Riccione
19-21
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settembre
2013
PALAZZO DEI CONGRESSI
32 edizione
a
La pubblicità lungo le strade e sui veicoli:
gli aspetti operativi di maggiore interesse
Giuseppe Napolitano
Avvocato, Dirigente Comune Pistoia
Sessione
TUTELA DELLE STRADE E DEI SUOI UTENTI
Venerdì 20 Settembre, mattina
1.PROLUSIONE.
2a.I PROFILI AUTORIZZATORI RELATIVI AGLI IMPIANTI PUBBLICITARI.
2b.I PROFILI AUTORIZZATORI RELATIVI ALLA PUBBLICITA’ SUI VEICOLI.
3a.I PROFILI SANZIONATORI DI INTERESSE PER GLI IMPIANTI PUBBLICITARI.
3b.I PROFILI SANZIONATORI DI INTERESSE PER LE “AUTOPUBBLICITARIE”.
1.PROLUSIONE.
Il tema della pubblicità lungo le strade ha sempre rivestito grossi profili di complessità in quanto esso
–ancor prima di dover essere riguardato per gli aspetti di natura sanzionatoria- involge il tema della libertà di iniziativa economica che accompagna le vicende autorizzatorie relative ai mezzi pubblicitari, nel
tortuoso cammino della ricerca del giusto equilibrio tra potestà pubbliche e discrezionali connesse alla
tutela preventiva della sicurezza stradale e semplificazione amministrativa in favore delle imprese che
–attraverso la pubblicità- aspirano a migliorare la propria posizione sul mercato.
Tema complesso, pertanto, perché vede gli enti proprietari o concessionari delle strade, costretti a verificare se –alla luce delle recenti decretazioni- debba intendersi ridimensionato il potere amministrativo
assegnato dal Legislatore nella edizione originaria del codice, ovvero se questo sia passato indenne attraverso la spinta di riduzione del controllo all’accesso alle attività economiche, tipico di questa epoca.
Sullo sfondo di questa complessità residuano, poi, i temi sanzionatori, più tipicamente polizieschi e –se
vogliamo- meno raffinati sul piano giuridico; temi comunque in evoluzione, posto che il confine della giurisdizione resta sempre mobile perché fondato su criteri pretori, al cui cospetto il Legislatore continua ad
intervenire con scarsa perizia, sebbene animato da buone intenzioni.
In buona sostanza, l’articolo 23 del codice della strada resta sempre interessantissima fucina di discussione giuridica e pertanto, oggi più che in passato, merita accurata trattazione.
2a. I PROFILI AUTORIZZATORI RELATIVI AGLI IMPIANTI PUBBLICITARI.
Che “la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse” sia soggetta
ad autorizzazione è circostanza nota, in quanto rimarcata dal comma 4 dell’articolo 23 del codice della
strada che –peraltro- con la locuzione “in ogni caso” sembra voler escludere ogni forma di attenuazione
di tale forma di controllo preventivo, quasi ad annunciare una sorta di resistenza alla ventata di semplificazione o liberalizzazione.
L’amore legislativo per il procedimento amministrativo complesso destinato a sfociare in un provvedimento espresso si coglie anche in alcuni passaggi del successivo comma 51, allorquando il Legislatore
-nell’incrociare la potestà tra chi ha potere sul luogo di insediamento dell’impianto pubblicitario e chi ha
responsabilità di protezione dell’utente della strada (quindi il proprietario della strada da cui si possa godere della vista o il disturbo dell’impianto sussistente su demanio o patrimonio di diverso ente)- condiziona la discrezionalità del titolare del potere autorizzatorio, alla positiva conclusione del preventivo giudizio
del titolare della valutazione tecnica, così scindendo l’ambito soggettivo delle due aree di discrezionalità
con forte valenza condizionante del “preventivo nulla osta” che sembra esaurire l’area dalla discrezionalità tecnica, lasciando al titolare del potere autorizzatorio solo la succedanea valutazione, in termini
di scelta (discrezionalità pura). Il procedimento descritto dal comma 5 dell’articolo 23 del codice della
strada sembra, difatti, incarnare l’esempio di scuola della distinzione tra discrezionalità amministrativa
e discrezionalità tecnica, ove la discrezionalità amministrativa consta sia del momento del giudizio
(nel quale si acquisiscono e si esaminano i fatti), che del momento della scelta (nel quale si compie una
sintesi degli interessi in gioco e si determina la soluzione più opportuna), mentre la discrezionalità tecnica2, contiene il solo profilo del giudizio, risolvendosi soltanto in una analisi di fatti, sia pure complessi,
ma non di interessi. Una volta esaurita la fase dell’accertamento dei fatti sulla base di cognizioni tecniche da parte di chi debba esprimere il proprio “nulla osta”, è evidente (nel caso del comma 5 in esame)
che l’Amministrazione titolare del potere di autorizzare resti dimidiato al solo momento della “scelta”,
restando, in questo caso, la discrezionalità amministrativa “servente rispetto al vincolo amministrativo”
e condizionato al “giudizio” che contiene la discrezionalità tecnica.
Ad ogni buon conto, che siano molteplici (come nel caso del comma 5) o che resti una sola l’Amministrazione titolare del potere provvedimentale, l’autorizzazione alla collocazione di mezzi pubblicitari lungo le
strade si caratterizza come connotata da ampia discrezionalità tecnica ed amministrativa, poiché –per
quanto possa essere dettagliato il regolamento di attuazione del codice o il regolamento comunale richiesto dal comma 6 dell’articolo 23 del codice- sembra impossibile l’azzeramento della discrezionalità insita
1 “Quando i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari collocati su una strada sono visibili da un’altra strada appartenente ad ente diverso,
l’autorizzazione è subordinata al preventivo nulla osta di quest’ultimo. I cartelli e gli altri mezzi pubblicitari posti lungo le sedi ferroviarie, quando siano visibili dalla strada, sono soggetti alle disposizioni del presente articolo e la loro collocazione viene autorizzata
dalle Ferrovie dello Stato, previo nulla osta dell’ente proprietario della strada”.
2 Per un adeguato contributo dottrinario: Marzuoli: “discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario: profili generali”, Riv.
Dir. Pub, 1998, pp 127 e ss.. Levita: “L’attività discrezionale della pubblica amministrazione: forme e limiti dell’esercizio del potere
amministrativo”, Matelica 2008.
2
nel giudizio di chi debba valutare, in base a regole tecniche ed impressioni di contesto (opinabilità,
nel senso più ampio del termine), se determinate dimensioni, forme, colori, disegni luoghi o modalità
di ubicazione dei mezzi pubblicitari “possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero
possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo
visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della
circolazione”3.
La breve digressione sulla discrezionalità resta fondamentale per arrivare ad inquadrare la materia alla
luce della evoluzione normativa che, nel nome della semplificazione della liberalizzazione, la decretazione
dell’ultimo biennio ha condotto sull’intera area della capacità provvedimentale delle pubbliche amministrazioni.
Non è più un fatto nuovo, la storia della resistenza del modello autorizzatorio alla pretesa applicabilità del
silenzio assenso alle procedure relative agli impianti pubblicitari. La Cassazione Civile (Sez. II Civile,
sentenza 1° marzo 2007 n. 4869) sottolineò come l’istituto del silenzio-assenso -previsto dall’articolo
20 della legge n. 241/1990 come regola generale nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di
provvedimenti amministrativi- non fosse di portata illimitata, bensì contenesse deroghe per atti e procedimenti indicati nel 4° comma dello stesso articolo, tra i quali sono specificamente elencati quelli che
attengono alla pubblica sicurezza e all’incolumità pubblica (in senso conforme: Cassazione civile Sentenza, Sez. II, 15/05/2007, n. 11115). Tale istituto, in particolare, non appariva applicabile all’installazione
lungo le strade di cartelloni pubblicitari, atteso che l’articolo 23 del codice della strada espressamente
stabilisce, per ragioni attinenti alla sicurezza della circolazione, che i cartelli pubblicitari, in ogni caso, non
possono essere apposti lungo le strade senza una espressa autorizzazione. Più recentemente, peraltro,
la giurisprudenza (TAR Basilicata, n°247/2012) ha analizzato anche la questione del mancato rilascio
dell’autorizzazione entro il termine di sessanta giorni prescritto dall’articolo 53, comma 5, del D.P.R.
n°495/1992, venendo ad affermare che il superamento dello stesso rileva solo sul piano delle procedura
avverso il silenzio e non anche sul piano della presunta operatività del silenzio assenso4.
