UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE SEDE DI BRESCIA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Effetti Quantistici nel Trasporto di Energia in Sistemi Fotosintetici Relatore: Prof. Fausto Borgonovi Correlatore: Dott. Giuseppe Luca Celardo Candidato: Diego Ferrari Matricola n. 3606992 Anno Accademico 2009-2010 Indice Introduzione 1 1 Fisiologia e chimica della fotosintesi 1.1 Fisiologia delle cellule fotosintetiche 1.2 Fasi della fotosintesi . . . . . . . . 1.3 Equazione della fotosintesi . . . . . 1.4 Efficienza complessiva del processo . . . . 3 3 4 7 8 . . . . 11 11 12 13 16 . . . . 19 19 23 25 27 2 Complessi antenna 2.1 Esperimento di Emerson e Arnold 2.2 Ruolo delle antenne . . . . . . . . 2.3 Organizzazione delle antenne . . . 2.4 Analisi della fluorescenza . . . . . . . . . 3 Teoria semiclassica di Förster 3.1 Interazioni intermolecolari . . . . . 3.2 Inclusione delle energie vibrazionali 3.3 Equazione di Förster . . . . . . . . 3.4 Limiti di applicabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Aspetti quantistici del trasferimento di energia 29 4.1 Effetti di coerenza a basse temperature . . . . . . . . . . . . . 29 4.2 Effetti di coerenza a temperature fisiologiche . . . . . . . . . . 31 4.3 Effetti di simmetria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 Conclusione 39 A Random walk classico 41 A.1 Random walk in una dimensione . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 A.2 Valori medi nel random walk . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 iv Indice Bibliografia 45 Ringraziamenti 49 Introduzione Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di presentare gli aspetti fisici del trasferimento di energia nei sistemi fotosintetici. Questo argomento suscita da anni il vivo interesse del mondo scientifico, in primo luogo in relazione al problema energetico attuale, alla necessità di trovare fonti energetiche alternative ai combustibili fossili, sostenibili per l’ambiente e a prezzi competitivi. É chiaro che il processo fotosintetico nel suo complesso non è direttamente utilizzabile per le necessità energetiche umane, anche per via del rendimento non sufficientemente elevato. Le prime fasi della fotosintesi, quelle di assorbimento della luce e di trasferimento dell’energia, sono estremamente efficienti: la luce solare assorbita viene raccolta con un rendimento di almeno il 95%, un valore che non è neppure paragonabile a quello delle attuali celle fotovoltaiche. L’inefficienza risiede nelle fasi successive, nelle reazioni fotochimiche con cui l’anidride carbonica viene ridotta per produrre amidi e carboidrati. La sfida posta alla ricerca scientifica è quindi quella di isolare le fasi più efficienti, in modo da poterle riprodurre in sistemi ibridi o completamente artificiali, progettati ad hoc per la produzione di energia e combustibili. Un altro motivo di interesse verso il processo fotosintetico, questa volta di impronta più teorica, è legato alla sua natura tipicamente quantistica. Fino a pochi anni fa, infatti, si riteneva che il meccanismo di trasporto dell’energia coinvolgesse trasferimenti incoerenti dell’eccitazione (detti hopping) tra le varie molecole di pigmenti e che potesse essere descritto da modelli diffusivi semiclassici. A partire dal 2007, però, sono stati effettuati esperimenti che hanno messo in luce aspetti di coerenza quantistica, che influenzano profondamente la natura del processo. Questo ha aperto la strada ad un approccio completamente nuovo, multidisciplinare, che riceve contributi sia da settori tradizionali come la biologia, la chimica o la fisica sia da settori 2 Introduzione molto più innovativi come la quantum information. Nel primo capitolo della tesi vengono presentati gli aspetti fisiologici e chimici della fotosintesi nel suo complesso, arrivando a scrivere l’equazione chimica che la regola e a quantificare l’efficienza generale. Il secondo capitolo tratta invece più in dettaglio la natura dei complessi di antenne e dei centri di reazione, dando una descrizione generale del processo di trasferimento dell’energia. Nel terzo capitolo si trova la trattazione della teoria fisica semiclassica che descrive il trasferimento dell’eccitazione tra molecole e ne vengono fissati i limiti di applicabilità ai sistemi biologici. Il quarto capitolo presenta gli esperimenti recenti che hanno messo in luce gli aspetti quantistici della fotosintesi e le implicazioni teoriche che questi risultati comportano; viene anche proposto un primo modello quantitativo, dovuto a S. Lloyd e M. Mohseni, che spiega alcune osservazioni sperimentali. Capitolo 1 Fisiologia e chimica della fotosintesi 1.1 Fisiologia delle cellule fotosintetiche La fotosintesi è effettuata da una grande varietà di organismi anche molto diversi tra loro, ma un denominatore comune a tutti è l’importanza critica delle membrane lipidiche nelle prime fasi del processo di accumulo dell’energia. Queste prime fasi sono portate a termine da proteine contenenti pigmenti, intimamente associate con le membrane. Le fasi successive sono invece mediate da proteine in ambiente acquoso. Negli organismi fotosintetici più avanzati, come gli eucarioti, il processo di cattura della luce è localizzato quasi interamente in strutture subcellulari note come cloroplasti, che contengono la clorofilla e tutti i pigmenti accessori. I cloroplasti hanno dimensioni di alcuni micrometri di diametro, all’incirca come i batteri. Questi organuli, infatti, derivano evolutivamente da batteri simbiotici, che si sono via via integrati nella cellula fino a perdere la loro indipendenza, in un processo noto come endosimbiosi. Mantengono tuttora tracce del loro retaggio batterico, comprese alcune sezioni di un proprio DNA. All’interno dei cloroplasti, come si può vedere in figura 1.1, si trova un esteso sistema di membrane, note come tilacoidi o lamelle, a cui sono associati tutti i pigmenti fotosensibili. La maggior parte di queste membrane sono associate in pile, chiamate grani, mentre le altre sono dette stroma. Questa organizzazione a membrane permette di aumentare notevolmente la superficie disponibile per l’assorbimento della luce. 4 Fisiologia e chimica della fotosintesi Figura 1.1: Apparato fotosintetico tipico di una pianta superiore. Nei vari riquadri si possono vedere la sezione di una foglia, un cloroplasto, un grano di tilacoidi e uno schema della struttura tilacoidale, con centri di reazioni e complessi di antenne. Negli organismi più primitivi, come i procarioti, le fasi iniziali avvengono in sezioni specializzate della membrana citoplasmatica, e l’intero metabolismo avviene nel citoplasma della cellula. 1.2 Fasi della fotosintesi Per avere un’idea complessiva del processo fotosintetico, è conveniente suddividerlo in quattro fasi, a partire dall’assorbimento di un fotone fino al trasporto di prodotti chimici stabili al di fuori del cloroplasto. Le quattro fasi che possiamo individuare sono: 1. assorbimento della luce e trasferimento dell’energia lungo i complessi di antenne, 1.2 Fasi della fotosintesi 2. trasferimento dell’eccitazione al centro di reazione, 3. stabilizzazione energetica attraverso processi secondari, 4. sintesi e trasporto di prodotti stabili. Le prime due fasi costituiscono il cosiddetto light stage, essendo direttamente veicolate dall’assorbimento di un fotone, mentre le seconde due costituiscono il dark stage. Vediamo un po’ più nel dettaglio questi processi. Antenne Affinché l’energia possa essere immagazzinata dalla fotosintesi, deve essere prima assorbita da uno dei pigmenti fotosensibili. Il fotone assorbito crea nel pigmento uno stato eccitato che può essere trasferito fino ad un centro di reazione, dove avviene la fotochimica vera e propria. É importante notare fin da ora che non tutti i pigmenti effettuano processi fotochimici: la maggior parte ha la funzione di antenna, cioè raccogliere la luce e portare l’energia nel centro di raccolta. Nei sistemi di antenne non avviene alcun processo chimico: il trasferimento di energia è un fatto puramente fisico, che richiede un certo accoppiamento tra i pigmenti e una organizzazione energetica e spaziale (si veda a riguardo la sezione 2.3 a pagina 13). L’effetto delle antenne è quello di incrementare notevolmente la quantità di energia assorbita dal sistema; questo è un grosso vantaggio per l’organismo, dato che il sole è una fonte di energia molto diluita. Trasferimento dell’eccitazione La trasformazione dell’energia pura degli stati eccitati in legami chimici avviene nel centro di reazione. Qui è contenuto un particolare dimero di pigmenti che ha il ruolo di donatore primario di elettroni per le ossidoriduzioni successive. Questo