci aspettavamo. Leggere di recente sui
giornali di "untori" e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, è stato
desolante. Ciò che preoccupa è il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce
giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a rischio contagio". La
presidente dell'associazione, Margherita Errico, aggiunge: "Bisogna prima di tutto
intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con Hiv, additate come
potenziali 'pericoli sociali', come conferma certa terminologia e un certo gergo usato in
alcuni articoli di cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di
mettere in forse le conquiste ottenute sul piano del welfare, perché una paura irrazionale e
ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al virus dell'Hiv. Ecco perché
di recente abbiamo presentato un esposto all'Ordine nazionale dei giornalisti per
denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia".
http://www.booxnews.com/news_330792/aids-la-meta-dei-giovani-italiani-non-sa-cosa-siail-virus-hiv.html
!
News24web.it – 8 giugno 2016
Aids, questo sconosciuto: giovani sottovalutano
rischio contagio
Dell’Aids si comincia a parlare a partire dagli anni 80′ quando alla fine degli anni 70′
vengono segnalati i primi caso a San Francisco negli Usa. La malattia una volta
conclamata produce un indebolimento estremo del sistema immunitario, per effetto del
quale l’organismo non è più in grado di difendersi dagli attacchi di batteri e virus. Tuttavia
stando a una indagine svolta dalla società di ricerche demoscopiche SWG per conto di
Nps Italia Onlus, il 50% degli italiani compresi tra i 25 e i 34 anni non conosce bene cosa
sia l’Hiv e l’Aids. In sostanza grazie alla terapia anti-retrovirale è possibile tenere sotto
controllo il virus nei pazienti sieropositivi, la cui aspettativa di vita è diventata
sovrapponibile a quella della popolazione generale, purtroppo non può dirsi che si sia fatto
lo stesso a livello informativo. Troppo carente da questo punto di vista, come è emerso
anche dal sondaggio, il livello di consocenza dei givani riguardo al rischio Aids. Oltre a ciò
dalla ricerca è emerso anche che sopravvivono stereotipi e pregiudizi nei confronti dei
malati di Aids. Insomma la mancanza della conoscenza nelle ultime generazioni della
modalità di trasmissione del virus potrebbe portare quindi a un aumento di casi di Hiv.
http://www.news24web.it/368762016/aids-questo-sconosciuto-giovani-sottovalutanorischio/
!
Blogosfere.it – 8 giugno 2016
HIV: 1 italiano su 2 non sa cosa sia
di Patrizia Chimera
Un italiano su due non sa cosa sia l'HIV: è il dato allarmante che emerge da una ricerca
condotta da SWG per conto di Nps Italia Onlus, su un campione di 1000 persone.
L'indagine voleva indagare sul livello di informazione degli italiani in merito all'HIV e
all'Aids ed è emerso che, in realtà, gli italiani conoscono poco di questo virus.
!
I dati, presentati nel corso dell’ottava edizione di ICAR (Italian Conference of AIDS and
Antiviral Research), svelano che gli italiani non sanno cosa sia, non sanno come si
trasmette e sanno poco delle cure esistenti contro l'infezione. Quasi 1 italiano su 3, poi, ha
visto associati nella comunicazione dei mass media l'HIV alla peste o al cancro dei gay,
stereotipi che si pensava di aver superato.
Rosaria Iardino, Presidente onorario di Nps Italia Onlus, afferma: Ciò che preoccupa è il
livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che
statisticamente rappresentano quelle più a rischio contagio. Tutto questo dimostra che a
livello di prevenzione, e comunicazione, sul tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto.
http://scienzaesalute.blogosfere.it/post/561578/hiv-1-italiano-su-2-non-sa-cosa-sia
!
Il Sole24ore.it – 8 giugno 2016
Hiv, 1 italiano su 2 non sa di cosa si tratta
La disinformazione dilaga soprattutto fra i giovani, ma fortunatamente la ricerca ha fatto
grandi passi in avanti
L'Hiv continua a diffondersi, soprattutto fra i giovani, e il numero delle infezioni non sembra
intenzionato a diminuire. A fare il punto della situazione sono gli esperti riunitisi in
occasione dell'ottava edizione di Icar, l'Italian Conference of Aids and Antiviral Research,
!
organizzata presso l'Università di Milano-Bicocca dalla Società Italiana di Malattie Infettive
e Tropicali (Simit).
