Rocatelli 3 - I blog di Unica

annuncio pubblicitario
1
Rocatelli vol.3°
CORSO DI ARCHITETTURA TECNICA
Fascicolo n° 1
Capitolo 1
CONCETTI GENERALI SULLA OSSATURA MURALE
ELEMENTI DI COMPOSIZIONE DELLE STRUTTURE PORTANTI
Introduzione
Uno tra i problemi più importanti della architettura è certamente quello che si riferisce alla
costruzione e stabilità degli edifici.
Per essa non deve intendersi solo quanto riguarda qualità e sistemi costruttivi con i
materiali tradizionali, come il mattone e la pietra e quanto riflette ferro, legno e cemento
armato, impianti meccanici e sanitari nelle loro applicazioni più recenti; ma soprattutto quanto
si riferisce alla concezione organismi costruttivi che costituiscono lo scheletro della ossatura
resistente di un opera architettonica che ne determinano più di ogni altro elemento, il volume
e le proporzioni spaziali e molto spesso il carattere e le forme di espressione.
L’ingegnere e l’architetto non possono prescindere da essi come il medico non può ignorare
la costituzione e la funzione dello scheletro nel corpo umano. Lo studio e il progetto di una
opera architettonica, prima di essere analisi delle singole parti, è sintesi; ne si possono
determinare e calcolare i singoli elementi che la costituiscono se essa non è prima
organicamente concepita e se gli elementi stessi non sono nettamente definiti.
Il progettista mentre concepisce l’opera architettonica deve prevederne e assicurarne la
costruttività. Dopo subentra in lui il costruttore che verifica col calcolo la stabilità, toglie ed
aggiunge agli elementi essenziali oppure condanna assolutamente l’ossatura resistente adottata.
In questo caso se si dovrà cercare una nuova soluzione dello scheletro portante, sarà ancora
il progettista, il compositore che la cercherà, perché solo questi potrà conciliare nella opera
architettonica i bisogni della vita con le astratte concezioni della forma e con le leggi della
stabilità.
Egli non potrà mai pretendere di creare un opera di architettura tutta subordinata alla
espressione estetica, o peggio ancora considerando soltanto la bellezza un sottoprodotto della
scienza.
Perciò egli dovrà vedere l’opera nel suo complesso, da un punto di vista molto più elevato e
fondere in un tutto armonico le molteplici leggi della utilitas, della firmitas e della venustas
vitruviane .
Per quanto riguarda lo studio della ossatura degli organismi architettonici, dobbiamo tener
presente che la scienza considera generalmente le ossature delle fabbriche non come sintomi a
tre dimensioni, bensì come derivanti dal raggruppamento di più sistemi piani. Ci da quindi i
procedimenti per il calcolo di questi singoli elementi piani, facenti parte di quelle ossature,
che nel progetto sono già state nettamente ed organicamente concepite. Nessuna legge
matematica ci insegna, nella maggioranza dei casi, a individuarli nel loro insieme, essendo
questo un problema troppo complesso ed indeterminato sotto l’ aspetto matematico.
2
Spetta alla sensibilità dell’architetto ed alla sua esperienza pratica, sapere individuare a
priori la soluzione del problema e stabilire la esatta conformazione della intera ossatura
portante di ogni edificio, i cui elementi singoli egli dovrà in seguito determinare o verificare
col calcolo.
In altri termini si può affermare che la stabilità di un organismo architettonico non è
semplicemente la sua capacità di resistere (in ogni sua sezione che possiamo considerare) al
peso proprio di carchi ed alle azioni esterne. E’ molto di più, perché tale stabilità deve
manifestarsi al nostro spirito con una composizione di volumi e di forme disposti in modo
armonico, deve esprimersi per mezzo di una idea architettonica nella quale risultino a priori
soddisfatte le leggi dell’equilibrio permanente .
Lo studio della ossatura murale è della massima importanza non solo ai fini della stabilità
ma è strettamente connessa, come si è detto, con l’espressione estetica della opera
architettonica, essendovi sempre una organica rispondenza tra le forme estetiche e quelle
costruttive, non solo, ma derivando le prime in molte epoche architettoniche, non esclusa
l’attuale, direttamente dalle seconde.
Ad esempio nella architettura imperiale romana è lo studio dello organismo e delle
soluzioni costruttive, collegato alla classica conformazione degli ambienti armonicamente
riuniti ed alla ricerca di effetti scenografici, che determina l’espressione artistica di essa,
essenzialmente spaziale, determinata cioè dai rapporti volumetrici delle varie parti, dalla
grandiosità delle dimensioni, dalle vaste masse murali a sostegno delle volte di copertura dei
grandi ambienti.
Nelle cattedrali gotiche è la ricerca ardita dello scheletro costruttivo, sempre più sottile
slanciato che determina in esse la mistica espressione architettonica che le caratterizza. E’ la
esilità dei sostegni delle moderne strutture in c.a. e in acciaio che fornisce a molte costruzioni
moderne una arditezza, una leggerezza ed una nervosità che le distingue da quelle a scheletro
murario. E tale diversità la si trova nella differente composizione volumetrica, nei diversi
inconfondibili rapporti spaziali, nelle forme di dettaglio e soprattutto nelle soluzioni
costruttive realizzate.
Scopo del nostro studio non è la ricerca delle norme di proporzionamento delle ossature
resistenti, ma l’ esame degli scheletri portanti degli edifici esistenti, dei criteri che ne
guidarono la composizione, dei rapporti che tali ossature determinarono nelle concezione
architettonica, nelle sue forme esteriori.
Chiameremo ossatura murale il complesso delle strutture che hanno in uno organismo
architettonico un ufficio statico principale, prescindendo perciò da tutti gli elementi che
formano la veste decorativa ed ornamentale della costruzione e da tutte le altre strutture che
non hanno ufficio statico principale o risultano addirittura portate. Distingueremo in oltre le
strutture in quelle di copertura, cioè solai, tetti, volte, cupole, eccetera, da quelle di piedritto
che costituiscono i sostegni delle prime.
Non sempre però tale distinzione è possibile: in alcune strutture, come ad esempio in
quelle intelaiate, le due parti formano un tutto unico e non è possibile nei riguardi del loro
studio costruttivo, considerarle come separate e quasi indipendenti.
Per render più facile e più semplice l’esame delle ossature murali, raggrupperemo in oltre
gli svariati esempi delle più importanti opere architettoniche, antiche e moderne, secondo i tre
grandi principi costruttivi ai quali singolarmente si ispirano:
1.
Principio dell’ architrave.
2.
Principio della volta.
3.
Principio della trave elastica.
3
Architrave
E’il più intuitivo organismo: possiamo definirlo come costituito da un solido rettilineo
orizzontale (trave) poggiata su due elementi verticali (piedritti).
Evidentemente l’azione dell’elemento orizzontale sui piedritti e sempre ed esclusivamente
azione di peso.Questo è l’organismo più elementare e il primo che troviamo sino dalle epoche
preistoriche.
Di esso possiamo distinguere tre tipi fondamentali a seconda dei materiali di cui può essere
formato e cioè :
1.
L’elemento orizzontale è in pietra da taglio e i due verticali pure in pietra da taglio
(trilite) o in muratura.
2.
L’elemento orizzontale e di materiale elastico (legno, ferro, cemento armato) mentre i
due verticali sono in pietra da taglio o in muratura (es. Basilica di S. Paolo).
3.
Tutti gli elementi sono in materiale elastico.
Gli organismi complessi a cui da origine l’applicazione del principio costruttivo
dell’architrave(strutture verticali di sostegno e strutture di copertura semplicemente poggiate
sulle prime che trasmettono ad esse prevalentemente azioni di peso) sono molteplici e della
massima importanza.
Dal preistorico dolmen alla sala ipostile del tempo egizio, dal classico ordine architettonico
all’organismo ad unico ambiente dei templi greci, etruschi e romani, arriviamo ai tipi più
complessi del tempio etrusco a cella tripartita, delle basiliche romane e cristiane, fino ai
moderni edifici di carattere collettivo ed utilitario, formati a grandi aule (mercati, macelli,
magazzini, officine) a quelli di un grandissimo numero di ambienti sovrapposti in vari piani
coperti a solaio.
Nell’ esame di questa infinita serie di edifici e di strutture, noi assistiamo ad una continua
evoluzione del principio costruttivo ed alla realizzazione di ossature sempre più ardite nelle
quali si tende costantemente ad allontanare i sostegni ed a rendere sempre più sottile e
resistente l’elemento orizzontale.
Vediamo sorgere così forme di espressione e proporzioni diverse e monumenti
architettonici della più alta importanza nei quali talvolta i rapporti e l’espressione estetica
raggiungono la perfezione.
Esaminiamo ora particolarmente i tre tipi indicati.
Sistemi con architrave in pietra da taglio
Trascurando le strutture megalitiche dalle quali non possiamo ricavare nessun criterio di
proporzionamento estetico se non l’effetto della potenza bruta e nessuna indicazione di pratica
utilità, il primo grande esempio di strutture complesse di questo tipo è rappresentato dalle sale
ipostili dei templi egizi.
Esse infatti possiamo considerarle costituite da numerosi sostegni verticali in pietra da
taglio sorreggenti gli architravi e la copertura piana, formata con lastre di pietra, poggiate
sugli architrave (fig.1).
4
Le file di colonne (sostegni discontinui) sopportano direttamente il peso della copertura
(architrave e lastre) e sono assoggettate soltanto ad azioni verticali.
E’ facile riconoscere in questi sistemi che, mentre le colonne hanno dimensioni
sovrabbondanti in relazione all’ufficio statico che esse compiono, quelle delle strutture
orizzontali sono invece connesse alla necessità di resistere alle sollecitazioni di flessione
taglio a cui sono sottoposte (ed alle quali mal resiste la pietra) ed alla limitata possibilità di
ricavare e metter in opera blocchi di grandi dimensioni.
Anche la mutua distanza delle colonne è limitata dalle suddette necessità e tutto lo
scheletro costruttivo viene ad essere caratterizzato dalla molteplicità e vicinanza dei sostegni e
risulta quale logica e diretta conseguenza del tipo della copertura e del materiale adottato;
tutta la costruzione presenta perciò nelle sue dimensioni e proporzioni il più spiccato carattere
megalitico.
E’ da rilevare in oltre che la disposizione dei sostegni e della copertura è fatta secondo le
due principali direzioni e possiamo dire perciò che le strutture resistenti dell’edificio sono
disposte nei due sensi, longitudinale e trasversale.
Da questo tipo di ossatura resistente derivano in parte i caratteri estetici della architettura di
questi monumenti egizi: masse schiacciate e largamente distese che hanno tuttavia il pregio di
raccordarsi con la pianura circostante; linee uniformi, impressioni di compattezza nella foresta
dei sostegni che giunge talvolta alla goffa pesantezza ed alla elefantiasi delle dimensioni.
L’architetto, cui lo scheletro strutturale e l’insufficienza della tecnica vietano una
composizione di più ampio respiro, prende la sua rivincita ed estrinseca la sua fantasia e la sua
sensibilità artistica nella nota decorazione scultorea e pittoresca di questi edifici.
Ricca, vivace con le sue statue, i suoi rilievi, la sua policromia, alleggerisce le masse,
attenua e confonde i difetti estetici di uno scheletro costruttivo rudimentale.
Da questa struttura, che rimane per lunghi secoli cristallizzata, in schemi costruttivi che
non riescono a sottrarsi ai vincoli in posti dal materiale, si possono immaginare derivati
staticamente (senza con questo volere entrare in questioni storiche di origini e derivazioni) gli
ordini architettonici nelle loro successive trasformazioni avvenute nelle varie epoche
architettoniche.
5
Ordini architettonici
Anche in essi è evidente il funzionamento statico delle varie parti ed il proporzionamento
di queste in relazione alla natura del materiale impiegato ed alle sollecitazioni a cui è
sottoposto.
Nella evoluzione delle forme è evidente la ricerca di una sempre maggiore eleganza e
finezza di proporzione tra le varie parti, che dalla goffa colonna egizia ci porterà alla armonia
e alla perfezione estetica del Partenone, mai più raggiunte nei secoli, alla grazia e alla
ricchezza dell’ ordine ionico.
Questa perfezione delle forme non si poteva conseguire se non variando le proporzioni
della architettura egizia, assottigliando e distanziando i sostegni, aumentando l’altezza
dell’architrave per poter superare luci maggiori. Il progresso estetico non si poteva conseguire
senza quello costruttivo.
La colonna diventa slanciata, il tozzo architrave egizio si trasforma nell’alta trabeazione
classica e la decorazione tende a snellire e alleggerire .
E il costante progresso costruttivo ed estetico che realizza al migliore utilizzazione del
materiale, riducendo come si è detto le sovrabbondanti dimensione dei sostegni, riscontrate
nella colonna egizia e nella dorica e aumentando la distanza delle colonne con lo scaricare
l’architrave di una parte del peso gravante su dio esso. Ciò avviene specialmente nel periodo
romano, in cui, non è infrequente l’adozione di archi di carico sovrastanti immediatamente la
trabeazione (Pantheon, Tempio della Concordia in Roma) che alleggerendo l’architrave e
portando il carico sulle colonne, permette di poterle maggiormente distanziare e di meglio
utilizzare la loro capacità di resistenza alle azioni di peso (fig.2)
Tali archi di scarico diventano di uso sistematico nelle successive costruzioni basilicali
cristiane, nelle cui colonne è facile riscontrare sezioni resistenti sempre più caricate ed una
migliore utilizzazione del materiale impiegato.
Riproduciamo dal Milani1 l’esame che egli fa di tre casi caratteristici: dell’ ordine dorico
(esterno del Partenone ),dell’ordine corinzio (interno del Pantheon) e dell’ ordine ionico
(interno della basilica di San Lorenzo Fuori le Mura in Roma).
Nelle fig.2-3-4 sono state tratteggiate le parti dell’edificio che in ciascuno dei tre casi
gravavano su una delle colonne.
Dal facile sviluppo dei calcoli risulta che nel primo caso, la colonna è sollecitata da un
carico unitario di kg 4 a cmq; nel secondo caso da kg 8 e nel terzo da kg 15.
Se negli stessi esempi verifichiamo le condizioni dell’ architrave, perveniamo a conclusioni
analoghe: nel Partenone oltre che dal peso proprio, è sollecitato da un carico concentrato
trasmessogli nel suo punto di mezzo triglifo (le metope hanno soltanto ufficio decorativo) di
Kg 51.000.
Nell’esempio del Pantheon l’architrave, oltre a quello proprio, sopporta il carico ripartito
della cornice e del muro di sordina per un totale di Kg 22.000.
Nella basilica di San Lorenzo, l’architrave sostiene il solo peso proprio ed il piccolo muro
di sordina ed in complesso kg 3600 appena.
1
G.B. Milani, L’ossatura murale, Vol.1°, pag.27
6
7
E’ in oltre evidente il progresso costruttivo realizzato successivamente in questi tre esempi.
Nella architettura romana il concetto di evitare all’architrave eccessive sollecitazioni di
flessione e di distanziare le colonne per avere un maggiore spazio libero e per aumentare il
carico verticale su di esse, in modo da ottenere una migliore utilizzazione dell’alta capacità di
resistenza del materiale alle azioni di compressione, si sviluppa oltre che con l’adozione degli
archi di scarico, con la disposizione a piattabanda dell’architrave e del fregio. In tal modo non
vi è più lo schema costruttivo del trilite, ma uno pseudo trilite nel quale si ha evidentemente
un diverso comportamento statico e una migliore utilizzazione del materiale, che lavora
esclusivamente a compressione e secondo le sua qualità intrinseche (fig. 5).
8
La piattabanda è talvolta situata nella zona del fregio e scarica il sottostante architrave
come nel Foro di Traiano nella Porta maggiore, nel Tempio dei Dioscuri, in vari portici di
Pompei ed in altri esempi numerosi; oppure è proprio l’architrave composto di conci come nel
Tabularium, nella Crypta Balbi nella Villa Adriana nel sepolcro di Santa Maria Capua Vetere
negli Horrea Epagathiana di Ostia (fig. 6).
9
Questo concetto statico e costruttivo e questa razionale disposizione del materiale sono
applicati nella epoca romana in modo quasi sistematico anche nella costruzione dei vani di
porta e delle aperture in genere, nelle quali invece di un architrave monolitico, si ha la
caratteristica conformazione a piattabanda sormontata da un arco di scarico che riporta sui
piedritti il peso della muratura sovrastante, in modo che la piattabanda stessa risulti caricata
dal solo peso proprio e di quello del muro di sordina (fig.6d).
Tale disposizione costruttiva continua ad essere largamente impiegata, come noto nelle
architetture delle epoche successive.
Gli esempi nei monumenti romani sono numerosi; tra i più comuni ricordiamo quelli del
Foro di Augusto, del Templum Sacrae Urbis al Foro Romano e continuando, potremmo fare
una elencazione quasi completa di quasi tutti gli edifici dell’architettura romana.
Non è inutile rilevare che molto spesso il materiale di cui sono costituite le piattabande e
l’arco di scarico è di natura diversa e più resistente di quello di cui è formata la struttura
muraria.
Questo concetto di disporre un materiale più resistente nei punti in cui sono maggiori le
sollecitazioni, è sviluppatissimo nella architettura romana ed è applicato con netta percezione
delle esigenze statico costruttive e dimostra ancora una volta (se pur ve ne fosse bisogno) la
grande abilità dei costruttori romani .
Nell’architettura romana, l’architrave in pietra da taglio si trasforma in molti casi in una vera
e propria trave armata, elastica, mediante l’impiego di acconce armature metalliche (fig.7) che
sostengono l’architrave stesso, o i vari sblocchi che lo compongono, in modo da togliere a
questo ogni funzione statica.
Naturalmente, con questi artifici se si riesce ad allontanare ancora di più i sostegni, si perde
per altro ogni sincerità architettonica ed ogni rispondenza della forma esteriore con
l’organismo strutturale.
La costruzione in pietra da taglio viziata da queste disposizioni in disaccordo con la natura
del materiale risulta gravemente alterata nei suoi essenziali caratteri di solidità e di stabilità
permanete ed in quel senso di proporzionamento che direttamente sorge da necessità statiche e
costruttive.
Esempi di tale artifici si trovano nel portico decorativo del Louvre a Parigi, nel Palazzo di
Giustizia di Bruxelles (dei quali riproduciamo gli schemi nella fig.7) ed in molti altri edifici
moderni.
10
Sistemi con architrave elastico.
Ritornando all’esame dei sistemi architravati, noi vediamo che con l’adozione dell’architrave
di materiale elastico (fino ai tempi moderni in legno), aumenta la possibilità di coprire spazi
di maggiore luce, spazi che ritroviamo nei primi esempi del tempio pagano e della basilica
romana e cristiana.
In questi non abbiamo più una disposizione delle strutture di sostegno nei due sensi
longitudinale e trasversale, che nella sala ipostile del tempio egizio ingombravano l’ambiente e
rappresentavano una esuberanza di stabilità alla compressione; esse vengono disposte invece
prevalentemente nel senso longitudinale, ottenendosi così un parziale miglioramento del
sistema statico costruttivo, specie nei riguardi della economia dello spazio e delle strutture.
Il tempio pagano possiamo considerarlo nello schema più complesso del tipo periptero,
come formato da un ambiente circondato da uno o due ordini di portici; in questo od in altri
schemi, l’ambiente interno, se di vaste dimensioni, è suddiviso in navate da una o due file
longitudinali di colonne (Locri, Tempio di Poseidone in Poseidonia, Heraion di Olimpia,
Tempio di Apollo a Selinunte, di Zeus in Agrigento, il Partenone ecc.).
La copertura della cella è a tetto mentre quella del porticato esterno è in pietra da taglio;
ambedue poggiano trasversalmente su tutte le strutture longitudinali e cioè sui muri della cella
e sulle file di colonne interne ed esterne e trasmettono ad esse solamente azioni di peso, ove si
trascurino le azioni secondarie di spinta dovute alle imperfezione delle incavallature, e quelle
laterali dovute a cause accidentali (vento, ecc.) del resto assolutamente trascurabili data la
sovrabbondanza delle sezioni resistenti e la piccola altezza dell’edifico in rapporto alla sua
massa notevole (Fig.10).
In esso abbiamo quindi la caratteristica applicazione del principio costruttivo dell’architrave
elastico (tetto ligneo) che permette di allontanare i sostegni (muri della cella) e di ricavare
ambienti relativamente grandi.
Una ulteriore evoluzione di questo organismo costruttivo la troviamo successivamente
negli edifici basilicali.
Questi già nel periodo romano, prendono posto accanto agli edifici a volta: sono quasi due
architetture e due sistemi costruttivi diversi che vivono e si sviluppano parallelamente sia
negli ordinari temi della pratica, come nelle massime manifestazioni della architettura
monumentale e che continuano a permanere e ad evolversi nelle successive epoche
architettoniche.
E’ inutile rievocare gli esempi significativi di ogni epoca; ormai troppo noti, e la grande
importanza a cui assurgono per grandiosità di proporzioni ed espressione d’ arte.
Agli effetti del nostro studio, dobbiamo soltanto ricordare che questi schemi basilicali
risolvono il problema della realizzazione di grandi ambienti con la minima sezione delle
strutture resistenti di piedritto; essi hanno forme planimetriche prevalentemente longitudinali
e solo in non molti esempi centrali; hanno copertura lignea a semplice azione di peso e pareti
semplicemente resistenti alla compressione secondo principi statici costruttivi non molto
diversi da quelli esaminati nel tempio pagano. Trovano applicazione non solo nel vecchio
tema del tempio e della basilica, ma nella sala del palazzo e della villa, negli ambienti degli
edifici pubblici ed utilitari, ed in molti altri temi della architettura pratica odierna e non
variano nel loro schema statico costruttivo neppure oggi, anche se realizzati con materiali
nuovi quale il ferro ed il cemento armato.
Ai fini del nostro studio noi terremo conto della conformazione planimetrica di tali sistemi
e li divideremo in due grandi gruppi:
•
Sistemi basilicali assiali e longitudinali
•
Sistemi basilicali centrali
11
Sistemi basilicali longitudinali
Finche le dimensioni dell’ambiente sono modeste ed il problema della copertura non
presenta eccessive difficoltà, troviamo costantemente adottata la semplice forma dell’ambiente
rettangolare.
Quando le dimensioni aumentano, il problema tecnico della copertura porta alla necessità
degli appoggi intermedi che devono essere forzatamente discontinui, nel minor numero e delle
minori dimensioni possibili, per non interrompere l’unità dell’ambiente stesso.
Ed ecco le strutture longitudinali discontinue a frazionare la luce del lato minore e lo
schema basilicale con un numero dispari di navate che lascia quella centrale le massime
dimensione compatibili con le esigenze statiche e costruttive (fig.8).
12
Nelle basiliche romane i sostegni discontinui interni corrono quasi sempre parallelamente
ai quattro lati e sono costituiti da ordini architravati. In quelle cristiane, salvo rare accezioni,
si ha invece un più costante sviluppo longitudinale, mancano i sostegni intermedi lungo i lati
minori dell’ambiente ed è in oltre frequentissimo lo schema degli archi direttamente impostati
sulle colonne .
Nell’alzato, la basilica pagana porta le navate tutte alla medesima altezza, per quanto non
manchino esempi di sopraelevazione della navata centrale rispetto a quelle laterali (basilica di
Fano, basiliche dell’Africa Settentrionale, di Aspendos in Asia Minore, ecc.) allo scopo di
assicurare una migliore illuminazione della navata centrale.
Nella basilica cristiana e invece costante la sopraelevazione della navata maggiore, rispetto
a quelle laterali.
Nella evoluzione dei sistemi basilicali, si assiste ad una continua ricerca di economia delle
sezioni resistenti di piedritti ed a una sempre maggiore arditezza della costruzione, sia
sfruttando al massimo la resistenza dei materiali con l’aumentare la distanza mutua dei
sostegni nelle strutture discontinue, sia perfezionando i sistemi di copertura, cercando sempre
la realizzazione di ambienti di maggiore larghezza e la riduzione al minimo dell’ingombro dei
sostegni intermedi.