tipo di pigmenti è molto simile a quelli presenti nelle antenne, ma la presenza dell’ambiente proteico del centro di reazione conferisce loro proprietà uniche. Lo step finale nei sistemi di antenne è il trasferimento di energia in questo dimero e la creazione di uno stato eccitato interno al centro di reazione. Questo pigmento eccitato (D) è un fortissimo agente riducente, che tende 5 6 Fisiologia e chimica della fotosintesi a cedere un elettrone ad un vicino pigmento accettore (A), che si riduce. Questa reazione primaria dellla fotosintesi può essere schematizzata come D + A + hν → D∗ + A → D+ + A− La resa quantica di questo processo è quasi 1; questo significa che praticamente ogni fotone assorbito provoca una reazione come quella appena descritta. A questo punto, però, la probabilità di ricombinazione e di perdita dell’energia immagazzinata è altissima, poichè D+ è un forte agente ossidante e la reazione può avvenire al contrario. Questa eventualità è prevenuta da una serie di reazioni secondarie. Reazioni secondarie Una volta avvenuto il trasferimento primario dell’elettrone, il sistema si trova in una posizione estremamente vulnerabile, a causa dell’elevata probabilità di ricombinazione. Il passaggio successivo è quindi la separazione fisica delle cariche positive e negative attraverso una serie rapidissima di reazioni chimiche. Negli organismi più semplici, il processo è veicolato da accettori e donatori secondari di elettroni, che si ossidano o riducono a loro volta allontanando le cariche positive e negative e creando un gradiente elettrochimico necessario alla produzione di ATP, un composto ad alto contenuto energetico necessario alla stragrande maggioranza delle reazioni metaboliche cellulari. Negli organismi più complessi, come le piante, il processo è più complicato e coinvolge due complessi distinti, noti come fotosistema 1 e fotosistema 2. Sintesi La fase finale della fotosintesi riguarda la produzione di molecole stabili ad alta energia e il loro utilizzo in una varietà di processi cellulari. Il processo richiede l’utilizzo del composto intermedio NADPH generato dal fotosistema 1, insieme con l’energia di legame delle molecole di ATP, per ridurre l’anidride carbonica in zuccheri e amidi. Questi prodotti vengono poi portati fuori dal cloroplasto e utilizzati nel metabolismo della cellula. 7 1.3 Equazione della fotosintesi 1.3 Equazione della fotosintesi All’inizio del XIX secolo, dopo un periodo particolarmente fecondo per lo studio della fotosintesi, l’equazione chimica complessiva del processo poteva essere scritta come anidride carbonica + acqua + luce → materia organica + ossigeno Ci vollero però altri 60 anni per arrivare ad una equazione bilanciata, scritta in simboli chimici moderni. Un aspetto fondamentale del problema fu chiarire la natura ossido-riduttiva del processo e misurare il rapporto tra i volumi di CO2 utilizzati e quelli di O2 prodotti, oltre ad indagare la natura della materia organica prodotta. L’equazione minimale che possiamo scrivere oggi è CO2 + H2 O → (CH2 O) + O2 dove (CH2 O) è rappresentativo di un carboidrato. L’esempio più comune di carboidrato è il glucosio, C6 H12 O6 , che permette di scrivere l’equazione della fotosintesi nella forma molto più comune 6CO2 + 6H2 O → C6 H12 O6 + 6O2 (1.1) La natura di ossido-riduzione del processo fotosintetico fu chiarita negli anni ’30 dal lavoro di Cornelis van Niel, che dimostrò che la fotosintesi può avvenire anche in presenza di agenti riducenti diversi dall’acqua, come H2 S. Questi composti possono sempre essere scritti nella forma H2 A, e quindi l’equazione più generale della fotosintesi è CO2 + 2H2 A → (CH2 O) + 2A + H2 O In questa forma, la natura del processo diventa molto più chiara; possiamo infatti separare le reazioni di ossidazione e riduzione nelle due equazioni chimiche 2H2 A → 2A + 4e− + 4H+ CO2 + 4e− + 4H+ → (CH2 O) + H2 O Questa separazione porta ad importanti predizioni: per prima cosa, suggerisce che i due processi possono essere separati sia spazialmente che temporalmente, e in secondo luogo fa capire che l’ossigeno prodotto proviene dall’acqua e non dall’anidride carbonica (figura 1.2) . Entrambe queste conclusioni sono state verificate sperimentalmente. 8 Fisiologia e chimica della fotosintesi Figura 1.2: Schema riassuntivo del processo fotosintetico. 1.4 Efficienza complessiva del processo In questa sezione vogliamo quantificare l’efficienza della fotosintesi nella conversione dell’energia. L’efficienza quantica del processo è di quasi il 100%, dato che praticamente ogni fotone assorbito viene utilizzato nei processi fotochimici; se consideriamo invece la percentuale di energia solare che raggiunge la Terra e viene convertita in biomassa, allora il dato numerico è solo dello 0,2%. Il calcolo più significativo, però, riguarda la percentuale di energia luminosa assorbita in condizioni ideali che viene effettivamente immagazzinata come carboidrati e ossigeno. Per questo calcolo ci servono sia l’energia chimica contenuta nei composti prodotti che l’energia dei fotoni assorbiti. Per calcolare la prima quantità, consideriamo l’equazione (1.1) e le energie libere di formazione dei composti tabulate in letteratura1 . L’energia libera totale è data da 1 ∆G0 = ∆G0f (C6 H12 O6 ) + ∆G0f (O2 ) − ∆G0f (H2 O) − ∆G0f (CO2 ) = 6 1 I dati numerici utilizzati in questa sezione sono tratti da [4]. 9 1.4 Efficienza complessiva del processo kJ 1 = = (−914, 54) + 0 − (−237, 19) − (−394, 38) 6 mol kJ = +479, 1 mol L’energia dei fotoni assorbiti, in unità di moli, è data da E = (QR) hc NA λ dove c è la velocità della luce, λ è la lunghezza d’onda della radiazione incidente e (QR) è il quantum requirement, cioè il numero di fotoni necessario a far avvenire la reazione (1.1); un valore ragionevole è (QR) = 10. Se consideriamo luce monocromatica di lunghezza d’onda pari a 680 nm e sostituiamo i valori delle altre grandezze, otteniamo E = 1761, 4 kJ mol Il rendimento complessivo del processo è dato quindi da η= ∆G0 ≈ 27% E Questo valore rappresenta l’efficienza massima del processo fotosintetico, in condizioni ideali e con assorbimento di luce monocromatica. Con un calcolo più preciso, che tenga conto dell’assorbimento in tutto lo spettro solare e di realistiche perdite di energia, l’efficienza si può stimare attorno al 5%. É evidente quindi che le fasi chimiche del processo fotosintetico ne riducono drasticamente l’efficacia complessiva, soprattutto se paragonate alla quasi perfezione del trasporto dell’energia assorbita. Capitolo 2 Complessi antenna 2.1 Esperimento di Emerson e Arnold Storicamente, le prime prove per l’esistenza di complessi antenna nelle strutture fotosintetiche si ottennero in due esperimenti del 1932, effettuati da Robert Emerson e William Arnold. In entrambi gli esperimenti, i due scienziati utilizzarono dei flash di luce per misurare l’efficienza della fotosintesi, in funzione sia della frequenza degli impulsi sia dell’intensità degli stessi. Al variare della frequenza degli impulsi furono messi in evidenza il light stage e il dark stage della fotosintesi, già discussi nella sezione 1.2 a pagina 4. Al variare dell’intensità luminosa, invece, fu osservata una saturazione nella produzione di O2 per intensità luminose elevate, ed un andamento lineare per intensità più basse. Il risultato è riassunto nella figura 2.1. L’interpretazione più immediata di questo risultato è che ad alte intensità ogni pigmento assorbe un fotone e produce ossigeno, e che quindi un maggior numero di fotoni incidenti non può aumentare la resa complessiva. La bellezza dell’esperimento sta nel fatto che Emerson e Arnold misurarono quantitativamente la produzione di O2 per molecola di clorofilla presente nel loro campione. Il risultato fu sorprendente: viene prodotta soltanto una molecola di O2 ogni 2500 molecole di clorofilla, ben al di sotto del valore atteso di una molecola di O2 per ciascuna di clorofilla! Questo è chiaramente difficile da riconciliare con l’idea, all’epoca dominante, che ogni singolo pigmento riduca direttamente l’anidride carbonica nel processo fotochimico. Attualmente sappiamo infatti che la massima parte dei pigmenti funziona 12 Complessi antenna Figura 2.1: Produzione di O2 in funzione dell’intensità luminosa (unità di misura arbitrarie). da antenna, con lo scopo di raccogliere luce e veicolare l’energia ai centri di reazione. 