Accantonando, pertanto, la questione della possibilità di applicare alla procedura autorizzatoria che qui ci
occupa l’istituto di semplificazione di cui all’articolo 20 della Legge n°241/1990, prendendo atto della posizione recisamente negativa in merito sostenuta dai giudici, v’è da chiedersi se possa, di contro, ritenersi
superato, attraverso un’altra strada, la necessità dell’autorizzazione espressa; “altra strada” costituita
dall’istituto disciplinato dall’articolo 19 della Legge n°241/1990. In proposito, la giurisprudenza ebbe a
mantenere una netta posizione negativa allorquando, nel 2004, avanzava l’idea che la Dichiarazione di
Inizio Attività (nella versione dell’articolo 19 della Legge n°241/1990, come modificato dall’articolo 2,
comma 10, della legge 24 dicembre 1993 n. 537) potesse sostituire anche l’autorizzazione di cui all’articolo 23 del codice della strada. Fu il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza del 12 ottobre 2004, n.
6532 a statuire che la DIA non fosse applicabile alle installazioni d’impianti pubblicitari, sulla scorta del
rilievo che l’amministrazione opposta aveva prerogative di contingentamento del settore e godeva
di ampia discrezionalità nella valutazione delle domande di autorizzazione, dal che risultato implicitamente contraddetta la stessa idea della possibile ammissibilità della DIA che, per converso, richiede un
potere amministrativo così limitato: “l’autorizzazione deve dipendere esclusivamente dall’accertamento
dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo5”. Siffatto orientamento è rimasto piuttosto consolidato ed immutato negli anni, al punto da determinare una riduzione
del pressing degli operatori del settore nel cercare di sterzare il regime autorizzatorio verso gli istituti di
semplificazione o di liberalizzazione. Questa pacificazione, tuttavia è durata fino a quando –realizzando
plurime e recenti modifiche dell’articolo 19 della Legge n°241/1990 (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, con3 Occorre chiarire che quando l’Amministrazione è chiamata all’accertamento dei fatti ai fini dell’esercizio del potere conferitole
dalla legge, detto accertamento può essere svolto sulla base di regole dotate di un maggiore o minore grado di certezza. Il diverso
atteggiarsi delle stesse comporta una diversa qualificazione dell’atto emanato a seguito della loro applicazione. Segnatamente, ove
la P.A. si affidi a criteri attinti dalle c.d. scienze esatte, e tali dunque da comportarne una utilizzazione ontologicamente priva di
qualsivoglia margine valutativo o di opinabilità, il provvedimento amministrativo si configura come mero “accertamento tecnico”.
Viceversa, il provvedimento amministrativo costituisce espressione della discrezionalità tecnica nel momento in cui la P.A. svolge
l’accertamento del fatto alla luce di criteri opinabili e non certi.
4 “…il decorso del termine di 60 giorni, previsto dall’art. 53, comma 5, DPR n. 495/1992 per l’emanazione del provvedimento di
autorizzazione all’installazione di un’insegna visibile da un’Autostrada, non consuma il potere dell’Ente proprietario o del concessionario dell’Autostrada di pronunciarsi sul’istanza di autorizzazione, ma consente al richiedente di proporre l’azione giurisdizionale
ex art. 21 bis L. n. 1034/1971(oggi: art.117 D.lgs 104/2010)”
5 La materia de qua resta, anche per più recente definizione giurisprudenziale, soggetta a contingentamento: “Ai sensi dell’art. 3,
commi 2 e 3, del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, ogni Comune è tenuto ad adottare un regolamento per l’applicazione dell’imposta, che disciplini le modalità di effettuazione della pubblicità, con la possibilità di stabilire limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse, e in ogni caso determini la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione e i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti.
Pertanto, l’installazione di impianti pubblicitari è un’attività economica contingentata, stante la limitatezza degli spazi a
ciò destinati, senza che in ciò possa ravvisarsi compromissione della tutela costituzionale della libera iniziativa privata, giacché lo
stesso art. 41 cost. ammette la possibilità di limitare tale libertà onde contemperarla con l’utilità sociale”. Cons. Stato Sez. VI,
09/02/2011, n. 894.
3
vertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122; D.L. 13 maggio 2011, n. 70; D.L. 9 febbraio 2012, n. 5; comma
1 dell’art. 13, D.L. 22 giugno 2012, n. 83)- il Legislatore ha rinominato e rivitalizzato la liberalizzazione,
generalizzando l’applicazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (di seguito: SCIA), con l’effetto di sollevare seri dubbi sulla perduranza del regime autorizzatorio che avevamo conosciuto, per la
materia che qui ci occupa, fino alla riforma dell’estate del 2010. La nuova formulazione dell’articolo 19
della Legge n°241/1990 rende ardua la difesa del regime “autorizzatorio provvedimentale espresso” se
ci si voglia aggrappare alla primitiva nomenclatura dell’articolo 23 del codice che a detto regime espressamente si richiama, in quanto il Legislatore della novellata Legge n°241/1990 supera proprio la logica
di tale nomenclatura allorché afferma che: “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato… ̀ sostituito da una segnalazione dell’interessato…”.
Allo stesso modo non ha alcun senso tentare di sfuggire al campo della SCIA cercando di “inbucarsi” tra
le categorie soggettive considerate dalla parte finale del comma 16 dell’articolo 23 che, del caso, si paleserebbero come impropriamente richiamate.
Così argomentando, l’apparenza ci porterebbe a ritenere che la SCIA sia penetrata anche nel contesto
del regime autorizzatorio dei mezzi pubblicitari considerati dal codice della strada, tanto in omaggio alla
capacità espansiva del nuovo istituto che –almeno nelle premesse teleologiche- dovrebbe avere portata
dilagante nel nostro ordinamento.
L’apparenza, tuttavia, è cosa diversa dalla sostanza e, argomentando a contrariis, secondo chi oggi scrive, non solo restano ancora validi gli insegnamenti del C.d.S. n°6532/2004 ma ci sono argomenti sufficienti per confermare che nulla è cambiato sotto il cielo delle autorizzazioni del codice della strada, alla
luce del contenuto marcatamente discrezionale che ha il potere decisorio di cui all’articolo 23 del codice.
L’effetto sostitutivo dell’autorizzazione con la SCIA può realizzarsi, difatti quando il rilascio dipenda
“esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi
a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di
programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi”. Posto, come si evidenziava in apertura di questo paragrafo, che l’autorizzazione considerata dall’articolo 23 del codice trasuda -anche quando non ci si
debba relazionare con amministrazioni preposte alla tutela del vincolo culturale7 o paesaggistico8- di un
mix di discrezionalità tecnica e di discrezionalità amministrativa, è evidente che essa non possa essere
sostituita dalla SCIA perché resta ontologicamente fuori da quell’ambito di fenomeni asseverabili che
possono aprire la strada della liberalizzazione. Nell’articolo 23 del codice della strada la valutazione dei
fatti è caratterizzata da un’intrinseca opinabilità ed appartiene al novero delle scienze non esatte per le
quali sussiste la possibilità di opinioni difformi. Per la tipologia di giudizi da rendersi alla luce del comma
1 dell’articolo 23 del codice della strada sembra perfetto il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato ,
Sez. IV, 09 aprile 1999, n. 601 che è eletta, concordemente, dalla dottrina, quale più netta e lapidaria declinazione giurisprudenziale della discrezionalità tecnica9. In buona sostanza, la decisione amministrativa
6 “… con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione
della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa
comunitaria”.
7 Articolo 49 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (come modificato dal D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63):
“1. È vietato collocare o affiggere cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali. Il collocamento o l’affissione possono essere autorizzati dal soprintendente qualora non danneggino l’aspetto, il decoro o la pubblica fruizione di detti immobili. L’autorizzazione è trasmessa, a cura degli interessati, agli altri enti competenti all’eventuale emanazione
degli ulteriori atti abilitativi.