Il concetto statico è sempre quello di trasmetterete ai sostegni soltanto azioni di peso,
specialmente a quelli intermedi che hanno sezioni sempre più piccole ed altezze sempre
maggiori. Nelle figg. 9-10-11 riproduciamo uno schematico raffronto tra i vari tipi di ossature
basilicali2.
2
G.B.Milani, op.cit.
13
Nella sala ipostile (fig 9, Tempio di Karnac) avente come si è detto, i sostegni e la
copertura in pietra da taglio, il rapporto tra la superficie coperta dalle strutture di sostegno e
quella dell’ ambiente è di 0.473; cioè la sezione orizzontale dei muri e delle colonne occupa
circa la metà dell’intera superficie dell’ambiente; la distanza massima dei sostegni è di circa
metri 6.
Nel tempio pagano (Fig.10, Partenone) con muri e colonne in pietra da taglio e copertura
parte in pietra da taglio (colonnato esterno) e parte lignea (cella), il rapporto suddetto scende
al valore di 0.157 e la distanza massima tra i sostegni sale a m 9,00.
Nella basilica cristiana (fig.11, S. Paolo in Roma) con sostegni in muratura e colonne e
tetto ligneo, il rapporto scende ancora a 0,112 e la luce massima tra i sostegni sale a m 24.50.
Queste cifre ci dimostrano, meglio di ogni altra considerazione la continua evoluzione di
questo sistema ed il progresso costruttivo realizzato.
Nella fig.12 (Basilica Palladiana a Vicenza) l’ambiente superiore è diviso in tre navate ed è
coperto a volta da legname (tetto): il rapporto tra la sezione e la superficie dell’ ambiente
scende ancora al valore di 0,09 mentre la distanza massima tra i sostegni è di m 21,00.
Nella fig.13 (Borsa di Parigi), pure a navate con tetto ed incavallature metalliche, il
rapporto tra la sezione orizzontale dei sostegni e la superficie dell’ambiente scende ancora al
valore di 0,08, ed infine in un altro organismo basilicale tipico Les Halles Centrales di Parigi
con sostegni a tetto interamente metallico, il rapporto scende ad un valore minimo.
Le proporzioni tozze distese nel tempio egizio si mutano in quelle eleganti e fini del
tempio classico. Non è più la selva delle colonne che caratterizza l’edificio, ma lo spazio che si
allarga e si innalza.
Le linee spioventi del tetto, gli spigoli aguzzi dei frontoni stabiliscono una diversa silhoutte
e nuovi rapporti di masse si determinano, in relazione anche alla applicazione degli ordini
architettonici.
Ma dove vediamo un maggior progresso costruttivo e dove si afferma con più evidenza un
nuovo ordine di proporzionamento estetico é nella basilica.
In essa il senso della snellezza è ancora maggiore, la grandiosità degli spazi interni si
accentua e il movimento delle masse prende vigore e decisione nella sopraelevazione della
navata centrale.
14
In alcuni celebri esempi la grandiosità è senza pari: dalla basilica Ulpia ampia e
ricchissima nella preziosità dei materiali e nella decorazione minuta e sovraccaric , alla
basilica di San Paolo vastissima, sulla quale campeggia nella sua maestosa ampiezza la navata
centrale che suscita il senso della immensità e solennità, e tutta una successione di esempi
(non superati dagli analoghi edifici moderni) che dimostrano come il nuovo ordine di
proporzionamento estetico è reso possibile dal nuovo tipo di scheletro costruttivo che il
progresso tecnico ha realizzato.
I rapporti spaziali si amplificano dopo che l’architrave si è trasformato in capriata e a mano
a mano che questa si perfeziona in che di luce sempre maggiore.
Si è detto finora per semplicità di esposizioni, che gli organismi basilicali sono assoggettati
unicamente ad azioni dipeso nei loro elementi principali di sostegno.
Se ciò è fondamentalmente vero, non sono tuttavia da escludere azioni secondarie di
spinta, sia che queste siano dovute al tipo imperfetto della copertura, sia ad azioni laterali
esterne .
A queste azioni laterali di spinta, l’organismo basilicale assiale offre una debolissima
resistenza poiché le strutture portanti longitudinali, molto sottili in rapporto alla loro altezza,
risultano quasi isolate e indipendenti una dall’altra e non sono controventate che dai muri
perimetrali esterni e parzialmente dal sistema di copertura.
Tale resistenza alle azioni laterali è poi quasi nulla nelle strutture longitudinali interne,
sopraelevate rispetto alle perimetrali e poggiate su sostegni discontinui (colonne) che se
offrono una buona resistenza alla compressione, non ne offrono affatto alle azioni di spinta.
Possiamo dire che la resistenza a queste azioni sia unicamente affidata ai muri continui
perimetrali ed in piccola parte agli elementi trasversali della copertura.
Queste considerazioni ci spiegano l’apparente anomalia che si riscontra in questi sistemi,
nei quali ai muri esterni viene dato sovente uno spessore più grande che a quelli interni, i
quali tuttavia sopportano un peso notevolmente maggiore dei primi; si spiega forse la ragione
costruttiva della esistenza delle lesene e dei piccoli contrafforti, tipici nelle chiese del periodo
ravennate ed in tanti altri esempi, le catene in legname di origine bizantina sul tipo di quelle
impiegate nelle cattedrali di Torcello, Murano, ecc. gli arconi di collegamento nella navata
centrale di San Miniato e di San Nicola a Bari, e tanti espedienti costruttivi mediante i quali si
è cercato nelle diverse epoche, di risolvere il gravissimo problema dei collegamenti trasversali
e della resistenza alle azioni laterali esterne, dell’organismo basilicale, senza peraltro
ingombrare l’ambiente interno, problema che possiamo considerare non ancora completamente
risolto negli organismi in muratura.
Certo un migliore irrigidimento viene ottenuto oggi con l’impiego dei materiali elastici,
realizzato però ancora attraverso gli elementi principali della copertura; nell’ esempio dei
mercati di Parigi, riportato nella fig.20 i sostegni sono infatti collegati fra di loro nelle due
direzioni, dagli elementi principali della copertura in modo da ottenere un controventamento
nei due sensi e da rendere l’organismo atto a resistere ad eventuali azioni laterali esterne.
E’ da osservare che tali elementi della copertura nelle moderne strutture elastiche, non
sempre possono considerarsi semplicemente appoggiati agli organi di sostegno, ma vincolati
ad essi più o meno rigidamente. In questi casi non ci troviamo più di fronte a semplici sistemi
basilicali, ma possiamo talvolta entrare nel campo dei sistemi a telaio di cui parleremo in
seguito.
Riepilogando, possiamo dire che l’ ossatura del tipo basilicale a tetto è basato sui seguenti
criteri statico costruttivi:
1. La copertura trasmette ai sostegni, soltanto azioni di compressione.
2. Le strutture discontinue interne hanno solo ufficio statico di sopportare azioni di peso.
3. Le strutture perimetrali continue, oltre l’azione del peso, hanno l’ufficio di resistere ad
eventuali azioni laterali di spinta.
15
Sistemi basilicali centrali
Non differiscono che nella forma planimetrica da quelli fino ad ora esaminati e nella
azione della copertura che non si esercita in senso trasversale, ma radiale.
Costituiti negli esempi modesti da un unico ambiente di forma circolare o poligonale, o da
più navate concentriche le maggiori (S.Stefano Rotondo a Roma, S.Fosca a Torcello,
Moschee mussulmane, ecc.)
Hanno le strutture di sostegno intermedie soggette a sole azioni di peso, quelle perimetrali
ad azioni di peso ed eventualmente di spinta e le coperture principali e secondarie a tetto, cioè
non spingenti.
L’organismo statico costruttivo è identico a quello del tipo assiale e l’equilibrio di esso si
fonda sulla ripartizione logica delle due funzioni statiche ai due differenti sistemi delle
strutture di sostegno intermedie e principali (fig.14).
Fig. 14 ROMA – S.Stefano Rotondo
16
Organismi basilicali orientali.
Sono di notevole importanza in quanto ci mostrano un diverso schema dell’organismo
resistente basilicale e realizzano altresì una soluzione se non perfetta, certo notevole, del
problema della resistenza trasversale degli organismi assiali, a cui si è già accennato.
Tali schemi sorti specialmente nella Siria III° e IV° sec., appaiono in occidente nel V e VI
sec.
Prescindendo da qualsiasi ipotesi di origine e di influenze di altre architetture su queste
basiliche, ci limiteremo soltanto ad osservare come l’organismo statico costruttivo, si è in esse
costituito (fig. 15) da tante strutture trasversali discontinue che sostengono gli elementi della
copertura a tetto, lapidei nelle basiliche siriache del III sec., in materiale elastico (legno) negli
esempi successivi (fig. 16).
17
Con l’impiego di queste strutture trasversali l’equilibrio statico del sistema non è più affidato
alle strutture longitudinali interne per il peso, e ad quelle continue perimetrali per il peso e le
eventuali azioni di spinta, ma è invece affidato principalmente alle varie strutture trasversali,
le quali compiono l’ufficio di resistere alle azioni di peso ed a quelle laterali di spinta.
Le strutture longitudinali di perimetro, hanno soltanto una funzione statica secondaria in
quanto servono di collegamento e soprattutto di contronventamento delle varie strutture
trasversali, ed infine di resistenza ad eventuali azioni esterne di spinta che possono esercitarsi
nel senso longitudinale.
Con tale schema viene ad essere sensibilmente cambiata la concezione dell’organismo
statico basilicale per la diversa disposizione delle strutture resistenti rispetto a quello
longitudinale.
E da osservare però, che non può essere facilmente applicato ad organismi di grandi
dimensioni perché i sostegni intermedi risultano di grandezza maggiore di quelli del normale
schema longitudinale e ingombrano più di questi l’ambiente. Infatti, a parte il maggior peso
delle strutture trasversali costituite dagli archi e dalle murature di timpano, e da notare che la
spinta dell’ arco della navata centrale non è equilibrata dalla contro spinta degli archi delle
navate laterali e di minor luce. E’ necessaria pertanto una sezione resistente maggiore, dei
pilastri intermedi che suddividano l’ambiente nelle tre navate, sia perché questi debbano
sostenere un peso maggiore, sia perché devono assorbire una parte della spinta dell’arco
centrale.
E’ da notare infine che l’intera ossatura può considerarsi formata dalla ripetizione costante
delle singole strutture trasversali, ciascuna delle quali costituisce nel senso statico quasi un
sistema completo ed indipendente.
Lo studio statico dell’organismo basilicale ha strutture trasversali può quindi essere limitato
a quello dei suddetti elementi o meglio alla parte compresa fra due successivi interassi degli
elementi medesimi.
Dopo quanto si è detto sullo schema statico costruttivo degli organismi basilicali, non
risulta difficile vederne l’ applicazione in altri tipi di edifici.
Tra questi sono particolarmente importanti quelli di carattere unitario, di abitazione e di
abitazione collettiva ed in genere tutti quelli costituiti da strutture verticali di sostegno in
muratura ordinaria e con strutture orizzontali e di copertura aventi solo azioni di peso (solai,
tetti, terrazze).
Questi organismi che chiamerò ad impalcatura a tetto o terrazza sono costituiti da una rete
murale continua, a maglie relativamente non ampie, costituite da muri perimetrali esterni, da
muri longitudinali o di spina ed infine dai muri trasversali. Tale ossatura murale deve
costituire delle line di appoggio ai solai ed ai tetti che trasmettano ad essa il loro peso ed il
loro sovraccarico. Pertanto lo studio di detta rete non può essere indipendente da quello delle
strutture orizzontali ma ad esso intimamente connesso.
Naturalmente nello studio di queste ossature si prescinde, come si è detto, dai muri di
tramezzo che non sono elementi di sostegno, bensì sostenuti.
Riteniamo utile richiamare alla mente i criteri generali già noti, per lo studio di tali
organismi; essi stabiliscono:
1- che le strutture di sostegno si corrispondano verticalmente nei diversi piani, seguendo
cioè in ogni piano la stessa disposizione planimetrica, a parte il diverso spessore di esse;
2- che tale disposizione planimetrica risulti formata da molti poligoni convessi o meglio
da figure chiuse, senza angoli isolati o muri interrotti;
3- corrispondenza in senso verticale delle aperture e dei vuoti in modo da riportare i
carichi su elementi verticali continui;
4- che tutti i muri portanti di uno stesso organismo siano possibilmente tutti ugualmente
caricati o meglio che il peso delle strutture orizzontali sia uniformemente distribuito sulla
rete normale.
18
Il criterio della corrispondenza verticale dei muri di ossatura è ovvio; questo obbliga però
la disposizione planimetrica degli ambienti in ogni piano, ed impone all’architetto limiti
difficilmente superabili.
Relativamente secondo criterio della conformazione delle maglie diciamo alcuni esempi
(Nelle figure 17 a-b ) di disposizioni errate e di altre regolari.
I muri trasversali, anche se non portano il peso dei solai, hanno l’importante funzione
statico-costruttiva di collegamento e contoventamento delle strutture di sostegno, che in questi
organismi risultano sempre di piccola sezione rispetto alla notevole altezza che le caratterizza
e che facilmente potrebbero essere sottoposte a sollecitazioni di presso-flessione, da evitarsi
assolutamente nella muratura ordinaria, od a pressione eccentrica, per la quale sarà sempre
necessario eseguire le opportune verifiche.
Tale ufficio di controventamento non può essere affidato alle sole strutture orizzontali che
hanno scarsa efficacia a questo riguardo. La rete murale deve essere perciò compatta e ben
collegata; ove ciò risultasse di impossibile attuazione per altre esigenze, sarà necessario
adottare quegli accorgimenti atti ad evitare i dannosi effetti di eventuali azioni laterali.
Il terzo criterio della corrispondenza verticale delle aperture è pure ovvio, per quanto non
sempre seguito in modo tassativo. Si deve notare che la disposizione delle aperture ha grande
importanza nella disposizione dei carichi, i quali come è ovvio, debbono essere portati da
elementi verticali continui.
Tale disposizione deve essere possibilmente uniforme per assicurare ai muri la necessaria
omogeneità statica, con speciale riguardo agli angoli esterni che debbono presentare, per
ragioni intuitive, una resistenza superiore a quella della parete continua.
Grande importanza ha pure la mutua distanza delle aperture, il loro numero e la loro
ampiezza che può notevolmente ridurre la sezione resistente dei muri portanti.
In prossimità delle aperture, la distribuzione delle azioni interne non è mai uniforme;
specialmente in vicinanza dei vertici e lungo le superfici inferiori e superiori di esse, le
sollecitazioni possono raggiungere valori maggiori di quelli medi considerati nei calcoli, è
arrivare anche in determinati casi, a due volte e mezza tali valori medi.
Da qui sorge la necessità di curare maggiormente nella costruzione, i tratti di muro che
contornano i vani, sempre tenuta presente intuitivamente in ogni tempo e nei vari tipi di
murature; normale è infatti la costruzione degli stipiti in pietra da taglio nella muratura
ordinaria; oppure i mattoni nella muratura mista, ed altri accorgimenti simili, attuati seguendo
il concetto di costruire con materiali più resistenti le parti della muratura più sollecitate. Sarà
in oltre necessario considerare i tratti di muro più sollecitati e quelli compresi tra le due
aperture successive più vicine e verificare che essi abbiano una sezione orizzontale sufficiente
a resistere alle sollecitazioni a cui sono sottoposti.
Riguardo infine al quarto criterio enunciato della uniforme ripartizione dei carichi
trasmessi dalle strutture orizzontali sulla rete murale, sono anzitutto da considerare i punti di
19
applicazione di essi, in quanto quasi mai avviene che tali punti coincidano con i baricentri
delle sezioni di appoggio.
Riguardo poi alla distribuzione dei carichi, sarebbe desiderabile che tutti i muri portanti
fossero tutti ugualmente caricati dal peso dei vari sistemi di copertura.
A tale scopo sarebbe opportuno, in un piano dell’edificio posare i solai sui muri
longitudinali ed in quello successivo sui muri trasversali, alternando così in ogni piano la
disposizione delle travi dei solai nelle due direzioni ottagonali, in modo da ottenere la
desiderata ripartizione dei carichi, su tutti i muri della maglia.
Contro una simile disposizione stanno però difficoltà di ordine pratico ed economico che
impongono di ridurre il numero dei muri trasversali in modo da avere lunghezza di maglia che
si aggirino in media intorno ad un valore di 8-10 metri, impongono perciò l’appoggio dei solai
quasi esclusivamente sui muri longitudinale di spina e perimetrali, avendosi in questo senso
luci molto inferiori.
Ne consegue che il muro di spina risulta molto più caricato che non i muri perimetrali, si
potrebbe logicamente dedurre che il muro di spina debba avere una sezione maggiore di quelli
perimetrali.
E’ da osservare però a questo riguardo che la sezione resistente dei muri di perimetro, è
fortemente ridotta dal maggior numero e luce delle finestre e che mentre nel muro di spina il
carico dei solai è nella generalità dei casi baricentrico, nei muri perimetrali tenendo conto dei
punti d’applicazione dei carichi dei solai, ha invece una eccentricità più o meno accentuata che
non può trascurarsi.
Anche per questi sistemi ad impalcatura non riteniamo ovvio addentrarci in una più
profonda analisi dello studio statico costruttivo dei singoli elementi, dato che l’applicazione
delle norme di calcolo ben note, è di una facilità evidente.
Riteniamo utile invece agli effetti di una prima determinazione sommaria, negli ordinari
casi della pratica professionale riportare i dati nelle tabelle (da allegare) che devono però in
uno studio definitivo essere accuratamente controllati.
Sistemi basilicali con piedritti ed architrave elastico
Sono essenzialmente moderni ed ebbero origine e sviluppo verso la metà del secolo scorso
nei grandi edifici civili ad ossatura metallica formata con elementi orizzontali in ferro ed
elementi verticali di sostegno in ghisa.
Lo scheletro portante risulta, come è noto, costituito da elementi verticali (ritti, colonne) e
dagli orizzontamenti che ad essi trasmettono il loro peso.
Però differenza degli analoghi sistemi in muratura, la sezione trasversale dei sostegni è,
rispetto alla loro altezza, estremamente sottile, così che non si possono trascurare in essi le
azioni laterali (vento ecc.). Queste, anche se non di grande intensità, possono provocare con
tutta facilità il rovesciamento dei sostegni o l’uscita degli orizzontamenti dagli appoggi ove
non si provveda a irrigidire il sistema nei due sensi.
In senso longitudinale, i ritti vengono infatti collegati tra loro da travature orizzontali
(correnti) e irrigidite nei campi da aste diagonali (controventi).
In genere è sufficiente limitare il controventamento a due o tre ritti consecutivi che sono, è
ovvio, quelli di estremità dell’edificio. Analogo controventamento viene esteso alle falde della
copertura, ed occorrendo agli altri orizzontamenti, limitandolo generalmente alle prime
campate di estremità ed eventualmente a quelle di perimetro.
Le capriate, gli arcarecci e i controventi , formano così delle travi a traliccio disposte lungo
le falde del tetto del quale assicurarlo la stabilità.
In costruzioni di modesta importanza, l’irrigidimento longitudinale può anche essere
affidato a muri di riempimento fra i ritti.
20
In senso trasversale invece, l’organismo struttura presenta il suo lato debole: le coperture a
tetto, solitamente di tipo leggero, sono sempre di grande estensione, così che l’ azione laterale
del vento su di esse, non può essere trascurata anche rispetto al loro vincolo con i sostegni.
È necessario perciò fare in modo che lo scheletro sia reso atto a resistere a queste azioni
trasversali .
Per le azioni inferiori ai 25-30 metri si possono rende fissi gli appoggi di ogni capriata ai
sostegni (anche se questa si considera appoggiata).
Per le luci maggiori, il tipo dello schema statico elementare che si può adottare è uno di
quelli della Fig 18 .
Nel primo schema, la capriata è vincolata con appoggi fissi alle colonne, mentre queste
possono essere anche semplicemente appoggiate sul terreno;
nel secondo schema capriate e ritti sono vincolati tra loro come nello schema precedente
mentre i ritti sono incastrati al terreno;
infine nel terzo schema i ritti sono incastrati al solo e vincolati a cerniera (fittizia o reale )
alla capriata.
La scelta del tipo dipenderà più che altro dal terreno di fondazione a seconda che questo
presenta o meno una buona possibilità di incastro dei ritti, a seconda che siano da temere o
meno dei cedimenti di esso.
Sotto l’aspetto economico, lo schema più conveniente è il terzo; seguono nell’ordine il
secondo ed il primo.
Il tipo costruttivo dei vincoli fissi delle capriate e sostegni può essere realizzato secondo i
tipi della figura 19.
A differenza dei modernissimi organismi in acciaio intelaiati, le strutture di copertura si
possono considerare dopo quanto si è detto, quasi indipendenti a quelli di sostegno, che
risultano sollecitate principalmente da azioni di peso, mancando la possibilità, il più delle
21
volte di realizzare incastri o semi incastri specie se si tratta di unioni fra elementi di ghisa
(ritti) e quelli di ferro (orizzontamenti) per le diverse caratteristiche di questi due materiali è
segnatamente per la fragilità della ghisa.
I questi sistemi perciò il concetto statico costruttivo non differisce molto da quello degli
organismi basilicali in muratura ordinaria in quanto è diverso soltanto il materiale col quale
vengano realizzati.
Alle colonne in pietra delle strutture discontinue interne, si sostituisco quelle in ghisa o in
acciaio ed al tetto ligneo quello con incavallature in ferro. Analogamente avviene nei sistemi
ad impalcatura.Unica differenza strutturale è nella presenza delle strutture di controvento che
nei sistemi in muratura ordinaria generalmente mancano. Il tipo della sollecitazione principale
sulle colonne è ancora quella di peso.
Vi è solo da osservare che i sostegni isolati sono collegati in senso longitudinale ed in
quello trasversale (fig.20) e si può quindi affermare che in questi organismi le strutture
resistenti sono disposte quasi sempre secondo le due direzioni principali.
Queste strutture concorrono ambedue all’equilibrio del sistema sia che esso venga
sollecitato da azioni verticali , sia da eventuali azioni laterali.
22
Detto ciò in tesi molto generale, non dobbiamo dimenticare che i collegamenti della varie
parti di queste strutture non si possono considerare sempre dei semplici appoggi o delle
semplici cerniere, ma che presentano sempre in modo più o meno grande una certa rigidità
che può dar luogo a sollecitazioni secondarie di valore tutt’altro che trascurabili.
Esempi di questi organismi, a tetto ed a impalcature li troviamo adottati nei moderni
stabilimenti industriali (officine meccaniche, cotonifici, ecc.), nei moderni magazzini e
depositi, mercati, macelli ed edifici analoghi.
Altri esempi notevoli ne troviamo nelle grandi costruzioni di magazzini generali,
magazzini di vendita nelle grandi tettoie e rimesse ed in genere in tutti quegli edifici nei quali
è necessario realizzare ampi spazi coperti, non interrotti da strutture intermedie di sostegno o
nei quali, queste ultime siano ridotte al minimo consentito dalle esigenze statiche.
Nei riguardi del proporzionamento di queste strutture non è assolutamente possibile
ricorrere a regole empiriche, ma è necessario il più grande rigore di carico.
Sarà opportuno tenere presente di non collegare ferri di spessore notevolmente diverso, ne
adottare bruschi passaggi di sezioni e di profili.
Sarà pure necessario realizzare nel miglior modo possibile le ipotesi imposte a base di
calcoli allo scopo di evitare sollecitazioni secondarie che potrebbero essere ingentissime.
Nella fig.20 riproduciamo alcuni esempi di questi edifici.
Sotto l’aspetto architettonico questi organismi consento composizioni ben più vaste di
quella della basilica.
Il problema della copertura di grandi spazi e facilmente risolto; i volumi degli edifici e
delle singoli parti, possono giungere a dimensioni grandiose; i sostegni, lungi dall’essere
ingombranti, spariscono quasi all’ occhio dello spettatore.
L’organismo assume una snellezza, una ampiezza di rapporti, una ariosità che sarebbe vano
cercare nelle analoghe strutture in muratura ordinaria.
Purtroppo il costruttore preoccupato finora di risolvere il problema statico, poco ha potuto
conseguire nel campo della ricerca estetica.