2.2 Ruolo delle antenne La domanda a cui vogliamo rispondere in questa sezione è: Perché ogni singola molecola di clorofilla non porta a termine da sola l’intero processo fotosintetico? Questa organizzazione potrebbe sembrare la più semplice ed efficiente per l’organismo, ma in effetti non è cosı̀. Cerchiamo di motivare questa conclusione con qualche considerazione quantitativa molto approssimata. L’idea è stimare quanto spesso una molecola assorbe un fotone. Per questo dovremo determinare il flusso di fotoni incidenti e la sezione d’urto effettiva della molecola. Possiamo approssimare il flusso di fotoni in piena luce solare tra 400 nm e 700 nm (regione fotosintetica attiva) in I = 1800 µE m2 s Tenendo conto che l’unità di misura E (Einstein) rappresenta una mole di fotoni e modellizzando il flusso semplicemente come una pioggia, otteniamo che il numero totale di fotoni che colpiscono un’area unitaria in un secondo è #γ #γ F = INA ≈ 1, 1 · 1021 2 = 11 2 ms Å s 13 2.3 Organizzazione delle antenne dove NA è il numero di Avogadro. Se supponiamo che una molecola di clorofilla sia di forma approssimativamente quadrata di lato 10 Å, otteniamo un valore di 1100 fotoni incidenti al secondo su ogni molecola. Si può calcolare che la sezione d’urto della clorofilla rispetto all’assorbimento dei fotoni è 2 σ = 9, 6 · 10−17 cm2 ≈ 1Å Il numero totale di fotoni assorbiti da ogni molecola in un secondo risulta quindi #γ N = F σ ≈ 11 s E’ importante notare che questo è un valore massimo, ottenuto nell’ipotesi di piena luce solare. Il valore reale nella maggior parte dei casi sarà sensibilmente minore. Il Sole è quindi una fonte di energia estremamente diluita. Questo risultato dice che ogni molecola di clorofilla assorbe un fotone circa ogni decimo di secondo in condizioni ideali, un intervallo di tempo enorme a livello molecolare. Per confronto, in [9] viene stimato che possano avvenire almeno 100 reazioni fotochimiche al secondo; in [5], invece, viene stimato che nei Purple bacteria il processo di trasferimento e cattura dell’energia da parte dei centri di reazione richiede meno di 40 ps, come riportato in figura 2.2. E’ chiaro quindi che se una singola molecola dovesse farsi carico dell’intero processo fotosintetico, questa si troverebbe inattiva per gran parte del tempo, con un grosso spreco di risorse e una scarsa efficienza. Il ruolo dei complessi antenna è proprio quello di concentrare l’energia luminosa nei pressi di un centro di reazione, che si occupa del processo fotochimico, e di incrementare cosı̀ l’efficienza complessiva del sistema. 2.3 Organizzazione delle antenne e dei centri di reazione Un’immagina molto semplice per visualizzare il meccanismo di raccolta dell’energia nei sistemi di antenne è quella dell’imbuto, schematizzato in figura 2.3. Le parti periferiche dei complessi antenna assorbono principalmente fotoni a lunghezze d’onda più corte rispetto ai pigmenti più 14 Complessi antenna Figura 2.2: Rappresentazione schematica del trasferimento di energia nelle unità fotosintetiche dei Purple bacteria, con evidenziate le scale dei tempi. Figura 2.3: Modello a imbuto. interni. In accordo con la legge di Plank E = hc/λ, gli stati eccitati dei pigmenti che assorbono a lunghezza d’onda più bassa risultano ad energia più elevata; si può quindi instaurare un processo di trasferimento dell’energia dai pigmenti più eccitati, lontani dal centro di reazione, a quelli a energia minore che si trovano fisicamente più vicini al centro stesso. Una piccola parte dell’energia viene persa come calore in ogni fase del trasferimento, e questo dà un carattere di irreversibilità all’intero processo; il risultato complessivo è che l’eccitazione viene spostata vicino al centro di reazione, dove poi viene immagazzinata attraverso processi fotochimici. Questo modello a imbuto richiede naturalmente che le antenne possiedano una certa organizzazione spaziale ed energetica per poter funzionare, e cioè che i pigmenti che assorbono a lunghezza d’onda inferiore siano più lontani dal centro di reazione rispetto a quelli che assorbono a lunghezza d’onda più elevata. Questa organizzazione è stata chiaramente osservata in diversi 2.3 Organizzazione delle antenne Figura 2.4: Schema dei collegamenti tra antenne e centri di reazione. organismi, in particolare nei complessi delle membrane periferiche. Cerchiamo ora di capire in che modo sono collegati tra loro i complessi di antenne ed i centri di reazione. Con riferimento alla figura 2.4, possiamo distinguere due casi estremi: il modello ”a pozzanghera” e il modello ”a lago”. Nel primo caso, detto anche modello a unità separate, un singolo centro di reazione e la sua antenna formano un’entità indipendente non collegata in alcun modo con le altre. Nel secondo caso, si ha la massima interconnessione tra centri di reazione e antenne: i centri sono immersi in un lago di pigmenti e l’energia può essere trasferita con uguale probabilità a uno qualsiasi di questi centri. Se uno non è disponibile, l’eccitazione può essere diretta verso un altro. Tra questi due casi estremi possiamo individuare altri due modelli utili. Nel modello a unità connesse possiamo individuare delle pozzanghere collegate tra loro, per cui l’energia può essere trasferita tra le varie antenne ma con probabilità piuttosto bassa. Nel modello a domini, invece, si hanno delle pozzanghere contenenti due o più centri di reazione. Un altro aspetto cruciale del processo di trasferimento dell’energia è l’accoppiamento tra il centro di reazione e le antenne ad esso collegate. A seconda del tipo di accoppiamento, il processo fotochimico può rilassare lo 15 16 Complessi antenna stato eccitato ogni volta che questo viene trasferito nel centro di reazione, oppure l’eccitazione può entrare ed uscire molte volte prima di essere assorbita definitivamente per via fotochimica. Possiamo distinguere tre casi: Deep Trap. La probabilità che l’eccitazione fuoriesca dal centro di reazione è relativamente piccola, quindi una volta intrappolata l’energia conduce quasi sempre a fotochimica stabile. Questo modello descrive piuttosto bene organismi come i Purple bacteria fotosintetici. Shallow Trap. La probabilità di assorbire l’eccitazione è molto minore di quella di riemetterla verso il sistema di antenne. L’eccitazione deve quindi entrare molte volte nel centro di reazione prima di poter essere finalmente intrappolata e usata per i processi fotochimici. Si ritiene attualmente che il fotosistema 1 delle piante possa essere descritto in questo modo. Extremely-Shallow Trap. Questo è il caso più estremo, in cui c’è una probabilità ragionevolmente alta di trasferire l’eccitazione indietro lungo le antenne anche dopo che questa è stata intrappolata, ricreando lo stato eccitato dei pigmenti del centro di reazione e poi delle antenne. Si pensa che questo modello possa spiegare il funzionamento del fotosistema 2. 2.4 Analisi della fluorescenza L’analisi e la misura della fluorescenza è uno degli strumenti più potenti per indagare la natura dei sistemi fotosintetici. La fluorescenza che si osserva è dovuta agli stati eccitati che decadono prima del processo fotochimico, e che rilassandosi riemettono la radiazione assorbita, alla stessa frequenza. In un complesso fotosintetico funzionale questa è solo una piccola frazione di tutti i decadimenti degli stati eccitati, ma è comunque fondamentale per capire le dinamiche di trasferimento e cattura dell’energia. Un modo molto conveniente di monitorare il processo di trasferimento è irradiare un campione con della luce a lunghezza d’onda nota, che possa venire assorbita selettivamente solo da un certo tipo di pigmento, e poi cercare di osservare un’eventuale fluorescenza, rilevandone la lunghezza d’onda. Se 2.4 Analisi della fluorescenza Figura 2.5: Osservazione della fluorescenza. questa è diversa da quella della luce incidente, significa che la fluorescenza è provocata da un pigmento diverso da quello che ha assorbito la radiazione, e si ha quindi una prova diretta dell’avvenuto trasferimento di energia. Un risultato tipico è riportato in figura 2.5. L’analisi della fluorescenza è fondamentale anche per valutare i tempi necessari al trasferimento di energia. Nei sistemi fotosintetici in vitro, in cui le antenne sono separate dai centri di reazione, l’energia viene trasferita lungo tutta l’antenna, ma non può trovare un centro di reazione a cui cederla. Si osserva allora una diseccitazione del pigmento attraverso fluorescenza, con l’emissione di radiazione tipicamente nel rosso. Il tempo che trascorre tra la sollecitazione luminosa e la seguente fluorescenza è quello necessario al trasferimento dell’eccitazione. 