2. Lungo le strade site nell’ambito o in prossimità dei beni indicati al comma 1, è vietato collocare cartelli o altri mezzi di pubblicità,
salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli,
previo parere favorevole della soprintendenza sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo di pubblicità con
l’aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati.
3. In relazione ai beni indicati al comma 1 il soprintendente, valutatane la compatibilità con il loro carattere artistico o storico,
rilascia o nega il nulla osta o l’assenso per l’utilizzo a fini pubblicitari delle coperture dei ponteggi predisposti per l’esecuzione degli
interventi di conservazione, per un periodo non superiore alla durata dei lavori. A tal fine alla richiesta di nulla osta o di assenso
deve essere allegato il contratto di appalto dei lavori medesimi”.
8 Articolo 153 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (come modificato dal D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63):
“1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell’amministrazione competente, che provvede su parere vincolante, salvo quanto previsto
dall’articolo 146, comma 5, del soprintendente. Decorsi inutilmente i termini previsti dall’articolo 146, comma 8, senza che sia stato
reso il prescritto parere, l’amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.
2. Lungo le strade site nell’ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi
pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e
sui veicoli, previo parere favorevole del soprintendente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario
con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela”.
9 “La c.d. “discrezionalità tecnica”, invece, è altra cosa dal merito amministrativo. Essa ricorre quando l’amministrazione, per
provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o
indiretta. L’applicazione di una norma tecnica può comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento, quando la
norma tecnica contenga dei concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili. Ma una cosa è l’opinabilità, altra
cosa è l’opportunità. La questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non
si trasforma - soltanto perché opinabile - in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di
4
non passa esclusivamente attraverso la verifica delle distanze, delle dimensioni o dei colori dell’impianto,
ma si spinge molto oltre la mera verifica dei presupposti, arrivando a contemplare, nella manifestazione
di giudizio, anche il disturbo visivo e la capacità di distrazione, dal che deriva che se una determinata
combinazione di colori frasi ed immagini può, in alcuni contesti e per gli effetti di combinazione, essere giudicato non distraente o disturbante, la stessa caratura di colore, immagini, dimensioni e parole,
diversamente combinate o in altri contesti, può essere ragionevolmente considerata come distraente o
disturbante oltre il normale punto di equilibrio che è nell’opinabile giudizio del decisore. Giudizio sicuramente sindacabile, poiché esso non è merito amministrativo, ma connotato di una sindacabilità tanto
bassa quanto più la decisione sia fondata sulla opinabilità. La giurisprudenza recente, peraltro, sembra
assecondare detta soluzione. Il Consiglio di Stato con la sentenza resa dalla sezione VI, n°6044/2012,
ha affermato che: “non vi può essere dubbio alcuno che l’installazione di tali insegne sia soggetta a
procedimento autorizzatorio e che l’autorizzazione possa essere negata quando, come nel caso de quo, a
giudizio dell’ente gestore della strada (titolare dei relativi poteri pubblicistici) l’insegna rivesta carattere
prettamente pubblicitario e, comunque, arrechi disturbo visivo agli utenti dell’autostrada, distraendone
l’attenzione con conseguente pericolo per la circolazione. Poco importa che l’insegna sia effettivamente
tale sotto i vari profili rilevanti per il diritto commerciale: la legge consente all’ente gestore della strada
di vietare la realizzazione a qualsiasi distanza (bastando che siano ‘a vista’) di manufatti di qualsiasi tipo
che incidano sulla sicurezza della circolazione (e, corrispondentemente, consente di denegare il rilascio
di autorizzazioni in sanatoria e di ordinare la rimozione degli impianti)”. In detto pronunciamento, peraltro, il collegio rimarca la natura del potere amministrativo di che trattasi, affermando che: “In ogni
caso, ovunque si trovi e qualunque siano le sue dimensioni, l’ente gestore della strada può constatare la
pericolosità e vietare la realizzazione o il mantenimento del manufatto, con una valutazione basata su
un potere di natura tecnico-discrezionale, sindacabile dunque solo per manifesta illogicità o per difetto di
motivazione”. Sulla stessa posizione anche il TAR Basilicata, quando afferma (sentenza n°247/2012) che
: “il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di un’insegna, visibile da un’Autostrada, costituisce esercizio di un potere discrezionale di valutazione tecnica in merito all’impatto e/o ai riflessi del mezzo pubblicitario sulla sicurezza della circolazione stradale, per cui la posizione giuridica del ricorrente assume
la configurazione dell’interesse legittimo, la cui tutela ai sensi dell’art. 103 Cost. spetta alla cognizione
esclusiva del Giudice Amministrativo”.
Così, senza andare troppo lontano, non residuano dubbi sulla circostanza che non può esistere liberalizzazione forzata di questo delicatissimo settore, a meno che non sia la stessa amministrazione detentrice
del potere autorizzatorio a decidere di diluire, con proprio regolamento il contenuto autoritativo e discrezionale del proprio potere.
Il tema della “liberalizzazione volontaria” –decisamente da praticare solo in ambito comunale e per i centri abitati- è collegato alla prerogativa riconosciuta dal comma 6 dell’articolo 23 del codice della strada. La
norma, dopo aver richiamato il regolamento di esecuzione (che stabilisce le norme per le dimensioni, le
caratteristiche, l’ubicazione dei mezzi pubblicitari lungo le strade, le fasce di pertinenza e nelle stazioni di
servizio e di rifornimento di carburante) afferma che: “nell’interno dei centri abitati, nel rispetto di quanto
previsto dal comma 1, i comuni hanno la facoltà di concedere deroghe alle norme relative alle distanze
minime per il posizionamento dei cartelli e degli altri mezzi pubblicitari, nel rispetto delle esigenze di sicurezza della circolazione stradale”. Unico limite inderogabile dal regolamento comunale è quello derivante
dalla necessità che siano rispettate le prescrizioni del comma 1 (i mezzi pubblicitari: non devono ingenerare confusione con la segnaletica stradale; non devono renderne difficile la comprensione o ridurne la
visibilità o l’efficacia; non devono arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione
con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione; non devono costituire ostacolo o, comunque, impedimento alla circolazione delle persone invalide. Sono, altresì, vietati i cartelli e gli altri mezzi
pubblicitari rifrangenti, nonché le sorgenti e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento.
Sulle isole di traffico delle intersezioni canalizzate è vietata la posa di qualunque installazione diversa dalla prescritta segnaletica), mentre resta affidata alla regolamentazione comunale la mediazione dell’interesse alla pubblicità con l’esigenza di garantire la sicurezza stradale, potendo riguardare deroghe di vario
genere. Tra le deroghe vi è, peraltro, la possibilità di scegliere una procedura autorizzatoria differente
da quella preconizzata, in generale, dall’articolo 53 del D.P.R. n°495/1992, non incontrando, a parere di
chi scrive, il regolamento comunale alcun limite in tal senso. In altri termini, il regolamento comunale,
merito. Ciò è confermato anche dalle acquisizioni della Corte di cassazione, secondo cui “con riguardo alle pronunzie del Consiglio
di Stato, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell’art. 111, 3° comma, Cost. sotto il profilo dello sconfinamento
nella sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto,
ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che
si sostituisce a quella dell’amministrazione; con la conseguenza che l’indicato vizio non ricorre quando il Consiglio di Stato indaghi
sui presupposti di fatto del provvedimento impugnato (Cass., 5 agosto 1994, n. 7261). Anzi, il potere di accertare i presupposti
di fatto del provvedimento impugnato viene considerato come lo specifico della giurisdizione amministrativa di legittimità, che la
differenzia dal giudizio di legittimità che caratterizza il ricorso per cassazione”.