Possiamo tuttavia rilevare che in molti edifici le espressioni estetiche raggiunte assurgono
talvolta a valore d’arte.
Citiamo i famosi mercati di Parigi, la centrale idroelettrica di Tresso d’Adda, alcuni
stabilimenti industriali moderni.
23
BIBLIOGRAFIA
Per la parte generale:
Milani G.B.
Govannoni G.
Id.
Id.
Chaoisy
Durm
Id.
Id.
Viollet Le Duc
Rodelet J.
L’ossatura murale
La tecnica delle costruzioni presso i Romani
Corso di architettura generale
Histoire de l’architecture
Die Bankunst der Romer
Die Bankunst der Griechen
Die Bankunst der Renaissance in Italien
Dictonnaire raisonnè de l’architecture
Traitè thèorique et pratique de l’art the batir
Per le costruzioni metalliche:
Masi F.
Bleich F.
Vianello David
Johonson
Boll
Rousselet et Pétitet
La pratica delle costruzioni metalliche
Stablhochbanten
Der Eiseubau
Moderne framed structures
Cours the costructions metalliques
Stabilitè des costructions usuelles
24
Capitolo 2
ORGANISMI A COPERTURE SPINGENTI
La Volta
Come per gli altri organismi architravati abbiamo considerato l’architrave quale organismo
costruttivo elementare, così per gli organismi murali a coperture spingenti considereremo
l’insieme dell’ arco (o della volta) e dei piedritti sui quali poggia.
Lo studio delle condizioni di equilibrio di questi elementi, può essere fatto separatamente
per l’arco (o la volta) e per i piedritti secondo i noti procedimenti della meccanica applicata.
Ricorderemo soltanto che il piedritto (a differenza di quanto si verifica nei sistemi
architravati, nei quali è soggetto a sole azioni di peso) nei sistemi a volta è sottoposto ad
azioni di peso e di spinta; si troverà perciò in equilibrio quando la risultante delle azioni
suddette, incontrerà la sua sezione di appoggio entro il nocciolo centrale e la pressione unitari
massima che si verifica in tale sezione, sarà inferiore al carico di sicurezza della muratura
della quale il solido è costituito.
Il proporzionamento delle strutture di sostegno risulta quindi estremamente legato a quasi
matematica conseguenza di quelle di copertura.
Gli organismi complessi a cui dà origine l’applicazione del principio costruttivo della volta,
sono ancora più numerosi più vari e complicati di quelli originati dal concetto dell’architrave;
dai sistemi termali romani, agli organismi bizantini, dalle basiliche romanico gotiche alle
grandi cattedrali del rinascimento, dalle costruzione del 600 e 700 fino ai più recenti edifici
moderni è tutto un susseguirsi delle più accorte e grandiose applicazioni di questo principio
costruttivo, semplice in apparenza, arduo e complesso nelle sue applicazioni.
Intendimento costante dei costruttori attraverso i secoli è stato quello di alleggerire e
diminuire la spinta della volta sugli appoggi e di ridurre al minimo le sezioni resistenti delle
murature di piedritto ma non in modo pedissequo e meccanico, bensì ricercanti geniali
soluzioni costruttive e architettoniche fin dalla disposizione planimetrica delle masse di
piedritto, nella combinazione di volte di vario tipo le cui spinte si contrastano e equilibrino in
determinate parti della struttura.
E’ altresì continuo lo studio degli ardui problemi connessi alla copertura a volta dei grandi
ambienti.
Sistemi termali romani
Trascuriamo ogni esempio di costruzioni a volta ad essi precedente, embrionale od incerto
e comunque non essenziale per il nostro esame.
L’architettura romana è quella che prima di ogni altra ci dà la più completa e grandiosa
applicazione del principio della volta, forse mai più superata nella storia della umanità.
In questa architettura noi non troviamo soltanto la tecnica muraria che riesce a dominare lo
spazio, ma soprattutto l’arte che armonizza le proporzioni delle masse, i rapporti fra pieni e
vuoti, fra luci ed ombre, che si avvale magistralmente della scenografia per ricavare effetti di
una grandiosità senza pari.
A differenza della architettura greca che rimane ferma per secoli nei suoi rudimentali
sistemi costruttivi e si attarda a ricercare la perfezione dei particolari, quella romana è
l’architettura dei grandi spazi e delle grandi masse, varia e vivace nelle sue espressioni, in
continuo progresso costruttivo.
25
In questa architettura traviamo una ammirabile unità di concetti ed il logico sviluppo
diretto degli schemi e delle soluzioni costruttive i cui esempi si sommano in gruppi
nettamente determinati, nei quali li schemi si evolvono e ci danno la certezza di una
elaborazione interna e di una continua conquista non solo costruttiva ma soprattutto
architettonica.
Non è facile un esame sommario di questi numerosi organismi nei quali ritroviamo il
germe di schemi e di soluzioni realizzate in epoche molto posteriori ne sono possibili in
questa materia delle divisioni rigorose.
Possiamo tuttavia, per una classificazione scolastica, partire dalla considerazione delle
forme planimetriche in quanto queste sono strettamente connesse agli schemi delle coperture
a volta e di conseguenza a tutto lo scheletro murale resistente. Questi tre elementi non
possono essere considerati separatamente fra loro: la forma planimetrica ed il volume degli
spazi interni, sono quasi diretta conseguenza del tipo di copertura e dello scheletro costruttivo.
Ai fini del nostro studio, noi possiamo considerare tre grandi gruppi di organismi a volta
dell’Impero Romano.
1- Organismi ad uno o più ambienti disposti nello stesso piano con simmetria assiale o
centrale.
2- Organismi ad uno o più ambienti in uno stesso piano, a pianta basilicale longitudine o
centrale.
3- Organismi a più ambienti in uno o più piani con simmetria assiale o centrale o comunque
assimetrici.
1- Esso comprende tre grandi serie continue di edifici che seguono le evoluzioni di
determinati schemi geometrico-costruttivi:
a) A pianta centrale con contrafforti interni e nicchie intermedie interne od esterne volte
verso l’ interno;
b) A piante stellari e contrafforti;
c) A piante longitudinali a contrafforti interni nello spessore della parete,originanti poi
ambienti affiancati.
Tutti questi schemi , come gli altri che esamineremo, si basano sulla sapiente disposizione
ed associazione degli ambienti, e l’ equilibrio delle strutture di piedritto e dato dal peso della
loro massa inerte che resiste alla spinta delle coperture, la quale si esercita generalmente
lungo tutto il perimetro.
Gli edifici del gruppo 1 a pianta centrale, traggono origini dai modesti esempi del periodo
repubblicano (templi della Mater Matuta e di Ercole Custode a Roma, di Vesta a Tivoli, ecc.)
e forse dagli spazi interni delle tombe a tumulo; si sviluppano numerosi nei laconici delle
terme ed in cento altri esempi, fino ai maggiori, quali il mausoleo della Villa di Gordiani, il
Calidarium di Caracalla e quello massimo del Pantheon.
Quest’ultimo ancora intatto nelle sue strutture essenziali costituisce il maggiore edificio di
questo tipo; limiteremo quindi il nostro esame ad esso che possiamo considerare come
l’esponente di questo primo gruppo di edifici.
La sua conformazione è troppo nota per doverla ricordare; rileviamo invece sotto il punto
di vista statico costruttivo che la cupola in materiale di getto, rinfiancata dai gradoni esterni,
porta la sua azione uniformemente ripartita a tutto il perimetro del piedritto.
Tale piedritto non è costituito da masse murali di uniforme sezione orizzontale; nella parte
superiore finestre e vani fanno variare tale sezione e così pure nella zona inferiore la presenza
delle grandi nicchie a pianta semicircolare e rettangolare alternatesi, interrompono la
continuità dei muri (fig.21).
26
27
La muratura di piedritto, al piano di terra risulta perciò discontinua e quasi formata da tanti
piloni tra i quali si aprono i vuoti delle grandi nicchie coperti da arconi che riportano le
sollecitazioni delle zone sovra incombenti sui piloni anzidetti.
In conseguenza di tali rilievi possiamo senza altro affermare che i muri di fondo delle
grandi nicchie hanno più che altro la semplice funzione di chiusura dell’ambiente e non
costituiscono quindi, grosso modo, delle strutture portanti.
Tale funzione portante risulta invece essenzialmente affidata ai grandi piloni di muratura
piena.
Considerando un sezione radiale dell’edificio, fatta in corrispondenza di essi; dalla verifica
di stabilità risulta (fig.22):
-che la linea delle successive risultanti della cupola cade sempre entro il nocciolo centrale
di ogni sezione considerata;
-che le risultanti di tutte le azioni agenti nella parete superiore del piedritto rimangono
interne alle sezioni minime e che pertanto le nicchie ed i vuoti della zona superire non solo
non indeboliscono la struttura, ma rappresentano un risparmio di materiale non necessario;
-che la risultante rimane nel terzo medio della base del piedritto il che ci dimostra come
l’equilibrio del sistema sia affidato alla massa ed alla resistenza passiva delle murature di
piedritto.
28
Il rapporto fra la luce dell’ambiente a la sezione del piedritto è di 0.23, il che dimostra
meglio di ogni altra considerazione la notevole mole delle masse resistenti e che ad ogni
modo rispetto ad altri schemi di edifici (come ad esempio la sala ipostile egizia) si raggiunga,
malgrado l’adozione di una copertura più pesante e che da per giunta azioni di spinta, una
minore sezione delle strutture portanti.
In molti edifici i contrafforti interni vengono portati all’ esterno e collegati (fig. 23-24) da
murature in curva costituenti delle vere esedre; l’applicazione di questo sistema è tale che in
molti esempi finisce di prevalere in esso il carattere decorativo su quello costruttivo.
Il secondo gruppo degli edifici a piante stellari e contrafforti interni, numeroso vario e
forse più importante del precedente, segue come sistema statico costruttivo, lo stesso schema
già esaminato; soltanto il piedritto si vuota e gli spazi fra i piloni si svincolano e acquistano
quasi valore proprio di elementi addossati, sia che la pianta mantenga la forma circolare, sia
che si trasformi in poligono ad 8 o 10 lati come nell’aula Domus Augustana, nel padiglione
della Villa Adriana, nell’edificio presso Palestrina, nel ninfeo sull’Appia, nella sale delle Terme
Luciniane, (Minerva Medica), nel sepolcro dei Calventii e di tanti altri edifici a pianta centrale
coperti a volta sferica ancora parzialmente rimasti o che ci risultino dai disegni di artisti del
Rinascimento (Fig.25).
29
Frequentissima è pure la forma del quadrato, a cui si innestano absidi sui quattro lati,
oppure la caratteristica forma a croce circolare, come nella sala delle Terme di Costatino,
nella così detta Chiesaccia, nella tomba presso Cassino, in quella sulla Tiburtina (Torre
Inviolata), nel sepolcro dei Cercenni ed in tanti altri che risultano disegnati pure da artisti del
rinascimento (figg.26).
Meno frequenti, ma ancora più notevoli sono le forme planimetriche dal perimetro mosso e
vario risultante dall’unione di muri curvati in concavità e convessità come nel così detto Teatro
Marittimo e nel padiglione di Piazza D’oro della Villa Adriana , nel gruppo degli edifici di
Baia ed in altri dei quali ci è pervenuto ancora il ricordo, attraverso disegni di artisti del
Rinascimento (fig.27).
Tutti questi edifici hanno lunghe propaggini in costruzioni di epoche successive, delle
quali rappresentano se non la diretta derivazione, sicuramente il germe delle soluzioni staticocostruttive in essi attuate.
L’associazione in tutti questi edifici, nel grande spazio centrale con quelli minori se porta
una grande varietà di forme ed effetti suggestivi e scenografici, mantiene inalterato, come si è
detto, il principio statico costruttivo delle resistenze passive, riscontrato nell’esempio del
Pantheon , in quanto l’equilibrio delle volte di copertura è ancora affidato alla resistenza delle
notevoli masse di piedritto.
Si ha però in essi una più sottile ricerca dell’equilibrio statico, un ingegnosa disposizione e
diminuzione delle sezioni di piedritto che si accentua sempre di più sostituendo al concetto
esuberante della grande massa murale del Pantheon quello dello svuotamento dei piedritti,
della concentrazione delle azioni nei contrafforti interni, nonché l’azione di resistenza passiva
delle murature degli ambienti addossati che interviene a sostituire la diminuita mole del
piedritto ed a sopperire alla sua mancanza di continuità.
30
Impossibile l’esame statico costruttivo di un così vario gruppo di edifici. Al solo scopo di
fissare le idee, prenderemo in esame uno dei più noti, il così detto Tempio di Minerva Medica
in Roma (fig.28).
Questa costruzione a pianta decagonale è coperta da una volta sferica di 24 metri di
diametro; nella zona inferiore si aprono in ogni lato del poligono delle grandi nicchie a pianta
semicircolare di m. 6 di diametro coperte a volte emisferiche (AA).
Tali nicchie non sono più contenute nello spessore del muro di piedritto come nel
Pantheon, ma si accentuano all’esterno e vengono a costituire degli ambienti che contornano e
si addossano a quello centrale.
Subentra in questo caso il concetto già enunciato, non dell’equilibrio della ossatura di un
ambiente unico quasi di per sé stante, ma il gioco delle masse di una serie di ambienti (la cui
disposizione è conseguenza logica di un chiaro concetto statico-costruttivo) tutti collegati a
formare un unico scheletro resistente dell’edificio.
Una verifica delle condizioni di stabilità ci dimostra meglio di ogni altro ragionamento
questo asserto (fig.29).
Vediamo infatti che la linee delle successive risultanti rimane effettivamente nel nocciolo
centrale delle sezioni del piedritto in tutta la zona superiore di esso, garantendo così la
stabilità della volta centrale. In tale zona il piedritto risulta quindi proporzionato all’ ufficio
statico cui esso è destinato.
Continuando la determinazione delle successiva risultanti nella zona inferiore, senza tener
conto degli ambienti addossati, noi vediamo come al piede dell’edificio, tale risultante esca
dalla sezione d’appoggio.
L’equilibrio deve quindi considerarsi affidato in piccola parte alla resistenza a trazione delle
ottime malte di calce e pozzolana con le quali è costruito è soprattutto all’azione passiva delle
masse rurali degli ambienti semicircolari, che si addossano all’edificio e costituiscono
evidentemente dei necessari contrafforti.
Più esattamente, l’equilibrio della cupola è assicurato dai contrafforti esterni esistenti nella
parte superire del monumento (fig.28) ed alla inserzione dei muri delle absidi ai pilastri che da
a questi una forma planimetrica ad Y.
Il movimentato insieme spaziale del monumento nasce dalla pianta nella quale è previsto
uno scheletro costruttivo articolato a mosso, che dimostra l’alto grado di padronanza dei
problemi statici raggiunto dall’ignoto architetto. Padronanza che non è del singolo ma
31
dell’epoca perché il monumento esaminato non è isolato, ma è un esempio di una lunga e
numerosa serie.
Una prova indiretta del concetto di contraffortamento affidato alle absidi noi lo troviamo
nelle costruzioni aggiunte in epoca posteriore, (IV sec) che circondano l’ edificio (BB),
eseguite certamente allo scopo di consolidarlo, quando per naturale degradamento o per altre
cause, l’azione di resistenza passiva delle strutture addossate all’ambiente principale si era forse
mostrata insufficiente.
In questo edificio il rapporto fra la luce dell’ambiente e la sezione del piedritto, scende al
valore di 0.15; esso ha quindi una sezione resistente minima rispetto a quella del Pantheon e
di altri edifici consimili, realizzabile grazie ad una diversa e ben studiata disposizione delle
masse murali.
Altro rilievo di notevole interesse nasce dal fatto che lo spessore della cupola e di soli 60
cm; i nostri manuali danno per volte di uguale luce, senza sovraccarico (come quella in
esame) uno spessore variabile da 45 a 60 cm.
Se si tiene conto che essa è a concrezione e non in muratura, nonché della minore
resistenza del calcestruzzo rispetto a questa ultima, si vede che lo spessore della cupola è tale
come se vi fosse intervenuta a calcolarlo la moderna scienza delle costruzioni.
Vedremo in seguito come lo schema statico costruttivo di Minerva Medica e la singolare
disposizione delle strutture resistenti che in essa abbiamo esaminato, si ritrovi in altri edifici
in epoche architettoniche molto posteriori, senza però con questo volere entrare in questioni di
origine e derivazioni di forme e di tipi architettonici che esulano dal nostro studio e della
nostre possibilità.
Esso però possiamo consideralo il prototipo di tutta la estesa serie degli edifici che
potremmo chiamare a ghirlanda, formati cioè di un vasto ambiente centrale e da una corona
di ambienti minori innestati in modo da costituire, agli incontri dei muri, dei contrafforti di
resistenza alla spinta della cupola dell’ ambiente centrale. Soluzione planimetrico costruttiva
ammirevole per arditezza e soprattutto per effetto scenografico, per la varietà delle forme,
della quale vedremo la evidente continuazione nelle architetture nei secoli successivi.
Il terzo gruppo di edifici a pianta rettangolare con muro di forte spessore ed a contrafforti
interni ed esterni, e pure molto numeroso e trova uno dei suoi massimi esempi nella cella del
Tempio di Venere A Roma, mentre infiniti sono quelli di piccole dimensioni, per lo più edifici
funerali nei quali la spinta della volta è unicamente assorbita dal muro di piedritto che ha
sempre il necessario spessore (fig.30).
In questi edifici è evidente l’applicazione dello stesso principio statico costruttivo che ha
informato la costruzione del Pantheon in base al quale l’equilibrio della copertura a volta è
affidato alla massa di piedritto e alla sua resistenza passiva.
Nei maggiori esempi il piedritto è reso discontinuo e quasi interrotto da numerose nicchie
ed aperture, così che esso viene a risultare composto da una serie di contrafforti interni od
esterni, sui quali si concentra l’azione della volta e che resistono ad essa in virtù della loro
massa, non altrimenti di quanto abbiamo visto nel Pantheon.
Tornando alla classificazione fatta al principio del capitolo rimane ancora da esaminare un
altro importante gruppo di edifici nei quali lo scheletro resistente è diversamente concepito da
quelli fino ad ora esaminati: quello degli organismi a pianta basilicale o pseudo basilicale,
longitudinale o centrale, coperti a volta.
In questi edifici è tipica la pianta basilicale con sostegni interni discontinui nei
quali,mediante una corta distribuzione delle azioni ed una organicità di tutta la ossatura
resistente, è stato possibile realizzare la copertura a volta murale.
Tipici gli esempi della pseudo basilica di Massenzio ed delle grandiose sale delle terme di
Caracalla e di Diocleziano; ancora più caratteristici la Basilica sotterranea di Porta Maggiore
in Roma, il cosiddetto tempio di Diana a Nimes la sala dei mercati Traianei, basilica del
palazzo di Domiziano sul palatino e altri numerosi.
32
Per meglio renderci conto degli schemi statici costruttivi di questi edifici, ne esamineremo
due dei più importanti e significativi, diversi per la concezione del loro scheletro resistente: la
basilica di Massenzio è quella del palazzo di Domiziano al Palatino, che si possono
considerare come prototipi e che hanno certo servito di esperienza costruttiva per una lunga
serie di organismi architettonici sviluppatosi nei secoli successivi sino alle cattedrali
romanico-gotiche ed alle chiese della Controriforma.
La basilica di Massenzio
E’ costituita da un grande ambiente principale coperto da un sistema di tre grandiose volte a
crociera di circa 23 metri di luce che concentrano la loro azione di spinta su dei grandi muri di
piedritto disposti in senso normale all’asse dell’ ambiente principale (fig.31).
Detti muri limitano le navate laterali, normali a quella centrale coperte da grandi volte a
botte che si impostano sui muri sedetti.
Appare evidente come tutto l’equilibrio del sistema sia affidato ai muri di piedritto
trasversali, riceventi l’azione delle crociere di copertura della navata centrale, nonché quella
delle volte a botte che coprono le navate laterali, utile questa ultima agli effetti della stabilità
del sistema.
33
Facendo una sommaria verifica di stabilità di uno di questi muri di piedritto (fig.33) risulta
evidente che:
1-la spinta della crociera della navata centrale lascia completamente scarica i peducci
delle crociere, di modo che le colonne poste a sorreggerli non sopportano l’azione della volta
e non hanno alcun ufficio statico principale;
2-la linea delle successive risultanti è sempre compresa nel terzo medio di ogni sezione
che si consideri del piedritto, così che le dimensioni di questo risultano giustamente
determinate e non si verificano in esso sollecitazioni di trazione.
34
Altro edificio importante che nella forma planimetrica segue più esattamente il tipo
basilicale è, come si è detto, la basilica del palazzo di Domiziano (fig.34).
Dalla verifica di stabilità, che ha più che altro valore dimostrativo, risulta chiaramente
attuato un altro concetto: quello dello sdoppiamento della funzione delle ossature di piedritto.
Infatti l’azione di spinta della volta è assorbita dal muro di perimetro, di spessore appena
sufficiente a contenere nella sezione di base la risultante delle azioni che in essa si esercitano
e che è stato opportunamente contraffortato dalle serie dei muri esterni ad esso normali.
Le colonne non risultano sottoposte all’azione di spinta della volta ma ne sostengono però
parzialmente il peso.
Pertanto le due funzioni caratteristiche del piedritto, di sostegno alle azioni di peso e di
appoggio a quelle di spinta, vengono in questo caso, quasi separate e affidate a due diverse
strutture: le prime alle colonne interne e le seconde al muro perimetrale.
Tele concetto, embrionale in questi edifici, lo troveremo largamente applicato e sviluppato
in organismi di successive epoche architettoniche.
Quanto abbiamo fino ad ora esaminato non deve essere considerato sotto il punto di vista
storico della architettura, bensì come somma di utili nozioni pratiche sulla applicazione del
principio costruttivo della volta, che ci conduce alla conoscenza, sia pure empirica e
sommaria, di complessi organismi statici costruttivi, i quali hanno raggiunto un alto grado di
evoluzione e che risultano in determinati temi tuttora applicabili.
35
Rimane infine da esaminare la serie degli edifici basilicali a pianta centrale coperti a volta,
che negli schemi più evoluiti appaiono nella architettura romana in epoca tarda, per quanto il
tipo ad ambiente centrale e deambulatorio periferico si tutt’altro infrequente.
I maggiori esempi gli abbiamo nel mausoleo di S. Costanza nel IV sec. in Roma, forse nel
battistero di Nocera dei pagani; altri ormai scomparsi li troviamo nei disegni di artisti del
Rinascimento: un edificio presso Marino disegnato da Giuliano da Sangallo, il calidario delle
terme Costantine disegnato dal Palladio, l’edificio di Villa Medici in Roma del quale si ha
notizia dai disegni di Sallustio Peruzzi(fig.35 ) ed alcuni altri notevoli.
36
Nel mausoleo di Santa Costanza la cupola che copre l’ambiente centrale passa sulla serie di
colonne che dividono tali ambiente dalla navata , coperta da una volta a botte anulare (fig.36).
La cupola dell’ambiente centrale trasmette ai sostegni discontinui, azioni di peso e di spinta;
queste ultime sono però neutralizzate in parte dalla controspinta dovuta alla volta della navata
periferica.
Il muro perimetrale esterno di notevole spessore, sopporta la spinta della volta a botte
anulare della navata secondaria, la quale trasmette ad esso anche una parte della spinta dovuta
alla cupola centrale.
In tale organismi vediamo ancora attuato, sia pure in modo più diverso, il concetto statico
informatore dei sistemi basilicali longitudinali; lo sdoppiamento cioè delle strutture di
piedritto in una struttura interna discontinua sollecitata essenzialmente da azioni di peso e di
una struttura perimetrale continua che ha l’ufficio di assorbire anche la spinta della volte di
copertura.
Riepilogando, negli organismi romani a volta, noi possiamo riconoscere applicati i
seguenti principi statici costruttivi, alcuni in modo evidente, altri solamente in modo
embrionale:
1- Principio delle resistenze passive, in quanto l’equilibrio dell’ organismo è affidato in
massima parte alla resistenza passiva delle masse di piedritto il cui peso proprio è sufficiente a
neutralizzare le azioni di spinta delle volte, che si esercitano generalmente per tutto il loro
perimetro e che costituiscono, costruttivamente parlando, la più semplice concezione
dell’organismo a volta.