17 Capitolo 3 Teoria semiclassica di Förster In questo capitolo presentiamo il modello tradizionale per il trasferimento dell’eccitazione in complessi molecolari, proposto per la prima volta da Theodor Förster in un articolo del 1948 e successivamente completato ed esteso da David L. Dexter nel 1953; la referenza principale a cui faremo riferimento è [6]. Si tratta di una teoria di tipo semiclassico, nel senso che pur essendo trattata con il formalismo tipico della meccanica quantistica prevede di fatto una dinamica di tipo classico per il meccanismo di trasferimento dell’energia. La teoria originale è stata ripresa e modificata da molti autori1 nel corso degli anni, per renderla il più fedele possibile alle osservazioni sperimentali; nessuno di questi lavori ha però modificato sostanzialmente le assunzioni di fondo originarie. Per i nostri scopi, quindi, non è necessario discutere questi ulteriori sviluppi. 3.1 Interazioni intermolecolari Prima di presentare i risultati ottenuti da Förster consideriamo il problema dell’interazione tra molecole e del trasferimento di una eccitazione tra esse. La trattazione può essere separata per semplicità in tre sottocasi; questa scelta è motivata sia da comodità di calcolo che da considerazioni di tipo fenomenologico, legate all’osservazione degli spettri di assorbimento dei sistemi considerati. Il parametro che permette di discriminare le diverse situazioni è il rapporto tra l’energia di interazione tra i pigmenti e l’energia dei 1 Un’ampia review delle estensioni alla teoria di Förster si può trovare in [8]. 20 Teoria semiclassica di Förster livelli vibrazionali dei nuclei. Vedremo in seguito che si potranno distinguere i casi di accoppiamento forte, accoppiamento debole e accoppiamento molto debole. Cominciamo considerando il caso particolare di un dimero, cioè di due molecole fortemente accoppiate, e calcoliamo il rate di trasferimento dell’eccitazione da una all’altra; la trattazione può facilmente essere estesa al caso più realistico dei polimeri. L’hamiltoniana per un sistema di questo tipo è H = Ha + Hb + Vab dove Ha e Hb sono le hamiltoniane delle due molecole disaccoppiate e Vab è il potenziale che le lega, detto potenziale di risonanza 2 . Gli autostati dell’hamiltoniana imperturbata (Vab = 0) sono quelli in cui una molecola è nello stato eccitato e l’altra nello stato fondamentale; se indichiamo con un apice gli stati eccitati, possiamo denotare queste autofunzioni come |φ0a φb i e |φa φ0b i In presenza di un potenziale di accoppiamento gli autostati dell’hamiltoniana totale possono essere scritti come combinazioni lineari della forma |φ+ i = (cos α) |φ0a φb i + (sin α) |φa φ0b i |φ− i = (sin α) |φ0a φb i − (cos α) |φa φ0b i (3.1) Scritte in questo modo, infatti, le funzioni d’onda sono automaticamente ortonormali, ma il parametro α rimane arbitrario; vedremo che dipenderà dall’intensità dell’accoppiamento. Per esplicitarlo, è sufficiente imporre che H sia diagonale nella base di |φ+ i e |φ− i, ovvero hφ+ |H|φ− i = 0 (3.2) Sostituendo tutti i termini, si ottiene (sin2 α − cos2 α)U + (Wa0 b − Wab0 ) cos α sin α = 0 (3.3) dove U = hφ0a φb |Vab |φa φ0b i = hφa φ0b |Vab |φ0a φb i è il solo potenziale di interazione (i termini fuori diagonale dell’hamiltoniana), mentre Wa0 b = hφ0a φb |H|φ0a φb i = wa0 + wb + Va0 b Wab0 = hφa φ0b |H|φa φ0b i = wa + wb0 + Vab0 2 É utile osservare fin da ora che il potenziale di risonanza può avere contributi sia diagonali che fuori diagonale. 21 3.1 Interazioni intermolecolari sono le energie medie degli autostati imperturbati |φ0a φb i e |φa φ0b i rispettivamente, tenuto conto anche di eventuali termini diagonali del potenziale. Risolvendo l’equazione (3.3) per α, si ha tan 2α = 2U , Wa0 b − Wab0 0≤α≤ π 2 (3.4) Con questa prescrizione su α possiamo calcolare le energie dei nuovi autostati ed esprimerle come 1 U (Wa0 b + Wab0 ) ± = 2 sin 2α (3.5) 1 Wa0 b − Wab0 = (Wa0 b + Wab0 ) ± 2 2 cos 2α La prima forma verrà usata per calcolare l’evoluzione temporale del sistema, mentre la seconda risulta comoda per la considerazione seguente. Torniamo infatti per un momento all’equazione (3.4) e distinguiamo due casi limite: W± = • L’energia di risonanza è molto minore della differenza di energia delle molecole imperturbate: π 2|U | |Wa0 b − Wab0 | ⇒ α ≈ 0, 2 In questo caso, autofunzioni e autovalori sono quelli del caso imperturbato, e l’eccitazione si dice localizzata su una delle due molecole. • L’energia di risonanza è molto maggiore della differenza di energia delle molecole imperturbate: π 2|U | |Wa0 b − Wab0 | ⇒ α ≈ 4 In questo caso, le autofunzioni diventano le combinazioni simmetrica ed antisimmetrica delle configurazioni imperturbate: 1 |φ± i = √ (|φ0a φb i ± |φa φ0b i) 2 1 W± = (Wa0 b + Wab0 ) ± U 2 L’eccitazione risulta quindi delocalizzata, cioè distribuita in egual misura sulle due molecole. La differenza in energia dei due autostati, detta exciton splitting, è data 2|U |. 22 Teoria semiclassica di Förster Consideriamo ora l’evoluzione temporale del sistema. Le funzioni d’onda dipendenti dal tempo sono semplicemente |ψ± (t)i = |φ± i e−iW± t/~ Le funzioni d’onda φ+ e φ− sono autostati dell’hamiltoniana totale, quindi evolvono separatamente l’una dall’altra. Lo stato più generale del sistema al tempo t è dato quindi dalla combinazione lineare |ψ(t)i = c+ |φ+ i e−iW+ t/~ + c− |φ− i e−iW− t/~ (3.6) dove i coefficienti c+ e c− sono costanti. Consideriamo come condizione iniziale la molecola a eccitata e b nello stato fondamentale; abbiamo allora dall’equazione (3.1) che c+ = cos α , c− = sin α (3.7) Sostituendo le equazioni (3.1), (3.5) e (3.7) nell’equazione (3.6) si ottiene Ut Ut −i(W+ +W− )t/2~ |ψ(t)i = e cos − i cos 2α sin |φ0a φb i + ~ sin 2α ~ sin 2α Ut 0 −i sin 2α sin |φa φb i ~ sin 2α Il sistema quindi oscilla tra i due stati |φ0a φb i e |φa φ0b i, con una frequenza che dipende dall’intensità dell’accoppiamento. Quello che vogliamo determinare è la probabilità che l’eccitazione venga trasferita nel tempo da una molecola all’altra, nel nostro caso da a a b. Questa probabilità è data da Ut 2 2 ρa→b (t) = sin 2α sin (3.8) ~ sin 2α Il valore massimo di ρa→b (t) nel tempo è 2 ρmax a→b = sin 2α = tan2 2α 4U 2 = 1 + tan2 2α (Wa0 b + Wab0 )2 + 4U 2 dove nell’ultimo passaggio si è tenuto conto dell’equazione (3.4). Questo valore si ottiene all’istante tmax = π~ sin 2α 2|U | 3.2 Inclusione delle energie vibrazionali Possiamo definire il rate di trasferimento come la probabilità massima diviso il tempo in cui questa si realizza3 , e ottenere ρmax 2|U | a→b sin 2α = max t π~ Nel caso di forte accoppiamento abbiamo visto che α ≈ π/4, e quindi il rate diventa 2|U | 4|U | ηa→b = = (3.9) π~ h Se consideriamo ad esempio interazioni di tipo dipolare, in cui |U | ∼ R−3 , otteniamo che ηa→b ∼ R−3 . ηa→b := 3.2 Inclusione delle energie vibrazionali Nella trattazione precedente abbiamo implicitamente trascurato sia le oscillazioni dei nuclei che le variazioni delle loro posizioni di equilibrio causate dall’eccitazione elettronica, considerando gli elettroni del sistema a coordinate nucleari fissate; questo equivale a supporre che il trasferimento di energia avvenga molto più velocemente rispetto a questi riarrangiamenti interni. Questa assunzione è giustificata se l’energia U di accoppiamento tra le molecole di pigmenti risulta molto maggiore dell’energia di vibrazione dei nuclei; tradizionalmente, si parla in questo caso di accoppiamento forte. Per arrivare ad un modello più realistico è comunque necessario tenere conto degli scambi di energia con i gradi di libertà vibrazionali dei nuclei che, come vedremo, indeboliscono l’accoppiamento tra le molecole. In letteratura, si fa riferimento al caso di accoppiamento debole quando il potenziale di risonanza è maggiore dell’energia dei livelli vibrazionali, ma non abbastanza da poter trascurare le variazioni nelle posizioni di equilibrio dei nuclei; si può comunque trascurare la struttura dei livelli vibrazionali stessi, assumendo che siano molto stretti e discreti. Per una descrizione completa è necessario quindi tener conto anche delle variazioni nelle coordinate nucleari. Un’analisi dettagliata di questa situazione è molto complicata e, in alcuni aspetti, rappresenta un problema tuttora aperto (si veda a riguardo [10]). 3 Questa definizione per il rate è piuttosto arbitraria, ed è dovuta alla dipendenza quadratica della probabilità dal tempo, nel limite di intervalli di tempo piccoli. Vedremo però che nel caso di accoppiamento molto debole, che è quello di maggior interesse, questa ambiguità verrà rimossa. 