5
con riguardo ai mezzi pubblicitari da posizionare in centro abitato potrebbe differenziare il tipo di procedimento autorizzatorio a seconda della tipologia del mezzo pubblicitario stesso, della natura temporanea
dello stesso, ovvero della pozione specifica di territorio interessato dal posizionamento, in modo da applicare –con differenziazione ed adeguatezza- il criterio di sussidiarietà amministrativa su quella che è
l’esigenza del territorio, semplificando ove non ci siano giudizi tecnici opinabili, fino anche alla previsione
della SCIA quale strumento per realizzare talune tipologie di pubblicità, ogni qual volta la discrezionalità
tecnico-amministrativa resti assorbita dall’atto regolamentare che definisca nel dettaglio quali siano le
valutazioni che –a condizioni non mediate da regolamento- sarebbe chiamato a svolgere il responsabile
del procedimento. Ovviamente la scelta di semplificazione sarebbe, di necessità, variabile e dipendente
dalla mancata interazione con la disciplina vincolistica (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), nonché connotata dalla creazione di atti generali (regolamento comunale e relativi piani di attuazione) che
siano il presupposto per quella riduzione di ogni discrezionalità idonea a rendere ammissibile la creazione
della specifica modulistica idonea a realizzare, in maniera compita le certificazioni richieste dalla SCIA.
La sfida della semplificazione sussiste, peraltro, oltre che sul piano delle linee evolutive del nostro ordinamento (decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con la legge 24 marzo 2012, n. 2710) anche alla
luce delle previsioni del D.lgs n°33/2013 che, se non altro, impone di rivedere e di pubblicare i termini
del procedimento amministrativo. E’ il caso di ricordare, difatti, che a mente dell’articolo 35 del D.lgs
n°33/2013: “1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati relativi alle tipologie di procedimento di
propria competenza. Per ciascuna tipologia di procedimento sono pubblicate le seguenti informazioni:
a) una breve descrizione del procedimento con indicazione di tutti i riferimenti normativi utili; b) l’unità
organizzativa responsabile dell’istruttoria; c) il nome del responsabile del procedimento, unitamente
ai recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica istituzionale, nonché, ove diverso, l’ufficio competente all’adozione del provvedimento finale, con l’indicazione del nome del responsabile dell’ufficio,
unitamente ai rispettivi recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica istituzionale; d) per i procedimenti ad istanza di parte, gli atti e i documenti da allegare all’istanza e la modulistica necessaria,
compresi i fac-simile per le autocertificazioni, anche se la produzione a corredo dell’istanza é prevista da
norme di legge, regolamenti o atti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, nonché gli uffici ai quali rivolgersi
per informazioni, gli orari e le modalità di accesso con indicazione degli indirizzi, dei recapiti telefonici
e delle caselle di posta elettronica istituzionale, a cui presentare le istanze; e) le modalità con le quali
gli interessati possono ottenere le informazioni relative ai procedimenti in corso che li riguardino; f) il
termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con l’adozione di un
provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante; g) i procedimenti per i quali il
provvedimento dell’amministrazione può essere sostituito da una dichiarazione dell’interessato, ovvero
il procedimento può concludersi con il silenzio assenso dell’amministrazione; h) gli strumenti di tutela,
amministrativa e giurisdizionale, riconosciuti dalla legge in favore dell’interessato, nel corso del procedimento e nei confronti del provvedimento finale ovvero nei casi di adozione del provvedimento oltre il
termine predeterminato per la sua conclusione e i modi per attivarli; i) il link di accesso al servizio on line,
ove sia già disponibile in rete, o i tempi previsti per la sua attivazione; l) le modalità per l’effettuazione
dei pagamenti eventualmente necessari, con le informazioni di cui all’articolo 36; m) il nome del soggetto
a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonché le modalità per attivare tale potere, con
indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale; n) i risultati delle indagini di customer satisfaction condotte sulla qualità dei servizi erogati attraverso diversi canali, facendone
rilevare il relativo andamento”. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che, sebbene riguardi, in generale, l’intero apparato pubblico, ben si attaglia al caso in trattazione, proprio perché pone all’evidenza
quanto sia arrivato il momento di scegliere il naturale percorso di semplificazione che le linee di sviluppo
della legislazione vanno richiedendo.
Peraltro, per gli affezionati alla tradizione che –come detto e dimostrato- richiede ancora oggi, -in mancanza di scelte regolamentari sterzanti verso la SCIA- l’autorizzazione espressa per i mezzi pubblicitari
lungo le strade, va rimarcato che il rischio del ritardo è fucina di danno per il responsabile del procedimento che si riveli incapace di decidere, entro il termine del procedimento e che lasci il richiedente in
balia di un provvedimento amministrativo non adottato.
Questa non è più, difatti, l’epoca della Amministrazione che lascia morire nel silenzio e nel ritardo il cittadino richiedente: questa è l’epoca dell’indennizzo da ritardo (si ponga attenzione alle disposizioni poste
dal Decreto del “fare” n°69/2013, convertito in Legge 9 agosto 2013 n°98, pubblicata sulla G.U. n°194
10 “le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni
caso interpretate ed applicate in senso tassativo“…restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse
pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata e’ libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunita’ tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari
ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla liberta’, alla
dignita’ umana e possibili contrasti con l’utilita’ sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari
ed internazionali della Repubblica”.
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del 20 agosto 2013. In particolare, s’invita alla lettura dell’articolo 2811 che disciplina l’ “Indennizzo da
ritardo nella conclusione del procedimento”); questa è l’epoca delle sanzioni da ritardo poste dall’articolo 2 della Legge n°241/199012; questa è l’epoca del risarcimento del danno da ritardo secondo quanto
previsto dal vigente articolo 2 bis della Legge n°241/1990 (“1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti
di cui all’art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza
dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”); questa è l’epoca delle
pesanti sanzioni del D.lgs n°33/2013 (nel caso in cui non ci si adoperi, tra gli altri obblighi di legge e per
quello che qui ci interessa) a carico dei funzionari e dei dirigenti pubblici che non realizzino quanto previsto dall’articolo 35 sopra trascritto; questa è l’epoca in cui (per concludere con il secondo comma dell’articolo 35 del D.lgs n°33/2013) “Le pubbliche amministrazioni non possono richiedere l’uso di moduli e
formulari che non siano stati pubblicati; in caso di omessa pubblicazione, i relativi procedimenti possono
essere avviati anche in assenza dei suddetti moduli o formulari. L’amministrazione non può respingere
l’istanza adducendo il mancato utilizzo dei moduli o formulari o la mancata produzione di tali atti o documenti, e deve invitare l’istante a integrare la documentazione in un termine congruo”.
In questa epoca, magari, è il caso di guardare con fiducia verso la liberalizzazione, se non per adesione
alla sua filosofia ispiratrice, magari per la paura dell’incapacità dell’apparato cui si presiede di gestire i
provvedimenti discrezionali nei termini di legge e con realistica efficacia.
In mancanza di un’accurata revisione comunale sulla materia delle autorizzazioni di cui all’articolo 23 del
codice della strada (riflessione che muova dalla verifica dello stato di attuazione delle procedure imposte
dall’articolo 35 del D.lgs n°33/2013 e dalla presa di coscienza dei nuovi vincoli al rispetto dei termini
dei procedimenti amministrativi e dei nuovi doveri di pubblicità e trasparenza), non resta da ricordare
che l’articolo 53 del regolamento di esecuzione al codice della strada già fissa dei termini (“5. L’ufficio
competente entro i sessanta giorni successivi, concede o nega l’autorizzazione. In caso di diniego,
questo deve essere motivato”) e che, nell’immediato, se non si è fatta una diversa regolazione, ad essi
occorre guardare, per conseguire il rispetto dei doveri di efficacia da sempre pretesi ma, fino ad oggi, mai
sanzionati in caso di inottemperanza ai vincoli normativi.
2b. I PROFILI AUTORIZZATORI RELATIVI ALLA PUBBLICITA’ SUI VEICOLI.
La tematica dei profili autorizzatori (ma ancor di più quella dei profili sanzionatori) relativi alla “pubblicità
sui veicoli” non è nuova ed ha trovato ampia ed esaustiva trattazione da parte della dottrina specializzata13 che, mai si è sottratta alla più completa ed assidua disamina di un tema che resta molto rilevante,
sia per gli operatori economici che per gli addetti ai servizi di Polizia Stradale.
A dispetto dei pur nutriti contributi dottrinali, il tema rimane contorto perché il Legislatore, ad avviso di
chi scrive, ha mal gestito un argomento meritevole di trattazione univoca, parcellizzando la disciplina tra
codice della strada e legislazione dei tributi locali, senza tenere conto della esplosione del fenomeno delle
“autopubblicitarie”14, pur conosciute nella prassi come “posterbus” o “camion vela”.