2- Principio del contraffortamento interno, attuato con la disposizione della muratura di
piedritto apparentemente discontinua e con il concentramento delle masse del piedritto, che
esercita sempre una azione di resistenza passiva, nei punti di innesto degli ambienti secondari.
37
I muri di questi ambienti esercitano una funzione statica principale in quanto contribuiscono
all’equilibrio del sistema (Minerva Medica).
3- Concetto delle strutture interne trasversali resistenti, che con il loro peso e la loro
mole, assicurano l’equilibrio del sistema delle volte di copertura, che concentrano le loro
azioni su tali strutture interne e trasversali.(Basilica di Massenzio, Mercati Traianei).
4- Concetto dello sdoppiamento del piedritto in due strutture, una delle quali destinata a
ricevere solo le azioni di peso della copertura, e l’ altra quella di spinta.(Basilica del palazzo di
Domiziano).
Interessanti sono pure nella architettura romana altri concetti di carattere però
essenzialmente costruttivo tendenti ad ottenere un alleggerimento delle volte e quindi una
spinta minore, con l’impiego di materiali leggeri, pomice o scorie vulcaniche, o con
l’inserzione di vasi di terracotta nella loro massa; caratteristico è anche l’altro di diverso ordine,
che introduce nel conglomerato delle volte, archi laterizi quasi ad incanalarne le spinte verso
punti determinati del piedritto e a scindere in modo molto embrionale la volta medesima in
ossatura resistente ed in pannelli di riempimento.
Il primo di questi concetti lo troviamo attuato nella cupola del Pantheon formata nella parte
superiore da un conglomerato a base di pomice: nel mausoleo di S.Costanza, nelle Terme di
Caracalla, nel Tempio di Venere a Roma e in altri monumenti. L’impiego dei vasi di terracotta
è frequentissimo in numerosi edifici tra i quali ricordiamo la Villa dei Gordiani ed il sepolcro
di S. Elena, le terme Stabbiane a Pompei, le costruzioni dell’ Africa settentrionale, ecc.
L’ altro concetto dell’adozione degli archi laterizi quasi a canalizzare le azioni della volta, è
troppo noto e frequente per dover citare degli esempi. Ricordiamo tuttavia, fra i più
significativi, gli archi della villa dei sette bassi, dell’arco quadrifronte di Malborghetto, delle
terme di Diocleziano, disposti secondo le diagonali delle crociere, quelli del Colosseo disposti
secondo le direttrici delle volte a botte, quelli di Minerva Medica e del Tempio di Portunmo a
Porto disposti secondo i meridiani della cupola.
Giunti a questo punto sarebbe molto proficuo riesaminare con criterio architettonico i vari
gruppi di edifici che abbiamo considerato sotto l’aspetto costruttivo, per poter comprendere in
pieno tutta la grandiosità della architettura romana a volta.
Vedremo così nelle loro pareti esteriori la finzione essenziale di resistenza;
vedremo all’interno, l’armonico alternarsi di nicchie e di piedi, di innesti all’ambienti
principale di quelli laterali o periferici, che vanno trovare il loro posto fra i contrafforti e a
conferire ad essi una espressione estetica;
vedremo le combinazioni più varie ed ingegnose delle forme curvilinee con quelle
rettilinee, ricavare con una fantasia inesauribile che ha però le sue radici su criteri storici;
vedremo gli effetti grandiosi di masse imponenti che si contrappongono in un gioco di
equilibrio sapiente.
Gli ordini architettonici, gli elementi decorativi più ricchi, i rivestimenti di preziosi marmi
policromi hanno una funzione del tutto secondaria e spariscono quasi di fronte agli elementi
della resistenza portati da una funzione architettonica.
E’ una architettura organica di masse che crea, assieme alla grande costruzione, le linee e le
forme di essa.
Architettura degli spazi che nasce con le fondazioni degli edifici, trova uno sviluppo logico
nel sistema costruttivo e si esprime con un sentimento di robustezza, calma e sicura, che
infonde nettamente al nostro spirito il senso della eternità.
38
Capitolo 3
ORGANISMI CON VOLTE A VELA ED A CUPOLA
SISTEMI BIZANTINI
Nei primi esempi di questi organismi risulta in special modo evidente la derivazione dei
generali concetti costruttivi delle grandi costruzioni termali romana, sia nella disposizione
delle strutture di piedritto e dei contrafforti interni, sia nella combinazione delle azioni
esercitate dalle volte.
Queste rappresentano il sistema consueto di copertura e quasi generale è l’adozione dei tipi
a crociera rialzata, a vela e a cupola. Questa ultima viene costantemente impiegata a copertura
degli ambienti principali anche se il perimetro di essi è rettangolare, quadrato o poligonale;
naturalmente viene di conseguenza l’adozione di volte di raccordo per rendere possibile
geometricamente e staticamente la copertura dell’ ambiente.
Come per gli organismi a volta dell’Impero Romano, possiamo procedere al loro esame,
raggruppandoli a seconda delle forme planimetriche, strettamente connesse a quelle
strutturali.
Un primo gruppo è quello costituito dalla numerosa serie di edifici con un ambiente
principale o più ambienti a pianta quadrata coperti a cupola.
Un secondo gruppo è quello degli edifici a pianta centrale di forma poligonale essi pure
coperti a cupola.
Tra i maggiori del primo gruppo potremmo ricordare dalla S.Sofia e dal San Pietro e San
Marco di Costantinopoli, fino a San Teodoro in Atene, al S.Front di Peigneux, a San Marco di
Venezia (figg.37-40) ed alle moschee mussulmane che riproducono lo schema strutturale fino
all’ era nostra.
Tra gli edifici del secondo gruppo a pianta centrale , possiamo citare, tanto per fissare le
idee, San Sergio e Bacco a Costantinopoli (fig.41), San Giorgio a Salonicco (Fig. 42), San
Salvatore fuori le mura a Costantinopoli; di questi gruppi abbiamo voluto ricordare soltanto i
tipi più noti essendo troppo numerosi gli esempi nelle architetture dei paesi balcanici e le
derivazione in quelle dell’occidente europeo.
Degli edifici del primo gruppo, le cupole a copertura degli ambienti quadrati, esercitano la
loro azione, sia direttamente, sia per mezzo dei pennacchi sferici di raccordo lungo tutto il
perimetro degli archi di collegamento dei piloni posti all’ angolo dell’ ambiente quadrato.
Si ha quindi un concentramento di tale azione sui piloni d’angolo ed una spinta obliqua
sugli arconi di raccordo.
Per l’ equilibrio del sistema è quindi necessario che non solo il piedritto resista alla spinta
della cupola, trasmessagli dai pennacchi, e che sia convenientemente contraffortato, date le
grandi dimensioni che esso può avere, ma che venga altresì neutralizzata la spinta obliqua
sugli archi anzidetti. A questo viene provveduto con tutto il sistema delle volte di copertura
degli ambienti secondari e dei relativi piedritti che con il loro peso proprio assicurano
l’equilibrio del sistema (fig.43,44).
Tali concetti risulteranno più chiari esaminando il maggiore degli esempi citati: Santa
Sofia di Costantinopoli (fig.45).
In essa l’azione della grande cupola centrale è riportata dagli archi di collegamento sui
quattro piloni principali posti ai vertici dell’ambiente centrale, che assicurano l’equilibrio dei
sistemi in virtù della loro resistenza passiva, opportunamente accentuata dalle muratura di
piedritto e dell’azione delle volte degli ambienti angolari minori.
Le spinte oblique agli archi che collegano i quattro piloni sono neutralizzate in parte dai
piloni stessi, sopraelevati fino al piano di imposta della cupola, ed in parte dalle due vuole
emisferiche degli ambienti secondari e dal sistema delle volte minori e dei relativi piedritti,
39
che per effetto del loro peso proprio assicurano l’equilibrio del sistema. E’ da notare a maggiore
intelligenza delle considerazione che faremo appresso, che tali valvole secondarie che
completano l’organismo statico costruttivo, agiscono per effetto del peso proprio e non
esercitano alcune azione di controspinta di particolare rilievo, considerare le loro piccole
dimensioni.
40
41
Nei confronti dei sistemi romani, risulta in questi organismi ugualmente seguito il concetto
delle resistenze passive delle masse di piedritto; vi si nota però più accentuato quello della
concentrazione delle azioni della volta dell’ambiente principale su alcuni elementi del
piedritto, che risultano dei semplici organismi di sostegno, e l’altro della azione di
contraffortamento affidata alle volte e ai muri degli ambienti minori che costituiscono dei veri
propri organismi di appoggio della copertura principale.
42
È da notare in oltre che l’adozione della pianta quadrata e la forte discontinuità del piedritto,
permettono di dare unità allo spazio centrale formato da più ambienti, fino a renderlo quasi un
ambiente unico non interrotto da sostegni intermedi (Santa Sofia e San Front, San Marco).
Ciò rappresenta evidentemente un ulteriore progresso nella soluzione del problema della
copertura a volta dei grandi ambienti, copertura che non viene realizzata con una sola grande
volta, (che impone la problema difficoltà eliminati insuperabili) ma con una serie di volte di
minore ampiezza, fuse tra loro, le quali richiedono minore mole delle strutture di piedritto
esemplificano sostanzialmente la soluzione costruttiva del problema, anche se è necessario
ricorrere nella disposizione degli elementi dell’organismo statico, a sistemi più complessi ed
avveduti. E’ da notare infine che i muri perimetrali di questi sistemi non esercitano un ufficio
statico principale.
Altra caratteristica di queste strutture la troviamo, in un gran numero di schemi,
nell’apparente paradosso statico della cupola dell’ ambiente centrale poggiata su dei sostegni
isolati (figg.43,44). Tale disposizione, ripresa e sviluppata dall’architettura dell’Oriente
Europeo, alle sue più importanti espressioni nelle chiese cristiane ortodosse e nelle grandi
moschee di Costantinopoli dei secoli XVI e XVII (Suleiman, Bajazid, Ahmed).
La disposizione di tal genere di strutture permette di concentrare l’azione di peso della
cupola ai vertici dell’ambiente centrale, sui pilastri (o colonne) isolati, e quelle di spinta sulle
coperture e sui muri degli ambienti minori e segnatamente di quelli posti in corrispondenza
dei vertici del quadrato di base dell’anzidetto ambiente principale (fig.46).
Gli edifici del secondo gruppo a pianta
circolare e poligonale coperti a cupola e
circondati da sistemi di altri ambienti
coperti
a
volta,
non
differiscono
essenzialmente come organismo statico dai
precedenti.
In essi la cupola dell’ambiente principale
è sostenuta dalle strutture intermedie di
piedritto, mentre il sistema delle volte e dei
piedritti degli ambienti secondari, contrasta
la cupola e ne contrafforta i piedritti che
risultano, rispetto agli analoghi esempi
dell’architettura romana, ridotti a più piccole
dimensioni.
Sotto l’aspetto costruttivo è interessante
notare negli organismi bizantini, l’adozione
di due concetti che prevalgono nella
struttura delle grandi volte: quello
dell’alleggerimento della loro massa ottenuto
con l’inclusione dei materiali leggeri, e
quello di rendere minimo il carico sostenuto
dalle centine durante la costruzione delle volte stesse, accorgimento tanto più necessario in
regioni dove il legname scarseggiava. Tutto ciò veniva ottenuto disponendo durante la
costruzione i giunti degli elementi della volta, non radiali, bensì con un’inclinazione minore
rispetto al piano orizzontale, in modo che i vari anelli della cupola potessero reggersi, durante
la costruzione, almeno in parte per effetto della forza d’attrito (fig.47).
E’ pure seguito, sempre allo stesso scopo, il concetto della costruzione per archi meridiani
che una volta serrati, potevano costituire quasi armatura di sostegno alle murature degli
spicchi intermedi.
Notevole è infine il concetto della rialzatura delle volte a crociera effettuata anch’essa allo
stesso fine (fig.48).
43
Nell’architettura bizantina è evidente la continuità del pensiero architettonico di Roma
antica, il ramo vigoroso che nasce dal trono romano. L’esame statico-costruttivo che abbiamo
fatto ce la dimostra in pieno. E’ naturale perciò che anche in questa architettura si riscontrino
gran parte dei caratteri estetici dell’architettura romana; è naturale che anche in essa, arte e
tecnica risultino una cosa sola.
E’ ancora e soprattutto un’architettura spaziale che sorge con la pianta dell’edificio; è ancora
lo scheletro costruttivo che determina le varie masse dell’edificio ed i loro rapporti.
L’organismo estetico progredisce; i contrafforti interni diventano esterni, le sale affiancate
si fondono in un ambiente unico che in S.Sofia supera una luce di 60 metri.
L’architettura domina gli spazi e assume un più alto valore unitario. All’esterno dell’edificio
è spesso trascurato e risalta solo con la sua mole maestosa forse troppo imponente e talvolta
pesante, cui però da movimento la serie delle piccole cupole e delle volte che fanno corona a
quella principale.
L’interno è invece curato al massimo con i rivestimenti più ricchi e fantasiosi di marmi
policromi, di maioliche, di mosaici sfavillanti che rivestono tutte intere le pareti. E’ una
decorazione esuberante, sontuosa, che ha carattere e vita propri, indipendente quasi dalle
masse dell’edificio, che non è fusa in modo organico con la struttura.
Più tardi l’architetto vuole ingentilire anche l’esterno, alleggerire la mole talvolta schiacciata
e pesante degli edifici. E allora impiccolisce le cupole, le solleva su alti tamburi, traforati di
finestre e decorati da sottili colonne sostenenti arcate cieche.
Anche le pareti esterne vengono decorate da colonne e arcate, da ricorsi alternati di pietre
di diverso colore, frastagliate da cortine di mattoni disposti in mille disegni geometrici.
E’ una decorazione in parte organica discendente dallo scheletro costruttivo, e in parte
indipendente da questo, che conferisce ai mutamenti dell’architettura bizantina i caratteri noti.
Quello però che sopra ogni altra cosa sta a fondamento di quest’architettura, sono lo
ripetiamo, le soluzioni costruttive che determinano i valori spaziali ed i rapporti estetici delle
sue masse.
44
Capitolo 4
EDIFICI LATINI
Affine ai precedenti è un altro gruppo di edifici italiani che da molti è senz’altro compreso
tra le costruzioni dell’architettura bizantina, pur differendo da questa per alcuni concetti
statico costruttivi importantissimi.
Tale gruppo è costituito dalle fabbriche ravennati del V e VI secolo, dal S.Lorenzo di
Milano e da altre costruzioni lombarde già esaminate nel corso di architettura generale.
Esse rappresentano una nuova tappa del progresso costruttivo: l’organismo diviene più agile
e più vario, si svincola dalle grandi masse murarie che appesantiscono i monumenti
dell’architettura romana e bizantina, mentre comincia a delinearsi un’architettura nuova nelle
proporzioni e nelle masse, nella veste decorativa.
Questi monumenti sono contemporanei o anteriori alle grandi costruzioni dell’architettura
bizantina e pur avendone talvolta la veste decorativa, hanno proporzioni e scheletri costruttivi
che differiscono da quelli che abbiamo esaminato, per i caratteri cui si è sopra accennato.
Uno dei più caratteristici, il S. Vitale di Ravenna (fig.50), che nella planimetria presenta
spiccate analogie con il S. Sergio e Bacco a Costantinopoli (fig. 41), anziché avere una cupola
unica e massiccia, ha una doppia copertura; quella dell’ambiente costituita da una cupola
45
murale e quella dell’edificio, a tetto ligneo, poggiata sul muro perimetrale dell’ambiente
centrale, rialzato fino al disopra dell’imposta della cupola.
Il concetto statico di questa disposizione è evidente: la cupola murale, perdendo il carattere
di elemento essenziale e di stabilità permanente, non ha altro ufficio che di sorreggere se
stessa. Viene eliminato ogni sovraccarico accidentale, ed essa, non dovendo proteggere
l’edificio, può ridursi ad una sezione e peso minimi.
Il peso del muro di perimetro, prolungato in altezza, e quello del tetto sovrastante, danno
un ulteriore notevole contributo alla sua stabilità, aumentando la resistenza passiva del
piedritto; nel caso particolare, l’inclusione dei vasi di terracotta disposti secondo i paralleli
nella massa della cupola, ne alleggeriscono le azioni sul piedritto, portando un ulteriore
incremento alla stabilità dell’organismo.
In conseguenza di tutto ciò, le masse murali risultano notevolmente ridotte e slanciate,
fino a raggiungere proporzioni che possono considerarsi fra le minori di tutti i sistemi finora
considerati.
L’equilibrio dell’organismo è ottenuto anche in questo caso per effetto della resistenza
passiva sia dei pilastri di piedritto (sui quali però si concentrano in modo prevalente azioni di
peso), sia degli ambienti secondari che completano e contraffortano l’ossatura dell’ambiente
principale.
In esso è introdotto però il nuovo concetto dello sdoppiamento della copertura e dell’azione
utile del tetto e della parte superiore del muro di recinzione dell’ambiente centrale, concetto
che chiameremo delle resistenze attive, comune in tutto il gruppo degli edifici considerati.
La caratteristica più importante di questo gruppo di edifici (che chiameremo latini)
dell’alleggerimento della cupola dell’ambiente centrale e della riduzione della sezione delle
relative strutture di piedritto e soprattutto quello
importantissimo e nuovo della doppia copertura, lo
distaccano in parte dagli organismi dell’architettura
bizantina, per riallacciarlo alla tradizione costruttiva
italiana che dall’antica Roma (in cui non mancano
esempi di doppie strutture embrionali nei ninfei del
Claudium, nella tribuna dello Stadio Palatino, in una
sala della Villa Adriana ed in un padiglione della Villa
Neroniana a Subiaco) sboccherà negli esempi completi e
grandiosi delle cupole doppie del Rinascimento.
Un esempio forse ancora più importante del S.Vitale
è rappresentato dal S.Lorenzo di Milano (del V secolo se
non del IV), anteriore quindi al S.Vitale stesso e
antesignano della produzione giustinianea. La varietà
della sua composizione planimetrica che dall’impronta a
tutto il monumento, il deambulatorio mistilineo, la
grande cupola contraffortata da questo e dalle esedre ed
infine le quattro torri poste agli angoli quasi a fermare
ed inchiodare le spinte verso l’esterno, le sezioni
resistenti dei muri ridotte al minimo, rappresentano una
tale bellezza e agilità di soluzione, da farne uno dei
capisaldi ella storia dell’architettura.
In tutto è una sintesi, una concezione più affinata e
nuova di un’architettura costruttiva, scenografica e
spaziale, che da Minerva Medica a S.Vitale, a S.Sergio e
Bacco di Costantinopoli, al battesimo degli Ariani,
raggiunge in questo monumento la sua più completa
espressione.
46
Capitolo 5
ORGANISMI BASILICALI A VOLTA
Questi organismi ci presentano una struttura resistente caratteristica che il risolve il non
facile problema di coprire a volta edifici a pianta basilicale i cui modesti sostegni intermedi
risultano nello schema generale già esaminato, assolutamente inadatti a resistere a qualsiasi
azione di spinta.
La soluzione di tale problema, alla quale si giunge attraverso secoli di lenta evoluzione e di
tentativi, trova la sua espressione più completa nelle cattedrali romaniche e gotiche.
Già nell’antica Roma non mancano esempi di edifici a pianta basilicale coperti a volta: il
Tempio di Diana a Nimes, la basilica sotterranea di Porta Maggiore a Roma e altri monumenti
noti, stanno a dimostrarlo.
Si tratta però di schemi staticamente diversi ed incompleti, ma che tuttavia possono
dimostrare assieme ad altri edifici della civiltà Romana, cui accenneremo, come
probabilmente l’organismo gotico abbia avuto in essi le sue lontano propaggini.
Omettiamo la descrizione della cattedrale romanica e della gotica, già note nei loro
molteplici esempi.
Dall’esame della fig. 53 nella quale è fatta a scopo dimostrativo una verifica di stabilità,
secondo una sensazione trasversale dell’organismo di una cattedrale gotica, possiamo notare:
1) Che lo scheletro costruttivo può anzitutto considerarsi formato da un insieme di
strutture principali resistenti, disposte in senso trasversale all’edificio, composte dalle volte,
dal piliere, dall’arco rampante e dal contrafforte, sulle quali si concentrano le azioni delle
volte a crociera che coprono le navate centrali e laterali.
2) Che la spinta della volta della navata centrale si compone con la reazione dell’arco
rampante (controspinta) e con il peso del muro divisorio della navate, avvicinandosi alla
verticale (risultate R2).
3) Che tale risultante, componendosi ancora con l’azione della volta della navata
laterale, e successivamente col peso del piliere, da una risultante R3 ancora più vicina alla
verticale e, naturalmente, contenuta nel nocciolo centrale della sezione d’appoggio. In tal
modo il piliere può considerarsi come sollecitato quasi unicamente da azioni di peso, non
diversamente da quanto si verifica in un ordinario organismo basilicale.
4) L’azione dell’arco rampante sul contrafforte, si compone con il peso di questo e del
pinnacolo e successivamente con l’azione di spinta della volta della navata laterale. La
risultante di queste azioni rimane entro il nocciolo centrale delle varie sezioni del
contrafforte, il quale, non più interno dell’ambiente, assicura l’equilibrio del sistema per
effetto del proprio peso.
Riepilogando, in questo organismo possiamo distinguere tre elementi principali:
- il piliere, che è assoggettato interamente ad azione di peso e che ha quindi essenzialmente
una funzione di sostegno;
- l’arco rampante, che riporta la spinta della volta della navata centrale sul contrafforte,
ossia verso il perimetro dell’edificio (organo di trasmissione), ed infine
- il contrafforte, al quale viene in definitiva ad appoggiarsi tutto il sistema, e che con la sua
resistenza passiva neutralizza le spinte delle volte delle navate centrali e laterali (organo di
appoggio).
Il piliere, eliminata in esso ogni azione di spinta assume dimensioni paragonabili a quelle
colonne degli ordinari sistemi basilicali e l’interno della cattedrale non più ingombrato da
grandi masse murali, come nei sistemi pseudo basilicali romani (Massenzio), viene quasi ad
47
assumere l’aspetto di un ambiente unico, nel quale non è più impedita la visuale dell’altare
maggiore.
Il contrafforte invece di risultare all’interno, viene portato esternamente con ulteriore
vantaggio per l’unità architettonica dell’ambiente interno.
Nell’organismo della cattedrale gotica, risulta chiara l’applicazione di molti dei concetti che
hanno informato le costruzioni a volta dei periodi precedenti e si può dire in modo assai
generico, che sommi in sé molte delle conoscenze statiche e delle esperienze fino allora
acquisite nel campo delle costruzioni a volta, portate però in queste applicazioni ad un alto
grado di perfezione ed attuate con grande ardimento e perizia.
48
Tra le principali possiamo notare infatti:
a) Concetto delle strutture resistenti trasversali e della concentrazione su di esse delle
azioni delle volte, mediante un‘opportuna disposizione di queste strutture e delle volte
medesime (Basilica di Massenzio,Scala dei Mercati Traianei, ecc.).
b) Concetto dell’alleggerimento e diminuzione della spinta delle volte attuato con lo
sdoppiamento della copertura, nelle volte che coprono l’ambiente e nel tetto che protegge
l’edificio (sistemi latini).
c) Concetto dello sdoppiamento delle strutture di piedritto, in una destinata a resistere
alle azioni di peso e l’altra a quelle di spinta (Basilica del Palazzo di Domiziano).
Concetti nuovi, per quanto non in un senso assoluto, sono quelli dell’azione dell’arco
rampante e della localizzazione delle spinte ottenuta per mezzo della speciale conformazione
delle volte a crociera, fortemente rialzate e costituite dalle nervature e dai pannelli che su
queste si appoggiano.
Tali nervature si possono considerare quindi come uno scheletro costruttivo che costituisce
l’ossatura portante delle volte; i pannelli invece semplicemente appoggiati ad esse, non hanno
ufficio statico principale e costituiscono quasi la parte sostenuta.