23 24 Teoria semiclassica di Förster La trattazione procede come nel caso di accoppiamento forte, ma adottando l’approssimazione di Born-Oppenheimer: le funzioni d’onda vengono fattorizzate in una parte esclusivamente elettronica con i nuclei a riposo e in una parte che tiene invece conto solo del moto dei nuclei. Il rate di transizione può essere infine espresso dall’equazione (3.9) opportunamente modificata: 4|U | 2 (3.10) ηa→b = S h vw Il fattore Svw è detto integrale di Franck-Condon: è l’overlap delle funzioni d’onda vibrazionali nei livelli v e w delle due molecole, e tiene conto delle transizioni intramolecolari tra questi due livelli. Si suppone infatti che inizialmente la molecola a eccitata occupi il livello vibrazionale v, mentre b nello stato fondamentale occupi il livello w; con il trasferimento dell’eccitazione si ha uno scambio dei livelli, la molecola a passa allo stato w e b allo stato v. Essendo per definizione un numero minore o uguale a 1, 2 il termine Svw riduce il rate di transizione rispetto al caso di accoppiamento forte. É importante osservare che anche nel caso di accoppiamento debole il processo di trasferimento è coerente. Esiste infine un ultimo caso in cui non è possibile trascurare nemmeno la larghezza delle bande energetiche vibrazionali. Questo equivale a supporre che il tempo necessario al trasferimento di energia sia maggiore del tempo medio tra le collisioni con i fononi dell’ambiente esterno. Il processo dovrà essere necessariamente affetto da queste collisioni, che comportano scambi di energia vibrazionale. Questa situazione è nota come accoppiamento molto debole. Assumiamo per semplicità che i livelli vibrazionali dei fononi possano essere considerati discreti; la probabilità di trasferimento è data allora dall’equazione (3.8) modificata con i termini di Franck-Condon, come nel caso debole: Uvw t 2 2 ρa→b (t) = sin 2α sin ~ sin 2α 2 dove Uvw = |U |Svw . Poiché stiamo supponendo che le interazioni con i fononi siano molto frequenti, possiamo approssimare questa probabilità per tempi piccoli come U 2 t2 ρa→b (t) ≈ vw2 ~ 25 3.3 Equazione di Förster Se chiamiamo τ il tempo medio tra le collisioni con i fononi, l’incremento di probabilità tra t = 0 e t = τ è dato da ∆ρa→b = 2 Uvw τ2 ~2 Queste collisioni distruggono ogni correlazione di fase tra le funzioni d’onda delle due molecole e il processo di trasferimento diventa quindi incoerente. L’andamento complessivo della probabilità nel tempo è dato dalla somma di incrementi indipendenti, e può essere scritto nella forma ρa→b (t) = U2 τ t ∆ρa→b = vw2 t τ ~ Osserviamo che la probabilità assume una dipendenza lineare dal tempo. Possiamo allora definire nel modo usuale il rate come probabilità nell’unità di tempo, e ottenere U2 τ (3.11) ηa→b = vw2 ~ Nel caso molto debole, quindi, il rate è proporzionale al quadrato dell’energia di risonanza, diversamente dal caso forte e debole in cui la dipendenza è lineare (equazioni (3.9) e (3.10)). Se consideriamo un’interazione dipolare si ha perciò ηa→b ∼ R−6 . Nello sviluppo di un modello diffusivo per il trasporto dell’energia sarà sufficiente tenere conto solamente dell’interazione con i pigmenti primi vicini (cfr. [9]). É importante poi osservare che questa espressione dipende dal tempo medio τ di collisione con i fononi, cioè dal tempo di decoerenza del sistema, e questa dipendenza è lineare. Al diminuire di questo intervallo di tempo, diminuisce anche il rate e aumenta di conseguenza il tempo necessario al trasferimento dell’eccitazione. 3.3 Equazione di Förster L’equazione di Förster determina il rate ηa→b nel caso generale di stati vibrazionali continui, a differenza dell’equazione (3.11) in cui questi erano supposti discreti. L’espressione finale è in termini di parametri spettrali misurabili sperimentalmente, come le bande di emissione e assorbimento dei pigmenti. Si assume che l’interazione tra le molecole sia di tipo dipolare, 26 Teoria semiclassica di Förster della forma 1 1 U = 2 3 ma · mb − 2 (ma · R)(mb · R) = nR R = ma mb k n2 R 3 dove ma e mb sono i dipoli elettrici delle due molecole, R è la loro distanza, n è l’indice di rifrazione del mezzo considerato e k è il cosiddetto fattore di orientazione, che tiene conto dell’orientazione spaziale dei dipoli. Dai coefficienti di Einstein per emissione spontanea e assorbimento e dall’approssimazione di equilibrio termico per gli stati vibrazionali (supposti questa volta continui e non più discreti come nella sezione precedente), si ottiene la cosiddetta equazione di Förster 4 : Z dν̃ 1 1 9000k 2 log 10 ∞ fa (ν̃) b (ν̃) 4 (3.12) ηa→b = 6 5 4 τ0 R 128π n NA 0 ν̃ dove NA è il numero di Avogadro, ν̃ è il numero d’onda e τ0 è il tempo di fluorescenza naturale del pigmento isolato, cioè il tempo di vita di uno stato eccitato rispetto al decadimento per fluorescenza. Il termine b (ν̃), detto coefficiente di estinzione molare, è una quantità proporzionale all’assorbanza del pigmento e descrive quindi le sue proprietà di assorbimento; viene di solito misurato5 in ` mol−1 cm−1 . Il suo valore varia in funzione del numero d’onda, quindi un grafico di b (ν̃) in funzione di ν̃ rappresenta lo spettro di assorbimento del pigmento accettore. Il termine fa (ν̃) è invece lo spettro di fluorescenza, o di emissione, del pigmento donatore, normalizzato rispetto al numero d’onda in modo che Z ∞ fa (ν̃) dν̃ = 1 0 A parte il fattore ν̃ −4 , quindi, l’integrale nell’equazione (3.12) rappresenta l’overlap dello spettro di emissione della molecola a, inizialmente eccitata, con lo spettro di assorbimento della molecola b, come riportato in figura 3.1; 4 La derivazione completa di questa equazione si può trovare in [6] e [7]. Un’interessante osservazione, proposta da Förster stesso in [6], è che questa espressione non contiene la costante di Planck; infatti può essere derivata anche a partire da basi completamente classiche. 5 Il simbolo ` sta per litri. 3.4 Limiti di applicabilità Figura 3.1: Rappresentazione schematica dell’integrale di overlap presente nell’equazione di Förster. L’area evidenziata rappresenta gli stati energetici comuni delle due molecole coinvolte nel trasferimento. questo tiene conto degli stati energetici comuni delle due molecole e delle transizioni tra essi, assicurando la conservazione dell’energia durante il trasferimento. L’equazione di Förster viene di solito presentata nella forma compatta 6 1 R0 ηa→b = (3.13) τ0 R dove R0 , definito a partire dall’equazione (3.12), è detto distanza di Förster. I valori che può assumere dipendono dal tipo di pigmento considerato e sono tabulati in letteratura; alcuni esempi si possono trovare in [9]. 3.4 Limiti di applicabilità In questa sezione vogliamo capire quali sono i limiti di applicabilità ai sistemi biologici del modello semiclassico appena descritto. 27 28 Teoria semiclassica di Förster Nel limite di accoppiamento forte, il processo di trasferimento dell’eccitazione è coerente, cioè la relazione di fase tra |φ0a φb i e |φa φ0b i, durante l’evoluzione temporale, rimane fissata. L’eccitazione oscilla avanti e indietro con frequenza costante tra le molecole a e b e non è mai del tutto localizzata su una delle due, se non istantaneamente. Ma quando è applicabile concretamente il limite di accoppiamento forte? Questo problema è trattato in [9], dove viene introdotto un parametro γ che rappresenta il rate con cui il sistema perde coerenza6 ; per t < 1/γ l’eccitazione si trasferisce in modo coerente, mentre per t > 1/γ il processo è incoerente o diffusivo (hopping). Dopo questo intervallo di tempo, infatti, si ha una randomizzazione delle fasi, i termini fuori diagonale del potenziale di accoppiamento tendono a zero e l’eccitazione rimane localizzata su una sola delle due molecole. Dall’osservazione dei pigmenti del batterio Prosthecochloris aestuarii, che esibiscono tutte le caratteristiche di un accoppiamento forte, si stima un valore di 1/γ pari a 10−13 − 10−14 s; questo significa che l’oscillazione dell’eccitazione si mantiene coerente per un tempo dell’ordine di 10 − 100 femtosecondi. Questo dato va confrontato con i tempi di hopping calcolabili con la teoria di Förster. Consideriamo ad esempio l’accoppiamento tra i pigmenti BChl 800 e BChl 8507 , presenti in molti batteri fotosintetici. Facendo riferimento a [9] per i dati numerici, si ha R0 = 6.6 nm, R = 2 nm e τ0 = 4 ns; sostituendo questi valori nell’equazione (3.13) si ottiene per il rate di trasferimento un valore di circa 3 · 1011 s−1 , che corrisponde ad un tempo di hopping di circa 3 ps. Effettuando lo stesso calcolo anche per altre coppie di pigmenti si ottengono comunque valori di pochi picosecondi. Possiamo concludere affermando che la teoria semiclassica considera un tempo di decoerenza molto breve, in modo che nessun trasferimento dell’eccitazione possa avvenire in modo coerente. La decoerenza è tradizionalmente interpretata come la transizione tra comportamento quantistico e classico, quindi il processo di trasferimento nel suo complesso è da considerarsi completamente diffusivo, assimilabile ad un random walk classico (appendice A). 