11 “1. La pubblica amministrazione procedente o, in caso di procedimenti in cui intervengono piu’ amministrazioni, quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunziarsi, con
esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero
ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento,
comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.”.
12 9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale,
nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. 9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.
Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente
preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione. 9-ter. Decorso inutilmente il
termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui
al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le
strutture competenti o con la nomina di un commissario. 9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30
gennaio di ogni anno, comunica all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti,
nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono
all’attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte sono espressamente indicati il termine previsto dalla legge o dai regolamenti e quello effettivamente impiegato”.
13 M. Ancillotti, S. Cecioni. “Vele pubblicitarie - Normativa da applicare e modalità d’intervento” (www.vigilaresullastrada.it
24/11/2009). G. Carmagnini: “Veicoli per l’effettuazione della pubblicità, comportamenti elusivi: il Ministero dei trasporti risponde
ad un quesito in materia di veicoli pubblicitari in sosta prolungata sulla strada” (www.vigilaresullastrada.it 25/2/2008). G. Carmagnini: “È legittimo il regolamento comunale che prevede il divieto di effettuare la pubblicità con i veicoli in sosta (c.d. vele pubblicitarie). Un’interessante pronuncia del TAR della Toscana” (www.vigilaresullastrada.it 25/10/2002). F. Dori: “La disciplina delle “vele
pubblicitarie” con l’uso degli appositi autoveicoli ad uso speciale o con ciclomotori a tre ruote (Polnews 19/1/2007).
14 L’articolo 54 del Codice della Strada definisce autoveicoli per uso speciale i veicoli caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature e destinati prevalentemente al trasporto proprio. Tra questa categoria di veicoli l’art. 203 c. 2 lett.
q) del Regolamento di esecuzione del Nuovo Codice della Strada comprende le “autopubblicitarie” o “per mostre pubblicitarie”,
provviste cioè di carrozzeria apposita che non consenta altri usi e nelle quali le cose trasportate non abbandonino mai il veicolo.
Analoga disposizione è contenuta , per i motoveicoli, nell’articolo 53, comma 1, lettera g) poi completato dall’articolo 200, comma
2, lettera e) del regolamento di esecuzione. L’utilizzo di veicoli con queste attrezzature è, quindi, consentito solo agli autoveicoli (o
motoveicoli) ad uso speciale dotati di particolari attrezzature, con esclusione, quindi, di qualsiasi altra categoria di veicolo.
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Ad ogni buon conto, per rispetto dei contributi dottrinali menzionati, nonché per evitare la ripetizione di
enunciazioni logiche altrui che qui si condividono, ci si limiterà a segnalare alcuni punti di arrivo di quella
che potremmo definire, la “distorta prassi” autorizzatoria della pubblicità sui veicoli.
La prassi (derivante da una risposta del Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti ad un quesito della
Polizia Municipale di Prato, nonché da alcune sentenze di merito), difatti, ci mette davanti –a dispetto del
silenzio del legislatore su questo punto- ad una “summa divisio” che vede, da una parte i veicoli pubblicitari “dinamici” e dall’altra quelli “statici”.
• Quando il veicolo pubblicitario sosti nello stesso punto per più di 48 ore, questo diventerà assimilabile ad un impianto pubblicitario e, pertanto, soggetto all’autorizzazione generalmente prevista
dall’articolo 23 del codice della strada15.
• Quando il veicolo pubblicitario sia circolante o sosti per un periodo inferiore a quello considerato
al precedente capo, la pubblicità in parola non sarà soggetta a rilascio di un provvedimento autorizzatorio espresso, in quanto resteranno applicabili le previsioni di cui al comma 5 dell’articolo 13
del D.lgs n°507/1993 che prevede l’ “obbligo di conservare l’attestazione dell’avvenuto pagamento
dell’imposta e di esibirla a richiesta degli agenti autorizzati”.
Diventa, pertanto, evidente, che –in mancanza della mediazione da parte dei regolamenti comunali- ci si
trovi in un guazzabuglio da cui si esce malconci.
Da una parte v’è la naturale liberalizzazione della pubblicità sui veicoli che il legislatore vuole dinamica
e svolta per conto proprio, pertanto considerata come prosecuzione naturale delle attività economiche
di cui sono ostensione e pertanto soggetta esclusivamente alle regole di protezione della sicurezza stradale (caratteristiche, colori e dimensioni) ed all’assolvimento dei doveri tributari in favore del comune di
sede o residenza dell’imprenditore. Dall’altra parte v’è l’area della elusione degli ostacoli naturali posti
dalla Legge, nei termini anche esplicitati al paragrafo precedente, alla autorizzazione alla installazione di
impianti pubblicitari; elusione praticata attraverso veicoli appositamente omologati per essere strumenti
pubblicitari con caratteristiche molto più prossime a quelle di un cartello bifacciale che non a quelle di un
veicolo che emerge dalle definizioni contenute nell’articolo 57 del Regolamento di Esecuzione al Codice
della strada.
Per arginare questa elusione, gli organi di polizia stradale hanno dovuto stimolare ministeri e giudici a
considerare la questione della sosta prolungata delle “autopubbliciarie” quale surrettizio strumento di lesione al bene “sicurezza stradale”, cercando la via della assimilazione a qualcosa di differente dal veicolo,
non senza successo.
La mediazione di questa antinomia sta tutta (finché il Legislatore non si ponga il problema di mettere seriamente mano alla materia) nella regolamentazione comunale attuativa del D.lgs n°507/2003 –rectius:
art. 62 del d.lgs. n. 446 del 1997- (e non già di quelle dell’articolo 23 del codice della strada, posto che
il regolamento in parola considerato dal comma 6 appare di oggetto limitato e non comprensivo della
pubblicità sui veicoli: “Nell’interno dei centri abitati, nel rispetto di quanto previsto dal comma 1, i comuni
hanno la facoltà di concedere deroghe alle norme relative alle distanze minime per il posizionamento dei
cartelli e degli altri mezzi pubblicitari, nel rispetto delle esigenze di sicurezza della circolazione stradale);
regolamentazione che potrebbe disciplinare l’autorizzazione alla sosta prolungata delle “autopubblicitarie”, ovvero limitarla del tutto, ovvero riservarla ad alcune porzioni di territorio comunale.
La Giurisprudenza conosce di questo argomento:
• TAR Toscana sez. III 10/10/2002 n. 2426, ha trattato delle limitazioni poste, dall’articolo 20 del
piano degli impianti pubblicitari del Comune di Firenze alla pubblicità mediante “autopubblicitarie”,
risolvendo la questione in senso favorevole all’Amministrazione. Il Collegio ha –difatti- ritenuto che
“la norma del regolamento comunale incriminata (art. 20) detta una speciale disciplina per la pubblicità per conto terzi su veicoli (e quindi itinerante), prevedendo all’ultimo comma che è vietata la
pubblicità effettuata mediante la sosta di quei veicoli speciali e che sugli stessi “veicoli in sosta la
pubblicità dovrà essere rimossa ovvero coperta in modo tale che sia privata di efficacia”. Siffatta
disposizione non reca un divieto assoluto di sosta, come affermato illogicamente dalla ricorrente,
bensì, preoccupandosi di non alterare l’impianto complessivo della nuova disciplina in tema di pubblicità, più rigorosa che nel passato e giustamente consapevole della tutela anche dei beni ambientali e artistici che nel Comune di Firenze sono così specifici, si è data carico delle necessità di quei
veicoli di dover anche sostare, ma ha evitato, con la specifica previsione di rimuovere o coprire la
pubblicità in quei casi, anche che si realizzasse in concreto una situazione di ingiusto vantaggio
della pubblicità itinerante dei posterbus rispetto a quella stanziale di analoghi impianti pubblicitari
di notevole ingombro (m 6×3)”.
• Corte di Cassazione Civile sez. II 12/7/2011 n. 15302 è andata addirittura oltre le affermazioni modulate e “politiche” della sentenza amministrativa sopra emarginata ed è arrivata alla conclusione
che il Comune può vietare in senso assoluto l’effettuazione della pubblicità mediante veicoli, utiliz15 Parere Ministero dei trasporti prot. 16076 del 18/2/2008 (Veicoli per l’effettuazione della pubblicità - comportamenti elusivi –
quesito)
8
zando lo strumento del regolamento locale, adottato ai sensi del dlgs 507/93. Nel citato arresto il
collegio –incidenter tantum- protegge, per i profili sanzionatori che sono nella sua competenza, la
potestà pubblica, non arrivando a disapplicare il regolamento comunale che sancisce il divieto in
parola.