In conseguenza di ciò, le prime, assumendo il carico dei pannelli, lo riportano in punti ben
determinati (pilieri) nei quali vengono in tal modo a concentrarsi le azioni di più crociere
contigue, dando luogo così, alle caratteristiche strutture trasversali resistenti.
Altro contributo importante alla realizzazione dell’organismo statico è dato dall’impiego
dell’arco acuto il quale da sul piedritto, rispetto all’arco circolare, un’azione di spinta meno
inclinata rispetto alla verticale e quindi porta all’adozione di una minore sezione resistente del
piedritto.
Abbiamo detto che questi elementi non risultano assolutamente nuovi nella storia
dell’architettura, almeno sotto l’aspetto costruttivo; infatti le nervature le abbiamo viste
applicate nelle costruzioni romane, sia pure con diverso (od a noi non chiaro) criterio; l’arco
acuto, che era stato già largamente impiegato, specie nelle architetture orientali, l’arco
rampante impiegato come organo di trasmissione di spinte, ci è noto in alcuni esempi
dell’architettura romana (Basilica di Massenzio, Terme Diocleziane, Via Nova sul Palatino,
Sala dei Mercati Traianei, ecc.) nella Chiesa di S.Lorenzo di Milano ed in quella di S.S.Sergio
e Bacco a Costantinopoli. Esso però interviene nell’organismo gotico come elemento nuovo e
ci rappresenta la perfetta applicazione del nuovo principio statico delle resistenze attive e
delle controspinte.
L’applicazione di tutti questi concetti nell’organismo gotico è fatta con netta percezione dei
problemi statici e con grande perizia; la soluzione dell’ossatura costruttiva è perfetta ed è
portata al massimo grado di rendimento (ardimento), con lo slancio in altezza, con la
concentrazione delle azioni e degli elementi resistenti in pochi punti prestabiliti (nervature,
piliere, contrafforte), con il massimo sfruttamento della resistenza dei materiali.
I muri di perimetro, non più essenziali per la stabilità dello scheletro, sono traforati da
ampie aperture e da fragili e frastagliati elementi decorativi.
Una tale ossatura costruttiva ci mostra un innegabile progresso che giunge quasi ad un
virtuosismo tecnico nella grande economia delle masse murali resistenti e di un’eccessiva
sottigliezza delle strutture di piedritto che è forse la maggiore, fra tutte quelle dei sistemi a
volta.
Voler esaminare i problemi estetici dell’architettura romanico-gotica dal punto di vista
costruttivo e statico, non è un’impresa che si possa compiere in questa sede.
Tuttavia, sia pure alla scarsa luce delle nostre cognizioni non è difficile seguire, prima nel
periodo romanico e poi nel gotico, l’evoluzione dell’organismo statico cui si connette la
decorazione e l’espressione architettonica dei monumenti.
49
Teniamo ancora presente la chiesa, quale il più importante edificio su cui si concentra
maggiormente e intensamente lo studio e la cura degli uomini in queste due grandi epoche
architettoniche.
Vediamo che la chiesa romanica coperta a volta, riprendendo lo schema e la concezione
delle grandi sale termali romane, attraverso lo sviluppo della volta a crociera che si perfeziona
e si alleggerisce con la rialzatura ed i costoloni si avvia a mano a mano alla soluzione perfetta
del problema statico ad essa inerente, soluzione sulla quale si impernia per secoli l’attività
architettonica.
Quando è ancora incerta, le proporzioni dell’edificio rimangono tozze, vi permane il senso
delle masse di esuberante stabilità dell’architettura romana, ma in modo ibrido, disorganico,
perché lo scheletro costruttivo non è più quello romano, ma non è ancora un altro.
Manca lo slancio, la padronanza dei mezzi tecnici, la sicurezza dell’architetto.
Quest’incertezza, questa mancanza di deciso dominio dello spazio e dei mezzi, si risente nelle
proporzioni delle diverse parti, nell’espressione esterna. Spesso la facciata non è che un muro
chiuso e liscio, nel quale spicca però l’unico elemento della decorazione, il portale: una
gemma incastonata nel monumento che non ha relazione alcuna con il suo organismo.
Successivamente, è il forte movimento che distingue l’edificio. Quando l’organismo, non si
può sviluppare in pieno, l’edificio si arricchisce di torri che rinserrano la facciata, del tiburio o
della timida cupola all’incrocio delle navate.
Esso acquista una grande leggiadria pittorica e scenografica il cui effetto è ancora ricavato
dall’organismo murale che si distingue per il forte movimento delle masse.
A mano a mano che la pesante mole delle pareti e dei pilastri si alleggerisce, grazie al
progredire del problema tecnico, a mano a mano che l’interno diviene più ampio e luminoso,
quando cioè l’architettura gotica acquista la completa padronanza della statica, l’aspetto
esteriore rispecchia questa sicurezza, l’edificio si innalza e si snellisce, perché lo scheletro gli
conferisce queste proporzioni ardite e slanciate.
Quanto più la padronanza tecnica è assoluta, tanto più le masse murarie si assottigliano e si
lanciano verso il cielo e si fanno ardite, tanto più la decorazione, perduta la primitiva
timidezza che la faceva rifugiare nell’elemento dettaglio, segue ed invade le parti strutturali.
La chiesa gotica mostra nei fianchi, sinceramente, lo scheletro della costruzione: i robusti
contrafforti, che la decorazione tenta di alleggerire e snellire con le guglie ed i pinnacoli; la
serie scenografica degli archi rampanti con i loro merletti di marmo; la trifore, le arcate, le
grandi finestre, che alternandosi ai contrafforti, dicono con le loro ampie vetrate e la fragile
decorazione marmorea, che il muro di recinzione dell’edificio non ha più una funzione statica.
Accanto a questa sincerità e organica espressione degli elementi strutturali, ingentiliti da
una decorazione fantasiosa e complicata, sta la facciata della chiesa, nella quale si concentra e
si raccoglie tutta l’ornamentazione di cui sono capaci l’architetto e lo scultore.
Con la sua folla di statue, di fogliame, di guglie, di pinnacoli, di merletti, riempie ed anima
tutta la superficie morta, trasforma la facciata nella superba pagina di un libro che narra ai
fedeli le storie dell’antico e nuovo testamento, di una folla di santi e di beati.
Quando il problema statico arriva al virtuosismo, la struttura perde la sua chiarezza
d’espressione e la sua organicità. La decorazione, simile all’edera parassita, nasconde e
sopporta il tronco robusto che la sopporta.
Si tenta ancora con spericolato ardimento un gioco d’equilibrio sempre più complesso, si
ricorre ai più sottili accorgimenti, ma l’edificio diventa fragile e rimane in piedi solo in virtù di
una continua e costosa manutenzione. L’architettura gotica ha detto la sua ultima parola. E’ la
fase d’involuzione e decadenza perché la statica, in quel determinato problema ha conseguito il
risultato perfetto e oltre quello non è possibile andare.
E l’uomo cerca allora altre strade e altre forme: e sarà ancora una volta la nostra gente che
per prima prenderà le mosse per le nuove conquiste e per i nuovi temi della Rinascenza.
50
51
Capitolo 6
ORGANISMI CENTRALI A CUPOLA
I battisteri latini
Questo gruppo di edifici, a pianta circolare o poligonale (ad un unico ambiente o con
ambiente centrale e navata collaterale concentrica, coperti a cupola, per quanto appartenenti a
varie epoche ed a varie regioni), si ricollega agli esempi dell’architettura romana e
precisamente a quei gruppi di organismi, dei quali abbiamo considerato come esponenti
maggiori il Pantheon ed il Mausoleo di S.Costanza.
Questo gruppo pur non discostandosi dal concetto delle resistenze passive, presenta però
rispetto alla struttura romana, delle caratteristiche evidenti di maggiore perizia costruttiva e di
notevole riduzione delle sezioni resistenti, così che ogni organismo risulta alleggerito e
svuotato di tutto il materiale inutile agli effetti della stabilità, staticamente più perfezionato.
Un primo sottogruppo di questi organismi, che almeno nella forma planimetrica si
ricollega al Pantheon, possiamo considerarlo costituito dagli edifici bizantini del tipo di San
Giorgio a Salonico, del cosiddetto Tempio di Giove a Spalato, di Lara e Dur Seta in Siria, di
alcuni edifici dell’architettura musulmana del tipo della tomba di Chak Kouda-Bende, ed
infine dei battisteri che chiameremo Latini da quello di Neone a Ravenna al S.Gereone di
Colonia e dei quali il S.Giovanni di Firenze e quelli di Parma e Cremona rappresentano gli
esempi maggiori e più caratteristici.
Il secondo gruppo che si riconnette al tipo di edifici rappresentato dal Mausoleo di
S.Costanza in Roma, può considerarsi composto del S.Maria Maggiore di Nocera dei Pagani,
di alcuni organismi orientali, come le chiese di Derbè e di Hieropolis, del Battistero di
S.Giovanni in Laterano, di S.Paolino a Nola, dell’antica Cattedrale di Brescia, della chiesa di
S.Tommaso in Limine presso Bergamo, del S. Benigno a Digione, del Battistero di Pisa, ecc.
Anche questo sottogruppo, per quanto composto di edifici situati in paesi diversi ed
appartenenti ad età differenti, presenta, come vedremo, grande analogia dei concetti statici che
hanno informato la costruzione dei singoli monumenti.
Per quanto si riferisce al primo sottogruppo, risulta evidente dal semplice esame delle
figure citate l’affinità degli esempi più antichi con il Pantheon e l’accentuata riduzione delle
strutture di piedritto e di copertura.
Caratteristiche molto più importanti ci mostrano gli esempi successivi e particolarmente i
battisteri latini, nei quali si accentua il concetto dello sdoppiamento delle strutture sia di
piedritto che di copertura, iniziatosi negli organismi latini e forse, ancora prima, negli
accennati esempi dell’Impero Romano che già ci pongono di fronte al problema della cupola
doppia che troverà nel Rinascimento con Brunelleschi e Michelangelo la sua perfetta e
grandiosa espressione.
Tra i battisteri suddetti, ha grande importanza il S.Giovanni di Firenze il cui esame ci verrà
a chiarire alcuni concetti informativi che hanno presieduto alla costruzione di questo gruppo
di edifici.
Le strutture di piedritto del S.Giovanni, sono costituite, come risulta schematicamente dalla
fig.56, dal muro di recinzione di notevole spessore, e completamente separata da questo, da
un’altra struttura discontinua (composta di due colonne e di due piedritti per ogni lato) che ai
vertici dell’ottagono si collega col muro di recinzione, formando i robusti pilastri angolari.
Si ha così una struttura doppia dei piedritti, non dissimile da quella esaminata in alcuni
edifici dell’architettura Romana, e la pianta viene quasi ad avere una forma basilicale,
composta dalla navata centrale e da una stretta navata periferica interrotta dai pilastri d’angolo.
52
La copertura dell’edificio è anch’essa in parte
doppia, composta cioè nel primo terzo della luce,
da una cupola murale interna a profilo rialzato, e di
un tetto a falde piane in lastre di pietra, poggiato
sulla cupola e sul rialzamento del muro di
perimetro.
Le due strutture di copertura sono fra loro
collegate in ogni lato dell’ottagono, da quattro
diaframmi murali disposti in senso normale a tale
lato e poggiati direttamente sulla volta (fig.57).
Tali diaframmi AA che vengono ad avere un
profilo triangolare mistilineo, sono fra loro
collegati da piccole volte a botte ad esse obliquo
BB sulle quali poggiano le lastre di pietra del tetto.
Per gli altri due terzi, la cupola risulta piena e si
fonde col tetto in un elemento unico di copertura.
I diaframmi suddetti, nei quali alcuni studiosi
hanno voluto riconoscere delle nervature e
considerare quindi tutta la costruzione basata su di
un concetto statico-costruttivo analogo agli
organismi gotici, mancano invece lungo gli spigoli
della volta in corrispondenza dei pilastri d’angolo
dove le strutture di piedritto hanno la massima
sezione resistente.
E’ da escludere perciò tale ipotesi che
presupporrebbe una concentrazione delle azioni sui
detti pilastri d’angolo e quindi la presenza di veri e
propri costoloni negli spigoli della volta.
E’ chiaro invece in essa il concetto latino di un
incompleto sdoppiamento ed alleggerimento della
copertura, dello svuotamento del piedritto di tutto il
materiale esuberante ed inutile, dell’equilibrio della
struttura basato essenzialmente sul principio delle
resistenze passive.
I diaframmi disposti in ogni lato dell’ottagono a
collegamento del tetto e della volta, nel primo terzo a partire dall’imposta, non hanno altro
scopo che di costituire un rinfianco discontinuo e leggero della volta medesima, e di
garantirne la stabilità.
Potremo quindi concludere che l’equilibrio della cupola è affidato alla doppia struttura del
piedritto nella quale, quella discontinua interna, costituita dalle colonne e dai pilastri angolari,
ha forse l’ufficio di sostenere direttamente il peso della copertura, e quella esterna (muro di
recinzione) di notevole spessore, ha la funzione d’appoggio, ossia di neutralizzare col proprio
peso e con quello della parte di detto muro che si eleva al disopra dell’imposta della volta, le
azioni di spinta della volta stessa.
Negli edifici del secondo sottogruppo, costituiti da un ambiente centrale e da una navata
periferica (trascurando particolarità proprie a ciascuno di essi), il concetto statico-costruttivo
sul quale si basa il loro equilibrio, non è sostanzialmente diverso da quello dianzi accennato;
dello sdoppiamento cioè delle strutture di piedritto in una discontinua interna di separazione
nelle navate, sollecitata essenzialmente da azioni di peso ed avente perciò ufficio di sostegno
della volta dell’ambiente centrale, ed in una struttura periferica alla quale è affidata la funzione
di sostegno e più ancora d’appoggio delle volte di cui neutralizza le spinte in virtù della
propria massa resistente. Sono collegate ed irrigidite da strutture radicali.
53
A questo concetto principale si associa l’altro dello sdoppiamento delle coperture
dell’edificio (volta a copertura dell’ambiente resa sottile e leggera, e tetto che con le sue azioni
di peso concorre alla stabilità del sistema) e del peso utile alla stabilità oltre che di una parte
del tetto, della sopraelevazione del muro perimetrale a sostegno di esso.
54
Capitolo 7
LE CUPOLE DOPPIE DEL RINASCIMENTO
Negli edifici finora esaminati abbiamo visto come in Italia derivi dal vecchio ceppo
romano, continui e permanga la tradizione delle costruzioni a cupola anche attraverso il
Medio-Evo.
Quando nell’Europa Centrale si sviluppano e affermano altre forme ed altri organismi
architettonici, ai quali però era tutt’altro che estranea la nostra esperienza millenaria delle
costruzioni a volta, in Italia rimane l’amore e lo studio della cupola.
Questo elemento rappresenta il fastigio più sontuoso che un edificio possa avere,
l’espressione di grandezza, del dominio dello spazio che viene racchiuso entro masse
costruttive, che seguono una linea armoniosa, solenne, ardita.
E così vediamo sorgere dopo il periodo romano, in una lunga esperienza costruttiva, gli
edifici ravennati e lombardi, le cupole delle cattedrali di Pisa, di Siena, di Ancona, di Bari e di
Palermo, quelle dei battisteri di Frejus, di Ventimiglia, di Novara, di Agliate, di Oggiano, di
Arsalo, fino a quelli di Firenze e di Pisa, di Cremona e di Parma.
Il permanere di questa tradizione e la lunga pratica costruttiva che rivela caratteri
spiccatamente nostri di economia, di logica e di senso statico nel proporzionamento delle
strutture, ci porta all’attuazione di organismi sempre più perfetti e a derivazioni logiche delle
quali la più importante è quella della grande serie delle cupole doppie che dalla prima metà
del ‘400 e per circa tre secoli successivi, sorsero in Italia e si diffusero all’estero.
55
Ed è proprio nel periodo del Rinascimento in cui nell’architettura predomina il senso
dell’astrazione estetica, la tendenza dell’arte per l’arte, la ricerca delle proporzioni perfette,
dell’armonia musicale dei rapporti, della linea dei particolari;è proprio in questo periodo che la
tecnica esprime i due massimi esempi di cupole murarie; è proprio il tema statico-costruttivo
della cupola, l’unico e solo problema tecnico che rimane presente negli architetti.
Della lunga serie di cupole che si diffonde in Italia prima ed in tutto il mondo poi, ci
limiteremo ad esaminare, come abbiamo fatto per altri gruppi di organismi, gli esempi più
grandi e più significativi: la Cupola di S.Maria del Fiore a Firenze e quella di S.Pietro a
Roma.
La prima, troppo nota come l’altra per doverla descrivere, è costruttivamente formata per un
primo tratto da una parte massiccia dell’altezza di circa tre metri; dopo questo tratto, la cupola
si sdoppia in due calotte a profilo rialzato tra le quali resta compreso uno spazio da 1,23 m
alla base ed a 1,60 m in corrispondenza dell’anello di chiave.
La calotta esterna è a spessore costante relativamente esiguo; quella interna ha invece uno
spessore notevole.
Le due calotte sono collegate fra loro da grandi costoloni principali in corrispondenza dei
vertici dell’ottagono di base e da due costole intermedie per ciascuno dei lati dell’ottagono
stesso (fig.61 e seguenti).
56
57
E’ da notare però che questi costoloni non sono come nelle volte gotiche, indipendenti dai
pannelli, ma sono invece un tutto unico intimamente collegato con i pannelli medesimi, dei
quali rappresentano non delle strutture portanti come i costoloni gotici, ma dei semplici
ringrossi dello spessore della cupola.
Inoltre sono disposti nel senso dei paralleli della cupola, ed a varie altezze, delle
cerchiature di grossi macigni uniti con spranghe in ferro ed un incatenamento in legname con
lo scopo di eliminare o ridurre la spinta della cupola stessa.
Nella costruzione di questa cupola sono messi a partito, come vedremo, non solo i principi
della costruzione latina, ma anche in parte quelli della costruzione ogivale, segnando un
ulteriore progresso delle costruzioni a cupola murale.
I concetti sui quali si è basato il Brunelleschi nella costruzione della cupola, sono:
- portare sul tamburo e sui piloni già costruiti, la minima azione di spinta,
- avere un peso limitato su tali strutture,
- poter costruire la cupola senza l’impiego di centine ed armature di sostegno, la cui
esecuzione rappresentava allora un problema preoccupante.
Per questo egli adottò il profilo a sesto acuto
della cupola, in modo da rendere minima la
spinta sulle strutture di piedritto ed evitare
l’impiego di centine; mantenere il concetto dello
sdoppiamento e dell’alleggerimento della cupola
lungo i lati dell’ottagono di base, lasciandoli
pieni soltanto in corrispondenza dei costoloni,
dette ai costoloni d’angolo un maggiore spessore
in modo da costituire con essi, quasi un sistema
di strutture radiali con sezioni resistenti
massime; migliorò la stabilità della cupola con le
cerchiature di macigno e di legname, intese,
specie le prime, a ridurre in modo efficace
l’azione di spinta della cupola sul piedritto.
La stabilità della cupola è ottenuta grazie al
notevole spessore che essa ha in corrispondenza
dei costoloni, ai quali è affidato evidentemente
un ufficio statico principale; l’azione di spinta è
in parte assorbita dagli incatenamenti ed in parte
dalle strutture di piedritto, contraffortate in
modo più o meno efficace da quelle navate,
dell’abside e del transetto.
Sono ben note le vicende relative alla
costruzione della cupola e le difficoltà che
Brunelleschi dovette superare avendo trovato già
costruite le murature di piedritto e la planimetria
di S.Maria del Fiore.
E’ difficile indagare le complesse ragioni della
doppia struttura, oltre quello che abbiamo
tentato di fare. Forse motivo non ultimo è quello
essenzialmente architettonico che tenta di
risolvere il difficile problema di ottenere
all’esterno un profilo slanciato e all’interno delle
linee raccolte. E’ lo stesso motivo che spinse gli
architetti del S.Marco di Venezia a costruire le
cupole murarie interne relativamente in basso,
così da dare agli spazi interni delle proporzioni
58
armoniche e di seguire all’esterno le false cupole lignee, in modo da completare il profilo del
monumento e da conferire ad esso quello slancio e quell’eleganza che altrimenti sarebbe
venuta a mancare, pregiudicandone in modo gravissimo l’aspetto esteriore.
Il Brunelleschi prosegue la sua opera con le cupole della Cappella dei Pazzi e di S.Spirito a
Firenze. Seguono in Italia la Chiesa di Loreto, di S.Maria delle Grazie a Milano, S.Maria di
Loreto a Roma, la Consolazione di Todi, e poi ancora i noti esempi di Verona, di Parma, di
Macerata, Genova, nei quali si afferma il caratteristico edificio a pianta centrale, coronato
dalla cupola sferica.
E’ una continuazione di ricerche e di esperimenti nei quali si sta plasmando la
conformazione ritmica degli spazi, la perfezione dello scheletro costruttivo, la perfetta
rispondenza fra la struttura e l’oggetto architettonico.
Si giunge così al secondo grandioso esempio:
La cupola di S. Pietro in Roma
Anche questa è formata da due calotte
tra cui sono inseriti 16 costoloni ai quali
corrispondono nella zona del tamburo i
robusti
contrafforti
decorati
dalle
caratteristiche colonne binate.
La cupola ed il tamburo riportano la
loro azione per mezzo di pennacchi sferici
di raccordo su quattro grandi pilastri che
costituiscono le principali strutture del
piedritto (fig.63 e seguenti).
Il profilo della calotta esterna è ad arco
rialzato; un po’ meno lo è quello della
calotta interna; le due calotte si congiungono verso il terzo inferiore mentre lo spazio fra esse
va aumentando verso l’alto fino a raggiungere un’altezza di 5 m sotto la lanterna; la cupola ha
inoltre tre cerchiature di ferro disposte come nella figura che però non si sono dimostrate
assolutamente necessarie al suo equilibrio, tanto vero che nel 1741 in occasione di verifiche
59
effettuate in seguito a dubbi sorti sulla stabilità della cupola, tali cerchiature di ferro furono
trovate spezzate, segno evidente che la cupola stessa aveva conservato il suo equilibrio, anche
in mancanza dell’azione di dette cerchiature.
Una verifica di stabilità riportata nella fig.65 dimostra le buone condizioni statiche della
cupola e più che altro i concetti informatori della costruzione; in corrispondenza dei costoloni
le condizioni di stabilità risultano evidentemente ancora migliori.
Il concetto su cui si basa la conformazione e la disposizione delle strutture resistenti non è
molto dissimile da quello esaminato in S. Maria del Fiore.
Per queste cupole possiamo quindi concludere:
1) Che in esse è evidente il concetto delle strutture resistenti radiali (costoloni) ai quali è
affidato un ufficio statico preponderante, a differenza di quanto è praticato negli organismi
romani e bizantini nei quali l’azione della cupola è ripartita uniformemente lungo tutto il
perimetro della sezione orizzontale all’imposta.
2) Il concetto dello sdoppiamento e dello svuotamento della massa murale della cupola,
non diverso da quello attuato nei sistemi battisteriali latini; si potrebbe dire grossolanamente
che queste cupole corrispondano a quella del San Giovanni di Firenze, alla quale sia stata
sostituita alla linea esterna formata dal tamburo e dal tetto, quella curvilinea della calotta
esterna.
3) Che la linea delle successive risultanti tende a divenire quasi verticale il che dimostra
l’opportunità del profilo rialzato, specie della calotta esterna, la quale trasmette azioni più di
peso che di spinta.
60
4) Le strutture di piedritto assicurano l’equilibrio del sistema in virtù della loro
resistenza passiva, contraffortate più o meno efficacemente dai muri e dalle volte delle
navate, del transetto e del coro.
In S.Pietro però non vediamo soltanto l’arida soluzione di un grande problema statico,
vediamo il simbolo della cristianità, l’affermazione definitiva di potenza e di bellezza, la
maggiore e più possente opera muraria costruita fino ad oggi.
E’ la più perfetta che abbia prodotto l’architettura a volta, il capolavoro in cui sono fuse tutte
le forme di bellezza: la verità, per mezzo della quale la funzione costruttiva appare alla nostra
intuizione; la grandezza contenuta in una forma di nobiltà maestosa, l’armonia astratta della
linea e delle proporzioni; l’espressione solenne ed austera; la suggestione dei ricordi ed il
colore che sembra fondersi con la tinta del cielo.