6 In [9] il parametro è denotato con α, come è tradizionale in letteratura, ma con la nostra notazione questo potrebbe generare ambiguità. É preferibile quindi utilizzare γ. 7 Si tratta di molecole di batteriocloforilla che assorbono luce rispettivamente a 800 nm e 850 nm. Capitolo 4 Aspetti quantistici del trasferimento di energia Nel capitolo precedente è stata presentata la teoria semiclassica di Förster per il trasferimento dell’energia in complessi molecolari, e la sua applicazione alle antenne fotosintetiche. La caratteristica fondamentale di questa teoria è che l’eccitazione passa da una molecola all’altra attraverso degli hopping incoerenti; questo è possibile solo se si assume che il processo avvenga in tempi più lunghi di quelli necessari alle decoerenza del sistema. In questo capitolo presentiamo alcuni recenti risultati sperimentali e teorici [12, 13, 14, 15] che mettono seriamente in discussione la validità di queste assunzioni, e proponiamo un primo modello teorico che spiega questi nuovi dati [18]. 4.1 Effetti di coerenza a basse temperature In [12] , Engel et al. analizzano il complesso proteico FMO1 del batterio Chlorobium tepidum alla temperatura di 77 K, quindi al di fuori del range 1 Il complesso FMO (Fenna-Matthews-Olson) è un complesso pigmento-proteina (PPC) che si trova nei batteri della famiglia dei green sulphur bacteria. Ha la funzione di mediare il trasferimento di energia tra una vasta antenna periferica, il clorosoma, e il centro di reazione. Si tratta del più semplice PPC noto in Natura e per questo è un interessante oggetto di studi; è molto adatto per sviluppare metodi sperimentali e modelli teorici che possono poi essere trasferiti su sistemi più complessi. In letteratura esistono innumerevoli indagini sulla struttura di questo complesso; una sintesi si può trovare in [10]. 30 Aspetti quantistici del trasferimento di energia di temperature fisiologico. La tecnica sperimentale utilizzata è quella della spettroscopia elettronica 2D, che rileva il segnale a livello dei campi e non delle intensità [10], ed è quindi sensibile all’evoluzione delle fasi degli stati del sistema. Nel tempo vengono osservati dei battimenti (beatings), che sono un segno inequivocabile di una correlazione coerente tra i pigmenti durante il trasferimento di energia. Questi effetti tipicamente quantistici erano già stati ipotizzati in diversi lavori precedenti, compresa la teoria di Förster nel limite di accoppiamento forte, ma erano sempre stati ritenuti irrilevanti sulla scala dei tempi del processo fotosintetico. Il risultato sorprendente dell’esperimento è che i beatings si osservano per tempi molto più lunghi del previsto, nell’ordine di almeno 660 fs, un tempo paragonabile con quello richiesto per il trasferimento di energia tra due pigmenti, stimato nell’ordine dei picosecondi. Questo dato è in netto contrasto con l’assunzione generale, prevista sia nella teoria di Förster originale sia nelle sue versioni più recenti e accurate, che la coerenza responsabile di queste oscillazioni sia rapidamente distrutta dalle interazioni con i fononi, prima del tempo necessario al trasferimento degli eccitoni (si veda a riguardo la sezione 3.4). La coerenza elettronica potrebbe giocare un ruolo significativo nelle dinamiche complessive del rilassamento dell’eccitazione. Supponiamo di voler calcolare la probabilità che l’eccitazione, partendo dalla molecola A, si venga a trovare sulla molecola B dopo un intervallo di tempo t; questo problema non può essere risolto assumendo una composizione delle probabilità di tipo classico. Dobbiamo invece sommare le ampiezze di probabilità legate ad ogni possibile percorso che porti da A a B e poi calcolare il modulo quadro di questa somma. Il risultato fondamentale della meccanica quantistica è che ognuno di questi termini contiene un fattore di fase, che indica come interferiscono diversi percorsi in competizione fra loro. Questa competizione può ottimizzare il trasferimento di energia attraverso un’interferenza costruttiva, oppure inibirlo a causa dell’interferenza distruttiva. In ogni caso, comunque, a causa di questi effetti di coerenza il trasferimento di energia non può più essere descritto da un random walk classico, in cui la varianza dello spostamento dell’eccitazione è lineare nel tempo, bensı̀ da un random walk quantistico, che prevede una dipendenza quadratica dal tempo. Questo contribuisce a spiegare l’estrema efficienza 4.2 Effetti di coerenza a temperature fisiologiche del processo. In presenza di effetti quantistici, infatti, possiamo pensare che il sistema stia effettuando una quantum computation, percependo contemporaneamente diversi stati e trovando rapidamente la strada più veloce per raggiungere il centro di reazione, in un processo del tutto analogo a quello dell’algoritmo di ricerca di Grover2 . Questa analogia verrà ripresa in lavori successivi ([14], riassunto nella sezione 4.2). Le ragioni di questa coerenza duratura sono state proposte in [12] e indagate sperimentalmente in [13], e sembrano essere legate all’interazione dei pigmenti con l’ambiente proteico in cui sono immersi. Queste considerazioni, basate su osservazioni a basse temperature, potrebbero essere estese anche a temperature fisiologiche. 4.2 Effetti di coerenza a temperature fisiologiche I dati sperimentali presentati nella sezione precedente sono stati acquisiti a temperature molto basse, criogeniche, di 77 K. In generale, però, gli effetti di coerenza sono molto fragili a temperature più elevate, perché l’effetto delle interazioni con l’ambiente circostante aumenta con la temperatura. Queste considerazioni hanno aperto la strada a una serie di nuove ricerche per stabilire l’importanza degli effetti quantistici osservati anche a temperature fisiologiche. Una prima indagine teorica del problema si può trovare in [14]. In questo lavoro vengono effettuati studi teorici e simulazioni numeriche che confermano i dati sperimentali ottenuti in [12] e prevedono che gli effetti di coerenza si mantengano per almeno 350 fs anche alla temperatura di 300 K. Questo risultato rafforza le ipotesi di Engel et al., secondo cui il processo di trasferimento dell’energia è analogo ad un algoritmo di ricerca di Grover; viene suggerito inoltre che gli effetti di coerenza permettano al 2 L’algoritmo di Grover, descritto per la prima volta in [20], è un algoritmo di ricerca quantistico, molto più veloce degli analoghi classici. Sfruttando le proprietà di sovrapposizione e interferenza tipiche dei sistemi quantistici, questo algoritmo permette di trovare con altissima probabilità l’elemento cercato in una lista di N elementi disordinati √ in O( N ) iterazioni. Per confronto, un analogo algoritmo di ricerca classico ottiene la risposta desiderata in O(N ) iterazioni. 31 32 Aspetti quantistici del trasferimento di energia Figura 4.1: Riportiamo il diagramma delle energie dei vari pigmenti del complesso FMO. Come si può vedere, a questo sistema non si può applicare il modello ad imbuto, poiché i pigmenti non sono disposti in ordine decrescente di energia. I pigmenti BChl 1 e BChl 3, infatti, rappresentano dei minimi energetici locali. complesso FMO di avere un’azione rettificatrice, in modo che il flusso di energia sia unidirezionale dalle antenne ai centri di reazione. In questo modo l’eccitazione può superare eventuali minimi locali di energia (figura 4.1). La previsione teorica è stata confermata sperimentalmente in [15]. In questo lavoro è stato ripetuto l’esperimento di Engel et al. [12] a temperature diverse, di 77, 125, 150 e 277 K, fino quindi a temperatura ambiente; si sono osservati in ogni caso dei battimenti, che dimostrano un eccellente accordo tra loro sia nella fase che nell’ampiezza, per ogni valore della temperatura, indicando che lo stesso fenomeno scoperto a 77 K si estende almeno fino a 277 K. I risultati delle misure sono riassunti in figura 4.2. Questi dati confermano ed estendono i risultati precedenti. La coerenza a temperature criogeniche si mantiene per quasi 2 ps, ben oltre il valore minimo proposto in [12], e persiste per oltre 300 fs anche a temperatura ambiente. É importante notare che questo valore rappresenta un limite inferiore, dovuto a difficoltà tecniche nell’acquisizione dei dati. Con l’apparato sperimentale utilizzato, infatti, a temperature elevate non è più possibile separare l’effettiva decoerenza del sistema dalle interferenze di fondo, se non per tempi piuttosto brevi. Il rate di decoerenza (o dephasing), come atteso, sembra essere fortemente 4.2 Effetti di coerenza a temperature fisiologiche Figura 4.2: Riportiamo l’ampiezza dei battimenti in funzione del tempo, per i diversi valori di temperatura. Le linee colorate rappresentano il dato sperimentale, mentre la linea nera rappresenta il fit, dato dal prodotto di un seno con un esponenziale smorzato, che permette di stimare il dephasing rate. 33 34 Aspetti quantistici del trasferimento di energia dipendente dalla temperatura: i battimenti si osservano per circa 300 fs a 277 K, un tempo 4 volte inferiore che a 77 K. Questa perdita di coerenza può apparire sfavorevole, ma è stato dimostrato [16, 17] che la delicata interazione tra coerenza e dephasing può dar luogo ad un trasferimento veloce e unidirezionale, estremamente efficiente. A temperatura ambiente, proprio per la combinazione di questi due effetti, si ha un massimo nell’efficienza del processo: il dephasing tende a intrappolare l’eccitazione in un minimo energetico, esattamente come accade in un sistema classico, mentre la coerenza sufficientemente duratura può portare a superare un eventuale gap energetico iniziale. I dati forniti in [16] vanno a supporto dell’ipotesi che il trasferimento di energia nel complesso FMO sia stato sincronizzato dalla selezione naturale per promuovere la fotosintesi in condizioni fisiologiche. 