Tuttavia occorre chiedersi se e fino a quando potrà resistere l’assetto formatosi sulla scorta della
prassi di cui si è dato conto, specie avuto riguardo alla dinamica di liberalizzazione e semplificazione che è stata tratteggiata nel precedente paragrafo. In altri termini, se è pacifico che –vuoi per
limiti derivanti dal contingentamento che per inerenze connesse alla natura discrezionale del potere
esercitabile- l’autorizzazione espressa sia necessaria per gli impianti pubblicitari collocati stabilmente nel suolo (sia esso pubblico che privato), non sembra caratterizzata dalla stessa capacità di
resistenza la posizione di chi voglia ostinarsi a rendere soggetti ad autorizzazione espressa le soste
prolungate di una “autopubblicitaria”, così come arduo diventerà sostenere che la sosta prolungata
debba restare –in qualche modo- vietata o limitata.
Sicuramente la regolamentazione comunale potrebbe limitare o minimizzare l’effetto pubblicitario determinato per elusione della normativa che vuole “sia” un veicolo, per formazione, “destinato a circolare
piuttosto che a sostare”, tuttavia c’è da aspettarsi che –almeno in questo ambito- dilaghi l’area della
flessione del controllo all’accesso a tale tipo di mercato, anche in considerazione del fatto che non appare
–francamente- giusto riservare il monopolio della pubblicità per conto terzi a concessionari di servizi di
linea e tassisti16 o eccezionalmente consentita per le gare automobilistiche17, riservando un mercato di indiscutibile interesse attraverso una norma protezionistica che non ancora viene riconosciuta come tale18.
3a. I PROFILI SANZIONATORI DI INTERESSE PER GLI IMPIANTI PUBBLICITARI.
Esaurito per quel che qui ci riguarda, il tema dei profili autorizzatori, ci si può avviare, alla trattazione
degli aspetti sanzionatori connessi e dipendenti dalla applicazione dell’articolo 23 del codice della strada.
In linea generale, avendo cura di restare nell’ambito delle sanzioni pecuniarie:
• ai sensi del comma 11 dell’articolo in esame: “Chiunque viola le disposizioni del presente articolo
e quelle del regolamento è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma
da euro 398 a euro 1.596”. Da qui la conseguenza che, chiunque installi un impianto pubblicitario
completamente abusivo, va incontro alla sanzione (PMR) di Euro 398, con salvezza degli sconti che
il legislatore di questa estate va meditando.
• ai sensi del comma 12 dell’articolo in esame: “Chiunque non osserva le prescrizioni indicate nelle
autorizzazioni previste dal presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da 1.376,55 a euro 13.765,50 in via solidale con il soggetto pubblicizzato”. Quindi,
il soggetto che si sia dato pena di ottenere l’autorizzazione per l’installazione di un impianto pubblicitario, abbia sopportato la difficile relazione con l’amministrazione preposta al rilascio del titolo,
abbia sopportato i costi d’istruttoria, i tempi del rilascio e –del caso- abbia anche dovuto remunerare un tecnico per asseverare i disegni ed i bozzetti alle regole autorizzatorie (invero severissime,
specie se si ricada in area sottoposta a qualche vincolo), è soggetto alla –sostanzialmente pesantissima- sanzione (PMM) di quasi millequattrocento Euro.
Questo evidente corto circuito logico è l’ennesimo regalo del “legislatore dell’approssimazione”, ovvero
di quello stile legislativo che, sovente, accompagna le manovre di conversione in Legge di quei decreti
resi ai sensi dell’articolo 77 della Carta costituzionale, non sempre veramente connotati dalla necessità
ed urgenza canonicamente richiesti.
Difatti, la Legge 15 luglio 2011, n°111, di conversione del Decreto legge 6 luglio 2011 n°98 (“Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria”) in margine all’articolo 36, rubricato alla voce: “Disposizioni in
materia di riordino dell’ANAS S.p.A”, senza che ci fosse alcun aggancio alla materia oggetto dell’articolo,
ha cambiato l’importo delle sanzioni del comma 12, pressoché decuplicandolo, da un momento all’altro,
senza che ce ne fosse la minima avvisaglia o necessità (Proposta di modifica n. 36.5 al DDL n. 2814,
“Poli Bortone”).
Ad ogni buon conto, senza affondare il coltello della critica in una manovra tanto grossolana da rendere
la sanzione prevista per la condotta meno offensiva, molto più cocente della sanzione prevista per l’abusivismo totale, è evidente che ci sia bisogno di una revisione dell’impianto sanzionatorio dell’articolo 23,
16 DPR 495/1992: articolo 57 comma 2. “La pubblicità non luminosa per conto terzi è consentita sui veicoli adibiti al trasporto di
linea e non di linea alle seguenti condizioni…. (comma 3) La pubblicità non luminosa per conto terzi è consentita sui veicoli adibiti
al servizio taxi unicamente se…”.
17 DPR 495/1992: articolo 57 comma 7. “Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai veicoli al seguito delle
competizioni sportive autorizzate ai sensi dell’articolo 9 del codice”.
18 DPR 495/1992: articolo 57 comma 1. “L’apposizione sui veicoli di pubblicità non luminosa è consentita, salvo quanto previsto
ai commi 3 e 4, unicamente se non effettuata per conto terzi a titolo oneroso e se realizzata con sporgenze non superiori a 3 cm
rispetto alla superficie del veicolo sulla quale sono applicate, fermi restando i limiti di cui all’articolo 61 del codice. Sulle autovetture ad uso privato è consentita unicamente l’apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo”.
9
ciò anche alla luce delle complessità che derivano da:
a)la natura delle misure ripristinatorie accessorie, per come intese concordemente dal diritto pretorio;
b)l’applicazione del principio di specialità.
Quanto alla questione della misure ripristinatorie –a voler tacere della previsione dell’articolo 5619 del
DPR n°495/1992 che appare decisamente superato dai commi finali dell’Articolo 23 del codice- il sistema
considerato dai commi 13 bis) - 13 quater) dell’articolo 23 in esame, secondo la volontà del Legislatore
(ci si riferisce a quello della Legge 7 Dicembre 1999, n. 472) tende a fuoriuscire dalla logica delle sanzioni
accessorie tipicamente considerate dal titolo VI sezione II del codice (in particolare dalla procedura considerata dall’articolo 211) per accordarsi con una logica tipicamente ripristinatoria che, esondando dalla
stretta funzione punitiva, corrisponde ad esercizio di potere amministrativo nei cui confronti si stagliano
situazioni soggettive aventi consistenza di interessi legittimi e conseguente spostamento della tutela giurisdizionale innanzi al Giudice Amministrativo, piuttosto che innanzi al Giudice Ordinario.
Siffatta deduzione è stata, tuttavia, mortificata e smentita dalla giurisprudenza.
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 17 luglio 2006, n. 16137, ha ribadito che le controversie riguardanti la materia relativa al divieto sancito dall’art. 23 del Codice della strada, di collocare
cartelli ed altri mezzi pubblicitari lungo le strade, sono devolute, anche per quanto attiene alla sola sanzione accessoria della rimozione della pubblicità abusiva, alla giurisdizione del giudice ordinario. Nello
stesso solco interpretativo si è collocato il giudice amministrativo; il TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III, con
sentenza 11 dicembre 2006 n. 14046, ha osservato che, poiché il giudice ordinario, per espressa disposizione di legge -quale l’art. 211 comma 7, del D.lgs. 30 aprile 1992 n. 285- può conoscere della legittimità delle sanzioni accessorie che conseguono di diritto alla violazione del codice della strada, sussiste
la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria non solo quando l’opposizione investa un’ordinanzaingiunzione che applica congiuntamente la sanzione pecuniaria e quella accessoria, ma anche quando
l’ordinanza riguardi la sola sanzione accessoria (anche: T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III, 9 agosto 2005, n.