La cupola nella sua forma, e intendiamo per questa tutto l’organismo statico della chiesa a
pianta centrale o longitudinale sormontata dalla vistosa copertura, si diffonde presto in Roma
con le opere di Pietro Da Cortona, del Ponzio, del Reinaldi, del Rosati, di Giacomo del Duca.
Da Roma, in tutto il mondo si irradia il nuovo scheletro costruttivo, completo nella
soluzione architettonica e per oltre due secoli domina incontrastato dovunque si voglia dare a
un edificio una impronta di grandiosità monumentale. E non è soltanto il tema della chiesa
che si giova di esso, ma gli edifici civili di ogni genere, i Campidogli delle città d’America. E
in tutte le grandi città, a Vienna, a Praga, Varsavia, Cracovia, nell’ Europa nord orientale
sovrasta la cupola , che si afferma negli esempi maggiori di Parigi (Val De Grecie, Sorbona,
Invalidi, ecc.), di Londra (San Paolo), di Walbrook (Santo Stefano), che di San Pietro sono le
più note derivazioni.
Nel San Paolo di Londra (fig.68) ad esempio , riscontriamo una delle più complesse
strutture, nella quale la cupola muraria, rimasta a limitare l’altezza dell’ambiente, perde ogni
sua funzione costruttiva. Dall’ esame di essa notiamo che il tamburo della cupola è in ritiro
61
rispetto al piedritto e che la sua parete interna è a strapiombo per controbilanciare la spinta
della cupola verso l’esterno con il peso di essa verso l’interno.
Con questo espediente risultano diminuiti gli
spessori delle strutture di piedritti e del tamburo
medesimo. Su questo ultimo è impostata la cupola
a copertura dell’ambiente ed una seconda cupola
murale conica che ha lo scopo di sostenere la
lanterna in pietra da taglio. Tale volta conica è
rinforzata verso l’imposta da trentadue speroni
diretti all’esterno e sui quali poggia il tetto ligneo a
forma di cupola il quale non esercita sul piedritto
azioni di spinta e trasmette ad esso un peso
inferiore a quello che si sarebbe avuto nel caso di
una calotta esterna in muratura.
Tutto lo schema è per quanto ardito artificioso e
complicato, tanto che non sono mancati i dissesti e
lesioni. La disposizione delle strutture di piedritto
risulta chiara dalle illustrazioni e la sua funzione è
evidente dopo quanto si è detto.
La cupola del Pantheon di Parigi ha uno schema
che presenta molte analogie col precedente.
Anche in essa il tamburo è in ritiro rispetto al
perimetro interno, determinato dai pennacchi, ed
ha
all’esterno
un
robusto
sistema
di
contraffortamento, costituito da un alto ordine di
colonne. Sul tamburo si elevano tre cupole: una
molto leggera che costituisce la linea esterna, una
intermedia che sostiene la lanterna ed infine quella
interna a copertura dell’ambiente che altrimenti
sarebbe stato di altezza eccessiva (fig.66). In
questi edifici possiamo notare come l’organica
concezione della cupola murale dei primi esempi
dell’ architettura romana, sempre più complicatasi,
si perde in un virtuosismo che segna quasi il
tramonto di una tradizione costruttiva che ci ha
dato i più grandi monumenti della architettura.
1
2
3
4
5
6
7
8
Elenco delle principali cupole murarie
Edificio
Località
Epoca
Pantheon
Roma
Adriano
S.Sofia
Costantinopoli
535
S.Maria del Fiore
Firenze
1450
Moschea
Costantinopoli
1522
S.Pietro
Roma
1506/1626
Moschea di Selim
Costantinopoli
1522
Moschea di Solimano I Il Magnifico Costantinopoli 1550/1557
S.Paolo
Londra
1690
Corda
43,40
21,50
42,00
20,00
41,20
25,00
26,50
33,00
Freccia
21,70
15,80
62
Capitolo 8
ORGANISMI A STRUTTURA ELASTICA INDIPENDENTI
Come per i precedenti organismi architravati e per quelli a coperture spingenti, abbiamo
considerato l’organismo costruttivo elementare (architrave, volta ed arco), così anche per
questi dovremmo iniziare il nostro esame degli organismi elementari che li caratterizzano, e
cioè:
1° Sistema con pidrtitti ed architrave elastico solidali, nel quale cioè l’ architrave è
rigidamente collegato od incastrato a piedritti (telaio).
2° Sistema ad arco.
3° Sistema ad triangolo articolato indeformabile .
4° Sistema a volta ed a cupola.
Nello svolgere le nostre considerazioni supporremo la completa conoscenza di tutto quanto
riguarda lo studio delle condizioni di equilibrio di questi sistemi elementari e dei sistemi
composti a cui danno luogo, avvertendo che chiameremo impropriamente elastiche le strutture
capaci di resistere a sollecitazioni anche rilevanti, di trazione , di flessione , taglio e di
torsione (proprietà caratteristiche delle strutture in legno, ferro e cemento armato) per
distinguerle da quelle in muratura ordinaria che abbiamo fino ad ora considerato, le quali non
offrono se non una resistenza minima a tali sollecitazioni.
Gli organismi complessi a cui da luogo l’applicazione e la combinazione di questi sistemi
elementari, si differenziano nettamente dagli organismi murali già esaminati.
Mentre nella maggior parte di questi ultimi è insito il concetto della continuità delle
strutture resistenti, si ha invece nei primi un vero e proprio scheletro composto da elementi
discontinui al quale è affidata principalmente la stabilità dell’organismo architettonico che
risulta perciò composto da questo scheletro portante e da elementi che sono da questo
sostenuti (strutture di completamento) e che servono semplicemente di chiusura delle maglie
dello scheletro ed a delimitare gli ambienti.
In certi casi questi pannelli di riempimento possono esercitare un ufficio statico di
irrigidimento dello scheletro, ufficio però del tutto secondario e sul quale non sempre può
farsi affidamento nel calcolo.
Altra proprietà importante che distingue questi sistemi da quelli in muratura ordinaria e
quello della continuità statica dei diversi elementi di cui sono formati, o meglio dell’ intimo
collegamento degli elementi stessi che conferisce ai sistemi delle caratteristiche ad un
comportamento statico diverso dai sistemi murali.
Infatti un’azione che si eserciti in un elemento qualsiasi provoca in conseguenza della
solidarietà dei vincoli, reazioni in altri o in tutti gli elementi del sistema, i quali concorrono
perciò alla resistenza ed a mantenere l’equilibrio del sistema stesso.
Altra caratteristica infine è quella di essere costituiti, come si è detto, da materiale che
abbiamo chiamato impropriamente elastico; i singoli elementi possono perciò sopportare
sollecitazione di trazione, flessione, taglio e torsione, alle quali la muratura ordinaria
teoricamente non oppone resistenza. Di conseguenza, negli elementi di questi sistemi, non è
più necessaria tra le condizioni di equilibrio, quella che richiede che la risultante relativa ad
una sezione sia contenuta nel nocciolo centrale della sezione.
Data la capacità degli elementi di resistere a sollecitazione di trazione e di flessione, la
risultante relativa ad una sezione qualsiasi, può in genere essere anche esterna al nocciolo ed
alla stessa sezione.
È ovvio ricordare come queste strutture siano esclusivamente moderne e tipiche del nostro
tempo. Non mancano è vero dei rudimentali sistemi a scheletro indipendente in epoche
63
precedenti come ad esempio in alcuni monumenti romani dell’Africa settentrionale nei quali si
ha una vera e propria ossatura in pietra da taglio, formata da pilastri verticali e correnti
orizzontali con pannelli da riempimento in muratura di piccolo spessore; simili e questi le
case torri piani e più perfezionati e caratteristici gli schemi dei sistemi gotici.
Si tratta però di strutture uniformate a concetti statici e costruttivi diversi e realizzate con
materiali rigidi e nelle quali non si può ravvisare se non una lontanissima idea di quelle
attuali.
Hanno invece una concezione statica più affine, gli organismi con ossatura in legname
realizzati nelle diverse epoche ed in paesi differenti, dando luogo a costruzioni caratteristiche,
sia come soluzioni costruttive, sia per importanza di espressioni d’arte.
È evidente che gli organismi architettonici che derivano dall’impiego di questi sistemi,
hanno caratteri completamente diversi dagli organismi in muratura ordinaria.
La grande resistenza dei materiali impiegati (legno, ferro, cemento armato) fa si che le
sezioni resistenti delle strutture dello scheletro, si riducono al minimo, rispetto a quelle in
muratura.
Da qui nasce un diverso ordine di proporzioni architettoniche, rapporti diversi tra vuoti e
pieni.
La capacità dei materiali a resistere a sollecitazione di flessione e taglio, trazione e
torsione, consente di ridurre ancor più le sezioni dello scheletro, non essendo più necessaria
all’equilibrio la gravosa condizione che la risultante relativa ad una sezione passi per il
nocciolo centrale di essa.
In oltre, tale capacità di resistenza consente di risolvere problemi statici diversi che con la
muratura ordinaria non era possibile affrontare. Perciò anche per questa possibilità nascono
rapporti architettonici differenti e in definitiva forme estetiche diverse.
Infine, la continuità statica che può essere conseguita in grado più o meno elevato fra le
varie parti dello scheletro resistente, dà luogo a possibilità diverse, consente la soluzione di
problemi sempre più arditi, sempre più vasti.
Anche questa è l’origine di rapporti spaziali nuovi, di un nuovo ordine di
proporzionamento, degli elementi architettonici.
Per avere un’idea concreta di queste nuove possibilità della diversità dei temi che si
presentano nella architettura moderna in cui i rapporti spaziali, concezioni dell’equilibrio,
proporzioni tra pieni e vuoti cambiano radicalmente rispetto ai valori del passato, basta
riflettere su questi semplici dati: con gli schemi architravati abbiamo visto che una delle
maggiori luci superate è quella della navata maggiore di San Paolo in Roma, di appena 25
metri. Con i sistemi a cupola muraria, la luce massima è di metri 43, 40 (luce massima
raggiunta) del Pantheon. Perciò in secoli di studi, di esperienza costruttiva, di progresso,
durante i quali queste dimensioni massime non sono state superate, ne sono da noi
possibilmente e facilmente superabili.
Con i nuovi scheletri costruttivi, caratterizzati dalla elasticità, continuità statica, alta
resistenza, il superamento di tali luci può essere considerato, non diciamo un giuoco da
ragazzi, ma nell’ordine ordinario dell’ attività costruttiva. E le massime luci di sistemi in
muratura, sono state largamente superate nella cupola in ferro del Palazzo delle Esposizioni di
Lione nel 1894 di 110 metri di diametro, nella copertura della recente Deutschlandhalle di 95
metri di luce, nel grande salone del Mercato di Francoforte del 1927 di metri 50x220, di
quello di Lipsia di metri 66x239 con soli 8 appoggi intermedi.
È gli esempi di queste costruzioni smisurate in estensione e in altezza potrebbero
continuare. Purtroppo però a tale progresso tecnico rapidissimo, alle grandi possibilità che
esso ci offre, non solo non ha corrisposto un analogo progresso architettonico, ma si può
affermare che nel campo dell’arte i risultati conseguiti sono stati ben misure.
Lo smisurato orgoglio dei costruttori della moderna torre di Babele è punito con la più
completa confusione delle espressioni architettoniche, con il semifallimento della nostra arte.
64
Quando i nuovi scheletri costruttivi cominciarono ad essere impiegati, gli architetti
percorsero una strada completamente errata. Invece di ispirarsi alla verità costruttiva,
cercarono di dare ai nuovi scheletri, le forme e le decorazioni tipiche della muratura ordinaria.
Vedemmo così dei grattacieli decorati con ordini architettonici e cioè le forme tipiche della
pietra da taglio applicate all’acciaio. Vedremmo capitelli e fogliame di robusta ghisa, merli in
cemento armato, espressioni e decorazioni di ogni stile, contorte e spiegate a rappresentare il
falso più palese e più brutto.
Con questi sistemi l’ architettura non poteva non fallire in pieno. È occorso un secolo per
comprendere l’errore.
Ora ci siamo portati verso la verità costruttiva e si cerca di trarre da essa ispirazione, di
stabilire per suo mezzo i rapporti estetici, i caratteri di espressione.
Ma siamo appena all’inizio, non abbiamo esperienza, siamo ancora troppo preoccupati del
problema statico per esserne padroni, per plasmare gli elementi architettonici secondo un
sentimento d’arte che sta appena sorgendo.
È un cammino assai lungo quello che l’architettura dovrà compiere; la scienza ci ha
preceduto, i procedimenti di calcolo e quelli costruttivi hanno fatto un grande balzo in avanti.
Si è perduto lo stretto contatto che è sempre esistito in architettura fra costruzione ed arte ed
ora arricchiamo col fiato grosso, per stabilire questo contatto.
In alcuni esempi che citeremo, i risultati che direttamente derivano dalle forme strutturali,
hanno raggiunto un vero valore d’arte; sono forse questi che potranno indicare la strada da
percorrere.
65
Capitolo 9
ORGANISMI CON PIEDRITTI ED ARCHITRAVE ELASTICO SOLIDALI (TELAIO)
Allo scopo di fare un esame per quanto possibile ordinato, possiamo considerare tre diversi
tipi di organismi complessi, cui da luogo l’applicazione e la combinazione del sistema
elementare telaio:
A- un primo tipo noi possiamo trovarlo nel numerosissimo gruppo di organismi ad
ingabbiatura (case di abitazione, magazzini, uffici e simili);
B- un secondo diverso tipo lo riscontriamo in quegli organismi a notevole sviluppo
altimetrico, o turricolorati, simile per disposizione dello scheletro al precedente, ma con
diversi caratteri statici ed architettonici (grattacieli, ecc.);
C- un terzo tipo del non meno numeroso gruppo di organismi ad uno o più ambienti
disposti in un piano ed a sviluppo prevalentemente orizzontale, longitudinale o centrale
(stabilimenti industriali, impianti sportivi, mercati ed edifici commerciali, stazioni, sale per
spettacolo ecc).
A- Gli organismi a molti ambienti
disposti in più piani (ingabbiatura)
risultano costruiti da telai multipli a più
piani disposti in senso trasversale (o
longitudinale) collegati tra loro da
strutture orizzontali di irrigidimento
longitudinale (o trasversale). Hanno oggi
molta diffusione e sono impiegati nelle
costruzioni di carattere utilitario, nelle
case di abitazione, magazzini, e
fabbricati
industriali,
edifici
di
abitazione collettiva ed in tutti quei casi
per cui in esigenze costruttive, non si
dimostra adatta e conveniente l’ossatura
in muratura ordinaria.
In questi organismi i pilastri verticali
(poggianti sui plinti, travi rovesce e
continue o platee a seconda delle
caratteristiche del terreno di fondazione)
vengono collegati in ogni piano da travi
principali le quali portano quelle
secondarie ed i solai (fig. 69).
È buona norma collegare i pilastri con
travi maestre disposte in due sensi.
Qualunque siano le modalità adottate
nella disposizione di questi elementi, il
peso ed il sovraccarico dei solai ed il
peso dei muri, è riportato per mezzo
delle strutture orizzontali, sui montanti.
Circa la disposizione planimetrica di
questi, è opportuno che essa sia quanto
più possibile regolare, in modo che la distribuzione dei carichi sul terreno sia anche essa
regolare e che i ritti, le travi orizzontali, siano ridotti a pochi gruppi di tipi uguali in maniere
66
che in ogni gruppo siano pressoché uguali le dimensioni ed i carichi e si possono assumere
perciò identiche sezioni resistenti.
La distanza dei montanti è evidentemente legata alle caratteristiche planimetriche.
Più precisamente lungo i prospetti è in stretta relazione con l’ interasse delle finestre; in
senso normale dipende dallo spessore del corpo di fabbrica e talvolta dalla disposizione delle
pareti divisorie longitudinali e trasversali con le quali si può cercare di far corrispondere sia i
montanti che gli architravi.
Generalmente la disposizione di questi elementi è a maglie rettangolari, l’interasse dei
montanti è determinato, come si è detto secondo i criteri esposti; è opportuno però di volta in
volta esaminare il problema dell’ interasse più economico in relazione al tipo e peso dei solai,
all’ altezza dei piani è quella dell’edificio, al carico ammissibile sul terreno di fondazione ed a
altri fattori analoghi.
L’interasse può variare entro i limiti assai ampi; generalmente però non conviene scendere
al disotto dei tre metri e superare i sette ed otto metri; negli ordinari casi della planimetria è
forse meglio abbondare nello stabilire il numero dei montanti per ridurre il carico su ciascuno
67
di essi ed equilibrare più facilmente i carichi trasmessi al terreno di fondazione e per avere
travi orizzontali di non grande luce e perciò di sezione trasversale non eccessiva.
La determinazione delle dimensioni dei singoli elementi della struttura dovrebbe essere
fatta in base al calcolo rigoroso dei telai portanti.
Praticamente però, per questi tipi di organismi ad impalcatura, si preferisce adottare, come
è noto, procedimenti di calcolo approssimati che pur conducendo ad una leggere esuberanza
delle sezioni resistenti ed al conseguente maggior consumo di materiale, si dimostrano
tuttavia più convenienti per la loro grande semplicità e speditezza. Ne si deve trascurare la
considerazione che la lieve esuberanza delle strutture resistenti si dimostra necessaria in vista
della indeterminazione della rigidità dei collegamenti fra pilastri, architravi e solai, derivanti
dalle note difficoltà pratiche inevitabili deficienze di esecuzione.
Tale imperfezione dei collegamenti, fa si che le ipotesi poste a base dei calcoli finiscano
per dimostrarsi molto prossime al reale stato dei fatti.
Riteniamo ovvio citare esempi di tale scheletri resistenti entrati nella pratica corrente e così
numerosi da aver soppiantato in molti paesi le normali costruzioni in muratura ordinaria;
come pure riteniamo esuli dal nostro scopo ricordare le norme di calcolo e quelle sancite dai
regolamenti, per stabilire l’ esatto dimensionamento di queste strutture.
Generalmente negli ordinari casi della pratica, ed ove non si tratti di edifici in zone
sismiche, si tiene conto nel calcolo dei soli carichi verticali anche nel caso di strutture in
acciaio che risultano più leggere.
Le azioni delle forze orizzontali dovute al vento vengono invece di solito trascurate se
l’edificio sorge in un centro abitato è ha una altezza inferiore ai trenta metri ed una base pari
almeno un terzo della altezza, in considerazione dell’irrigidimento dato alla struttura dai muri e
solai.
Nei casi di edifici che sorgono in località isolate, l’ azione del vento si può valutare sulla
base di circa 40Kg a mq, sempre che la località non sia esposta a venti di intensità assai
elevata. Se l’edificio supera i 30 m di altezza, si può tener conto del vento sui 2/3 superiori
dell’edificio, assumendo una intensità della sua azione dai 70-80 kg/mq.
Per edifici di altezza eccezionale e dei quali parleremo in seguito, l’azione del vento va
considerata con maggiore precisione e può raggiungere valori molto più elevati; a tale
riguardo, è tanto per indicare un ordine di grandezza di tale azione, rammentiamo che le
norme tecniche delle ferrovie italiane, stabiliscono per il calcolo di alcune strutture (tettoie,
ponti di ferro) una pressione di 150kg/mq.
L’azione del vento va considerata anche in relazione al rovesciamento dell’edificio;
generalmente il momento rovesciante dovuto al vento è sempre molto inferiore a quello
stabilizzante dato dal peso della costruzione, a meno che non si tratti di edifici di eccezionale
altezza, ai quali è sempre necessario assicurare anche per questa azione esterna un
determinato grado di stabilità.
Nei casi in cui l’azione del vento debba essere considerata fra quelle sollecitanti la struttura,
questa si può conformare in due modi, rendendola atta a resistere sia ai carichi verticali che
alle azioni orizzontali, oppure facendo sopportare i due tipi di sollecitazione da due strutture
distinte.
Nel primo caso è necessario rendere i telai capaci di resistere alle due azioni creando una
maggiore rigidità delle strutture e dei collegamenti fra i montanti e le traverse, necessità che si
traduce praticamente in un aumento delle dimensioni di essi (fig.71).
Nel secondo caso si devono disporre opportune membrature (controventamenti) che
trasmettono le azioni orizzontali su travature verticali capaci di riportarle al terreno,
irrigidendo tutto lo scheletro con due ordini di controvento verticali ed orizzontali.
Con questo secondo modo, attuato per lo più mediamente aste diagonali, l’ossatura si
trasforma quasi in un sistema reticolare a magli triangolare (fig. 72).
68
Molto spesso l’irrigidimento verticale è limitato ad alcune zone centrali dell’edificio (gabbie
di scale, gruppi di ambienti di servizio, ecc.) dove il noto inconveniente della sistemazione
delle aperture di porte è finestre in maglie di forme triangolare è meno grave (fig.73).
Talvolta questi irrigidimenti verticali possono essere costituiti da semplici muri massicci
oppure da sistemi rigidi a portale che hanno però l’inconveniente di dimostrarsi più pesanti del
sistema a tralicci (fig. 74).
69
In queste strutture ad ingabbia mento non è necessario in genere tenere conto nel calcolo
delle sollecitazioni interne derivanti da variazioni di temperatura, sia perché tali sollecitazioni
sono identità trascurabile rispetto a quelle derivanti dai carichi normali, sia perché le
membrature sono generalmente protette specie quelle metalliche, dalle murature e dai
materiali di rivestimento. È talora necessario , specie quando le dimensioni dell’ edificio sono
notevoli, lasciarle libere di dilatarsi, inserendo come è noto degli appositi giunti di dilatazione
(raddoppio dei pilastri a sedia, ecc) che sono causa però di non lievi inconvenienti di carattere
pratico, essendo non solo difficile stabilire la loro esatta ubicazione, ma praticamente non
facile chiudere gli spazi dei giunti con materiali che aderiscano perfettamente e segnano i
movimenti della struttura causati dalle variazioni termiche.
In genere tali giunti non sono perciò da consigliarsi se non in caso di assoluta necessità ed
eventualmente nelle strutture in cls armato dove si dimostrano maggiormente utili, non tanto
agli effetti delle dilatazioni termiche, quanto a quelli derivanti dal ritiro del cls durante la
presa.
Dopo quanto si è detto, è chiaro come questi tipi di strutture si presentino particolarmente
adatti anche per le costruzioni in zone sismiche e ne rappresentino anzi l’elemento essenziale e
non utilmente sostituibile con altri tipi di strutture.
Tali costruzioni sono, come è noto, regolate in Italia dalle norme tecniche ed igieniche di
edilizia per le località sismiche(R. Decreto 25 marzo 1935 N° 640).
B- Gli organismi turricolati sono caratterizzati dal grande sviluppo in altezza ed alle
limitate dimensioni della base. Riteniamo inutile la descrizione schematica dello scheletro di
questi organismi.
Fra i più importanti sono ben noti i grattacieli americani che si spingono ad altezze
inusitate e che in alcuni esempi si avvicinano ai 250-300m sino ad assumere in molti casi la
forma di torri o campanili (dal Metropolitan Life Insurance al Singer, al recente Centro
Rockefeller).
Il grande numero dei piani determina un forte peso e sovraccarico totale dei solai che è
riportato sui montanti secondo lo schema tipico delle strutture esaminate nel capitolo
precedente(fig.76).
Tali strutture sono, come è ovvio eseguite in acciaio dati gli enormi carichi dai quali,
specie i montani, sono sollecitati per i quali la muratura ed il cemento armato si dimostrano
assolutamente inadatti ed insufficienti. Perciò, mentre da un lato si cerca di impiegare nella
ossatura portante materiali di grande resistenza, si procura dall’ altra di alleggerire il fabbricato
e di rendere quanto più piccolo e possibile il peso dei solai (che maggiormente influisce al
peso totale) quello dei muri perimetrali e delle pareti divisori interne.
70
In questi edifici il calcolo dei singoli elementi
delle strutture resistenti risulterebbe assai
complesso per l’ esistenza del gran numero dei
piani, basta pensare infatti al gradi di iperstaticità
di un telaio multipiano a più montanti, per
rendersi conto di quello che sarebbero le
difficoltà di calcolo.