“Quello dei nuovi contagi è un problema che diventa, giorno dopo giorno, sempre più
grave – ha commentato Andrea Gori, direttore del reparto “Malattie Infettive” dell'Ospedale
San Gerardo di Monza – Negli ultimi 4-5 anni c'è stato un incremento di infezioni tra i
giovani, soprattutto nella fascia d'età 25-30 anni”. Gori ha evidenziato anche un altro
fenomeno: mentre i gruppi LGBTQ si dimostrano tendenzialmente informati, gli
eterosessuali sembrano ignorare completamente il problema.
Nel 90% circa dei casi il rischio di infezione è associato al mancato utilizzo del
preservativo. “Ciò che preoccupa è il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce
giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a rischio contagio – ha
osservato Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps Italia Onlus, che ha commissionato
alla società di ricerche demoscopiche SWG un'indagine da cui è emerso che 1 italiano su
2 non sa cosa sia l'Hiv – Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e
comunicazione, sul tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto”.
I passi avanti della ricerca
Fortunatamente dalla conferenza arrivano buone notizie i tema di ricerca. Nell'ambito di
Icar è stato ad esempio premiato uno studio di Francesco Simonetti, giovane ricercatore
che ha analizzato in che modo il virus integra il suo genoma in quello delle sue cellule
bersaglio. Infatti come tutti i retrovirus anche l'Hiv infetta le cellule inserendosi nel Dna
dell'ospite. “Lo studio [di Simonetti] analizza come il virus (…) sfrutti alcuni geni per
diffondersi e persistere”, ha spiegato Gori. In particolare, ha raccontato Simonetti, dai suoi
studi è emerso che “una regione chiamata 'LTR', che regola l’espressione del virus,
risultava sempre intatta e capace di alterare l’espressione del gene in cui HIV si trova
integrato, modificando così alcune proprietà della cellula infettata, come la capacità di
proliferare o di sopravvivere nel tempo. Lo studio di questi cloni è fondamentale, in quanto
questi possono contenere anche dei virus intatti, rappresentando uno dei veri ostacoli al
controllo o alla cura dell’infezione da HIV. Strategie terapeutiche future dovranno infatti
prevenire, od ostacolare l’espansione clonale delle cellule che costituiscono il serbatoio
dell'HIV”.
Altri studi condotti recentemente hanno invece puntato l'attenzione sulla patologia
tumorale in Hiv, sulla capacità di definizione del danno a livello del sistema nervoso
centrale e sulla possibilità di semplificare la terapia antiretrovirale, obiettivo importante per
la gestione dei pazienti sieropositivi.
Buone notizie arrivano poi anche dal di fuori di Icar. E' infatti di questi giorni la notizia
secondo cui uno studio pubblicato su Gene Therapy da un gruppo di ricercatori fra cui
sono inclusi Pasquale Ferrante, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica
all'Università degli Studi di Milano e Ramona Bella, dottoranda in Medicina Molecolare e
Traslazionale titolare di una fellowship alla Temple University di Filadeflia, ha dimostrato la
possibilità di eradicare il genoma dell'Hiv dalle cellule dei pazienti sieropositivi utilizzando
le cosiddette 'forbici molecolari' rappresentate dalla tecnica figlia dell'ingegneria genetica
Crispr/Cas9, che permette di eliminare sequenze di Dna indesiderate. In passato questa
tecnica aveva permesso di rimuovere il virus da cellule infettate sperimentalmente; il
lavoro di Ferrante, Bella e colleghi ha invece consentito per la prima volta di eliminare l'Hiv
presente in cellule prelevate dai pazienti.
!
I ricercatori prevedono di poter iniziare i primi studi clinici sull'uomo entro i prossimi 1 o 2
anni. Se i loro risultati dovessero essere positivi quella oggi a disposizione potrebbe
essere l'arma cercata ormai da decenni per sbarazzarsi definitivamente del virus.
http://salute24.ilsole24ore.com/articles/18844-hiv-1-italiano-su-2-non-sa-di-cosa-si-tratta
!