4.3 Effetti di simmetria In questa sezione presentiamo un modello quantitativo molto recente che spiega alcune (apparenti) incongruenze osservate sperimentalmente. Le referenze sono [19] per i dati sperimentali e [18] per l’interpretazione teorica. In [19] viene studiata la propagazione dell’eccitazione in sistemi artificiali di complessi di proteine LH23 estratti dal batterio Rhodobacter sphaeroides. L’idea sottostante alla procedura sperimentale è piuttosto semplice. Il campione viene eccitato in modo localizzato, facendo incidere su di esso un fascio laser di lunghezza d’onda pari a 800 nm e con uno spot di 0,45 µm di diametro. L’eccitazione viene trasferita di pigmento in pigmento e si osserva della fluorescenza in corrispondenza degli stati eccitati. Misurando l’area in cui l’intensità luminosa riemessa è significativamente diversa da zero è possibile quantificare la lunghezza di diffusione dell’eccitazione. Viene riportata l’osservazione di una lunghezza di diffusione sorprendentemente lunga: l’eccitazione si propaga per oltre 1 µm. Il risultato è schematizzato in figura 4.3. Negli array di pigmenti artificiali utilizzati, una lunghezza di 1 µm corrisponde uno spostamento di circa 300 unità molecolari; questa stima si può ragionevolmente estendere anche ai sistemi naturali. Interpretando 3 Light-Harvesting complexes di tipo 2. 4.3 Effetti di simmetria Figura 4.3: (a) Fotografia della fluorescenza emessa. (b) Grafico dell’intensità misurata lungo la direzione x. (c) Grafico dell’intensità misurata lungo la direzione y. questo dato con un modello diffusivo4 , questo spostamento richiede O(105 ) hopping incoerenti. L’eccitazione ha un periodo di vita T = 1 − 1, 5 ns, da cui si ricava facilmente che il tempo richiesto per ogni singolo hopping è di 10 − 15 fs. Questa previsione contrasta nettamente con i dati teorici e sperimentali, che suggeriscono un tempo di hopping dell’ordine di circa 5 ps (si veda per confronto la sezione 3.4); la differenza è di quasi tre ordini di grandezza! Un tentativo di interpretare questi dati è stato fatto da Lloyd e Mohseni in [18]. I due autori suggeriscono che la presenza di una struttura simmetrica nella disposizione dei pigmenti e una eccitazione fortemente delocalizzata possano dare luogo ad un comportamento quantistico cooperativo, una proprietà emergente in sistemi a molti corpi, che incrementa il rate di hopping dell’eccitazione. Consideriamo ad esempio due complessi simmetrici, uno composto da N molecole e uno composto da M molecole (figura 2.2): quello che viene dimostrato è che il rate di hopping tra i due complessi, in presenza √ di effetti cooperativi, assume un valore γ N M , dove γ è il rate naturale, in assenza di effetti cooperativi. Nei casi pratici, per calcolare esattamente l’incremento di γ è necessario conoscere l’effettiva disposizione dei complessi LH2, e questa può essere difficile da determinare. É però sufficiente supporre che il comportamento cooperativo aumenti il rate di un fattore α. Vediamo ora come utilizzare questo effetto per spiegare i dati sperimentali. Chiamiamo T il tempo di vita complessivo dell’eccitazione 4 Ricordiamo che nel random walk classico la lunghezza di diffusione va come la radice quadrata del numero di passi (appendice A), mentre in quello quantistico la dipendenza è lineare. 35 36 Aspetti quantistici del trasferimento di energia e τdec il tempo di decoerenza per il processo di hopping; i valori che questo può assumere sono stati misurati e variano da qualche picosecondo a decine di picosecondi. Consideriamo poi il rate di hopping naturale γ e il rate incrementato αγ. Se αγ è significativamente maggiore di 1/τdec , l’eccitazione si propagherà in modo coerente sui pigmenti, per un numero di passi pari a `= τdec = αγτdec τhop dove τhop = 1/αγ è il tempo di hopping. In altre parole, per brevi periodi di tempo l’eccitazione effettua un random walk quantistico, in cui il tempo di diffusione va linearmente con il numero di passi. Per tempi più lunghi di τdec il processo diventa incoerente. L’idea è allora quella di modellizzare la combinazione di hopping coerenti e incoerenti come un trasporto diffusivo, regolato dal rate originale γ ma con passi incrementati di un fattore `. Supponiamo che il numero di unità che l’eccitazione deve superare prima di decadere sia L; nel caso dei complessi LH2, abbiamo visto che L è dell’ordine delle 300 unità. Per effetto del comportamento cooperativo, il numero totale di hopping incoerenti richiesti passa da L2 a L2 /`2 = L2 /(αγτdec )2 . Il numero massimo possibile di hopping incoerenti nel processo diffusivo incrementato è dato da T /τhop , e deve naturalmente valere che T τhop > L2 `2 Quindi, per spiegare la lunghezza di diffusione anomala in termini di comportamento cooperativo coerente, dobbiamo richiedere che L ` = αγτdec > √ γT Prendiamo ad esempio da [19] i valori L = 300 e T = 1 ns, e consideriamo γ = 3 ps come abbiamo ricavato a partire dalla teoria di Förster nella sezione 3.4 a pagina 27; risulta quindi che ατdec deve essere maggiore di circa 50 ps. Nei complessi LH2, in cui N = 18 e M = 9, possiamo ragionevolmente supporre che il fattore di incremento α assuma valori compresi tra 5 e 10. Con α = 5 otteniamo che il tempo di decoerenza τdec deve essere maggiore di circa 10 ps, mentre con α = 10 deve essere maggiore solo di 5 ps. Questo risultato è in buon accordo con i tempi di decoerenza misurati ad esempio in [15]. −1 4.3 Effetti di simmetria Pur non disponendo ancora di stime sperimentali precise dei tempi di decoerenza e del fattore α, si può comunque già concludere che è sufficiente un moderato incremento dovuto a effetti quantistici cooperativi per spiegare i tre ordini di grandezza di errore rispetto ai dati sperimentali che si avrebbero con un modello diffusivo classico. 37 Conclusione In questo lavoro di tesi sono stati presentati gli aspetti fisici del trasferimento di energia in sistemi fotosintetici, a partire dai modelli tradizionali fino ad arrivare ad alcune scoperte molto recenti. Il modello tradizionale descritto nel capitolo 3, dovuto a Th. Förster, è di tipo semiclassico; questo vuol dire che viene sviluppato in un formalismo proprio della meccanica quantistica, ma le dinamiche fondamentali del sistema sono descrivibili in ultima analisi in termini classici. In questa teoria si suppone che le molecole di pigmento siano accoppiate da interazioni di tipo dipolare; a causa di queste interazioni, fuori diagonale nell’hamiltoniana del sistema, l’eccitazione oscilla nel tempo tra le varie molecole. L’assunzione di fondo nell’applicazione di questa teoria ai sistemi biologici è che l’accoppiamento tra i pigmenti sia molto debole; questo implica che l’oscillazione si possa considerare coerente solo per un tempo molto breve, di gran lunga inferiore a quello necessario per trasferire l’energia. Il processo di decoerenza è interpretabile come la transizione del sistema da un comportamento quantistico ad uno classico, e il trasferimento nel suo complesso risulta incoerente e diffusivo, assimilabile ad un random walk classico. Nel capitolo 4 vengono affrontati gli sviluppi più recenti del settore, basati su assunzioni completamente diverse. É stato osservato, infatti, che in sistemi biologici i tempi di decoerenza sono molto più lunghi rispetto a quanto si era sempre ritenuto, e risultano paragonabili a quelli di trasferimento. Questo influenza in modo profondo la natura del processo. Nella prima parte del capitolo sono presentati gli esperimenti che hanno messo in evidenza la