Quando ad esempio questo telaio abbia molte
diecine di piani e numerosi montanti come in un
grattacielo, ricordando che il numero N delle
incognite iperstatiche (se i ritti sono per esempio
incastrati alla base), è data dalla espressione
N=3n x (m-1) dove n è il numero dei piani ed m
quello dei montanti, è facile comprendere quale
sia la enorme complessità se non la impossibilità
pratica della soluzione di un simile problema.
È da considerare in oltre che tale problema
statico è in questo caso maggiormente complicato
dalla necessità di tenere conto dell’ azione del
vento che determina nella struttura sollecitazioni
tutt’altro che trascurabili (a differenza di quanto si
verifica nella maggior parte dei sistemi ad
impalcatura) e che, a stretto rigore, sarebbe
necessario calcolare le incognite iperstatiche per le condizioni di carico più sfavorevoli per
determinate sezioni; ove non si voglia addirittura ricorrere alla determinazione delle line di
influenza delle vari sezioni di ciascuna trave e di ogni montante
Per tali ragioni è quindi necessario adottare in
pratica metodi di calcolo approssimati e naturalmente
basate su ipotesi semplificative che rendono i calcoli
meno difficoltosi e laboriosi.
Riguardo l’azione del vento, data la grande altezza
di questi edifici e la loro piccola base di appoggio,
essa si dimostra di importanza grandissima, non solo
per le forti sollecitazioni negli elementi dello
scheletro, ma per il momento rovesciante che cimenta
l’edificio ed infine per le azioni che da questo vengono
trasmesse al terreno di fondazione. Perciò, oltre
all’irrigidimento della struttura, effettuato secondo gli
schemi a cui abbiamo precedentemente accennato, è
necessario provvedere in questi organismi ad un
accurato studio delle fondazioni, in modo che queste
possano sopportare oltre le azioni di peso, le
sollecitazioni generali dall’ azione del vento in ogni
possibile direzione e che talvolta possono determinare in alcuni montanti sollecitazioni
massime di compressione molto superiori a quelle determinate dalla semplice azione del peso
dell’ edificio e sforzi di trazione in alcuni montanti a neutralizzare i quali, oltre a determinare
le necessarie sezioni resistenti dei vari elementi delle strutture, è sovente necessario
provvedere con opportuni ancoraggi dei montanti al terreno (fig77).
L’azione del vento si manifesta altresì con notevoli depressioni sulle coperture e sulle
facciate opposte a quelle direttamente colpite dal vento ed è necessaria per queste ultime,
effettuare la verifica di stabilità anche delle imposte e vetrate eventualmente delle pareti,
quando queste siano molto sottili e costituite da materiali assai leggeri.
71
Masi I., Case in acciaio
Gian Hillang Coyle, Stiffuess of sky-scrapers
Heming R., Wind Strassess in many stared buildings
Gregor, Der praktiche Stahlhochbau, vol. II, p.2
Schultze, Der Stahlakelettbau: Geshafts und Hochauser
C- Organismi ad uno o più ambienti disposti in un piano e a sviluppo prevalentemente
orizzontale. La costruzione di questi organismi alla quale si connette sempre la copertura di
vasti ambienti, ha avuto lo sviluppo grandissimo nei tempi moderni, grazie all’ impiego di
materiali elastici ed al perfezionamento dei metodi di calcolo delle strutture portanti
iperstatiche.
Abbiamo visto le grandi difficoltà spesso non superabili, che si incontrano nella soluzione
del citato problema della copertura dei grandi ambienti con gli ordinari sistemi in muratura
comune e come siano da ricordare quali esempi non superati in questo campo, sistemi termali
romani, gli organismi bizantini, le cattedrali gotiche, i sistemi a cupola murale del
72
rinascimento e dei secoli successivi ed abbiamo visto altresì quanto nettamente si sia giunti a
queste soluzioni e a prezzo di quale lunga esperienza e di quali artifici ingegnosi nello studio
dispositivo degli ambienti e delle strutture resistenti.
Con l’impiego dei materiali elastici, con l’adozione di sistemi a scheletro indipendente e con
il progresso dei procedimenti di calcolo, la soluzione di questo problema è molto semplificata
e non dà all’ingegnere le preoccupazioni e le incertezze come quelle ad esempio che
caratterizzarono per lunghi anni, la costruzione delle cupole di S.Maria del Fiore e di San
Pietro in Vaticano e di tanti altri monumenti ben noti.
Sotto l’aspetto architettonico questi edifici si differenziano in genere da quelli ad
impalcatura. Mentre in questi ultimi si ha sempre la prevalenza del pieno sui vuoti, assenza di
movimento delle masse, senso di geometrica rigidezza dei volumi, nei primi invece si
riscontra spesso una grande leggerezza, prevalenza dei vuoti sul pieno, armonia delle
proporzioni.
Questo nuovo ordine di proporzionamento estetico al quale il nostro occhio non è
assuefatto, troppo spesso viene alterato con l’imitazione dei rapporti propri delle strutture a
scheletro murario, mascherando artificiosamente le strutture elastiche portanti con spesi strati
di muratura portata, che distruggono quel concetto di organicità e di rispondenza della forma
esterna alla struttura resistente, che si riscontra nei massimi edifici di tutti quei periodi
architettonici improntati a sincerità di espressione ed alla diretta derivazione delle forme
estetiche dell’ organismo strutturale.
Elemento fondamentale di questi nuovi schemi è ancora il telaio elastico di grande luce.
Il comportamento statico di questo elemento strutturale, la facilità della sua costruzione, le
ridotte dimensioni che assumono le diverse parti di esso grazie alla solidarietà dei vincoli, alla
grande resistenza dei materiali impiegati nella sua formazione e alla capacità di questi
materiali di resistere a sollecitazioni anche notevolissime di trazione e di flessione,
consentono la costruzione facile ed economica di grandi ambienti e di vasti edifici, senza
alcun ingombro di strutture intermedie e senza le grandi difficoltà ed incertezze proprie dei
sistemi di muratura ordinaria.
Esempio fra i più tipici di queste nuove costruzioni è la Deutschlandhalle di Berlino già
citata, costruita in acciaio in soli 270 giorni ed il cui ambiente principale, capace di contenere
15.000 persone, ha le dimensioni di metri 95x58 circa, senza sostegni intermedi.
a- Lo scheletro resistente degli organismi che consideriamo in questo gruppo, è costituito
generalmente da portali semplici disposti in esso in senso trasversale (o radiale negli edifici a
pianta centrale) ai quali viene affidata una funzione statica principale, e da travi o strutture
secondarie solidali disposte in senso longitudinale che hanno l’ufficio di collegare i telai, di
completare e irrigidire lo scheletro portante, quando a questo irrigidimento non venga
provveduto con un ordine a parte di strutture, come abbiamo già visto in schemi analoghi.
Si ha in sostanza un ordinamento dello schema resistente non molto diverso, nella generale
concezione, da quello che abbiamo già esaminato negli organismi basilicali a sistema di
resistenza basilicale, a parte, il diverso comportamento statico degli elementi ed il molto
diverso carattere costruttivo delle varie parti (fig.79).
In questi tipi di strutture viene utilizzata un'altra speciale caratteristica del telaio, cioè
quella di poter assumere nel traverso i profili più vari (curvo, o in travi inclinate e simili).
Tale caratteristica, anche se di valore puramente estetico e formale , ha tuttavia per
l’architetto e l’ingegnere la sua notevole importanza, in quanto lo rende adatto alle più varie
applicazioni, anche e specialmente in quegli edifici le esigenze pratiche prevalgono su quelle
della espressione architettonica.
Il telaio, rispetto ai vincoli esterni , può essere incastrato oppure incernierato; può come l’
arco essere a tre cerniere.
Indichiamo nella fig.80 alcune delle forme più comuni nella pratica.
73
74
Nei casi ordinari, quando lo richiedono particolari esigenze, si cerca nella disposizione
generale dello schema resistente, di non distanziare eccessivamente i telai e di mantenere
interassi di questi elementi resistenti trasversali, entro limiti relativamente modesti (5-8metri
ordinariamente) preferendosi anche in questi casi aumentare il numero degli elementi di
sostegno, anziché avere travi di collegamento longitudinale di eccessive dimensioni ed
eventualmente strutture di controvento troppo complesse e pesanti .
Il calcolo delle dimensioni di questi portali costituenti ciascuno un sistema resistente
monolitico, implica la soluzione di problemi statici teoricamente semplici, ma in pratica più o
meno laboriosi, a seconda del numero delle incognite iperstatiche che si debbono determinare
caso per caso.
La trattazione di questi problemi è svolta secondo i procedimenti ben noti della scienza
delle costruzioni e negli schemi di portali più frequenti e resa più agevole da formulari (che se
pure di valore accademico discusso, risultano praticamente assai utili), i quali danno le
relazioni risolutive dei suddetti schemi, per le ipotesi di calcolo diverse che si possono
verificare nella pratica.
Il calcolo degli elementi secondari di collegamento e di controventamento non presenta
difficoltà particolari e rientra nei normali metodi della scienza delle costruzioni.
Riteniamo ovvio ricordare che l’elemento telaio, sia che esso venga al piede dei pilastri
vincolato a cerniera od incastro, da luogo sotto l’azione dei carichi, ad una reazione
orizzontali. È cioè un sistema spingente il quale ammette sulle strutture di sostegno
(fondazioni od altro) delle componenti orizzontali tendenti a provocare il rovesciamento degli
elementi verticali verso l’ esterno, anche se il telaio è sottoposto soltanto ed esclusivamente a
carichi verticali.
In sostanza il telaio si
differenzia anche in questo
dall’architrave, per essere un
sistema che non trasmette al terreno
solo carichi verticali, ma anche una
azione di spinta, ed ha sul primo un
vantaggio economico solo quando
il terreno di fondazione è di natura
e resistenza tali da reagire
direttamente alla spinta .
Importante è in oltre l’azione del
momento di incastro al piede che
determina nella superficie di
appoggio della fondazione sul
terreno,
non
una
pressione
uniformemente ripartita, ma delle
sollecitazioni massime e minime le
quali ultime possono raggiungere
anche valori negativi e divenire
cioè sforzi di trazione; anche
l’azione del vento può causare
effetti analoghi. In questi casi,
poiché lungo la superficie di
appoggio delle fondazioni sul terreno, non può esercitarsi alcuna resistenza a tali sforzi di
trazione, è necessario provvedere all’ancoraggio delle piastre di appoggio dei montanti, alle
fondazioni stesse, mediante tiranti e bulloni il cui sforzo di trazione equivalga alla risultante
delle azioni negative teoriche (fig.81).
75
Per meglio chiarire i concetti esposti, del resto molto semplici, riproduciamo alcuni di
questi schemi strutturali nei quali è facile vedere la disposizione dei diversi elementi che li
compongono.
Tra le costruzioni più notevoli eseguite secondo i su detti concetti, citiamo a caso le chiese
di Ulm e di S.Antonio a Basilea, la grande Sala della Fiera di Lipsia del 1928, avente una luce
libera di ben 98 metri, la grande autorimessa nella Helmoltzstrasse di Berlino, il mercato di
Vichy, la stazione di Le Havre e moltissime costruzioni in Italia (officine mercati, piscine
ecc.). Uno dei più noto è quello della piscina di Wembley costituito da telai traversali
articolati, di 75 m di luce, bilanciati da contrappesi.
b- Edifici con due o più file di ambienti disposti nel senso longitudinale (navate):
vengono frequentemente realizzati in edifici industriali, esposizioni, stazioni ferroviarie, ecc.
Anche in questi casi lo scheletro resistenze è formato con gli stessi concetti dello schema
ad unico ambiente già esaminato e cioè mediante telai multipli disposti in senso trasversale di
collegamento longitudinale, oltre si intende, le eventuali armature di controvento, essendo
necessario realizzare in questi, come in ogni altro organismo del genere, una sufficiente
rigidità sia in senso trasversale che longitudinale.
Molte volte la navata centrale viene sopraelevata rispetto a quelle laterali per necessità
pratiche e per illuminare convenientemente lo
spazio centrale una buona illuminazione della
zona centrale si può realizzare anche con gli
schemi delle figure 84.
Molto spesso si inseriscono delle cerniere,
non tanto per diminuire il numero delle
incognite iperstatiche e rendere più spedito il
calcolo quanto per rendere più nettamente
definito il comportamento statico del telaio
multiplo. Ciò può essere necessario in presenza
di terreni compressibili i cui cedimenti
potrebbero causare nella struttura rigida
sollecitazioni cosiddette secondarie, di intensità
superiore a quelle principali.
Altre cause che possono consigliare o
imporre la introduzione di snodi, possono
essere la necessità di realizzare con esattezza
incroci di aste e nodi che potrebbero non essere
in realtà rigidi, di diminuire gli effetti della
temperatura ecc.
Si capisce che l’ inserzione delle cerniere deve essere fatta in modo da non rendere labile la
struttura.
Schemi più frequenti sono quelli risultanti dalla conformazione del telaio rigido della
navata centrale e col la traversa prolungata oltre i ritti in modo da formare ai due lati degli
sbalzi a copertura delle navate laterali.
Altro espediente è quello della inserzione di aste pendolari alle quali vengono congiunte a
cerniera le strutture trasversali delle navate laterali, sempre però tenendo presente la necessità
di assicurare la occorrente rigidità longitudinale e trasversale ed una sufficiente resistenza alle
azioni esterne.
Nella fig.85 riproduciamo alcuni esempi di questi schemi staticamente più semplici; ad
esempio nella fig.84 è indicato uno schema di struttura trasversale composta di due reali di
una incavallatura triangolare vincolata a cerniera con i telai; nella (c) tra due portali a mensola
è situata una incavallatura a tre cerniere di gran luce con tirante in ferro.
76
Sono troppo numerosi gli edifici il cui scheletro resistente è
costituito secondo gli schemi indicati.
Fra i tanti, citiamo le aviorimesse di Ostia (fig 85) il cui
schema statico è analogo a quello della figura 85.F- costituito cioè
da due telai a sedia per le navate Laterali e di una incavallatura
che copre la navata centrale, costituite da un arco a spinta
eliminata , vincolato a cerniera con i telai anzidetti.
Altre applicazioni di questi schemi le troviamo ancora nella
esposizione di monaco del 1908, nella Sangerhalle di Vienna
costruita nel 1928 co portali in legno aventi la navata centrale di
60 metri di luce ed una superficie coperta di 20000 mq , nella
grande sala della fiera di Lipsia ( Telai in acciaio a parete piena) a
tre navate, larghi complessivamente circa 60m ed è la superficie
coperta di mq 16400 : nella sala della stazione centrale di
Amburgo, nella Deutschlandhalle già citata, ecc.
c- Forme a sbalzo.
Più che negli esempi
precedenti, queste forme di
telaio sono caratteristiche di
alcuni tipi di edifici nella
costruzione
dei
quali
si
dimostrano
particolarmente
utili: tribune per campi sportivi,
rimesse di aeroplani, stazioni
ferroviare, speciali tipi di grandi
sale, ecc.
Gli schemi più frequenti
impiegati sono quelli delle
figure 87-89. Per la costruzione
di rimesse di aeroplani si
dimostrano in special modo
adatti gli schemi delle figure 87
b, c, 90.
77
Nelle stazioni ferroviarie sono di uso sistematico gli schemi della fig.91, con i quali è
possibile realizzare grandi spazi coperti con pochi sostegni intermedi e con strutture di grande
semplicità e sezioni resistenti assai piccole.
Tutti questi schemi riteniamo inutile ogni cenno descrittivo essendo evidente dalle
illustrazioni la loro disposizione e i loro concetti statici informatori.
Il calcolo di questi schemi non presenta normalmente maggiori difficoltà rispetto a quello
dei comuni tipi di telaio. In molti casi non si può prescindere però dagli effetti delle
deformazioni assiali, dalla natura e dalla distribuzione delle forze esterne e da altri fattori che
possono notevolmente complicare le cose.
Fra l’altro è da tenere presente che sono da temere le sollecitazioni di trazione nelle
fondazioni nei punti indicati in alcuni schemi dalle frecce, e per le quali è necessario
provvedere, come già si è detto, a mezzo di opportuni ancoraggi, e andando al solido di
fondazione le dimensioni ed il peso occorrenti per assicurare un sufficiente grado di stabilità
nei riguardi di tali sollecitazioni di trazione.
Anche il momento di incastro al piede dei montanti, da luogo ad una uniforme ripartizione
dei carichi sul terreno di fondazione, come del resto si è già osservato nel capitolo precedente.
Altri schemi basati su l’ impiego delle forme a sbalzo, possono essere costituita da ossature
principali resistenti disposte non soltanto in senso trasversale, ma combinate con altre disposte
in senso longitudinale. Tali schemi strutturali si realizzano però soltanto in casi speciali e cioè
solo quando è assolutamente necessario ridurre al minimo indispensabile gli elementi verticali
di sostegno e realizzare ampi spazi coperti quasi completamente liberi da ogni ingombro.
Numerosi sarebbero gli esempi che potremmo citare, costituendo essi un importante
gruppo di edifici. Tra i più notevoli ricordiamo quelli della stazione di Ginevra, della stazione
dell’ Est a Monaco, numerosi Hangar (Kottbus Monaco, Oberviesen, ecc.).
78
Come è facile osservare le azioni principali sono sopportate da alcune delle strutture a
sbalzo disposte in senso trasversale e dalle grandi travi longitudinali che sostengono le
rimanenti strutture e che riportano sulle prime le azioni da queste trasmesse.
Nell’esempio citato della stazione di Monaco, alquanto diversa dagli altri, le strutture a
sbalzo sono distanti fra loro dagli 8 ai 12 m e sono congiunte da volte sottili Zeiss - Dynrdag
dello spessore di soli 5-6 cm.
Tipiche sono le forme a sbalzo dei telai impiegati per le tribune dei campi e impianti
sportivi nelle quali è necessario ridurre al minimo i sostegni per assicurare la più libera
visuale del campo.
È necessario perciò studiare attentamente queste forme anche perché la forte entità dello
sbalzo implica difficoltà costruttive talvolta notevoli.
In questi telai sono da temersi specialmente le azioni di trazione nei montanti esterni e
nelle giunzioni dei diversi elementi specie in rapporto alle azioni del vento che possono
esercitarsi al disotto della tettoia.
Per resistere a queste è necessario provvedere all’opportuno studio dei blocchi di
fondazione ed ai necessari ancoraggi, come già si è detto per simili casi oppure scegliere delle
forme di telaio che abbiamo il loro baricentro nella zona compresa fra gli elementi verticali
(montanti) in modo da evitare possibilmente sulle fondazioni almeno le azioni di trazione
dovute al peso proprio e la normale sovraccarico.
Esempi fra i più importanti sono quelli ben noti dello studio Comunale di Firenze con uno
sbalzo di circa 23 metri, degli stadi di Torino, di Livorno ecc., dell’ippodromo di Merano,
dell’Autodromo di Tripoli, ecc.
Altre forme a sbalzo quanto mai caratteristiche sono costituite dalle cabine di segnalazione
e dai semafori alcune linee ferroviarie (Parigi-Le Havre, ferrovie tedesche ecc.) sul tipo di
quella della figura 95.
79
Tutti i sistemi costruttivi fin qui esaminati è segnatamente questi ultimi a sbalzo, danno
luogo a forme estetiche completamente nuove della nostra arte.
Sarebbe stata pazzia per un architetto del passato immaginare edifici in muratura ordinaria
come la tribuna dello stadio comunale di Firenze o come la cabina di segnalazione indicata o
come un qualsiasi altro edificio che abbiamo citato.
È evidente che questi sistemi nuovi non possono avere espressioni estetiche e caratteri
architettonici propri, sarebbe assurdo e ridicolo voler rivestire questi nuovi organismi staticocostruttivi con le forme del passato, magari ricorrendo agli ordini architettonici o ad una
architettura di superficie indipendente e avulsa dell’organismo statico e mutevole come la
moda degli abiti.
80
Capitolo 10
SISTEMI AD ARCO
Sono quelli il cui organismo elementare è l’arco, formato con materiali che noi abbiamo
convenzionalmente chiamato elastici. L’arco elastico costituisce forse la forma costruttiva
architettonicamente più adatta e che meglio utilizza le proprietà dei materiali su detti, in
quanto si cerca, nelle varie sezioni, ci cimentarli a soli sforzi di compressione, procurando
tutte le volte che è possibile e come meglio si può, di centrare la curva delle pressioni, per
raggiungere lo scopo.
Tale elemento strutturale a differenza dell’ arco in muratura (o con materiale rigido) è atto
però a resistere anche a sollecitazioni di flessione e pertanto le sue condizioni di equilibrio e il
suo comportamento statico sono ben diversi da quelli del secondo.
L’arco elastico è quindi suscettibile di più vaste applicazioni e permette di realizzare
eccellenti soluzioni costruttive specialmente nella copertura di grandi ambienti, nelle grandi
costruzioni moderne ed in tutti quei casi i quali si dimostrano assolutamente inadatti gli
ordinari sistemi in muratura e dove anche i sistemi a telaio condurrebbero a soluzioni
complesse e costose per l’entità dei momenti flettenti che in esso verrebbero generati.
I nuovi procedimenti di calcolo di questi sistemi non sono semplici come quelli già in uso
una volta per gli archi in muratura ordinaria. Tuttavia nella loro esecuzione non si incontrano
generalmente difficoltà eccezionali.
L’elemento statico più frequente adottato in questi sistemi costruttivi e specie quando non si
hanno da temere eventuali cedimenti delle imposte è l’arco incastrato.
E’ pure diffusa l’adozione dei tipi a due cerniere e di
quelli a tre cerniere, i quali ultimi hanno il vantaggio
di essere staticamente determinanti.
È da osservare però che mentre nelle costruzioni in
acciaio l’ impiego delle cerniere non dà luogo
generalmente ad inconvenienti, nelle strutture in
cemento armato, anche se le cerniere vengono
realizzate con articolazioni ben studiate, non si può
essere ben sicuri del loro funzionamento, senza
considerare in oltre che l’attrito concorrere sempre a
contrastare in modo notevole il funzionamento delle
cerniere stesse. Per tali motivi e per meglio utilizzare
i vantaggi della solidarietà caratteristica delle
strutture in cls, non sempre può sembrare opportuna
l’adozione delle cerniere in questi tipi di strutture per
quanto ad esempio in Germania ed in altri paese
abbiano avuto stesa applicazione.
È frequente l’impiego degli archi a spinta eliminata
con catena elastica, considerati in prima
approssimazione collegati a cerniera alle imposte , e
degli archi a spinta contrastata dalla rigidità dei
piedritti con due cerniere fisse oppure con una fissa
l’altra munita di carrello.
Negli archi a spinta eliminata di notevole luce, si
evita la flessione della catena dovuta la peso proprio
sostenendola all’arco per mezzo di tiranti verticali.
Riproduciamo nella fig.96 alcuni di questi schemi.
81
Non mancano infine gli schemi di archi solidari con i piedritti (anch’essi naturalmente
elastici) con o senza tirante alle imposte e con i piedritti a loro volta vincolati con cerniere al
piede e soprattutto incastrati.
Tali schemi possono considerarsi dei veri e propri portali ad arco; differiscono dai comuni
telai in quanto la forma della loro asse è una line a continua, mentre per i primi è una
spezzata.
Le strutture complesse a cui da luogo l’impiego di questi sistemi ad arco, non differiscono
sostanzialmente da quelle delle strutture a telaio.
Si compongono tali strutture di tanti elementi trasversali (o radiali) resistenti e di elementi
longitudinali (o periferici) che collegano o irrigidiscono tutto il sistema. Essi danno luogo
però ad organismi architettonici che acquistano sovente una espressione estetica di notevole
grandiosità e, talvolta, importanza monumentale, che sotto molti aspetti può paragonarsi a
quella imponente degli edifici termali romani.
In questi sistemi , il progettista non deve considerare soltanto l’arido problema del calcolo
statico, ma soprattutto deve raggiungere l’armonia dei rapporti spaziali e l’ampia espressione
scenografica, specialmente quando questi sistemi strutturali vengono adottati nella
costruzione di edifici di carattere pubblico o di notevole importanza architettonica.