Nulladies-sinenews.it – 8 giugno 2016
Aids, la carenza informativa aumenta rsichio
contagio per i giovani
E' quanto emerge da una indagine condotta dalla società di ricerche demoscopiche Swg
che ha preso in esame un campione rappresentativo di mille persone
I giovani di oggi non sono sufficientemente informati riguardo all’Aids, in particolare
riguardo alle modalità di diffusione e quindi di contagio del virus Hiv. E’ quanto emerge da
una indagine condotta dalla società di ricerche demoscopiche Swg che ha preso in esame
un campione rappresentativo di mille persone.
In particolare in questi ultimi anni nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 30 anni si è
assistito a un aumento nel numero dei contagi. Da questi dati emerge la carenza
informativa dei giovani: il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l’Hiv trattabile,
contro il 62% delle persone con più di 64 anni. E’ pur vero che grazie alle terapie antiretrovirali disponibili dal 1996 molto si è fatto sul piano della cura.
!
L’infezione da Hiv oggi grazie ai trattamenti disponibili tende a cronicizzarsi per cui non
conduce più a morte , anche se ancora non è possibile l’eradicazione del virus
dall’organismo per cui è una infezione curabile ma non guaribile. Altrettanto però, come
emerge anche da questo sondaggio, non si è fatto a livello informativo e sappiamo come
una scarsa informazione può portare a comportamenti imprudenti, soprattutto nei ragazzi.
Per invertire questo stato di cose è necessario quindi riprendere adeguate campagne
informative riguardo alle modalità di diffusione del virus e soprattuto fare leva sulla
prevenzione.
http://www.nulladies-sinenews.it/46842016/aids-la-carenza-informativa-aumenta-rsichiocontagio-per-i-giovani/
!
Intelligonews.it – 8 giugno 2016
Aids: il "taglia e incolla" che elimina il virus
dalle cellule
Adriano Scianca
Eliminare il Dna dell'Hiv da cellule e tessuti prelevati da pazienti sieropositivi al virus
dell'Aids grazie a delle “forbici molecolari”. È quanto è stato fatto in un esperimento
(“perfettamente riuscito”) nato da una collaborazione tra l'università degli Studi di Milano e
la Temple University statunitense. L'esperimento è stato pubblicato su 'Gene Therapy',
rivista del gruppo 'Nature'. Il traguardo finale è "eradicare il genoma del virus Hiv dalle
cellule di pazienti sieropositivi", spiegano dalla Statale che annuncia il successo di una
"prova generale" grazie alla quale si apre "la possibilità di definire un nuovo e definitivo
trattamento" anti-Aids.
I ricercatori hanno utilizzato la tecnica Crispr/Cas9, un sistema figlio dell'ingegneria
genetica che consente di tagliare il genoma di un organismo in qualsiasi punto in maniera
molto precisa, aggiungendo, rimuovendo o cambiando la sequenza di geni specifici. Una
specie di “taglia e incolla” molecolare. Per gli autori, "i risultati raggiunti in questo lavoro
aprono la strada alla possibilità di nuove e promettenti sperimentazioni". Grazie allo studio
Italia-Usa, infatti, il sogno è più vicino: eliminare definitivamente il Dna dell'Hiv dai pazienti
infettati dal virus dell'Aids, liberandoli per sempre dalle terapie che oggi devono assumere
!
a vita per evitare che la sieropositività sfoci in malattia conclamata. Insomma, la ricerca
sull'Aids fa passi avanti.
Non altrettanto la consapevolezza diffusa su questa malattia. Secondo un'indagine Swg
commissionata dall'associazione di malati Nps Italia onlus, solo il 50% delle persone sa
rispondere alla domanda su cosa sia l'Hiv. Tra i giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i
più interessati al contagio per via sessuale, solo poco più della metà (57%) ha risposto
correttamente alla domanda su come si trasmetta il virus dell'Hiv, mentre le persone con
più di 64 anni sono risultate più informate (70% dei casi). Secondo l'associazione, il
problema sta anche nella qualità dell'informazione su questa malattia.
http://www.intelligonews.it/articoli/8-giugno-2016/42408/aids-hiv-forbici-molecolari-viruscellule