6116). Tale orientamento –nettamente contrario alla piana interpretazione della Legge- è del resto consolidato e sembra avere consistenza di un piccolo “patto sulla giurisdizione” tra i diversi ordini di giudici,
atteso che sia la Cassazione (Sezioni Unite, 19 novembre 1998, n. 11721), che il massimo consesso di
giustizia amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 luglio 2003, n. 4205) sono concordi e nemmeno
i Tribunali Amministrativi Regionali più “eversivi”, hanno inteso discostarsi da tale conclusione (T.A.R.
Campania Salerno Sez. I, 20/07/2012, n. 1397 - T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 27/01/2012, n. 65Corte di Cassazione n° 563 del 14 gennaio 2009).
Quanto al tema dell’applicazione del principio di specialità, si devono segnalare due importanti pronunciamenti.
Il primo, reso dalla Cassazione civile, Sezione II, in data 30/11/2012, con sentenza n. 21502,
ha avuto riguardo al tema della specialità reciproca tra sanzioni amministrate che proteggono distinti
beni giudirici. Il Supremo consesso ha sancito che l’articolo 9, primo comma, della Legge n° 689/1981
(laddove statuisce che, quando uno stesso fatto è punito da una pluralità di sanzioni amministrative, si
applica la disposizione speciale) opera se le norme sanzionanti un medesimo fatto si trovino fra loro in
rapporto di specialità, da escludersi quando sia diversa l’obiettività giuridica degli interessi protetti da
ciascuna di esse. Si tratta della prima nettissima affermazione che fa dell’oggetto giuridico protetto dalla
norma sanzionatoria, il termine di risoluzione della spinosa questione della specialità, dal che resta evidente che, se due norme che colpiscono la stessa condotta sono ispirate alla protezione di distinti beni
giuridici, la regola della specialità non deve trovare applicazione, essendo corretto praticare un doppio
sanzionamento (i giudici hanno ritenuto che fossero state correttamente applicate, al caso di specie, sia
le sanzioni amministrative previste dall’articolo 23 in esame che quelle sanzioni amministrative contenute nel Regolamento di Affissioni e Pubblicità del Comune di Roma). I Giudici hanno così ritenuto che la
norma nazionale, tutelando la sicurezza della circolazione stradale, non entra in rapporto di specialità con
la disciplina comunale delle affissioni pubblicitarie, dal che, sanzioni diverse per fini diversi apprestate,
sebbene relative alla medesima condotta, possono convivere in condizione di specialità reciproca.
Il secondo, reso dalla Cassazione penale, Sez. II, in data 16/11/2012, con sentenza n. 8745, ha
avuto riguardo al tema della specialità tra norma che prevede sanzioni amministrative e norma penale; in
particolare il collegio ha dovuto districarsi tra la presunta specialità corrente tra le sanzioni speciali previste dall’articolo 23 del codice della strada e le sanzioni penali, ritenute dalla difesa generali e cedevoli al
19 “5. Tutti i messaggi pubblicitari e propagandistici che possono essere variati senza autorizzazione ai sensi dell’articolo 53,
comma 8, se non rispondenti al disposto dell’articolo 23, comma 1, del codice, devono essere rimossi entro gli otto giorni successivi alla notifica del verbale di contestazione, a cura e spese del soggetto titolare dell’autorizzazione o del concessionario. In caso
di inottemperanza si procede d’ufficio. 6. Tutti i messaggi, esposti difformemente dalle autorizzazioni rilasciate, dovranno essere
rimossi, previa contestazione scritta, a cura e spese del soggetto titolare dell’autorizzazione o del concessionario, entro il termine
di otto giorni dalla diffida pervenuta. In caso d’inottemperanza si procede d’ufficio”.
10
principio di specialità, considerate dall’articolo 633 cp., con riferimento alla condotta di istallazione abusiva, su suolo pubblico, di un impianto pubblicitario sprovvisto di autorizzazione. Nonostante la seduttiva
tesi della difesa, la Suprema Corte ha sottolineato che tra le due fattispecie non sussista vincolo di specialità poiché “nel caso di concorso tra fattispecie penali e violazioni di natura amministrativa il confronto
deve avvenire tra le fattispecie tipiche astratte e non tra le fattispecie concrete”. Fatta questa premessa
occorre esaminare la struttura del reato e della violazione amministrativa del cui concorso si discute. Il
problema del concorso apparente richiede infatti la previa verifica dell’esistenza di un’area, comune e
sovrapponibile, tra le condotte descritte nelle norme concorrenti; diversamente, se le condotte tipiche
fossero diverse, neppure si porrebbe il problema di cui ci stiamo occupando perché si tratterebbe di una
mera “interferenza” che può verificarsi, per esempio, nei casi in cui non si è in presenza di un medesimo
fatto ma soltanto di una comune condotta. L’articolo 633 del codice penale punisce chi invade arbitrariamente terreni o edifici altrui al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto. L’articolo 23 comma 1
del codice, fa divieto di collocare lungo le strade o in vista di esse insegne, cartelli, manifesti, impianti
di pubblicità propaganda ... che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare
confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne difficile la comprensione o ridurre la
visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con
conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione. Le condotte descritte nell’articolo 633 del codice
penale nulla hanno a che vedere da un punto di vista oggettivo e soggettivo con la circolazione stradale
e con il controllo sulle pubbliche affissioni e che quindi fra le diverse fattispecie non vi è un rapporto di
specialità. L’articolo 633 c.p. richiede una condotta di invasione e in capo all’agente l’esistenza del dolo
specifico. Trattandosi di fattispecie contraddistinta da illiceità speciale in relazione all’interesse pubblico
tutelato, concretantesi nella inviolabilità del patrimonio immobiliare, occorrono non soltanto la coscienza
e volontà di invadere l’altrui bene, ma anche il fine di occupare l’immobile o di trarne profitto. La disposizione contenuta nel codice della strada punisce chi colloca cartelli pubblicitari che possono costituire
pericolo per sicurezza della circolazione stradale. Da qui la conseguenza che, laddove si accerti l’installazione abusiva d’impianti pubblicitari su suolo pubblico, non sarà più sufficiente procedere alla sola contestazione della violazione punita dall’articolo 23 del codice della strada, bensì si dovrà conferire ampio
spazio alla disciplina penalista dell’occupazione invasiva di terreni, che non cede al principio di specialità.
3b. I PROFILI SANZIONATORI DI INTERESSE PER LE “AUTOPUBBLICITARIE”.
Ultimo, ma non meno rilevante sul piano pratico, resta il tema delle sanzioni applicabili a chi violi la disciplina della pubblicità sui veicoli.
La casistica sanzionatoria è estremamente varia, in quanto multiforme è la modalità di violazione o di
elusione dei divieti che si può riscontrare nella pratica.
Un primo aspetto è quello che riguarda i veicoli pubblicitari che –al precedente paragrafo 2b- abbiamo
definito “statici”, ovvero quelli in sosta protratta per oltre 48 ore. Anche in questo caso non ci si dilunga, dando atto del costante lavoro sviluppato dai colleghi20, nel corso di questi recenti anni, per arginare uno spiacevole fenomeno di elusione della normativa vigente. Orbene, si è già dato conto del fatto
che, con una discutibile e labile interpretazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (circolari
18/02/2008 prot.16076 e 29/07/2008 prot. 62926), abbia protetto il giusto fine di evitare l’aggiramento
della normativa, venendo a sancire che le “autopubblicitarie” vanno assimilate a impianti pubblicitari
abusivi – e come tali ricondotti all’ambito di applicazione sanzionatoria- quando sostino in modo prolungato di 48 ore (con un richiamo insolito all’art. 6, comma 4, lett. f) nello stesso posto. La Giurisprudenza
di merito ha assecondato questa impostazione in maniera piuttosto diffusa21 ed anche la Giurisprudenza
di legittimità22, pur senza bisogno di dare consistenza al suo decisum appoggiandosi sulle menzionate
posizioni ministeriali, ha avuto cura nell’affermare la sussistenza della logica assimilazione tra impianto
pubblicitario e autopubblicitaria (nella specie rimorchio in sosta in area privata) in sosta prolungata. Da
qui la conseguenza della sanzionabilità, attraverso i commi 4 ed 11 dell’articolo 23 della fattispecie in
parola.