È da osservare infine che essi (specialmente quelli con archi a cerniere) presentano rispetto
ai sistemi a telaio, minor numero di incognite iperstatiche, mentre quelli a tre cerniere sono
staticamente determinati.
Questi ultimi si dimostrano convenienti, in virtù di tale requisito, tutte le volte che non sia
necessario raggiungere una particolare rigidità dell’ ossatura; è da osservare in oltre che in essi
è possibile centrare la curva delle pressioni e realizzare così una maggiore economia della
costruzione.
Si deve osservare però che uno degli inconvenienti maggiori che presentano le strutture ad
arco è quello della sistemazione dei controventamenti, che risultano altresì di non grande
efficacia non essendo possibile deporli su di un piano.
Altro inconveniente, come si è già avuto occasione di accennare è costituito dalla spinta
orizzontale che gli archi esercitano e che è tanto maggiore quanto più ribassato nella forma
dell’arco. Tale azione può essere trasmessa alle fondazioni o neutralizzata da catene che
possono quasi sempre essere nascoste al disotto del pavimento.
Gli organismi complessi basati sull’ impiego dell’ arco elastico e della volta sono analoghi
ad alcuni degli schemi intelaiati.
1- Un primo gruppo comprende quegli organismi costituiti da archi disposti in un senso
traversale ai quali viene affidata una funzione statica principale e da travi o da strutture
secondarie disposte in senso longitudinale che hanno lo scopo di collegare gli archi e irrigidire
lo scheletro portante che ne risulta. Una disposizione perfettamente uguale a quella che
abbiamo già esaminato nei sistemi a telaio
Tra gli edifici più importanti di questo tipo, citiamo la grande galleria delle macchine della
esposizione di Parigi del 1899 la cui navata della luce di 115 metri era formata con arcate
metalliche a tre cerniere; le aviorimesse di Orly che ricoprono ciascuna un area di 300x92 m
(fig.97), i cui archi a profilo parabolico (funicolare del peso proprio), giungono ad una altezza
di 52 m; la tribuna dell’ippodromo delle fiandre presso Lilla costituita da archi a tre cerniere, a
causa del terreno compressibile, nei quali sono incastrate le mensole che sorreggono una
copertura della tribuna avente uno sbalzo di ben 16 metri; l’aviorimessa di Sumivale
(California) fig.98; ed infine il mercato di Reims (fig.99d) notevole per l’eleganza della sua
linea e le sue proporzioni spaziali, quello di Katonvice, di Colonia, Breslavia con strutture
trasversali a telaio parabolico; la palestra di Munster pure ad archi parabolici a due cerniere,
aventi una corda di circa 40 metri, interamente in legname ed infinite altre costruzioni che
sarebbe ozioso elencare.
82
83
2- Un altro gruppo di organismi ad arco è costituito da quelli a due o più file di ambienti
parallele o diversamente disposte e a notevole sviluppo planimetrico.
La varietà delle possibili disposizioni degli ambienti da luogo ad organismi molto meno
rigidi e più varianti di quelli del gruppo precedente.
Non è quindi possibile ridurre l’esame di questi a schemi determinati; dobbiamo purtroppo
limitarci a qualche esempio, tanto per darne un idea delle grandi possibilità che si aprono
all’architettura in questo meraviglioso campo costruttivo.
Lo schema dell’organismo più semplice lo possiamo immaginare costituito da più arcate
disposte in senso trasversale all’edificio, collegate ed irrigidite dalle solite strutture
longitudinali.
Un esempio molto semplice ma dei più grandi è quello dell’aviorimessa di Karouba
(Tunisia) costituito da triplici arcate in cls, a spinta eliminata, con catena nascosta (fig.100).
Gli archii hanno una corda di ben 65 metri ciascuno; sono distanti fra loro 5 m collegati ad
una soletta dello spessore di soli 7 cm. Altro esempio ugualmente semplice dal lato
dispositivo è costituito dalle tettoie della stazione di Milano a 5 navate su archi metallici di
cui quelli centrali a 3 cerniere. La navata maggiore ha una luce di 72 metri (fig 99-c).
Schemi più complessi li troviamo nella stazione di Lipsia, in cemento armato, formato da
archi principali resistenti trasversali sui quali grava la copertura, collegati fra loro con una
struttura longitudinale formata anche essa da archi in cemento ramato, irrigidita da soprastante
trave rettilineo. Strutture ad arco secondarie(trasversali) completano l’ossatura e riportano sulle
strutture principali l’azione delle volte a copertura (fig102.104). Un tale spazio risulta in tal
modo coperto (considerando le navate laterali) con il minimo ingombro di sostegni intermedi.
Altra strutture che può dare un idea di questi schemi di organismi complessi è quella del
mercato di Breslavia (fig.101) con strutture trasversali ad archi parabolici irrigiditi da robuste
travate orizzontali .
84
85
86
Tutti questi non sono però se non dei pallidi e timidi esempi di ciò che si può e si potrà fare
con le strutture ad arco e a volta i materiali elastici.
Se ci fermiamo a considerare quale sviluppo ha avuto il sistema dell’arco e della volta in
muratura e quali meravigliosi esempi d’arte ci ha lasciato in tutti i tempi, non si può restare
indifferenti di fronte a questi primi tentativi fatti con queste strutture moderne , pensando agli
sviluppi che esse potranno avere.
I risultati migliori della architettura moderna si sono avuti proprio negli edifici che
abbiamo esaminato; il loro organismo costruttivo è denunciato con sincerità, il profilo
armonioso delle volte e degli archi, la grandiosità degli spazi ci dicono che ritroviamo di
fronte non a semplici e aridi problemi costruttivi, ma a delle potenti espressioni della moderna
architettura.
87
Capitolo 11
SISTEMI A TRIANGOLI ARTICOLATI INDEFORMABILI (RETICOLARI)
È da osservare che tali sistemi hanno avuto finora, nelle opere architettoniche, applicazioni
non molto vaste, anzi limitate il più delle volte ad elementi isolati ed a singole parti di un
opera più che alla costruzione completa della struttura portante di un intero edificio.
Pregio di questi sistemi è quello di non dover più scindere l’opera in una parte o scheletro
resistente (architrave, telaio, arco elastico) ed una parte sostenuta (parete).
Con questi sistemi la parete, o copertura, a traliccio, si può considerere come una
superficie statica autoportante, non solo ma anche suscettibile di resistere alle più svariate
azioni esterne, data la sua capacità di supportare sforzi di trazione essendo essa costruita come
è ovvio con materiali elastici (legno, cemento armato, acciaio).
In queste strutture si viene così ad abolire il grosso scheletro principale resistente, che nei
sistemi precedentemente esaminati era costituito cioè dalla gabbia in cemento armato o in
acciaio in quelli ad impalcatura, dalla serie dei telai o degli archi elastici e dalle armature
longitudinali in quelli intelaiati .
Le ragioni che impediscono una più vasta applicazione di questi sistemi, nella costruzione
di intere opere architettoniche importanti, deve anzitutto ricercarsi nella difficoltà di sistemare
nelle pareti le necessarie aperture rettangolari delle porte e delle finestre, ed in secondo luogo
della complessità del calcolo statico abbastanza facile nei vari metodi approssimati per i
sistemi piani, specie se di tipo staticamente determinato, complesso invece è laborioso e non
sempre praticamente possibile per i sistemi reticolari a tre dimensioni o quando le aste
possono considerarsi non vincolate a cerniera e si abbiano perciò sollecitazioni così dette
secondarie affatto trascurabili.
Le applicazioni più frequenti le troviamo nelle
costruzioni turricolati (antenne, torri), in alcuni tipi di
volte e di cupole (Cupole Schwedler e derivate,
tetraedriche ecc.) (fig 104), le sole che noi possiamo
considerare come organismi architettonici completi, sia
sotto l’aspetto costruttivo che estetico.
In altre opere o in edifici più complessi la loro
adozione è rarissima. Ricordiamo fra gli esempi più
noti di questi sistemi, la torre Eiffel di Parigi, la torre
del palazzo Comunale di Philadelphia , la cupola del
teatro Massimo di Palermo , quella della galleria
Vittorio Emanuale a Milano, quella del Deposito
locomotive di Troyer di 70 metri di diametro, il grande
salone della esposizione del 1913 a Breslavia, il
campanile della chiesa a Sesto San Giovanni, la
copertura del velodromo G. Vigorelli di Milano ecc.
Esula dagli scopi del nostro corso ricordare quali
siano i criteri di calcolo di queste strutture, già
sviluppati del resto in altre materie. Ci interessa
solamente notare che questi sistemi a parete continua
non differiscono molto nello schema dispositivo (in
linea assolutamente generica) dai sistemi in muratura
ordinaria se non per il diverso spessore delle loro
sezioni resistenti, (fortemente inferiori nei primi grazie
alle qualità dei materiali elastici di cui sono composti) e
che essi si possono considerare più un mezzo costruttivo
88
a disposizione dell’ingegnere e dell’architetto, che non dei veri e propri sistemi di ossatura che
diano luogo a nuove forme di espressione architettonica.
Un altro tipo costruttivo di questi sistemi reticolari, entrato di recente nell’uso pratico, è il
traliccio a lamelle sottili (in legno o in acciaio) del tipo Zollinger, Jounker , Humebech e
simili.
Con questi tipi di traliccio è possibile costruire ambienti anche di notevoli dimensioni e di
eseguire coperture a volte ed a cupola (di luci però non maggiori di 50 metri circa).
Questi tralicci sono costituiti di tavolette di legno alte 25 cm circa, dello spessore di 4-3cm
e della lunghezza di un paio di metri, oppure da speciali lamine di ferro o di acciaio pressate,
con profilo a Z, lunghe pure esse un paio di metri, riunite mediante bulloni od attacchi speciali
nel modo indicato nella fig.106.
Il sistema viene irrigidito da listelli o da piccoli profilati ad U disposti in senso orizzontali ,
come gli arcarecci di un tetto e situati tanto all’ estradosso che all’ intradosso della struttura.
Questa è sempre a forma di volta più o meno ribassata o di cupola (fig 106).
Il calcolo di questi sistemi reticolari, quando hanno una sezione ad arco di cerchio o a
doppia curvatura, viene fatto considerandoli in sezione come degli archi a due cerniere, o, se
il reticolato è discontinuo al colmo, come archi a tre cerniere. La spinta al piede può essere
neutralizzata o assorbita da contrafforti massicci. A queste volte a lamelle hanno il pregio di
una grande leggerezza, e risultano a un interessante effetto decorativo, così che la loro
struttura può essere lasciata liberamente in vista anche in ambienti o in edifici di una certa
importanza.
È tuttavia da osservare, anche per queste strutture, che esse non danno vita a nuovi sistemi
ed a nuove forme architettoniche, ma che si debbano più che altro considerare, almeno per
ora, dei semplici mezzi costruttivi a nostra disposizione.
89
Capitolo 12
ORGANISMI A CUPOLA
Gli organismi di questo genere, che si possono realizzare con i materiali elastici, hanno due
importanti caratteristiche le quali si traducono in due grandi vantaggi rispetto agli ordinari
organismi a cupola muraria.
Primo, è quello del minor peso; l’alta resistenza dei materiali impiegati, consente di ridurre
le sezioni resistenti a dimensioni enormemente inferiori a quelle delle cupole in muratura.
Secondo, è possibile realizzare mediante
cerchiature, delle cupole che non esercitano sulle
strutture di piedritto, azioni di spinta ma quasi
esclusivamente di peso.
Queste caratteristiche permettono in definitiva di
assottigliare le strutture di piedritto (le quali non
devono più resistere a spinte, ma soltanto a pesi
relativamente non grandi) e di renderle quasi
indipendenti dall’ organismo cupola.
In sostanza, non è più necessaria per le cupole e le
volte moderne la generale ricerca dell’equilibrio
attraverso la continua evoluzione delle forme
planimetriche; la volta è diventata simile a un tetto e
agisce sul piedritto quasi esclusivamente col suo
peso.
Questo, si intende, in tesi molto generica, perché
non sono pochi gli organismi a cupola o a volta , nei
quali piedritto e copertura costituiscono un
organismo unico, inscindibile.
L’impiego della ghisa e del ferro prima, del
cemento armato e dell’ acciaio, hanno permesso, con
il perfezionamento dei procedimenti di calcolo e
delle qualità tecnologiche dei materiali, la
costruzione di volte e cupole di sempre maggior luce
(siamo arrivati dai 43 metri del Pantheon ai 110 metri
dell’esposizione di Lione del 1894) sempre più
leggere e, quel che più conta per l’architetto, di forme
completamente nuove.
È tutto un vasto orizzonte che si dischiude all’architettura perché queste nuove strutture
danno luogo a forme di espressione completamente nuove.
Vero è, anche per queste, che al grande progresso costruttivo non ha corrisposto un uguale
risultato estetico. Si può affermare anzi, che sotto questo aspetto i risultati ottenuti non siano
molto lusinghieri e che si sia ancora ben lontani dalla organica e compiuta bellezza della
cupola di San Pietro.
Si consideri però che per giungere ad essa sono occorsi secoli di esperienze architettonica,
è occorsa l’assoluta padronanza del problema tecnico ed estetico, mentre per quelle che
consideriamo si può dire che ritroviamo appena agli inizi.
Potrà guidarci forse nel difficile cammino, la ricerca di una architettura organica di masse,
che crei con la grande costruzione le sue line e le sue forme. Sotto l’aspetto costruttivo, le
prime cupole in cemento armato, di assai modeste dimensioni, furono costruite a spessore
unico a forma di tazza rovesciata, profilate di solito, secondo la funicolare dei carichi.
90
Quelle metalliche invece furono costituite da costoloni radiali, disposti secondo i meridiani
della cupola e da cerchiature collocate secondo i paralleli, forma che fu presto seguita dalle
cupole in cemento armato, allo scopo di guadagnare in leggerezza. Sopra questa ossatura è
disposta la piccola orditura sorreggente il materiale di copertura, la quale non ha alcuna
funzione statica agli effetti dell’equilibrio della cupola.
Gli archi meridiani che costituiscono la vera ossatura resistente vengono spesso profilati
come si è detto secondo la funicolare dei carichi permanenti e calcolati con i noti
procedimenti della scienza delle costruzioni.
Gli archi paralleli sono invece sollecitati da sforzi principali di compressione e di trazione
a seconda che ritrovano nella parte superiore della cupola, oppure verso l’imposta,
specialmente questi ultimi hanno l’ufficio di assorbire l’azione di spinta e degli archi meridiani
e di annullare gli effetti sulle strutture di piedritto.
Spesso gli cerchi paralleli vengono ridotti a quello di imposta ed a quello superiore di
chiave (se la cupola è aperta), il quale risulta sollecitato a compressione dalle forze trasmesse
ai meridiani.
Tali meridiani possono considerarsi incastrati ai due anelli; però nei casi di cupole di
grande luce o molto ribassate, che possono dar luogo ad azioni rilevanti e causare la
deformazione dell’anello di base, se non è da escludersi l’ipotesi di un parziale snodo di essi
alle imposte.
Su questi tipi di cupole l’azione del vento e dei carichi dissimetrici da luogo, specie se il
profilo della cupola è rialzato, a carichi molto laboriosi e complessi.
Nelle cupole metalliche e quasi generale l’ adozione di una ossatura disposta secondo le
diagonali dei quadrangoli nei quali la cupola risulta divisa da un insieme dei meridiani e
paralleli.
Tali aste diagonali, che debbono resistere alla azione dei carichi dissimetrici, si possono
calcolare secondo soluzioni approssimate, considerando le alzino su dette concentrate ai nodi
del traliccio a tre dimensioni, costituito dai meridiani, dai paralleli e dalle aste diagonali.
Le applicazioni di questi tipi di struttura sono quanto mai numerose: da quelle della
galleria Umberto I a Napoli, alla Jahrhundertballe (che è tra quelle di maggior diametro
realizzate fin ora) è tutta una lunga serie di esempi interessanti. Ricordiamo però che nella
maggior parte di essi, la cupola rappresenta più un mezzo di copertura di grandi ambienti che
non l’elemento che abbia dato luogo a nuovi sistemi strutturali resistenti di edifici complessi.
Tuttavia la caratteristica delle cupole di tali tipi, di non esercitare cioè azioni di spinta sulle
strutture di piedritto, permette di assegnare a queste sezioni minime e di seguire, nella loro
generale concezione, gli stessi criteri che abbiamo già esaminati trattando di sistemi a
copertura pesante.
Diversa da questi tipi per il suo organismo statico è la Jahrhundertballe di Breslavia già
citata nella fig.108.
In questo edificio la cupola ha 65 metri di diametri ed è costituita da 32 costole collegate
con 5 anelli.
Per ottenere una migliore determinazione delle azioni, la cupola è stata separata dalle
strutture di piedritto su cui grava l’anello di imposta per mezzo di appoggi disposti
radicalmente. In tal modo l’azione del vento è neutralizzata dalla resistenza tangenziale degli
appoggi stessi.
Di estremo interesse è l’edificio inferiore; la maggior parte della cupola poggia su 4 archi
uguali che in pianta si proiettano in un quadrato al quale la circonferenza di imposta della
cupola è inscritta. I quattro archi non sono piani; il loro asse è una curva del 4° ordine ottenuta
dall’intersezione del cilindro che ha per direttrice l’anello di imposta della cupola con un
cilindro ellittico di asse ortogonale al primo. In tal modo l’anello di base della cupola può
poggiare per tutto il suo perimetro su questo cilindro verticale; gli archi, per la loro curvatura,
tendono però a ribaltarsi verso l’ esterno, ad evitare ciò sono sostenuti ognuno da 6 contrafforti
che danno origine ad una ambiente absidale dietro ciascuno di essi.
91
I contrafforti sono rinforzati da due
anelli orizzontali e , al piede, sono
assicurati da un altro anello che unisce
solidalmente la base dei contrafforti ai
pilastri degli archi. Si giunge in tal
modo ad una luce totale di metri 95.
Altri tipi di cupole in cemento
armato a nervature e paralleli più
recenti, sono quella della chiesa dello
Spirito Santo di Parigi del diametro di
34 metri; quella della chiesa
Evangelica di Ludwighafehn di 35
metri di diametro il cui profilo segue la
linea delle pressioni dei carichi
permanenti. Ad essa sovrasta un
campanile di ben 20 metri di altezza. È
costituita da 12 costoni e due anelli
inferiori e due superiori; il cornicione
dell’edificio è disposto in modo da farlo
contribuire alla resistenza radiale
dell’anello di imposta.
Le cupole a nervature e paralleli se
risultano molto più leggere di quelle a
nervatura presentano, in confronto a
tipi più recenti, inconveniente di un
peso ancora elevato. Ciò è dovuto al
fatto che i momenti flettenti delle
nervature e degli anelli di chiave e di
imposta, obbligano ad assumere rilevanti sezioni. In tali cupole si osservò in oltre che la
soletta che riportava il suo carico sulle nervature e sui paralleli resisteva da sola, in virtù della
sua forma, e che il fenomeno della flessione tra due nervature era del tutto irrilevante. Si
venne così nell’idea di costruire cupole sottili di forme appropriata seguendo ad un di presso
gli stessi concetti che i costruttori in metallo hanno applicato per l’esecuzione dei serbatoi
caldaie, ecc. Si diminuì allora man mano lo spessore della soletta posta fra le nervature
giungendo gradualmente al concetto della volta sottile autoportante, nella quale le nervature
erano sempre più allontanate e costituivano soltanto degli elementi di rigidezza, ed infine alle
cupole sottili ed equilibrate nelle quali risultano soppresse le nervature portanti e in alcuni
casi, anche quelle di irrigidimento.
In queste cupole si consider,a come è noto, il loro spessore così sottile da poterlo supporre
infinitamente piccolo rispetto alle altre dimensioni. Ammettendo questa ipotesi e scegliendo
opportunamente il profilo e le condizioni di vincolo ai bordi è possibile trascurare e ridurre
notevolmente i momenti flettenti che possono prodursi nella parete.
L’equilibrio è ottenuto considerando soltanto le tensioni applicate nel piano tangente alla
superficie, compressione e trazione che dovrebbero equilibrare le forze esterne. Gli sforzi di
compressione si distribuiscono in tutta la sezione della volta secondo determinate leggi
matematiche ed equilibrano assieme alla tensione di una cerchiatura collocata all’imposta, il
momento flettente delle forze esterne.Queste ipotesi sono confermate dalla realtà.
Si è detto che si da alla cupola una forma tale che essa risulti una superficie di equilibrio
dei carichi permanenti. Così per esempio nelle cupole sottili di rotazione, si assume il
paraboloide di rotazione che è superficie di equilibrio per il carico uniformemente distribuito
in pianta; la sfera, per forze uniformemente distribuite e convergenti in un punto; la superficie
92
originata dalla rotazione di un profilo meridiano cicloidale, quale superficie di equilibrio per
un carico verticale uniformemente ripartito per unità di superficie. L’armatura di ferro è
disposta secondo i meridiani e i paralleli, oppure secondo un reticolato analogo come forma ,
a quello della volta a lamelle (Hiismebeck e simili) queste ipotesi e i procedimenti di calcolo
che ne sono seguiti hanno permesso conseguire un grande progresso tecnico nella costruzione
delle volte e delle cupola. Oggi è possibile coprire ambenti di 20-30 metri di corda con cupole
dello spessore di 4-6 cm.
Fra i più noti esempi di queste costruzioni citiamo la cupola del Armennuseum di Monaco
che poggia su 4 grandi arconi di piedritto ed è raccordata con essi mediante pennacchi sferici;
quella dell’Union Theater di Soarbruchen di circa 26 metri di luce ecc. In queste cupole le
armature di ferro sono disposte secondo i meridiani e i paralleli.
Fra le cupole con armature reticolari, ricordiamo quella dei planetari di Jena di Berlino, di
Norimberga ecc., quella della centrale elettrica di Francoforte di 26 metri di diametro e dello
spessore di 4 cm, sostenuta da pilastri in c.a. raccordati da una trave Vierendel circolare.
Quella del palazzo del governatore dell’ Algeria di 30 metri di diametro e con uno spessore di
cm 5,5 in chiave e di 8 cm all’imposta .
Ma le più grandi ed importanti sono quelle del Mercato di Lipsia che hanno reso possibile
la copertura di uno spazio di metri 239 per 76 pari a 18.000mq con sole quattro coppie di
pilastri interni a sostegno della copertura. Si tratta di tre cupole ottagonali di 76 metri di corda
e di soli 9 cm di spessore. Ciascuna cupola è irrigidita da costoloni radiali. Otto archi
perimetrali binati riportano il peso e le azioni della cupola ai vertici dell’ ottagono di base.
La spinta orizzontale della cupola è annullata da due anelli: uno situato all’ imposta e l’altro
al piede degli arconi di piedritto, nascosto nel pavimento della sala.
Le volte sottili ed equilibrate hanno trovato ancore estesa applicazione in forme diverse
dalle cupole; elegantissime quelle a botte disposte in senso trasversale agli ambienti da
coprire. È facile con esse risolvere in modo originale e con spessori minimi la copertura di
vasti ambienti come quello del mercato di Francoforte di S.Maria di 50x220 m. Questa è
costituita da 15 volte, una a fianco dell’altra sorrette da piloni perimetrali inclinati.
Le volte si comportano come travi tubolari o meglio come dei ferri Zorès aventi, date le
loro corde e frecce, un notevole momento resistente.
Tali costruzioni possiamo considerale fino ad oggi come una importante conquista tecnica.
Dal punto di vista architettonico i risultati sono ancora lontani da quel contenuto d’arte che
abbiamo riscontrato negli organismi a volta e a cupola del passato.
1
2
3
4
5
6
Principali cupole moderne
Materiale
Località
Palazzo
Metallica
Vienna
Edificio
Rotonda
del
dell’Industria
Gasometro
Sala dei cantori
Padiglione delle Feste
Esposizione Internazionale
dell’Edilizia
Mercato
Anno
Corda
1873
102
Freccia
Metallica
Metallica
C.A.
Dresda
Francoforte
Breslavia
1908
1909
1912
65
63
65
16,10
C.A.
Lipsia
1913
30
12
C.A.
Lipsia
1928
65,70
Scarica