presenza di una correlazione coerente tra i pigmenti dei complessi di antenne, sia a temperature criogeniche che fisiologiche. Il risultato fondamentale di queste ricerche è stato mettere in luce il delicato rapporto tra la correlazione 40 Conclusione di fase e il naturale processo di dephasing del sistema, dovuto alle interazioni con l’ambiente proteico esterno. L’elevata efficienza del trasferimento e intrappolamento dell’energia è giustificabile solo tenendo conto di entrambi questi aspetti, che a temperatura ambiente si combinano tra loro in modo ottimale, massimizzando la resa complessiva del processo. Nella seconda parte del capitolo è stato proposto un modello teorico quantitativo che giustifica alcune osservazioni sperimentali a partire da considerazioni di simmetria. Assumendo che gruppi di pigmenti siano disposti in modo simmetrico all’interno dei complessi di antenne e che l’eccitazione sia fortemente delocalizzata su di essi, si può dimostrare che il rate di trasferimento dell’energia tra un gruppo ed un altro risulta notevolmente incrementata rispetto a quella tra pigmenti isolati; questa proprietà, emergente in sistemi a molti corpi, è definita effetto quantistico cooperativo. Con questo nuovo meccanismo è possibile spiegare l’osservazione di lunghezze di diffusione dell’eccitazione estremamente lunghe, del tutto incompatibili con i modelli semiclassici. Le prospettive di ricerca in questo campo sono molteplici. Per il futuro immediato, chiarire le dinamiche di trasferimento dell’energia permetterà di capire l’effettivo funzionamento del processo fotosintetico. Il passaggio successivo vedrà l’utilizzo di sistemi biologici, organizzati in complessi artificiali, allo scopo di produrre energia direttamente utilizzabile dall’uomo. L’obiettivo finale sarà quello di riprodurre in modo del tutto artificiale il funzionamento dei complessi di antenne, realizzando sistemi progettati specificamente per le necessità umane. Parallelamente, lo studio degli aspetti quantistici del processo fotosintetico è di grande interesse nel campo dell’informatica quantistica; i sistemi biologici potrebbero diventare strumenti e risorse fondamentali per implementare algoritmi di quantum computation, proprio in ragione della loro stabilità rispetto al processo di decoerenza causato dall’ambiente esterno. Appendice A Random walk classico In questa appendice presentiamo una trattazione sintetica del problema del random walk classico, tratta da [21]. Per i nostri scopi è sufficiente considerare il caso discreto unidimensionale. A.1 Random walk in una dimensione Consideriamo una particella che si muove in una dimensione con spostamenti successivi, ognuno della stessa lunghezza l. Dopo un totale di N passi, la particella si sarà spostata rispetto all’origine di una distanza pari a x = ml dove m è un intero compreso tra −N ≤ m ≤ N Quello che vogliamo calcolare è la probabilità PN (m) che la particella si trovi nella posizione x = ml dopo N passi. Denotiamo con n1 il numero di spostamenti verso destra e con n2 il numero di spostamenti verso sinistra. Chiaramente si deve avere n1 + n2 = N (A.1) Lo spostamento totale1 è dato da m = n1 − n2 1 (A.2) Consideriamo lo spostamento netto verso destra senza perdere di generalità. Per semplicità di scrittura lo calcoliamo in unità di lunghezza l. 42 Random walk classico Se sappiamo che in una sequenza di N passi la particella si è spostata n1 volte verso destra, allora la distanza finale dall’origine può essere calcolata facilmente: m = n1 − n2 = 2n1 − N (A.3) L’assunzione fondamentale nel random walk è che passi successivi sono statisticamente indipendenti gli uni dagli altri. Possiamo asserire allora che, indipendentemente dagli eventi passati, ogni passo è caratterizzato dalle probabilità p = probabilità di spostamento a destra q = probabilità di spostamento a sinistra con la condizione di normalizzazione p + q = 1. Con queste assunzioni, la probabilità di avere una sequenza di n1 passi a destra e n2 passi a sinistra è data semplicemente dalla moltiplicazione delle rispettive probabilità, cioè pp . . . p qq . . . q = pn1 q n2 | {z } | {z } n1 volte n2 volte Ci sono però diverse sequenze possibili per effettuare N passi nel modo richiesto; il numero esatto di possibilità è N! n1 !n2 ! Non siamo interessati all’ordine con cui vengono effettuati gli spostamenti, ma solo al risultato finale; la probabilità totale di effettuare n1 passi a destra, in qualsiasi ordine, è data da WN (n1 ) = N ! n1 n2 p q n1 !n2 ! (A.4) Si dimostra facilmente con il teorema binomiale che questa probabilità è automaticamente normalizzata a 1. Abbiamo già osservato che, sapendo che la particella ha effettuato n1 spostamenti a destra su un totale di N , lo spostamento netto è calcolabile dall’equazione (A.3). Allora la probabilità PN (m) che la particella si trovi nella posizione m dopo N passi è proprio uguale a WN (n1 ), cioè PN (m) = WN (n1 ) 43 A.2 Valori medi nel random walk Per esplicitare correttamente le dipendenze, consideriamo le equazioni (A.1) e (A.2), da cui 1 1 n1 = (N + m) n2 = (N − m) 2 2 Sostituendo queste relazioni nella (A.4) otteniamo PN (m) = N! p(N +m)/2 (1 − p)(N −m)/2 [(N + m)/2]! [(N − m)/2]! Nel caso particolare p = q = 1/2 questa espressione assume la forma simmetrica N N! 1 PN (m) = [(N + m)/2]! [(N − m)/2]! 2 A.2 Valori medi nel random walk In questa sezione utilizziamo la distribuzione di probabilità precedentemente ricavata per calcolare il valor medio e la varianza nello spostamento netto. Per definizione, il numero medio n1 di spostamenti a destra è dato da n1 = N X WN (n1 ) n1 = n1 =0 N X n1 N! pn1 q (N −n1 ) n1 n !(N − n )! 1 =0 1 Utilizzando il teorema binomiale si ottiene il risultato (intuibile) n1 = N p Allo stesso modo si ricava n2 = N q Possiamo osservare che le due grandezze si sommano nel modo corretto a dare N : n1 + n2 = N (p + q) = N Calcoliamo ora lo spostamento medio dall’origine: m = n1 − n2 = n1 − n2 = N (p − q) Nel caso particolare p = q, si ottiene m = 0; questo risultato è ragionevole, data la completa simmetria del problema. 44 Random walk classico Consideriamo perciò la dispersione negli spostamenti. Per definizione (∆n1 )2 = (n1 − n1 )2 = n1 2 − n1 2 Abbiamo già calcolato n1 ; per n1 2 risulta invece n1 2 = n1 2 + N pq La dispersione per n1 quindi è data da (∆n1 )2 = N pq A questo punto possiamo calcolare la varianza nella distribuzione degli spostamenti netti. Quello che si ottiene è m = n1 − n2 = 2n1 − N ⇒ ∆m = 2∆n1 ⇒ (∆m)2 = 4(∆n1 )2 ⇒ (∆m)2 = 4(∆n1 )2 = 4N pq In particolare, se p = q = 1/2 si ha (∆m)2 = N Questa grandezza è quadratica nello spostamento. La sua radice quadrata è una misura lineare che quantifica in qualche modo l’ampiezza su cui m è distribuito, fornendo informazioni sul range di spostamenti più probabili. Questo range, detto anche lunghezza di diffusione, cresce in proporzione alla radice quadrata del numero totale di passi. Bibliografia [1] Fleming, G. R. and Ratner, M. A. (2008) Grand challenges in basic energy sciences, Physics Today 61, 28-33. [2] Crabtree, G. W. and Lewis, N. S. (2007) Solar energy conversion, Physics Today 60, 37-42. [3] Sension, R. J. (2007) Quantum path to photosynthesis, Nature 446, 740741. [4] Blankenship, R. E. (2002) Molecular Mechanism of Photosynthesis. Blackwell Science, Oxford. [5] Fleming, G. R. and van Grondelle, R. (1997) Femtosecond spectroscopy of photosynthetic light-harvesting systems, Curr. Opin. Struct. Biol. 7, 738-748. [6] Förster, Th. (1965) in Modern Quantum Chemistry Istanbul Lectures, vol. 3 (ed. O. Sinanoglu), Academic Press, New York, pp. 93-137. [7] Dexter, D. L. (1953) A theory of sensitized luminescence in solids, J. Chem. Phys. 21, 836-850. [8] Scholes, G. D. (2003) Long-range resonance energy transfer in molecular systems, Annu. Rev. Phys. Chem. 54, 57-87. [9] van Grondelle, R. (1985) Excitation energy transfer, trapping and annihilation in photosynthetic systems, Biochim. Biophys. Acta, 811, 147-195 [10] Cheng, Y. and Fleming, G. R. (2009) Dinamycs of light harvesting in Photosyntesis, Annu. Rev. Phys. Chem. 60, 241-262. 46 Bibliografia [11] Scholes, G. D. (2010) Quantum-coherent electronic energy transfer: Did Nature think of it first?, J. Phys. Chem. Lett. 1, 2-8. [12] Engel, G. S., Calhoun, T. R., Read, E. L., Ahn, T. K., Mancal, T., Cheng, Y., Blankenship, R. 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Un grazie alla mia famiglia per il sostegno che mi ha dato, un grazie a Sara che mi è sempre stata vicino e mi ha supportato e soprattutto sopportato e un grazie a tutti gli amici, che sono stati fonte di utili scambi di opinioni e di ancor più utili e salutari distrazioni. Diego Ferrari