Un secondo aspetto è quello che riguarda la questione della verifica della destinazione d’uso del veicolo,
in relazione al divieto di svolgere pubblicità a titolo oneroso per conto terzi. In questo caso, la pubblicità
mediante veicoli, ancorché “dinamica”, nella premessa che debba trattarsi di veicolo di cui all’articolo 203
lettera q)23 del Regolamento di Esecuzione al codice della strada ed a tal fine immatricolato, può essere
effettuata solo se svolta in conto proprio, in conseguenza di quanto disposto dall’articolo 57 comma 1 del
medesimo impianto normativo. Concordemente con altra dottrina, si ritiene che la violazione al divieto
di svolgimento della pubblicità per conto terzi si risolva nell’applicazione della sanzione dell’articolo 23,
20 Ex pluris: Giuseppe Carmagnini.
21 Giudice di Pace Pistoia 13/1/2006 n. 36. Tribunale Tolmezzo 18/2/2008 n. 40. Giudice di Pace di Prato n. 1524/2008. Tribunale
Prato 27/3/2010 n. 506.
22 Corte di cassazione civile sezione II, 13 giugno 2007, n. 13842.
23 “q) auto pubblicitarie e per mostre pubblicitarie purché provviste di carrozzeria apposita che non consenta altri usi e nelle quali
le cose trasportate non abbandonino mai il veicolo”;
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comma 11, del codice della strada; norma che contempla anche tutte le inosservanza di disposizioni del
regolamento di esecuzione. Ovviamente il fenomeno dell’elusione di tale divieto è diventato celebre tra
gli operatori di Polizia Stradale in quanto è diventato ricorrente che chi immatricoli un’autopubblicitaria
sia anche soggetto giuridico che, tra l’altro eserciti anche il noleggio senza conducente24 e che di tanto
sia data chiara ostensione sulla carta di circolazione del veicolo pubblicitario25; ciò comporta la necessità che vengano adeguatamente acuite e sollecitate le capacità di investigazione -che non difettano agli
operatori di polizia stradale26- per poter approdare all’applicazione della citata sanzione sulla scorta di
adeguata documentazione comprovante l’illecito.
Un terzo scenario riguarda il caso dell’effettuazione di pubblicità, in corretta forma “dinamica”, con veicoli diversi da quelli di cui all’art. 203, comma 2, lett. q) del regolamento di esecuzione, pertanto non
immatricolati per uso pubblicitario. In questo caso deriverebbe –ad eccezione che per i ciclomotori27- la
sanzione prevista dai commi 828 e 1029 dell’articolo 82 del codice della strada, verosimilmente in combinato disposto con le sanzioni di cui al comma 330 dell’articolo 78 del codice, quando l veicolo abbia anche
ricevuto modifiche di tipo strutturale tali da meritare una apposita omologazione, secondo quanto richiesto dalla regolamentazione e dalla prassi definite dalle MCTC.
Tutte le ipotesi sanzionatorie sopra considerate, ove riscontrate nel caso di specie, concorrono con le
sanzioni eventualmente previste dal regolamento comunale in materia di impianti pubblicitari adottato
ai sensi del D.lgs n°507/199331, tanto senza che sussista alcun rapporto di specialità con le sanzioni di
cui al codice della strada, secondo l’insegnamento della già citata Cassazione civile, Sezione II, in data
30/11/2012, con sentenza n. 21502.
24 M. Ancillotti, S. Cecioni., Op.Cit.: “Peraltro le ditte che vendono pubblicità hanno affinato il loro comportamento operativo per
cui, atteso che è scontato che la pubblicità, se la fanno direttamente e quindi per conto terzi ed anche a titolo oneroso è in violazione
del 23, in relazione al 57, comma 1, del regolamento, hanno tutte ormai nell›oggetto sociale anche il noleggio senza conducente
dei veicoli destinati a vela pubblicitaria. Quindi sottoscrivono un contratto di noleggio con il pubblicizzato e gli forniscono il veicolo
allestito, facendo comparire che il pubblicizzato, con il veicolo in locazione, si fa da solo la pubblicità. In tal modo, fermo restando
che il veicolo dovrebbe circolare e non «essere collocato», si aggira il divieto di pubblicità in conto terzi a titolo oneroso. In termini
operativi ciò dovrebbe comportare che se si prende per buona la locazione al pubblicizzato, quando troviamo sulla strada il veicolo
collocato da tempo in fase statica dovremmo sanzionare solo il pubblicizzato e non anche il locatario (cioè la ditta che vende anche
la pubblicità). Inoltre, a pagare il tributo per la pubblicità, non dovrebbe essere la ditta locatrice, ma il locatario”.
25 Ove tali mezzi fossero locati senza conducente senza espressa previsione nella carta di circolazione, sarebbe integrata anche la
violazione dell’articolo 84 Nuovo Codice della Strada.
26 M. Ancillotti, S. Cecioni, Op.Cit: “Preso atto di questo scenario ed ove si decidesse di scendere in profondità in termini
investigativi, si propone di operare documentando tutta l’attività ai sensi dell’articolo 13 legge 689/81, partendo non tanto dalla
ditta di locazione/pubblicità, bensì dal pubblicizzato/finto locatario da cui. Dalla ditta dobbiamo acquisire copia del contratto ai sensi
dell›articolo 180, comma 8, nuovo codice della strada. Quindi si procede assumendo dichiarazioni guidate (in caso di ritrosia o di
tentativo di celare la vera natura del rapporto contrattuale possiamo tentare di allargare l’accertamento dal punto di vista fiscale,
paventando un intervento della guardia di finanza). Ove dovesse accadere, come probabile, di scoprire la reale natura del contratto
e cioè che hanno fatto un accordo che prevede il servizio completo, veicolo, pubblicità e conducente che lo sposta ogni tanto. A
questo punto ci sono due strade; la prima, quella del trattamento completo, per cui si sanziona la ditta pubblicitaria per violazione
dell’articolo 23 nuovo codice della strada, oltre all’aspetto tributario per violazione del d.lgs 507/93 ipotizzando anche un concorso
con il pubblicizzato, che in ogni caso ha pagato per un servizio fatto in violazione di legge. L’altra è quella di lasciar stare il pubblicizzato e sanzionare il pubblicitario, ma questa strada in altre realtà ha prodotto pochi risultati utili”.
27 Qualora poi la pubblicità venga effettuata a mezzo di ciclomotori allestiti in tal senso, la sanzione da applicare è quella prevista
dall’art. 97, commi 6 e 14, del codice della strada in quanto il ciclomotore risulta modificato nelle sue caratteristiche costruttive,
non essendo il ciclomotore destinabile, in astratto, a veicolo pubblicitario, atteso che per il ciclomotore non è prevista la possibilità
di essere immatricolato quale autoveicolo per uso speciale.
28 “8. Ferme restando le disposizioni di leggi speciali, chiunque utilizza un veicolo per una destinazione o per un uso diversi da
quelli indicati sulla carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 80 a euro
318”.
29 “10. Dalla violazione dei commi 8 e 9 consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della carta di circolazione da uno a sei mesi, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI. In caso di recidiva la sospensione è da sei a dodici mesi”.
30 3. “Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o di approvazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato e che non risulti abbia sostenuto, con esito
favorevole, le prescritte visita e prova, ovvero circola con un veicolo al quale sia stato sostituito il telaio in tutto o in parte e che
non risulti abbia sostenuto con esito favorevole le prescritte visita e prova, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento
di una somma da euro 398 a euro 1.596 4. Le violazioni suddette importano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della
carta di circolazione, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.”.
31 articolo 24 comma 2. “Per le violazioni delle norme regolamentari stabilite dal comune in esecuzione del presente capo nonche’
di quelle contenute nei provvedimenti relativi all’installazione degli impianti, si applica la sanzione da lire quattrocentomila a lire
tre milioni con notificazione agli interessati, entro centocinquanta giorni dall’accertamento, degli estremi delle violazioni riportati
in apposito verbale. Il comune dispone altresi’ la rimozione degli impianti pubblicitari abusivi facendone menzione nel suddetto
verbale; in caso di inottemperanza all’ordine di rimozione entro il termine stabilito, il comune provvede d’ufficio, addebitando ai
responsabili le spese sostenute”.
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